Industria e astronautica

Industria e astronautica in Liguria

LE OTTICHE SAN GIORGIO
Fonti edite e saggistica

Riccardo Balestrieri


*UL home


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SAGGISTICA   →   Contributi originali
Introduzione  –  Metodi e statistiche  –  Indice delle fonti  –  Fonti



Urania Ligustica ospita contributi originali, almeno in parte pertinenti agli argomenti trattati, che rimangono di proprietà dei rispettivi autori.

Giuseppe Finizio, I binocoli dell'Esercito Italiano dall'Unità al 1943 : L'industria ottica al servizio delle forze armate (inedito, 2023).
Idem, Il trattamento antiriflessi nell'industria ottica italiana (inedito, 2023).
Le ricerche dell'Autore, basate in larga misura su fonti primarie, sono iniziate con i binocoli e i telemetri utilizzati dalla Regia Marina: Finizio (2006), Finizio (2015), Finizio (2016).



English IN THE ABSENCE OF THE USUAL FLOWERS

Usefulness of coeval published sources

History is based on primary sources: manuscripts, letters and so on.[1] This has also been demonstrated for the diffusion and manufacture of binoculars in Italy.[2] The San Giorgio company archive, however, was dispersed and it is very likely that most of it has been destroyed. The search for unpublished documents in public and private archives must continue,[3] of course, but what can be done in the meantime?

Material sources are also needed for San Giorgio.[4] It has been done here starting from the most widespread and treasured instruments: just the binoculars. Since 1894, Zeiss has used a single numerical series for what it has manufactured. San Giorgio, on the other hand, used different series for each model: without the specific primary source – the original numerical registers – the production can be schematized by recording the serial numbers of a significant amount of each model.

A new approach is made possible by coeval published sources now available online. Search engines can even index the content of images: for example, scanned publications without an OCR and therefore lacking any underlying text. Queries with keywords such as the name of a company, a person, an instrument can make precious needles emerge from unexpected haystacks. We are not talking here of texts that deal in full with the topic of interest, but of short passages, of hints, which have necessarily been excluded from traditional bibliographic searches.[5]

The usefulness of this method was demonstrated in an occurrence that remained rather obscure due to the difficult accessibility of military archives: the missile designed for the Marina Militare by Hermann Oberth in the early 1950s. In fact, numerous brief but very significant sources were found, which it was possible to bring together in a coherent framework.[6]

The same has already happened for San Giorgio. The vicissitudes of a leading technologist, Eng. Gino Girolamo Fanno (1882-1962), are completely absent in Nones (1990): the essay still of reference. The primary sources traced back then did not allow Michele Nones to understand that the abrupt disappearance from the company of its managing director was due to racial laws → Storia § 17.

The biography of Fanno – still unpublished – is well defined, but the episode of the anti-reflective treatments is blocked out → Storia § 25. This chapter, however, seems to be more interesting and even those only schematized should benefit from the sources here proposed: would they have been unusual flowers for Lucien Febvre?[7]

[1] The author has studied government documents of the Republic of Genoa in the State Archives. Pending the specific section in Urania Ligustica, see: R. Balestrieri, "François Rodolphe Corréard e l'introduzione dell'ora astronomica a Genova," in Lo sviluppo della ricerca astronomica e dell'ottica astronomica... : 9° Convegno Annuale di Storia dell'Astronomia, Napoli 26-27/9/1997, ed. E. Proverbio (s.l., Società Astronomica Italiana, s.d. but 2000), 85-115 → pdf.

[2] G. Finizio, "I binocoli della Regia Marina tra le due guerre mondiali", Rivista marittima, 149 (2016), July-August, 84-90.

[3] Some indications will be given in Documenti.

[4] "Materiali" or, much more rarely, "materiche", in Italian: A. M. Arpino, "Le fonti materiche", in Le fonti per la storia militare italiana in età contemporanea : Atti del III seminario : Roma, 16-17 dicembre 1988, eds. A. Arpino, A. Biagini (Rome : Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 1993), 297-299 Link esterno DGA Direzione generale archivi (pdf).

[5] For example, Link esterno Google libri and Internet Archive or, to stay in Italy, Byterfly and Emeroteca BNC Roma were used here.

[6] The basic research was carried out in early 2017, in just two months, and the results were immediately shared in Un vicolo cieco? Towards the end of the same year, two complementary articles were published: R. Balestrieri, "Hermann Oberth in Italia: «Roba da bambini»", Astronomia, 42 (2017), no. 5, 10-18 → pdf; Idem, "Hermann Oberth alias John Smith (1950-1953)", Giornale di Astronomia, 43 (2017), no. 3, 30-38 → pdf.

[7] "L'histoire se fait avec des documents écrits, sans doute. Quand il y en a. Mais elle peut se faire, elle doit se faire, sans documents écrits s'il n'en existe point. Avec tout ce que l'ingéniosité de l'historien peut lui permettre d'utiliser pour fabriquer son miel, à défaut des fleurs usuelles. Donc, avec des mots. Des signes. Des paysages et des tuiles. Des formes de champ et de mauvaises herbes. Des éclipses de lune et des colliers d'attelage. Des expertises de pierres par des géologues et des analyses d'épées en métal par des chimistes. D'un mot, avec tout ce qui, étant à l'homme, dépend de l'homme, sert à l'homme, exprime l'homme, signifie la présence, l'activité, les goûts et les façons d'être de l'homme. Toute une part, et la plus passionnante sans doute de notre travail d'historien, ne consiste-t-elle pas dans un effort constant pour faire parler les choses muettes, leur faire dire ce qu'elles ne disent pas d'elles-mêmes sur les hommes, sur les sociétés qui les ont produites – et constituer finalement entre elles ce vaste réseau de solidarités et d'entraide qui supplée à l'absence du document écrit? / Pas de statistique, ni démographique, ni autre: allons-nous répondre par la résignation à cette carence? Être historien, c'est au contraire ne jamais se résigner. C'est tout tenter, tout essayer pour combler les vides de l'information. C'est s'ingénier, le grand mot. Se tromper ou, plutôt, vingt fois se jeter avec enthousiasme dans un chemin plein de promesses – et puis s'apercevoir qu'il ne mène pas où l'on voudrait aller. Tant pis, on recommence". L. Febvre, Combats pour l'histoire (Paris : A. Colin, 1952) Link esterno UQAC, and now: Vivre l'histoire (Paris : R. Laffont, 2009), 365.

IN ASSENZA DEI SOLITI FIORI Italiano

Utilità delle fonti edite coeve

La storia si basa su fonti primarie: manoscritti, lettere e così via.[1] Ciò è stato dimostrato anche per la diffusione e la fabbricazione di binocoli in Italia.[2] L'archivio aziendale della San Giorgio, però, è disperso ed è molto probabile che sia stato in gran parte distrutto. Certo, la ricerca di documenti inediti in fondi pubblici e privati deve continuare,[3] ma come fare nel frattempo?

Anche per la San Giorgio sono necessarie le fonti materiali.[4] Lo si è fatto in questa sede a partire dagli strumenti più diffusi e tesaurizzati: i binocoli, per l'appunto. Fin dal 1894 la Zeiss ha usato una sola serie numerica per quanto ha fabbricato. La San Giorgio, invece, ha usato serie diverse per ogni modello: senza la fonte primaria specifica – i registri numerari originali – la produzione può essere schematizzata registrando i numeri di serie di una quantità significativa di ogni modello.

Un nuovo approccio è permesso dalle fonti edite coeve ora disponibili in linea. I motori di ricerca possono indicizzare persino il contenuto delle immagini: ad esempio le pubblicazioni digitalizzate senza un OCR e prive, quindi, di un testo sotteso. Interrogazioni con parole chiave quali il nome di un'azienda, di una persona, di uno strumento possono fare emergere aghi preziosi da pagliai inaspettati. Non si parla qui di testi che affrontano per esteso l'argomento di interesse, bensì di brani brevi, di accenni, che sono rimasti necessariamente esclusi dalle tradizionali ricerche bibliografiche.[5]

L'utilità di questo metodo è stata dimostrata in una vicenda che rimaneva piuttosto oscura per la difficile accessibilità degli archivi militari: il missile ideato per la Marina Militare da Hermann Oberth all'inizio degli anni Cinquanta. Sono state infatti rintracciate numerose fonti, brevi ma assai significative, che è stato possibile riunire in un quadro coerente.[6]

Lo stesso è già accaduto per la San Giorgio. La vicenda umana di un tecnologo di rilievo, l'ing. Gino Girolamo Fanno (1882-1962), è del tutto assente in Nones (1990): il saggio tuttora di riferimento. Le fonti primarie rintracciate allora da Michele Nones non gli avevano permesso di capire, che l'improvvisa scomparsa dall'azienda del suo amministratore delegato era dovuta alle leggi razziali → Storia § 17.

Se la biografia di Fanno – ancora inedita – è ben definita, è abbozzato l'episodio dei trattamenti antiriflesso → Storia § 25. Questo capitolo, però, sembra essere più interessante e anche quelli solo schematizzati dovrebbero trarre profitto dalle fonti qui proposte: sarebbero stati fiori insoliti per Lucien Febvre?[7]

[1] Chi scrive ha studiato documenti di governo della Repubblica di Genova in Archivio di Stato. In attesa della sezione specifica in Urania Ligustica, si veda: R. Balestrieri, "François Rodolphe Corréard e l'introduzione dell'ora astronomica a Genova", in Lo sviluppo della ricerca astronomica e dell'ottica astronomica... : 9° Convegno Annuale di Storia dell'Astronomia, Napoli 26-27/9/1997, a cura di E. Proverbio (s.l., Società Astronomica Italiana, s.d. ma 2000), pp. 85-115 → pdf.

[2] G. Finizio, "I binocoli della Regia Marina tra le due guerre mondiali", Rivista marittima, 149 (2016), luglio-agosto, pp. 84-90.

[3] Alcune indicazioni saranno fornite in Documenti.

[4] È molto più raro l'uso di "materiche": A. M. Arpino, "Le fonti materiche", in Le fonti per la storia militare italiana in età contemporanea : Atti del III seminario : Roma, 16-17 dicembre 1988, a cura di A. Arpino e A. Biagini (Roma : Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 1993), pp. 297-299 Link esterno DGA Direzione generale archivi (pdf).

[5] Sono stati qui usati ad esempio Link esterno Google libri e Internet Archive o, per rimanere in Italia, Byterfly ed Emeroteca BNC Roma.

[6] La ricerca di base è stata effettuata all'inizio del 2017, in soli due mesi, e i risultati sono stati subito condivisi in Un vicolo cieco? Verso la fine dello stesso anno sono stati pubblicati due articoli complementari: R. Balestrieri, "Hermann Oberth in Italia: «Roba da bambini»", Astronomia, 42 (2017), n. 5, pp. 10-18 → pdf; Idem, "Hermann Oberth alias John Smith (1950-1953)", Giornale di Astronomia, 43 (2017), n. 3, pp. 30-38 → pdf.

[7] "L'histoire se fait avec des documents écrits, sans doute. Quand il y en a. Mais elle peut se faire, elle doit se faire, sans documents écrits s'il n'en existe point. Avec tout ce que l'ingéniosité de l'historien peut lui permettre d'utiliser pour fabriquer son miel, à défaut des fleurs usuelles. Donc, avec des mots. Des signes. Des paysages et des tuiles. Des formes de champ et de mauvaises herbes. Des éclipses de lune et des colliers d'attelage. Des expertises de pierres par des géologues et des analyses d'épées en métal par des chimistes. D'un mot, avec tout ce qui, étant à l'homme, dépend de l'homme, sert à l'homme, exprime l'homme, signifie la présence, l'activité, les goûts et les façons d'être de l'homme. Toute une part, et la plus passionnante sans doute de notre travail d'historien, ne consiste-t-elle pas dans un effort constant pour faire parler les choses muettes, leur faire dire ce qu'elles ne disent pas d'elles-mêmes sur les hommes, sur les sociétés qui les ont produites – et constituer finalement entre elles ce vaste réseau de solidarités et d'entraide qui supplée à l'absence du document écrit? / Pas de statistique, ni démographique, ni autre: allons-nous répondre par la résignation à cette carence? Être historien, c'est au contraire ne jamais se résigner. C'est tout tenter, tout essayer pour combler les vides de l'information. C'est s'ingénier, le grand mot. Se tromper ou, plutôt, vingt fois se jeter avec enthousiasme dans un chemin plein de promesses – et puis s'apercevoir qu'il ne mène pas où l'on voudrait aller. Tant pis, on recommence". L. Febvre, Combats pour l'histoire (Paris : A. Colin, 1952) Link esterno UQAC, e ora: Vivre l'histoire (Paris : R. Laffont, 2009), p. 365.

Immagine assente
Ottanelli (1987)
Immagine assente
Nones (1990)


BIBLIOGRAPHICAL REFERENCES WITH EXTRACTS

The following sources may not concern optical productions, but they are useful for defining the context.

The red suspension points [...] refer to parts which are presumed not to be of particular interest here; they can be omitted at the beginning and end of the transcribed piece. Gaps in the transcript that seem to be pertinent to the topics covered here are highlighted with the memo [DA COMPLETARE] "to be completed".

Obvious typos have been corrected in the transcriptions, updated accents and eliminated any period postponed to units of measure. Any figures have been omitted so as not to further burden this web page and to stimulate the use of originals, which are increasingly accessible online.

It is recommended that at least the sources marked with the Completeness Indicator button be verified on the originals.

* Works for which full reading is recommended.


STATISTICS

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI CON ESTRATTI

Le fonti che seguono possono non riguardare le produzioni ottiche, ma sono utili per definire il contesto.

I punti di sospensione in rosso [...] si riferiscono a parti che si presume non abbiano qui particolare interesse; possono essere omessi a inizio e fine del brano trascritto. Lacune della trascrizione che sembrano essere, invece, pertinenti agli argomenti qui trattati sono evidenziate con il memo [DA COMPLETARE].

Nelle trascrizioni sono stati corretti refusi ovvi, aggiornati gli accenti ed eliminato l'eventuale punto posposto alle unità di misura. Le eventuali figure sono state omesse per non appesantire ulteriormente questa pagina web e stimolare il ricorso agli originali, sempre più spesso accessibili in rete.

Si consiglia di verificare sugli originali almeno le fonti contrassegnate dal pulsante Indicatore di completezza.

* Opere di cui si consiglia la lettura integrale.


STATISTICHE

Lustrum Ante
1906
1906
1910
1911
1915
1916
1920
1921
1925
1926
1930
1931
1935
1936
1940
1941
1945
1946
1950
1951
1955
Post
1955
Lustro
Sources 4 25 4 13 8 8 10 33 10 20 17 116 Fonti
TOTAL  »  268  «  TOTALE
  1. Indicatore di completezza La Stampa sportiva (1905)
  2. Indicatore di completezza La Stampa sportiva (1905)
  3. Indicatore di completezza La Stampa sportiva (1905)
  4. Indicatore di completezza La Stampa sportiva (1905)
  5. Indicatore di completezza The Automobile (1906)
  6. Indicatore di completezza La Stampa sportiva (1906)
  7. Indicatore di completezza Illustrazione italiana (1906)
  8. Indicatore di completezza Rivista mensile TCI (1906)
  9. Indicatore di completezza La Stampa sportiva (1906)
  10. Indicatore di completezza La Stampa sportiva (1906)
  11. Indicatore di completezza L'Elettricità (1906)
  12. Indicatore di completezza La Stampa sportiva (1906)
  13. Indicatore di completezza La Stampa sportiva (1906)
  14. Indicatore di completezza The Motor Boat (1907)
  15. Indicatore di completezza La Stampa sportiva (1907)
  16. Indicatore di completezza La Stampa sportiva (1907)
  17. Indicatore di completezza Carson (1907)
  18. Indicatore di completezza Lega Navale (1907)
  19. Indicatore di completezza The Autocar (1907)
  20. Indicatore di completezza La Stampa sportiva (1907)
  21. Indicatore di completezza La Stampa sportiva (1907)
  22. Indicatore di completezza L'Industria (1908)
  23. Indicatore di completezza La Stampa sportiva (1908)
  24. Indicatore di completezza La Stampa sportiva (1908)
  25. Indicatore di completezza Badminton Magaz. (1908)
  26. Indicatore di completezza The Auto (1908)
  27. Indicatore di completezza Rivista di Roma (1909)
  28. Indicatore di completezza Bollettino ufficiale (1910)
  29. Indicatore di completezza Rass. lavori pubblici (1910)
  30. Indicatore di completezza Club Alpino Italiano (1911)
  31. Indicatore di completezza Rivista delle Società (1913)
  32. Indicatore di completezza Ufficio del lavoro (1914)
  33. Indicatore di completezza Ufficio del lavoro (1915)
  34. Indicatore di completezza Scienza per tutti (1916)
  35. Indicatore di completezza Finanza italiana (1917)
  36. Indicatore di completezza Industrie italiane (1917)
  37. Indicatore di completezza Rassegna assicuraz. (1917)
  38. Indicatore di completezza Corriere economico (1918)
  39. Indicatore di completezza Marina mercantile (1918)
  40. Indicatore di completezza Leggi e decreti (1918)
  41. Indicatore di completezza D'Annunzio (1918)
  42. Indicatore di completezza Occhialini (1919)
  43. Indicatore di completezza Occhialini? (1919)
  44. Indicatore di completezza Società per azioni (1919)
  45. Indicatore di completezza Nutting (1920)
  46. Indicatore di completezza Bollettino del lavoro (1920)
  47. Indicatore di completezza Scienza per tutti (1921)
  48. Indicatore di completezza Giornale di chimica (1922)
  49. Indicatore di completezza Sehnert (1922)
  50. Indicatore di completezza Bollettino marchi (1922)
  51. Indicatore di completezza Critica politica (1923)
  52. Indicatore di completezza Finanza italiana (1923)
  53. Indicatore di completezza Martinez P. (1923)
  54. Indicatore di completezza Bianchi (1924)
  55. Indicatore di completezza Metallurgia italiana (1924)
  56. Indicatore di completezza Rivista mensile BCI (1926)
  57. Indicatore di completezza Gastaldi (1927)
  58. Indicatore di completezza Rivista marittima (1927)
  59. Indicatore di completezza Iachino (1929)
  60. Indicatore di completezza Chiurco (1929a)
  1. Indicatore di completezza Chiurco (1929b)
  2. Indicatore di completezza Bernini (1930)
  3. Indicatore di completezza Lo stato operaio (1930)
  4. Indicatore di completezza Ginori Conti (1931)
  5. Indicatore di completezza Gazzetta ufficiale (1932)
  6. Indicatore di completezza Giornale R. Marina (1933)
  7. Indicatore di completezza La proprietà edilizia (1933)
  8. Indicatore di completezza Russo (1934)
  9. Indicatore di completezza Montauti (1934)
  10. Indicatore di completezza Galardini (1934)
  11. Indicatore di completezza Rivista illustrata (1934)
  12. Indicatore di completezza Bollettino AOI (1935)
  13. Indicatore di completezza Tecnica del lavoro (1935)
  14. Indicatore di completezza Solaini (1936)
  15. Indicatore di completezza Rivista illustrata (1936)
  16. Indicatore di completezza Cavazzoni (1936)
  17. Indicatore di completezza La Rocca (1936)
  18. Indicatore di completezza Bocchino (1936)
  19. Indicatore di completezza Annuario AEI (1936)
  20. Indicatore di completezza Illustr. coloniale (1936)
  21. Indicatore di completezza Bocchino (1937)
  22. Indicatore di completezza Panetti (1937)
  23. Indicatore di completezza Ginori Conti (1937)
  24. Indicatore di completezza Genova (1938)
  25. Indicatore di completezza Genova (1938)
  26. Indicatore di completezza Broglia (1938)
  27. Indicatore di completezza Rivista illustrata (1938)
  28. Indicatore di completezza Rivista illustrata (1938)
  29. Indicatore di completezza Galleria (1938)
  30. Indicatore di completezza Orizzonti (1938)
  31. Indicatore di completezza Genova (1938)
  32. Indicatore di completezza Carini (1938)
  33. Indicatore di completezza Illustr. coloniale (1938)
  34. Indicatore di completezza Rassegna italiana (1939)
  35. Indicatore di completezza Gazzetta ufficiale (1939)
  36. Indicatore di completezza Giornale ufficiale (1939)
  37. Indicatore di completezza Orizzonti (1939)
  38. Indicatore di completezza R. Esercito italiano (1939)
  39. Indicatore di completezza Rivista illustrata (1939)
  40. Indicatore di completezza Rivista illustrata (1940)
  41. Indicatore di completezza Rivista illustrata (1940)
  42. Indicatore di completezza Bollettino AOI (1940)
  43. Indicatore di completezza Broglia (1940)
  44. Indicatore di completezza Etiopia (1940)
  45. Indicatore di completezza Gazzetta ufficiale (1940)
  46. Indicatore di completezza Chimica e industria (1940)
  47. Indicatore di completezza Annuario AEI (1941)
  48. Indicatore di completezza Rivista illustrata (1941)
  49. Indicatore di completezza Rivista illustrata (1941)
  50. Indicatore di completezza Genova (1941)
  51. Indicatore di completezza Notizie OG (1942)
  52. Indicatore di completezza Newsweek (1942)
  53. Indicatore di completezza Coelum (1942)
  54. Indicatore di completezza Rivista illustrata (1942)
  55. Indicatore di completezza Rivista illustrata (1942)
  56. Indicatore di completezza Gazzetta ufficiale (1944)
  57. Indicatore di completezza Martinez G. (1946)
  58. Indicatore di completezza Scandone (1946)
  59. Indicatore di completezza Maggiore (1946)
  60. Indicatore di completezza Belfiore (1947)
  1. Indicatore di completezza Falcone (1947)
  2. Indicatore di completezza Photo-Revue (1947)
  3. Indicatore di completezza L'Universo (1947)
  4. Indicatore di completezza Scandone (1948)
  5. Indicatore di completezza Grasso (1948)
  6. Indicatore di completezza Toraldo di Francia (1948)
  7. Indicatore di completezza Le Vie d'Italia (1949)
  8. Indicatore di completezza Ronchi (1949)
  9. Indicatore di completezza De Mottoni (1949)
  10. Indicatore di completezza Giotti (1949)
  11. Indicatore di completezza Civiltà cattolica (1950)
  12. Indicatore di completezza Anghel (1950)
  13. Indicatore di completezza Fotografare (1950)
  14. Indicatore di completezza Negro (1950)
  15. Indicatore di completezza Rivista marittima (1950)
  16. Indicatore di completezza Ornano (1950)
  17. Indicatore di completezza Grasso (1951)
  18. Indicatore di completezza Pouchain (1951)
  19. Indicatore di completezza Viva la SG! (1951)
  20. Indicatore di completezza Grasso (1952)
  21. Indicatore di completezza The British Journal... (1952)
  22. Indicatore di completezza La Malfa (1952)
  23. Indicatore di completezza Negro (1953)
  24. Indicatore di completezza Confindustria (1953)
  25. Indicatore di completezza Carli (1953)
  26. Indicatore di completezza Modern Photography (1953)
  27. Indicatore di completezza Rivista marittima (1954)
  28. Indicatore di completezza Negro (1954)
  29. Indicatore di completezza Bollettino CISL (1954)
  30. Indicatore di completezza Rapisarda (1954)
  31. Indicatore di completezza Osservatore romano (1955)
  32. Indicatore di completezza IRI annual report (1955)
  33. Indicatore di completezza Clark (1955)
  34. Indicatore di completezza Saraceno (1956)
  35. Indicatore di completezza Magri (1957)
  36. Indicatore di completezza Partecipazioni statali (1958)
  37. Indicatore di completezza Feraudi (1958)
  38. Indicatore di completezza Fiorentini (1962)
  39. Indicatore di completezza Ronchi (1962)
  40. Indicatore di completezza Mori (1962)
  41. Indicatore di completezza Gibelli (1965)
  42. Indicatore di completezza Brusa (1965)
  43. Indicatore di completezza Tripp et al. (1965)
  44. Indicatore di completezza Faina (1965)
  45. Indicatore di completezza Produttività (1966)
  46. Indicatore di completezza Tripp et al. (1966)
  47. Indicatore di completezza Spriano (1968)
  48. Indicatore di completezza Gibelli (1968)
  49. Indicatore di completezza Marcenaro (1968)
  50. Indicatore di completezza Miroglio (1968)
  51. Indicatore di completezza Doria (1969)
  52. Indicatore di completezza Marani (1970)
  53. Indicatore di completezza Roberti (1970)
  54. Indicatore di completezza Fatica (1971)
  55. Indicatore di completezza L'Esperimento (1971)
  56. Indicatore di completezza Fioravanzo (1972)
  57. Indicatore di completezza Rugafiori et al. (1974)
  58. Indicatore di completezza Brizzolari (1974)
  59. Indicatore di completezza Hull (1974)
  60. Indicatore di completezza Fioravanzo (1975)
  1. Indicatore di completezza Ronchi (1976)
  2. Indicatore di completezza Rocca (1977)
  3. Indicatore di completezza Bagnasco (1978)
  4. Indicatore di completezza Ronchi (1978)
  5. Indicatore di completezza Segreto (1978)
  6. Indicatore di completezza Tamburri (1979)
  7. Indicatore di completezza Aglieta (1979)
  8. Indicatore di completezza Ronchi (1979)
  9. Indicatore di completezza Perillo & Gibelli (1980)
  10. Indicatore di completezza Gandolfi (1980)
  11. Indicatore di completezza Arvati & Rugafiori (1981)
  12. Indicatore di completezza Rugafiori (1981)
  13. Indicatore di completezza Alloisio ecc. (1981)
  14. Indicatore di completezza Arena (1981)
  15. Indicatore di completezza Farestoria (1981)
  16. Indicatore di completezza Confalonieri (1982)
  17. Indicatore di completezza Campbell (1985)
  18. Indicatore di completezza Nones (1986)
  19. Indicatore di completezza Grassi & Pansera (1986)
  20. * Indicatore di completezza Ottanelli (1987)
  21. Indicatore di completezza Gay & Gay (1987)
  22. Indicatore di completezza Maiello (1989)
  23. * Indicatore di completezza Nones (1990)
  24. Indicatore di completezza White (1990)
  25. Indicatore di completezza Alegi (1991)
  26. Indicatore di completezza Tomassini (1991)
  27. Indicatore di completezza Ricci&Scardaccione (1991)
  28. Indicatore di completezza Doria & Hertner (1992)
  29. Indicatore di completezza Bolognesi (1992)
  30. * Indicatore di completezza Balestra (1993)
  31. Indicatore di completezza Rugafiori (1994)
  32. Indicatore di completezza Rugafiori (1995)
  33. Indicatore di completezza Scardaccione (1995)
  34. Indicatore di completezza Franchini (1995)
  35. Indicatore di completezza Capannelli ecc. (1996)
  36. Indicatore di completezza Arena (1996)
  37. Indicatore di completezza ASTER (1996)
  38. Indicatore di completezza Addis Saba (1998)
  39. Indicatore di completezza Marchelli (1998)
  40. Indicatore di completezza Guastini (1998)
  41. Indicatore di completezza Sacchetti (1999)
  42. Indicatore di completezza Ronchi (2000)
  43. Indicatore di completezza Mori (2000)
  44. Indicatore di completezza Carlotti (2000)
  45. Indicatore di completezza Petracchi et al. (2000)
  46. Indicatore di completezza Centro MAAS (2002)
  47. Indicatore di completezza Corridori (2002a)
  48. Indicatore di completezza Corridori (2002b)
  49. Indicatore di completezza De Luca (2002)
  50. Indicatore di completezza Antonini (2003)
  51. Indicatore di completezza Marsilii (2004)
  52. Indicatore di completezza Antonini (2005)
  53. Indicatore di completezza Antonini (2005b)
  54. Indicatore di completezza Bruschi (2005)
  55. Indicatore di completezza Gimelli (2005)
  56. Indicatore di completezza Di Giusto (2005)
  57. Indicatore di completezza Napoli (2005)
  58. Indicatore di completezza Sessa (2006)
  59. Indicatore di completezza Burigana (2006)
  60. * Indicatore di completezza Finizio (2006)
  1. Indicatore di completezza Horn (2007)
  2. Indicatore di completezza Piccini (2007)
  3. Indicatore di completezza Alioti (2008)
  4. Indicatore di completezza Friedman (2008)
  5. Indicatore di completezza Scarpellini (2008)
  6. Indicatore di completezza Alberico (2009)
  7. Indicatore di completezza Zamagni (2009)
  8. Indicatore di completezza Bastiani & Pulcini (2009)
  9. Indicatore di completezza Martino (2011)
  10. Indicatore di completezza DeMaestri & Tolaini (2011)
  11. Indicatore di completezza Fragiacomo (2012)
  12. Indicatore di completezza Nestel (2012)
  13. Indicatore di completezza Friedman (2013)
  14. Indicatore di completezza EGELI (2014)
  15. Indicatore di completezza Buchet (2014)
  16. Indicatore di completezza Rafetseder (2014)
  17. Indicatore di completezza Pavone (2014)
  18. * Indicatore di completezza Finizio (2015)
  19. Indicatore di completezza Alberini ecc. (2015)
  20. Indicatore di completezza Roggi et al. (2015)
  21. Indicatore di completezza Mauro (2015)
  22. Indicatore di completezza De Nart (2016)
  23. Indicatore di completezza Cartosio & Marciano (2016)
  24. * Indicatore di completezza Finizio (2016)
  25. Indicatore di completezza Oliveri (2016)
  26. Indicatore di completezza Pieranni (2017)
  27. Indicatore di completezza Giacopini (2018)
  28. Indicatore di completezza Bartolini (2019)
  29. Indicatore di completezza Catastini (s.a.)


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Storia § 2
"Nel commercio sportivo", La Stampa sportiva, 4 (1905), n. 46, 12 novembre, p. 11 Link esterno Byterfly. Link esterno OPAC SBN

Decisamente l'Italia, ogni giorno più, vuol affermarsi nell'industria automobilistica. Alle grandi marche nazionali Fiat, Itala, Rapid, Junior, Florentia, Isotta Fraschini, Fiat-Ansaldi, vennero ad aggiungersi le marche estere, come la Darracq, Clément-Bayard, Mercédès e Richard Brazier, e oggi ecco annunziata la gloriosa Napier, che per merito del noto costruttore navale di Genova, signor Attilio Odero, trapianterà le sue tende nella città di Spezia, accudendo alla costruzione delle vetture e dei canotti. C'è da rallegrarsene.1



1 ...



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Storia § 2
"Nel commercio sportivo", La Stampa sportiva, 4 (1905), n. 48, 26 novembre, p. 6 Link esterno Byterfly. Link esterno OPAC SBN

La nuova marca San Giorgio.

È questo il titolo che ha assunto a Genova la Società Anonima per costruzioni di Automobili da Strada e marina, di lusso, da corsa, ecc., di cui già abbiamo già accennato, e che intende exploiter in Italia i brevetti Napier (inglesi). Il capitale sociale è fissato a L. 3.000.000. Tra i promotori di questa Società sono i rappresentanti dell'industria siderurgica italiana, Odero, Orlando, Prina.

Alla nuova fabbrica, che inizia la sua vita sotto il nome glorioso di San Giorgio, augurii di fortuna e successo.1



1 ...



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Storia § 2
"Lo sport attraverso le industrie", La Stampa sportiva, 4 (1905), n. 50, 10 dicembre, p. 15 Link esterno Byterfly. Link esterno OPAC SBN

La Presidenza della San Giorgio. – La San Giorgio, la nuova grande società di automobili marini e terrestri, costituitasi a Genova con tre milioni di capitale, ha distribuito le cariche di presidenza.

     Presidente: Duca Leopoldo Torlonia.
     Vice-presidente: cav. Attilio Odero.
     Amministratore delegato: cav. ing. P. Micheli.
     Consiglieri d'Amministrazione: il duca Visconti di Modrone Uberto, il marchese Franco Carrega principe di Lucedio, il comm. Giuseppe Orlando, il conte Edmondo Nicolis di Robilant, il cav. Beppe [Giuseppe] Croce ed il cav. Giulio Niclausse.1
     Segretario del Consiglio: cav. P. Lajolo.
     Sindaci: ing. Giuseppe Lenci, cav. Giuseppe Graziani, dottor Antonio Corbi.2



1 "Jules-Pierre-Elie Niclausse (1861-1942)
Jules Niclausse est entré à l'École des Francs Bourgeois en 1869 et, après avoir passé par toutes les classes, en sortit en 1877. Pendant deux ans, il fut employé comme dessinateur aux Tramways à Air Comprimé. En 1879, il est incorporé au 1er Régiment du Génie, en qualité d'engagé conditionnel d'un an. Il quitta le Régiment avec le grade de Caporal. En 1881, Jules entra à la Société des Générateurs Inexplosibles système A. Collet et Cie, dont il fut, en qualité d'actionnaire, Administrateur-Directeur. Dans cet intervalle, il prit différents brevets concernant les chaudières multitubulaires et, en 1895, il racheta avec son frère Albert cette ancienne Société pour former sa Société qui porta le nom de: 'Société des Générateurs Inexplosibles, Brevets Niclausse'. En Juillet 1899, sur proposition du ministre de la Marine, à laquelle tant marchande que militaire, à qui il avait rendu d'importants services, Jules Niclausse est promu au grade de Chevalier de la Légion d'honneur. Jules Niclausse avait également créé de nombreux ateliers à l'étranger et avait fourni les industries et marines étrangères en chaudières. C'est à ce titre, qu'en Mai 1903, à l'occasion de l'Exposition de Hanoï, il sera élevé au rang d'Officier de la Légion d'honneur. Puis Commandeur de la Légion d'honneur en Mars 1914. Jules Niclausse fut également président du Syndicat des mécaniciens, chaudronniers et fondeurs de France et vice-président de l'UIMM (Union des Industries et Métiers de la Métallurgie)"; con fotografie. Da Link esterno KBC Penmarch (esistente il 2/4/2021).

