Urania Ligustica

La nuova scienza

Michele Giuseppe Canale

Gio. Battista Baliani (1837) 1

La nuova scienza


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Prima pagina


Gio. Battista Baliani

Figura 1 – Ritratto di Gio. Battista Baliani 2



Allorché cessata ogni larva di stato genovese l'ottimo e generoso Re di Sardegna Vittorio Emmanuelle [sic] prendea le redini del novello ligustico imperio, il Marchese Niccolò Grillo Cattaneo capo della Università lo aringava in tal guisa all'ingresso ch' ei faceva nella nostra Città: «Voi siete, o Sire, in un paese ove tutto ricorda la gloria de' maggiori, ove tutto favella di grandezza, e d'ineffabile rinomanza; Volete uomini d'armi? Francesco, Ambrogio, Agostino Spinola, Giovanni Giustiniani vi stanno dinnanzi; Volete uomini di mare? tutti i Doria per nobilissimo retaggio di famiglia, Biaggio Assereto, Simon Vignoso, Pietro, Paolo Fregoso, vi si presentano; Volete un uomo che Dio ha creato unico d'intelletto, e di gloria? Avete Colombo. Volete Poeti? Chiabrera, colui che cantò le gesta della vostra casa, e Innocenzo Frugoni il capo scuola del secolo passato. Volete infine un valentissimo matematico, ed astronomo? Abbiatevi Gio. Battista Baliani».

E certamente, non ad altri famosi genovesi secondo viene tal nome, anzi gareggia co' più illustri d'Italia che in fatto di scienze specialmente fiorirono nell'epoca in cui visse il Baliani. Egli sortì i natali in Genova del 1582, la sua famiglia apparteneva al patriziato, e cessò in un di lui figlio. Fattosi per tempo dotto con ogni sorta di cognizioni, avendo sottile, e profondo discernimento per sapere le buone dalle malvagie dottrine distinguere, disdegnò tosto di giurare nelle parole di qualsivoglia maestro, ma di per sé, ambì di farsi ragione, e invece di indietreggiare all'asserzione di un cotale libro, e pedissequo movere sull'altrui orma, si trasse innanzi ad aggiungere una meta non tocca, volendo a sembianza dei concittadini suoi Chiabrera e Colombo scoprir nuovo mondo, od affogare; ché nelle anime liguri questo desiderio di gloria è stimolo d'ingenita potenza, di fortissima natura, è per così dire peccato d'origine. Si avviò sul cammino delle scienze, e le matematiche con amore, con frutto coltivò, sviluppò l'ingegno dagli aridi dominj degli scolastici, e a contemplazione di un puro, e schietto vero non ottenebrato da nube di sottigliezze, e di cavilli lo levò, salì il monte santo lasciando dopo di sé tutti i dirupi, e le selve selvaggie che il passo gl'impedivano, e l'eletta cima toccata, si volse senza ostacolo alla vera, incontaminata luce ch'è sembiante di Dio; poté quindi attignere quei lumi di profonda, né menzognera sapienza, interrogar la natura perché vedutala nel disvelato suo aspetto, e sorprenderla nelle più recondite operazioni. Colla mente non preoccupata da prestigio di false opinioni, mirò gli altrui falli, e gli furono scola ed esempio ad evitarne dei maggiori, sicché provvedutosi di tuttociò che gli era mestieri all'alto divisamento, il quale già da tempo maturava, poté alfine pubblicare il suo trattato nel 1638 De motu naturali gravium solidorum, che accresciuto di molto ripubblicò poscia nel 1646. Tale operetta è quella che gli diede fama di grande. Diradate egli le false, e chimeriche opinioni che si aveano per l'addietro, stabilì con indubitata evidenza che la gravità dei corpi mentre discendono naturalmente cresce in ragione duplicata dei tempi, e che i gravi con moto accelerato discendendo seguitano la proporzione dei numeri dispari. Ma per questi due teoremi insorse tosto dubbio, s'essi veramente venissero prima dal Baliani, o dal celebre Galileo discoperti. Ad ogni modo fu costante che fin dal 1611 avea nella fortezza di Savona fatte il primo alcune profonde esperienze onde n'era risultata la verità delle due prefate proposizioni, e i suoi amici, anziché il Galileo pubblicasse i dialoghi di Leida erano già consapevoli di tale scoperta, del che in fatto gliene fece poi testimonianza il Cabeo nel primo libro delle Meteore; ond'è che si dee dire che l'immortale Fiorentino siasi incontrato colle sapientissime sue ricerche in quello che già avea il Genovese investigato, e discoperto, e veramente fu solo nel 1638 che il Galileo trovò la dimostrazione geometrica, meccanica del moto accelerato. Cosicché sarebbe a conchiudere, che siccome il Leibnizio, ed il Newton con la sola potenza di un meraviglioso intelletto giunsero entrambi all'invenzione dell'analisi infinitesimale, Galileo, e Baliani pervenissero a vicendevole insaputa allo discoprimento delle proprietà generali del moto uniformemente accelerato, e alla legislazione dei gravi.

