Urania Ligustica

L'astrofilia ligure nel Novecento

UGO LOSSADA

Riccardo Balestrieri

Astrofilia I


Fotografia originale

Figura 1 – Il Cap. Ugo Lossada sul lungomare di Genova Pegli



Ugo Lossada nasce a Nervi il 26 giugno 1908 da Gino ed Eleonora Dadi.1

Il padre, bolognese di nascita (1868), è un apprezzato amministratore; la madre, nata nel 1878, appartiene ad una nobile famiglia sammarinese. Appena sposati risiedono a Nervi, poi la famiglia si sposta a Bari, dove Gino Lossada amministra la grande opera dell'Acquedotto Pugliese; in provincia di Bari nasce, nel 1913, Ersilia.

La famiglia si trasferisce quindi a Venezia per secondare la passione per il mare di Ugo, che si diploma giovanissimo all'Istituto Nautico e subito inizia la sua vita sul mare. Poi, per adempiere agli obblighi militari, frequenta l'Accademia Navale di Livorno, da cui esce Guardiamarina di complemento. Riprende quindi la navigazione, necessaria, oltre che al suo lavoro, per conseguire l'abilitazione alla professione, da farsi in gran parte fuori dal Mediterraneo; per questo lascia gli armatori veneziani e passa con quelli genovesi.

Il 30 maggio 1934 consegue il grado di Capitano di lungo corso della Marina Mercantile; la patente è conservata dalla sorella Ersilia che, in una lettera allo scrivente, ne spiega così la personalità: "Da chi, Ugo ed io abbiamo succhiato un amore infinito per l'Italia nel cui nome pensiamo e ci comportiamo? Avrà notato in Ugo questo spirito indomito! Il nostro nonno paterno, Giulio Cesare Lossada nato a Bologna nel 1820, fu un volontario delle guerre d'indipendenza. Suo suocero il Generale Giuseppe Galletti, sempre bolognese, fu un insigne patriota. All'unità d'Italia sacrificò la sua carriera di avvocato e quindi la famiglia. Patì in condizioni bestiali una lunga prigionia a Roma in Castel Sant'Angelo. Non mancarono ad ambedue l'esilio e grandi sacrifici".

È lui stesso a descrivere le origini della passione per il cielo.

Quando anch'io ero giovane venivo condotto dal mio lavoro per lunghi mesi sulle immense distese degli oceani; spesso, durante le ore notturne di guardia sulla plancia della nave, il mio animo si rattristava pensando ai cari lontani. Ebbene, durante questi momenti melanconici, quando il mio sguardo si volgeva al cielo, quasi inconsapevolmente l'animo si rinfrancava di fronte allo spettacolo della volta celeste, limpida, libera da inquinamenti di ogni genere, nella sua immensa vastità. Ricordo la commozione provata allorché per la prima volta, passato l'equatore diretti verso l'emisfero australe, mi sono apparse nuove costellazioni... la visione delle nubi di Magellano; uno scenario tutto nuovo. L'emisfero boreale ha molte più stelle visibili nei confronti di quello australe e sotto questo punto di vista siamo più fortunati...2

Un brano tratto da un'altra opera conferma il modo in cui sono nati gli interessi del giovane guardiamarina.

Sin dai miei giovani anni, nonostante l'educazione ricevuta nell'ambito religioso ed etico, mi sono sentito trasportato verso una visione del Mondo alquanto diversa da quella che riscontravo presso i miei coetanei. Probabilmente, il contatto continuo con la natura (il mare è stato il mio posto di lavoro per tanti anni) è la causa prima.
La passione per l'astronomia si è sviluppata lentamente, ma in una forma tale da farmi ritenere ancora oggi che sia l'unica grande e meravigliosa scienza che mette direttamente l'uomo a contatto con l'Universo. Naturalmente ad essa sono collegate altre scienze e senza dubbio la fisica è l'unica che si compenetra completamente...3

Nel corso della Seconda Guerra Mondiale, è il 1943, decide di autoaffondarsi nel Golfo Persico, per non lasciare la nave al nemico; per questa azione riceve la Croce di Guerra (conservata dalla sorella Ersilia). Gli Inglesi lo catturano e lo sottopongono ad una dura prigionia nel campo di prigionia di Dehra Dun-Yol, in India: verrà rilasciato solo nel 1946.

