Urania Ligustica

Delizie in villa

Arturo Issel

Naturalisti e viaggiatori liguri nel secolo XIX (1912) 1

Delizie in villa


Indicatore di completezza



Questo, in compendio, il discorso detto dal march. Imperiale ai congressisti il 19 ottobre 1912 nel palazzo di S. Giorgio, due giorni dopo che il prof. Issel, nella nuova sede del Museo civico di storia naturale, li aveva intrattenuti sui naturalisti e viaggiatori liguri nel secolo XIX.

La conferenza dell'Issel fu una interessante rassegna degli studiosi e degli esploratori, nati e cresciuti ovvero vissuti in Liguria, non che degli studj e delle ricerche con che contribuirono all'incremento delle scienze naturali dallo scorcio del diciottesimo sino alla fine del diciannovesimo secolo; con particolare riferimento ad alcuni rami di esse scienze, ed a taluni nomi fra i più segnalati di quelli che riuscirono ad emergere dalla mediocrità. Ricordata la dinastia dei Cassini, che diede successivamente quattro astronomi ed un botanico, uscita da Perinaldo in quel di Ventimiglia, ma infrancesata fin dalla seconda generazione; fatto cenno di Paris Salvago e della sua specola di Carbonara, «dalla quale i Cassini e Maraldi avevano puntato al cielo i loro cannocchiali»; menzionati il marchese Giacomo Filippo Durazzo, che instituì un piccolo museo in Cornigliano verso la fine del secolo decimottavo, e la figlia di lui Clelia Durazzo, che fondò l'orto botanico di Pegli, il P. F. C. Giacinto di Genova, botanico, che insegnò nell'Università di Malta nel 1805, Bernardino Turio di Chiavari, che pubblicò uno Specimen plantarum della flora chiavarese nel 1806: il prof. Issel parlò brevemente della Società medica di emulazione, sorta in Genova appena reintegrato il dominio francese dopo la battaglia di Marengo; dell'Istituto Nazionale Ligure eretto nel 1798 dalla Repubblica Ligure e trasformato nel 1805 in Accademia imperiale delle scienze, lettere ed arti; ed infine dell'Università genovese. Disse delle condizioni in cui questa venne a trovarsi dopo la restaurazione del 1815, colla rigorosa censura politica e religiosa che soffocava ogni libertà, e quindi del fermento che spinse la gioventù universitaria a partecipare ai moti del 21 e nutrì poi in mezzo ad essa Giuseppe Mazzini ed i fratelli Ruffini e più tardi Goffredo Mameli; mentre nel campo puramente scientifico lo studio della botanica vi assurgeva per opera di Domenico Viviani e di Giuseppe De Notaris a fastigio non ancora raggiunto. Coll'Ateneo concorsero al movimento intellettuale ed al progresso scientifico in Genova l'ottava Riunione degli scienziati italiani [< LXXVIII-LXXIX >] quivi raccolta dal 15 al 29 settembre 1846; il periodico Correspondance astronomique, géographique, ecc., edito dal barone Zach negli anni 1818-1825; il Giornale Ligustico di scienze lettere ed arti, fondato nel 1827 da Paolo Rebuffo e Antonio Bagigalupo ed uscito fino al 1829, seguitato dal Nuovo giornale Ligustico sotto la direzione di Giambattista Spotorno dal 1881 al 1840, e ripreso da L. T. Belgrano ed A. Neri nel 1874; il Commentario della Società crittogamologica italiana, che vide la luce dal 1861 al 1864; l'Archivio per la zoologia, l'anatomia e la fisiologia, pubblicato per cura di G. Canestrini, G. Doria, P. M. Ferrari e M. Lessona dal 1861 al 1866; La scienza a dieci centesimi, sorta nel 1864 per iniziativa di G. Boccardo e M. Lessona; la Malpighia, comparsa nel 1887 per opera di 0. Penzig, e R. Pirotta: nonché la Società Ligure di Storia Patria, fondata nel 1858; la Società di letture e conversazioni scientifiche, costituita nel 1867; il Museo cìvico di scienze naturali, decretato nel 1867 ed aperto al pubblico nel 1873, e gli Annali di esso pubblicati da G. Doria; la Società Ligustica di scienze naturali e geografiche, sorta nel 1895.

