Urania Ligustica

Apparati

Il bombardamento di Genova del 1684




Rielaborazione originale da fonte esterna

Figura 1 – La flotta francese schierata di fronte al porto di Genova 1


Genova entra nel 1528 nella sfera di influenza spagnola grazie ad Andrea Doria (1466-1560), la cui influenza su Carlo V è tale da assicurare alla Repubblica una larga libertà di azione. La scelta dell'ammiraglio è oculata. Dal 1531 al 1640 arrivano in Spagna almeno 160 tonnellate d'oro e 15.387 d'argento del Nuovo Mondo; o meglio, se si tiene conto di frodi e contrabbando, circa 270 tonnellate d'oro e 23.000 d'argento.

Il valore dei condottieri, tra cui brilla nel Seicento Ambrogio Spinola, è presto oscurato dall'abilità dei banchieri: le rischiose e impegnative attività finanziarie, indispensabili alla conduzione della guerre spagnole, dalla rivolta olandese alla guerra dei Trent'anni, sono compensate con tassi dell'ordine del 30%. Inizia il cosiddetto "secolo dei Genovesi", per il ruolo da loro esercitato nell'economia europea.2

Non stupiscono quindi i versi che un poeta picaresco dedica a don Dinero:

nace en las Indias honrado
donde el mundo le acompaña
vien a morir en España
y es en Génova enterrado
.
nasce onorato nelle Indie (occidentali)
da dove la gente lo accompagna
viene a morir in Spagna
ed è seppellito a Genova.3

Dal denaro seminato in città e nei sobborghi nascono centinaia di palazzi, chiese, oratori, conventi, decorati e arredati con opere d'arte di scuola genovese e dei migliori artisti europei. Nonostante le spese cospicue, l'argento rimane così abbondante da farne tavoli e stipi in argento massiccio; si conservano tuttora anfore e grandi piatti da parata.4

Le ripetute bancarotte spagnole compromettono lo stato finanziario delle principali famiglie genovesi, ma conseguenze più gravi, per la Repubblica, produce il lento sfacelo della Spagna. La protezione della sua flotta, retta a lungo dai Doria, aveva reso superflua una consistente flotta di stato, sempre assai povero perché basato in gran parte su imposte indirette. Nella Repubblica si ovvia alla scarsa potenza militare con una accorta arte diplomatica.

A partire dal 1681 ciò non basta più. Luigi XIV coglie continui pretesti, sollecitato da Colbert, per aumentare le sue pretese nei confronti della Repubblica: le navi francesi devono essere salutate per prime da quelle genovesi; i vascelli da guerra devono essere disarmati; i mercantili si devono affidare alla protezione della flotta francese; i magazzini del sale a Savona devono essere affidati alla Francia, e così via.

La morte di Colbert sembra allentare la pressione. La Repubblica temporeggia, con blande concessioni e ulteriori manovre diplomatiche, ma arma tre nuove galee. Grazie alle informazioni ricevute da una vasta rete spionistica e dai genovesi esiliati residenti a Parigi, Luigi XIV passa all'azione: fa rinchiudere alla Bastiglia l'inviato, vale a dire l'ambasciatore, della Repubblica Paolo De Marini e, senza alcuna dichiarazione formale di guerra, la flotta del Mediterraneo veleggia sulla capitale.

Il Re Cristianissimo schiera una flotta di oltre centocinquanta imbarcazioni: 14 vascelli, 2 fregate, 20 galee, 10 galeotte, 2 brulotti, 8 feluche, 27 tartane e 70 bastimenti. Le cinque (!) galee genovesi sono schierate all'imboccatura del porto. Le mura del mare non possono proteggere la città dai mortai, non ancora esistenti a Genova, e le batterie di terra non hanno una gittata sufficiente a raggiungere le galeotte. Un primo bombardamento ha luogo dal 18 al 22 maggio; per il rifiuto di trattare la resa, riprende per concludersi il 29 maggio, con l'esaurimento delle munizioni. 3000 case sono distrutte o in fiamme, ma due sbarchi di truppe falliscono e gran parte della squadra ritorna in Francia.5

Genova mia, se con asciutto ciglio
    piagato e guasto il tuo bel corpo miro,
    non è poca pietà d'ingrato figlio
    ma ribello mi sembra ogni sospiro.
La maestà di tue rovine ammiro,
    trofei della costanza e del consiglio
    e dove o volgo il passo o il guardo giro
    incontro il tuo valor nel tuo periglio.
Più val d'ogni vittoria un bel soffrire;
    e de' tuoi torti alta vendetta fai
    col vederti distrutta e nol sentire.
Anzi girar la libertà mirai
    e baciar lieta ogni rovine e dire:
    - Rovine sì, ma servitù non mai.

Il sonetto di Giambattista Pastorini (1650-1732) 6 conclude idealmente la parabola iniziata con Il Signor Denaro.

La Superba è costretta a piegarsi. Nella primavera del 1685, come preteso dal Re Sole, il Doge e quattro senatori si recano a Versailles per un formale atto di sottomissione: un senatore è Paris Maria Salvago (1643-1724), cui è dedicata una sezione specifica di Urania Ligustica.





1 Incisione su rame di M. J. B. Fouard (1653-1726).

2 G. Doria, "L'opulenza ostentata nel declino di una città", in Genova nell'età barocca, a cura di E. Gavazza e G. Rotondi Terminiello (Bologna, Nuova Alfa Editoriale, 1992), pp. 13-17.

3 G. Doria, "Un pittore fiammingo nel «Secolo dei Genovesi»", in Rubens e Genova (Genova, 1977), p. 16 e nota 24 a p. 26. In realtà l'argento veniva "sotterrato" in Cina, come ricorda C. M. Cipolla nel brillante saggio: Conquistadores, pirati, mercatanti. La saga dell'argento spagnuolo (Bologna, il Mulino, 1996).

4 La bellezza del disegno, la lavorazione in altorilievo, le dimensioni (Ø 756 mm) e lo stato di conservazione rendono particolarmente impressionante quello conservato a Link esterno The J. Paul Getty Museum (pagina esistente il 16/9/2014).

5 La fonte più completa e recente è: AA.VV., Il bombardamento di Genova nel 1684. Atti della giornata di studio nel Terzo centenario. Genova 21 giugno 1984 (Genova, La Quercia, 1988). L'introduzione di S. Rotta è stata ristampata in El Siglo de los Genoveses, a cura di P. Boccardo, C. Di Fabio, R. Besta (Milano, Electa, 1999), in cui un'intera sezione è dedicata all'evento e alla sua conclusione a Parigi, pp. 284-305; da tale catalogo, p. 294, è tratta l'incisione riprodotta più sopra.

6 I versi saranno ricordati a lungo: da Ceva a Gobbi e Muratori (nel primo Settecento) sino a Lord Byron, Benedetto Croce e oltre.



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