Durante il periodo di prigionia dell'ultima guerra, passato in India alle pendici dell'Himalaya, ho avuto l'occasione di intrattenere interessanti conversazioni con un caro amico - professore di fisica e matematica - già direttore dell'osservatorio sismico di Nuova Delhi. Questo amico, un padre gesuita, a seguito di nostra richiesta, ci spiegò in quattro riunioni la teoria della relatività in modo tale che anche le persone meno competenti non potevano non avere compreso il nocciolo della teoria stessa.
Alla sera, prima che i nostri guardiani inglesi e indiani spegnessero le luci nei campi, diverse volte mi sono intrattenuto con il professore passeggiando lungo i reticolati e parlando di vari argomenti, con particolare riferimento all'astronomia. Naturalmente il Padre all'ultimo finiva quasi sempre rammentando l'onnipotenza del Creatore che aveva dato la vita a tutto il nostro Universo. Era l'ora di rinchiuderci nelle nostre camerate e guardando l'amico dicevo: "Ma Padre, il Creatore è l'Universo stesso; lo si può ammirare con i nostri occhi, anche se essi vedono solo un granello di sabbia nei confronti del Tutto". Una sera mi rispose: "Può darsi che tu abbia forse ragione..., ma ora è tardi, vai a dormire, buona notte".
Non dimenticherò mai quelle sere nel campo di prigionia ed il ricordo mi dà ancora il coraggio di scrivere in merito all'argomento di cui al titolo di queste poche righe...4

Nel 1956 sposa Teresita Costanzo ved. Consenzi, che aveva avuto come passeggera sul suo mercantile nel corso di un viaggio negli Stati Uniti.

Quattro anni dopo inizia la realizzazione di due serie di quaderni di appunti, dedicati ad "Astronomia" e "Fisica": nel primo quaderno di ciascuna serie sono raccolti i lavori realizzati precedentemente. L'opera è certo stimolata dal tempo libero dovuto al pensionamento. Come si può vedere dalla tabella seguente, l'interesse per l'astronomia è più continuativo di quello per la fisica; ciò è confermato dal fatto che il quaderno "A-1", il primo in assoluto, ha alcune particolarità significative, essendo:

Poiché gli appunti sono suddivisi in pezzi di poche pagine e trattano degli argomenti più svariati (spesso sono innescati dalla lettura dei quotidiani), è risultato necessario un indice analitico, che dimostra la sistematicità del lavoro. Cito, dall'indice di "Fisica": Dio, Scienza e conoscenza, Scienza e filosofia, Scienza e irrazionalità.

Gli appunti sono stilati con uno stile "oggettivo": i riferimenti personali sono, per così dire, fra le righe. Tutto denota un metodo di lavoro sistematico e già ben definito dagli inizi, che comporta la distruzione degli appunti originali dopo la trascrizione sui quaderni (di formato 20,5 x 15 cm).


ASTRONOMIAFISICA
VolumeAnniPagg.
A-11943-46300
A-21961-73212
A-31973-78176
A-41978-79142
A-51972-79142
A-61979142
A-71979140
A-81979142
A-91979-80138
A-101980136
A-111981-82134
A-121983-84142
A-131984-87170
A-141987-8963
VolumeAnniPagg.
F-11947-60316
F-21961-76176
F-31976-78174
F-41979-80144
F-51980142
F-61981142
F-71983142
F-81985172
Appendice<1979110
Indice generaleIndice generale


Il 2 ottobre 1982, nel corso dell'assemblea generale della Sezione Astrofili dell'Università Popolare Sestrese, il responsabile Gino Tarroni "consegna una targa ricordo al Cap. Lossada per la sua ormai decennale collaborazione al Bollettino".5 In realtà i contributi iniziano nel 1976, con la realizzazione di articoli (notevole la serie Elementi di astronomia pratica) e, dal 1977, con effemeridi basate sulle Astronomical Ephemeris o sulle Effemeridi Nautiche, messe a disposizione dall'Istituto Idrografico della Marina Militare.

La moglie muore l'11 agosto 1983. Nella casa di Pegli se ne conservano ancora i ricordi: soprattutto i dipinti ad olio che lei aveva iniziato a realizzare in tarda età. Nello stesso anno termina la realizzazione delle effemeridi e gli articoli divulgativi di argomento generale tendono a predominare su quelli di astronomia sferica. È bene sottolineare che l'astronomia è l'interesse dominante ma non il solo: è un buon giocatore di scacchi e ama la musica classica.

L'incidenza del Capitano sull'attività della Sezione Astrofili ha una impennata l'anno successivo. Il 16 giugno 1984 si inaugura la struttura che diventerà l'Osservatorio Astronomico di Genova. Può sembrare paradossale, ma è un momento di crisi per il gruppo: Virginio Monticelli è morto sin dal 1981, Alfredo Tortonese si è allontanato per motivi estranei all'astronomia, Giuseppe De Simone vuole passare il testimone ai giovani, Tarroni è contestato. Il Cap. Lossada è un uomo al di sopra delle parti: diventa il responsabile e il tesoriere della Sezione Astrofili per l'anno accademico 1984/85 ed è confermato in tali incarichi l'anno successivo.