Fra i soggetti ricordati, il prof. Issel prese particolarmente a discorrere di Domenico Viviani, Lorenzo Pareto e Luigi Maria D'Albertis, dei quali tratteggiò con amore la figura morale ed espose con larghezza l'opera scientifica.

Il Viviani (n. 29 luglio 1772 - m. 15 febbraio 1840), uscito da modesta famiglia in Legnaro presso Levanto, ebbe in patria un buon avviamento agli studj classici nei quali diede prova di precoce e singolare ingegno, continuò quindi la sua istruzione in Siena nel collegio degli Scolopi, dov'era stato accolto gratuitamente; e la coronò in Roma conseguendovi la laurea dottorale in medicina. Ma fatti appena i primi passi nell'esercizio della professione, mosso da dubbi sull'efficacia della medicina e da scrupoli sulle proprie attitudini di medico, abbandonò l'arte salutare e seguì le sue disposizioni allo studio delle scienze naturali. Dopo alcuni anni di vita stentata, durante i quali dovette acconciarsi in Milano all'umile ufficio di precettore privato, riusciva ad ottenere in Genova il posto di dimostratore di botanica presso la villetta del marchese Gian Carlo Di Negro. Questi aveva acquistato nel 1802 dalla Commissione di governo la villetta, coll'obbligo di pagare per sei anni un professore di botanica che usufruisse per le sue lezioni del materiale di erbe e di piante fornito dalla stessa villetta. Il professore prescelto fu appunto il Viviani, il quale, trascorsi [< LXXIX-LXXX >] i sei anni, fu assunto nel 1809 alla cattedra di botanica istituita ufficialmente nell'Accademia imperiale di Genova, come allora chiamavasi l'Università, e la tenne, attraverso le successive trasformazioni di questa, fino al 1840. L'attività scientifica del Viviani non abbracciò soltanto la botanica, ma si estese anche alla zoologia, alla mineralogia ed alla geologia. Nel campo zoologico descrisse la forma e la struttura della Sabella penicillus, studiò i pesci del Golfo della Spezia e delle acque di Genova, indagò la fosforescenza del mare distinguendo ed illustrando 14 nuove specie di animali luminosi. In mineralogia pubblicò alcune ricerche sopra la sabbia nera o menallite che trovasi in certi punti della costa ligure, e sopra un minerale cristallizzato rinvenuto sui monti di Voltri, al quale applicò il metodo di Hauy per la misurazione degli angoli dei cristalli e la determinazione della forma di questi, meritando così di venire citato fra i precursori della mineralogia e della cristallografia in Italia. Nella geologia, scienza allora nuova presso di noi, lasciò un Voyage dans les Apennins de la Ligurie, ove sono affrontati problemi la cui risoluzione era riservata a tempi più maturi. Ma le sue opere più importanti riguardano la botanica, e fra esse si raccomandano quelle sulla flora della Corsica, sulla flora libica ed egiziana – per la descrizione della quale si servì delle piante raccolte dal suo discepolo dott. Paolo Della Cella nel costui viaggio da Tripoli ai confini dell'Egitto – sulla struttura degli organi elementari delle piante e sulle loro funzioni nella vita vegetabile, e principalissima quella sui funghi d'Italia rimasta incompleta (1).

(1) Per la biografia del Viviani vedasi: A. Neri, Ricordi aneddotici intorno a Domenico Viviani; in Giornale Ligustico, a. VI, 1879, pp. 21-56.

Il conferenziere mise in rilievo le ricerche originali e le osservazioni del Viviani sui fenomeni dell'assorbimento e della respirazione nelle piante; e concluse col riconoscere e additare nel naturalista legnarese uno dei più grandi scienziati e dei più valenti maestri del suo tempo, quantunque gli siano mancati fama ed onori adeguati ai suoi meriti.