2 Tali incarichi sono riportati anche in: "Società industriali e commerciali / La Società S. Giorgio", L'Italia economica, 4 (1905), p. 580.
"Con atto pubblico stipulato dal Notaio G. Sciello, si è costituita a Genova la Società anonima S. Giorgio, all'oggetto di costruire automotori marittimi e terrestri.
Il capitale iniziale della Società è stato fissato nella somma di L. 3,000,000 diviso in 15,000 azioni da L. 200 ciascuna.
Fra i fondatori della detta Società trovansi notissimi commercianti e industriali, nonché alcuni rappresentanti di vecchie case aristocratiche dell'Alta Italia; il primo Consiglio di Amministrazione è riuscito così composto: [...] Il nuovo Istituto, sorretto da personalità così specchiate e notissime nel campo delle industrie, specialmente marittime, si propone uno scopo utilissimo e di vantaggi immediati per le nostre comunicazioni interne, quindi siamo lieti che all'alta carica di presidente del Consiglio di Amministrazione sia stato chiamato l'On. duca Leopoldo Torlonia, il quale, pur non trascurando il mandato legislativo, si afferma sempre più arditamente nel campo commerciale, rappresentando una Società di assicurazione vita prima, prestando l'opera sua oggi in una industria strettamente tecnica.
La versatilità delle attitudini e dell'ingegno dell'on. duca predetto, ci fa sperare di vederlo prossimamente a capo di una Società di costruzioni edilizie, oggidì tanto in voga nella capitale, ovvero in altro Istituto che risolva l'eterno problema dell'agro romano; frattanto ci congratuliamo sinceramente con l'egregio duca Leopoldo Torlonia riservandoci di seguire attentamente lo svolgimento della Società S. Giorgio".



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Storia § 2
"Lo sport attraverso l'industria", La Stampa sportiva, 4 (1905), n. 51, 17 dicembre, pp. 13, 15 Link esterno Byterfly. Link esterno OPAC SBN

[13>] Passata la breve meteora della Mostra londinese della Olympia, risplende ora, in tutto il suo fulgore di sole a meriggio, il Salon parigino, che è ottavo nell'ordine cronologico, e che segna come i precedenti un crescendo di importanza e di successo.

È troppo prossimo all'apertura la pubblicazione di questo numero di Stampa Sportiva, e troppo al domani di una prima e fugacissima corsa attraverso il caos della immensa Mostra parigina, per poter esporre qui le considerazioni e gli ammaestramenti tecnici che può suggerire una prima visita al Salon parigino. Dobbiamo quindi limitarci a segnalare l'impressione favorevole e l'ammirazione comune che hanno destato le varie Mostre delle industrie italiane, e riservandoci di riparlare di esse diffusamente, accenneremo oggi al motore Napier a 6 cilindri, che fu indubbiamente il più perfetto prodotto dell'industria automobilistica inglese, esposto a Londra, e che la nuova e recente Società italiana San Giorgio (che ha comperato i brevetti di questo nome), ha ottenuto di esporre in suo nome a Parigi. Sarà così un prodotto anglo-italiano, e che comunque ha uno speciale interesse per noi [...]

[Figura] Il chassis «Napier» 1906, 40 HP e 6 cilindri.

[...] I tipi presentati dalla Napier sono due: quello 18-20 HP, che è a quattro cilindri, fusi a coppie; le valvole di aspirazione, poste al disopra di quelle di scappamento, sono comandate; il ventilatore anziché essere sul volante è posto dietro il radiatore ed è azionato a catena, come l'oliatore, posto sulla tavola-paramento; e quello 40-50 HP, che è a sei cilindri, pure coi cilindri fusi a coppie; ed il ventilatore dietro il radiatore.

Abbiamo detto altra volta dei vantaggi offerti dai motori a 6 cilindri, noteremo ora solo che l'esempio dato dalla Napier ha trovato imitatori, e che a Parigi sono annunciati numerosi tali motori.

La Napier è una marca che da anni costruisce eccellenti motori, che ha avuto l'onore di vincere con Edge1 la Coppa Gordon Bennett nella Parigi-Vienna del 1902, e che ha sempre figurato a capo lista nelle prove inglesi e tra le più quotate nelle prove internazionali del continente. Specialmente il suo tipo di motore per [<13-15>] imbarcazioni ha avuto successo, e alcuni fra i trofei più ambiti dell'autoyachting, come la Coppa Harmsworth, sono in possesso di questa grande marca, che ha a suo duce il noto Edge, che è forse la personalità più eminente del mondo chauffeur inglese.

La Società italiana San Giorgio, quindi, che ne costruirà qui i tipi e ne utilizzerà i brevetti, non potrebbe iniziare il suo cammino sotto auspicii migliori né più promettenti.



1 D. B. Wise, "Edge: Progenitor of the six-cylinder engine", in The World of Automobiles, a cura di T. Northey, vol. 5 (London : Orbis, 1974), p. 589 Link esterno Internet Archive, 589. Tale articolo fa parte di un'opera enciclopedica con contributi approfonditi, originali e ben illustrati, ma privi di bibliografia specifica. La consultazione in Link esterno Internet Archive è a pagine limitate e su base giornaliera (situazione del 22/4/2021).



All'indice    1906    Indicatore di completezza
Storia § 2
"1906 Models at the Paris Salon. – III", Automotive industries : The Automobile, 14 (The Class Journal Company, 1906), 11 gennaio, pp. 81-82. Link esterno OPAC SBN

Before leaving the Italian cars a remark should be made concerning the wonderful development of the automobile industry in that country in the past year. No less than twelve factories, with an average of two to three millions of francs capital each, can be found in Italy, all of which produce cars of the very highest grade, and France will probably find there a mighty competitor in the coming sporting events as well as on the commercial market.

The "pride of Britain" 6-cylinder Napier, [<81-82>] 70-horsepower, is shown in a back corner of the show by the San Giorgio Company, an Italian concern of Geneva [Genoa], which brought the manufacturing rights and the Italian patents to manufacture this car in Italy.

The cylinders are cast in pairs, all the valves being actuated by a single crankshaft, consequently being all placed side by side on the right-hand side of the engine, the carbureter being placed on the left side and a huge inlet pipe passing between the two forward pairs of cylinders to come to a specially designed inlet pipe on the valve side, the whole inlet system taking approximately the shape shown in Fig. 4.

The ignition is high tension with a single coil and a high tension regular sized distributor. The oil tank is carried on the dash on the engine side, and exhaust pressure sends oil to the row of eight feeds on the driver's side. A centrifugal pump is used to create the water circulation and a separate water lead to the main water pipe is used for each cylinder, the water going out above the center of each combustion chamber. A centrifugal governor is fitted on the pump shaft, instead of the former hydraulic governor actuated by water pressure. The drive is by live axle, the propeller shaft being almost entirely enclosed. The transmission brakes are watercooled and can be adusted by hand; themselves being fitted. Three speeds and reverse are fitted.

As a whole this car, which represents a most praiseworthy effort of the designer towards perfection, is a fine sample of care in manufacture, but it seems that the designer overdid things a little in his desire to make everything perfect, and that in consequence he obtained an extremely complicated car and one in which the great number of small and large parts makes a rather inaccessible whole, while in some places evidence is found of perhaps too great a confidence in the quality of the new special steels, some parts appearing to be rather close to the minimum limit in size.1



1 È interessante, tra l'altro, la notizia dell'uso di acciai speciali per alcune componenti, allo scopo – presumo – di aumentare la loro resistenza meccanica e, al contempo, di alleggerire il telaio.



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Storia § 2
"Una visita agli «stands» della III Esposizione Automobilistica di Torino", La Stampa sportiva, 5 (1906), n. 7, 18 febbraio, p. 8 Link esterno Byterfly. Link esterno OPAC SBN

A. Squaglia, Genova.

In uno stand che si distingue per la sua serietà, il noto industriale genovese ha riunito un complesso di ottimo materiale.
Espone due vetture ed un chàssis, brevetto Napier, della fabbrica San Giorgio, costituitasi a Genova recentemente.1



1 Una fotografia pertinente è a p. 6 Link esterno Byterfly.



All'indice    1906    Indicatore di completezza
Storia § 2
"San Giorgio", L'Illustrazione Italiana, 33 (1906), n. 9, 4 marzo, pp. 213-215 Link esterno Digiteca BSMC, frontespizio, 213, 214, 215. Link esterno OPAC SBN

L'Italia offre spettacolo lodevole della prosperità di una industria meccanica modernissima, quella cioè della produzione delle macchine a combustione interna. Infatti, in breve ora, il nostro paese è giunto ad occupare il terzo posto nella esportazione di automobili e di autoscafi da mare, da lago e da fiume. Per mantenersi ad un livello così lusinghiero, occorre di non trascurare mai i miglioramenti della produzione delle nostre fabbriche.

In omaggio a questo principio, è stata creata la Società San Giorgio: in essa due sono gli elementi sicuri di successo. Il primo è il possesso del modello del motore Napier che, in terra ed in mare, ha riportato vittorie consecutive e luminose. Il secondo sta nelle forze individuali, dalle quali dipende il trionfo di ogni industria e che sono rappresentate nella composizione eccezionale del Consiglio di amministrazione. Prova solenne dell'avvedutezza della Società è di presentarsi con un motore affermatosi altissimamente in terra ed in mare; inquantoché per giungere in tempo, occorre disporre dell'ultimo dello trionfatore.

Il motore Napier non è il risultato composito di raffazzonamenti successivi dovuti ad ispirazioni attinte ad altri sistemi. La Casa Napier ha creato di sana pianta un motore originale; e sin dal principio, e nelle prime greggie linee, ha sfidato l'opinione pubblica presentandosi con sei cilindri. Ciò, di fronte alla concorrenza, apriva l'adito agli strali della critica, inquantoché il maggior numero di organi dava ragione apparente di gridare che il motore Napier, fisiologicamente più complicato, era suscettivo di danni e d'inconvenienti.

[Figura in alto] Chassis di 40 cavalli a 6 cilindri.1
[Figura a centro pagina] Chassis di 60 cavalli a 6 cilindri.
[Figura in basso] Vista del motore nel chassis di 60 cavalli a 6 cilindri.2

Ciò nondimeno la Casa continuò nei suoi propositi, e non se ne ebbe a pentire. La sua sicurezza di percezione e d'intenti ebbe ricompensa nella vittoria conseguita nel 1902, guadagnandovi la Coppa Gordon-Bennett, con un motore che, oltre alla novità dei sei cilindri, aveva quella della trasmissione a cardano, la quale sino a quel giorno ritenevasi imprudente applicazione a corse vertiginose. Ma la vittoria della Napier coincise con altre circostanze degne di rilievo. Quella era la prima volta che ottenevasi oltre Manica un risultato importante con produzione che non fosse francese. Da allora ad oggi, chi più può contare le vittorie del motore Napier?

Le sorti della San Giorgio sono dunque facili a prevedere, sapendo che dessa riprodurrà, col beneficio di tutta l'esperienza inglese e con tutta la genialità di cui è capace la nostra mano d'opera, un motore, il quale ha già saputo individualizzarsi nel concetto del pubblico e staccarsi dalla massa dei rivali, sopravincendoli.

La San Giorgio è sorta sullo scorcio del passato novembre e, dando prova di quella sollecitudine nell'azione che può essere soltanto consentita quando si ha il possesso completo dei segreti industriali, sarà pronta a costruire i suoi motori in Italia tra quattro [<213-214>] mesi. Gli Stabilimenti sorgeranno in una zona splendida, bene in vista del pubblico che deve, come noi, augurarsi di vedere in breve sventolare al sommo degli edifici sociali la gloriosa istorica insegna di San Giorgio.

Nell'ultima esposizione di Parigi, la San Giorgio si presentò col suo nome, ma anche con un esemplare dei prodotti che voleva diffondere. Questo esemplare era un superbo chassis di 60 cavalli che raccolse il plauso ammirativo dei numerosi competenti e le parole lusinghiere dello allora Presidente Emilio Loubet. L'Esposizione di Parigi, vero crogiuolo di pubblicità, offriva tale una tentazione che una nuova iniziativa non poteva astenersi dall'intervenirvi.

Nella più recente esposizione di Torino la San Giorgio si è affermata con la presenza dei motori Napier, che riscossero l'approvazione di ognuno. In attesa di richiamare sopra i propri prodotti l'attenzione del pubblico, la Società ha voluto offrire ad esso il mezzo di rendersi conto del modo splendido con cui funziona il motore Napier a 6 cilindri.

Perciò, su numerosissime prenotazioni di vendita, ha importato parecchi chassis originali.3 Così, il tempo necessario alla costruzione degli stabilimenti non andrà perduto, perché sarà stato impiegato a preparare nel pubblico la convinzione completa dell'eccellenza del motore che la Società, sola, potrà in Italia produrre.

[Figura in alto] Limousine Landaulette su chassis di 40 cavalli a 6 cilindri.
[Figura in basso] Double Phaeton su chassis di 40 cavalli a 6 cilindri.4

Né questo basta: perché all'infuori dei motori esposti nel garage Squaglia, la San Giorgio ha disposto affinché un motore di 40 cavalli a 6 cilindri fosse continuamente in azione fuori dell'esposizione, sotto l'abile direzione del rinomatissimo chaffeur5 Macdonald,6 che già tanti e segnalati trionfi ha riportato sui più celebri campi di corsa. Chiunque ha potuto rendersi conto mercé una corsa fatta su chassis Napier in questi giorni del suo funzionamento, ha riconosciuto nel motore Napier la elasticità di azione che è tanta caratteristica delle macchine a vapore.

I meriti dei motori a sei cilindri, tanto contestati in principio, sono oggi generalmente ammessi dai più bei nomi che troviamo nel libro d'oro dell'Automobilismo contemporaneo; e già ad oltre mezza dozzina ammontano le Case di gran grido le quali sono entrate nell'ordine di idee di Casa Napier.

I meriti che si conseguono mercé i 6 cilindri consistono in una "souplesse" di funzionamento che rende oltremodo dilettevole il comando della vettura, esludendo completamente i sussulti ed assicurando la maggiore durata di tutte le parti in moto, essendo attenuato il singolo contributo degli organi – la soppressione quasi completa dei punti morti a tal punto, che con la vettura Napier sparisce entro grandi limiti il punto nero di tutti gli chauffeurs improvvisati nelle 24 ore, cioè la necessità del cambiamento di velocità. Ne sia prova la spledida corsa fatta sotto il controllo del Club Automobilistico di Londra nel dicembre scorso, da Londra ad Edimburgo, via Brighton, con una vettura di 40 cavalli, guidata dal signor Cecil Edge,7 cugino del celebre S. F. Edge,8 vettura che, partita in presa diretta, non ha mai cambiato di velocità durante la corsa.

Tra i più recenti successi del motore Napier, valga quello conseguito in mare nel dicembre scorso su una torpediniera di seconda classe, lunga 60 piedi, larga 9, di uno spostamento di circa 8 tonnellate, dotata di 5 motori Napier di 75 cavalli ognuno, disposti in 3 gruppi, due laterali di 150 cavalli, ed uno centrale di 75 cavalli; quest'ultimo adibito anche alla marcia indietro; e pel quale battello, costruito dalla rinomatissima Casa Yarrow di Poplar, si contemplavano 23 nodi di velocità, ottenendone invece non meno di 26,7 senza armamento; e circa 26 con un peso a bordo corrispondente all'armamento normale.

In terra le vittorie conseguite al gran meeting della Florida, dove Earp, altro dei celebri corridori della Casa, fra le corse guadagnate, annovera quella di maggiore percorso, quella cioè delle 100 miglia inglesi per la Coppa Minneapolis – distanza percorsa in minuti 75' 40" ⅖ – il che vuol dire una velocità media oraria di 127 chilometri.

Tutti, coloro che si mantengono al corrente di quello che valga la produzione delle grande Case creatrici, sanno quello che oggi vale la vettura Napier nella gara di velocità, ma non tutti sanno quello che la vettura Napier vale nelle gare di turismo, dove a suo credito sta un viaggio di 25000 miglia fatto dal signor Chas. J. Glidden di Liverpool con una 24 HP, e non può che essere oggetto della più alta ammirazione il grato affetto che il signor [<214-215>] Glidden serba alla sua ormai vecchia vettura, affetto del quale ha dato ora la gran prova riadoprandola in un altro viaggio, il cui itinerario ammonta a 27000 miglia, viaggio del quale oggi a brevi intervalli la Casa Napier segue il felice percorso mercé i continui telegrammi e le cartoline illustrate che il signor Glidden non le risparmia dai più remoti luoghi.

Sinora siamo soltanto abituati a vedere le corone di questa industria raccolte sul campo della velocità, ma oggi che l'automobile non è destinato ad essere retaggio del ricco soltanto, ma deve democratizzarsi, si intuisce un campo più pratico nel quale mietere cotali allori, quello cioè dell'economia di consumo della benzina che se può essere fatto ora trascurabile per il milionario, non lo è più ogni qualvolta la automobile entri nel servizio pratico della vita.9

Sino al giorno nel quale non sorga una idea nuova di getto che più che trasformare, muti radicalmente, l'automobilismo è il campo dell'economia, quello sul quale dovranno svolgersi le rivalità e le emulazioni, e la San Giorgio può esser fin d'ora lieta di poter dare i limiti ristretti del consumo dei suoi motori, a giudicare da una prima prova di consumo non al freno, ma sulla strada, ideata da Casa Napier sotto il controllo del Club Automobilistico di Londra, con una vettura di 30 cavalli, 6 cilindri, il peso della quale, con 4 passeggieri, fu accertato di 4227 libbre, pari a Chilogrammi 1915. Tale prova ebbe luogo il dì 8 febbraio da Barnet a Grantham e ritorno su strada bagnata, inghiaiata di fresco che obbligò a frequenti fermate; in complesso 200 miglia inglesi (pari a chilometri 320) corsa nella quale il consumo riscontrato dall'Automobile Club di Londra fu di un gallone di benzina per ogni 18,78 miglia inglesi (pari a litri 4,54 per ogni 30,2 chilometri). La velocità oraria media, senza includere nel tempo impiegato quello dovuto alle fermate, fu di 56 chilometri all'ora. E si noti che tali risultati si ottennero con una vettura di vecchia data nella quale non si ebbe il beneficio di tutte le migliorie recentemente apportate dalla Casa Napier ai suoi chassis più moderni.

Dobbiamo quindi come italiani essere fieri di questi nuovi elementi di successo che si svolgono in questa nostra terra.

Nel desiderio di porgere alla sua clientela, che in tali condizioni non potrà ammeno di essere numerosissima, la maggiore soddisfazione, la Società San Giorgio ha pensato fin d'ora al completamento dell'opera sua in quanto concerne la fornitura della carrozzeria, accapparrandosi in gran parte la produzione di una potente nuova industria che si svolgerà a Pistoia per carrozzeria automobili, riprodotta sui tipi della rinomatissima Casa Kellner di Parigi, che non può a meno di risentire nella sua riproduzione in Italia i pregi della classica genialità toscana.

[Figura in alto] Limousine da viaggio su chassis da 40 cavalli a 6 cilindri.10
[Figura in basso] Fotografia presa alla Florida all'arrivo di "Earp" su vettura di 100 cavalli a 6 cilindri Napier,
dopo la corsa di 100 miglia, nella quale, persa una gomma dopo il 35.° miglio percorso,
la corsa fu continuata e vinta con tre gomme soltanto.

Ma oltre che in terra è sul campo navale e sul marittimo che la San Giorgio intende eziandio esplicare la sua attività. Sulle grosse navi la motrice a combustione interna non potrà a meno di affermarsi per animare le numerosissime macchine ausiliarie indispensabili al complicato servizio moderno. È ben vero che sin qui la presenza della benzina a bordo desta inquietudine, ma le difficoltà tuttora esistenti si supereranno. Già la nave contiene in abbondanza materie suscettive d'incendio, le quali pur tuttavia si è trovato modo di custodire senza che ne insorga pericolo. Come si è trovato asilo alla polvere, al fulmicotone e ad altri delicati esplosivi, così si troverà posto adeguato per la benzina. Certi timori svaniranno, ed infatti per il materiale torpediniere si può dire con sicurezza che non esistano più.

È ormai noto che la Casa Yarrow nella torpediniera, di cui si è parlato più addietro, ha ideato un dispositivo per il deposito di benzina, che il descrivere qui sarebbe fuor di luogo, ma che risponde pienamente alle esigenze della guerra moderna.

D'altra parte codeste piccole unità di battaglia, che sono le torpediniere, non debbono portare a bordo fuorché la benzina necessaria per percorrere il loro raggio di azione. Il deposito principale del combustibile risiederebbe negli arsenali, dove mille modi vi sono per custodirlo incolume. Né vale oggi la pena di dilungarsi intorno ai pericoli che la benzina offre.

Molti lettori sono in grado di rammentarsi del pericolo che incuteva il gas luce; oggi nessuno si preoccupa degli scoppi del gas nelle pareti domestiche.

L'acetilene era reputata pericolosissima quando apparve siccome mezzo d'illuminazione poco costoso: oggi non fa più paura a nessuno.

Accadrà dunque per la benzina quello che ebbe luogo per tutte le materie che si debbono manipolare con prudenza, custodire con attenzione, e rinchiudere in luoghi dove si sia sicuri che mani imprudenti non le raggiungeranno.

Non è forse lontano il tempo in cui non solamente il barchereccio delle navi da guerra, ma quelle eziandio dei grandi piroscafi, sarà mosso meccanicamente, se non in totalità, almeno in parte.

Molti servizi portuari (di pilotaggio, di rimorchio, ecc.), oggi affidati alla motrice a vapore, cadranno nel dominio della combustione interna: la quale ha già le sue applicazioni in industrie a terra: ed altre ne avrà in industrie marittime e fluviali, di cui tanto più si gioverà l'Italia per quanto si svilupperà fra noi la navigazione interna, giovevole al movimento delle merci in parecchie regioni italiane, cui il servizio ferroviario non basta più.11



1 Si notino i costi di riproduzione – € 475,00 per una scansione a 300 DPI (4566 x 2036 pixel) – in Link esterno Getty Images (esistente l'1/2/2021).

2 Riprodotta in Link esterno Getty Images (esistente l'1/2/2021).

3 "With a new trademark in the shape of the 'water tower' radiator filler cap, the Napier car company was moving towards the luxury 6-cylinder market, with chassis prices approaching the £1.500 mark, and reaching £2.500 with the vast Napier car with oversquare 90hp by 1907. If Edge's American venture in Boston never produced a Napier car, San Giorgio of Italy offered a variety of Napier car types between 1906 and 1909. Side valves in L-heads and pressed-steel frames were now standard practice, with a 6-cylinder 60hp of 7.7-litre capacity as the best-known Napier car, though a chain-driven four of 40hp was still offered in 1909. In July 1907 Edge celebrated the opening of Brooklands Track with a Napier car by covering 1.582 miles in 24 hours on a stripped Napier Sixty, and his Napier cars had two very successful seasons there. In 1908 Edge withdrew his team of 11½-litre 6-cylinder Napier cars from that year's Grand Prix when the ACF refused to countenance his Rudge-Whitworth quick-detachable wire wheels. This marked Napier cars official retirement from racing." Da Link esterno PreWarCar.Com (esistente il 2/2/2021).

4 Riprodotta in Link esterno Getty Images (esistente l'1/2/2021).

5 Chaffeur qui indica ancora il fochista della trazione a vapore; si confronti Link esterno Treccani (esistente l'1/2/2021).

6 Pare più corretto scrivere "Macdonald", secondo l'uso inglese, che "MacDonald" e addirittura "McDonald", alla scozzese. Qualche informazione su Arthur E. Macdonald è in Link esterno Grace's Guide. Le informazioni biografiche sono scarse Link esterno Wikipedia FR. Una scheda del suo record di velocità del 1905 è in Link esterno Hot Rod by Greg Wapling. Una foto relativa a tale record è in Link esterno Digital Collections Detroit Public Library. Un'altra foto del pilota è in Link esterno Pinterest (esistenti il 31/1/2021).

7 L'australiano Arthur Cecil Edge (ca. 1880-1908) Link esterno Grace's Guide (esistente l'1/2/2021).

8 L'australiano Selwyn Francis Edge (1868-1940) Link esterno Grace's Guide (esistente il 31/1/2021).

9 È interessante notare l'uso di "lo" e "la" automobile nello stesso periodo.

10 Riprodotta in Link esterno Getty Images (esistente il 2/2/2021).

11 La San Giorgio inizia con questo articolo una lunga serie di pezzi pubblicitari – non firmati – sulle principali riviste nazionali, che culminerà con la retorica esasperata del ventennio ne La rivista illustrata del Popolo d'Italia.

L'Illustrazione Italiana è disponibile anche in Link esterno BiASA (esistente l'1/2/2021).



All'indice    1906    Indicatore di completezza
Storia § 2
"La Coppa d'Oro", Rivista mensile del Touring Club Italiano, 12 (1906), n. 6, giugno, pp. 163-164 Link esterno Internet Archive. Link esterno OPAC SBN

Il 24 maggio si chiuse la splendida prova turistica della Coppa d'Oro.

Ecco la classifica con l'assegnazione dei premi:
1. Lancia (Fiat) Coppa d'oro e Lire 25 000.
2. Maggioni (Züst) Coppa della Rivista "L'Automobile" e L. 6000.
3. Cagno (Itala) L. 5000.
4. Nazaro (Fiat) L. 1500.
5. Boschis (Fiat) L. 1000.
6. Macdonald (San Giorgio) L. 500.
7. Glenworth (San Giorgio) L. 500.
8. Fraschini (Isotta e Fraschini) L. 500.

Gli altri premi vennero così assegnati:
Coppa della città di Milano: Equipe Fiat.
Coppa del Presidente: Vercellone (Diatto Clement) Coppa del Presidente e L. 5000.
Targa del «Corriere della Sera»: N. 1 Lancia (Fiat).
Medaglia d'oro del conte d'Alife e Premio della Darracq Italiana: Vercellone (Diatto Clement).
Premio di Perugia: Vercellone (Diatto Clement).
Premio di Roma Club: Vercellone (Diatto Clement).
Premio di Roma Municipio: Di Bojano (Benz)
Premio di Bologna: Burzio (Diatto Clement).
Premio di Biella: Lancia (Fiat).
Premio di Firenze: Lancia (Fiat).
Premio di Torino: Lancia (Fiat).
Premio di Udine: Lancia (Fiat).
Premio del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio: Lancia (Fiat).
Gran premio dell'Industria e Commercio: I° premio Lire 8000 e targa d'oro: Maggioni (Züst), con L. 200 al meccanico; 2° premio L. 3000 e targa d'oro: Vincenzo Fraschini (Isotta e Fraschini), con L. 200 al meccanico.
Premio del Re: Maggioni (Züst).
Medaglia d'oro e diploma alle macchine seguenti:
Benz — Pfanz.
Isotta Fraschini — Minoia.
Diatto Clement — Collinet.
Itala — Fabry.
Martini — Von Lüde.
De Dion — Nagliati.

Il 10 per cento dei premi spettanti ai meccanici all'infuori dei due premi del Commercio.

La Giuria inoltre, riconoscendo l'alto valore delle macchine che seppero compiere il percorso di 4000 chilometri con una media che complessivamente non si scostò dalla velocità massima regolamentare di più di minuti 15, su proposta scritta dei commissari Berteaux, Oldofredi e Weillschott, dà encomio solenne alle macchine: Züst (Maggioni), Itala (Caglio), Fiat (Nazaro), Fiat (Boschis), Sangiorgio (Macdonald), Sangiorgio (Glentworth),1 Isotta Fraschini (V. Fraschini).2



1 Qualche informazione su C. A. Glentworth è in Link esterno Grace's Guide (esistente il 31/1/2021).

2 Nella pagina successiva: bella illustrazione a tutta pagina con i vincitori e il traguardo finale, il 24 maggio 1906. Su questa durissima e prestigiosa gara, a cui parteciparono 48 piloti e giunsero al traguardo finale solo 16 di essi, ci sono vari articoli in La Stampa sportiva Link esterno Byterfly (esistente il 1°/10/2019). Si veda anche: D. Biffignandi, Coppa Oro di Resistenza (s.a.) Link esterno Museo dell'automobile (esistente il 1°/10/2019).



All'indice    1906    Indicatore di completezza
Storia § 2
"Nel mondo commerciale sportivo", La Stampa sportiva, 5 (1906), n. 38, settembre, p. 13 Link esterno Byterfly. Link esterno OPAC SBN

A Sestri Ponente la Società San Giorgio sta per ultimare il suo grandioso stabilimento di dove assai presto usciranno quelle potenti ed eleganti automobili che in breve tempo han fatto la fortuna di così intraprendente società.

A Genova sarà posta invece la direzione.1



1 ...



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Storia § 2
"Canotti automobili e idroplani", La Stampa sportiva, 5 (1906), n. 40, ottobre, p. 15 Link esterno Byterfly. Link esterno OPAC SBN

Ecco intanto i risultati delle regate di Stresa [...] Il Florentia guadagna quasi a suo dispetto la Coppa del Duca di Genova, destinata al secondo posto. E mentre la Fiat si è attribuita la Coppa Reale ed il gran premio di L. 5000, Costaguta, il valido cruiser di Costaguta, agguerrito di un buon motore Napier-Sangiorgio, e guidato, fra parentesi dal noto Macdonald, riesce con resistenza e con regolarità ad attribuirsi il terzo posto ed il premio del Ministero della Marina.1



1 Il canotto è stato realizzato dai cantieri dell'ing. A. U. Costaguta, a Voltri (Genova).



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Storia § 2
"Impianti : L'industria motori automobili in Liguria", L'Elettricità : rivista settimanale illustrata, 26 (Milano : Lamperti, 1906), n. 11, p. XIV. Link esterno OPAC SBN

La Società automobili «San Giorgio» di Genova inizierà fra breve, in uno stabilimento che sorgerà su disegno dell'architetto Gino Coppedè in Sestri Ponente, la fabbricazione dei motori «Napier» per automobili.1



1 .



All'indice    1906    Indicatore di completezza
Storia § 2
"Nel mondo commerciale sportivo", La Stampa sportiva, 5 (1906), n. 49, 9 dicembre, p. 15 Link esterno Byterfly. Link esterno OPAC SBN

Molto fortunata è la Fabbrica di automobili e canotti S. Giorgio di Genova.

Lo scorso novembre S. M. [Sua Maestà] il Re riceveva in udienza particolare l'ing. comm. Giuseppe Orlando, intrattenendolo molto amabilmente a colloquio sopra l'industria navale e lo sviluppo preso dai cantieri nostri.

Prima di accomiatare il comm. Orlando, S. M. il Re espresse desiderio di vedere il battello automobile S. Giorgio costrutto dalla Casa Orlando e con motore della Società Napier San Giorgio.1

Il comm. Giuseppe Orlando, lieto di poter compiacere al desiderio di S. M., faceva trovare il giorno dopo il canotto San Giorgio I al Gongo, dando le opportune istruzioni ai marinai. Accostatisi questi alla riva videro appressarsi e scendere S. M. vestito dimessamente, senza seguito, e parlando con tanta affabilità, che sulle prime non ravvisarono l'Augusto Sovrano.

Il Re rimase a bordo per oltre due ore: esaminò minutamente il motore, ne lodò la costruzione ed espresse ripetutamente il suo alto compiacimento per la perfetta regolarità dei movimenti e la velocità del piccolo battello, che è una delle primizie della società.



1 "20 luglio [1906]. Un motoscafo da diporto di 10 metri con un motore di 20 CV, San Giorgio I, costruito dai Cantieri Fratelli Orlando di Livorno, non essendo ancora in attività quelli della San Giorgio, porta a termine la traversata Genova-Livorno con una velocità di circa undici nodi". F. Belloni, "Al via le gare motonautiche", Notiziario CSTN, 2 (2013), n. 13, 1° settembre, p. 29 Link esterno Centro Studi Tradizioni Nautiche (esistente il 27/8/2020).

A quanto pare, la fabbricazione del San Giorgio I segue immediatamente quella del Napier II. Quanto segue è tratto da Selwyn Edge Link esterno Wikipedia EN (esistente l'1/2/2021).
"In 1903 Edge won the inaugural British International Harmsworth Trophy for speedboats held on the River Lee, Queenstown, Cork Harbour, Ireland, in a boat called Napier I. The 40-foot (12 m) steel-hulled, 'Napier' speedboat fitted with a 3-blade propeller, achieved 19.3 mph (31.1 km/h). It was driven by Dorothy Levitt, but as both owner and entrant 'S.F.Edge' is engraved on the trophy as the winner. The third crew member, Campbell Muir, may also have taken the controls.
In May 1905 The Rudder reported that:
'The first event of the season, the Monaco meeting, from 2 to 16 April, ... is without precedent [for quantity of entrants] in yachting history; beginning with an exhibition of all types of motor-boats, lasting four days, after which three days afloat were allowed for preparations, the races began on 9 April and continued for the following week.'
Edge, driving Napier II, won the 100 kilometres (62 mi) race for racers in the eight to 12 metres classes in 1 hour 5 minutes, he also finished second in Napier 1 as it was common practice to describe the owner and entrant as the driver, even if he did not take the wheel."