Sotto di lui la Sezione Astrofili si trasforma in modo radicale e inizia una fase vissuta con entusiasmo che, pur dovendo chiudersi di lì a qualche anno, getta le basi delle iniziative attuali.

Dopo una lunga malattia, sopportata stoicamente all'insaputa di quasi tutti i soci dell'Osservatorio, il Cap. Lossada muore il 10 dicembre 1989 a Lecco; vi si era trasferito per essere curato dal nipote, primario di urologia nell'ospedale locale.

L'unico figlio di Teresita, Ugo Consenzi, conserva i suoi quaderni e i seguenti documenti:

Nel Cap. Lossada l'interesse per lo studio dell'Universo era il segno esteriore dell'amore per l'Universo stesso: unica concessione alla sfera spirituale permessa da un materialismo vissuto sempre in modo dialettico.

Un astrofilo, insomma, in senso privato e profondo.6




1 Nervi Link esterno Wikipedia era allora comune autonomo; é confluito nella "Grande Genova" nel 1926.

2 U. Lossada, "Astronomia - Storia e poesia", Bollettino Sezione Astrofili Università Popolare Sestrese, 13 (1984), n. 42, pp. 43-44.

3 U. Lossada, "Filosofia e astronomia", Bollettino Sezione Astrofili Università Popolare Sestrese, 14 (1985), n. 44, pp. 38-40.

4 U. Lossada, "Universo e filosofia", Bollettino Sezione Astrofili Università Popolare Sestrese, 16 (1987), n. 50, pp. 5-6.

Una lucida testimonianza sulla prigionia a Yol proviene da Franco Slataper (1920-2017) Link esterno Storia e reduci della Folgore (fonte esistente il 25/9/2012 e, al nuovo indirizzo, il 26/1/2023). Dagli estratti che seguono, pare possibile che Lossada, pur non essendo citato, abbia condiviso le esperienze di Slataper.

