Urania Ligustica

Bibliografia ragionata sull'Uncino di Plato

Sito ufficiale dell'Unione Astrofili Italiani


Il problema

Il 3 aprile 1952 gli astrofili inglesi Hugh Percy Wilkins (1896-1960) e Patrick Moore (1923-2012) hanno osservato la Luna, nell'Osservatorio di Paris Meudon, con la Grande Lunette (rifrattore Ø 83 cm, ma 81 cm non ostruito; focale 1640 cm) e disegnato un'ombra a uncino proiettata all'interno di Plato dal Picco γ, un rilievo della sua parete orientale. Da allora si è posta la domanda se l'ombra era reale oppure se è stato frainteso o esagerato quanto osservato. Le opinioni in merito sono contrastanti (anche per le differenze inequivocabili evidenti dal confronto con immagini attuali), ma l'argomento è così suggestivo da stimolare tuttora osservazioni in condizioni di illuminazione similari.



Questa indagine

Per considerare correttamente quanto edito sull'Uncino, è necessario collocarlo storicamente in una lunga tradizione di studi lunari visuali. Anche se, per non allargare eccessivamente il discorso, ci si è limitati a considerare il fondo di Plato, questo cratere è così attraente e famoso da essere stato studiato da tutti gli astronomi e gli astrofili che si sono dedicati della Luna prima delle missioni Apollo. Quanto segue si concentra su lavori in lingua inglese e non esaurisce di certo l'argomento. Il debito nei confronti degli osservatori tedeschi è evidente nelle più antiche fonti citate.



Immagini a confronto

Orientamento
Fig. 1

Poco dopo l'alba lunare a 450X.
Si noti il trio di crateri molto ravvicinati verso nord: la formazione a sud-ovest è stata riconosciuta come una macchia chiara da altri osservatori.

Neison (1876)
Il fondo di Plato schematizzato nel 1883 Plato da una immagine LROC WAC Fig. 2

Due giorni dopo la Luna Piena a 600X.
La distribuzione delle aree chiare è più vicina a Birt (1869b), che a Williams (1883).

Neison (1876)
Fig. 3

Macchie circolari e aree più chiare sul fondo di Plato.
Gli allineamenti a tratto continuo sono tracciati per meglio definire le posizioni relative.

Birt (1869b)
Il fondo di Plato schematizzato nel 1869 Il fondo di Plato schematizzato nel 1883 Fig. 4

Macchie circolari e aree più chiare sul fondo di Plato.
Le macchie indicate con un doppio cerchio contraddistinguono crateri considerati risolti.

Williams (1883)
Fig. 5

Particolare di una carta dedicata a Plato.
Anche in questo caso il doppio cerchio indica un cratere risolto.

Wilkins (1951)
... ... Fig. 6

L'Uncino nel disegno di Wilkins, realizzato a 320X e 460X il 3 aprile 1952 alle 21h30m TU, integrato con rilievi di Moore.
La parte inferiore della pagina non è pertinente.

Wilkins & Moore (1952)
in
Collins (2010?)
Fig. 7

La prima illustrazione ricavata sulla base dello schizzo del 1952.

Wilkins (1954)
... Plato disegnato da Wilkins il 3 aprile 1952 Fig. 8

La seconda illustrazione ricavata sulla base dello schizzo del 1952.

Wilkins & Moore (1961)
Fig. ? ... Plato da una immagine LROC WAC Fig. 9

Mosaico da strisce con illuminazioni diverse, registrate alla metà di dicembre 2010. Picco γ, il rilievo che proietta l'ombra, è indicato dalla freccia rossa. L'immagine è stata rovesciata per facilitare il confronto con i disegni.

Link esterno LROC WAC (2010)
Plato da una immagine Lunar Orbiter 4 Fig. 10

Il mosaico è stato rielaborato dalla NASA per eliminare gli artefatti dovuti all'unione delle singole riprese.
L'immagine qui riportata è stata ulteriormente modificata dall'autore di questa pagina, per ottenere uno scorcio simile a quello di Wilkins & Moore (1952).
Per la rotazione dell'immagine, è stato considerato l'allineamento tra il cratere al bordo est dell'immagine (Plato G), il craterino centrale e la parte meridionale della grande formazione triangolare che si è staccata dalla parete occidentale.