Il marchese Lorenzo Pareto (n. 6 dicembre 1800 - m. 19 giugno 1865) di Genova ricevette ia sua prima istruzione nel collegio Tolomei di Siena, e la completò nell'istituto militare di La Flèche in [< LXXX-LXXXI >] Francia; ritornato in patria, si accinse per proprio impulso, senza alcuna guida, allo studio della geologia, nel quale dimostrò ben presto singolare perizia ed acquistò larga rinomanza fra i dotti. I primi frutti delle sue indagini geologiche apparvero in una nota sui bacini terziari della piazza S. Domenico, ora De Ferrari, in Genova e di Sestri Ponente, da lui pubblicata negli Annales des sciences naturelles a Parigi nel 1824. A questo seguirono ad intervalli più o meno lunghi, secondo concedevagli l'esercizio degli uffici politici ai quali si trovò elevato nel corso della sua vita, molti altri lavori ricchi di fatti e di idee originali. Egli studiò, non solo i terreni della Liguria, ma anche quelli della Corsica, dell'Arcipelago toscano, della Savoia, della Lombardia e di altre regioni, dimostrando rara sagacia nel determinare la posizione relativa e l'età di essi, nello stabilire la loro stratigrafia, principalmente per quanto riguarda il sistema montuoso dell'Appennino, e nell'estendere le sue investigazioni oltre i confini del territorio da lui sottoposto ad esame. Fra le sue opere, parecchie delle quali comparse in francese sopra bollettini ed atti di Società scientifiche, merita speciale menzione quella dei Cenni geologici sulla Liguria Marittima, che trovasi nella « uida di Genova e del Genovesato», edita in occasione dell'ottavo congresso degli scienziati tenuto in Genova nel 1846. Il Pareto fu presidente della sezione geologica di esso Congresso, ed uno dei più caldi promotori di siffatte riunioni, dirette, «non solo a difendere la luce delle scienze, ma più ancora a stringere i nodi di fratellanza degli Italiani nel culto della patria comune». Egli ebbe parte principalissima nel movimento liberale che preparò il riscatto d'Italia. L'Issel accennò alla multiforme opera politica del patrizio naturalista come cospiratore della Giovine Italia nel 1833, agitatore nelle memorabili dimostrazioni patriottiche degli anni 1847 e 48, generale della Guardia Nazionale di Genova nel 1848, deputato al Parlamento dal 1848 al 1860, ministro degli affari esteri nel 1848, presidente della Camera elettiva nel 1849, senatore dal 1861. Ricordò inoltre l'azione generosamente concessa dal Pareto a sussidio degli Asili infantili, delle scuole popolari, del consorzio agrario, delle Società di mutuo soccorso e di ogni altra istituzione intesa ad elevare gli umili, a cementare i sentimenti dell'umana solidarietà, a beneficare il prossimo.

Luigi Maria D'Albertis (n. 21 novembre 1841 - m. 2 settembre 1901) di Voltri, rimasto orfano del padre ad otto anni, fece i primi [< LXXXI-LXXXII >] studj nel Collegio della Missione di Savona, dove fu iniziato dal valente esploratore missionario Armand David alia pratica delle preparazioni tassidermiche ed istruito nei rudimenti della storia naturale, e quindi, dopo un intermezzo trascorso in patria, passò nel Collegio dei Fratelli delle scuole cristiane di Torino; ma l'indole fiera e indipendente di lui, riluttante alla disciplina così scolastica come domestica, e la scarsa sua disposizione agli studj speculativi, fecero sì ch'egli traesse mediocre profitto in quegli istituti, ed attendesse con desiderio il momento d'uscirne per acquistare la sua piena libertà. Ed infatti, non appena raggiunse l'età maggiore e si trovò emancipato da ogni tutela, si dedicò completamente alla caccia, suo esercizio prediletto, ed ai viaggi. Ma per buona ventura egli conobbe, per mezzo di suo cugino Enrico D'Albertis noto ed appassionato autore di escursioni marittime, i naturalisti e viaggiatori Giacomo Doria, Edoardo Beccari ed Orazio Antinori, dai quali ebbe incitamento ed esempio alle esplorazioni scientifiche.

