Urania Ligustica

Delizie in villa

Nicola Montanaro

Giambatista Pastorini (1846) 1

Delizie in villa


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Frontespizio



Nato nel 1650, morto nel 1732.


Chi scrisse non ha molto, che gli Omeri e i Pindari della Compagnia cantavano le fragole, i confetti, i bericuocoli, e sovratutto il cioccolatto si manifesta per censore non so se più maligno o ignaro de' poeti gesuiti del passato secolo. Imperocché omesso che a professori di belle lettere non é disdetto far prova dell'ingegno poetico in sì fatti argomenti che vestiti di forme leggiadre recano a quelli onore, come a perito vasaio i lavorii gentili in vile creta, e che un verseggiatore sacerdote e claustrale a ricrear l'animo stanco dall'esercizio de' più santi ministeri può cantar versi gioviali che non son certo indizio di vita rugiadosa, l'esempio solo di Giambatista Pastorini, meritevole di star nella schiera di que' [<334-335>] Pindari gesuiti, dà a divedere ad un tempo la malignità ed ignoranza di quell'impronto scrittore. Genova adunque famosa in ogni età per uomini illustri nel verseggiare latino e italiano, e per liberali signori che accolsero le muse sotto l'ombra del loro patrocinio, fu la patria del Pastorini, venuto a luce addì 19 novembre del 1650. Educato da fanciullo nelle scuole, in cui l'età puerile suole formarsi agli studj umani, abbracciò nell'anno sedicesimo di sua vita la Compagnia di Gesù, in cui segnalossi per filosofia e teologia sacra, l'una e l'altra insegnate con grido in più collegi, e specialmente in quello di Genova, dov'ebbe pure la prefettura degli studi. Quanto ei valesse principalmente nella fisica che allora appunto cominciava a svilupparsi dalle triche peripatetiche, ne abbiano testimonio chi stampò nella prefazione alle sue poesie postume; amò egli oltre le belle lettere la buona filosofia, di cui fu eccellente professore, ed il primo che nella Provincia di Milano il buon gusto introducesse delle moderne fisiche questioni. E perché il rinnovamento felice di questa scienza debbesi al Galilei, non sarà qui fuor di luogo registrare un sonetto del nostro poeta, onde levato a cielo quel Magno per le sue scoperte astronomiche, passa a lodare la Real Casa di Toscana.

Divino ingegno ebbe primier ventura
    D'aprire il cielo alle tirrene scuole;
    Egli a spiar tutta l'eterea mole
    Diè forza al guardo e migliorò natura.
Sue valli allor scoprio la luna oscura
    E vicina girò più che non suole: [<335-336>]
    D'ignote macchie ebbe vergogna il Sole,
    Né da vista mortal più s'assicura.
Alzossi il nome Mediceo là dove,
    Scoperto il viso e ritirato il velo,
    Giran nuovi pianeti intorno a Giove.
E Giove disse: il cielo a voi rivelo
    Toscani re: voi meraviglie nuove
    Se fate in terra, or le scoprite in cielo.