Un modellino del Napier II è riprodotto in Link esterno Prints Online (esistente l'1/2/2021). Non sono state invece reperite immagini dei due battelli San Giorgio.



All'indice    1906    Indicatore di completezza
Storia § 2
"Il IX Salon dell'Automobile di Parigi", La Stampa sportiva, 5 (1906), n. 51, 23 dicembre, p. 15 Link esterno Byterfly. Link esterno OPAC SBN

Società Automobili S. Giorgio, Genova. – La S. Giorgio, come tutte le marche italiane, si distingue moltissimo al Salon. Troppo son conosciute le famose macchine condotte dall'abile Macdonal [Macdonald] nella Coppa d'Oro, e altrettanto celebri sono i prodotti motonautici creati da questa casa.

Molto ammirato è questo stand per le sue tinte di carattere medioevale.1



1 Il Salon si è tenuto dal 7 al 23 dicembre 1906.

La San Giorgio ha partecipato anche alla successiva IV Esposizione internazionale d'automobili di Torino: La Stampa sportiva, 6 (1907), n. 7, 17 febbraio, pp. 10-11 Link esterno Byterfly (esistente il 2/2/2021).



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Storia § 2
"Entries for the Monaco Meeting", The Motor Boat, 4 (1907), n. 6, 25 marzo, p. 34. Link esterno British Library

Entries for the Monaco meeting, to be held April 1 to 16 [1907], have been finally announced, and make a notable list. In all, they number 90, of which 22 are classed as racers, 52 as cruisers, 12 are vedettes or naval picket boats, and 4 are hydroplanes. Four countries are represented – France, Italy, England and Switzerland – the French boats, of course, predominating.

Chief among the racing boats is Antoinette V, whose motor equipment is that remarkable 24-cylinder 360-h machine shown at the Paris show last Winter and described in THE MOTOR BOAT of January 10, 1907. Other high-powered boats include Mendelssohn IV, with a 500-h Mutel; Panhard-Tellier, two 100-h Panhards; Jeanette, two 120-hp Itala motors, and San Giorgio, which will have four 80-h Napier motors. Particulars are lacking of many of the most interesting boats, for in no other event is the policy of secrecy carried to such an extreme as in connection with this meeting.

While the racing boats are classified according to length only, there is a limitation to the cylinder capacity in the cruising classes besides the length limitation.1



1 Una trascrizione più completa della fonte è in Link esterno Hydroplane History (esistente il 30/3/2021).



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Storia § 2
"Nel mondo commerciale sportivo", La Stampa sportiva, 6 (1907), n. 14, 7 aprile, p. 17 Link esterno Byterfly. Link esterno OPAC SBN

Un grande onore è toccato alla Società Automobili San Giorgio di Genova. S. A. R. [Sua Altezza Reale] il Duca degli Abruzzi, rispondendo graziosamente ad un invito fattogli, ha compiuto una corsa di prova su una San Giorgio-Napier di 60 cavalli. Il Duca era accompagnato dal cav. Garibaldi Coltelletti. La corsa si è svolta quasi tutta in montagna, mettendo in rilievo i pregi squisiti della macchina, della quale S. A. R. esternò grandi elogi all'egregio ingegnere Pietro Micheli, amministratore delegato della Società.1



1 ...



All'indice    1907    Indicatore di completezza
Storia § 2
"Nel mondo commerciale sportivo", La Stampa sportiva, 6 (1907), n. 29, luglio, pp. 8-9 Link esterno Byterfly. Link esterno OPAC SBN

Un gruppo di giornalisti milanesi, gentilmente invitati dal signor conte G. La Manna Guidotti, hanno fatto di questi giorni una visita al grandioso Stabilimento Ligure Fabbrica d'Automobili S. Giorgio. Ecco quanto hanno visto i colleghi Lombardi nella visita interessantissima.

Ci recammo a Sestri accompagnati dall'ing. Arturo Bocciando [Bocciardo], amministratore delegato della Società, e dal direttore tecnico mister Bruce Ball, simpaticissima e caratteristica figura d'inglese.1

E quivi incominciò una diligente, minuta, interessantissima visita dei varii reparti dello stabilimento, qualcuno dei quali, come quello assolutamente grandioso della carrozzeria, è ancora in costruzione. Dell'importanza dello stabilimento si può avere una idea adeguata quando si pensi che l'area totale di esso è di mq. 32.000 di cui 24.000 di area coperta, così divisi: officina 12.000, fonderia 2500, magazzino 1000, garage 1000, carrozzeria 7500.

Ammiratissimi, nella visita, una serie di bellissime vetture e il magnifico canotto San Giorgio II, costruito dopo la sventura che distrusse, in una sinistra fiammata, il primo canotto che doveva prender parte alla gara di Monaco e di cui vedemmo i poveri avanzi anneriti.2

Mister Bruce Ball, l'ing. Gino Fanno, capo ufficio disegno, l'ing. d'officina sig. Nicolò Viganigo, il capo collaudatore Arturo Macdonald e il conte La Manna ci furono larghissimi di spiegazioni e di schiarimenti lasciando in noi e in tutti i colleghi intervenuti il ricordo più vivo della loro squisita cortesia.

La San Giorgio è, come si sa, una delle più forti tra le nuove Società costituitesi per la costruzione di automobili terrestri e marittimi. Fondata nel 1906 [1905], essa è retta da un Consiglio d'amministrazione che costituisce la più solida e la più bella delle garanzie. Esso infatti è cosi costituito: Presidente: Duca Torlonia; vice-presidente: cav. Attilio Odero; amministratore delegato: ing. Arturo Bocciardo; consiglieri: Marchese Carrega, cav. Beppe Croce, cav. ing. Jules Niclausse, comm. Giuseppe Orlando, conte Edmondo Nicolis di Robilant, duca Uberto Viventi di Modrone. Segretario: cav. prof. Lajolo. Sindaci: cav. dott. Antonio Corbi, cav. Giuseppe Graziani, cav. Giuseppe Lenci.

Questi nomi, ripetiamo, sono la miglior garanzia di un avvenire prospero e brillante alla San Giorgio, avvenire che noi auguriamo con tutto il cuore, dopo [<8-9>] aver constatato de visu quanta attività, intelligenza e studio presiedano alle sorti della giovane e gagliarda casa genovese.



1 "On relinquishing the Chelmsford post Mr. Bruce Ball went to Italy as technical director to the San Giorgio Company, of Genoa, where he spent three years. During that time he was responsible for the design and lay-out of the company's new works for the building of oil engines and motor-cars, and for work carried out under Napier and Yarrow patents. He also effected an important amalgamation of Italian interests between the 'Lauranti' [Laurenti] submarine works at Spezia and the 'Fiat' engine works at Turin". Dal necrologio in The Engineer, 30 giugno 1944, ma trascritto in Link esterno Grace's Guide (esistente il 2/2/2021).

"The limitations of the steam drive imposed by the frequent necessity to refill the boiler – although even at that time its advantages as a prime mover were very evident – soon showed that the steam car could not hold its own against the rapidly growing application of internal combustion engines. This realization induced Bruce Ball to identify himself with motor cars in the form we know them to-day; and in 1905 he was appointed technical director of the San Giorgio Company of Genoa, Italy, where he supervised the construction of the company's new works and produced marine internal combustion engines and automobiles under the Napier and Yarrow patents". Dal necrologio in 1946 Institution of Mechanical Engineers, ma trascritto in Link esterno Grace's Guide. La riproduzione delle due pagine pertinenti è in Link esterno Grace's Guide e Ibidem (esistenti il 2/2/2021).

"In last week's issue of Engineering we recorded with much regrets the death, on June 17, of Mr. Edmund Bruce Ball, managing director for more than a quarter in a century of Messrs. Glenfield and Kennedy, Limited, Kilmarnock, and President of the Institution of Mechanical Engineers in 1939-40. [...] to go farther afield, proceeding to Italy in that year as technical manager of the San Giorgio Company, [...] makers of motor cars and marine motors". "Obituary. Mr. E. Bruce Ball, Wh.Ex.", Engineering, 87 (1944), p. 514, con ritratto.

"EDMUND BRUCE BALL, managing director of Glenfield & Kennedy Ltd., Kilmarnock, died suddenly at his home at Monkton, Ayrshire, on 17th June, 1944. Born at Thetford, Norfolk, on 21st May, 1873, he was educated there and at the College of Technology, Manchester, winning a Whitworth Exhibition in 1895. He served his apprenticeship with Chas. Burrell & Sons, Thetford, and after spending two years as chief draughtsman to Benjamin Goodfellow & Co., Hyde, Manchester, he was works manager successively to Reavell & Co. Ltd., Ipswich, and the Clarkson Steam Car Co. Ltd., Chelmsford. In 1905 he went to Italy as technical director of the San Giorgio Co. at Genoa, and three years afterwards to the Far East as commercial engineer and director to Samuel Macgregor & Co. Ltd., Shanghai. On his return to England in 1913 he was appointed general works manager to D. Napier & Sons Ltd., Acton, where he remained until 1918 when he joined Glenfield & Kennedy Ltd. as managing director. He was also a director of Centrifugal Casting Ltd., Kilmarnock, and British Pitometer Co. Ltd., London. In 1939-40 Mr. Bruce Ball was president of the Institution of Mechanical Engineers; with the exception of Robert Napier, the shipbuilder, who was president in 1863, Mr. Bruce Ball was the only engineer resident in Scotland ever to hold that office. He was also a director of the Glasgow Chamber of Commerce and a governor of the Royal Technical College, Glasgow. Both in the Technical College and in the various engineering societies of which he was a member, Mr. Bruce Ball took a keen interest in students' activities, and encouraged them in many ways. Mr. Bruce Ball joined the Institution as a Member in 1929". "Members" [dall'indice a p. 299: "Ball, E. B., memoir of"], Transactions of the Institution of Engineers and Shipbuilders in Scotland, 87 (1944), p. 286.

2 "Il nuovo motore è senza dubbio uno dei migliori di quanti si costruiscono in Inghilterra e, poiché lo scafo è sempre quello, sarà interessante vedere quali saranno i risultati forniti dalla Wolseley a paragone della Napier, la quale marca avrebbe partecipato a mezzo della Casa italiana Sangiorgio se non avesse avuto distrutto da un incendio il racer". La Stampa sportiva, 6 (1907), n. 15, 14 aprile, p. 6 Link esterno Byterfly (esistente il 27/8/2020).

L'incendio è citato anche in → Rass. lavori pubblici (1910).

"Fra le imbarcazioni automobili non vi fu lotta, tranne che fra All'Erta e San Giorgio II. All'Erta, che è un vero capolavoro del cantiere Gallinari di Livorno, batté senza troppa difficoltà il suo avversario costruito dai Cantieri di Voltri, e confermò l'eccellente riputazione fattasi in tutte le riunioni alle quali prese parte in Italia e fuori. D'altra parte San Giorgio II, che è assai più piccolo di All'Erta, riuscì primo nella propria serie". Rivista marittima, 40 (1907), p. 132.



All'indice    1907    Indicatore di completezza
Storia § 2
J. M. Carson, a cura di, Special Consular Reports : Motor Machines, vol. 40 (Washington : Government Printing Office, 1907), p. 41 Link esterno Google libri. Link esterno Library of Congress

ITALY. / GENOA.
CRISIS IN AUTOMOBILE INDUSTRY – CLASS OF MOTOR BOATS NEEDED.

Consul D. R. Birch, of Genoa, advises that there does not exist the slightest possibility for the sale of American automobiles on the Italian Riviera at the present time. He adds:

Italy is suffering from an overproduction of automobiles, and the home trade is now passing through a crisis which, it is thought, may prove disastrous to many firms. As a consequence the tried and proved Italian cars, of which the natives are justly proud, can be purchased at a lower figure than ever before, and it is far from probable that local buyers will go outside the country for their machines. That an individual sale of an American car could be made is, of course, within the range of possibility, but a serious campaign in Italy upon the part of American automobile makers would at present be a waste of effort.

The automobile does not enter largely into the trade of Genoa, the centers of this industry being Turin and Milan. There is but one local manufacturer of prominence, "Società San Giorgio," with a plant at Sestri Ponente, a small town 4 miles to the west of Genoa, but with offices in this city. A few of the large establishments at Turin and Milan maintain agencies in Genoa.

The opportunity to sell the American motor boat is somewhat better. A local company was formed a year ago for the manufacture of motor boats. Its offices are in Genoa, while its plant is at Varazze. American marine engines of the benzine type are, as a rule, fitted to the boats turned out by this establishment. The manager informs me that the American boat in its entirety can not be sold locally. This is clearly a prejudiced view, and this consulate believes that the establishment in this city of an agency for a first-class American motor boat, affording an opportunity for the demonstration of the boat's serviceableness, would bring about many sales. Such a boat should be capable of rough-water service and of high power for use in the Mediterranean.1



1 .



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Storia § 2
[Sportman], "Regate a Livorno", Lega Navale. Mare nostrum, 3 (1907), n. 9, settembre, p. 10 Link esterno Google libri. Link esterno OPAC SBN

Nel pomeriggio [del 18 agosto 1907] ebbero poi luogo importantissime regate di canotti-automobili, percorrendo una base di circa 5 miglia fra Pancaldi e Antignano.

Il percorso di 30 miglia circa (6 percorsi della base) fu dai canotti compiuto con grande regolarità malgrado il grosso mare.

Il primo premio di L. 600 fu vinto dal canotto S. Giorgio II, che compié il percorso in ore 1.40'24".

Il secondo da Gallinari I, compiendo il percorso in ore 1.42'42".

Il terzo premio fu vinto da Sempre Avanti in ore 2.53'31".1



1 Era la gara conclusiva di due giorni di regate internazionali organizzate a Livorno dal R. Yacht Club Italiano.



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Storia § 2
[Didascalia a una figura], The Autocar, 19 (1907), n. 620, 7 settembre, p. 376. Link esterno OPAC SBN

Two Italian Napier cars built by the San Giorgio Company, at the tap of the Grand St. Bernard. These cars were driven straight from the erecting shop without a previous road test and completed the run of 760 kilometeres, including the climb, in eighteen hours. No mechanical troubles were experienced with the exception of a defective fan belt. Mr. Bruce Ball, the technical director of the San Giorgio Company, drove the leading car; Mr. A. MacDonald the second. MacDonald will be remembered as a successful driver of Napier cars and boats a year or two ago, before he went to Italy.1



1 La stessa fotografia è presumibilmente apparsa in The Motor Car Journal, 9 (1907), p. 638, a giudicare dalla didascalia che segue: "A six-cylinder San Giorgio car (an Italian Napier) being tested up the Grand St. Bernard, a very severe road. At the helm is Mr. Bruce Ball, technical director of the San Giorgio Company. The car depicted was driven from the works without previous trials, and completed a run of 475 miles with one stop to adjust a fan belt".

Una didascalia simile è anche in The Auto: The Motorist's Pictorial, 12 (1907), p. 1291.



All'indice    1907    Indicatore di completezza
Storia § 2
"Nel mondo commerciale sportivo", La Stampa sportiva, 6 (1907), n. 40, 6 ottobre, p. 7 Link esterno Byterfly. Link esterno OPAC SBN

L'ing. La Manna-Guidotti, il rappresentante per la Lombardia della gran Fabbrica Genovese d'Automobili La San Giorgio ci scrive il seguente: «Interpellato la suddetta Casa mi risponde quanto segue: In risposta a pregiata vostra 4 corr. relativa alle voci che circolano sulla nostra società che si dice abbandoni la costruzione delle automobili, vi comunichiamo che la voce è assolutamente falsa, perché le nostre officine di Sestri, attualmente in stato di ingrandimento, sono esclusivamente dedicate a questa costruzione. Stiamo esaminando, è vero, l'eventualità della costruzione di materiale ferroviario, ma questa sarebbe da farsi in stabilimenti affatto diversi ed indipendenti da quelli attualmente in funzione».1



1 ...



All'indice    1907    Indicatore di completezza
Storia § 2
"Le esposizioni automobilistiche della stagione", La Stampa sportiva, 6 (1907), n. 46, 17 novembre, p. 13 Link esterno Byterfly. Link esterno OPAC SBN

Mentre andiamo in macchina due grandi Mostre aprono i loro battenti. Il Salon di Parigi e quello di Londra, richiamano al Gran Palais presso la Senna ed all'Olympia presso il Tamigi la folla sportiva del mondo intero.

Non è ancora terminata l'era propizia alle esposizioni. Esse necessitano e sono d'aiuto al commercio ed all'industria dell'automobile. Una mostra annuale ed una sola ma completa occorre, e basta a ciascun paese.

Come in Francia, così in Italia questo anno avremo un solo Salon, quello di Torino, che per 1a quinta volta sorgerà nell'incantevole parco del Valentino. [...]

Diciotto fabbriche italiane prendono parte al Salon di Parigi, inauguratosi il 12 novembre [1907] nel Grand Palais. Esse sono:
Automobili Alba, Aquila Italiana, Ing. Attilio Franco di Sesto San Giovanni, Edoardo Bianchi, Brixia-Züst, F. A. Standard, F. I. A. T., Florentia, H. I. S. A., Isotta-Fraschini, Itala, San Giorgio, Società Esperia, Rapid, S. P. A.; O. T. A. V., Rossi, Soldati.1



1 Che si tratti dell'ultima esposizione a cui la San Giorgio ha partecipato con proprie vetture?



All'indice    1908    Indicatore di completezza
Storia § 2
"Nuove Ditte industriali", L'Industria : rivista tecnica ed economica illustrata, 22 (1908), n. 50, p. 807 Link esterno Emeroteca BNC Roma. Link esterno OPAC SBN

Roma."Società per la trasmissione universale". Si è costituita in Roma, col capitale di un milione, la Società italiana per la trasmissione universale.1

Il Consiglio è composto dai signori: comm. Giuseppe Orlando, presidente; comm. Attilio Odero, cav. ing. Raffaele Bettini dir. gen. della Terni, F. H. Clergue propr. di stabilimenti siderurgici nel Canadà, avv. L. Harrison e cav. G. B. Zanardo, consiglieri; ing. Giacomazzi, ing. Taverna e rag. cav. De Nava, sindaci; ing. Fanno e ing. Perron, supplenti.

Questa nuova Società si propone di applicare in Italia, avendone acquistato il brevetto, un nuovo sistema di trasmissione per qualunque motore, di già applicato con successo per le artiglierie nella marina degli Stati Uniti e che si va estendendo a varie branche dell'industria.

La costruzione di questo nuovo e importante apparecchio è stata assunta dalla Società San Giorgio, ben nota per le sue officine di Sestri e Pistoia.

Per le applicazioni alle artiglierie hanno acquistato l'uso esclusivo del brevetto: per la Germania la Casa Krupp, per l'Inghilterra Vickers, per l'Austria Skoda e per l'Italia Vickers-Terni. In Francia si stanno facendo dal Governo le prove sulle navi da guerra.


1 Vedi L'Industria, 1908, pag. 649. – Ritorneremo sull'argomento dal punto di vista tecnico, quando ci saranno comunicati i risultati delle esperienze di rendimento che paiono essere molto favorevoli.1



1 L'articolo richiamato, ampio e illustrato, è apparso nella parte tecnica, nella categoria "Organi delle macchine": "Apparecchio universale di trasmissione", L'Industria, 22 (1908), n. 41, pp. 649-650 Link esterno Emeroteca BNC Roma. L'autore anonimo chiarisce che l'apparato affronta il "problema di trasmettere la forza da un albero, che gira con velocità determinata e costante, ad un altro albero, in modo che questo abbia a girare con velocità variabile a seconda delle esigenze". E così conclude: "Quest'apparecchio potrà ricevere larga applicazione specialmente nella marina pel comando dei cannoni e per gli elevatori delle munizioni ed a tale scopo la casa F.lli Orlando di Livorno ha acquistato la concessione di costruzione del meccanismo in Italia; esso sarà anche utile dove si usino motori a gas o a petrolio. In ogni modo, però, tale apparecchio non sembra adatto per un funzionamento continuato troppo a lungo, ma bensì per trasmettere la forza a periodi brevi e ad intermittenza".



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Storia § 2
[Record insuperato], La Stampa sportiva, 7 (1908), n. 4-5, 26 gennaio - 2 febbraio, p. 9 Link esterno Byterfly. Link esterno OPAC SBN

Sul Motovelodromo di Brookland (Inghilterra), la pista sulla quale il famoso corridore inglese Edge (Napier-San Giorgio)1 stabiliva il record delle 24 ore coprendo km 2615 e metri 514 [...]



1 Si tratta di Selwyn Francis Edge.



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Storia § 2
G. C. Corradini, "La Crociera Motonautica Piacenza-Venezia. La poesia del vecchio Padus", La Stampa sportiva, 7 (1908), n. 39, 27 settembre, p. 9 Link esterno Byterfly. Link esterno OPAC SBN

Un'era nuova per l'industria, pel commercio, pel turismo nautico s'è infatti inaugurata sul Po col XX Settembre.

L'adunata motonautica promossa dalla benemerita massima Associazione sportiva italiana: il Touring Club, che raccolse una ventina di autoscafi, che qui elenchiamo:
Padus, Società N. A. V. I. – Corsaro, principe Borghese – Buffalo, cap. Quartaroli – Walkiria, Beretter – Essembi, Società Meccanica Bresciana – Valerio, Greco – Fiat San Giorgio, Soc. Fiat [San] Giorgio – T. E. 44 (torpediniera), Regia Marina – Fiat-Muggiano, Società Fiat-Muggiano – T. C. I. Venezia, Consolato di Venezia – All'erta, ing. Rosselli – T. C. I. Como, Consolato di Como – Florentia, Società Florentia – Clara, conte Vincenzo Bettoni – M. A. G., Molina – V. I. A., Società V. I. A. – Nibbio, Costaguta – Seat Baglietto, Società S. I. A. M. – Alessandro Moschini (gitanti), Società Navigazione Veneta.1



1 Il breve estratto di questo articolo mostra che l'attività motonautica è passata senza soluzione di continuità dalla San Giorgio alla Fiat San Giorgio.



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Storia § 2
C. G. Matson, "The London and Paris Motor Shows", The Badminton Magazine of Sports and Pastimes, 26 (1908), n. [da definire], p. 64. Link esterno OPAC SBN

Of the Paris show one may perhaps remark that one saw exhibited there the very best examples of Continental automobile construction; some cars on show have names of which we are entirely ignorant here in London, and these possibly may have their admirers; but attention is most certainly concentrated upon cars which already enjoy a great reputation. The chief feature of the show seemed to be that nearly every firm of repute now produces six-cylinder vehicles, but whether those are seriously put forward as business commodities, or are merely ballons d'essai, may be left to conjecture. Certainly great attention was given to the six-cylinder Renault, which I had hitherto considered as being pretty nearly perfect in its four-cylinder form, especially as I own one myself, as aforesaid. I should imagine that the new Renault is capable of developing a good deal higher h.p. than is stated, namely, 50 h.p., the bore of the cylinder being 120, and the stroke 140 mm.

That very magnificent car the Delaunay Belleville also appears in the six-cylinder category, and in two types, namely, of 15 h.p. and of 40 h.p. Others are the Berliet, in two types; the well-known Hotchkiss; even the Panhard, with big engines, of 135 by 140 mm, giving 65 h.p.; De Dietrich; Brasier; two Mercédès; two Fiats – one of which is rated at 70 h.p.; the extraordinary Gobron-Brille, having six cylinders and twelve pistons, of 70 h.p.; the Minerva; two Gladiators; two Italas; three Bollées. I tried one of the Bollées, and as far as silence is concerned it is "the limit," and in order to persuade myself that the engine was running at all, I had to look inside the bonnet. Other six-cylinder cars are the Italian Napier known as the San-Giorgio, in three types, the Porthos, the Peugeot, the Germaine, and the Mors, as well as others, whose names I omit, they not being very well known. Therefore it will be seen that the great Continental makers are prepared to supply the demand for six-cylinder cars of high power if such a demand arises; but in the present condition of the motor trade it is extremely unlikely that any of these will be made except to special order.

I think, indeed, that it will be found in the future that the firms that do best financially will be those who make all cars to order. One firm I have in my mind which during the past year has done estremely well in turning out vehicles of a very efficient type owing to the excellence of their material and workmanship, and for them there is always a steady demand, and they are made to order only. The time seems to have passed by for any firm to manufacture cars merely to put in the shop window, with the hope that they may attract purchasers. Motor cars, in any case, cannot be kept long in stock without rapidly deteriorating.1



1 ...



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Storia § 2
"Effect of Speed on Fuel Consumption", The Auto : The Motorist's Pictorial, 13 (Stanley Spooner Pictorial Press, 1908), p. 1111. Link esterno Library of Congress

Further figures are to hand showing the marked influence which increased speed of travel has upon the fuel-consumption per mile of a motor car. These were obtained by Mr. E. Bruce Ball (Technical Manager of the San Giorgio Co. of Genoa) with one of the latest 30-40 h.p. 6-cyl. Italian Napier vehicles, loaded up to ordinary touring weight. The apparatus used for the purpose was fixed behind the front seat in the manner shown in the accompanying photograph, a gravity-feed being obtained from the long measuring tank, A, which communicates with the ordinary pressure tank on the car by the cock, B, and with the carburettor by the cock, C. Inside the auxiliary reservoir is a float fitted with an upwardly projecting and calibrated rod, D, by which the precise contents of the tank can be ascertained at a glance.

Four tests were made at as nearly constant a speed as possible over the road between Tortona and Novi in North Italy, the distance from standing start to the far end of the selected stretch being a little over 7¼ miles. In the first test the average speed maintained was 19.2 miles per hour, and on this occasion the fuel was consumed at the mean rate of 18.95 miles to the gallon. In the three other tests the average speeds were 27.8, 37.8, and 43.6 miles per hour, respectively, and the corresponding fuel-consumption figures worked out at 16.26, 14.2, and 12.9 miles per gallon, respectively.1



1 Con figura.



All'indice    1909    Indicatore di completezza
Storia § 2
Jack la Bolina [A. V. Vecchi], "Cronache di marina", Rivista di Roma, 13 (1909), n. [da definire], pp. 26-27. Link esterno OPAC SBN

Ho sotto gli occhi un disegno assai bello di torpediniera costiera a combustione interna proposta dalla casa Yarrow, di Glascovia. Questa barca [<26-27>] è lunga 30 metri, larga 4 avvantaggiati, e corre a 21 nodi con uno sviluppo di 600 cavalli di forza; il raggio d'azione a tutto cammino è di 300 miglia. Noi potremmo corredare l'Adriatico di barche consimili. Il motore è il Napier il quale, nazionalizzato, è il nostro San Giorgio. Il carburante è la benzina: ché se si fanno obiezioni alla benzina per timor dell'incendio, non è detto sia fuor del possibile animare con motrice a petrolio una torpediniera di quel genere. I modelli di codeste motrici non mancano davvero, per quanto non sieno tuttavia nazionalizzati. Ve n'è uno, ciò nondimeno, che è nazionalizzato e adopera olio pesante. È il motore Diesel.1



1 ...



All'indice    1910    Indicatore di completezza
Storia § 2
[Modifica della denominazione ecc.], Bollettino ufficiale della Direzione generale del Demanio e delle tasse, 36 (1910), p. 108. Link esterno OPAC SBN

Denominazione
della Società
Sede della
Società
Data dell'atto o deliberazione Oggetto Capitale
sociale
Lire
Ufficio ove fu eseguito il pagamento [dei diritti] e data Somme
pagate
Lire
«San Giorgio», Società anonima Italiana per la costruzione di automobili terrestri e marittimi, in Id.
[Genova]
22 gen. 1908 Cambia l'attuale denominazione in quella di «San Giorgio, Società anonima Italiana per la costruzione di automobili e per la costruzione e riparazione di materiale rotabile ferroviario e di altro genere», riduce il capitale da lire 3,000,000 a lire . . . .
emette pubblicazioni e modifica lo statuto.
2,250,000 Genova
7 febbraio 1908
1 giugno 1908

50
50 1


1 "Cambia l'attuale denominazione in quella di: «San Giorgio, Società anonima Italiana per la costruzione di automobili e per la costruzione e riparazione di materiale rotabile ferroviario e di altro genere»; trasferisce la sede a Borzoli; riduce il capitale da lire 3,000,000 a lire 2,260,000; emette obbligazioni; modifica lo statuto". Bollettino ufficiale delle società per azioni, 18 (1910), p. 207.



All'indice    1910    Indicatore di completezza
Storia § 2
[Affermazione della Fiat-San Giorgio], Rassegna dei lavori pubblici e delle strade ferrate, 3 (1910), p. 464. Link esterno OPAC SBN

Le due grandi Case italiane per la costruzione delle automobili, la Fiat e la San Giorgio, dopo i memorabili trionfi ottenuti con i loro motori e coi loro scafi nelle gare motonautiche, ebbero la felice idea di fondersi per creare una grande società anonima col capitale statutario di tre milioni, per la costruzione di autoscafi e torpediniere sommergibili.1

I cantieri di Spezia (Muggiano), che già avevano lavorato per la Fiat, in breve iniziarono una produzione meravigliosa, dando allo Stato sommergibili che costituiscono l'invidia delle nazioni europee ed americane, sommergibili che sino ad oggi, hanno funzionato in modo perfetto, senza dar mai luogo ad inconvenienti di sorta.

La Fiat dai potenti motori, coi quali il Gallinari nei varii meetings internazionali di Monaco tenne alto il nome nostro infondendo perfino uno scoraggiamento in tutti i concorrenti quando tre anni fa si presentò con un canotto monstre, a cui era assicurata una velocità straordinaria, canotto che rimase vittima dell'incendio fra il generale rammarico di tutto quel mondo internazionale che nell'inverno affolla la Costa azzurra; e la San Giorgio che aveva studiato un canotto meraviglioso sul quale il Macdonald 2 doveva fare prodigi col battere i records mondiali, in quelle stesse acque, ove l'industria inglese e francese avevano contese la palma della vittoria, canotto rimasto anch'esso, misteriosamente, vittima del fuoco. La Fiat e la San Giorgio oggi ci arrivano con una vittoria magnifica per l'industria italiana, che da se sola costituisce in questo momento di formidabile lotta industriale, un trionfo grandissimo della nostra Italia.

Le Case Krupp di Kiel, Whitehead di Fiume e Laubeuf di Francia concorrevano con la Fiat-San Giorgio per fornire al governo portoghese la sua prima torpediniera sommergibile.

La Commissione esaminatrice ha dichiarato vincitrice del concorso la Casa italiana; e la Fiat-San Giorgio tra venti mesi dovrà consegnare a quel governo la prima torpediniera sommergibile.

Inutile ogni commento, quando si rifletta con quali colossi ha dovuto lottare la nostra industria che è riuscita ad ottenere una vittoria segnalata di cui si parlerà per molto tempo nelle cronache del lavoro industriale italiano.



1 Cfr. Nones (1990), pp. 24-25.

2 Due immagini del pilota inglese Arthur E. Macdonald in: H. D. Cardwell Sr., Daytona Beach: 100 Years of Racing (Arcadia, 2002); p. 16 Link esterno Google libri (esistente il 1°/10/2019).



All'indice    1911    Indicatore di completezza
Storia § 17
"Esposizione Fotografica alpina della Sezione Ligure (Marzo 1911)", Rivista del Club Alpino Italiano, 30 (1911), p. 95. Link esterno OPAC SBN

Mostra riuscita, diciamolo subito, così da superare le rosee speranze del Comitato organizzatore della medesima, sia pel numero dei lavori esposti, che per la loro bellezza.

Abbiamo esaminato con vivo interesse le due eleganti sale, addobbate con quel severo buon gusto, che è proprio del Club genovese. Si presentano all'occhio buone fotografie, fra le quali alcuni capolavori, tanto più degni di speciale considerazione se si tien conto della cerchia ristretta degli Espositori che parteciparono alla Mostra, essendo questa limitata ai soci della Sezione Ligure.

Vi predomina la fotografia di montagna: alcune vedute però sono di paesaggio più collinesco che montivo. La tendenza caratteristica per le une e per le altre è verso un certo senso di arte, che andò accentuandosi in questi ultimi anni anche per la fotografia di montagna.

Pur essendo sempre una documentazione geografica, topografica e illustrativa, la fotografia alpina si è andata elaborando, e col perfezionamento degli apparecchi e col maggior studio e gusto dei suoi cultori, così che essa ha tratto elementi che sempre più l'avvicinano ai vietati fastigi dell'arte. La dimostrazione di questo asserto la si ha in questa Esposizione, dove la maggior parte dei concorrenti ai numerosi e vistosi premi, dimostrò di seguire assai da vicino ogni progresso tecnico e artistico.

La tirannia dello spazio non ci consente di passare all'esame del contenuto delle sale. Diremo solo che predominano i soggetti che ritraggono le arditissime Apuane, quelli delle Alpi Liguri e Marittime. Non mancano i soggetti di altissima montagna, benché limitati di numero fra quelli che si osservano alle pareti. È altresì vero che li ritroviamo – abbondanti e gustosissimi – rinchiusi in quelle simpatiche scatole da vérascopes ove fra una fantasmagoria di luci e di colori ci si rivela all'occhio colpito tutto lo sfavillìo del mondo alpino, reale, palpitante, secondo la caratteristica della veduta stereoscopica, che forma ormai il giubilo della famiglia di alpinisti che usino tale apparecchio.

La Giuria, composta dei sigg. Erizzo avv. P. Luigi, Antonio Campostano, dott. Agostino Ferrari, Domingo Motta, pittore, dott. Cesare Martin, per assegnare i premi numerosi alle varie categorie non ebbe un facile compito.