Fece il suo primo viaggio alla Nuova Guinea o Papuasia in compagnia del Beccari, nel quale trovò una guida ed un maestro impareggiabile. Partirono il 25 novembre 1871 trasferendosi a Bombay e quindi a Singapore, donde proseguirono per le Molucche, e da Amboina, uno dei tre capiluoghi di quell'arcipelago, raggiunsero la penisola di Orange Nassau, in cui si protende la parte nord occidentale della Nuova Guinea. Colà i due viaggiatori visitarono principalmente l'attraente regione del monte Arfak, ove il D'Albertis potè far preda di parecchi fra i più preziosi e splendidi uccelli di paradiso, varj dei quali di genere e specie nuovi. Ma ammalatosi di febbri tropicali, egli si restituì dopo qualche mese ad Amboina, nel cui porto ebbe la gioia di trovare la pirocorvetta italiana Vettor Pisani. Accolto su di questa, potè per mezzo di essa visitare agevolmente le isole Ke ed Arù, e navigare poi lungo le coste meridionali della Nuova Guinea in vista degli alti monti Charles Louis, del lido di Utanata e dell'Owen Stanley, e far sosta infine nella baia Orangerie, «fra piccole isole pittoresche, in una delle quali ottenne i primi esemplari di una nuova paradisea», ch'egli denominò raggiana in onore del suo amico marchese Raggi. Abbandonate le acque della Nuova Guinea, la corvetta si diresse a Sidney in Australia, dove approdò il 1" febbraio 1873 e sbarcò il D'Albertis; che, ridotto in cattive condizioni di salute, rimase colà per ristabilirsi sino alla fine dello [< LXXXII-LXXXIII >] stesso anno, quando potè imbarcarsi per San Francisco e tornare in patria.

Non erano ancora trascorsi dieci mesi dal suo ritorno in Italia che il D'Albertis ripartiva il 10 novembre 1874 per l'Australia insieme col suo amico cacciatore Riccardo Tomasinelli. Il 27 dicembre i due viaggiatori si trovavano già a Somerset e non molto dopo all'isola Yule dirimpetto alla costa meridionale della Papuasia, ed ivi fecero centro e deposito per le loro escursioni. Il Tomasinelli, preso dalle febbri malariche, fu costretto a rimpatriare nel giugno 1875; e così il D'Albertis rimase, unico europeo, nell'isola Yule, osteggiato ed angariato da quegli indigeni, dai quali seppe tuttavia ottenere, fra aspri contrasti, aiuti per le sue raccolte di animali e piante. Esaurito il compito propostosi, egli ritornò a Somerset il 14 novembre di detto anno, e saputo colà che il missionario inglese Macfarlane, suo amico, stava preparando una spedizione per risalire il corso del Fly, importante fiume della Nuova Guinea allora quasi inesplorato, ottenne di accompagnarlo. La spedizione durò poco più di un mese fra gravi peripezie, e per quanto il nostro viaggiatore avesse avuto modo di raccogliere preziosissimi esemplari della fauna e della flora del paese attraversato, pure era rimasto in lui vivo desiderio di ritentare l'impresa e di condurla più innanzi. In Sidney, mediante l'aiuto del Governo della Nuova Galles del Sud, che mise a sua disposizione un'agile barca a vapore, la Neva, egli organizzò una nuova spedizione per il Fly, che da lui diretta salpava il 10 maggio 1876 da Somerset. Ventun giorni appresso la comitiva cosmopolita, comandata dal D'Albertis e composta di nove persone, trovavasi già in vista dell'isola Ellangowan, l'estremo punto raggiunto dalla spedizione precedente, e di là proseguiva verso le origini del fiume per più di 200 miglia geografiche, navigando oltre un mese attraverso una regione non mai prima d'allora veduta da Europei. Ma difficoltà ed ostacoli d'ogni maniera crescevano a misura che l'ardito drappello procedeva innanzi, e ad un certo punto divennero così imperiose che esso dovette prendere la via del ritorno, non senza prima aver veduto profilarsi all'orizzonte da ponente a levante un'alta giogaia, alla quale il D'Albertis impose il nome di «Monti Vittorio Emanuele». Innanzi di lasciare quella regione i viaggiatori vollero fare un ultimo tentativo per penetrare più addentro, risalendo l'Alice, affluente di sinistra del Fly, ma dopo una trentina di miglia, divenuta la navigazione [< LXXXIII-LXXXIV >] impossibile, furono costretti a retrocedere. Ai primi di maggio del 1877 il D'Albertis trovavasi di ritorno a Sidney, dove, non pago dei risultati ottenuti, volle allestire una terza spedizione al Fly, che effettuò colla stessa barca a vapore la Neva. Ma questa volta fu ancor meno avventurato che nella precedente, poiché, alle difficoltà naturali, principalissima quella delle acque basse, aggiungendosi la mala volontà degli uomini, per cui dovette fronteggiare furiose aggressioni da parte degli indigeni e subire l'ammutinamento e la diserzione di alcuni componenti l'equipaggio della barca, egli, pervenuto al punto dal quale si erano primamente avvistati i monti Vittorio Emanuele, si trovò nell'impossibilità di raggiungere l'estremo limite allora toccato, e venne dalla forza delle cose obbligato a ritornare indietro. Il 14 gennaio 1878 giunse a salvamento a Thursday Island, ove sei giorni dopo approdava anche la corvetta italiana Cristoforo Colombo, dalla quale fu lietamente accolto e ricondotto a Sidney; donde più tardi egli trasferivasi definitivamente in patria (1).

