Urania Ligustica

Delizie in villa

Agostino Maria dei Monti

Compendio di memorie historiche della città di Savona (1697) 1

Delizie in villa


Indicatore di completezza



Ripari così accelerati [alle fortificazioni di Savona] particolarmente verso mare fecero a tutti cavar varie congietture dalla prudenza del Prencipe, che gli haveva ordinati, in temere di qualche navale armamento per la poca intelligenza, che mostrava Sua Maestà Christianissima con questo Stato da' suoi Ministri ingiustamente irritata.

S'impresse maggiormente il timore l'Anno 1684 all'arrivar negli 17 Maggio l'armata di Francia in Vado forte di venti galere, d'altretanti vascelli da guerra, di diece palandre, o sia carcasse da gettar bombe (inventione allor nuova, e contro Genovesi sperimentata) seguita da alcuni legni incendiarij, e da cento altre vele da carico, e da sbarco comandata dal Marchese di Segnalay Ministro di Stato di S. Maestà Christianissima. Fu ordinata di qui la partenza delle Monache dello Spirito Santo, e Santa Teresa, che andaron immediatamente di notte tempo su una galera di questo Dominio a Genova per esser la maggior parte principali Dame di quella Città, e lasciaron per le conseguenze in gran timore questi Cittadini. Era munito il Castello, e la Città delle Nationali militie raccolte d'ambe le [<293-294>] Riviere, ma il giorno seguente di buon mattino ne sospese i timori l'armata, che salpando da Vado s'avviò verso Genova.

Visto il Senato schierarsi in alto sopra la loro Città quest'armata non sapendo qual causa di disgusto havesse dato al Re di Francia, per un suo inviato volle esplorar dall'Ammiraglio se amico era il suo arrivo. Il Marchese secondo l'havute instruttioni scese a terra, e lui medemo espose a' Serenissimi Collegi le Regie domande, le quali come offendevano la libertà non furono ammesse; Ond'ello rimessosi in mare ordinò tantosto che si battesse la Città con bombe, che per nove giorni, e notti continuamente devastandola v'accesero un grande incendio con danno di venticinque millioni per la destruttione delle Case, e ricchi arredi; e maggiore si può credere che sarebbe stato con strage degl'habitanti, se non concepita qual'era la rovina, e conquasso che reccavano, fossero stati colti di mezzanotte ne' loro riposi; poiché niuno era in pensiero d'abbandonar le proprie Case. Previsto il pericolo ogn'uno si ritirò, & era guardingo a schivare la bomba, che per la longa tratta della sua caduta dava tempo a fugire: sol pochi troppo avidi di salvar le robbe vi perirono.

Niente havendo operato nell'abbattimento di tante case l'Ammiraglio Francese per piegar la constanza de' Cittadini, [<294-295>] che nel calore delle Bombe s'accesero più tosto a sostenere le loro rovine, che condiscendere ad alcuna delle Regie domande, e tentato uno sbarco de' Soldati vicino alla Lanterna con gran mortalità rispinto con la perdita dell'istesso Capo Francese, a gli 28 dell'istesso mese ricondusse in Vado l'armata, a riscuotere qualche spavento da' Savonesi, che abbandonata la loro Città, tolti via li più pretiosi mobili s'eran ritirati nelle ville, rifugiate le Monache ne' Borghi, quelle dell'Annonciata nel palazzo di Francesco Maria Balbi, e quelle di S. Chiara nel Conuento di S. Dalmatio; ma nell'istesso giorno hebbero qualche respiro allor che viddero verso le 23 hore rimettersi alla vela per Francia.

Ritornaron nel mese di Settembre nove grossi Vascelli a gettar l'ancore in quest'acque sopra il borgo delle Fornaci tenendo impedita la navigatione, & il commercio dal Capo di Noli. Una tal sorte d'assedio fece tener sospetto un'accampamento fatto dal Duca di Savoia nel Territorio di Chioz, e di Bene di sei mila fanti, e cavalli ivi trattenuti con mostre di fuoco vivo, benché si spargesse voce fossero destinati contro il Mondovì, como successe; nulladimeno fu ben presidiata la Città da gente ausiliaria venuta dal Finale, e dallo Stato di Milano, che stimata bastante, si licentiarono alle loro Case le distrittuali Militie [<295-296>] con ordine di star pronte ad un tiro d'artigliaria con palla. Si trincerorno le spiaggie di Vado, e di Legino, piantate batterie de' cannoni nelle ville della Spagnola, e Braia per ovviare ogni sbarco. Essendo le cose in tal indrizzo, poco si temeva di terra, sol si paventavano le forze di mare, che nel fine del detto mese si viddero più copiose nell'arrivo di 30 galere, che con li detti nove Vascelli partirono verso Genova navigando le galere non più discoste da questi lidi che un tiro di moschetto, concependo anche con voci alte poco timore di questo Castello: tollerava ogni cosa l'Eccellentissimo Gio: Francesco Pallavicino per non esporre o questa Città a qualche pericolo, o la Republica in più forti impegni. Veleggiorono in faccia di Genova sulle tenute del porto, e ritornorno nel medemo giorno in Vado tenendosi talmente vicine a quelle spiaggie, che si sentivan chiaramente le voci, & i gridi de' remiganti, e la poca stima, che di noi facevano; ma la prudenza del Comandante dissimulò la petulanza nemica, perché col risentirsene l'haverebbe resa più ardita; quando quella cercava le occasioni di maggiori insulti, & ostilità. Sull'alba del giorno seguente dieron le vela verso la Francia.