Ma il Genovese astronomo non solamente si tentò defraudare della gloria di avere con metodo proprio antivenuta la scoperta del Galileo, sibbene gli s'imputò la falsa opinione che l'accelerazione si fa in modo per cui le velocità acquistate sono proporzionali agli spazj percorsi, idea che fu d'alcuni filosofi incautamente adottata. Il Montucla nella sua storia delle matematiche mentre loda il libro del Baliani perché con soda, e giudiziosa dottrina esteso, perché l'autore vi dice cose assai buone, e la sua proposizione ingegnosamente, ed evidentemente dimostra, fu il primo ad attribuirgli tal fallo,3 altri scrittori dopo di lui il ripeterono, ma il dottissimo Ab. Vincenzo Riccati,4 e l'Ab. Gio. Andres 5 il difesero vittoriosamente dalla sopradetta imputazione, e fecero di più eletta luce sfavillare l'ingegno dell'astronomo genovese. Baliani compose eziandio altre opere le quali consistono in cinque dialoghi che ragionano della virtù morale, della filosofia naturale, degli atomi visibili, della luce, e i suoi effetti, e dell'anima del mondo, tre trattati sull'amicizia, sulla fortuna del mare, e sopra le lettere di cambio con diversi opuscoli latini sopra argomenti di logica, di metafisica, di meccanica, e di ottica. Oltre questi lavori che già di per sé dimostrano di che scienza, e dottrina fosse piena quell'elettissima mente, altri aveva in proponimento di comporre, ma morte troncò sua vita all'anno ottantaquattresimo di sua età.

Gio. Battista Baliani non diede però tutto sé agli studj naturali, e speculativi, ma la propria persona ancora adoperò nei diversi negozj della repubblica; non fu egli un di quelli uomini come Archimede (di che tanto non so come abbiano alcuni a lodarlo) che mentre correva terribile stremo la fortuna della patria inoperoso ed indolente attendesse a qualche sua scientifica investigazione, il genovese scrittore si adoperò colla mano, e [<101-102>] col consiglio nel maneggio dei pubblici affari, fu comandante della fortezza, e governatore della Città di Savona ed uno tra i dodici padri del Senato Genovese, i quali col titolo di governatori tenevano la suprema autorità nelle materie civili; per la qual cosa benché adulto si applicò allo studio del diritto romano, delle leggi, delle consuetudini, e del governo della genovese repubblica, aborrendo dal sostenere dignità, ed occupar magistrati di gravissimo momento senza sentire in sé stesso la potenza, ed il sapere di tutti con decoro ed onore sopportarne i gravami, e le necessità, e gli obblighi adempierne.

Sulle mura di Santa Chiara avea il Baliani la sua abitazione; in tale amena dimora ei forse discopriva quelle verità matematiche che gli furono poscia cagione di tanto onore. Tranquillandosi l'animo nel pacato soggiorno ei poteva alla vista di un vago, ed immenso zaffiro levarsi alla meditazione delle celesti cose, e indovinarne il mistero, e la legge. Quel palazzo passò poi negli Spinola, di questi per eredità nell'inclita, e coltissima famiglia Serra, un illustre personaggio di cui Gio. Battista Serra, uomo delle più chiare doti e d'ingegno, e di cuore fornito, al presente il possiede, avendolo a più ridente, e magnifico aspetto ridotto.6




1 M. G. Canale, "Gio. Battista Baliani", Magazzino Pittorico Universale, 4 (Genova, Tipografia Litografia Ponthenier, 1837), n. 26, pp. 101-102; scheda bibliografica Link esterno OPAC SBN. Sono stati modernizzati gli accenti.

2 Il numero della rivista contiene al centro del fascicolo, come d'uso, una tavola fuori testo, mancante nell'esemplare esaminato, in collezione privata. In tale tavola, che ha lo stesso numero (26) della rivista, la fig. 92 è un ritratto del Nostro. Tale informazione è anche riportata in Atti del Reale Istituto veneto di scienze, lettere ed arti. Parte seconda, 75 (1915), nota 2 a p. 62; scheda bibliografica Link esterno OPAC SBN. È disponibile (ante 20/4/2016) un esemplare digitalizzato del numero completo in Link esterno BiASA; il ritratto è stato riprodotto da tale esemplare.

Per un approfondimento sull'iconografia di Baliani, si rimanda alla pagina pertinente.

3 Presumibilmente: J. F. Montucla, Histoire des mathématiques, nouvelle édition achevé par I. de Lalande (Parigi, 1799), tomo II, pp. 194-200, 217-220, 271; tomo IV, p. 284.

4 Presumibilmente: V. Riccati, "Lettera al sig. conte Giordano suo fratello in difesa di G. B. B. cavalier genovese", in A. Calogerà, Nuova raccolta d'opuscoli scientifici e filosofici, tomo XXI (Venezia, 1771), n. VI.

5 Deve trattarsi del padre gesuita Juan Andres (1740-1817), cui si deve un'ambiziosa e fortunata Storia di ogni letteratura, comprendente la filosofia naturale, un Saggio della filosofia del Galileo (Mantova, Alberto Pazzoni, 1776), e una "Lettera sopra una dimostrazione del Galileo al nobil uomo Sig. Marchese Gregorio Filip. Maria Casali Bentivoglio Paleotti", nel primo tomo degli Opuscoli scientifici (Ferrara, Giuseppe Rinaldi, 1779).

6 La ricostruzione dei passaggi di proprietà del palazzo di villa conferma l'identificazione di Doldi (1984)? Cfr. Magnani (1988) e Balestrieri (1996).



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