(1) Il D'Albertis narrò i suoi viaggi in un grosso volume pubblicato nel 1880 in italiano ed in inglese. L'edizione italiana porta il titolo: Alla Nuova Guinea: ciò che ho veduto e ciò che ho fatto. Torino, Fratelli Bocca e Cia, 1880.

Dei viaggi del D'Albertis il conferenziere espose in ultimo i copiosi risultati, che furono: per la zoologia, la raccolta di 505 specie di uccelli, delle quali 50 non ancora note, senza dire delle ricchissime collezioni e serie di mammiferi, rettili, pesci, articolati e molluschi con moltissime novità; per la botanica, la raccolta di 310 specie di piante, di cui il Beccari diede un catalogo sommario; per la etnografìa, la raccolta di crani e di fotografìe di tipi umani nonché di dati riguardanti misure antropologiche, materiale che fu in gran parte illustrato dal Mantegazza; per la geografìa, l'esplorazione del corso superiore del Fly e la scoperta dei monti Vittorio Emanuele.

Molti altri naturalisti e viaggiatori liguri, oltre i tre summentovati che gli fornirono la principale materia del suo discorso, il prof. Issel ricordò sommariamente. Fra i botanici: Antonio Bertoloni (1775-1869) e Giuseppe Bertoloni (1804-1878) padre e figlio, di Sarzana, entrambi successivamente professori all'università di Bologna; Federico Delpino di Chiavari (1833-1905), «la più grande figura che abbia onorato la botanica italiana nella seconda metà del secolo XIX» (2); [< LXXXIV-LXXXV >]

(2) Grassi B., I progressi della biologia e delle sue applicazioni pratiche conseguite in Italia nell'ultimo ventennio, Roma, 1911: citato dal prof. A. Issel nell'art. Federico Delpino e Antonio Piccone botanici liguri, in Atti della Soc. Ligustica di scienze nat. e geogr., volume XXV, pp. 20-30.