Ecco l'elenco dei premiati [nota a pie' di pagina: "I concorrenti erano più di trenta"]:

Categoria Montagna. 1° premio: Crocco Luigi – 2° Queirolo G. B. – 3° C. Mancini – 4° Kurt Lies – 5° P. G. Fassio – 6° Federico Ferrero – 7° Bartolomeo Figari.
Gruppo illustrativo. Premio unico: C. Picasso.
Categoria paesaggio. 1° premio: E. Pittaluga – 2° G. B. Queirolo – 3° Fassio – 4° Nino Alassio – 5° L. Crocco – 6° G. Sturlese.
Categoria Ski. 1° premio: Kurt Lies – 2° U. Remund.
Fotografia a colori. Premio unico: C. Picasso.
Vedute veroscopiche. 1° premio C. Picasso – 2° Gino Fanno.1
Premio speciale (da assegnarsi ai non premiati di gare precedenti): Signora Giannina Traverso.
Da ultimo menzioniamo, a titolo di merito , i sigg. G. T. Traverso, L. Crocco, C. Picasso, N. Alassio, che componevano il Comitato ordinatore, nonché il presidente e il vice-presidente della Sezione Ligure, Lorenzo Bozano e Bartolomeo Figari, che pur essi ebbero gran parte nel successo riportato da questa Mostra.



1 Le passioni per la fotografia e l'alpinismo sono utili per delineare la figura di Fanno.



All'indice    1913    Indicatore di completezza
Storia § 3
"San Giorgio", Rivista delle società commerciali : organo della Associazione fra le società italiane per azioni, 3 (1913), p. 579. Link esterno OPAC SBN

10.
"SAN GIORGIO"
Società italiana | per la costruzione di automobili terrestri e marittimi | e per la costruzione e riparazione | di materiale rotabile ferroviario e d'altro genere
Sede in BORZOLI (Genova)
Capitale sociale L. 1.800.000 interamente versato

La Relazione del Consiglio d'amministrazione fa rilevare che l'esercizio dell'azienda nell'anno 1912 ha dato un utile netto di L. 157.890,25, tenuto conto degli anticipati ammortamenti deliberati nell'Assemblea generale ordinaria [DA COMPLETARE] -tanti lavorazioni che si svolgono negli Stabilimenti.

E perciò il Consiglio, compreso di questa necessità non esita a rinunciare anche quest'anno alla somma che lo Statuto sociale mette a sua disposizione ed invita a voler deliberare che gli utili conseguiti, dedotta la riserva statutaria in L. 7323,45, siano destinati alla costituzione di una riserva straordinaria.

Il Consiglio d'Amministrazione risulta così composto: Presidente, Torlonia duca Leopoldo – Vice-presidente, Odero gr. uff. Arturo [Attilio]Amministratore delegato, Bocciardo cav. ing. Arturo – Consiglieri: Carrega march. Franco, principe di Lucedio, Costa comm. Francesco D., Di Robilant conte Edmondo, Lenci cav. ing. Giuseppe, Orlando gr. uff. ing. Giuseppe, Piaggio cav. Rinaldo – Sindaci: Graziani cav. Giuseppe, Musso ing. Giovanni Battista, Panzano dott. Attilio.1



1 ...



All'indice    1914    Indicatore di completezza
Storia § 4
[Breve sciopero alla San Giorgio], Bollettino dell'Ufficio del lavoro, 22 (1914), p. 183. Link esterno OPAC SBN

Nella LIGURIA a Borzoli (Genova) scioperarono per poche ore 13 aggiustatori su 398 operai occupati nella officina meccanica San Giorgio, per ottenere il licenziamento di un compagno di lavoro.1



1 ...



All'indice    1915    Indicatore di completezza
Storia § 4
[Breve sciopero alla San Giorgio], Bollettino dell'Ufficio del lavoro, 23 (1915), p. 171. Link esterno OPAC SBN

Borzoli (Genova). – Nello stabilimento meccanico San Giorgio il 19 agosto scioperarono 123 aggiustatori, sui 186 occupati (retribuiti con lire 4.80 al giorno gli adulti e con 1.20 i fanciulli) chiedendo il licenziamento di un loro compagno, il quale, contrariamente al deliberato dell'organizzazione (lega operai San Giorgio, aderente alla Camera del lavoro di Sestri Ponente) di non oltrepassare col guadagno dei cottimi il 50 per cento del salario, era invece arrivato a liquidare il 118 per cento. La Ditta non volle aderire a tale domanda e gli operai, dopo poche ore di sciopero, tornarono al lavoro, deliberando però di boicottare quel loro compagno, il quale dopo qualche giorno sembra sia stato costretto a licenziarsi. Durante il breve sciopero il lavoro fu continuato da tutti gli altri 275 operai dello stabilimento. (Notizie dal Prefetto, dalla Ditta e dalla Camera del lavoro).1



1 ...



All'indice    1916    Indicatore di completezza
Storia § 4
"Produttori nazionali di materiale scolastico", La Scienza per tutti, 23 (1916), n. 10, 15 maggio, supplemento, pp. 3 - 4 Link esterno Emeroteca BNC Roma. Link esterno OPAC SBN

Elenco di produttori di materiale scientifico-didattico, per le scuole medie e normali, che togliamo integralmente dal Bollettino Ufficiale, n. 9 (2 marzo 1916) del Ministero della P. I.1(Vedi articolo a pag. 143 del Supplemento).2

STORIA NATURALE. – Botanica [...]. Zoologia [...]. Mineralogia, geologia e paleontologia [...].

CHIMICA ED APPARECCHI VARI PER LABORATORIO. [...].

FISICA IN GENERALE: Alemanno Felice, Via Rossa, 3, Torino, meccanica di precisione. – Alemanno G. (Successori), Corso Orbassano, 23, Torino, id. – Berardo Carlo, tecnico dell'Istituto di fisiologia della Università di Roma – Ceccarelli Gino, meccanico della R. Scuola di applicazione degli ingegneri di Roma, id. – Diotallevi Alfredo, tecnico nell'Istituto fisico dell'Università di Roma – Fascianelli Luigi, meccanico del R. Ufficio centrale di meteorologia e geodinamica di Roma. Uffici in Via del Caravita, 8, id. – Luino Domenico, Via Goffredo Casalis, 6, Torino, id. – Rubino Angelo, tecnico nell'Istituto [<3-4>] fisico della R. Università di Catania, id. – Navone Carlo, tecnico nel laboratorio per le esperienze dei materiali del Politecnico di Milano, id. – Bertolla Luigi, tecnico dell'Istituto fisico della Università di Genova, apparecchi di fisica in genere.3 – Biamino Francesco, tecnico dell'Istituto di fisica dell'Università di Parma, apparecchi di fisica in genere. Specialità elettrometri a quadranti, macchine Wimshurst, apparecchi di ottica. – Bosio dott. Secondo, R. Scuola normale di Forlimpopoli, apparecchi di fisica (lavorazione momentaneamente sospesa). – Corvino Giuseppe, tecnico dell'Istituto di fisiologia dell'Università di Torino, apparecchi di fisica in genere, specialità apparecchi registratori. – Di Nasso Orfeo, capo-tecnico dell'Istituto fisico dell'Università di Pisa, apparecchi di fisica in genere. – Guernandi Ernesto, meccanico dell'Istituto tecnico di Bologna, id. – Lavacchini Silvio, tecnico del gabinetto di fisica dell'Istituto di studi superiori di Firenze, id. – Potenza Pasquale, officina annessa all'Istituto «Casanova» di Napoli, id. – Rangoni Ugo, tecnico dell'Istituto fisico della Università di Bologna, materiale di fisica. – Rosa Ferdinando, tecnico nel Gabinetto di fisica sperimentale del Politecnico di Milano, id. – Resti Emilio, Via Sant'Antonio, 13, Milano, apparecchi specialmente adatti per dilettanti di fisica. – Officine Galileo, Firenze, apparecchi ottici e scientifici vari (attualmente lavora esclusivamente per l'esercito e la marina). – Officine San Giorgio, Borzoli (Genova), meccanica di precisione, strumenti ottici (attualmente lavora per conto esclusivo dello Stato). – Ferro Riccardo, Via S. Lorenzo, 38-40, Genova, meccanica fina, strumenti nautici. – Giovanetti ingegner Stefano, salita Di Negro, 53, Genova, strumenti nautici. – Agolini A. A., Via D'Azeglio, 53, Parma, barografi, termometri, ecc. – Zanchi Augusto, capo-tecnico dell'Istituto fisico dell'Università di Roma, barometri Fortin. – Caciari Alfonso, Via Broggi, 6, Milano, pompa rotativa a mercurio per la produzione di rarefazioni elevatissime; è una variante del tipo Gaede. – Canzi Domenico, Via Solferino, 46, Milano, bilancie. – Pelliccia Terzilio, Via Ponte Rosso, 6, Firenze, bilancie di precisione. – Ganzini M., Via Solferino, 25, Milano, apparecchi di proiezione ed accessori varî per gli stessi. – Koristka F., Via Giuseppe Revere, 2, Milano, microscopi ed accessori vari per microscopia, apparecchi di proiezione macro e microscopica, epidiascopi. – Sartorelli Giuseppe, tecnico dell'Istituto fisico della Università di Torino, specialità Pile Zamboni. – Ciabilli, Via S. Egidio, Firenze, tagliatore di vetro. – Campanile dottor Luigi, Via Giovanni Nicotera, 87, Napoli, fa costruire da meccanici della città apparecchi vari di fisica. – Pagnini Pietro, Via Masacchio, 59, Firenze, id. – Rossi Daniele, Via Gioberti, 85, Torino, fa eseguire in officine private italiane apparecchi di fisica e chimica. –
Elettrotecnica: Pirelli & C., Via Ponte Seveso, 21, Milano, conduttori elettrici e materiale isolante. – Società anonima ing. Tedeschi Vittorio e C., Via Montebianco, 7, Torino, conduttori elettrici. – Società italiana per conduttori elettrici e prodotti affini, Livorno, id. – Fabbrica italiana di pile elettriche Fratelli Spierer, Via Po, 12, Roma, pile liquide ed a secco, batterie, ecc. – Pagani Fratelli, Via Cola Montano, 1, Milano, id. – Società anonima Giovanni Hensemberger, Via Mentana, Monza, accumulatori elettrici. – Società per la fabbricazione di materiali e apparati elettrici, Via Grande Arteria ai Granili, 5-6, Napoli, telegrafi, telefoni, cassette di resistenza, amperometri, galvanometri, ecc. (attualmente lavora esclusivamente per forniture militari). – Marelli Ercole e C., Sesto S. Giovanni (Milano) motori e dinamo, gruppi convertitori. – Società Edison-C. Grimoldi e C., Via Broggi, 6, Milano, id. – C. G. S., Soc. An. per istrumenti elettrici C. Olivetti e C., Via Broggi, 4, Milano, strumenti di misura elettrici. – Officine «Galileo», Firenze, apparecchi per misure elettriche. – Balzarini Emilio, Piazza S. Nazaro, 15, Milano, materiale elettrico, specialità: rocchetti di induzione. – G. Campostano (ing. Panbianco e De Chiara), Via Cesare Cantù, 2, Milano, apparecchi elettrici, specialità: rocchetti di induzione. – Gorla Luigi e C., Via Lamarmora, 20, Milano, apparecchi elettrici in genere, specialità: rocchetti di induzione. – Di Lullo Tommaso, Succ. Ippolito Bartoli, Via de' Cerchi, 10, Roma, apparecchi elettrici. – Pagani Luigi, meccanico nella Scuola-laboratorio di elettrotecnica per operai annessa al Politecnico di Milano, apparecchi elettrici in genere. – Panzera Eligio, tecnico nel laboratorio di elettrotecnica del Politecnico di Milano, apparecchi elettrici in genere. – Rossi Egidio, tecnico nella Istituzione «Carlo Erba» del Politecnico di Milano, apparecchi elettrici in genere.

ALTRE MATERIE. – Agraria: [...]. – Topografia, costruzioni, macchine, ecc.: «La Filotecnica» Ing. A. Salmoiraghi e C., Milano, cannocchiali, strumenti topografici, meteorologici, strumenti per disegno. – «La Tecnica» Officina annessa all'Istituto «Casanova», Napoli, strumenti topografici. – Saibene Giulio, Via Solferino, 46, Milano, strumenti topografici – Moreno Pasquale, tecnico nell'Osservatorio astronomico di Capodimonte (Napoli), apparecchi geodetici e di meccanica di precisione. – Costa e Giraudo, Via Romagnosi, 5 (Corso Stupinigi), Torino, modelli di costruzioni in muratura, in legno e ferro, di macchine, ecc. – Geografia: [...]. – Disegno: [...]. – Educazione fisica: [...]. – Materiale vario: [...].



1 Non ho rintracciato tale fonte in rete (situazione del 27/8/2020).

2 "Materiale scolastico nazionale. Un'iniziativa del Ministero della Pubblica Istruzione", La Scienza per tutti, 23 (1916), n. 10, 15 maggio, supplemento, pp. 143-144 Link esterno Emeroteca BNC Roma (esistente il 27/8/2020).

3 Si tratta, in realtà, di Luigi Bertollo → Fisici a Genova dal 1840 al 1940. È probabile che ci siano altri refusi: es. via Masacchio a Firenze?



All'indice    1917    Indicatore di completezza
Storia § ??
"Aumenti di capitale", La finanza italiana, 9 (1917), pp. 360, 371. Link esterno OPAC SBN

[360>] La Società industriale San Giorgio raddoppia il suo capitale portandolo da L. 2.250.000 a L. 4.500.000. Intorno ad analoga proposta delibererà una prossima assemblea.


[371>] Soc. industriale S. Giorgio, Borzoli. La Società industriale S. Giorgio provvederà prossimamente – previa approvazione degli azionisti – ad aumentare il proprio capitale da lire 2.205.000 a lire 4.560.000. L'aumento sarà fatto in due modi: da lire 2.205 mila e 2.250 mila mediante prelievo di lire 45 mila dalla riserva speciale d'ammortamento e di rispetto portando quindi il valore nominale delle azioni da lire 147 a 150 e da 2.250 mila a 4.500 mediante emissione di 15 nuove azioni da lire 150 ciascuna.1



1 Cfr. tabella 4, "Bilanci San Giorgio 1905-1954", in Nones (1990), pp. 293-294.



All'indice    1917    Indicatore di completezza
Storia § ??
"La fabbrica di strumenti ottici «SAN GIORGIO»", Le industrie italiane illustrate, 1 (1917), pp. 481-492. Link esterno OPAC SBN

"San Giorgio" / Società Anonima Industriale 1

L'industria degli strumenti ottici e della meccanica di precisione non aveva potuto, nel periodo di tempo precedente alla guerra attuale, svilupparsi in Italia perché completamente sopraffatta dalla concorrenza dell'industria straniera, specialmente germanica.

Le grandi Case produttrici germaniche, profittando della loro specializzazione di alcuni decenni, dei loro impianti totalmente ammortizzati e della nessuna apprezzabile protezione concessa, in questo ramo, all'industria nazionale dalle nostre tariffe doganali, avevano così interamente invaso il nostro mercato coi loro prodotti, che nessuna nuova industria del genere avrebbe potuto, in tempi normali, sorgere e vincere in loro concorrenza nel lungo periodo di avviamento che richiede una industria di questa natura.

[Figura a centro pagina] Reparto lavorazione meccanica dei telemetri monostatici.

Preesistevano in Italia all'attuale periodo di guerra officine dedicate all'industria ottica, ma la loro attività si svolgeva in un ristrettissimo [<481-482>] campo di pregevoli specialità, e queste Officine avevano forzatamente dovuto lasciare libero il campo all'importazione [degli?] strumenti di ottica più comuni e per quelli specialissimi attinenti il moderno armamento delle [DA COMPLETARE]

[Figura a centro pagina] Un reparto arrotatura delle lenti.

[Figura a centro pagina] Reparto incisione dei reticoli.

[DA COMPLETARE] [<482-483>]

[DA COMPLETARE] L'Italia fu sorpresa dalla guerra in queste condizioni e vide chiudersi improvvisamente tutte le fonti dalle quali aveva per lunghi anni attinti questi specialissimi strumenti necessari alla sua difesa.

L'iniziativa nazionale, che tanta insperata [<483-484>] vitalità ha rivelato dallo scoppio della guerra, ha assunto il nuovo compito che le tragiche contingenze le imponevano, e, in un periodo assai breve, si è posta in grado di far fronte ai bisogni del Paese.

[Figura a centro pagina] ...

[Figura a centro pagina] Un reparto lavorazione prismi.

Fra le industrie che hanno assunto ed assolto [<484-485>] questo compito, merita di essere segnalata la Società SAN GIORGIO, che con grandi ampliamenti delle sue officine di Sestri Ponente, realizzando rapidamente una grande e nuova organizzazione industriale, creando maestranze per una industria nuova nel nostro Paese, concorse in così larga misura alla produzione di questi strumenti da provvedere da sola, in questo campo [<485-486>] alla quasi totalità dei bisogni del nostro Esercito.

[Figura a centro pagina] Un reparto montaggio ottico cannocchiali panoramici.

Non fu compito lieve. Si trattava di organizzare in larga scala la produzione di lenti e di prismi, eseguire difficili parti di meccanica di grande precisione, associare queste parti in strumenti [<486-487>] delicatissimi non mai prima costrutti in Italia, raggiungere in questi strumenti produzioni giornaliere ingentissime.

[Figura a centro pagina] Reparto lavorazione meccanica dei telemetri.

L'aiuto incondizionato dell'Amministrazione Militare, la capacità e la bravura dei tecnici, l'intelligenza pronta delle maestranze italiane ebbero presto ragione di tutte le gravi inevitabili difficoltà. Le Officine della Società SAN GIORGIO [<487-488>]

[DA COMPLETARE] [<488-489>]

[Figura] 1. - Congegno di puntamento per artiglierie contro aerei.

[Figura] 2. - Quadrante a livello, mod. Righi, per artiglierie da campagna.

[Figura] 3. - Cannocchiale panoramico per cannoni da 65-mont.

[Figura] 4. - Cannocchiale panoramico per cannoni da 75.

[Figura] 5. - Cannocchiale panoramico mod. Cortese-Falcone.

[DA COMPLETARE] cannocchiale panoramico per il congegno di mira delle artiglierie, al telemetro monostatico, uscirono rapidamente da queste Officine per completare le artiglieri che, con lena altrettanto febbrile, erano e sono prodotte dalle vecchie e nuove officine adibite a tale lavoro.

[Figura a centro pagina] ...

Facciamo seguire la riproduzione di fotografie di alcuni degli strumenti che la Società SAN [<489-490>] GIORGIO produce per l'armamento del nostro Esercito e della nostra Marina.

Vorremmo illustrare anche alcune delle grandiose sale di lavorazione di questo Stabilimento ma, per ragioni di spazio, dobbiamo limitarci a riprodurre solamente alcuni riparti speciali per le lavorazioni ottiche.

Facciamo qui l'augurio che le ardite iniziative della Società SAN GIORGIO possano, come quelle di tante altre industrie nazionali, mantenere, anche in tempo di pace, il nostro Paese libero dalla soggezione dell'industria straniera.2



1 Il titolo sopra indicato deriva dall'indice (p. VI).

2 L'articolo è illustrato da 27 figure! La rivista è stata digitalizzata da Google anche per la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, ma non appare ancora nella sua emeroteca digitale (situazione del 21/8/2020).

Si veda, nella stessa annata, anche l'articolo "L'industria italiana dei sommergibili: La «Fiat-San Giorgio»", con 11 illustrazioni, nel n. 9, p. 72 e seguenti. Quattro fotografie dei sommergibili consegnati alla marina militare brasiliana nel 1914 sono in: La Stampa sportiva, 13 (1914), n. 36, 6 settembre, p. 8 Link esterno Byterfly (esistente il 24/3/2021). "Nell'assemblea degli azionisti del 15 aprile è stata accolta la proposta del Consiglio d'Amministrazione di cambiare il nome della Fiat-S. Giorgio in quello di Ansaldo-S. Giorgio"; "Cambio di ragione sociale / Società anonima «Fiat-San Giorgio» - Torino", Rivista dei trasporti aerei, marittimi e automobilistici, 1 (1917), p. 280.



All'indice    1917    Indicatore di completezza
Storia § ??
[Giurisprudenza su infortuni sul lavoro], Rassegna di assicurazioni e previdenza sociale. Bollettino mensile della Cassa nazionale d'assicurazione per gli infortuni degli operai sul lavoro, 4 (1917), n. 1, gennaio, pp. 25, 26, 27 Link esterno Emeroteca BNC Roma – n. 3, marzo, pp. 549, 550, 551, 552, 553, 554 Link esterno Emeroteca BNC Roma. Link esterno OPAC SBN

TRIBUNALE DI GENOVA / (11 Luglio 1916)
Pres. Baratono – Est. Vernetti
Bruzzone c. Cassa Nazionale Infortuni
Inabilità temporanea o permanente – Proposta di liquidazione della corrispondente indennità – Accettazione – Quietanza di saldo –
Esaurisce la prima fase di liquidazione di indennità, salvo revisione – Improponibilità di domanda giudiziale per lo stesso titolo.

A norma degli articoli 107 e 108 del Regolamento-infortuni la proposta dell'istituto assicuratore circa la misura dell'indennità e l'accettazione della stessa da parte dell'operaio infortunato, anche se risultanti implicitamente dalla sola quietanza di pagamento, bastano a porre in essere l'accordo voluto dai predetti articoli, per la cui validità non è richiesta l'omologazione del Tribunale.

La quietanza, pertanto, rilasciata a saldo dall'operaio per l'indennità come [<25-26>] sopra stabilita – sia pure di semplice inabilità temporanea – fa esaurire la prima fase di liquidazione, e l'infortunato non può promuovere azione giudiziale per lo stesso titolo, restando a lui in questo caso soltanto salvo il diritto alla revisione.

Fatto. – Con citazione 29 maggio 1916 l'operaio Bruzzone Elio in persona del suo tutore Bruzzone Giovanni Battista, evocava in giudizio nanti questo Tribunale la Cassa Nazionale ed esponendo, che egli mentre lavorava in Borzoli nel 27 settembre 1915 alle dipendenze della Società San Giorgio Fiat aveva sofferto un infortunio, riportando una lesione all'occhio sinistro e che l'istituto assicuratore non gli aveva offerto una liquidazione del danno, non ostante la sua richiesta 11 successivo ottobre, instava perché fosse giudizialmente determinata la indennità a lui dovuta.

Diritto. – Risponde alla domanda dell'attore e ne inficia completamente il giuridico fondamento la seguente ricevuta da lui rilasciata alla Cassa, e che è prodotta in atti.

«Il sottoscritto Bruzzone Elio fu Bartolomeo dichiara di avere ricevuto dalla Cassa Nazionale Infortuni a mezzo Società anonima Industriale San Giorgio la somma di lire 18,90 per indennità per l'infortunio del 27 settembre 1915. Con tale pagamento si dichiara rimanere la Cassa Nazionale Infortuni predetta completamente liberata da ogni ulteriore obbligazione per il titolo suindicato».

È evidentemente fuori posto invocare l'art. 104 del regolamento per asserire che l'Istituto assicuratore ha l'obbligo di pagare l'indennità per invalidità temporanea e che questo pagamento lascia invulnerato il giudizio sulla liquidazione dei postumi traumatici, quando, come nel caso, si verificò l'accordo per la liquidazione e l'operaio credette di accontentarsi soltanto di quella indennità.

Per rendere ammissibile la tesi del Bruzzone bisognerebbe che questi avesse accusato ricevuta soltanto dell'indennità e non avesse firmato il saldo di ogni suo avere in dipendenza di quel titolo, ossia dell'infortunio sul lavoro.

Pure fuori proposito s'invocano gli art. 107 e 108 del regolamento, i quali predispongono le pratiche opportune, perché si stabilisca l'accordo tra lo Istituto assicuratore e l'operaio; l'accordo è avvenuto nel caso presente, la liquidazione si è fatta e non si può più discutere se l'Istituto assicuratore abbia o non eseguito la comunicazione prescritta dall'art. 107 suddetto, poiché questa comunicazione risulta implicitamente dalla adesione dell'operaio data con la firma apposta alla quitanza di pagamento. Il Bruzzone osserva infine che questa quitanza vale atto transattivo e che non è efficace, mancando l'omologazione del Tribunale.

L'art. 1764 del cod. civ. definisce la transazione come un contratto, con cui le parti dando, promettendo o ritenendo ciascuna qualche cosa, pongono fine ad una lite che può sorgere. Ora nessuna questione risulta insorta tra le parti, e qualora anzi si ravvicini la data dell'istanza di comunicazione della liquidazione fatta dall'operaio l'11 ottobre a quella della quietanza, che dal bollo parrebbe essere del 14 ottobre, appare evidente che il Bruzzone ha pienamente accettato, senza alcuna riserva, la liquidazione che alla Cassa piacque di proporre in seguito a quella istanza.

Per vedere un atto transattivo in questo atto di quietanza, sarebbe [<26-27>] davvero necessario abolire l'art. 108 del regolamento che prescrive all'Istituto di pagare l'indennità all'operaio entro otto giorni da quello in cui avrà ricevuto notizia del consenso di lui senza imporre l'esperimento di alcuna altra formalità.

Libero pertanto il Bruzzone di agire in via di revisione, se lo crede, ma gli è interdetto di promuovere giudizialmente una prima liquidazione dell'indennità che già è stata fatta col preciso di lui consenso.

Per questi motivi, ecc.1


TRIBUNALE DI GENOVA / (25 Luglio 1916)
Pres. Baratono – Est. Guillot
Rosso c. Cassa Nazionale Infortuni
Ernia – Mancanza di sforzo grave, straordinario e di sintomatologia propria dell'ernia traumatica – Non indennizzabilità.

Nell'indagine circa il nesso etiologico tra lo sforzo compiuto da un operaio e l'ernia che in lui si riscontra occorre aver riguardo all'entità e natura dello sforzo stesso e alla fenomenologia morbosa prodottasi nel detto operaio. [<549-550>]

Perché l'ernia possa essere considerata come conseguenza di un infortunio a' sensi di legge è necessario che lo sforzo compiuto dall'operaio sia stato grave e straordinario, vale a dire superiore per la sua natura e nella sua complessiva entità a quelli abituali richiesti dal lavoro a cui l'operaio medesimo era adibito, e che la fenomenologia morbosa susseguita al detto sforzo sia quella propria dell'ernia traumatica, non bastando che l'atto lavorativo sia stato soltanto occasione per la manifestazione dell'ernia.

Non può ammettersi un aggravamento permanente di un'ernia preesistente se lo sforzo non sia stato grave e straordinario e non sia ad esso seguita, sebbene in misura attenuata, la fenomenologia morbosa propria dell'ernia traumatica.

Fatto – Con atto di citazione 12 ottobre 1915 l'operaio Rosso Luigi conveniva in giudizio avanti questo Tribunale la Cassa Nazionale Infortuni, domandandone la condanna al pagamento dell'indennità corrispettiva al grado ed alla specie di inabilità da infortunio sul lavoro occorsogli il 23 settembre 1915, con gli interessi e spese.

A fondamento di tale domanda esponeva che il 23 settembre 1915 trovandosi a lavorare alle dipendenze della San Giorgio in Borzoli, e più precisamente mentre stava sollevando da terra un morso di ferro del peso di circa 45 chilogrammi, avvertì la fuoriuscita dell'ernia inguinale destra; soggiungeva che la Cassa Nazionale assicuratrice del rischio aveva rifiutato qualsiasi indennità per non essere a suo avviso l'infortunio risarcibile.

Comparse le parti in giudizio veniva sul loro accordo pronunciata ordinanza presidenziale 29 novembre 1915, con la quale veniva ammessa ed affidata al dott. Vincenzo Giordano una perizia medica all'oggetto di determinare il grado e la specie dell'inabilità lavorativa derivate al Rosso dall'evento per cui è causa e veniva altresì ammessa una prova testimoniale sui seguenti capitoli:

  1. Vero che il 23 settembre 1915 mentre il deducente Rosso trovavasi a lavorare in Borzoli alle dipendenze della S. Giorgio e più precisamente mentre stava sollevando da terra un morso di ferro di circa 50 kg avvertì la fuoriuscita dell'ernia inguinale destra;

  2. Vero che normalmente i morsi della specie di quello inalzato dal Rosso sono sollevati da terra e trasportati da due operai;

  3. Vero che lo stabilimento San Giorgio prima di accettare gli operai li sottopone a visita del proprio medico fiduciario, non ammettendo quelli affetti da imperfezioni fisiche specialmente gli erniosi;

  4. Vero che il Rosso, all'atto dell'accettazione, subì la visita medica e risultò completamente sano.

Il 14 gennaio 1916 veniva eseguita la prova testimoniale con l'esame dei testimoni Guglielmetti Guglielmo ed Arrigo Emilio, ed in data 15 giugno 1916 il perito dott. Giordano depositò la sua relazione di perizia che si chiude con le seguenti conclusioni:

«Pertanto per le sovra esposte considerazioni ritengo che l'invocato trauma nel Rosso non ha fatto che aggravare una ernia preesistente allo stato latente e che detto aggravamento sia equo valutarlo nella misura del 5% della totale».

A tale conclusioni il perito è giunto escludendo, per le circostanze del fatto ed a queste prossime e successive risultanti dalle deposizioni dei testi Guglielmetti ed Arrigo e dallo stesso racconto fattogliene dal Rosso [<550-551>] e riferito a fogli 2° e 3° della perizia e per le risultanze dell'esame del sinistrato e del completo studio del caso, che lo sforzo fatto dal Rosso il 23 settembre per sollevare il morso di ferro del peso di kg 45 o 50 circa abbia causato l'ernia in questione, affermando essersi questa sviluppata per predisposizione e preformazione congenita, ed osservando tuttavia che le circostanze e modalità del fatto inducono a ritenere che questo abbia influito come concausa, aggravando una ernia preesistente, sia stato, come egli si esprime, la goccia che fa traboccare il bicchiere.

Ad avviso del perito quella per sollevare il morso di ferro e le circostanze e modalità del fatto ed i sintomi rilevati mentre non valgono a dimostrare l'origine traumatica dell'ernia ed anzi concorrono ad escluderla, giustificherebbero sufficientemente l'ipotesi della concausa.

Se si fosse trattato di una vera ernia – osserva il perito – il sinistrato non avrebbe certamente potuto compiere quelle pratiche, perché per esse si sarebbe ridestato più vivo il dolore della parte traumatizzata, né il dolore lo avrebbe abbandonato. Si aggiunga ancora che se il medico fiduciario dello stabilimento ha consigliato e fatto applicare subito un cinto, vuol dire che la parte più non era dolente; nessun medico al mondo avrebbe avuto il coraggio di far applicare un cinto su un'ernia traumatica recente, ma avrebbe piuttosto rimesso il paziente nelle mani di un chirurgo valente.

Il racconto quindi dei testi e del sinistrato deve essere vagliato con beneficio d'inventario. Tuttavia tenuto conto del loro racconto e della fenomenologia da loro osservata nel Rosso, grido acuto subito dopo lo sforzo, conati di vomito, sospensione di lavoro per qualche ora, è ammissibile un aggravamento di condizioni morbose precedenti allo stato latente...

Ma per ammettere l'aggravamento dell'ernia bisogna che sia stato uno sforzo superiore per intensità e qualità a quello abituale, e lo sforzo compiuto dal Rosso, se non fu tale da produrre un'ernia da sforzo, è ammissibile che fosse sufficiente ad aggravare un'ernia preesistente. Vi è poi anche a suo beneficio l'immediata manifestazione dei sintomi morbosi seguìti allo sforzo, che se non furono quelli dell'ernia traumatica, tuttavia furono di una certa importanza e la causa determinante l'aggravamento agì in occasione di lavoro.

A giustificazione poi della determinazione dell'indennità da corrispondersi al Rosso nella misura del 5%, il perito osserva che, se in genere una ernia traumatica va considerata nella misura del 10%, un aggravamento d'ernia va considerato di grado minore, e se per un'ernia irriduttibile viene considerato 8%, nel caso Rosso in cui si tratta d'ernia d'assai minore gravità si deve ancora ridurre il tasso.

Il Rosso, pure rilevando che l'oggetto della perizia era limitato allo accertamento del grado e della specie dell'inabilità lavorativa a lui derivata dall'ernia in questione e che a rigore non v'era compresa la indagine sull'origine dell'ernia stessa, accetta la perizia stessa e conclude per la condanna della Cassa Nazionale al pagamento dell'indennità d'invalidità permanente parziale al 5%.

La Cassa Nazionale contrappone alla perizia del prof. Giordano una controperizia del prof. Gustavo Lusena in data 30 giugno 1916 essenzialmente diretta a dimostrare come nella fattispecie non possa neppure parlarsi di concausa ed a mettere in evidenza l'erroneità del giudizio del [<551-552>] Giordano, ed abbondantemente motiva le sue conclusioni, in via principale per l'assolutoria dalla domanda attrice, e in via subalterna perché venga ordinata una nuova perizia.

