Urania Ligustica

Delizie in villa

Paris Maria Salvago

Spigolature d'archivio

di Armando Di Raimondo

Delizie in villa



Grazie alla generosità dello studioso Armando Di Raimondo,
è qui condivisa una relazione finora inedita, con importanti scoperte d'archivio.


La mattina del 2 marzo 1724 Paris Maria Salvago si trovava a letto indisposto di corpo a causa dell'avanzata sua età e flussione di petto, come notò il notaio Spadini chiamato quel giorno a ricevere le ultime volontà dell'anziano Senatore della Repubblica di Genova. Il dialogo fra i due non deve essere stato molto semplice, non solo a causa delle cattive condizioni di salute, ma anche per la pressoché totale sordità che affliggeva l'ormai ottuagenario testatore. Malgrado queste difficoltà, il diligente notaio fece il suo dovere e registrò il testamento che, davanti a cinque testimoni, gli era stato consegnato.

Da quel momento passarono solo poche settimane e, questa volta, a chiamare il notaio fu Agostino, figlio di Paria Maria Salvago, per comunicare che il padre era deceduto a Genova, nel suo palazzo di San Luca, la notte del 23 marzo.1

Alla presenza del notaio e dei testimoni fu quindi data lettura del testamento.

Dopo aver reso grazia a Dio e a suoi Santi protettori, Paris chiese che il suo corpo fosse tumulato nella tomba di famiglia che si trovava nella Chiesa di Santa Maria della Cella a Sampierdarena.2

Al figlio Sacerdote Gio. Luca, a titolo di patrimonio ecclesiastico per il suo mantenimento, Paris Maria lasciò un palazzo sito a Genova nella contrada d'Albaro, comprendente una grande villa con annesso bosco. Alla figlia Eugenia, andata in sposa a Felice Pinelli, legò un orologio del valore di cento scudi d'oro. Alle altre figlie, Maria Maddalena, Isabella Teresa e Giovanna Teresa, tutte monache nel monastero di Nostra Signora delle Grazie a Genova, lasciò a ognuna una dote di cento scudi d'argento.

La restante parte dei suoi beni Paris Maria la assegnò al figlio primogenito Agostino.

"Del resto poi di tutti i miei beni, sì mobili che immobili, nomi de debitori, ragioni et azioni, presenti e futuri, et ogni e qualunque altra cosa a me spettante et appartenente, così hora come nell'avvenire per qualunque titolo e causa sì pensata, che imprevista, niente affatto escluso, ne riservato, ho instituito mio erede universale e di mia propria bocca nomino detto Sig. Agostino Salvago mio figlio al secolo, solo e per il tutto."

La famiglia dei Salvago, cui apparteneva Paris Maria, era anche conosciuta con l'appellativo di Streggiaporco, e, secondo il Della Cella, già dall'anno 998, quest'antica e nobile casata era presente a Genova, nel rispetto di un'agiografia piuttosto fumosa, come spesso succedeva in assenza di una credibile documentazione.3


Stemma Salvago

Figura 1 – Stemma nobiliare della famiglia Salvago
(Stemmario di Giovanni Andrea Musso, Biblioteca Berio, Genova)


Il nostro Paris Maria nacque certamente a Genova da Stefano Salvago e da Chiara Maria Chiavari, quasi certamente nel 1643. Divenne Senatore della Repubblica di Genova e astronomo per passione, anche se non si può considerare un semplice astrofilo. Nella sua veste di Senatore egli è ricordato, dopo il bombardamento navale su Genova del 1684, fra quei membri che accompagnarono il Doge, Francesco Maria Imperiale Lercari, presso la corte del Re Sole, Luigi XIV, per il famoso atto di sottomissione indispensabile per far cessare le ostilità della Francia contro la Repubblica di Genova.4

"1685 Paris Maria Salvago q. Stefano (Streggiaporco), fu un de quattro senatori a quali toccò la dura sorte di accompagnare il Doge in Francia a piedi del Re Luigi XIV che dopo un diluvio di bombe fulminate sopra l'innocente città di Genova, per colmo di fare potenza estorse dalla Repubblica un atto di indebita umiliazione ed ossequie."