Lunar Orbiter 4 (1967)
in
Wood (1999)
... Fig. 11

La scala verticale di questa sezione Est-Ovest è moltiplicata per 5 rispetto a quella orizzontale.
Si noti la pendenza sia delle pareti che del fondo, rispetto al raggio lunare medio (MLR).

Marshall & Mobberley (1986)


Bibliografia ragionata

L'elenco, non esaustivo, è in ordine cronologico. I riassunti e i commenti dell'autore di questa pagina sono in blu.


  1. Birt (1861)  –  Birt W. R., "The lunar crater Plato", Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, vol. 22 (1861), p. 11 Link esterno SAO/NASA ADS.

    Si accenna a osservazioni sistematiche realizzate da William Radcliff Birt (1804-1881) da gennaio 1860 a luglio 1861, raccolte con i disegni relativi in un volume, presumibilmente manoscritto, donato alla RAS.

  2. Dawes (1863)  –  Dawes W. R., "Some observations on the lunar crater Plato", Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, vol. 23 (1863), p. 222 Link esterno SAO/NASA ADS (solo la scheda bibliografica: l'intero n. 5 non risulta disponibile).

    Articolo finora non reperito sul web. A William Rutter Dawes (1799-1868) si deve il riconoscimento del cratere doppio verso nord, come indicato da Webb (1868) e Birt (1869b). Due disegni pertinenti, con ombre all'alba (Dawes) e al tramonto (Birt), sono a p. 249 Link esterno SAO/NASA ADS.

  3. Webb (1868)  –  Webb T. W., Celestial objects for common telescopes (London, Longmans, Green & Co., 1868²), p. 97 Link esterno Google libri (per Universiteit Gent).

    Webb riporta che Wilhelm Beer (1797-1850) e Johann Heinrich von Mädler (1794-1874) hanno osservato sul fondo di Plato quattro strisce chiare da nord a sud: ciò è ribadito dal disegno a lato. Vi sono inoltre diversi crateri, che possono essere classificati tra le più piccole formazioni lunari fino ad allora registrate: quello centrale è il più facile da osservare e Dawes ha paragonato altri due ad una stella doppia. "Il lettore giudicherà da sé se la bandeggiatura all'interno (ho così voluto tradurre "local shading", per evitare ambiguità rispetto alle ombre proiettate) è ora quella di 32 anni fa e a questo scopo si riporta a lato un estratto dalla mappa di Beer e Mädler [...] Ciò dovrebbe essere osservato con attenzione. Gruithuisen ha considerato variabili queste formazioni" – i corsivi sono di Webb.
    Si può commentare che: a) le strisce chiare disegnate nella mappa di Beer e Mädler (1834), a giudicare dalla riproduzione in Link esterno The-Moon Wiki, sono più complesse di quanto semplificato da Webb e ribadito nella illustrazione realizzata ad hoc; b) il quasi regolare alternarsi di strisce scure e chiare di Webb si trasformerà comunque, negli anni successivi, in una struttura più complessa e più vicina a quanto documentato dalle sonde (es. in Fig. 9 più sopra); c) la difficoltà di interpretare le macchie chiare più minute costituirà una sfida per gli osservatori, ulteriormente rilanciata dall'accento sulla variabilità delle formazioni.


  4. Birt (1869a)  –  Birt W. R., "Spots on the floor of Plato", Astronomical Register, vol. 7 (1861), pp. 178-179 Link esterno SAO/NASA ADS.

    Birt cita Webb (1868), per poi precisare che sono state fino ad allora osservate 22 macchie: solo 11, però, sono state osservate contemporaneamente da un singolo osservatore (Pratt) in una sola occasione. Birt ritiene che l'esistenza di 10 sia consolidata, ma le 11 rimanenti pongono il problema della possibile esistenza di variazioni reali sul fondo del cratere: per definire la questione occorrono misure più precise di posizione.