Doppo alcuni giorni gionse l'armata di Spagna numerosa di 29 galere, che non tanto rallegrò quelli popoli come [<296-297>] amica, quanto per esser gionta in loro soccorso, & accresciuta d'altre otto di questo Serenissimo Dominio trascorreva alla difesa di questi Mari. Ritornò nel mese d'Agosto a Savona, ritiratesi le galere principali in questo porto, & il rimanente in quello di Vado. Doppo la statione di tre giorni si rimisero alla vela verso Barcellona, e passata tutta la costa di Catalogna andaron a gettar l'ancore nel porto di Maone in Minorca: ivi sorprese da' tempi contrarij, da influenza de' mali, da' freddi intollerabili, da una grande penuria de' viveri, e da un rigidissimo inverno furon costrette a fermarsi gran parte di questa staggione: flagellate da tanti mali, e disaggi vi perdettero più di tre mila persone, e le più maltrattate furon le Genovesi, come le più sprovedute, e come quelle che si credevano ritornare fra quindeci giorni. Per sollievo dell'eccessive spese raccolse la Republica da' suoi Sudditi tassa d'un per cento da chi possedeva beni stabili da Lire sei mila, & oltre di capitale.

Non havendo potuto il Re di Francia con l'usate ostilità atterrire in verun modo i Genovesi, e piegarli ad alcuna delle sue domande, quasi nulla havesse fatto in incendiare la loro Città, che dalle rovine facevan risorgere più bella, dichiarò loro aperta guerra, e già risuonavan gl'apparati, che se ne facevano [<297-298>] in Casale, e Monferrato. Pronti erano gl'Amministratori di questo Serenissimo Governo subir un tant'oste più tosto, che cedere ad alcuna delle pretensioni Reali; né minori eran le speditioni, che in sua difesa facevano trainandosi a tal effetto dal bosco di questo Commune quantità grande de' legni di misura, & assesto traghettati a Voltri per fabrica de' grossi vascelli, e di palandre. Sinché nel 1685, a persuasion delle Potenze amiche, & a diversi sentimenti, che eran ne' Cittadini di Genova si ridussero ad accettare la pace anche con subirne qualche disavantagioso partito. Questo Monsignor Vescovo desideroso del ben publico ordinò preghiere, e tramutò il Carnevale in publiche penitenze.

Pareva che le cose fossero ben concordate alla pace, e di qui licentiaron le truppe ausiliarie de' Milanesi, che malamente sapevan comportarsi col reggimento Corso, & un giorno ne vidde questa Città fiera revolutione con spargimento di sangue; & aspra guerra accendevasi fra queste Nationi, se in tempo a sedar ogni tumulto non vi fosse accorso con la sua prudenza, & autorità l'Eccellentissimo Pallavicino.

Stabilito l'accordo con la Francia in una publica dimostratione d'ossequio a quella Corona, partirono alla fine del Mese di Marzo il Doge Francesco Maria Imperiale Lercaro con questi Senatori [<298-299>] Marcello Durazzo, Paris Maria Salvago, Agostino Lomellino, e Giovannettino Garibaldo, per trovarsi secondo gli convenuti patti a' 10 Aprile dell'istess'Anno nel Regno di Francia. Presero il viaggio di terra in forme incognite; ma non riuscitte loro celarsi a1 Duca di Savoia, che con Real honorevolezza, e corteggio volle trattarli in tutto il suo Stato facendoli servire da 500 Cavalli, che gl'accompagnarono sino alli confini della Savoia.

Si viddero a' 19 Giugno con due galere di ritorno in questo porto, né vollero accettar saluti, & altre rimostranze di publica riverenza. Alla vista del suo Prencipe questa Città, e quasi tutta la Riviera di Ponente, particolarmente li luoghi d'Alassio e S. Remo s'eran accinti con fuochi festosi, e con segni di commune allegrezza, e dovuto rispetto celebrarne la di lui venuta, ma interdetta ogni publica, e privata rimostranza vollero sempre incogniti andare a sbarcare di sera a Voltri, e sopra una Carrozza in ogni forma celati portaronsi alla loro Residenza dentro di Genova.




1 A. M. dei Monti, Compendio di memorie historiche della città di Savona, e delle memorie d'huomini illustri savonesi (Roma, M. A. e O. Campana, 1697; anastatica: Bologna Forni, 1968), pp. 293-299 Link esterno Google libri; scheda bibliografica Link esterno OPAC SBN. Sono stati aggiornati gli accenti e inserita la maggior parte degli a capo, per agevolare la lettura.

Altro esemplare della stessa edizione Link esterno Google libri (per Biblioteca Nazionale Centrale, Roma).



HTML 4.01 Transitional valido!    Day & Night... Night & Day!    CSS valido!
© Riccardo Balestrieri 2016  –  Revisione 19 XII 2016  –  P. M. Salvago  –  Delizie in villa  –  Indice generale  –  Urania Ligustica