Lo stesso Paris, peraltro, rimase vittima delle bombe del Re Sole poiché una sua casa, vicina alla Chiesa di San Bernardo, rimase seriamente danneggiata.5

Al suo profilo biografico ufficiale possiamo documentare che Paris Maria si sposò nel 1678 con Isabella Maria Moneglia dalla quale ricevette in dote tremila scudi.6 Dal loro matrimonio nacquero sei figli: Agostino, Gio. Luca, Eugenia, Maddalena, Isabella e Giovanna. Gio. Luca, come abbiamo visto, divenne sacerdote, mentre l'erede universale, il figlio Agostino, si sposò due volte, la prima con Antonia Imperiale Lercari, la seconda con Isabella Stampa.

L'ancor giovane moglie di Paris Maria, Isabella Moneglia, morì la mattina del 19 agosto 1697 nel Palazzo di Carbonara, dove il nostro Senatore, insieme ai figli, continuò a vivere e a lavorare.7

Paris Maria Salvago, nonostante i suoi impegni politici e diplomatici, riuscì anche a dedicarsi con successo all'astronomia intrattenendo rapporti, anche epistolari, con i maggiori scienziati dell'epoca. Egli, infatti, costruì nel Palazzo di Carbonara una specola per le osservazioni astronomiche, ospitando, fra gli altri, anche il famoso scienziato Gio. Domenico Cassini.8


Villa Piaggio

Figura 2 – Villa Piaggio (oggi proprietà del Comune di Genova) in Corso Firenze, come si presenta attualmente il Palazzo dei Moneglia che ospitò Paris Maria Salvago, dopo le trasformazioni subite nel corso dei secoli


Dopo la morte di Paris, i documenti scientifici, l'epistolario e le attrezzature per le osservazioni astronomiche, rimasero nel Palazzo di Carbonara che nel 1745 fu ereditato da Costantino Pinelli, figlio di Felice e di Eugenia Salvago. In quell'occasione fu redatto anche un minuzioso inventario dei beni mobili che il Palazzo di Carbonara conteneva.9 Un'elencazione piuttosto corposa racchiusa in oltre cinquanta pagine manoscritte nelle quali furono elencati tutti i mobili, gli arredi, la biancheria e i diversi articoli per la casa. Nel lungo elenco compaiono soprattutto, libri e documenti delle famiglie Moneglia e Salvago, parte di questi, compresi alcuni strumenti, appartenuti allo stesso Paris Maria Salvago per l'attività astronomica che svolgeva a Carbonara. Strumenti che dopo la sua morte furono trovati abbandonati in una stanza sotto tetto del Palazzo di Carbonara.

"Uno canochiale longo da cavaletto et altro simile più piccolo con suoi piedi di legno, altro canochiale da mano grosso, un piede di canochiale di legno con suo arnese di lama in diversi pezzi di longhezza palmi 20 circa 10, un altro pezzo di canochiale fasciato di cartina tinta di nero con triangolo, altro simile senza triangolo, un piede o sia trepiedi con una tavoletta per ordigno da canochiale, sopra d'esso un quadrante, un trepiedi con ferro e legno per canochiali, altro piccolo ordegno con ferro e legno, un trepiedi grande con cavaletto, tre ordegni di ferro a 4 piedi, una tavoletta di legno con ruota, due canne di latta per canochiali in diversi pezzi, un piede di legno nero con cavaletto per canochiale, un pezzo di canochiale di legno bianco, altro pezzo di canochiale di legno bianco, un canochiale da mano con suo trepiedi, un picolo strumento matematico d'otone."