  5. Birt (1869b)  –  Birt W. R., "On the floor of Plato", Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, vol. 30 (1869), pp. 24-26 Link esterno SAO/NASA ADS.

    Birt accenna alle sue osservazioni dal 1861 al 1863 – cfr. Birt (1861), per poi esaminare tutte le osservazioni di macchie luminose sul fondo di Plato a lui note. Elenca 24 macchie – rispetto alle 22 del suo precedente lavoro Birt (1869a), due o tre delle quali sono state osservate come crateri, di cui uno doppio. La macchia n. 1, il cratere al centro di Plato, è stata osservata per 32 volte. La visibilità relativa delle altre macchie è definita dal rapporto tra il numero di osservazioni specifiche rispetto alle 32 della n. 1. La seconda macchia per frequenza di segnalazioni è la n. 4, di aspetto ambiguo. Segue la n. 3, il cratere doppio spesso non separato. A p. 26, Birt riporta una mappa, qui riprodotta in Fig. 3, che indica anche le aree più chiare.
    Incidentemente, si segnala che una visibilità della macchia n. 4 pari a 0,782 non corrisponde alle 23 segnalazioni riportate.
    Si sottolinea che Birt dichiara che "il più grande numero [di macchie] registrato in una osservazione è 13 e queste non furono viste tutte subito" e che i confini delle aree chiare tratteggiati nella figura sono probabili, dato che il passaggio da una zona chiara a una scura è graduale.


  6. Birt (1870a)  –  Birt W. R., "Spots on Plato", Astronomical Register, vol. 8 (1870), p. 133 Link esterno SAO/NASA ADS.

    Birt ...

  7. Birt (1870b)  –  Birt W. R., "A few further notes on the floor of Plato", Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, vol. 30 (1870), pp. 160-162 Link esterno SAO/NASA ADS.

    Birt ...

  8. Birt (1871)  –  Birt W. R., "Further notes on the floor of Plato", Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, vol. 31 (1871), pp. 80-83 Link esterno SAO/NASA ADS.

    Birt ...

  9. Gledhill (1874)  –  Gledhill J., "The shadows on the floor of Plato", Astronomical Register, vol. 12 (1874), p. 116 Link esterno SAO/NASA ADS.

    Il titolo enfatizza le lunghe ombre all'alba su Plato, ma l'interesse è per ciò che si può vedere sul fondo: superfici più o meno luminose, anche a sviluppo lineare, riferite ad una macchia luminosa permanente (la n. 4 nella Fig. 3 di cui sopra).

  10. Neison (1876)  –  Neison E., The Moon and the Condition and Configurations of its Surface (London, Longmans, Green and Co., 1876), pp. 244-248 Link esterno Internet Archive; le Figg. 1 e 2 di cui sopra sono estratte da tavole fuori testo a fronte delle pp. 245 e 246.

    Edmund Neville Nevill (1849-1940) ha adottato lo pseudonimo di "Neison" per firmare una efficace sintesi degli studi lunari precedenti, grazie all'esperienza maturata in otto anni di osservazioni con vari strumenti, tra cui primeggiano un rifrattore Ø 15 cm e un riflettore Ø 24 cm.
    La scheda su Plato cita esplicitamente gli studi precedenti di Mädler e Birt. Neison indica un'altezza di 2,2 km per il Picco γ e illustra le formazioni visibili sul fondo pianeggiante: 27 strisce chiare – più evidenti quando l'altezza del Sole supera i 15° e presso le pareti del cratere – e 36 macchie luminose – in certi casi risolte in piccoli crateri dalle pareti chiare. Neison sottolinea che la visibilità di tali particolari è intimamente associata e che può variare in modo non correlato all'illuminazione e alla librazione. Sostiene, inoltre, che a partire dall'alba il fondo diventa, come è logico aspettarsi, sempre più chiaro con l'alzarsi del Sole; ma quando questo raggiunge circa i 20°, la luminosità del fondo diminuisce, rispetto alle aree circostanti; tale comportamento è stato osservato solo in una o due altre zone della superficie lunare.
    Neison non accenna alle ombre proiettate sul fondo dalle pareti del cratere.
    Si può commentare che: a) la macchia n. 4, considerata da Neison un cratere (come si vede anche nelle Figg. 1 e 2), è visibile come una chiazza chiara approssimativamente circolare in Fig. 9; b) il trio di crateri verso nord è stato riconosciuto come una coppia quanto meno da Wilkins (1951) in poi; c) le chiazze irregolari più o meno luminose, ora associate a due effusioni laviche, sono state erroneamente interpretate in modo geometrico (così come è accaduto per la superficie marziana), ma la concentrazione di aree più luminose ai bordi della pianura è confermata in Fig. 9; d) è altresì confermata la tesi che strisce e macchie siano strettamente associate; e) l'andamento anomalo della luminosità del fondo è stato smentito da Wood (1999).