Oltre le scienze filosofiche e teologiche coltivò con successo le belle lettere sino allo stremo de' suoi giorni, lasciandoci monumenti degni di lode nell'arte oratoria e poetica. Della prima non ci restano che tre discorsi alle stampe, scritti in buona lingua i quali risentonsi alquanto del secento per certi concettini arguti, ed uso stemperato di mitologia. Del resto se riguardinsi le circostanze solenni in che furon recitati, argomentano la fama non volgare dell'Oratore, assunto a fare il primo ne' funerali sontuosi celebrati a Milano nel 1680 al canonico Manfredo Settala, gli altri due nel 1704 in Genova per la festa centenaria delle Monache Turchine, dacché era stato l'ordine di queste instituito. Ma la gloria del Pastorini nelle rime volgari soverchia immensamente quella che gli provenne dall'eloquenza. Inclinato egli da natura alla poesia, ebbe campo ben largo a secondare e perfezionare cotale inclinazione, quando gli fu dato da Superiori il carico d'insegnar ne' collegi la poetica, e d'ingolfarsi a sua posta ne' sovrani maestri di quest'arte greci, latini ed italiani. Dello studio posto ne' greci abbiam per prova un bel sonetto, intitolato Amor Mellilegus, preso dal ventiduesimo degli idillj di Teocrito: ne' latini però [<336-337>] sembra che abbia più altamente studiato, come ci son argomento i modi più belli raccolti da lui per ordine da Giovenale, Marziale, Claudiano, Stazio, Ovidio: quanto poi a' poeti italiani, abbiam pur scritte di sua mano le sentenze e frasi notate nel leggere le rime di Bernardo Buonaroti e di altri. Ma ciò che prova in questa parte il buon gusto del Pastorini, è l'amore e studio da lui posto nella Divina Commedia di Dante, i cui canti quasi tutti descritti andò di mano in mano postillando e chiosando con fino giudizio. E certo se alcun commentatore dell'altissimo poeta d'Italia volesse trar profitto dalle chiose manoscritte del Genovese, meriterebbe non poco della repubblica letteraria. Di che si vede, aver mentito per la gola quello scrittore recente il quale affermò, che Dante intorbida i sonni, e fu sempre lo spauracchio, la befana, la pesaruola de' Gesuiti. Ma calunnia sì sperticata si può spacciar per vera a gonzi e maligni, non già al fior de' dotti Italiani. Che se le angustie dell'Elogio mel permettessero, gli vorrei qui per isteso gettar in faccia i passi più belli postillati dal Gesuita Pastorini, tutto inteso a scoprire le bellezze Dantesche. Perché sarebbe quel menzognero costretto a ricredersi del non aver i Gesuiti dell'andato secolo congiurato, com'egli francamente asserisce, ad esautorare il Dio creatore delle lettere moderne. Il che se fosse vero, non avrebbe il P. Carlo d'Aquino tradotto in buoni versi latini tutta intera la Divina Commedia. Ma lasciamo che i Gesuiti sieno lo spauracchio, la befana e la pesaruola di quel maldicente, e tocchiam [<337-338>] delle poesie del Pastorini, modellatosi sul gran maestro di color che sanno poetare. La lirica fu singolarmente diletta dal nostro, che gareggiò per essa coi primi del suo secolo, sposando alla cetra non folli, ma santi amori. Chi vuol vedere quanto nobilmente sfogasse i suoi affetti con Dio, legga i suoi sonetti sopra ducento, esprimenti diversi titoli per cui merita il Signore amante di essere riamato da noi. I pensieri nobili che vi sono sparsi per entro si mostrano figli della sua mente non pure casta, ma versata nelle dottrine più alte della religione e ne' dottori che scrissero con più sublimità ed unzione dell'amor di Dio verso gli uomini. Non voglio però dissimulare, che il nostro lirico bisticcia alcune volte di parole ed usa concetti troppo arguti, difformi alla semplicità e maestà della poesia. Ma questi difetti comuni ad altri poeti contemporanei non ne scemano il pregio, in che fu egli tenuto dal Ceva, Gobbi, Mazzoleni, Muratori e Salvini nelle raccolte che fecero de' più valorosi poeti d'Italia. Né da questi soli ei fu stimato: mercecché l'Accademia degli Ereini eretta in Palermo nel 1730 volle nel numero de' suoi anche il Padre Pastorini col nome di Umbrone Ligurio, il qual morto indi a due anni, fece in sua lode un'accademia di varj componimenti, recitandovi l'orazion funebre Salvatore Maurici Gesuita. Né sia già alcuno che dica, tutti esser buoni a schiccherar sonetti. Perché gli rispondo, che non tutti li fanno delicati e belli, quali sono i più del Pastorini. E se é vero, che cotal genere di poesia italiana corrisponde agli epigrammi, [<338-339>] endecassilabi latini, come é lodevole chi si esercita in questi con buon gusto, così parimenti chi scrive sonetti gentili, simili, secondo che dice Antonio Flaminio dei primi, alle gemme piccoline, le quali se non sono finissime e purissime, non sono di alcun valore. Quindi a chi pigli a leggere attentamente i sonetti del Pastorini, verrà tosto in mente, ch'ei siasi proposto ad imitare il Petrarca, come ne fa fede sopra gli altri quello ch'é giudicato dal Muratori maestoso e nobile, composto sopra Genova bombardata ingiustamente nel 1684 dall'armata francese, in cui tu ammiri non so se più la pietà di questo figlio o la magnanimità della patria che senza vile piagnisteo guarda le proprie ruine. E questo sia suggello che sganni chiunque avesse per sorte giurato sulle parole di chi scrisse di fresco, i Gesuiti essere uomini snaturati alla propria patria e niente curanti di essa. Che se la patria sale in grande onore per le produzioni letterarie di questo suo figlio, non é qui da tacere la traduzione elegante da lui fatta di una selva latina di Tommaso Ceva suo confratello. Avea questi cantato il fiume della Polcevera, che venendo giù da' monti per via tortuosa a metter foce nel mare piange invano sua sorte e confonde di mala voglia le sue acque dolci con le salmastre. Or questa selva allegorica parve sì bella al Pastorini, che volle trasportarla in ottave italiane, lodate dal Muratori nella Perfetta Poesia, e per nobile traduzione, e per felice descrizione degli arnesi astronomici e degli ecclissi del sole e della luna osservati studiosamente da Paris Maria [<339-340>] Salvago patrizio genovese, e per i rimproveri fatti infine a tanti, che invece di coltivar le scienze attendono a' passatempi, giuochi, teatri ed amoreggiamenti. Ma le prove maggiori di carità date dal Pastorini alla patria sono le fatiche spese più anni a pro spirituale de' suoi cittadini, e quando da semplice operaio lavorò in questa vigna eletta del Signore, e quando dal 1714 sino al 1717 gli fu data a governo la casa professa di S. Ambrogio. Nel collegio della patria, dov'era prefetto degli studj, finì i suoi giorni ai 26 Marzo 1732. Le sue opere in prosa e verso volgare sono le seguenti.