Diritto. – Sebbene l'attore accetti le conclusioni del perito dott. Giordano, è tuttavia doveroso raccogliere subito e distruggere l'obbiezione che egli muove all'estensione del compito peritale che, secondo lui, era nell'ordinanza del 29 novembre 1915 ammissiva della perizia così stabilito da non consentire indagini sull'origine e causa dell'ernia in questione. È vero che l'oggetto della perizia nell'ordinanza del 29 novembre 1915 era quello di determinare il grado e la specie dell'inabilità lavorativa derivata al Rosso dall'evento per cui è causa, ma non può dubitarsi che in tale designazione del compito peritale si comprendesse anche, e principalmente, la indagine sull'origine e causa della ernia, perché la determinazione di questa, l'accertare se si trattasse di ernia traumatica o no, se ed in quale misura, nella seconda ipotesi, il fatto del 23 settembre avesse aggravato le condizioni preesistenti dell'operaio, era indispensabile per la determinazione del grado dell'invalidità permanente parziale che indubbiamente doveva venir fatta in relazione a quelle condizioni ed all'influsso maggiore o minore del sinistro sulla capacità lavorativa del sinistrato, e perché inoltre la citazione introduttiva del giudizio ed i capitoli di prova testimoniali, che la stessa ordinanza del 29 novembre ammetteva, chiaramente indicavano come oggetto del giudizio e quindi della perizia quello che era il vero tema del contrasto fra le parti cioè appunto l'origine dell'ernia e la risarcibilità o meno della diminuzione di capacità lavorativa da questa derivante. Non era tanto in dicussione questa diminuzione d'attitudine al lavoro in dipendenza dell'ernia ed il grado di essa, quanto la questione se si trattasse di un'ernia indennizzabile come infortunio sul lavoro, e la perizia era essenzialmente diretta, senza dubbio, a risolvere questo principale quesito.

Che le motivazioni della perizia Giordano non danno sufficiente ragione delle conclusioni da lui formulate. Il perito, dopo avere con validi argomenti e sicurezza di giudizio dimostrato la preesistenza dell'ernia, conclusione questa che non può essere ormai più discussa, essendone la dimostrazione perfetta e sicura, ha creduto di poter concludere che lo sforzo fatto dal Rosso il 23 settembre 1915 ha aggravato l'ernia preesistente, in modo da dar diritto allo operaio ad una indennità per invalidità permanente parziale al lavoro, fondandosi su questi argomenti:

  1. Entità e qualità dello sforzo.

  2. Sintomi manifestatisi.

Ma in ordine al primo argomento non può il Tribunale non rilevare che la motivazione è assai monca e incerta, dappoiché il perito dopo avere dichiarato che per ammettere l'aggravamento dell'ernia bisogna che vi sia stato uno sforzo superiore per intensità e qualità a quello abituale, si è limitato a soggiungere che lo sforzo compiuto dal Rosso, se non fu tale da produrre un'ernia da sforzo, è ammissibile che fosse sufficiente ad aggravare un'ernia preesistente. La forma stessa di un tale giudizio, messa specialmente a raffronto col linguaggio deciso e sicuro adoperato dal perito quando ha con assoluta certezza esclusa l'ernia traumatica, può ragionevolmente indurre a ritenere che egli siasi piuttosto abbandonato ad una benevola concessione e sarebbe così spiegato come egli non abbia [<552-553>] creduto di spender una parola per dimostrare come lo sforzo fatto dal Rosso per sollevare una morsa di ferro del peso di 45 kg fosse per entità e qualità tale da dar ragione dell'aggravamento dell'ernia e non siasi preoccupato di indagare se fosse uno sforzo abituale o straordinario, indagine rilevantissima per l'esatto apprezzamento dello sforzo stesso, che non va valutato in senso assoluto ma in relazione alla resistenza dell'operaio, della quale è coefficiente importantissimo l'abituabilità. Ancor maggiore è la perplessità in cui lasciano gli apprezzamenti da parte del perito dei sintomi dai quali sarebbe stato indotto a ritenere l'ernia aggravata dallo sforzo.

Il perito, dopo avere rilevato la discordanza fra le dichiarazioni dei testi Guglielmetti e Arrigo e quelle del sinistrato e dopo aver notato che, mentre i primi due parlano di conati di vomito e di una forzata interruzione del lavoro per due ore, mentre il Rosso non accenna affatto a quei conati ed afferma di aver dovuto sospendere il lavoro soltanto per una ora, e dopo avere ricordato in base alle dichiarazioni dello stesso sinistrato che questi, sospeso il lavoro per un'ora, poté continuarlo fino a sera e poi compiere a piedi un cammino di circa venti minuti per portarsi a casa e quindi, senza incidenti, cenare come al solito e andare a letto e l'indomani mattina ritornare al lavoro percorrendo a piedi lo stesso cammino, e dopo avere detto che non pure il racconto dei due testi, ma anche quello del sinistrato deve essere vagliato con beneficio d'inventario, quando poi viene a giudicare che l'ernia è stata aggravata dallo sforzo del 23 settembre si limita a richiamare quella fenomenologia (grida acute, conati di vomito, sospensione del lavoro per qualche ora) per concludere che, tenuto conto di questo, è ammissibile un aggravamento di condizioni morbose precedenti allo stato latente per soggiungere che i sintomi morbosi seguiti dallo sforzo, se non furono quelli dell'ernia traumatica, tuttavia furono di una certa importanza e tali da giustificare l'ipotesi di un'ernia aggravata da sforzo. Anche nello apprezzamento di questi sintomi, adunque, il perito fa ammissioni e concessioni, ma non esprime un giudizio sicuro che possa essere fatto proprio dal Tribunale; ma per di più tale apprezzamento è deficiente ed assai incerto nella stessa sua base, imperoché non si sa se il perito abbia finito per accettare, come sembra, le dichiarazioni dei testi, verso le quali non aveva dissimulato la sua diffidenza, o se invece siasi fondato sulle dichiarazione del sinistrato.

Nella prima ipotesi, il Tribunale dovrebbe osservare che non si potrebbe sovrapporre alla narrazione del sinistrato, secondo la quale mancherebbero i sintomi di nausea e vomito e sarebbe assai attenuato quello del dolore, quello dei testimoni, tanto più che il racconto del Rosso è avvalorato da tutto ciò che per sua bocca risulta in ordine alla sua condotta dopo il fatto.

Nella seconda ipotesi, non si riuscirebbe a spiegare, né lo spiega il perito, come mai dal racconto del sinistrato il prof. Giordano abbia potuto essere tratto ad ammettere che il fatto del 23 settembre abbia aggravato l'ernia, conclusione alla quale mancherebbe quella che, secondo lo stesso perito, doveva esserne la base, l'esistenza cioè di sintomi meno intensi di quelli dell'ernia traumatica, ma sostanzialmente gli stessi ed in grado apprezzabile.

Che rilevate tali deficienze della [<553-554>] perizia Giordano, non è tuttavia il caso né di schiarimenti dello stesso perito, né molto meno, di nuova perizia.

Il Tribunale è ormai in grado di decidere senz'altro la causa, negando il fondamento della domanda del Rosso e qualificando l'ernia, della quale egli è affetto, malattia preesistente, che, se ha un nesso col lavoro non deriva però da una causa violenta in occasione del lavoro né da alcuna causa violenta di lavoro ricava influenza come aggravamento o concausa, e non potrebbe conseguentemente essere caratterizzata che come malattia professionale non indennizzabile quale infortunio. Oltreché la mancanza di sintomi apprezzabili, che nel contrasto fra le dichiarazioni dei testi e quelle del sinistrato non potrebbero desumersi che quello di quest'ultimo la natura stessa ed entità dello sforzo del 23 settembre non permettono affatto di vedere in questo sforzo una causa violenta, che abbia neppure come concausa potuto influire sull'ernia in questione. Risulta infatti che quello sforzo non era eccezionale né straordinario e che al contrario trattavasi di un lavoro abituale, che il Rosso poté dopo il fatto – riposatosi appena un'ora – riprendere e continuare per giorni e giorni fino a che, come egli stesso dichiara, la Società S. Giorgio non lo licenziò, e cotesta abitualità è in assoluta antitesi con quella anormalità e straordinarietà dello sforzo, senza cui le conclusioni del perito Giordano mancano del principale loro appoggio, e concorre a dimostrare la erroneità del criterio del perito, il quale ha voluto considerare come aggravamento quello che non era che una più palese manifestazione di uno stato preesistente.

Per questi motivi, ecc.2



1 Tali discussioni posso qui avere un qualche interesse, a scopo di esempio, perché accennano alle condizioni di lavoro e all'assicurazione contro gli infortuni in una grande fabbrica dell'epoca.

2 Luigi Rosso è ricorso in appello, ma lo ha perso ed è stato condannato a pagare le spese: Rassegna di assicurazioni e previdenza sociale, 4 (1917), n. 4, aprile, pp. 689-692 Link esterno Emeroteca BNC Roma.



All'indice    1918    Indicatore di completezza
Storia § ??
[Notizie e analisi di borsa], Il corriere economico, 3 (1918), pp. 201, 411. Link esterno OPAC SBN

[201>] A Genova sono ricercate le azioni Officine S. Giorgio (Borzoli) a 200 circa sulle ottime risultanze del bilancio. Dividendo L. 12 (8%) pagate dal 15 aprile. Tale Società ha deliberato di portare il suo capitale da 4½ a 9 milioni con opzione probabile agli azionisti un'azione nuova alla pari ogni azione attuale.1


[411>] Nuovi progressi fece la tendenza di concentrazione delle nostre industrie, di accrescere la potenzialità di quelle esistenti e di creare nuovi impianti per emanciparci dall'estero per vari prodotti di cui eravamo tributari.

Fra queste nuove industrie segnaliamo il riparto di istrumenti di precisione e di ottica (binoccoli, ecc.) impiantato dalla San Giorgio, azienda bene amministrata, la quale ha preso un mirabile incremento. Oltre vagoni e motori gli Stabilimenti di Borzoli e Pistoia costruiscono pure materiali per la guerra. Il suo capitale venne portato a 10 ½ milioni in azioni da 150 lire, le quali sono ricercate oggi intorno a 230. Per l'esercizio 1917 la S. Giorgio distribuì un dividendo di Lit. 12 e le riserve ufficiali nell'ultimo bilancio ammontano a Lit. 2.704.432.



1 Cfr. tabella 4, "Bilanci San Giorgio 1905-1954", in Nones (1990), pp. 293-294.



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Storia § ??
"Società Anonima «San Giorgio» aumento di capitale", La marina mercantile italiana, 16 (1918), p. 6064. Link esterno OPAC SBN

L'Assemblea Generale della Società Anonima industriale San Giorgio, con sede in Borzoli (Genova) nella seduta del 30 Marzo 1918 elevava il capitale sociale da L. 4.500.000 a 9.000.000. L'aumento sarà effettuato mediante l'emissione di 30000 azioni nuove da L. 150 ciascuna. Le nuove azioni sono offerte tutte in opzione agli Azionisti, in ragione di una azione nuova per ogni azione vecchia posseduta, alla pari e cioè al prezzo di L. 150, ed avranno godimento dal 1° Gennaio 1918.1



1 Cfr. tabella 4, "Bilanci San Giorgio 1905-1954", in Nones (1990), pp. 293-294.



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Storia § ??
"Decreto luogotenenziale n. 1408", Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, 4 (1918), p. 2971. Link esterno OPAC SBN

N. 1408 / Decreto Luogotenenziale 8 settembre 1918, col quale, sulla proposta del Ministro per le armi e munizioni, è dichiarata opera di pubblica utilità l'ampliamento da parte della ditta S. Giorgio – Società Anonima Industriale con sede in Borzoli (Genova) – del Campo di volo sito in territorio del Comune di Pistoia, occorrente per il collaudo degli areoplani [aeroplani] Caproni costruiti dalla Ditta medesima per conto dell'Amministrazione militare, assegnandosi il termine di mesi sei dalla data del decreto stesso per il compimento dell'opera suddetta.1



1 ...



All'indice    1918    Indicatore di completezza
Storia § ??
G. D'Annunzio, "Catalogo dei trenta di Buccari", in La beffa di Buccari (Milano : Fratelli Treves, 1918), p. 59 Link esterno Wikisource e Ibidem. Link esterno OPAC SBN

IL TERZO EQUIPAGGIO,
Il sottotenente C. R. E. Andrea Ferrarini da Mantova. | Il capotimoniere Vincenzo Lazzarini da Viareggio. | Il sottonocchiere Emilio Davide da Finalmarina. | Il marinaio Paolo Papa da Trapani. | Il sottocapo torpediniere Cesare Dagnino da Sestri Ponente.1 | Il sottocapo torpediniere Domenico Piccirillo da Vietri sul Mare. | Il cannoniere scelto Umberto Biancamano da Gallipoli. | Il cannoniere scelto Angelo Rittore da S. Bartolomeo del Cervo. | Il fochista Saverio Badiali da Spezia. | Il fochista Mario Allegretti da Terni.



1 "Il torpediniere Dagnino è alla «San Giorgio» di Sestri Ponente. L'altro torpediniere, Piccirillo, con quattro figli, è macchinista di prima classe nelle ferrovie di Napoli". Tale fonte non è qui precisata, ma è all'interno della miscellanea Fascism in Italy, vol. 24 (1922) Link esterno HathiTrust, visibile per frammenti in Link esterno Google libri.



All'indice    1919    Indicatore di completezza
Storia § ??
R. A. Occhialini, "Il Regio Laboratorio di Precisione di Roma", Rivista d'ottica e meccanica di precisione, 1 (1919), n. 1-2, settembre-ottobre, pp. 3 Link esterno Emeroteca BNC Roma, 6 Link esterno Ibidem. Link esterno OPAC SBN

[3>] Prima della guerra gli strumenti ottici passavano da noi per oggetti pacifici; infatti Zeiss di Jena, Goerz di Berlino, Voigtländer di Braunschweig, Busch di Rathenau, Rietschel, Steinheil, Rodenstock, ecc. fornivano binocoli apprezzati soltanto dagli «sportmen»; obbiettivi fotografici che si prestavano all'esercizio di alcune vanità, se non a manifestazioni di un certo genere d'arte pieno d'innocenza; strumenti d'astronomia in servizio di una scienza coltivata, come ognun sa, da gente distratta, incapace di propositi bellicosi; microscopî per la medicina che è la più umanitaria di tutte le scienze.

Né valeva a cambiare il giudizio il fatto che strumenti ottici entravano nelle dotazioni dell'esercito e della marina, poiché era risaputo che questi organismi avevano la nobile ed inerte funzione di conservare la pace, tanto che il loro mantenimento rientrava in un capitolo di spese che i sociologi della Camera chiamavano improduttive.

È da credere, invece, che il governo tedesco giudicasse assai seriamente gli strumenti ottici se con ogni sorta di incitamenti e di aiuti dava modo all'industria ottica di raggiugere il suo meraviglioso sviluppo.

Certo è che, mentre la Germania, riserbando a sé la produzione ottica che prima spargeva per tutto il mondo, si trovò, anche per questo riguardo, pronta alla guerra, le nazioni avversarie, si trovarono allo scoppio del conflitto nella necessità di creare, insieme coi loro eserciti, anche questo particolare ramo d'industria.

L'Italia assolse molto onorevolmente la sua parte, perché al governo e nell'industria si trovarono uomini che ben compresero l'importanza della produzione ottica nella difesa nazionale, e seppero commisurare lo sforzo allo scopo da raggiungere. Così, superate enormi difficoltà, alle richieste dell'Esercito e della Marina fu provveduto da grandiosi stabilimenti formatisi intorno a piccoli nuclei preesistenti o creati di sana pianta. Per rammentare i maggiori: a Firenze le OFFICINE GALILEO, a Milano gli Stabilimenti KORITSKA e SALMOIRAGHI, a Sestri Ponente l'OFFICINA SAN GIORGIO; e sopra a tutti, a regolare, promuovere, controllare la produzione, a produrre esso stesso, un istituto statale alle dipendenze del Ministero per le Armi e Munizioni, il R. LABORATORIO DI PRECISIONE sotto la direzione del Generale Eugenio Righi.


[6>] Anche il cannocchiale panoramico (cioè lo strumento di puntamento di tutte le batterie campali e da montagna) è stato riprodotto e costruito su larga scala dal Laboratorio per integrare la abbondantissima, ma tuttavia insufficiente, produzione dello stabilimento S. GIORGIO già menzionato.1



1 Sono stati qui trascritti i brani in cui è esplicitamente citata la San Giorgio; l'intero articolo, peraltro, è di grande interesse, anche in merito ai cenni finali sulla produzione di vetro ottico (p. 7).

Il funzionamento dello strumento è spiegato in: "Il cannocchiale panoramico per cannoni", La scienza per tutti, 23 (1916), n. 14, 15 luglio, pp. 223-224, con due figure Link esterno Emeroteca BNC Roma.



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Storia § ??
R. A. Occhialini (?), "Informazioni", Rivista d'ottica e meccanica di precisione, 1 (1919), n. 1-2, settembre-ottobre, p. 31 Link esterno Emeroteca BNC Roma. Link esterno OPAC SBN

L'associazione italiana di ottica e meccanica di precisione promossa dal Generale Eugenio Righi, Direttore del R. Laboratorio di precisione di Roma, è stata costituita in una riunione tenuta nell'Istituto di Fisica di Firenze il 9 agosto. L'adesione già ottenuta di quanti in Italia sono interessati nello sviluppo e nel progresso di questo ramo dell'umano lavoro, dà affidamento che i fini che la società si propone saranno alacremente e prontamente conseguiti.

L'industria dell'ottica e della meccanica fine, nella quale rifulse per il passato il genio della nostra terra, deve essere oggi più che mai incoraggiata in Italia; giacché essa è fra le più conformi alle attitudini del nostro lavoratore in quanto mette in valore le sue non comuni abilità manuali senza esigere dal paese particolari risorse di materie prime.

Questa industria ha assunto ormai tale sviluppo da non essere più, come per il passato, un elemento trascurabile nella vita e nell'economia del Paese, ma incontrerà presto gravi ostacoli nelle nostre condizioni economiche e nella concorrenza estera, se con una saggia organizzazione del lavoro non risulterà promossa e agevolata la produzione nazionale.

L'associazione italiana d'ottica e meccanica di precisione sarà assai utile in questo riguardo coll'incoraggiare una stretta cooperazione fra i produttori, i cultori e gli acquirenti, talché sia tratto tutto il partito dall'applicazione dei fondamenti scientifici su cui l'industria si appoggia, siano eliminate le irregolarità e le difficoltà della produzione, siano continuamente controllati e migliorati i manufatti. Essa sorge dopo che analoghe società sono state costituite in Inghilterra e in America; collaborando con questi organismi, ormai fiorenti, nel rendere progressiva l'industria mondiale sarà in grado di esercitare la più efficace tutela dell'attività nazionale.

L'Associazione avrà sede in Firenze.

Alle cariche sociali sono stati eletti:

Presidente – Generale EUGENIO RIGHI Direttore del R. Laboratorio di precisione, Roma.

Vice-Presidente – Senatore ANGELO SALMOIRAGHI della «Filotecnica», Milano.

Consiglieri – Ing. GIUSEPPE ASTORRI, Presidente della Società «Archimede», Roma; Prof. AZEGLIO BEMPORAD, Direttore del R. Osservatorio di Napoli; Ing. ALBERTO CANTÙ, Direttore dell'Officina San Giorgio, Sestri Ponente;1 Commendatore LUIGI PASQUALINI, Direttore delle Officine Galileo, Firenze; Senatore Prof. VITO VOLTERRA, R. Università, Roma.

Cassiere – Marchese NELLO VENTURI GINORI, Firenze.

Segretario – Prof. AUGUSTO OCCHIALINI, Direttore del Laboratorio d'ottica pratica e meccanica di precisione, Firenze.2



1 L'ing. Cantù è uno di quei tecnici il cui ruolo è finora poco noto: cfr. Nones (1990), p. 194.

2 L'articolo, anonimo, è qui attribuito ad Occhialini per il suo ruolo nell'Associazione neocostituita e perché il docente era, al contempo, direttore responsabile della rivista.



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Storia § ??
[Aumento di capitale], La società per azioni, 9 (1919), p. 33. Link esterno OPAC SBN

Viene ora attuato anche l'aumento di capitale della «Società industriale San Giorgio» di Borzoli, da 10,5 a 18 milioni quale deliberato nel novembre scorso.

Si emettono 50.000 nuove azioni da L. 150 ciascuna riservandole dal 1° al 10 febbraio in optione a gli attuali azionisti in ragione di 5 azioni ogni 7 possedute.

Ed altre emissioni si preparano per i prossimi mesi.1



1 ...



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Storia § ??
P. G. Nutting, "The New Italian Optical Journal", Journal of the Optical Society of America, 4 (1920), pp. 192-193 Link esterno Internet Archive. Link esterno OPAC SBN

Everyone interested in applied optics or in precision mechanics will heartily welcome the new journal Revista D'Ottica e Meccanica di Precisione, recently started in Florence by Doctor Occhialini. Following the organization of the Italian Optical Society, L'Associazione di Ottica e Meccanica di Precisione, on August 9, 1919, the new journal was initiated with the September-October number, and has appeared bi-monthly since. It is the official organ of that society and is published by the Laboratorio D'Ottica Practica e Meccanica di Precisione at Florence. Dr. Augusto Occhialini, editor of the journal, is head of the Department of Mechanics and Director of that research institute and secretary of the society.

The scope of the new journal is quite broad but very well covered, judging by the three numbers that have thus far appeared. It contains a number of original articles on general lens theory, lens calculation, optical glass testing, optical apparatus, photometry, radiometry, microscopy [<192-193>] and photography, as well as a few on metrology and mechanics. There are numerous short abstracts of articles published in foreign journals, together with news items of general scientific interest and a few articles on industrial research. Some historical papers on the origin and development of certain mechanical principles are of particular interest. The avowed purpose of its founders in starting the journal is to collect and diffuse information of interest and value to the industries.

To those interested in the organization of research, the situation in Italy will prove worthy of careful study. Government testing laboratories, schools of technology, astronomical observatories and manufacturers of scientific apparatus are all closely associated, somewhat as has been attempted at various times in this country. We should have a somewhat analogous condition of affairs if the Bureau of Standards and other testing and research laboratories were to throw open their doors to students and organize regular courses of instruction for them, and if they, together with Mt. Wilson and other observatories, with Gaertner, Leeds and Northrup, Bausch & Lomb, and other manufacturers of apparatus, and such manufacturers of precision instruments as Pratt & Whitney and Warner & Swazey, were to form a national technological association and publish a journal. The problem of adequately training men for industrial research, and eventually for the industries themselves, is an acute one in this country to-day, and Italy appears to have solved it.1

The officers of L'Associazione Italiana di Ottica e Meccanica di Precisione are as follows:
Presidente – Generale Eugenio Righi, Direttore del R. Laboratorio di precisione, Roma.
Vice-Presidente – Senatore Angelo Salmoiraghi, della "Filotecnica," Milano.
Consiglieri – Ing. Giuseppe Astorri, Presidente della Societa "Archimede," Roma; Prof. Azeglio Bemporad, Direttore del R. Osservatorio di Napoli; Ing. Alberto Cantù, Direttore dell'Officina San Giorgio, Sestri Ponente; Commendatore Luigi Pasqualini, Direttore delle Officine Galileo, Firenze; Senatore Prof. Vito Volterra, R. Università, Roma.
Cassiere – Marchese Nello Venturi Ginori, Firenze.
Segretario – Prof. Augusto Occhialini, Direttore del Laboratorio d'ottica practica e meccanica di precisione, Firenze.



1 Il commento ottimistico è probabilmente in relazione all'auspicio di un coordinamento delle realtà statunitensi analogo a quanto sperimentato in Italia. Su Perley Gilman Nutting (1873-1949) Link esterno Wikipedia EN (esistente il 27/12/2020).



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Storia § ??
"Gli scioperi nelle industrie nel mese di febbraio 1920", Bollettino del Lavoro e della Previdenza Sociale, 33 (1920), gennaio-giugno, parte prima, pp. 614, 636-637 Link esterno Google libri. Link esterno OPAC SBN

[614>] Pistoia. – Dopo lo sciopero 4-28 febbraio 1920 gli operai delle officine San Giorgio hanno ottenuto i seguenti miglioramenti. Salario per ogni ora di lavoro: aggiustatori, tornitori e macchine diverse, falegnami da lire 1 a lire 1.25, verniciatori da lire 0.95 a lire 1.20, stampaggio da lire 0.90 a lire 1.15, fucinatori da lire 1.15 a lire 1.40; diversi: uomini da lire 1.10 a lire 1.35, ragazzi da lire 0.55 a lire 0.65, donne da lire 0.70 a lire 0.85. Aumento di una media del 55 per cento su dette paghe per lavoro a cottimo. Orario: 8 ore, per i ragazzi e le donne 7 e mezza. Giornate lavorative: media annua 300. (Notizie della Ditta).


Industrie siderurgiche, metallurgiche e meccaniche

Furono segnalati complessivamente 17 scioperi e serrate.

Cessato lo sciopero degli elettricisti liguri e la conseguente disoccupazione nei vari stabilimenti di Genova e provincia gl'industriali metallurgici e meccanici concessero ai loro operai una somma a titolo, secondo quanto essi ebbero a dichiarare, di prestito e non di acconto o anticipo. Sostenendo tuttavia gli operai che le giornate di disoccupazione dovute allo sciopero di cui sopra dovessero essere pagate, si rimise la questione ad una Commissione paritetica che però non potè accordarsi per assoluta divergenza di giudizio tra i rappresentanti operai e quelli industriali. Intanto gl'industriali il giorno 15 febbraio facevano la prima ritenuta sul prestito, e in conseguenza a ciò gli operai iniziavano [<636-637>] l'ostruzionismo, al quale seguiva il giorno 17 la serrata di tutti gli stabilimenti siderurgici e meccanici di Genova e provincia (Rivarolo, Sestri Ponente, Convigliano [Cornigliano], Sampierdarena, Borzoli, Pegli, Vado Ligure). Gravi fatti si verificarono a Sestri Ponente, dove gli operai tentarono di occupare gli stabilimenti, e, dichiarata decaduta l'autorità dirigente tecnica ed amministrativa, elessero i Consigli di fabbrica e i nuovi capi e direttori. Quasi subito dopo gli stabilimenti vennero di nuovo chiusi e in buona parte occupati dalla forza pubblica. Dopo vive discussioni tra i rappresentanti del Consorzio industriali liguri e i rappresentanti delle organizzazioni operaie sotto la presidenza del prefetto di Genova, nella notte del giorno 20 si raggiungeva l'accordo. Per esso gli industriali, riaffermato che le somme erano state date a titolo di prestito, consentivano che la trattenuta, già fissata in lire 5 settimanali, fosse ridotta a lire 1, intendendosi con ciò definitivamente risolta la questione delle somme concesse agli operai in occasione dello sciopero degli elettricisti; e a condizione che gli operai rinunciassero ad ogni domanda di compenso per le giornate perdute tanto per detto sciopero, quanto per l'agitazione chiusa con il concordato in parola. Per gli operai dimissionari o licenziati prima della estinzione del debito, si stabilì che la trattenuta del saldo venisse fatta in una sola volta all'atto della liquidazione del conto dell'operaio. Contemporaneamente si risolveva anche la questione del caro-viveri richiesto dalle maestranze delle industrie meccaniche, siderurgiche e navali concedendo agli operai al di sopra degli anni 18 e alle operaie al di sopra degli anni 20, per ogni giorno di presenza al lavoro, lire 1.40 per il mese di gennaio, lire 1.50 per il mese di febbraio, lire 1.60 per marzo, e lire 1.70 per aprile. (Per gli operai al disotto dell'età su indicata l'indennità giornaliera venne rispettivamente fissata in lire 0.90, 1, 1.05 e 1.10).

[...] A Pistoia per aumento salari scioperarono gli operai (864) della Società anonima San Giorgio (5 febbraio-1° marzo). Ottennero un aumento medio del 25 per cento per gli operai al disopra dei 18 anni, e del 10 per cento per quelli tra i 16 e i 18 anni.1



1 Sulla rilevanza assegnata all'evento si veda anche → Chiurco (1929).



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Storia § ??
"Domande e risposte", La Scienza per tutti, 28 (1921), n. 2, 15 gennaio, pp. 27 - 28 - 29 Link esterno Emeroteca BNC Roma. Link esterno OPAC SBN

2580. – Quale vantaggio presenta il cannocchiale da campagna prismatico in confronto di quello non prismatico? Nelle vicinanze dell'oculare di alcuni binoccoli si trova una graduazione che permette di leggere istantaneamente la distanza dell'oggetto mirato. Desidererei che mi si spiegassero elementarmente i principi teorici che informano l'applicazione dei prismi e della graduazione suaccennata ai binoccoli.1

[...] La misurazione istantanea della distanza dell'oggetto mirato, non è cosa propria dei binoccoli, ma tra gli apparati ottici esistono strumenti capaci di effettuarla. Sono telemetri monostatici.

Quella graduazione che lei vede nei binoccoli è tracciata su una lastrina detta diastimometrica.2

Questo, come qualunque altro sistema di misurazione, non è istantaneo, ma richiede un piccolo calcolo e suppone la conoscenza di una qualsiasi dimensione dell'oggetto del quale si vuole determinare la distanza. Immagini che questa dimensione sia I, lato di una casa, altezza di un albero, ecc., ecc. Nell'interno del binoccolo, lei conosce l'unità di misura impiegata nelle suddivisioni, per cui, osservando, vede la dimensione   I   compresa in un certo numero su di queste suddivisioni. Per semplificare il calcolo ed ottenere subito   X   (distanza) in metri, l'unità di misura adottata è il millesimo che si può definire praticamente come l'angolo sotto il quale un metro è visto alla distanza di 1000 metri. Il numero   n   di divisioni, quindi, sarà   φ   millesimi. Allora nel triangolo OAB (fig. 4)    Imetri = Xmetri tg φ    da cui    X = I / tg φ    [<28-29>]

Per   φ   molto piccolo, come succede sempre nella misurazione di distanze, si può fare    φ = tg φ   ,   per cui    Xmetri = I / φ    come del resto era facile dedurre dopo la definizione del millesimo sopra data, la quale, pure non essendo esatta, serve molto bene a spiegare la misurazione. Da questa formola si ricava    I = X φ    e resta risolto il problema della determinazione della dimensione, conoscendo la distanza cui essa si trova.



1 La domanda è in La Scienza per tutti, 27 (1920), n. 21, 1° novembre, p. 329 Link esterno Emeroteca BNC Roma. È qui trascritta parte di una delle risposte (del capitano di artiglieria Emilio Di Nardo), pertinente al "cannocchiale-binoccolo prismatico", come definito nella legenda della fig. 2 a p. 28.

2 Detta più spesso piastrina diastimometrica.



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Storia § ??
[Carico di lavoro e utile di bilancio], Giornale di chimica industriale ed applicata, 4 (1922), p. 230. Link esterno OPAC SBN

Genova – ANON. INDUSTRIALE SAN GIORGIO - BORZOLI – (Cap. L. 18.000.000). – Secondo la relazione lo stabilimento di Pistoia ha avuto discreto lavoro per materiale ferroviario, mentre quello di Sestri Ponente, che fa lavorazioni d'applicazione industriale, ha sofferto assai per la crisi del lavoro, per agitazioni operaie, ecc. L'utile netto di L. 1.390.376,46 sarà distribuito qualora sia prossimamente migliorato il mercato finanziario a giudizio del Consiglio.1



1 Cfr. tabella 4, "Bilanci San Giorgio 1905-1954", in Nones (1990), pp. 293-294.



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Storia § ??
W. Sehnert, "Binocoli", La riforma sociale : rivista critica di economia e di finanza, 33 (1922), n. 11-12, novembre-dicembre, p. 529 Link esterno Emeroteca BNC Roma. Link esterno OPAC SBN

La nuova tariffa doganale porta il dazio per binocoli prismatici a L. o. [lire oro] 30, che corrisponde a lire carta 135 circa per ogni binocolo, cioè al 50% circa del valore della merce stessa. La conseguenza? Le Case nazionali che si occupano della fabbricazione di binocoli prismatici non venderanno un solo binocolo di più che nell'epoca precedente all'entrata in vigore della nuova tariffa, perché il cliente che vuole comperare un binocolo Zeiss o Goerz per il suo pregio speciale non baderà al prezzo maggiore di questi prodotti. D'altra parte le poche fabbriche nazionali di binocoli prismatici si sono affrettate – e questo è il caso per quasi tutti gli articoli protetti dalla nuova tariffa – di aumentare il prezzo dei loro prodotti.

In conclusione chi paga il conto è il consumatore italiano. È questa la conferma delle sue parole: «Inevitabilmente costringerai i tuoi connazionali a pagar care le merci estere e a non vendere più le proprie»,1 parole d'oro che dovrebbero essere prese nella massima considerazione da coloro ai quali sta a cuore il vero interesse del paese.

Genova, 9 settembre 1921.



1 Il riferimento è a: L. Einaudi, "La tariffa doganale come arma di negoziazione ", Corriere della Sera (9 settembre 1921) Link esterno Opera Omnia Luigi Einaudi (esistente il 15/1/2021).



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Storia § ??
[Deposito del marchio], Bollettino dei marchi di fabbrica e di commercio, 10 (1922), p. 21. Link esterno OPAC SBN

Marchio di fabbrica, depositato il 16 aprile 1921 (Reg. Generale n. 21480) dalla "SAN GIORGIO" (Società Anonima Industriale) a Borzoli (Genova) per dinamo e motori elettrici di qualsiasi tipo, loro parti e accessori; motori termici di qualsiasi tipo, loro parti [e] accessori; alternatori elettrici di qualsiasi tipo e loro parti; macchine marine principali ed ausiliarie, loro parti ed accessori; macchine ed apparecchi industriali, loro parti ed accessori; apparecchi ottici, macchine cinematografiche, loro parti ed accessori.