  11. Birt (1879)  –  Birt W. R., "The landslip in Plato", The Observatory, vol. 3 (1879), pp. 17-20 Link esterno SAO/NASA ADS.

    Birt ...

  12. Williams (1883)  –  Williams A. S., "Account of observations of the Lunar crater Plato in 1879-82", The Observatory, vol. 6 (1883), pp. 85-91 Link esterno SAO/NASA ADS, pp. 112-114 Link esterno SAO/NASA ADS; la Fig. 3 di cui sopra è a p. 87.

    Il lungo articolo espone i risultati di una campagna triennale a cui hanno partecipato quattro osservatori.
    I risultati sono coerenti con quanto sintetizzato da Neison (1876), sebbene questi non sia citato: si comparino le Figg. 2 e 3 di cui sopra.


  13. Wirtz (1915)  –  Wirtz W. R., "W. F. Wislicenus' Selenophotometrische Beobachtungen", Astronomische Nachrichten, vol. 201 (1915), n. 4816-4817, colonne 329-330 Link esterno SAO/NASA ADS.

    La conoscenza del tedesco dell'autore di queste pagine è limitata, per cui si preferisce rimandare a Fielder (1961).

  14. Wilkins (1951)  –  Wilkins H. P., "Selected Lunar Charts. 10. Plato", 300 inch Map of the Moon (1951³) Link esterno ALPO Monograph n. 3 (pdf 48 MB); la parte centrale della carta è riprodotta in Fig. 4.

    Wilkins ha aggiunto alla sua grande mappa quattordici tavole di dettaglio: in quella dedicata a Plato è evidente la perdurante attenzione per le elusive formazioni sul fondo del cratere.

  15. Carle (1955)  –  Carle J. T., "Three Riddles of Plato", Sky & Telescope, vol. 14 (1955), pp. 221-223.

    Articolo, finora non reperito sul web nella versione originale, citato da O'Connell (1998). L'articolo sembra trascritto correttamente, anche se per essere utilizzato in modo strumentale, in: Childress D. H. , Extraterrestrial Archaeology (Kempton, Illinois, Adventures Unlimited Press, 2000²), pp. 16-20 Link esterno Google libri. ...

  16. Wilkins (1959)  –  Wilkins H. P., Guida alla Luna (Milano, Feltrinelli, 1959), pp. 72-74. È la traduzione di Our Moon (London, F. Muller Ltd., 1958): dovrebbe trattarsi della terza edizione, dopo quelle del 1954 e del 1956.

    Wilkins descrive, con la sua bella prosa divulgativa, l'alba su Plato e l'ambiente accidentato in cui si trova, ma dedica una particolare attenzione al fondo pianeggiante del circo: i craterini, le macchie e le strie chiare che spiccano sulla pianura lavica. Anche il disegno a p. 72, in cui l'uncino è evidente, serve a rappresentarli e l'accenno alle "guglie d'ombra", che ricordano il profilo di una chiesa (p. 73), è solo una nota d'ambiente. È importante notare che, a p. 74, Wilkins dichiara: "Il 3 aprile del 1952 l'autore e Patrick Moore osservarono Plato con il telescopio di Meudon, facendo ciascuno un disegno delle cose viste senza consultare l'altro. Questi disegni sono in accordo e, in particolare, in entrambi l'estrema zona orientale [occidentale, secondo l'attuale notazione IAU] è piana. Ma proprio in questa regione, vicino alla parete, esiste un piccolo cratere, già visto molte volte; eppure quel giorno non se ne vide traccia". Esistono dunque solo due disegni originali: uno di Moore, l'altro di Wilkins.

