Urania Ligustica

L'astrofilia ligure nel Novecento

VIRGINIO MONTICELLI

Testimonianze di Giorgio Montaldo, Silvano Di Corato e Giuseppe Chiodo

Astrofilia I



I testi sono stati raccolti per definire la biografia,
a cui si rimanda per precisazioni e correzioni.




Ricordi di Giorgio Montaldo   [10 novembre 2014]


L'obbiettivo campione San Giorgio da 17 cm è stato salvato dalla distruzione dal fratello di Virginio, che allora vi lavorava; è morto di cancro, ma prima che conoscessi Virginio.
Virginio era entrato in San Giorgio successivamente e lavorava alle macchine per calzaturifici, quelle che realizzavano le calze da uomo: macchine complesse, con più di tremila "pezzi" o componenti. Virginio aveva addirittura brevettato una macchinetta che faceva il rinforzo della punta e del tallone e metteva l'elastico nel bordo in cima. Virginio si occupava dell'installazione e della manutenzione presso i clienti.




Ricordi di Silvano Di Corato   [18-30 novembre 2017]


In merito a Virginio Monticelli non conosco la data di nascita, però penso intorno anni 1930 max 1940.
So che si era diplomato macchinista navale a Cornigliano nella scuola Alessandro Volta. Mi disse lui che per alcuni motivi (che non ricordo bene) per via del fascismo non gli riconobbero il diploma. Forse perché non è stata riconosciuta e integrata la scuola di Cornigliano... quindi neanche i diplomi.

Lavorò come saldatore elettrico alla Verrina s.p.a. che realizzava manufatti di varia carpenteria, all'epoca azienda leader in Genova Voltri, ora chiusa. Saldava i tubi dall'interno quindi ci andava dentro anche sdraiato, lavoro disagiante, pericoloso e tossico, di questo mi parlò.
Lavorò come tornitore e fresatore alla San Giorgio di Sestri. In questo ambito mentre dismettevano il reparto di costruzione ottica per telemetri riuscì ad avere la lente da 176mm, che ora giace all'Osservatorio Astronomico di Genova, e alcuni prismi. L'acquisizione della lente e dei prismi è avvenuta mentre gli operai eliminavano il materiale ottico gettandolo con le cariole in due tunnel, costruiti come rifugio antiaereo durante la seconda guerra mondiale sotto le vie Giotto e Siffredi, tra San Giorgio ed ex Marconi. Monticelli "carpe diem" e conoscendo il valore della lente la prese dalla cariola.
Lavorò come tornitore e fresatore alla Marconi Italiana fino la pensione, conobbe l'ing. Giorgio Montaguti e Silvano Galanti già tramite l'astrofilia e poi come colleghi.
Abitava a Sestri Ponente in via Borzoli, dove al bivio con via da Bissone aveva... due locali adibiti a officina.

Mi disse Virginio in persona, alla mia domanda se aveva partecipato alla Resistenza, che non fu partigiano nella guerriglia ma si occupava della manutenzione delle armi! Insomma gliele portavano e lui le rimetteva in ordine. Dove faceva questo non saprei.

Negli anni 1950/60 in via da Bissone Monticelli progettò, costruì e mise a punto il famoso motore bicilindrico a cilindri contrapposti senza l'albero biella/manovella o meglio: il movimento veniva trasmesso da una manovella fissata su un ingranaggio "incentrico" e i due cilindri, cosicché il moto si trasmetteva perfettamente lineare; la soluzione di Monticelli non era uguale al Wankel ed evitava l'ovalizzazione della sede del cilindro. Venne da Torino l'ing. Giacosa [Dante Giacosa (1905-1996)] inventore del bicilindrico che montava la Fiat 500, vide il motore in funzione, si compiacque con Monticelli, disse però che la Fiat non poteva cambiare produzione anche se il prototipo era interessante. Unico problema tecnico comunque risolvibile visto un solo "tempo" del motore sarebbe stato la trasmissione. Personalmente vidi il motore in funzione attivato da Monticelli.

Monticelli pur non essendo di fede religiosa la sua officina la si poteva definire... dei miracoli!
Eh sì! Grazie alla sua disponibilità, alla sua umanità, Virginio metteva a disposizione attrezzature e competenza per tutti e a tutti costruiva, aggiustava, riparava qualcosa, tanto che non era raro che qualcuno si presentasse al pomeriggio con la pentola della moglie da riparare, un lampadario, oppure si dedicava alla propria auto... posteggiata lì fuori dalla officina.
Attrezzature in officina: un tornio, due (?) trapani a colonna, una fresatrice (?), saldatrice elettrica e bombole per saldatura ossiacetilenica. Una macchina per lavorare il vetro per telescopi. Attrezzature varie, utensileria, ferramenta.

Persone come Monticelli sono più uniche che rare!
Non solo il classico operaio con i "cosiddetti", ma una sintesi di umanità e professionalità unite ad un grande entusiasmo non solo per il suo lavoro ma anche per le passioni che coltivava cioè astronomia e fotografia.
In merito alla fotografia usava una Exakta con pentaprisma intercambiabile di cui andava fiero.
Le capacità tecnico-manuali di un buon operaio erano tali per cui poteva in pratica intervenire ed elaborare oggetti e meccanismi e tanto più essendo l'epoca solo gli albori dell'elettronica dove, appunto, gli apparati erano meccanici ed elettromeccanici. Insomma oggi sarebbero considerate una sorta di meta-conoscenze.