"Traversammo così una buona fetta di India, ammirammo dal treno il Taj Mahal, sbarcammo a Dehra Dun ed a piedi, attraverso una rigogliosa vegetazione, raggiungemmo il campo 24.
La vita e l'organizzazione dei campi di prigionia inglesi è stata descritta in numerosi libri, in genere non particolarmente avvincenti, anche perché non avvincente è la materia trattata. Non è il caso di ripeterla qui né di rievocare gli episodi allegri e tristi di quegli anni. Uno però è indicativo. Nell'estate del '43 l'atmosfera dei campi era piuttosto tesa e gli inglesi pensarono bene di dare una lezione-ammonimento. Attesero che tre tentassero la fuga (sapevano tutto di noi: vi erano naturalmente spie italiane nei campi), li fecero aspettare fuori dai soldati indiani, sentimmo fucilate ed urla, li finirono a baionette. Tutti noi passammo la notte nell'anticampo a farci contare e ricontare...
Non mi risulta che nessuno sia riuscito a rendere adeguatamente l'atmosfera dei campi in quelle particolari situazioni, né a descrivere la pressione morale insopportabile che può venir esercitata in un ambito chiuso... Ad ogni modo, nel campo 24 alla fine del '42 ed ancora nel '43, si stava abbastanza bene: il mangiare era abbondante, il bar serviva paste, le camerate erano ampie (ciascuno aveva un suo angareb con zanzariera e cassettone), le cimici cadevano dal soffitto numerose e gratuite. Papà mi aveva spedito soldi, subito congelati in buoni campo, e numerosi libri. Studiavo inglese o meglio la grammatica inglese perché non avevamo contatti con i detentori, leggevo molto, tiravo di boxe ed aspettavo. Non era il caso di avere troppe iniziative: scappare in India era praticamente impossibile, meglio era praticamente impossibile fare a lungo l'indiano. A parte il pericolo materiale dell'evasione, non si rischiava però molto: 28 giorni di galaboose (cella di isolamento). Parecchi hanno tentato, finendo inevitabilmente il periodo di libertà dopo poche ore o pochi giorni. Si racconta di qualche singolo che sarebbe riuscito a raggiungere Goa (allora possedimento portoghese) per finir di rimpatriare ancora più tardi di noi. Meglio star tranquilli e tener la testa ed i nervi a posto. Certo, mancava un po' di movimento. Eravamo come polli in stia...
Con il 25 luglio e l'armistizio incominciò la moina delle dichiarazioni e delle firme e la suddivisione dei prigionieri in categorie. Appartenevo al gruppo degli "svizzeri", dal motto "chi si firma è perduto", perché mi rifiutavo di prender posizione fintanto che ero prigioniero. La pressione dei neodemocratici diventò ben presto insistente ed insolente e così chiesi di esser trasferito all'ala 5, sempre del campo 24, dove dava il tono un medico romano dei mezzi d'assalto della marina, brava persona, morto dopo la guerra in Italia per il solito incidente automobilistico.
Poche settimane dopo ci trasferirono, via Amritsar e Pathankot, a Yol, vicino a Dharamshala, nel Kangra Valley, rimasto unico grande gruppo di campi per ufficiali in India. I "fascisti" erano al campo 25, noi "svizzeri" costituimmo una specie di minoranza etnica all'ala 5 del campo 27. Minoranza qualificata: nella baracca con me c'era il comandante Donda, di Trieste, della marina mercantile, catturato il primo giorno di guerra a Porto Sudan, dopo esser riuscito a sabotare la sua nave, fermata da solito controllo inglese, l'avvocato Ugo Maresca, alpino di Genova, che svolgeva interminabili discussioni giuridiche col giudice Delfini, lì accanto Angelo Giaroli, carrista di Suzzara, buon amico e più tardi direttore generale dell'ICE, un gruppo di ufficiali effettivi di artiglieria assai perbene (l'accademia di Torino doveva essere molto meglio di quella di Modena), marittimi giuliani ed altri ancora. Studiavo per i tre esami che mi mancavano, facevamo una specie di seminario di economia sulla base del corso del Pareto, ripetevo con Giaroli inglese, tedesco e storia e, più importante di tutto, uscivamo a passeggiare "sulla parola" per l'intera giornata, da circa le 10 alle 16 o 17. Le passeggiate erano state introdotte nel '43 e gradualmente perfezionate: da marcette, inquadrati e seguiti a vista dai soldati, a libere escursioni da un punto fisso di scioglimento, con appuntamento per il rientro allo stesso punto diverse ore dopo. I campi di trovavano a 1100 metri di quota. Dietro vi era la catena prehimalayana del Dhauladhar, alta 4000 metri, con punte fino a 4690 metri. Dati i limiti di tempo, più si correva e più lontano si riusciva ad arrivare. Sempre di corsa ho raggiunto così cime e passi di 3000 metri (il vicino Nodrani o la favolosa sella di Kunda). Un singola volta, con un permesso speciale di due giorni, arrivai ad un passo oltre 4000 metri, dal quale si poteva contemplare la valle del Ravi. Conservo un ricordo vivissimo di quelle escursioni, sia per la grandiosità del panorama, la varietà del paesaggio, l'intrigo della vegetazione, lo scrosciare dei torrenti, la curiosità degli incontri (non solo pastori pahari con le loro capre, ma grosse vipere nere, lente e pesanti, branchi di scimmie grigie poco amichevoli, capre di montagna). Non ho mai visto invece orsi (dicevano che ve ne fossero) né, fortunatamente, vipere di Russel. Credo che quelle passeggiate m'abbiano molto aiutato a sopportare la prigionia, sicuramente a mantenermi in forma.
La guerra intanto finì e noi eravamo sempre a Yol... La posta dall'Italia, che aveva registrato un'interruzione di oltre sei mesi dopo l'armistizio, si bloccò di nuovo per un periodo ancora più lungo alla fine della guerra. Erano i giorni dell'occupazione jugoslava di Trieste. Venne l'anno 1946 e la situazione si normalizzò... In quel di Yol, in vista delle partenze, gli "svizzeri" furono passati al campo 25, dove ci rimproveravano la nostra mancanza di "purezza" ma dove trovai altri giuliani e dove incominciai a macinare il serbo-croato sulla grammatica del Cronia.
Col passare del tempo, la libertà aumentava ma il cibo diminuiva drasticamente. I quartiermastri inglesi non si peritavano, a quanto pare, in vista della fine della pacchia, di rubare sulle nostre razioni molto di più di quanto pacificamente tollerato. Per fortuna c'eran sempre le salsicce di soia a sostenerci... Fummo infine rimpatriati nel novembre del 1946. Viaggio tranquillo".

5 Bollettino Sezione Astrofili Università Popolare Sestrese, 12 (1983), n. 38, p. 5.

6 Tratto con poche modifiche da: R. Balestrieri, "Da navigatore ad astrofilo", Bollettino Osservatorio Astronomico di Genova, 22 (1993), n. 64, pp. 12-16 File PDF. Cfr. R. Balestrieri, "Ricordo del Capitano Ugo Lossada", Bollettino Sezione Astrofili Università Popolare Sestrese, 21 (1991-1992), n. 60-61, pp. 12-13 File PDF. L'opera di Lossada è contestualizzata in Osservatorio Astronomico di Genova.

Rinnovo il mio ringraziamento a Ersilia Pozza Lossada e ai coniugi Ugo Consenzi e Silva Mattelli.




Ringrazio Roberto Manelli per la sua accorta rilettura.



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