Delizie in villaTommaso CevaFons delusus (1699) 1 |
Fons vitreus de rupe suâ descenderat, urnæ Maternæ impatiens.2 Neptuni scilicet arva, Nereïdumq; domos, & tecta algosa marinæ Doridos infelix visendi ardebat amore. Ergo per & scopulos præceps, per & inuia saxa, Perq; silentum umbras nemorum noctesq; diesq; Accelerans gressus læto cum murmure, tandem Avius ille diu quæsita ad littora venit. Ah miser! ut longè vidit contermina Cælo Stagna immensa; & murmur aquæ, ventosque sonantes Audijt; ut propiùs raucos timido pede fluctus Attigit, ut demum lymphæ dedit oscula amaræ; Infelix ore averso salsam expuit undam Illico, perq; genas lacrymæ fluxere; nec ullâ Vi potuit pronos latices à gurgite serus Vertere. Quas non ille Deas terræque marisque, Nerinen, glaucamq; Thetim, & viridem Amphitriten, Atque Ephyren surdas nymphas in vota vocavit! O Galatea! o nata mari pulcherrima Cypri, Quam veræ lacrymæ tangunt! o cærula Doris! O pater! o pelagi rector, Neptune, tremendi! Sed querulas voces venti per inane ferebant. Heu quid agat, quò se vertat, quæ numina poscat? Quod restat morituro, anceps se torquet arenâ, Innectitque moras, & eundi obstacula quærit, Horrisonam hàc illàc fugitans exterritus undam. Quid volui demens? quò me malus impulit error, Aiebat lacrymans. Nam quid, sævissime prædo, Exiguus possim deserto in littore rivus, Inque tuis regnis? simul hæc, simul ora profundi, Ora procellosi Nereï liquido sale puras Inficiens lymphas argentea Nympha subibat. Hanc, PARI, necdum etiam nosti? 3 Tua scilicet illa est Pulcifera, immitis quam glarea cogit in æquor Contortæ vallis per iter laceram vndique saxis. Nec priùs aërias saltem propioris Arenæ Interlabi ædes potuit peregrina, nec illis Delicijs moritura frui; non ardua rura, Non hinc atq; illinc regalia cernere tecta. His equidem visis, cursim licèt, inclyta Nympha Æquiùs interitum credo, & sua fata tulisset.4 |
1 T. Ceva, "Fons delusus / Idyllium. / Paridi Mariæ Salvago / Patritio Genuensi", in Sylvæ / Thomæ Cevæ / E Soc. Iesv. / Excell.mo Domino / D. Didaco Phelippez / De Gvzman, ecc. (Mediolani, Ex Ædibus Ghisulphianis, 17042), pp. 149-150 OPAC SBN, Internet Archive (per SBA Università di Torino) e Google libri (per Biblioteca de Catalunya).
Idem, Sylvæ... (Mediolani, ex typographia Dominici Bellagattae, 17183), pp. 7-8 OPAC SBN e Google libri (per biblioteca non identificata).
Idem, Sylvæ... (Mediolani, 17234). Edizione citata in: G. Gronda, "Ceva, Tommaso", Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 24 (Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1980), pp. 325-328 .
Idem, Silvae... (Venetiis, Ex Typographia Gasparis Girardi, 17325), pp. 3-4 OPAC SBN e Google libri (per Bayerische Staatsbibliothek).
Idem, Sylvæ... (Mediolani, Ex Typographia Josephi Malatestæ, 17336), pp. 5-6 OPAC SBN e Google libri (per Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III di Napoli).
Fra tali edizioni ci sono piccole differenze, qui per lo più trascurate a favore di quella più antica, da cui sono state tratte l'immagine a lato e la trascrizione puntuale. Non ho ancora consultato la prima edizione (Mediolani, Typis Iosephi Pandulfi Malatestae, 1699) OPAC SBN.
Il gesuita Tommaso Ceva (1648-1737) è lettore di matematica nel Collegio milanese della Compagnia, studia i sistemi cartesiano e newtoniano, dimostra un teorema che porta ancora adesso il suo nome e inventa uno strumento per dividere un angolo retto in un dato numero di parti uguali. Ha goduto di maggiore fortuna come poeta latino (si veda il suo poema sull'infanzia di Gesù) e mantiene la lirica e le scienze esatte in ambiti ben distinti. Il successo delle Sylvæ, in cui esprime il suo senso della natura, è dimostrato dalle numerose edizioni che si susseguono a partire dal 1699; la prima poesia della raccolta è l'idillio dedicato a Paris Maria Salvago. Cfr. Gronda (1980), Opera citata.
2 Protagonista dell'idillio è il torrente Polcevera, che sbocca nel Mar Ligure fra Cornigliano e Sampierdarena, due delegazioni genovesi.
3 "PARI" è, come esplicitato nella dedica, Paris Maria Salvago (1643-1724); questi possedeva a Sampierdarena un palazzo di villa, volto alla foce del Polcevera. Pastorini ha descritto la specola, realizzata da Salvago in tale palazzo, nella versione in italiano dell'idillio: Il fonte deluso.
4 Per maggiori notizie sul senso e la fortuna della poesia, nonché sul contesto in cui è stata scritta: R. Balestrieri, L'astronomia a Genova alla fine del Seicento, conferenza per la Festa di Primavera (Perinaldo, 6/5/2000) . Si aggiunga quanto segue.
Guido Grandi, nella sua lettera da Roma del 5 dicembre 1699 a Tommaso Ceva: "La ringrazio frattanto di così ricco dono, col quale Ella mi ha onorato. Nelle Poesie ho letto per ora Il fonte deluso, La rosa nel verno, e La favola della zucca, che sono galantissime a meraviglia". A. Paoli, "La scuola di Galileo nella storia della filosofia. Documenti. Corrispondenza del padre Grandi col padre Ceva", Annali delle Università toscane, 28 (1908), p. 6 Internet Archive (per Harvard University). Sul corrispondente si veda: U. Baldini, "Grandi, Guido", Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 58 (Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2002), ad vocem .
"Alcune delle Sylvae vengono presto tradotte: la versione della prima (Fons delusus. Idyllium, che, dedicata al genovese Paris Maria Salvago, ha per tema il torrente Polcevera) è eseguita in ottave da Giovan Battista Pastorini, che ne amplia il contenuto; sarà pubblicata dal Muratori nella Perfetta poesia (tomo II, pp. 442-47). Nella lettera al Muratori del 25 marzo 1705 il Ceva nomina il Pastorini e così prosegue: «Egli mi scrive che due bravi poeti Arcadi vogliono anch'essi tradurre qualch'altra di quelle mie selve; e l'altr'ieri udij quella del Romito e del Diavolo tradotta con somma naturalezza in rime milanesi, che mi piacque grandissimamente»". T. Ceva, Iesus puer, traduzione e commento a cura di F. Milani (Milano, Guanda, 2009), p. LXXIV.