Nello stesso inventario del 1745 furono elencati anche un migliaio di libri, fra quelli di astronomia, matematica, scienza, storia, filosofia e di cultura generale: da "Astronomia Nuova" di Giovanni Keplero al "Tito Livio" di Aldo Manuzio. Oltre ciò, vi era anche un sommario dell'archivio privato delle famiglie Moneglia e Salvago che comprendeva altresì una copiosa raccolta di lettere e documenti che, seppure non schedati, sono probabilmente identificabili con quanto consultò lo storico Cornelio Desimoni, quando fu ospite di Giuseppe Pinelli Gentile nel Palazzo di Carbonara nel 1875. Lo studioso, infatti, riscontrò l'esistenza di un epistolario di ben 577 lettere scambiate fra Paris Maria Salvago e gli eminenti scienziati della sua epoca, quali: Cassini, Maraldi, Manfredi, Bianchini, Fontana, Laval e Barrabino.11

Oltre alla Villa di Carbonara, ereditata dai Moneglia, la famiglia Salvago aveva anche importanti possedimenti nel grande borgo suburbano di Sampierdarena. Fra questi vi erano due palazzi posti rispettivamente: uno alla Loggia, probabilmente in prossimità dell'attuale via della Cella,12 l'altro invece era nella cosiddetta Crosa dei Disperati.13

Il Palazzo detto alla Loggia, era composto di vari appartamenti con un alloggio a piano terra dotato di giardino, cucina, pozzo, tinello, sala, salotto e cappella.14 Palazzo che era dotato anche di una "torretta", nelle cui stanze, in occasione di un inventario eseguito nel 1779, furono trovati inequivocabili oggetti per l'osservazione astronomica, seppure ormai in rovina.15

"Diversi pezzi di canochiali rotti. Un cavaletto fatto a campana. Due canochiali matematici senza cristalli. Tre piedi di legno per cavaletto. Un canochiale grosso e longo palmi 12 16 con suoi cristalli da cavaletto. Dieci pezzi di strumenti matematici. Quattro pezzi di canochiale senza cristalli ..."

Dalla lettura del contenuto dell'inventario e dalla disposizione delle camere, tutte ben arredate con quadri, mobili e suppellettili di valore, si può dedurre che il Palazzo della Loggia di Sampierdarena fosse un edificio di un qualche pregio architettonico.

Cosa diversa appare, invece, l'immobile posto nella Crosa dei Disperati, se giudicato dall'arredamento che emerge dall'inventario del 1779, attraverso il quale s'intuisce che si trattasse di una casa di più modeste dimensioni e di pochi vani, non certo un palazzo, così come fu definito, ma molto più semplicemente un'abitazione di campagna. Infatti, questa seconda proprietà era posta sotto la Chiesa del Belvedere di Sampierdarena, proprio in cima a questa Crosa e comprendeva un vasto podere agricolo con vigna, orti, frutteto e relativa casa colonica. Non molto lontano da Sampierdarena, sulla Costa di Rivarolo, la famiglia Salvago possedeva anche una piccola tenuta, detta per l'appunto "la Salvaga". Un latifondo che produceva vino, olio e frutta, dato in gestione a contadini locali attraverso contratti pluriennali di locazione.17

Il Palazzo di città della famiglia Salvago, dove morì Paris Maria nel 1724, si trovava, invece, sull'antica strada di San Luca in prossimità dell'omonima chiesa gentilizia degli Spinola.18

Palazzo Salvago Pinelli

Figura 3 – Particolare del portale del Palazzo Salvago Pinelli in Via San Luca 12 (Genova)


Oggi, dell'originale edificio rimaneggiato più volte nel corso dei secoli, rimangono ben poche testimonianze della sua primitiva architettura. L'Alizeri che lo visitò nel 1846, in occasione della stesura della sua Guida di Genova, stabilì che il palazzo fosse stato completamente ricostruito nella metà XVIII secolo.19

"È decoroso di bella porta, conservata dalle rovine dell'antico edifizio, come sembran dimostrarci il genere dell'architettura e le statue di selvaggi che reggono il timpano; statue di buono ma incerto autore."