  17. Wilkins & Moore (1961)  –  Wilkins H. P., Moore P., The Moon: a Complete Description of the Surface of the Moon, Containing the 300-inch Wilkins Lunar Map (London, Faber & Faber Ltd., 1961²), p. 234.

    Il disegno di Wilkins, qui riprodotto per confronto, illustra una lunga scheda dedicata a Plato (pp. 234-236). Nel testo troviamo solo un cenno fugace alle ombre a guglia proiettate dalle pareti del cratere: "Under low illumination [the congealed surface of once-fluid lava] is crossed by the steeple-like shadows cast by the peaks on the walls" (p. 234). L'interesse degli autori continua ad essere concentrato sui craterini e sulle variazioni di albedo della pianura lavica, allo scopo di identificare eventuali trasformazioni recenti della superficie. Sul telescopio utilizzato: Dollfus A., La grande lunette de Meudon. Les yeux de la découverte (CNRS, 2006), dati tecnici a p. 41 Link esterno Google libri.

  18. Fielder (1961)  –  Fielder G., Structure of the Moon's Surface (Oxford-London-New York-Paris, Pergamon Press, 1961), pp. 51, 60, 128 Link esterno Internet Archive.

    Fielder, evidentemente stimolato da Carle (1955), affronta tutti i problemi inerenti il fondo di Plato.
    Com'è possibile che, in una data fase, siano osservati piccoli crateri e che, in condizioni di turbolenza favorevoli e all'incirca nella stessa fase, sia segnalata una totale assenza di particolari? L'osservatore ha l'impressione che il fondo sia nascosto da nebbie temporanee, ma la densità dell'atmosfera lunare non lo consente. Un aspetto diverso in funzione dell'angolo di fase è ben comprensibile, ma potrebbe prevalere un effetto dovuto alla luminescenza di alcune macchie, durante periodi di intensa attività solare (p. 128). Gli spettri ottenuti, però, non suffragano tale ipotesi (p. 60).
    Del tutto chiarito è, invece, l'apparente inscurimento intorno al mezzogiorno locale. Wirtz (p. 51).


  19. Marshall & Mobberley (1986)  –  Marshall K. P., Mobberley M. P., "The lunar crater Plato", Journal of the British Astronomical Association, vol. 96 (1986), n. 3, pp. 156-165 Link esterno SAO/NASA ADS; la Fig. 10 di cui sopra corrisponde alla figura 8 a p. 163.

    [Commento].

  20. Dembowski (1997)  –  Dembowski W. M., "The Plato Hook", The Lunar Observer, 1997 February, p. 1.

    Articolo, finora non reperito sul web, citato da O'Connell (1998).

  21. O'Connell (1998)  –  O'Connell B., "Plato's Hook. Clementine & CCD images shed light on the shadowy mistery of a 45 year old drawing", Proceedings of the 49th Convention of the Association of Lunar and Planetary Observers, a cura di K. Poshedly (Atlanta, Georgia, 1998), 7 pp. non numerate Link esterno ALPO Monograph n. 8 (pdf 7 MB).

    [Commento].

  22. Wood (1999)  –  Wood C. A., "The Mysteries of Plato", Sky & Telescope, vol. 98, n. 1 (Luglio 1999), p. 122 Link esterno S&T.

    Wood riassume le controversie, ormai in gran parte superate, sulle variazioni osservate visualmente sul fondo di Plato, ma non cita l'Uncino. Dalla versione on-line dell'articolo è stata tratta la Link esterno ripresa del Lunar Orbiter 4, qui rielaborata, di cui alla Fig. 9. Immagine originale Link esterno IV-127-H3 (il Sole era ad una altezza di 68°,2).

