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Astronomia versus AstrofisicaLa StampaIl caso Porro (1910) 1 |
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Astronomia versus AstrofisicaLa StampaIl caso Porro (1910) 1 |
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GLI ITALIANI IN ARGENTINA
Ciò che sono
(Dal nostro inviato speciale).
II.
[...] Gli spazzini non sono i soli italiani trattati male in Argentina. Subiscono lo stesso trattamento anche uomini nostri di alta dottrina e di vasta reputazione.
Il professore Francesco Porro, ordinario dell'Università di Genova, fu chiamato ufficialmente dall'Argentina, nel 1905, per dirigere l'Osservatorio Astronomico Nazionale. La nomina fu fatta così: il Governo della Repubblica si rivolse al Ministro d'Italia, chiedendo che un eminente astronomo italiano fosse per cortesia ceduto all'Argentina; il Governo italiano, dopo una specie di concorso interno, sottopose allo Schiaparelli cinque nomi, fra i quali lo Schiaparelli propose il Porro; il Governo Argentino diede le più ampie assicurazioni, tanto che si ritenne inutile un contratto formale.
Il professore Porro trovò le cose in uno stato disastroso: lenti rotte, strumenti inutilizzati, assenza di registri, di archivi e di contabilità. Il professore Porro ottenne dal Governo 98.000 pesos per nuovi strumenti: l'Università gli trasmise circa 20.000 pesos in meno. Giunta l'ora della resa dei conti, si volle forse eliminare il Porro, testimonio incomodo.
Certo, si disse che v'erano 26 accuse, sul suo conto, in parte contro la sua competenza scientifica, in parte contro la sua correttezza amministrativa: ma non una di queste 26 accuse fu specificata. Si fecero osservazioni, dopo quasi quattro anni, sulle spese d'un suo viaggio in Europa, decretato dal Governo, sebbene queste spese gli fossero state ordinate da chi l'accusava, cioè, il rettore dell'Università. Sulla base di queste semplici allegazioni, si chiesero al professore Porro le dimissioni. Il professore Porro le rifiutò, chiedendo l'enunciazione delle 26 famose accuse, e, per intanto giustificando ampiamente le spese per il viaggio in Europa.
Per 4 mesi il Porro insistette per ottenere che le accuse fossero formulate, senza successo. Nessuno, neppure, l'interrogò. Viceversa, fu sospeso dallo stipendio e dalle funzioni. Finalmente, si riunì un'assemblea di professori, la quale deliberò l'esonerazione del Porro dalla carica, per motivi che non ledono la sua competenza scientifica, né la sua correttezza di galantuomo, ma per semplice atto di indisciplina: e l'indisciplina consiste nell'avere il Porro indirizzato alle Autorità accademiche lettere irrispettose. Ora si noti che queste lettere erano state dettate al Porro da avvocati e membri del Consiglio Superiore dell'Università. Nella memoranda seduta, il vice-presidente dell'Università dichiarò che il Porro era «un perfecto caballero, y un sabio eminente». Il Porro non fu sentito. La deliberazione fu presa senza che vi fossero deliberanti in numero legale.
Intervistato dal Giornale d'Italia, l'organo che difende con più franco coraggio gli interessi degli Italiani al Plata, il console di La Plata definì con queste parole eloquenti l'ingiustizia compiuta contro il nostro concittadino: «Cavalcavo qualche anno fa, in un pomeriggio ardente, per le solitudini dell'Arabia Petrea. A un tratto, in prossimità di un'oasi, il mio cavallo si adombrò: appeso ad una forca, il cadavere di un impiccato mi oscillava dinanzi. Domandai al cadì dell'oasi perché mai avesse giustiziato quell'infelice. Non lo sapeva. L'aveva impiccato così, per precauzione. Non so perché, pensando al caso Porro, il cadavere di quell'impiccato mi oscilla nella memoria con insistente tenacia». [...]
1 G. Bevione, "Gli Italiani in Argentina. Ciò che sono. II", La Stampa (16/10/1910), p. 1; accessibile in 
Archivio storico La Stampa.
Si sottolinea che si tratta di un articolo su sei colonne in prima pagina: qui è riportata solo la parte pertinente il caso Porro. Su Bevione (1879-1976) DBI (1988) e Senato della Repubblica.
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