  1. Orazione funebre in morte del canonico Manfredo Settala, stampata con poesie latine dei rettorici del collegio di Brera, Milano 1680, in-4.°

  2. Orazione panegirica nella festa dell'anno centesimo dalla loro fondazione celebrato dalle Monache della SS. Annunziata nella Chiesa del primo lor monistero, Genova 1704, Franchelli.

  3. Panegirico in rendimento di grazie per il felice compimento dell'anno centesimo dalla fondazione dell'ordine predetto, Roma 1704, Bernabò.2

  4. Poesie del P. Giambatista Pastorini della Compagnia di Gesù, Palermo 1741, 1756, in-8.°

  5. Bellezze Dantesche, MS. nella Biblioteca della R. Università di Genova.

P. [Padre] MONTANARO




1 N. Montanaro, "Giambatista Pastorini", in Elogi di Liguri illustri, seconda edizione riordinata, corretta ed accresciuta da D. Luigi Grillo, vol. 2 (Genova, Fratelli Ponthenier, 1846²), pp. 334-340 Link esterno OPAC SBN e Google libri (per Harvard University).

Di padre Montanaro esiste un'opera poco conosciuta: Liguri illustri per scienze e lettere. Accademia / che offrono al pubblico gli scolari del R. Collegio e convitto dei PP. della Compagnia di Gesù nell'agosto dell'anno 1845; preceduta da una dissertazione del p. Nicola Montanaro onegliese (Genova, Ferrando, 1845) Link esterno OPAC SBN.

2 Un'opera con riferimenti assai simili, ma esplicitamente firmata dal gesuita Giuseppe Maria Prola, è catalogata in Link esterno OPAC SBN e messa a disposizione da Link esterno Google libri (per Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze). Dato che un esemplare è presente nella Biblioteca Universitaria di Genova, in cui è confluita la biblioteca del Collegio gesuitico, potrebbe trattarsi di un errore di Montanaro?



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