  23. Favero et al. (2000)  –  Favero G., Lena R., Mengoli G., Cipolat A., Gualdoni P., "The nature of the hook-like shadow on Plato's floor observed by Wilkins and Moore in 1952", The Strolling Astronomer. Journal of the Association of Lunar & Planetary Observers, vol. 42 (2000), n. 3, pp. 126-132 Link esterno JALPO volumi 34-42 (pdf 38 MB).

    [Commento].

  24. Jamieson (2000)  –  Jamieson H. D., "Three additional views of the "Hook" shadow on Plato's southeast floor", The Strolling Astronomer. Journal of the Association of Lunar & Planetary Observers, vol. 42 (2000), n. 3, p. 132 Link esterno JALPO volumi 34-42 (pdf 38 MB).

    [Commento].

  25. Favero et al. (2001)  –  Favero G., Lena R., Lottero F., Fiaschi M. "The nature of the hook-like shadow on Plato's floor observed by Wilkins and Moore in 1952. Part II. Simulations with a computer and a Plasticine model", The Strolling Astronomer. Journal of the Association of Lunar & Planetary Observers, vol. 43 (2001), n. 3, pp. 24-29 Link esterno SAO/NASA ADS.

    [Commento].

  26. Braga & Ferri (2002)  –  Braga R., Ferri F., "Plato's hook: still an open problem", The Strolling Astronomer. Journal of the Association of Lunar & Planetary Observers, vol. 44 (2002), n. 1, pp. 12-14 Link esterno SAO/NASA ADS.

    [Commento].

  27. Lena et al. (2002)  –  Lena R., Di Iorio G., Bares A., Fattinnanzi C., Favero G., "The Moon - Plato's hook, Part III. On the curvature of the Gamma Peak's shadow on Plato's floor", The Strolling Astronomer. Journal of the Association of Lunar & Planetary Observers, vol. 44 (2002), n. 4, pp. 37-43 Link esterno SAO/NASA ADS.

    [Commento].

  28. Favero & Mengoli (2002)  –  Favero G., Mengoli G., Luna: un percorso di indagine tra testi e contesti (Milano, Open Game, 2004), pp. 25-26; supplemento alla rivista l'astronomia.

    Favero, autore dei testi, riproduce i due disegni relativi al 3 aprile 1952: di quello apparso in Guida alla Luna, fornisce anche la versione, molto più nitida, presente nell'edizione del 1956 (p. 25). Nel lungo commento attribuisce entrambi i disegni a Wilkins, in base a quanto riportato da Moore nel 1961 e della cifra HPW in calce alla riproduzione del 1956. Non coglie la sostanziale identità (a parte le tre strie) di quanto registrato all'interno del circo, stigmatizza le differenze di quanto all'esterno e conclude: "mi pare chiaramente senza senso cercare di comprendere alcune peculiarità dei disegni di Wilkins, come quell'ombra a uncino nel fondo di Plato che ha fatto discutere generazioni di astrofili" (p. 26). L'inaffidabilità di Wilkins è sostenuta anche altrove nella stessa opera.

  29. Wood (2006)  –  Wood C. A., "Plato Changes?", Lunar Photo of the Day (14 Ottobre 2006) Link esterno LPOD - LPOD.

    Wood ... .

  30. Favero (2007)  –  Favero G., "On the Reliability of the Lunar Drawings made by Hugh P. Wilkins", The Strolling Astronomer. Journal of the Association of Lunar & Planetary Observers, vol. 49 (2007), n. 1, pp. 28-29 Link esterno SAO/NASA ADS.

    [Commento].

  31. Leatherbarrow (2009)  –  Leatherbarrow W., "Plato's Hook: a lunar observing project", Journal of the British Astronomical Association, vol. 119 (2009), n. 4, pp. 216-217 Link esterno SAO/NASA ADS.

    [Commento].