Inoltre, durante l'ultimo conflitto mondiale l'edificio fu gravemente danneggiato e di conseguenza quasi totalmente ricostruito, salvandosi solo l'antico portale.20

I primi interventi di restauro, come intuì l'Alizeri, furono effettivamente realizzati intorno alla metà del XVIII secolo dalla famiglia Salvago e, in seguito, portati a termine da Costantino Pinelli, quando in quell'anno ereditò parte del Palazzo. I lavori riguardarono principalmente il rifacimento di telai in marmo con relative antiporte, le porte in legno, gli stipiti delle finestre e i telai in legno con vetri delle stesse, oltre a diversissimi piccoli interventi di ordinaria manutenzione eseguiti dai capi d'opera Pietro Cremona e Antonio Giannone.21


Albero genealogico

Figura 4 – Ricostruzione, sulla base dei dati di questa ricerca, dei legami esistenti fra le famiglie Moneglia e Salvago





1 Archivio di Stato di Genova (d'ora in poi ASGe), Notai Antichi, n. 10559, Davide Luigi Spadini, doc. 101, 2 marzo 1724.

2 Archivio Parrocchiale della Basilica di San Siro a Genova: nel registro dei defunti si conferma che la morte di Paris Maria Salvago avvenne il 23 marzo 1724 e che fu sepolto nella Chiesa di Santa Maria della Cella. Nella Chiesa di Sampierdarena, infatti, Stefano Salvago istituì nel XVI secolo una Cappella per la sua famiglia, in seguito trasformata in Battistero.

3 A. Della Cella, Famiglie nobili di Genova..., 1783/1784, Ms. Biblioteca Berio, Genova.

4 Ibidem.

5 ASGe, Notai Antichi, n. 15113, Felice Giacinto Gianello Castiglione S., doc. 61, 9 febbraio 1696.

6 ASGe, Notai Antichi, n. 8375, Giuseppe Celesia, doc. 15 novembre 1678.

7 ASGe, Notai Antichi, n. 15113, Felice Giacinto Gianello Castiglione S., doc. 213, 24 agosto 1697.

8 Sulla vita e l'attività di Paris Maria Salvago (1643-1724), cfr. R. Balestrieri, studi molto ben documentati pubblicati nel sito uranialigustica.altervista.org.

9 ASGe, Notai Antichi, n. 11444, Domenico Filippo Bollo, doc. 107, 19 dicembre 1745.

10 Il palmo genovese equivalente a circa 24,8 cm, per cui l'arnese di metallo descritto nell'inventario era lungo circa cinque metri.

11 Cfr. C. Desimoni, Notizie di Paris Maria Salvago e del suo Osservatorio astronomico in Carbonara, in Giornale Ligustico di Archeologia, Storia e Belle Arti, n. 2 del 1875 e n. 3 del 1876. L'archivio di Paris Maria Salvago supponiamo sia oggi conservato presso il Castello di Tagliolo Monferrato, di proprietà della famiglia Pinelli Gentile.

12 La Loggia di Sampierdarena, secondo il compianto studioso Ezio Baglini (www.sampierdarena.net), si doveva trovare all'incrocio fra le attuali vie della Cella e Daste.

13 Crosa dei Disperati, antico toponimo di un vicolo che conduceva alla Chiesa del Belvedere a Sampierdarena, corrispondente, all'incirca, all'attuale Via Francesco Anzani. In un atto di locazione di questo podere (ASGe, Notai Antichi, n. 14687, Gio. Batta Marenco, doc. 97, 7 gennaio 1802) si fa preciso riferimento a una "villa posta sotto la chiesa del Belvedere in cima alla crosa dei Disperati".

14 ASGe, Notai Antichi, n. 11504, Giuseppe Maria Morchio, doc. 29, 16 gennaio 1751.

15 ASGe, Notai Prima Sezione, n. 982, Francesco Antonio Costa, doc. 27, 9 febbraio 1779.

16 Dodici palmi genovesi sono equivalenti a circa tre metri.

17 ASGe, Notai Antichi, n. 11503, Giuseppe Maria Morchio, doc. 297, 30 novembre 1750.

18 Attualmente l'edificio corrisponde al civico numero 12 di via San Luca a Genova.

19 F. Alizeri, Guida Artistica per la Città di Genova, Vol. I, pp. 467-469, Genova 1846.

20 Cfr. Descrizione della città di Genova da un anonimo del 1818, op. cit. p. 137, Genova 1969.

21 ASGe, Notai Antichi, n. 11498, Giuseppe Maria Morchio, doc. 250, 11 maggio 1748.



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