Francesco Ardissone di Diano Marina (n. 8 sett. 1837), Antonio Piccone di Albissola Marina (1844-1901), Luigi Dufour di Genova (n. 27 nov. 1830) e Ildefonso Strafforello di Porto Maurizio (n. ottobre 1828) benemeriti degli studj algologici; Giovanni Casaretto di Chiavari (1810-1879) illustratore di molte nuove piante del Brasile; Onorato Ardoino di Mentone (1819-1874), Luigi Ricca (1836-1881), Giacomo Gentile (1835-1879), Augusto Gras (1819-1874), Agostino Goiran di Nizza (n. 24 sett. 1835), Felice Poggi della Spezia scopritori di nuovi documenti della flora italiana; Giambattista Badarò di Laigueglia (1793-1831) medico e naturalista, fondatore di un giardino botanico a San Paolo nel Brasile, e morto colà assassinato; Giambattista Barla di Nizza (n. 3 maggio 1817) indagatore dei funghi del proprio paese; Agostino Chiappori, maestro di scuola, botanico e paletnologo; Agostino Bianchi, agronomo noto sotto lo pseudonimo di «Coltivatore di Diano»; Giammaria Piccone di Albissola Marina (1772-1832) olivicultore; Antonio Figari, bey, di Rapallo (1804-1870) botanico, farmacologo e viaggiatore nell'Egitto e nell'Arabia Petrea; Giorgio Gallesio di Finale (1772-1839) autore della «Pomona italiana»; Antonio Risso di Nizza (1777-1845) studioso della flora, della fauna e della gea della sua regione. Ai quali bisogna aggiungere Giuseppe De Notaris (1805-1877) nato a Milano, ma per 35 anni professore di botanica a Genova, ove «scrisse e pubblicò la maggior parte dei suoi classici lavori». Fra i zoologi: Massimiliano Spinola (1780-1857) entomologo; Giambattista Verany di Nizza (1800-1865), autore di una classica monografia sui cefalopodi del Mediterraneo; Leonardo Fea torinese di nascita, ma per residenza e pei studj genovese, raccoglitore ed illustratore di collezioni zoologiche nelle Canarie, in Birmania, nella Guinea portoghese, nel Congo, ecc.; Pietro Mansueto Ferrari raccoglitore di numerosi documenti sugli emittori italiani; Agostino Sassi (m. 1852) zoologo e paleontologo; Gerolamo Calvi ornitologo. Fra i geologi: Stefano Lavaggiorosso, G. Canobbio di Ovada (1791-1853), Gerolamo Guidoni di Vernazza (1794-1870), Adolfo Perez di Nizza. Fra i mineralogi: A. Mongiardini, Giuseppe Mojon (1772-1837), G. Signorile. Fra i paletnologi: Don Dei Gratias Perrando (m. 19 gennaio 1889), Giovanni Ramorino. Fra i viaggiatori: Paolo Della Cella [< LXXXV-LXXXVI >] nativo delle Capanne d'Aveto (1792-1840), che visitò la Tripolitania e la Cirenaica nel 1817; Nicola Descalzi di Chiavari (1801-1857) esploratore del Rio Bermejo e del Rio Negro; Bartolomeo Bossi, che fu tra i primi a far conoscere il Mato Grosso; Giambattista Scala di Chiavari (1817-1876), iniziatore di relazioni commerciali fra la Guinea ed il Piemonte; Giuseppe Sapeto di Carcare (1811-1895) missionario, esploratore, poliglotta, «che procacciò all'Italia la colonia d'Assab» (1); Carlo De Amezaga, autore del viaggio di circumnavigazione della R. Nave Caracciolo da lui comandata. Fra i meteorologi: Domenico Franzoni, Ambrogio Multedo (1753-1840) matematico e rappresentante a Parigi della Repubblica Ligure nella Commissione internazionale per il sistema metrico decimale; Giacomo Garibaldi (1798-1846); Pier Maria Garibaldi (1823-1902); F. N. Vassallo. Il conferenziere volle anche accennare ai divulgatori e studiosi di materie geografiche e naturali, come il barone Luigi D'Isengard della Spezia (1754-1824), Antonio Rossi, Gerolamo Boccardo (1828-1904); e per quanto si fosse proposto di escludere dalle sue considerazioni i naturalisti ed esploratori liguri allora viventi, tuttavia per necessità di cose fu tratto a ricordare anche alcuni di costoro, e principalmente l'eminente zoologo, viaggiatore, promotore di ardite imprese geografiche, mecenate degli studj naturali, il march. Giacomo Doria (1840-1913), cui Genova deve la fondazione del Museo Civico di storia naturale (2).

(1) A. Issel, Giuseppe Sapeto; in Gazzetta di Genova, a. LXXXIII, 1915, n. 9.

(2) Il discorso di A. Issel trovasi in Atti della Società Italiana per il progresso delle scienze, Sesta Riunione, pp. 33-58.




1 A. Issel, [riassunto della conferenza] "Naturalisti e viaggiatori liguri nel secolo XIX", in "Sesta riunione della Società Italiana per il Progresso delle Scienze tenuta in Genova dal 17 al 23 ottobre 1912", Atti della Società Ligure di Storia Patria, 45 (1915), pp. LXXVIII-LXXXVI Link esterno The Internet Archive (per University of Toronto Library).



HTML 4.01 Transitional valido!    Day & Night... Night & Day!    CSS valido!
© Riccardo Balestrieri 2009-2016  –  Revisione 2 XII 2016  –  P. M. Salvago  –  Delizie in villa  –  Indice generale  –  Urania Ligustica