[Figura con la S inscritta nella G e l'appartenenza del marchio]

Trascritto il 25 gennaio 1922 (Reg. dei Marchi vol. 180, n. 19).1



1 Il documento originale è trascritto e in parte riprodotto in → Documenti.



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Storia § ??
[Un conservatore], "Il fascismo in Liguria", La critica politica, 3 (1923), n. 5, 25 maggio, pp. 232-237 Link esterno Emeroteca BNC Roma, p. 232, p. 233. Link esterno OPAC SBN

Si possono distinguere nella nostra regione tre zone, a diverso regime economico, in cui la marcia del fascismo si presentò con caratteri differenti.

     1°) Non vale la pena di parlare del fascismo nei monti di Liguria, in cui molto spesso fu una importazione dei signori villeggianti. L'agricoltura è qui miserabile; non ci fu neppure la spesa, per i proprietari, a impiantare un po' di fascismo agricolo. [...]

     2°) Si possono raggruppare insieme, ai fini del nostro esame, le località disperse lungo le due Riviere, in cui si sviluppò largamente l'industria di guerra: Oneglia, Savona, Sestri Ponente, Sampierdarena e la vallata del Polcevera, Riva, Trigoso, Spezia. Forti contingenti di mano d'opera extra-regionale (toscani, sardi) avevano portato durante la guerra un lievito sovversivo fortissimo. Il Comitato di mobilitazione industriale [<232-233>] di Genova, che doveva provvedere, fra l'altro, alle incessanti richieste di Ansaldo, fu di una larghezza nel promuovere questo mutamento di contadini che credo senza pari: esso pompava fabbri da villaggio e facocchi1 in tutti i distretti d'Italia, per farne un «operaio» di Ansaldo. Nessuna disciplina sindacale. Nessun movimento, lontanamente paragonabile per serietà a quello dei Consiglio di Fabbrica torinesi. In un organismo guidato dai Perrone, non poteva neppur concepirsi uno sforzo di disciplina autonoma operaia. L'Abenteuer-kapitalismus2 dei capi obbliga i salariati a rimanere nel bolscevismo urlone. Gli esponenti politici di questo bolscevismo industriale, gli uomini del biennio 19-20 che i fratelli Perrone ricordano certo con rimpianto, non sono affatto i massimalisti mandati al parlamento, tutti scemi: ma l'on. Cerpelli, deputato montato in oro, come i diamanti:3 nella attuale legislatura, l'on. Luiggi.4

Nei tumulti per il caroviveri (giugno '19) si ebbero i primi episodii rivelatori dell'intima debolezza del massimalismo ligure: tentativi di requisizione armata di prodotti agricoli da parte degli incaricati delle Camere del Lavoro di Sestri e di Voltri, nettamente stroncati da qualche moschettata carabinieresca. La prima campagna antibolscevica la fece, in Sampierdarena e nella Val Polcevera, il riformismo genovese: nella elezione del '19, l'on. Canepa fu a stento difeso dai marinai di Giulietti dalle estreme violenze degli elettori sampierdarenesi. C'era, in questa azione moderatrice della capitale regionale, un residuo di diffidenza e di dispregio da parte delle organizzazioni sindacali e politiche del capoluogo verso i «foresti» venuti a mangiare il pane dei liguri, verso i toscani e i sardegnoli immigrati nelle industrie di guerra, verso le maestranze indisciplinate di grandi organismi industriali parassitarii? C'era anche questo. Indiscutibilmente, molti organizzati e qualche organizzatore genovese videro non senza compiacenza, nei primi mesi del '21, la formazione delle prime squadre fasciste precisamente nei centri rivieraschi più rossi. Il reclutamento di queste squadre fu largamente favorito dai licenziamenti di Ansaldo, Piaggio, Tassara. Non saltò fuori nessun uomo d'arme, nessun capo di rilievo. Nel giugno '22, tutto il massimalismo era già liquidato. Si verificarono casi curiosi, e ancor oggi controllabili: negli Oleifici Gaslini, a Bolzaneto (impianto di guerra) nel '19, su una maestranza di 400 uomini, solo una ventina non facevano professione di bolscevismo: oggi sono quelli stessi vinti, nominativamente, uno per uno, che resistono a non fare professione di fascismo. Ho l'impressione che – nonostante questo passaggio pecorile, l'adesione al sindacalismo fascista sia sincera. Il disprezzo per gli antichi capi massimalisti è molto diffuso: i nuovi hanno opportunamente spiegato e sfruttato il recente intervento del Governo centrale nella baracca Ansaldo, e così, attraverso l'inquadratura fascista, il tumultuoso bolscevismo delle maestranze del '19 va sbollendo in una patriottica attesa di interventi governativi, degna del riformismo più ortodosso.

     3°) In Genova città, scarsi furono gli impianti di industrie di guerra: l'interesse rimane concentrato attorno al traffico portuario. Il fascismo si affermò tardissimo. [...] 5



1 Costruttori o riparatori di carrozze.

2 Capitalismo d'avventura. "Esiste quello che lo stesso Sombart, e altri, chiamarono Abenteuer-Kapitalismus (il persistente parassitismo siderurgico, i casi Bondi, Perrone, ecc. rientrano in questa categoria)"; C. Pogliano, Piero Gobetti e l'ideologia dell'assenza (Bari : De Donato, 1976), p. 112.

3 Attilio Cerpelli, nato a Fermo (Ascoli Piceno) il 29 febbraio 1880; industriale laureato in Ingegneria Link esterno Camera dei Deputati.

4 Luigi Luiggi, nato a Genova il 3 agosto 1856, deceduto a Roma il 1 febbraio 1931; docente universitario laureato in Ingegneria Link esterno Camera dei Deputati.

5 L'articolo fa parte della serie "Situazioni regionali".



All'indice    1923    Indicatore di completezza
Storia § ??
[Attività societarie], La finanza italiana, 15 (1923), pp. 140, 170, 220. Link esterno OPAC SBN

[140>] Aumenti [...] Soc. an. Industriale S. Giorgio - Borzoli – Da 15 a 20.500 mila mediante emissione di 9.000 azioni da L. 500.


[170>] Convocazioni d'Assemblee [...] 8 maggio – Soc. an. Industriale S. Giorgio - Borzoli.


[220>] Utili e dividendi / Soc. an. «S. Giorgio» Industriale - Borzoli – Il bilancio 1922 si è chiuso con un utile netto di L 402.996,38 che ha permesso la distribuzione di un dividendo di L. 9 per azione (6 per cento).1



1 .



All'indice    1923    Indicatore di completezza
Storia § ??
P. Martinez, "Sulla costituzione dei periscopi e sulle loro qualità ottiche", Rivista marittima, 56 (1923), n. 3, luglio-agosto, pp. 19-46 con figure. Link esterno OPAC SBN

[Rimane da reperire questo articolo di Paolo Martinez, citato ad esempio nella voce "Periscopio" della Link esterno Enciclopedia Treccani (1935)]



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Storia § ??
E. Bianchi, "La Fiera campionaria di Milano: invenzioni e innovazioni industriali", Domande e risposte di scienza applicata..., 3 (1924), n. 9, pp. 157-158 Link esterno Emeroteca BNC Roma, p. 157, p. 158; supplemento di La scienza per tutti. Link esterno OPAC SBN

LA MECCANICA DI PRECISIONE E L'OTTICA NAZIONALE.

Nel padiglione degli istrumenti scientifici l'industria nazionale degli istrumenti scientifici si è veramente affermata.

E qui bisogna ricordare come in Italia da ben 44 anni, esiste una delle migliori industrie del mondo, che produce microscopi ovunque diffusi. Essa trae le origini dal suo fondatore Francesco Koristka, scienziato e costruttore nel medesimo tempo.[<157-158>]

La difficile lavorazione del delicato strumento destinato alla visione dell'infinitamente piccolo, sia nella parte meccanica, sia nella parte ottica, fu da lui creata con maestranze di tecnici e di operai, le quali si susseguono di generazione in generazione: e rappresenta il trionfo scientifico della pazienza e della precisione.

Al Koristaka [sic] si deve inoltre la creazione degli obiettivi semi-acromatici, che i costruttori stranieri – ben pochi del resto – hanno imitato e imitano tuttora.

Da tutto ciò risulta evidente che anche il microscopio è una gloria nazionale nel migliore senso della parola.

Né l'industria Koristka si è arrestata al microscopio; tutti i rami dell'ottica rientrano nella sua orbita; dal binoccolo, all'obiettivo fotografico, dalla proiezione fissa alla cinematografia e così dicendo. Oggi, infine, gli stabilimenti Koristka costruiscono persino le lenti da occhiali, liberandoci dall'empirismo e dal predominio straniero con la lente «k» assisimmetrica che per i suoi requisiti scientifici è la vera e propria lente oftalmica.

D'altronde la migliore affermazione della valida esistenza di una industria italiana è data dal fatto che la guerra è stata iniziata e condotta a termine con istrumenti ottici esclusivamente italiani dalle officina Koristka, Galileo, Salmoiraghi, S. Giorgio, Laboratorio di Precisione forniti alla vittoria del nostro Esercito, della nostra Marina e della nostra Aviazione, nonché, in parte, alle vittorie alleate.

Le officine Galileo di Firenze stanno costruendo il pozzo solare di Arcetri, del quale si è, invano per noi, largamente occupata la stampa internazionale, ed ottima fama godono i telemetri ed i grandi proiettori che sono colà fabbricati, figura 19.

Tutti i geometri altresì conoscono gli strumenti geodetici e topografici del Salmoiraghi, che è noto, fra l'altro, anche per la costruzione di binocoli, obiettivi fotografici, compassi.

Alla San Giorgio, di Borzoli, ed al Laboratorio di precisione di Roma si riconnette più propriamente l'ottica bellica:1 gioverà ricordare inoltre la cinematografia italiana che ha, mercé le Officine Pion, una notorietà internazionale.

Né si può tacere della invenzione di un giovane inventore. Il Nistri di Roma, che ha costruito un Fotocartografo, il primo del genere, destinato a rivoluzionare con un sistema di presa fotografica dall'aeroplano, l'intera scienza cartografica. Si stanno infatti con tal mezzo compiendo i rilievi del nuovo catasto.

Tra le interessanti novità che la Fiera di Milano presenta nel Padiglione per l'Ottica, citeremo la soluzione dell'importante problema dell'abolizione dell'arco nelle proiezioni fisse e cinematografiche in ispecie, dovuta all'ing. Salto di Trieste, il quale ha costruito negli stabilimenti Koristka un proiettore basato su un sistema aplanatico diottrico-catottrico, in cui si sfruttano nel campo ottico le curve ellittiche. Tale apparecchio permette la sostituzione della lampada ad arco da 8 a 10.000 candele, con una semplice lampada a incandescenza di sole 500 candele, che toglie il farfallio, la instabilità e la incostanza della normale luce derivante dall'arco voltaico.

Citeremo infine una serie di obiettivi da presa e da proiezione studiati dal dottor Carlo Koristka che hanno raggiunto risultati eminentemente plastici: né va dimenticato il suo tele-obiettivo F-4.5, l'unico del genere, che copre in diagonale un formato identico alla distanza focale posteriore dell'obiettivo stesso; egli ha inoltre creato un obiettivo fotografico F-3 che copre in diagonale a tutta apertura l'intera distanza focale.

L'importanza di tale risultato è data dal fatto che con luminosità di gran lunga superiore, l'obiettivo suddetto ha raggiunto le caratteristiche del celebre Tessar, il quale era l'ultima parola della scienza fotografica pur non avendo che un'apertura F-4.5.

Per concludere, anche nei riguardi della materia prima necessaria a questa difficile industria, è indispensabile citare la storica Cristalleria Murano, la quale ha prodotto del purissimo cristallo d'ottica e del vetro neutro di cui venne contraffatta la marca persino in Germania.

Bastano i dati di tale rassegna sommaria e sintetica a far ammettere dagli italiani l'esistenza di una industria ottica di Galileo che non ha nulla da invidiare le case estere.



1 La San Giorgio non pare ancora spiccare, alla Fiera di Milano del 1924, per quanto riguarda l'innovazione tecnica nel campo dell'ottica.



All'indice    1924    Indicatore di completezza
Storia § ??
"Società «San Giorgio» - Borzoli", La metallurgia italiana, 16 (1924), p. 115 Link esterno Emeroteca BNC Roma. Link esterno OPAC SBN

La Società Anonima Industriale "San Giorgio" – costituita (rog. [rogito] Sciello del 18-11-1905) con sede in Borzoli e col capitale di 18 milioni – in seguito all'assorbimento dello Stabilimento di Rivarolo Ligure della "Società Officine Elettromeccaniche" ha modificata la sua ragione sociale in "San Giorgio" – Società Anonima Industriale – Stabilimenti Riuniti San Giorgio – Officine Elettromeccaniche ed aumentando il proprio capitale di L. 2.250.000 di cui L. 1.197.050 assegnate in corrispettivo dell'apporto dello Stabilimento di Rivarolo, sul quale graverà l'ipoteca per la già deliberata emissione di novemila azioni da L. 500 ciascuna (per l'ammontare complessivo di L. 4.500.000) fruttanti l'interesse del 5,50% con decorrenza dal 1° Gennaio 1923, e rimborsabili alla pari con scadenza unica al 30 Giugno 1929, sicché la Società ha ora il capitale di L. 20.250.000, diviso in 133.000 azioni da L. 150 ciascuna. Ecco le variazioni subite nel capitale dall'inizio della Società:
1905 . . . L. 3.000.000 / 1908 . . . L. 2.250.000 (svalutato) / 1909 . . . L. 1.800.000 (svalutato) / 1916 . . . L. 2.250.000 (prelievo riserva) / 1917 . . . L. 4.500.000 / 1918 (marzo) . . . L. 9.000.000 / 1918 (aprile) . . . L. 10.500.000 (prelievo riserva) / 1918 (novembre) . . . L. 18.000.000 / 1923 . . . L. 20.250.000.
Il Consiglio di Amministrazione è così composto:
Gr. Uff. Attilio Odero, Presidente; Gr. Uff. Giuseppe Orlando, Vice-Presidente; Gr. Uff. Arturo Bocciardo, Consigliere Delegato; Rinaldo Piaggio, Ernesto Angelo Pizzorno, Ing. Giuseppe Lenci, Andrea Carrega Bertolini, Francesco Domenico Costa, Giuseppe Graziani, Comm. Giobatta Zanordo, Amedeo Piaggio, Ing. Giacomo Parodi, Consiglieri; Prof. Pietro Lojolo, Segretario.
Collegio Sindacale: Ing. B. B. Musso, Ing. Gustavo Grampp, Dott. Arturo Serrati, effettivi; Rag. Guido Corradi e Rag. Enrico Delfino, supplenti.1



1 ...



All'indice    1926    Indicatore di completezza
Storia § ??
[Risultati di esercizio], Rivista mensile Banca Commerciale Italiana, 8 (1926), pp. 60, 61, 322. Link esterno OPAC SBN

[61>] MECCANICHE E METALLURGICHE. / 1. Genova-Borzoli – Soc. An. Industriale Stabilimenti Riuniti San Giorgio.

Aumento del capitale da L. 20.500.000 a L. 25.312.500 mediante emissione di 33.750 nuove azioni da L. 150 da offrirsi alla pari e con godimento 1° Gennaio 1926 agli azionisti in ragione di 1 azione nuova ogni 4 vecchie.

(Delib. dell'Ass. Straord. 7 Agosto 1926).


[322>] 2. Genova – Borzoli-San Giorgio.

Capitale L. 25.312.500. Utile esercizio chiuso il 31 Dicembre 1926 L. 3.214.256,46. Dividendo L. 15 per azione da L. 150 = 10%. (Dividendo esercizio precedente: 10%).1



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All'indice    1927    Indicatore di completezza
Storia § ??
M. V. Gastaldi, "Società Anonima Industriale San Giorgio - Genova-Sestri", L'Illustrazione Italiana, 54 (1927), n. 18, 1° maggio, p. 361 Link esterno Digiteca BSMC, frontespizio, 361. Link esterno OPAC SBN

Nell'attuale rigoglio delle industrie pistoiesi che maggior lustro conferiscono all'operosa regione e produttivo incremento alla Nazione, quali le orticole, l'industria dei mobili artistici, le elettriche ed altre, tiene senza dubbio il primo posto la Società Anonima Industriale San Giorgio di cui siamo lieti di occuparci, mentre in altra parte del giornale pubblichiamo il ritratto del nuovo Podestà, on. avv. cav. uff. Bozzi e la fotografia della cerimonia svoltasi in occasione del di lui insediamento.

Costituita con atto 18 novembre 1905, a rogito notaro Giacomo Sciello di Genova, la Soc. Anonima San Giorgio ebbe a vice-presidente e, in seguito, presidente il cav. di gran croce Attilio Odero.

Questo esperto e sagace tecnico che con agile mente seppe antivedere le future sorti del nuovo organismo industriale, e, con pronta mano, imprimergli tal vigoroso impulso da avviarlo a sicuri destini, è stato fino ad oggi ininterrottamente e tuttora è il presidente della Società, come a dire l'ardito innovatore e l'organizzatore per eccellenza gagliardo.

Per circa vent'anni, e fino al marzo 1926, tenne la carica d'amministratore delegato l'ing. Arturo Bocciardo, attuale vice-presidente della San Giorgio, presidente della Società Ilva e amministratore delegato della Società Terni. Nella carica di amministratore della San Giorgio gli è succeduto l'ingegnere Gino Fanno, già direttore generale.

Al Consiglio d'Amministrazione partecipano anche i sigg.: Costa comm. Francesco Domenico; Graziani cav. Giuseppe; Lenci grand'uff. Giuseppe; Orlando cav. Paolo; Parodi ing. Giacomo; Piaggio Amedeo; Piaggio grand'uff. Rinaldo; Pizzorno grand'uff. rag. Ernesto Angelo; Simonotti grand'uff. ing. Oreste; Zanardo grand'uff. G. B.

Per ciò che riguarda esattamente le fasi di successivo sviluppo della Soc. San Giorgio, teniamo principalmente a notare che essa, dedicatasi inizialmente alla costruzione di automobili, in seguito alla crisi del 1907 volse la propria attività industriale ad altri rami dell'industria meccanica, raggiungendo nella speciale produzione il più alto grado di sviluppo e di perfezione.

Essa fondò a Pistoia un grandioso stabilimento per la costruzione e la riparazione di veicoli ferroviari e tranviari, dove sono impiegate circa mille persone fra impiegati e operai.

Negli stabilimenti di Genova-Sestri, in apposita grande officina, veniva organizzata la lavorazione del vetro ottico e la conseguente produzione di lenti e prismi da montarsi su strumenti e congegni di puntamento per artiglierie, dei quali la San Giorgio fu, durante la guerra, la principale fornitrice dell'Esercito e della Marina.

Sulla fine del 1914, negli stabilimenti di Genova-Sestri veniva iniziata la costruzione delle prime macchine elettriche; ramo di produzione che doveva poi diventare, com'è effettivamente diventato, il ramo principale dell'attività di questi stabilimenti. La San Giorgio, infatti, si è brillantemente affermata nel campo delle costruzioni elettriche, e oggi le sue officine godono presso i competenti di notevole e meritata riputazione. Non per nulla, tutte le più grandi aziende italiane di produzione e distribuzione d'energia elettrica sono sue clienti.

Inoltre, nel 1917, la San Giorgio rilevò la Società Anonima Italiana Koerting con stabilimenti in Genova-Sestri, attigui ai propri, dotati di una grande fonderia di ghisa e specializzati nella produzione di materiali per impianti di riscaldamento a termosifone e a vapore, e di apparecchi industriali brevetti Koerting.1

Sul principio del 1923, la San Giorgio ebbe in apporto lo stabilimento di Genova-Rivarolo della Società Anonima Officine Elettromeccaniche, venendo così a completare il suo programma industriale con la costruzione di turbine idrauliche e di pompe, per la costruzione delle quali lo stabilimento di Genova-Rivarolo è particolarmente attrezzato.

Da quest'ultima operazione della Società, trae origine l'attuale ragione sociale.

Giova, a questo punto, indugiare opportunamente sulla molteplice produzione della San Giorgio, offrendo ai lettori il nóvero principale dei prodotti, distinti per ordine di luogo d'origine.

Così è da dire che la Società Anonima Industriale San Giorgio produce:

STABILIMENTI DI GENOVA-SESTRI

Costruzioni elettriche ed elettromeccaniche (motori, dinamo, alternatori, trasformatori, apparecchi di sollevamento, elettro-pompe, equipaggiamenti elettrici per trazione).
Macchinari ausiliari di bordo (timonerie, pompe, compressori, gruppi elettrogeni, ecc.).
Materiali per impianti di riscaldamento tipo Koerting.
Apparecchi a getto brevetti Koerting – apparecchi per combustione a nafta, apparecchi di inumidimento per tessiture.
Costruzioni e riparazioni di strumenti di precisione per artiglierie, lavori di meccanica di precisione ed ottica.

STABILIMENTO DI GENOVA-RIVAROLO

Turbine idrauliche per centrali idroelettriche.
Pompe di qualsiasi tipo e potenza.
Macchinari speciali per zuccherifici industrie chimiche.

STABILIMENTO DI PISTOIA

Costruzione e riparazione di materiale rotabile per ferrovie e tranvie.

I terreni posseduti dalla Società a Sestri Ponente, Borzoli, Rivarolo Ligure e Pistoia misurano una superficie totale di mq. 643.968 di cui mq. 82.460 coperti da fabbricati.

Attualmente la Società occupa circa 3000 persone tra operai e impiegati.

Per ciò che riguarda il movimento finanziario della San Giorgio, è da dire ch'essa, costituitasi inizialmente con il capitale di L. 3.000.000, lo aumentò in diverse riprese fino a raggiungere la misura attuale di L. 25.312.500 diviso in azioni da L. 150 cadauna.

Salvo i primissimi esercizi, il capitale azionario della Società ha sempre avuto un'equa retribuzione e nel penultimo e ultimo esercizio è stato corrisposto un dividendo nella misura del 10%.

E per quanto le cifre siano cosa arida e di relativo valore morale, intendiamo citarne alcune perché più precisa risulti la verità delle asserzioni:

Utili Dividendi (% sul valore
nominale
dell'azione)
Esercizio1916 L.670.734,87 L.9,50 L.6,33
»1917 »2.735.053,40 »12,— »8,—
»1918 »1.162.726,58 »12,— »8,—
»1919 »1.855.556,85 »12,— »8,—
»1920 »1.459.975,10 »9,— »6,—
»1921 »1.390.376,46 »9,— »6,—
»1922 »1.402.996,38 »9,— »6,—
»1923 »1.606.221,51 »9,— »6,—
»1924 »1.615.245,61 »9,— »6,—
»1925 »2.649.376,74 »15,— »10,—
»1926 »3.214.256,46 »15,— »10,—

Al poderoso organismo ligure che, da quasi un quarto di secolo, ininterrottamente, sta a dimostrare qual sia l'alto valore organizzativo e produttivo della nostra gente e particolarmente dei figli della Superba, noi annettiamo la cospicua importanza che si conviene ai massimi esponenti dell'industria nazionale e volgiamo l'augurio che s'addice ai grandi enti produttori di dovizie ideali.2



1 Nel 2022 è apparsa sul mercato (eBay) una fotografia di gruppo, di formato 24x31 cm, realizzata davanti alla sede sestrese della San Giorgio. Aveva in calce la seguente didascalia dattiloscritta: "Ricordo della premiazione fatta l'1-12-1924 dall'Amministratore delegato Grande Ufficiale Ing. Arturo Bocciardo al personale della San Giorgio che ha compiuto il trentesimo anno di servizio ininterotto [ininterrotto]". I quarantuno dipendenti che circondano Bocciardo, stringendo in mano una pergamena arrotolata, devono essere stati assunti dalla Koerting, ben prima che la San Giorgio venisse fondata nel 1905. Mi pare che ciò contribuisca a dimostrare, che l'assorbimento è stato realizzato mantenendo l'anzianità di servizio dei dipendenti di tale società anonima italiana, fondata a Sestri Ponente dalla casa madre tedesca nel 1886. L'interesse della San Giorgio per tali prodotti è provato da numerose inserzioni pubblicitarie, apparse quanto meno dal 1918 al 1932 → Pubblicità.

2 L'articolo è illustrato da una veduta aerea dello stabilimento di Pistoia, riprodotta in → Storia § 1.



All'indice    1927    Indicatore di completezza
Storia § ??
"Elenco delle Ditte che possono fornire articoli od appaltare lavori per la R. Marina - RR. Arsenali - RR. Cantieri Militari Marittimi - Marina Mercantile, ecc.", Rivista marittima, 60 (1927), 3° trimestre, supplemento al fascicolo di luglio-agosto, p. 12 Link esterno Google libri. Link esterno OPAC SBN

22. – Macchine elettriche.

[...] [Ditte] San Giorgio - Soc. An. Industriale | [Indirizzi] Genova - Sestri | [Lavori e materiali che possono provvedere] Strumenti per la preparazione ed il tiro delle artiglierie - Telemetri ed alti telemetri - Strumenti ottici - Binoccoli - Macchinari ausiliari di bordo - Timonerie elettriche per la manovra del timone - Gruppi elettrogeni a vapore ed a combustione interna - Telemotori idraulici - Compressori d'aria ad alta e bassa pressione, elettrici ed a vapore - Pompe di qualsiasi tipo e potenza - Elettropompe - Refrigeranti - Costruzioni elettro-meccaniche in genere - Motori elettrici, ad olio pesante ed a gas - Dinamo - Alternatori - Trasformatori - Argani - Gru - Verricelli - Materiali per impianti di riscaldamento tipo Koerting - Apparecchi a getto d'acqua e di vapore, brevetti Koerting - Apparecchi per combustione nafta - Getti ghisa ed altri metalli.1



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All'indice    1929    Indicatore di completezza
Storia § ??
A. Iachino, "Applicazioni dell'ottica alla guerra navale", Rivista marittima, 62 (1929), n. 1, gennaio, pp. 15-40. Link esterno OPAC SBN

L'articolo presenta agli scienziati profani di materiale navale un quadro sintetico delle applicazioni dell'ottica alla Marina da guerra, mettendo in rilievo alcuni dei più importanti problemi che in tale campo non hanno ancora trovato una soddisfacente soluzione e trattando particolareggiatamente le questioni inerenti ai telemetri navali, agli strumenti per la direzione del tiro ed ai periscopi dei sommergibili.

PREMESSA.

Sotto questo titolo viene pubblicato il testo della Conferenza che il Capitano di Fregata A. Iachino ha tenuto, nello scorso settembre, alla Società per il Progresso delle Scienze a Torino.1 La Conferenza, che verrà anche pubblicata negli Atti della Società, è stata contenuta dall'Autore nei pur ristretti limiti tecnici, in modo da renderla intelligibile ai profani di cose navali, ed è stata svolta in maniera da presentare ai cultori della Scienza, non un quadro completo delle applicazioni dell'Ottica alla Marina, ma piuttosto, e per sommi capi, alcuni dei più importanti problemi, che, in questo ramo della tecnica navale, non hanno ancora trovalo un definitivo e soddisfacente assestamento, e per la cui soluzione appare particolarmente necessaria un'intima collaborazione fra tecnici e scienziati.


Fin da quando la Scienza dell'Ottica ha potuto fornire strumenti in pratico uso ed adatti all'osservazione degli oggetti lontani, la Marina in genere, ed in particolare quella da Guerra, ne hanno largamente approfittato: ma, fino verso la fine del secolo scorso, le principali applicazioni ottiche alla Marina erano limitate ai cannocchiali e binoccoli di tipo terrestre, ai sestanti, ed ai congegni di mira dei cannoni.[<15-16>]

È solamente col principio del secolo XX che le applicazioni dell'Ottica alla Marina ricevono uno sviluppo grandissimo ed imprevisto; non solo si perfezionano grandemente gli strumenti del tipo già fin allora in uso, ma si introducono nuovi tipi di strumenti importantissimi fra gli altri i telemetri, ed i periscopi dei sommergibili.

Tutte le applicazioni che finora ha trovato l'Ottica nella Marina da guerra si possono dividere in due grandi categorie.

Nella prima vanno compresi quegli strumenti che hanno raggiunto ormai una tale maturità di sviluppo, che ogni loro ulteriore perfezionamento è più da attendersi dal progresso della tecnica industriale che da quello della scienza.

La seconda categoria comprenderebbe invece tutti gli altri strumenti, quelli da poco entrati in servizio nella Marina, e che ancora attraversano la prima inevitabile fase di assestamento alle particolarissime condizioni della vita di bordo.

Della prima categoria fanno parte gli strumenti per la visione a distanza, gli apparecchi ottici di segnalazione diurna e notturna, i sestanti, ed i congegni di punteria per i cannoni.

Gli strumenti ottici per la visione a distanza si sono a poco a poco modificati, nell'ultimo ventennio, passando dal tipo monoculare (cannocchiali) a quello binoculare (binoccoli prismatici), non solamente per gli strumenti portatili, per i quali il vantaggio è evidente, ma, anche per gli strumenti di più grandi dimensioni, destinati alla visione di oggetti posti a grandissima distanza.

Il binoccolo portatile ideale per la Marina da guerra si è ormai standardizzato in tutte le nazioni ad imitazione del tipo Binoctar della Ditta Zeiss, con 7 ingrandimenti e chiarezza 50, cioè una pupilla di emergenza di oltre 7 mm. Tutte le Ditte costruttrici, anche le italiane,2 costruiscono ormai binoccoli di questo tipo: essi risultano un poco pesanti, è vero, ma molto luminosi ed adattissimi per l'impiego con mediocre trasparenza atmosferica, e nelle ore crepuscolari.3

I sestanti hanno ormai da molti anni raggiunto il massimo grado di perfezione pratica, e subiscono solamente piccole modificazioni di dettaglio; nell'ultimo ventennio il principale miglioramento introdotto in tali strumenti è costituito dall'adozione di un cannocchiale o di un binoccolo, specialmente disegnati per l'osservazione notturna delle stelle. [<16-17>]

Sugli apparecchi di segnalazione diurna e notturna vi è poco da dire: essi hanno lentamente progredito dai primi anni del secolo XX in poi, ed anche i proiettori hanno avuto miglioramenti più notevoli nel campo elettrico che in quello speciale della costituzione ottica. Una grande rivoluzione in questi mezzi di segnalazione prevede nel prossimo avvenire quando saranno condotti a termine gli studi intesi a rendere di pratico uso a bordo le radiazioni cosidette oscure, cioè i raggi infrarossi ed ultravioletti.

Quanto ai congegni di mira per i cannoni navali, un notevole progresso nella nostra Marina si è realizzato proprio in questi ultimi anni con uno studio razionale del congegno più adatto per ogni tipo di cannone, navale ed antiaereo, studio che molto logicamente è stato affidato alle Ditte costruttrici di strumenti ottici, invece che alle Ditte costruttrici di cannoni come prima d'ora si praticava ordinariamente. Ne è risultata una maggiore semplicità di linee, una maggiore solidità e stabilità di indicazioni, ed in complesso una maggiore precisione, oltre che una sensibile comodità di maneggio nel ristretto ambiente di bordo.

Attualmente tutti i congegni di mira sono stati standardizzati in tre diversi tipi: uno destinato ai cannoni navali delle navi di superficie, uno destinato ai cannoni navali ed antiaerei delle stesse unità e l'ultimo infine per il cannone navale ed antiaereo che arma i sommergibili.

Dopo aver così esaminato brevemente gli strumenti appartenenti a quella che abbiamo chiamato la prima categoria, passiamo a trattare più particolarmente degli strumenti appartenenti alla seconda categoria, i quali sono i più interessanti e possono essere alla loro volta suddivisi in tre gruppi:

    a) strumenti per la misura delle distanze, o telemetri;
    b) strumenti ausiliari per la direzione del tiro navale;
    c) strumenti per la visione dei sommergibili, o periscopi.

Consideriamo separatamente questi tre gruppi di strumenti.

I. - TELEMETRI

L'era del tiro navale a grande distanza ha avuto inizio coll'avvento del telemetro monostatico, nei primi anni del secolo in corso. Prima di allora i mezzi rudimentali di cui si disponeva per la misura delle distanze in mare non consentivano di dirigere il tiro [<17-18>] navale su bersagli distanti oltre poche migliaia di metri: ed è merito di una Ditta inglese, la Ditta Barr & Stroud di Glascow l'aver ideato e costruito il primo tipo di telemetro monostatico, il classico telemetro a coincidenza.

Per coloro che non hanno mai avuto occasione di vedere uno di questi strumenti, dirò molto brevemente che ognuno di essi è composto da una base orizzontale, di dimensioni limitate e perfettamente conosciute, alle estremità ed al centro della quale sono disposte due coppie di superficie riflettenti (specchi o prismi a riflessione totale) inclinate di 45° rispetto alla base. Rivolgendo allora lo strumento verso l'oggetto di cui si vuole misurare la distanza, i raggi che dall'oggetto stesso vengono a colpire le superficie riflettenti estreme, sono da queste respinti verso il centro dello strumento, dove incontrano le superficie riflettenti centrali che alla loro volta li respingono verso l'occhio dell'osservatore. L'osservatore vedrà dunque due immagini dello stesso oggetto; e se, sul cammino dei raggi, per es. di destra, si dispone un piccolo prisma deflettore, il quale possa essere spostato longitudinalmente verso il centro o verso l'estremità dello strumento, sarà possibile muoverlo in maniera da portare l'imagine di destra a sovrapporsi su quella di sinistra. Ad ogni posizione dell'oggetto nello spazio antistante al telemetro corrisponde una ed una sola posizione del prisma deflettore per la quale le due imagini risultano sovrapposte all'occhio dell'osservatore: per cui, se al prisma deflettore si fissa un regolo mobile, si potrà su di questo segnare, in corrispondenza di un indice fisso allo strumento, per ogni posizione del prisma, il valore della distanza corrispondente, realizzando così uno schematico telemetro a coincidenza.