  32. Collins (2009)  –  Collins M., "Plato's «hook»", BAA Lunar Section Circular, vol. 46 (2009), n. 6, p. 7 Link esterno BAA (pdf).

    Collins ha fotografato l'ombra in questione il 3 maggio 2009 5h35m TU, anche se non così curva come nel 1952. L'astrofilo neozelandese ha ipotizzato, però, che il fenomeno possa essere di breve durata: forse lo stesso tempo impiegato da Wilkins e Moore (15-20 minuti in tutto?) per eseguire i loro schizzi. Ha inoltre confermato il profilo delle altre ombre proiettate sul fondo di Plato.

  33. Morgan (2010)  –  Morgan P., "Plato's Hook", BAA Lunar Section Circular, vol. 47 (2010), n. 6, pp. 6-7 Link esterno BAA (pdf); riproposto senza un interessante commento (di W. Leatherbarrow?) e con una diversa impaginazione in Saturday Circular of the British Astronomical Association, n. 1 (12 giugno 2010) Link esterno BAA.

    L'articolo riporta, a quanto pare per la prima volta, lo schizzo originale di Wilkins, dal suo blocco di appunti. Sono stati usati due ingrandimenti, 320 X e 460 X: possibile indizio di una turbolenza non trascurabile. Non è noto il tempo dedicato agli schizzi dai due autori, ma è presumibile che siano stati piuttosto rapidi, per ottimizzare il tempo concesso al grande rifrattore. Il disegno di Wilkins è stato realizzato a matita e ripassato a penna, dopo alcune integrazioni in base al disegno di Moore: sette macchie chiare circolari, presumibilmente piccoli crateri non risolti. Lo schizzo di Moore, quindi, non è mai stato terminato, perché è servito a completare quello di Wilkins. Come era prevedibile dalle descrizioni di Wilkins e Moore, entrambi gli schizzi riguardano solo la parte interna del circo. Si può dedurre che il completamento con la regione circostante, per la stampa, deve essere stato eseguito da Wilkins in base ad altri elaborati; non è noto perché Wilkins abbia realizzato due disegni diversi dallo stesso schizzo: con e senza le strie chiare.

  34. Collins (2010?)  –  Collins M., "Plato's Hook", Moon Science (pagina non datata, maggio 2010?) Link esterno Moon Science.

    [Commento].

  35. Mosher (2010)  –  Mosher J., "Digital Lunar Topography", Lunar Terminator Visualization Tool (December 15, 2010) Link esterno LTVT.

    [A scopo dimostrativo, i dati altimetrici di LOLA sono utilizzati dal software LTVT, con uno Link esterno script specifico, per generare un'animazione delle ombre proiettate sul fondo di Plato al sorgere del Sole, con Link esterno vista da Terra e visione verticale...].

  36. Barzacchi & Wood (2012)  –  Barzacchi R., Wood C., "The missing hook mystery", Lunar Photo of the Day (February 7, 2012) Link esterno LPOD.

    [Commento].

  37. Mercatali (2012)  –  Mercatali A., "Ombra nel cratere Plato", Sezione di Ricerca Luna UAI (2012) Link esterno UAI.

    Sono riportate le immagini raccolte nell'ambito della campagna di osservazioni. [Commento].



In sintesi

Wilkins e Moore si sono concentrati, a Meudon, sulle macchie presenti sul fondo di Plato. Ciò è coerente con un perdurante interesse nei confronti di particolari difficili da osservare, quali crateri al limite o al di sotto del potere risolutivo degli strumenti usati e aree con albedo poco diverse da quelle circostanti. Tale interesse derivava dalla convinzione, sempre più diffusa nella seconda metà del XIX secolo, che in Plato fossero state registrate variazioni reali di forma e luminosità. Il bordo del cratere e le regioni circostanti stati trascurati, a causa del limitato tempo disponibile per l'osservazione.