Lo connaturava il rispetto per le opinioni altrui pur non esimendosi di esporre la sua. Per nulla volgare anche nel parlare eccetto qualche esclamazione in dialetto genovese. Personalmente non l'ho mai sentito bestemmiare! Tradiva una certa eleganza... seppur da operaio.
La sua somiglianza fisiognomica con l'attore Fernandel (nella parte del sacerdote "don Camillo") non lo faceva però così uguale a lui ma più ideologicamente a Peppone in quanto Virginio era politicamente orientato a sinistra. Sono tuttavia testimone di come Virginio, nel suo stile, rispettasse le altrui opinioni specie in qualche chiacchierata che nasceva nei lunghi pomeriggi che si trascorrevano nella sua officina.

Nell'officina di Monticelli sono transitate molte persone oltre alcuni habitué. Ricordo: Marcialis, Tortonese, Navone, Montaldo, Bui, Feola, Giarola, Camerlenghi, Galanti, Montaguti, Balestrieri, Manelli, io stesso ed altri. Monticelli ha aiutato tutti spesso tralasciando la realizzazione del suo telescopio. Tra l'altro all'occasione, avendo ottima manualità, so che si cucì scarpe in vera pelle procurandosi il necessario come i calzolai!

Io l'ho frequentato alcuni anni e ho partecipato attivamente alla costruzione dell'Osservatorio saldando tutte le paratie della cupola grande proprio con Monticelli, ricordo anche l'elettrodo Bohler al rutilo da 2.5! Se non erro 12 paratie x 24 cordoni lunghi 60 cm. Il resto lo fecero Tortonese, Gambino & C.

Monticelli come altri e a suo modo era in certa misura un maestro, almeno nel lavoro e nel comportamento. Si poteva imparare da lui.




Ricordi di Giuseppe Chiodo   [2-3 dicembre 2017]


Di fronte a casa mia, in via Borzoli [Link esterno Street View], c'era un signore che di tanto in tanto usciva dalla sua officina e faceva girare con grande fumo e rumore uno strano motore a scoppio.

Lo stesso signore, un giorno, stava guardando attraverso un lungo tubo nero [presumibilmente il rifrattore San Giorgio ∅ 17 cm] legato ad una vecchia scala di legno aperta. Vedendo che lo guardavo incuriosito mi invitò a vedere quello che faceva. Vado da lui e guardo in quello che ora riconosco essere un grosso cannocchiale. Quello che vedo è un picchetto di legno colorato di rosso piantato a terra. Ora non ricordo se l'immagine fosse dritta o rovesciata, ma ricordo che il picchetto era nitidissimo e occupava quasi l'intero campo visivo.
Il cannocchiale puntava verso un monte lontano. Ricordo ancora il sorriso di quel signore alla mia meraviglia per quell'ingrandimento.
Queste cose sono avvenute negli anni Sessanta, perché sono andato ad abitare a Pegli nel 1969.
Sicuramente quel picchetto era uno di quelli che tracciavano l'ampliamento della vecchia strada militare che da Borzoli avrebbe portato i compattatori della AMIU alla discarica di Scarpino.

Passano gli anni. Un mio collega dell'IBM mi racconta, con entusiasmo, di un signore appassionato di astronomia [Francesco Gianni], che lavorava in una sottostazione elettrica a Voltri, si era auto-costruito il proprio telescopio, comprese tutte le ottiche. Da lui aveva imparato a lavorare con abrasivo in polvere due dischi di vetro per costruire uno specchio, l'obiettivo di un telescopio.

Passa altro tempo. Un giorno nel centro meccanografico di un importatore di vetrerie, mentre controllo la correttezza della stampa di una tabulatrice, scopro che nella lista, tra pentole di pirex e microscopi, ci sono anche dischi di vetro per specchi. "Ricattando" il capocentro sono riuscito, pagandoli, ad ottenerne due da 20 centimetri di diametro.
Quando finalmente riesco a trovare gli abrasivi, comincio la lavorazione dello specchio.

Il tempo scorre. Era sicuramente un sabato; passando dalle parti di via Borzoli [si trattava dell'ultima sede dell'officina privata di Monticelli Link esterno Street View] vedo dei signori che trafficano con un telescopio. Uno di quei signori era lo stesso che avevo visto provare quello strano motore a scoppio e che mi aveva fatto osservare quel picchetto al suo "telescopio".
Avevo trovato la Sezione Astrofili dell'Università Popolare Sestrese, avevo trovato Virginio Monticelli.

Lo stesso Monticelli poi, mi ha spiegato il funzionamento di quel motore utilizzando un modellino con il quale si potevano vedere i movimenti e le fasi.
Quello era un motore molto diverso dai motori usuali, tanto diverso quanto diverso da un motore normale è un motore Wankel.

Questi sono i miei ricordi di Virginio Monticelli. Purtroppo ho goduto per poco tempo della sua esperienza e compagnia.


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