In realtà le cose sono disposte un po' diversamente: i raggi di destra e di sinistra incontrano sul loro cammino dei sistemi di lenti che ingrandiscono l'imagine dell'oggetto: e, per ottenere una più precisa collimazione di queste imagini, esse sono ridotte alla sola metà, nel senso che dell'imagine di dritta si sopprime la metà inferiore, e di quella di sinistra la metà superiore. Nel portare in collimazione le due imagini, si viene in sostanza a formare dinanzi all'occhio dell'osservatore un'imagine unica: la collimazione riesce in questa maniera molto più accurata, specialmente se per effettuare la coincidenza delle imagini si sceglie sull'oggetto osservato una linea ben netta e verticale. [<18-19>]

Nei primi anni si costruirono strumenti di base molto limitata e limitata cifra di ingrandimento: ma, dopo aver constatato praticamente il buon rendimento dello strumento, si sono a poco a poco aumentate le pretese, e si è richiesto al telemetro a coincidenza una precisione sempre maggiore, allo scopo di spingere l'inizio del tiro navale a distanze sempre più grandi che consentissero di conseguire un vantaggio iniziale sull'avversario.

Ora, la formula della precisione teorica di un telemetro a coincidenza ci dice che essa aumenta in maniera direttamente proporzionale all'aumento della lunghezza della base telemetrica e all'aumento dell'ingrandimento. La pratica ha invece dimostrato che la relazione fra questi accrescimenti è ben lungi dal seguire la legge della semplice proporzionalità. Aumentando l'ingrandimento ottico dello strumento, si ottiene è vero un aumento nella pressione [precisione] delle misurazioni, ma questo aumento diventa sempre più piccolo man mano che dagli ingrandimenti ordinari di 14, 18 si passa a quelli più elevati di 24, 28, e praticamente diventa nullo per ingrandimenti superiori a 30. Oltre questa cifra di ingrandimento, le trepidazioni o una deficiente trasparenza dell'atmosfera acquistano un'influenza preponderante per cui la precisione telemetrica rimane invariata e può anche diminuire al crescere dell'ingrandimento.

Qualche cosa di analogo succede per la lunghezza della base telemetrica [DA COMPLETARE] La cosa si spiega facilmente considerando che, aumentando la lunghezza della base, diventa sempre più difficile assicurare quel rigido collegamento fra le parti ottiche, che è condizione assolutamente necessaria per un preciso funzionamento dello strumento.

É per questo che i telemetri a coincidenza per uso di bordo non hanno mai superato la cifra 28 di ingrandimento, e la lunghezza di 9 metri di base: e queste cifre hanno segnato un limite pratico all'aumento della distanza utile d'impiego dello strumento.

Per fortuna, man mano che si allenavano i telemetristi alle osservazioni a grande distanza, si è osservato che la precisione delle misurazioni non diminuiva con legge così rapida in rapporto all'aumento [<19-20>] della distanza, come voleva la teoria. È noto che l'errore prevedibile sulla distanza misurata dal telemetro dovrebbe teoricamente aumentare col quadrato della distanza stessa: ebbene, in pratica, si è trovato che l'errore aumenta sì colla distanza, ma non così rapidamente.

Ciò ha reso possibile l'impiego di telemetri a coincidenza di base relativamente piccola (5 metri) fino a distanze notevolissime, superiori ai 20 chilometri. Naturalmente occorrono, per osservazioni di questo genere, condizioni di luce e di e di trasparenza atmosferica piuttosto eccezionali: e questo è sempre stato il punto debole del telemetro a coincidenza, sulla precisione del quale influiscono enormemente le condizioni atmosferiche del momento, tanto che talvolta, entro certi limiti, esse hanno la preponderanza sulla grandezza della distanza da misurare.

Fu precisamente questo punto debole del telemetro a coincidenza quello che spianò la strada per il trionfo del suo rivale, il telemetro stereoscopico.

Il telemetro stereoscopico, inventato dalla Ditta Zeiss prima della guerra, sperimentato largamente e con successo durante la guerra mondiale, fu conosciuto da noi solamente dopo la pace, quando ne trovammo alcuni esemplari abbandonati dagli austriaci nella base marittima di Pola.

Questo tipo di strumento differisce sostanzialmente dal telemetro a coincidenza, anche se nell'aspetto esterno gli rassomiglia moltissimo. Anche in questo strumento si ha una base orizzontale e due coppie di superficie riflettenti, una centrale ed una estrema: ma le immagini che provengono dalle due estremità sono ambedue complete e vengono osservate con i due occhi invece che con uno solo, come avviene nel telemetro a coincidenza.

La visione binoculare fa sì che nel campo apparente dello strumento l'osservatore vede riprodotta la regione antistante con il suo naturale effetto di rilievo, per cui è possibile giudicare ad occhio quale è la disposizione relativa dei vari oggetti in profondità.

Nello stesso campo apparente l'osservatore vede poi un segno speciale, artificialmente creato nell'interno dello strumento, e chiamato Marca mobile, che può essere spostato in profondità muovendo convenientemente un prisma deflettore analogo a quello usato nei telemetri a coincidenza e suscettibile di spostamenti longitudinali [<20-21>] sul cammino dei raggi di destra. Esiste una ed una sola posizione del prisma per la quale la Marca mobile appare nel campo apparente dello strumento come se fosse alla stessa distanza dell'oggetto osservato, e se in tale posizione si segna, in corrispondenza di un indice fisso, il valore di tale distanza su un regolo attaccato al prisma deflettore e mobile con esso, si viene a costituire schematicamente un telemetro stereoscopico.

Anche questo strumento ha naturalmente dei sistemi di lenti sul cammino dei raggi di dritta e di sinistra, per cui le immagini risultano ingrandite, aumentando così l'effetto di rilievo stereoscopico, già esaltato dalla maggiore lunghezza della base in confronto della normale distanza degli occhi in un uomo.

È curioso ricordare che, sul principio, questo nuovo tipo di telemetro fu accolto dal nostro personale, ed anche dagli ufficiali, con un senso di ostile diffidenza. Sembrava molto difficile suscitare nel campo binoculare del telemetro quel rilievo stereoscopico che è la base del suo funzionamento: sembrava molto difficile trovare personale adatto per l'impiego del nuovo strumento, e sopratutto sembrò che le sue misurazioni fossero decisamente meno precise di quelle fatte alla stessa distanza da un ordinario telemetro a coincidenza. Dopo qualche anno la situazione era completamente rovesciata

In realtà, dopo l'esperienza di ormai quasi dieci anni di impiego pratico di questi strumenti, è innegabile che il telemetro stereoscopico presenta dei vantaggi rispetto a quello a coincidenza, e precisamente:

  1. - permette la misura delle distanze con rapidità molto maggiore, il che è estremamente vantaggioso nell'avviamento di [<21-22>] una curva telemetrica per la condotta del tiro contro bersaglio mobile;

  2. - grazie alla visione binoculare, stanca molto meno la vista del telemetrista, e, a lungo andare, minore stanchezza significa maggiore precisione;

  3. - permette la facile misurazione della distanza, qualunque siano la forma e le dimensioni dell'oggetto osservato, mentre nel telemetro a coincidenza l'oggetto deve avere una linea verticale ben netta da osservare, ed essere sufficientemente alto per poterne dimezzare e portare in collimazione le immagini;

  4. - ha una precisione che è quasi completamente indipendente dalle condizioni atmosferiche del momento, per cui è possibile telemetrare anche con foschia e nelle ore crepuscolari;

  5. - permette il telemetraggio di notte sulle vampe dei cannoni nemici, risolvendo così uno dei più difficili problemi del tiro navale, quello relativo cioè agli scontri notturni;

  6. - entro certi limiti di distanza, permette anche la misura degli scarti delle salve dal bersaglio, il che è particolarmente vantaggioso nel tiro antiaereo, nel quale, per la mancanza di punti di riferimento, è estremamente difficile giudicare ad occhio se le nuvolette degli scoppi sono al di qua od al di là del bersaglio.

Il telemetro stereoscopico si impone dunque sopratutto come ausiliario del tiro antiaereo, data la grande mobilità e le piccole dimensioni dei bersagli, e nel tiro navale in particolari condizioni sfavorevoli di luce e di trasparenza atmosferica.

In condizioni normali però, esso non dovrebbe dare una precisione maggiore del telemetro a coincidenza, almeno in teoria, poiché i fenomeni ottici su cui tali tipi di telemetri sono basati sono affini, la legge degli errori è la stessa, ed in sostanza si tratta in ambedue i casi di risolvere lo stesso triangolo formato dalla base del telemetro e dalle due visuali condotte all'oggetto osservato.

Invece da qualche anno, la nostra Scuola Telemetristi di Pola insistentemente dichiara di aver constatato praticamente nel telemetro stereoscopico una precisione nettamente maggiore che nel telemetro a coincidenza, a parità naturalmente di base e di ingrandimento.

La cosa non è facilmente spiegabile: a mio parere, però, essa non può essere che il frutto di una illusione, dipendente dal fatto [<22-23>] che la constatazione ora citata è stata dedotta da una lunga serie di osservazioni fatte con i due tipi di telemetri durante i corsi di istruzione alla Scuola, e quindi eseguite in tutte le condizioni di luce e di trasparenza atmosferica. Dato il miglior comportamento del telemetro stereoscopico in confronto di quello a coincidenza quando queste condizioni atmosferiche sono mediocri o cattive, si comprende che la media di tutte queste osservazioni risulti migliore per il primo di questi due strumenti che per il secondo.

In ogni modo, oggigiorno la superiorità del telemetro stereoscopico su quello a coincidenza nella condotta del tiro navale è generalmente ammessa da tutti: perfino la marina inglese, attaccatissima alle sue tradizioni, e vincolata finora alle forniture della Ditta nazionale Barr & Stroud, sta ormai anch'essa modificando le sue idee in proposito e si avvia ad adottare per le sue unità navali il nuovo tipo di telemetro.

Come ho accennato poc'anzi, anche lo stereotelemetro, come si usa chiamare brevemente il telemetro stereoscopico, va soggetto, per la precisione delle sue misurazioni, ad una legge affatto uguale a quella relativa al telemetro a coincidenza. Per aumentarne quindi la precisione teorica, e si è a poco a poco aumentata la lunghezza della base telemetrica, e si è aumentato l'ingrandimento.

Nell'aumento della lunghezza della base si è avuto al principio un momento di incertezza, in quanto sembrava che, teoricamente almeno, non convenisse superare quel valore della base che, diviso per la cifra dell'ingrandimento, risultava uguale alla distanza normale degli occhi (ordinariamente 65 mm): si riteneva che, alterando questo rapporto fra base ed ingrandimento, si perdesse almeno in parte l'effetto di rilievo stereoscopico, indispensabile per il funzionamento di questo tipo di telemetro. In pratica le preoccupazioni a questo riguardo si sono dimostrate infondate, ed oggigiorno si è affermata la convinzione che gli stereotelemetri siano vantaggiosi qualunque sia la grandezza della loro base.

Nella nostra Marina l'impiego dei telemetri stereoscopici si è largamente diffuso in questi ultimi anni, ed esteso a tutte le categorie di navi di superficie: fino a poco tempo fa, era prescritto che la dotazione di grandi telemetri per le navi ed incrociatori di maggiore tonnellaggio dovesse essere formata da telemetri a coincidenza, ma recentissimamente questa disposizione è stata revocata, [<23-24>] e le nostre future navi avranno probabilmente tutti telemetri stereoscopici.

Per il tiro antiaereo lo stereotelemetro si è ormai definitivamente affermato nella forma di altitelemetro, cioè di strumento misuratore della distanza e della quota del bersaglio.

Le nostre Ditte, specializzate in costruzioni ottiche, la Galileo di Firenze, e la Sangiorgio di Sestri Ponente, sono ormai perfettamente attrezzate per la costruzione dei telemetri, di qualunque tipo. In una recente gara fra tutte le ditte europee, per fornitura di telemetri, stereotelemetri ed altitelemetri alla nostra Marina, le nostre Ditte hanno presentato strumenti che non solo possono stare alla pari con qualunque altro di produzione estera, ma che sotto molti punti di vista li superano nettamente.

In questo campo dunque la nostra industria si è saputa rendere completamente indipendente dall'estero, e non occorre spendere altre parole per mettere in rilievo la grande importanza di questa favorevole situazione nell'eventualità di una guerra.

La nostra industria ha anzi fatto un passo innanzi verso un ulteriore aumento della precisione delle misurazioni telemetriche, progettando un nuovo tipo di strumento, che non è stato ancora sufficientemente sperimentato praticamente, ma sul quale le prove, eseguite con esito favorevole in questi ultimi mesi, permettono di riporre le migliori speranze.

Si tratta di un telemetro misto, ideato dai tecnici della San Giorgio e che può a volontà essere impiegato a coincidenza, o come stereoscopico, o infine contemporaneamente a coincidenza e stereoscopico.

Non perderemo tempo nel descrivere i particolari di costruzione di questo nuovo tipo di strumento: diremo soltanto che esso presenta delle caratteristiche del più alto interesse, e fornisce una precisione che sembra notevolmente maggiore di quella degli ordinari telemetri a semplice effetto.

Un notevole vantaggio si ha già quando si impiega lo strumento a sola coincidenza, ma colla visione binoculare: l'occhio dell'osservatore risulta così più riposato che non colla visione monoculare e può fare la collimazione più rapidamente e con maggiore precisione.

Quando lo strumento viene usato come telemetro stereoscopico, l'osservazione viene avvantaggiata dal fatto che i due campi apparenti [<24-25>] sono divisi per metà; le due metà superiori costituiscono un ordinario telemetro stereoscopico, mentre le due metà inferiori, nelle quali si formano le imagini provenienti dagli estremi opposti del telemetro (l'immagine dello obiettivo di destra si forma nel campo dell'oculare di sinistra e viceversa), vengono a costituire uno speciale tipo di stereotelemetro, a visione stereoscopica invertita. Se nella metà superiore del campo binoculare l'oggetto osservato appare più distante della marca mobile, nella metà inferiore esso apparirà più vicino: spostando convenientemente il prisma deflettore, le due immagini si avvicinano l'una all'altra fino a costituirne una intera alla stessa distanza della marca mobile. L'osservazione in queste condizioni risulta quindi quasi come la media di due osservazioni di senso opposto, ed è perciò alquanto più precisa.

Quando poi lo strumento viene impiegato contemporaneamente a coincidenza e a visione stereoscopica, l'occhio viene inconsciamente a fare la media di quattro collimazioni, due a coincidenza e due stereoscopiche; e viene aiutato in questa operazione dal fatto constatato sperimentalmente che l'imagine completa, perfetta e riposante dell'oggetto osservato si ottiene solamente quando le collimazioni sono tutt'e quattro perfette. Si ha quindi una grande sensibilità alle più piccole imperfezioni di collimazione, e conseguentemente una grande precisione nella misurazione della distanza.

Naturalmente la maggiore complicazione ottica dello strumento porta con sé alcuni inconvenienti, fra cui preminenti quello di una estrema delicatezza di costruzione (gli angoli compresi fra le faccie del blocco dei prismi centrali non devono differire di più di 2 secondi di arco da quelli voluti dal calcolo), e di una minore luminosità del campo, dovuta al maggior numero di elementi ottici che i raggi devono attraversare prima di arrivare all'occhio del telemetrista.

É doveroso osservare che un tipo di telemetro a doppio effetto era stato studiato dalla Ditta Zeiss negli anni immediatamente precedenti la guerra, e poi abbandonato appunto per la deficiente luminosità del campo, che veniva ad annullare i vantaggi presentati dalla molteplicità delle collimazioni.

Anche più recentemente il problema è stato esaminato dalla Zeiss e ancora con esito negativo: è quindi con vero orgoglio che possiamo citare questo successo di una Ditta italiana in un terreno [<25-26>] ove gli stranieri, e specialmente i tedeschi, hanno tradizioni ed esperienza molto maggiori delle nostre.

Ho già detto che l'ultima parola non è ancora stata detta circa questo nuovo tipo di telemetro: esso è stato lungamente esaminato a Spezia da specialisti civili e militari, i quali tutti si sono pronunciati in senso molto favorevole allo strumento. Esso è ora affidato alla Scuola Telemetristi di Pola che ha l'incarico di fare un gran numero di esperienze comparative con gli altri telemetri di tipo ordinario, onde permettere al Ministero di prendere una decisione ben ponderata sull'opportunità o meno di fornire alle nostre unità telemetri a doppio annziché a semplice effetto. La questione sarà risolta certamente entro il prossimo anno, e speriamo che sia risolta in maniera favorevole a questa nuova affermazione del genio inventivo italiano.

II. - STRUMENTI PER LA DIREZIONE DEL TIRO

Dei vari strumenti ausiliari per la direzione del tiro navale, ci occuperemo soltanto di quelli che hanno elementi ottici di una certa importanza, ed in particolare di quegli strumenti che vengono chiamati inclinometri e gimetri.

Inclinometri. - Questi strumenti sono destinati a misurare l'inclinazione della rotta del nemico rispetto alla visuale a lui condotta dall'osservatore, cioè in definitiva a ricavare uno degli elementi del moto nemico che sono necessari per una buona condotta del tiro navale.

Gli inclinometri sono stati realizzati per la prima volta in Inghilterra pochissimi anni or sono, e si stanno ora costruendo anche in Italia, presso la Ditta Galileo, per l'impiego sulle grandi navi e sul naviglio leggero. Tali strumenti sono infatti utili non solo per la direzione del tiro, ma anche per la soluzione del problema del lancio del siluro, e quindi possono essere utilmente impiegati anche a bordo delle maggiori siluranti.

L'inclinometro risolve un problema direi quasi inverso di quello risolto dal telemetro monostatico: questo strumento infatti misura l'angolo sotteso nel nemico dalla base situata presso l'osservatore, mentre lo inclinometro misura l'angolo sotteso nell'osservatore dalla base scelta sul nemico. [<26-27>]

Si suppone infatti di conoscere una delle dimensioni della nave nemica, per esempio la sua lunghezza da poppa a prua, e, con un congegno ottico di estrema delicatezza, si portano a collimare le imagini dei punti estremi della base così scelta, cioè la poppa con la prora della nave nemica. Se si conosce approssimatamente la distanza della nave osservata, il triangolo formato dalla base ora detta e dalle due visuali condotte dall'osservatore agli estremi di essa, risulta completamente determinato, e può essere risolto rispetto all'elemento incognito che ci interessa, cioè l'inclinazione della base rispetto ad una delle visuali.

Lo strumento è organizzato in modo simile ad un telemetro; vi è anche qui un sistema di prisma deflettore il quale sposta l'imagine di uno degli estremi della base in modo da portarla a coincidere con quella dell'altro estremo. Data la notevole lunghezza della base scelta (parecchie decine di metri), si ottiene una buona precisione nelle misure strumentali.

Tuttavia questo strumento presenta alcuni inconvenienti piuttosto gravi:

    a) esige una conoscenza molto precisa della lunghezza della base prescelta: esistono generalmente degli annuari navali che danno le dimensioni delle principali navi nemiche, ma non si può essere sicuri di questi dati, e d'altra parte a grande distanza può risultare difficile individuare con esattezza gli estremi della base. Il camouflage, ed altri sistemi di occultamento possono rendere assai difficile l'osservazione ed indurre in errori molto forti, tanto più pericolosi in quanto non facilmente avvertibili;

    b) a parità di errore di collimazione, gli errori nel valore dell'inclinazione misurata con questo strumento crescono rapidamente quando questa inclinazione si avvicina a 90°: in prossimità di questo valore anzi, l'incertezza della misura è tale da rendere lo strumento praticamente inservibile.

Dati questi inconvenienti, si comprende come si sia ricercato, e si ricerchi tuttora, qualche altro strumento che meglio si presti alla misura dell'inclinazione della rotta nemica. Finora non è stato posssibile concretare alcuna idea nuova, ma si conoscono già due vie che sviluppate convenientemente, potranno forse condurre a buoni risultati pratici. [<27-28>]

La prima di queste vie tende a sfruttare il fenomeno già da tempo conosciuto per cui è abbastanza facile disporre ad occhio un'alidada secondo una direzione parallela alla rotta seguita dal nemico, beninteso quando questo si trovi a piccola distanza dall'osservatore. È questo un fenomeno ben noto a chi ha pratica di comando in mare: mentre riuscirebbe molto difficile apprezzare il numero di gradi di cui la rotta nemica è inclinata sulla visuale a lui condotta, l'operazione di disporre un'alidada parallelamente al suo cammino risulta relativamente agevole, e sufficientemente precisa.

Naturalmente la cosa non è più possibile a grande distanza, né l'uso di un potente binocolo porta un vantaggio apprezzabile: si è pensato allora di costruire uno strumento di tipo stereoscopico, nel cui campo apparente si veda contemporaneamente la nave nemica ed una linea orizzontale librata nello spazio, una specie di alidada sospesa in aria, la quale, con un procedimento ottico facile ad imaginare si possa far apparentemente ruotare in modo da disporsi parallelamente alla rotta della nave nemica.

L'ingrandimento ottico dello strumento, e il grande rilievo stereoscopico dovuto alla sua lunga base hanno l'effetto di avvicinare apparentemente l'insieme della nave nemica e dell'alidada ad una distanza tale da poter apprezzare con sufficiente precisione il loro parallelismo, in modo analogo a quanto viene fatto ad occhio nudo alle piccole distanze.

Uno strumento di tal genere non è stato ancora costruito, ma non è escluso che possa entrare nel campo pratico in breve volgere di tempo e, se non sostituire in tutti i casi l'inclinometro, possa almeno rimpiazzarlo vantaggiosamente nelle circostanze in cui quest'ultimo dà indicazioni troppo incerte.

L'altra via a cui si è accennato poc'anzi si fonda su principi completamente diversi; si tratterrebbe in sostanza di costruire un telemetro capace di misurare con estrema precisione e contemporaneamente (o, almeno, con rapidissima successione) le distanze dall'osservatore agli estremi della base scelta sul nemico.

Anche con questo strumento occorrerebbe conoscere esattamente la lunghezza di questa base orizzontale, con tutti gli inconvenienti segnalati più sopra per l'inclinometro, ma si avrebbe il vantaggio di uno strumento che presenta circostanze favorevoli di impiego quando l'inclinometro le ha sfavorevoli, e che quindi risulterebbe un ottimo complemento di quest'ultimo strumento. [<28-29>]

Per adesso non si vede tuttavia la possibilità di realizzare praticamente uno strumento di questo genere, specialmente per la difficoltà di ottenere la necessaria precisione nella misura di così piccole differenze di distanza in confronto della distanza assoluta: si tratterebbe infatti di misurare differenze dell'ordine dei 200 metri su distanze di oltre 20.000 metri, e per ora nessun tipo di telemetro è in grado di assicurare una così grande precisione.

Basterà aver dato questi cenni sulle due vie che oggi si intravedono per il miglioramento degli strumenti destinati alla misura dell'inclinazione del nemico: agli scienziati ed ai tecnici dell'ottica industriale è aperto così un vasto campo di studi e di ricerche allo scopo di rendere queste idee generali di pratica attuazione.

Gimetri. – Questi strumenti sono destinati a misurare la variazione che in un determinato intervallo di tempo subisce il rilevamento del nemico, ovvero l'angolo di cui in tale intervallo ruota nel piano orizzontale la visuale condotta dall'osservatorealla nave nemica.

Per questa misura si utilizza un cannocchiale connesso ad un girostato in modo da mantenere in direzione praticamente costante il suo asse ottico: mediante la rotazione di un prisma posto dinanzi all'obbiettivo, si può puntare con continuità il bersaglio durante il dato intervallo di tempo, ed è così possibile misurare direttamente l'angolo desiderato.

Si comprende che questo strumento non presenta solamente delle difficoltà costruttive dal punto di vista dell'ottica, ma anche e sopratutto dal punto di vista girostatico, per cui il problema deve essere risolto tenendo conto di ambedue gli ordini di difficoltà.

Non insisteremo oltre sull'argomento il quale ci trascinerebbe nel campo vastissimo delle applicazioni girostatiche, che si vanno sempre più estendendo e diffondendo nella marina da guerra, ma che esigerebbero una trattazione a parte molto lunga ed alquanto delicata. Passerò quindi a trattare dell'ultima categoria di strumenti ottici in uso nella Marina da guerra, quelli destinati alla visione da parte dei sommergibili immersi, cioè i periscopi. [<29-30>]

III. - PERISCOPI

Il periscopio adempie tre funzioni diverse nel sommergibile, e tutte della più grande importanza:
    1) – esso rappresenta l'occhio del sommergibile quando è immerso;
    2) – esso ne rappresenta il cannocchiale per la visione ingrandita degli oggetti esterni più interessanti;
    3) – esso infine serve a fornire al sommergibile immerso tutti gli elementi necessari per l'attacco del nemico ed il lancio del siluro.

Per adempiere ai primi due compiti, il periscopio deve essere dotato di due diversi ingrandimenti, da usarsi a piacere a seconda delle circostanze.

Uno di essi deve fornire la visione naturale del campo, e la pratica ha dimostrato che, per riprodurre esattamente colla visione monoculare gli aspetti della realtà esteriore quale risultano dalla ordinaria visione binoculare ad occhio nudo, è necessario che lo strumento abbia un ingrandimento superiore all'unità. Oggigiorno tutti i periscopi dei sommergibili hanno infatti un ingrandimento di 1,35 o 1,5 per la visione naturale del campo esterno.

Per la visione ingrandita, i periscopi hanno generalmente lo ingrandimento 6 colla massima luminosità possibile.

La questione della luminosità e della chiarezza del campo apparente del periscopio è certamente il più importante e difficoltoso aspetto del problema della sua costituzione, in quanto che esso è vincolato da alcune condizioni che sono inerenti allo speciale impiego [DA COMPLETARE]

Una di queste condizioni è che la lunghezza del periscopio sia la massima possibile, allo scopo di permettere al sommergibile di poter esplorare la superficie del mare restando immerso quanto più profondamente è possibile, e quindi quanto più è possibile al riparo dai pericoli di investimento da parte di navi di superficie e di avvistamenti da parte di aerei.

Un'altra condizione, non meno importante, è che il diametro del periscopio deve essere il più piccolo possibile, allo scopo di essere poco visibile al nemico quando sporge sulla superficie del mare, [<30-31>] a sommergibile fermo, e di rendere meno vistosa la scia da esso prodotta, quando il sommergibile è in moto.

Ambedue queste condizioni sono evidentemente contrarie ad una buona soluzione del problema della chiarezza del periscopio in quanto esse esigono un gran numero di elementi ottici nello strumento ed un diametro limitato nelle lenti obbiettive.

Oggigiorno i periscopi sono tutti costruiti secondo le stesse linee fondamentali, e da una nazione all'altra differiscono solamente per alcuni particolari di costruzione.

La grande lunghezza dello strumento è stata ottenuta unendo in uno stesso tubo due cannocchiali astronomici affacciati per gli obbiettivi, in modo che l'imagine di un oggetto esterno ingrandita dal primo, viene rimpicciolita dal secondo, e riprodotta in grandezza naturale dinanzi all'occhio dell'osservatore. In realtà, come sopra si è detto, il complesso dei due cannocchiali non riproduce gli oggetti in grandezza naturale, ma li ingrandisce sempre almeno di circa una volta e mezzo.

Per aumentare la lunghezza del periscopio, si potrebbero evidentemente allontanare i due cannocchiali l'uno dall'altro; ma, se non si vuole rinunciare ad una sufficiente chiarezza ai bordi del campo, la distanza fra i due obbiettivi affacciati non può superare limiti molto ristretti.

Un ulteriore aumento della lunghezza dello strumento si può allora conseguire solamente aggiungendo alla prima coppia di cannocchiali affacciati una seconda coppia di cannocchiali disposti nella stessa maniera, e coll'asse ottico in prolungamento dei precedenti, in modo da raddoppiare la lunghezza dello strumento pur lasciando all'imagine finale degli oggetti osservati la grandezza naturale. Evidentemente però l'introduzione di un numero doppio di elementi ottici viene a sacrificare in parte la luminosità del campo apparente.

Esistono oggigiorno periscopi costruiti con una sola coppia o con due coppie di cannocchiali affacciati: da qualcuno sono stati anche sperimentati periscopi con tre coppie di cannocchiali affacciati.

In quanto al diametro del periscopio, oggigiorno tutte le Ditte costruttrici offrono strumenti che hanno due diametri: uno piuttosto forte, per tutta la lunghezza del periscopio che rimane normalmente immersa, ed uno invece molto più piccolo per il breve tratto [<31-32>] di esso che deve sporgere sulla superficie del mare durante la manovra d'attacco. La parte più grossa e quella più sottile sono raccordate mediante un tratto di tubo a sezione crescente dall'alto verso il basso.

Le case costruttrici sono riuscite a produrre periscopi lunghi oltre 10 metri, e di 18 cm di diametro per la maggior parte della lunghezza del tubo, con un tratto lungo circa 1 metro in alto di soli 45 mm di diametro.

Questo è quanto di meglio si può oggigiorno ottenere per i periscopi d'attacco: per quelli da esplorazione o d'agguato, come anche vengono chiamati, si possono accettare sezioni maggiori anche per la parte destinata a sporgere al di sopra della superficie del mare.

È venuto ora il momento di parlare di questi due differenti tipi di periscopi e spiegare perché si è dovuto ricorrere ad una differenziazione in tali strumenti.

Fin dal principio è apparsa ai costruttori la convenienza di dotare ogni sommergibile di due invece che di un solo periscopio, allo scopo di avere una riserva in caso di avaria ad uno dei due strumenti. In seguito si è pensato di dividere gli incarichi fra i due periscopi, in modo da poter assegnare ad ognuno di essi le caratteristiche più convenienti per lo speciale compito cui era destinato. E i due periscopi furono denominati, secondo il particolare servizio per cui erano designati, periscopio d'agguato, o da esplorazione, e periscopio da attacco.

Normalmente, durante il giorno, nelle zone di operazione dove non è possibile per il sommergibile mantenere l'agguato a galla, (ad es., in prossimità di coste nemiche od in paraggi soggetti a sistematiche esplorazioni aeree) il sommergibile in attesa di prede, rimane totalmente immerso, esplorando saltuariamente l'orizzonte col periscopio di agguato, che è quello, che a pari altezza della lente obbiettiva sul mare, ha la portata maggiore; individuato il nemico, il sommergibile si sposta rimanendo immerso, per portarsi in posizione favorevole di lancio, e cioè nei settori prodieri della nave nemica e non molto lontano dalla sua rotta. Quando la distanza del bersaglio è divenuta tale che il sommergibile può temere di essere scoperto, esso ritira definitivamente il periscopio di agguato e si serve del periscopio di attacco per rettificare la propria [<32-33>] posizione e misurare gli elementi necessari per un buon lancio dei siluri.

Da questa sommaria descrizione della manovra di attacco di un sommergibile si comprende quali debbono essere le caratteristiche dei due tipi di periscopio.

Il periscopio da osservazione o agguato deve sopratutto essere molto chiaro, avere la visione zenitale per scoprire un eventuale attacco di aerei, e permettere una prima approssimata misura degli elementi del moto nemico e della sua distanza.

Il periscopio d'attacco deve essere sopratutto molto sottile, può fare a meno della visione zenitale, e deve permettere la misura più accurata degli elementi necessari per la soluzione del problema del lancio.

Questi elementi sono: la distanza, la rotta e la velocità della nave che si vuole attaccare.

Per quanto riguarda la distanza, i periscopi risolvono il problema mediante delle scale graduate, disposte verticalmente od orizzontalmente nel campo apparente dello strumento e per mezzo delle quali si viene a misurare l'angolo sotteso da una base di lunghezza nota, scelta sull'avversario, e disposta rispettivamente sulla verticale o sull'orizzontale.

La scala verticale permette di determinare la distanza indipendentemente dall'inclinazione della nave nemica sulla visuale a lui condotta dall'osservatore, ma per contro ha l'inconveniente che più difficilmente si potrà conoscere con precisione una dimensione verticale sulla nave nemica: le dimensioni verticali delle navi, come le altezze degli alberi e dei fumaioli, sono quelle che più agevolmente si possono alterare al momento di entrare in guerra.

La scala orizzontale è perciò più generalmente preferibile, malgrado l'inconveniente di richiedere la conoscenza di un altro elemento, quale l'inclinazione della nave nemica sulla visuale a lui diretta. Questo elemento del resto è necessario misurarlo lo stesso per ricavarne la rotta seguita dal bersaglio e risolvere il problema del lancio del siluro.

Tanto la scala graduata orizzontale che quella verticale consentono una misura solamente grossolana della distanza: l'occhio è obbligato a fare contemporaneamente la collimazione dei [<33-34>] due estremi della base con due graduazioni della scala, e la precisione ne risulta alquanto bassa.

Per piccole distanze, il sistema delle due scale graduate può ancora essere considerato come accettabile, ma a più grandi distanze occorre avere qualche cosa di più preciso. Per questo, le case costruttrici di periscopi hanno recentemente ideato e costruito un telemetro monostatico periscopico, che è stato già assegnato in dotazione agli ultimi nostri sommergibili ma che ancora non è stato sufficientemente sperimentato praticamente.