Sino ad ora è noto solo lo schizzo originale di Wilkins, a matita e poi ripassato a penna, su cui lo stesso autore ha riportato subito alcune macchie registrate da Moore. Tale schizzo è servito a Wilkins per realizzare due disegni pubblicati negli anni successivi: uno evidenzia le macchie circolari, l'altro le aree più chiare sul fondo. Per completare entrambi con la regione circostante, Wilkins è ricorso a disegni e mappe realizzate precedentemente. Il risultato ha più un carattere esemplificativo, che scientifico: è possibile che tale valenza possa essere stata dichiarata esplicitamente da Wilkins (occorrerebbe comparare le opere divulgative e non).

Né Wilkins né Moore hanno manifestato alcun interesse per le ombre proiettate sul fondo del cratere. Ciò deriva, molto probabilmente, dal fatto che le ombre sono assai variabili di lunazione in lunazione, per il diverso azimut del Sole pur a pari altezza sull'orizzonte locale. Sembrava quindi più utile concentrarsi su formazioni della superficie lunare.

Sia Wilkins che Moore avevano una tale esperienza in osservazioni lunari, con i più diversi strumenti, da non poter essere tratti in inganno da un'ombra deformata, di momento in momento, dalla turbolenza atmosferica. In altre parole: non aveva senso (e non ha mai avuto senso per un osservatore visuale) unire in uno schizzo un'ombra evidentemente deformata con particolari considerati di esistenza certa. L'ombra a uncino registrata nello schizzo di Wilkins deve, quindi, essere considerata un dettaglio reale, ma è soggetta, come tutti gli altri, a una indeterminazione nella posizione dell'ordine del ?? %.

L'interesse per l'Uncino è nato, a quanto pare, solo intorno al 1997. Si tratta di un interesse limitato all'ambiente amatoriale e volto, più che altro, a valutare l'attendibilità dei rilievi visuali del passato a fronte di quanto ottenibile, oggi, con sensori elettronici. La discussione ha a volte esagerato nell'inficiare i risultati selenografici dell'era pre-digitale. Inciso: le emulsioni chimiche non possono competere in risoluzione con quanto osservato visualmente, ma la trascrizione di quanto rilevato ad alti ingrandimenti in rari momenti di calma atmosferica richiede comunque tecniche di misura e di disegno assai sofisticate.

Tornando all'Uncino, quanto registrato nello schizzo è stato confermato a più riprese da osservatori lunari esperti, quali Morgan e Collins. Quest'ultimo ha dimostrato, con i dati altimetrici di LOLA, che l'intero profilo delle ombre schizzate da Wilkins è attendibile, anche se la curva della punta non è così accentuata.

D'altra parte, è stato dimostrato da Favero, Lena e altri che, a basse risoluzioni e con turbolenza elevata, le ombre proiettate sembrano variare di forma, creando in immagini digitali artefatti curvi in un senso o nell'altro. Ciò, ovviamente, non riguarda solo le ombre proiettate in Plato: è un effetto di cui occorre tenere sempre conto nel valutare un'immagine lunare.

A quanto pare, l'Uncino non sembra dovuto alla fusione tra l'ombra del Picco γ e quella gettata dalle basse colline, immediatamente a nord della parete sud, documentate nelle immagini LRO. D'altra parte, tale picco non può avere, di per sé, una volumetria tale da giustificare l'uncino. Non è stata però ancora dimostrata l'esistenza di un depressione o di una collina molto bassa, sul fondo apparentemente piano di Plato, che possa modellare l'ombra proiettata dal picco in questione.

L'infittimento della griglia altimetrica prodotto dalle missioni spaziali produrrà modelli tridimensionali, che permetteranno di simulare con dettaglio sempre maggiore le ombre proiettate dai rilievi lunari. Tali simulazioni sono essenziali anche in fase di programmazione di osservazioni concertate. Le osservazioni devono essere programmate tenendo conto sia del ripetersi delle condizioni geometriche (altezza e azimut del Sole, ma anche le librazioni possono esaltare o meno la curvatura dell'ombra), sia dell'altezza della Luna sull'orizzonte terrestre (in modo da minimizzare l'influenza della turbolenza). Inoltre, è opportuno che sia definito un limite inferiore per l'obiettivo e la focale equivalente degli strumenti richiesti.



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