Si tratta in sostanza di un vero e proprio telemetro monostatico, generalmente del tipo a coincidenza di imagini, che sporge a sommergibile immerso sulla superficie del mare: esso è fissato perpendicolarmente ad un tubo periscopico, in modo che le sue imagini smezzate vengono rinviate all'oculare nell'interno del sommergibile, dove vengono portate a coincidere mediante lo spostamento del solito prisma deflettente, situato in alto, nel tubo telemetrico, e manovrato dal basso a mezzo di una lunga trasmissione meccanica.

Il problema telemetrico è stato pienamente risolto malgrado le non lievi difficoltà incontrate per costruire un insieme sufficientemente rigido ed otticamente stabile: si è dovuto però ricorrere a forti spessori nel tubo del telemetro e nei vetri protettori delle finestre estreme, onde assicurare la necessaria resistenza alla pressione della colonna d'acqua sovrastante durante le immersioni del sommergibile a grande profondità [DA COMPLETARE]

Per poter quindi puntare l'oggetto di cui si vuole la distanza, qualunque sia l'inclinazione della visuale ad esso condotta si sono dovuti disporre davanti alle squadre ottiche dei due estremi due prismi girevoli, collegati rigidamente fra loro, e manovrati dal basso.

Anche per l'introduzione di questi due prismi, il telemetro periscopico ha assunto delle dimensioni alquanto superiori a quelle di un ordinario telemetro di ugual base, e quindi è risultato piuttosto ingombrante e molto visibile a distanza.

La base generale adottata per questo telemetro periscopico è di m. 1,50, per cui esso non può assicurare una sufficiente precisione alle grandi distanze: d'altra parte, a distanze ravvicinate l'uso di un telemetro così visibile risulta troppo pericoloso, per cui non sembra del tutto ingiustificata l'ostilità che l'adozione di [<34-35>] un tale telemetro ha incontrato da parte dei comandanti dei sommergibili. Si pensi che, quando il sommergibile immerso è in moto col telemetro periscopico sporgente sulla superficie del mare, la scia che esso forma è talmente appariscente che indica la posizione del sommergibile a grande distanza, forse a più grande distanza di quella a cui si può sperare un utile impiego del telemetro stesso.

In ogni modo un definitivo giudizio in proposito può essere pronunciato solamente dopo un lungo periodo di esperienze in mare, che tengano conto di tutti i vari aspetti della questione.

Per ora dunque il problema del telemetro per sommergibili non si può ancora dire definitivamente risolto, e rimane anche qui largo campo agli scienziati ed ai tecnici per studiare qualche altra soluzione più vantaggiosa.

Aggiungiamo che, nei sommergibili in cui è stato adottato il telemetro periscopico, i tre periscopi sono disposti sull'asse longitudinale del battello, nell'ordine seguente: periscopio di esplorazione a prora, periscopio di attacco al centro, telemetro periscopico a poppavia.

Per la misura della rotta del nemico i periscopi sono forniti di uno strumento molto simile all'inclinometro delle navi di superficie reso soltanto più semplice grazie alle minori esigenze del servizio a distanza ravvicinata. Lo strumento misura l'inclinazione della nave nemica rispetto alla visuale ad essa condotta dall'osservatore, e da questo angolo si passa alla rotta effettiva del nemico conoscendo il valore del suo rilevamento, che viene letto su una ripetitrice di bussola giroscopica, sistemata in prossimità del periscopio.

Per la misura della velocità nemica serve il gimetro, il quale fornisce nel campo apparente del periscopio una linea verticale immobile sull'orizzonte, rispetto alla quale si misura il tempo impiegato dalla nave nemica a defilare da prora a poppa. Conoscendo la lunghezza della nave stessa, è possibile in questa maniera ricavare il valore della sua velocità.

Lo stesso gimetro serve anche a misurare il valore della variazione del rilevamento nemico, e questo permette un controllo dei risultati ottenuti nella soluzione del problema del lancio mediante la conoscenza degli elementi del moto della nave nemica.

Infine, prima di chiudere questo argomento, è necessario accennare ad un possibile progresso del periscopio di cui si intravede [<35-36>] oggi l'opportunità e che non sembra irrealizzabile in un prossimo avvenire. Voglio con questo accennare alla possibilità di dotare i periscopi, o meglio il periscopio di esplorazione, di un congegno ottico che gli consenta la visione panoramica dell'orizzonte, senza obbligare l'osservatore, come avviene oggigiorno, a far ruotare di 360° tutto il periscopio.

[DA COMPLETARE]

Infatti in questo caso, sia che si voglia lanciare al di fuori della scorta, sia che si voglia attraversare la scorta per poi lanciare contro le navi da una distanza più ravvicinata, il sommergibile è necessariamente costretto a portarsi notevolmente più vicino alle unità nemiche, che non nel caso del lancio contro nave isolata o contro formazione non scortata: questa necessità obbliga il sommergibile, durante l'ultima fase dell'attacco, e cioè quando è alle minime distanze dalla formazione nemica, a servirsi del periscopio ancor più raramente e per intervalli di tempo ancor più brevi, per evitare di essere avvistato prima del lancio. È ovvio pertanto, che dovendo procedere per intervalli di tempo e di spazio [<36-37>] relativamente lunghi in totale immersione, specie quando si tenta la manovra di attraversamento della scorta, può avvenire, che per imperfetto apprezzamento degli elementi del moto nemico, il sommergibile affiori col periscopio quando si trova o troppo vicino alla linea dei cacciatorpediniere di scorta o troppo vicino alla linea delle navi da attaccare. Nel primo caso i cacciatorpediniere lo scoprirebbero subito e lo attaccherebbero con bombe di profondità e torpedini da rimorchio tentando, sempre che possibile, anche di speronarlo, se pur ciò non avviene involontariamente: nel secondo caso il sommergibile corre rischio di essere investito dalle navi e di non poter lanciare a causa della troppo limitata distanza di lancio.

La manovra quindi è estremamente delicata e pericolosa, ma se riesce, non solo garantisce il sicuro siluramento di una almeno delle navi nemiche, che prese alla sprovvista, ed attaccate a distanza ravvicinata non possono in nessuna maniera difendersi dall'attacco improvviso, ma conferisce anche al sommergibile, nella fase dell'operazione immediatamente successiva al lancio, quando cioè la sua posizione è sempre stata individuata, condizioni di sicurezza notevolmente maggiori che non nel caso del lancio al difuori della scorta, perché la sua vicinanza alla linea delle navi costituisce un impedimento alla libertà di manovra delle unità di scorta.

[DA COMPLETARE]

Ora il problema di un periscopio a visione panoramica è stato affrontato e risolto da tempo: anzi i primi esemplari di periscopio per sottomarino erano precisamente di questo tipo. Essi avevano, superiormente, un prisma circolare il quale inviava all'oculare, nell'interno del sommergibile, una imagine completa dei 360° di orizzonte.

Le ragioni per cui da questo primo tipo di periscopio si è passati ai tipi più recenti di periscopi a campo di visione limitato sono due: anzitutto il prisma circolare superiore ingrossava necessariamente [<37-38>] la testa del periscopio rendendolo molto visibile, e generando una scia eccessivamente appariscente. In secondo luogo il suddetto prisma di testa forniva dell'orizzonte un'imagine alquanto deformata per cui risultava difficile riconoscere a grande distanza i particolari degli oggetti avvistati e sopratutto risultava impossibile giudicare esattamente la distanza del sommergibile da essi.

Quando però la visione panoramica del periscopio sia limitata ad un solo fugace momento, nell'istante cioè in cui il sommergibile si avvicina alla superficie del mare, e quando per l'osservazione accurata dei particolari ci si possa servire della successiva visione a campo limitato, l'inconveniente della deformazione delle imagini acquista un'importanza trascurabile. L'importante è vedere immediatamente, a colpo d'occhio, se vi sono o no pericoli imminenti; una volta che il Comandante è rassicurato intorno a questo punto, egli ha tutto il tempo di ricorrere al periscopio ordinario ed esaminare attentamente i vari settori dell'orizzonte per il riconoscimento degli oggetti lontani.

[DA COMPLETARE] [<38-39>] [DA COMPLETARE]

[DA COMPLETARE] [<39-40>] [DA COMPLETARE] .4



1 Un articolo dallo stesso titolo è apparso sugli Atti della Società Italiana per il Progresso delle Scienze, relativi alla diciassettesima riunione (Torino, 15-22 settembre 1928), pp. 200-220; Società Italiana per il Progresso delle Scienze, Indice generale storico-cronologico alfabetico e analitico. Lavori, contributi e quadri direttivi (1839-2005) Link esterno SIPS (pdf esistente il 27/6/2020).

Angelo Iachino (1889-1976) faceva allora parte della direzione dell'Istituto di guerra marittima di Livorno: P. Alberini, F. Prosperini, Uomini della Marina. 1861-1946. Dizionario biografico (Roma, Ufficio storico della Marina Militare - Nadir Media, 2015), pp. 283-285 Link esterno Ministero della Difesa (esistente il 26/6/2020).

2 Tra cui il San Giorgio Lugenico → Binocoli.

3 Per un approfondimento sul tema specifico → Storia § 25.

4 L'articolo seguente è: G. Maraghini, "La vigilanza delle coste nemiche col sommergibile", Ibidem, pp. 41-57.



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Storia § ??
G. A. Chiurco, Storia della rivoluzione fascista, vol. 2 [Anno 1920] (Firenze : Vallecchi, 1929), pp. 22-23, 112, 149, 437. Link esterno OPAC SBN

Scioperi e serrata di stabilimenti metallurgici. / Occupazioni e Consigli di Fabbrica.

In Liguria, a causa dello scipero degli elettricisti dell'anno precedente, molti stabilimenti erano rimasti chiusi per un certo periodo di tempo. Gli operai pretendevano ugualmente il pagamento delle giornate di lavoro, e inoltre un aumento di caroviveri. Il giorno 14 [febbraio 1920] (sabato) 1 veniva fatta agli operai la prima ritenuta di denaro per scontare la somma data a loro dagli industriali come sussidio durante lo sciopero, a titolo di prestito, e invece intesa dagli operai come paga regolare. Gli operai allora iniziavano un ostruzionismo che si protraeva per più giorni in forma più o meno violenta. Così avveniva nei cantieri Ansaldo, Odero, Piaggio, Ilva, alle officine Fossati, allo stabilimento [<22-23>] S. Giorgio, all'acciaieria Ansaldo a Volpedo, ecc.


A Genova e in Liguria.

Gli operai si dispongono ad occupare gli stabilimenti, ma la polizia ha già provveduto a presidiare quelli Odero, Arsa, Ido, Passini, e gli altri di maggiore importanza.

Il 2 Settembre gli operai del cantiere Odero, in numero di qualche migliaio, tentano di penetrare nello stabilimento scavalcando i [<111-112>] cancelli; ma tutte le porte d'ingresso sono sbarrate dalle truppe. Partono colpi di rivoltella dalla massa operaia e le guardie regie rispondono. Cadono uccisi due operai, feriti altri. Le Autorità mettono agli arresti le guardie regie che hanno sparato; la truppa riceve l'ordine di ritirarsi dagli stabilimenti. Gli operai occupano il cantiere Odero, i cantieri Ansaldo, S. Giorgio, Terni, Orlando e vengono issate le bandiere rosse mentre squadre armate presentano le armi. L'occupazione si estende alle officine Pacini alle Grazie, a quelle di Sampierdarena, di Sestri Ponente, di Savona, di Cornigliano Ligure, di Vado Ligure.


[149>] [29 ottobre 1920] A Sestri Ponente nello stabilimento S. Giorgio è rinvenuta una bomba.



1 Il 14 febbraio 1920 – anno bisestile, con Pasqua il 4 aprile – è caduto effettivamente di sabato: A. Cappelli, Cronologia, cronografia e calendario perpetuo (Milano : Hoepli, 1998), p. 62.



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Storia § ??
G. A. Chiurco, Storia della rivoluzione fascista, vol. 3 [Anno 1921] (Firenze : Vallecchi, 1929), p. 437. Link esterno OPAC SBN

[437>] Una battaglia a Sestri Ponente. – Sommossa operaia nel Parmense.

Il 3 Luglio [1921] a Sestri vennero tributate solenni onoranze alle salme di tre caduti che ritornavano dai cimiteri di guerra. Nel pomeriggio di sovversivi venuti dai paesi vicini dopo una sosta alla Camera del lavoro percorsero le vie di Sestri cantando l'«Internazionale» ed insultando alcune donne che avevano esposto il tricolore abbrunato; nessun fascista era nelle vie per essere rientrati dai funerali stanchissimi. Il Fascio il giorno dopo pubblicò un vibrante manifesto col quale si diffidavano i sovversivi.

Alla sera verso le 22.15 dopo lo scambio di alcune ingiurie venne iniziato il fuoco contro i locali della Camera del lavoro, giunsero di rinforzo i fascisti dei paesi vicini, una compagnia di Guardie Regie, un plotone di RR. CC., due autoblindate al comando del Questore comm. Falcetano.

La battaglia dura a lungo; i fascisti e la forza pubblica devono sostenere una lotta non indifferente attorno alla Camera del lavoro, e nella battaglia rimangono feriti i fascisti Giuseppe Bottino, Guzzani, Bartolini ed Edoardo Malusardi, comandante d'azione della zona della Riviera di Ponente. Sono impiegate le mitragliatrici e autoblindate. Dopo forte resistenza alle 6 del mattino la polizia e i fascisti riescono a penetrare nella Camera del lavoro e a trarre in arresto i sovversivi. L'edificio è dato alle fiamme. Il giorno seguente si riaccende il conflitto, vengono effettuate nuove rappresaglie essendo stata lanciata una bomba sui fascisti. Dopo incidenti e due giorni di battaglia torna la calma; ottanta arresti, cento feriti, fra i quali gravemente il fascista Arnaldo Scarsi diciannovenne studente. Un idrovolante pilotato dai fascisti della «Disperata» Maccafico e Squarcina vola sulla città gettando manifestini.

La Camera del lavoro venne restituita alla organizzazione rossa in seguito alle pressioni fatte dall'autorità ed anche per l'intervento dei deputati del Gruppo parlamentare fascista tra i quali vi erano De Vecchi, Ciano, Giuriati, Giunta, Oviglio, i quali si trovavano a Genova per sorvegliare l'andamento della conferenza della Pace che aveva luogo nel Palazzo San Giorgio.1



1 ...



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Storia § ??
A. Bernini, "Telemetri monostatici a coincidenza e stereoscopici. Misure con luce crepuscolare", Atti della Società dei Naturalisti e Matematici di Modena, serie 6ª, 9 (1930), fasc. 1, pp. 11-32 Link esterno Società dei Naturalisti e Matematici di Modena. Link esterno OPAC SBN

Sunto. Sono descritte esperienze comparative con telemetri monostatici stereoscopici ed a coincidenza con luce crepuscolare. Non risultano affatto confermati i vantaggi, che al riguardo sono stati altrove annunciati per il tipo stereoscopico.

Da quando la ditta Zeiss ha messo in commercio il telemetro monostatico stereoscopico, (ciò è avvenuto solo dopo la guerra e circa nel 1920-1921) si è sentita la opportunità di istituire esperienze comparative, allo scopo di esaminare se questo tipo presentasse, specie per gli usi bellici, dei vantaggi rispetto al telemetro a coincidenza concretato sette lustri or sono dalla ditta Barr e Stroud da tempo generalizzato, non solo sulle navi, ma anche presso le batterie campali e particolarmente per il tiro contro-aerei. E la previsione di vantaggi molto sensibili era più che giustificata dal fatto che la Germania ne aveva fatto un segreto e tutte le navi della sua flotta durante l'ultima guerra ne erano fornite.

Oggi mentre si costruiscono telemetri stereoscopici pure in Francia, in America, in Inghilterra e da poco anche in Italia, la questione è ancora molto dibattuta. Vi sono controversie fra gli stessi costruttori e da queste controversie non esula certamente la questione commerciale.

Alcuni disaccordi si potrebbero anche spiegare col fatto che non sempre le esperienze comparative sono state eseguite nelle condizioni più opportune, e non sempre i dati di esperienza hanno avuto la più logica interpretazione. Comunque i risultati hanno servito a stabilire una cosa importante, e cioè, che non è possibile dare un giudizio di completo favore per l'uno o per altro tipo, poiché col variare di certe condizioni, le misure risultano più o meno influenzate ed in maniera differente a seconda del tipo.

Influiscono ad esempio in maniera differente la forma e la disposizione dell'oggetto a cui si collima (allungato [<11-12>] in senso verticale od orizzontale, od obliquo: a contorno circolare: a contorno nitido, o sfumato, ecc.); ed ancora le condizioni dello stato di moto o di quiete dell'oggetto (nave ferma, nave in moto con beccheggio, aereo con forte variazione di sito, ecc.). Cosicché per ciascuno di questi casi diventano necessarie delle distinzioni.

E per identica ragione è necessario fare considerazioni particolari a seconda dell'installazione del telemetro, e cioè a seconda che si tratta d'installazione a terra, o su nave in moto, o con forte rullio, o beccheggio, con trepidazioni, ecc.

Anche per tale complesso di cose diventano spiegabili certi disaccordi, come pure si giustifica che, mentre per alcune condizioni non si trovano ragioni di preferenza fra i due tipi, per altre si preferisca di massima lo stereo, e per altre ancora il tipo a coincidenza. E così ad es. vi ha chi afferma essere lo stereo istrumento di maggior precisione che non il tipo a coincidenza, e ciò per la maggiore luminosità (apparente) del campo, dovuta all'impiego simultaneo dei due occhi, ma v'ha pure chi, basandosi su risultati d'esperienza (es. la marina inglese), nega questa maggior precisione. Altri poi afferma essere la buona acuità visiva stereoscopica un carattere piuttosto eccezionale, e ciò costituirebbe uno svantaggio per lo stereo, non compensato dalla maggior luminosità conseguente alla visione binoculare; ma vi sono pure statistiche che portano a concludere diversamente.

Per quanto riguarda invece l'impiego a bordo di navi, molti sembrano d'accordo nel ritenere che il tipo a coincidenza presenti degli svantaggi, per le difficoltà di smezzamento delle immagini colle oscillazioni della nave e per le deformazioni che le immagini stesse subiscono colle vibrazioni. E ciò spiega la tendenza presso alcuni Stati, esclusa l'Inghilterra, a sostituire sulle navi il telemetro stereo a quello a coincidenza.

V'ha pure già chi presume che lo stereo possa essere preferibile anche nell'inseguimento degli aerei, e ciò particolarmente pel fatto che le misure cogli stereo possono riuscire abbastanza precise anche se la immagine dell'oggetto è un po' oscillante, o si trova spostata in una direzione qualunque rispetto al centro del campo, mentre è ben noto che col tipo a coincidenza le oscillazioni in senso verticale, spesso rilevanti ed inevitabili coi supporti attuali e col modo d'impiego comune, portano pregiudizio per lo smezzamento delle immagini che è [<12-13>] condizione necessaria per una buona collimazione. Però le misure di confronto finora eseguite nell'inseguimento di aerei, non hanno condotto a risultati concludenti. E in quanto alle esperienze già da me da tempo al riguardo istituite (1) queste hanno piuttosto dimostrato che nelle attuali condizioni di impiego, e cioè colla base orizzontale e con due operatori, qualunque siano le sue caratteristiche non si può riuscire, a causa delle difficoltà dell'inseguimento, a quella precisione nelle misure, che sarebbe necessaria per soddisfare alle esigenze del tiro delle artiglierie controaerei.

Recentemente è stato segnalato da de Gramont (2) come fra l'altro influiscano in maniera differente sulla precisione per i due tipi di telemetro anche le condizioni di luce. A questo riguardo anzi il Gramont ha creduto di poter affermare che il vantaggio sarebbe decisamente a favore dello stereo, poiché sarebbe risultato che le misure eseguite sul far della sera con istrumento di questo tipo continuano ad essere buone, anche quando quelle col telemetro a coincidenza avente la stessa caratteristica e lo stesso diametro degli obbiettivi, in causa della sopraggiunta oscurità non sono più attendibili. La maggior durata di impiego per lo stereoscopico si aggirerebbe sui 15 minuti primi e anche più.

Rileverò anche come taluno abbia ritenuto di poter giungere all'identica conclusione dallo spoglio dei diversi rapporti trasmessi nelle stesse ore, e quindi nelle stesse condizioni di luce, ai rispettivi Comandi, da parte dei Direttori dei tiri delle navi tedesche ed inglesi impegnate nella battaglia dello Jutland.1

Ora tale questione si presenta, sotto il punto di vista bellico, di un'importanza molto grande. Ed infatti basta riflettere alle conseguenze che può portare in un combattimento di artiglierie un prolungamento di tiro efficace per la durata di parecchi minuti primi.

Ho perciò creduto doveroso occuparmene non fosse altro per poter fornire i necessari elementi di controllo per una [<13-14>] asserzione tanto importante, la quale d'altra parte non poteva, secondo me, essere prevista in base alle conoscenze che si hanno riguardo alla acuità visiva e tanto meno dedotta dall'esperienza di un giorno, nelle condizioni in cui si svolse la battaglia dello Jutland.

Ed approfittando di un recente richiamo in servizio militare presso la Scuola di Tiro d'Artiglieria a Nettuno, coi mezzi che il Comando della scuola ha potuto mettere a disposizione, ho istituito delle esperienze comparative a luce crepuscolare. Per quanto i mezzi e le condizioni non fossero le più soddisfacenti, i risultati portano a delle conclusioni di un certo interesse, così che ho ritenuto utile riferirne nella presente nota.

Per potere trarre senz'altro dai risultati delle esperienze le più dirette deduzioni, sarebbe stato necessario che i telemetri dei due tipi da confrontare avessero avuto, oltre che le stesse caratteristiche e lo stesso diametro utile degli obbiettivi, anche i sistemi ottici costituiti con vetro della identica qualità, rifiniti e controllati colla stessa cura e le squadre ottiche con superfici aventi lo stesso potere riflettente. Nel nostro caso, mentre gli stereo erano provenienti dalla ditta Zeiss, con base di m 2, ingrandimento 19, diametro degli obbiettivi mm 50, i tipi a coincidenza erano di modello Righi, costruiti in Italia nel periodo bellico, con base m 1,50, ingrandimento 15, diametro degli obbiettivi mm 37.

Quanto alle sensibili differenze nelle caratteristiche, la cosa può avere un'importanza limitata, purché, invece degli scarti nella distanza, si tenga conto, come si è fatto, degli scarti nella parallasse. Ma altrettanto non è per le differenze quanto a luminosità di campo e chiarezza d'immagini, al cui riguardo, per giudizio concorde dei nostri operatori, gli stereo avevano un sensibile vantaggio sui Righi. Ciò è spiegabile anzitutto col maggior diametro degli obbiettivi degli stereo. Poi si può tenere conto del fatto che coi tipi a coincidenza si osserva con un solo occhio, mentre cogli stereo si usa la visione binoculare; e si può infine osservare che le condizioni delle nostre fabbriche nel periodo bellico non potevano certo reggere il confronto con quelle di una Ditta come la Zeiss.(1) [<14-15>]

Ora è impossibile giudicare se nella differenza rilevata circa la chiarezza e luminosità avessero molta o poca influenza la qualità e la lavorazione del vetro. Comunque è indubitato che le diversità nei sistemi ottici non erano affatto a vantaggio dei telemetri a coincidenza; e di ciò si dovrà tener conto nel trarre le deduzioni dai risultati.

I Telemetristi, in numero di sei, furono scelti fra quegli elementi anziani della batteria di istruzione della Scuola, che erano già esercitati con entrambi i tipi di telemetro. Gli istrumenti adoperati furono cinque, due stereo e tre Righi. Cosicché ogni sera potevano esperimentare contemporaneamente, e cioè nelle identiche condizioni di luce, due operatori, ciascuno adibito ad una coppia di telemetri, uno stereo ed uno Righi.


(1) A. Bernini – Il telemetro monostatico per l'inseguimento degli aerei. Atti della Società pel Progresso delle Scienze - Congresso di Pavia 1926; Atti della Società Ligustica 1926. [Nota a pie' di p. 13]

(2) Armando de Gramont – L'eclairement limite en telemetrie monostatique: Revue d'optique theorique et istrumentale, N. 11, Novembre 1927. [Nota a pie' di p. 13]

(1) Pare che soltanto da poco tempo la Ditta S. Giorgio riesca ad impedire quell'appannamento detto comunemente «ossidazione» che col tempo si è spessissimo verificato nelle superfici delle parti ottiche dei nostri congegni di puntamento fabbricati in Italia. [Nota a pie' di p. 14] 2



1 Per un primo approccio al principale scontro navale della prima guerra mondiale (31 maggio - 1° giugno 1916): Battaglia dello Jutland Link esterno Wikipedia (esistente il 9/10/2019).

2 La San Giorgio è l'unica azienda ad essere citata nell'articolo, oltre alla Zeiss.

Buona parte dell'articolo, dall'esposizione molto chiara, è dedicata ai grafici con i risultati sperimentali. Lo stesso articolo è stato pubblicato in: Atti della Società Ligustica di Scienze e Lettere, serie 2ª, 9 (1930), pp. 49-70 Link esterno OPAC SBN.

Un profilo bio-bibliografico dell'autore è in: R. Balestrieri, Il personale degli Istituti di Fisica e Fisica matematica dell'Università di Genova. Dal 1840 al 1940Urania Ligustica.



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Storia § 6
"Lettere operaie", Lo Stato Operaio : Rassegna di politica proletaria, 4 (1930), n. 7, luglio, pp. 453-454 Link esterno Fondazione Gramsci. Link esterno OPAC SBN

Genova, luglio 1930.

Ad ogni solennità del regime, ad ogni inaugurazione di qualche Istituto, Società, od Opera pubblica, sia pure un modesto orinatoio del più modesto villaggio, si mobilitano squadre di manovra, si disturbano le gerarchie ed i tromboni più o meno sfiatati della Gerico mussoliniana, suonano la diana patriottarda, ed ogni smargiassata ha come naturale corollario, il collettivo giuramento degli intervenuti, d'essere pronti a morire per le maggiori glorie romane, cui non bastano più e Nizza e la Savoia, la Corsica, Tunisi, Algeri, e la Palestina.

E colle parole corrono in parte anche i fatti. In Italia tutte le industrie sono in crisi, gli stabilimenti industriali, in parte si chiudono, in parte lavorano a orario ridotto, la settimana lavorativa va da due a quattro giorni. Solo le industrie militari sono in piena attività, così le fabbriche di cannoni, proiettili, ed armi di ogni genere; così i cantieri navali per corazzate, così per i cantieri dell'aeronautica militare. Non solo; in tali stabilimenti sotto la guida di ingegneri tedeschi si stanno studiando e costruendo armi ed apparecchi perfezionatissimi. Ad esempio presso la S. Giorgio a Sestri Ponente, ingegneri tedeschi fanno costruire apparecchi da applicare alle corazzate, per i quali meno di una decina di uomini potranno puntare, manovrare, sparare, e ricaricare tutti i cannoni di bordo.1 Nell'Ansaldo, a Campi, un manipolo di ingegneri tedeschi dirige un reparto popolato di una quarantina di operai tedeschi specializzati, e dove nessun altro può entrare (né italiano, né fascista). In tale reparto chiuso ermeticamente a chi non è tedesco vengono introdotti i cannoni sforzati,2 negli altri reparti vengono ultimati con procedimenti di nuova invenzione, relativi sia al puntamento, sia alla carica, sia alla quantità degli spari. Pare che l'invasione dei cari «alleati» negli stabilimenti militari sia generale, perché il genio latino stavolta fa cilecca. Qui siamo all'oscuro di tutto, e non possiamo renderci conto esatto, se tutto ciò sia la corsa alla guerra sul serio, e quanto di tutto questo siano rodomontate destinate a «épater les bourgeois».3 Certo la situazione interna diventa sempre meno sostenibile. Non solo l'industria, ma anche il commercio va arenandosi, nessuno paga, ed il denaro va diventando sempre più raro. Le manifestazioni sporadiche si intensificano, e di tanto in tanto, accadono fatti sempre più gravi. Sicché non ci sarebbe da meravigliare se l'uomo, quando avrà sfruttato tutto, quando la situazione diverrà insostenibile, non si attacchi all'ultimo diversivo: la guerra.

Ho parlato di fatti sporadici. non possiamo garantirne la verità, perché data la mancanza assoluta di stampa, bisogna rimettersi ai si dice.4 Si è perfin detto che circa tre mesi fa, a Taranto vi fu una vera e propria sommossa, nella quale la milizia s'è rifiutata di sparare sulla popolazione, e fraternizzando in parte con essa.

Certo che tali fatti più o meno frequenti, scioperi, agitazioni, attentati non approderanno a nulla, fino a che non si sia riusciti a costituire una salda organizzazione. In mancanza di essa il malcontento esploderà sempre in vari conati, le energie si disperderanno in frequenti quanto nulle (agli effetti) scaramuccie, e la spossatezza [<453-454>] interverrà come maggiore alleata del regime. [...] 5



1 Nel 1927 la San Giorgio aveva assunto l'ing. Umberto Cavazzoni e il tecnico tedesco Poser, provenienti dalla Zeiss. Nones (1990), p. 74.

2 Il termine "sforzato" è del tutto oscuro: un trattamento di distensione dopo la tempra? Pare più probabile un fraintendimento o un refuso. Nello stabilimento di Campi della Gio. Ansaldo e C. (SIAC dal 1934), era stato forse già realizzato il "forno cannone" verticale.

3 "Stupire i borghesi", in senso futurista.

4 In effetti sembra trattarsi di voci diffuse da chi non lavorava nemmeno in prossimità dei reparti in questione: viene in mente il "raggio della morte" e le altre armi segrete di cui si inizierà a favoleggiare pochi anni dopo. Tali nuove voci, però, non saranno diffuse dal Partito comunista, bensì dalla polizia politica fascista, che ha iniziato a operare nel 1928 e per cui si veda: L. Bortone, "OVRA", in Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949), ad vocem Link esterno Treccani (esistente il 18/6/2022). "La verità era tutt'altra. Marconi aveva ripetuto con qualche successo alcuni esperimenti di localizzazione per i veicoli a terra, usando radio fari. Mussolini che cercava con ogni mezzo di vantare – soprattutto in direzione della Germania la cui alleanza diventava ogni giorno più stretta – le capacità «del genio italico», lasciò artatamente trapelare la falsa notizia del «raggio della morte». Di tutto questo ovviamente si incaricò la famigerata organizzazione poliziesca fascista che operava con il nome di OVRA: da una parte si smentì ufficialmente e a più riprese la notizia del «raggio della morte», dall'altra, attraverso canali sotterranei e finte indiscrezioni agli organi di spionaggio internazionale, trafiletti sui giornali e così via, si fece di tutto per far credere che Marconi avesse realmente realizzato il fantastico raggio"; G. Masini, Guglielmo Marconi (Torino : UTET, 1975), pp. 418-419.

5 Indice dei numeri disponibili Link esterno Fonti per la storia del Partito comunista italiano (esistente il 18/6/2022).



All'indice    1931    Indicatore di completezza
Storia § ??
P. Ginori Conti, "Il vetro per l'ottica in Italia", Atti della Società Colombaria di Firenze, 11 (1930-31), pp. 43-44.
Anche in estratto (Firenze, Stabilimento tipografico già Chiari succ. Carlo Mori, 1931), pp. 13-14 Link esterno Museo Galileo.
Link esterno OPAC SBN

In un periodo di meno di due anni, noi abbiamo fatto 17 fusioni per oltre 3 tonnellate di vetro dal quale si sono ottenute lenti di svariate dimensioni fra cui una di 50 cm di diametro, ricavata da un blocco assai grande, rimasto integro quando si screpolava il crogiuolo. Naturalmente la lavorazione delle lenti stesse, per giungere a cavare da uno dei dischi o dei blocchi che si plasmano dai frammenti della fusione, è compito che esorbita dalle funzioni del nostro Istituto e spetta al costruttore ottico. Per le materie prime che ci occorrevano cercammo se non potessero trovarsi nel nostro paese; e, prescindendo dai giacimenti che vengono indicati in varie regioni ma che debbono ancora coltivarsi, ci [<43-44>] rivolgemmo all'Onorevole Barone Gian Alberto Blanc, il quale col suo geniale trattamento delle leuciti ottiene silice, potassa ed allumina purissime: ottenemmo infatti campioni bellissimi, sicché possiamo dichiarare che l'Italia nostra sarà in grado di fornire al suo vetro di ottica tutti i costituenti purissimi che gli occorrono.

Il nostro vetro è stato adoprato con ottimo successo dalle Officine Galileo e viene ormai impiegato per la costruzione dei telemetri per la R. Marina: lo hanno usato con buon successo anche l'ottico Koritzka (il quale ne parlò nel suo libro) (14), e gli stabilimenti San Giorgio ed il Salmoiraghi.

Vi mostrerò la proiezione di un binocolo prismatico nel quale prismi e lenti provengono da vetro ottico fiorentino. Di questo binocolo, ho avuto l'onore e la soddisfazione di fare con i miei colleghi nell'agosto del 1929, omaggio al Capo del Governo che ha apprezzato l'oggetto e, sopratutto, la provenienza di esso.1


(14). «Il microscopio» del Dr. CARLO KORISTKA [sic]. - Edizione Hoepli, 1930. [Nota alla fine dell'articolo]



1 Il grande binocolo donato a Mussolini è fotografato nella sua cassetta di legno; la didascalia recita: "Cannocchiale prismatico sistema Porro, donato al Duce. Costruito interamente in Firenze dalle Officine Galileo con vetro fabbricato dall'Istituto del Boro e Silicio".

Sull'autore: M. Lungonelli, M. Migliorini, Piero Ginori Conti : Scienza, cultura e innovazione industriale nella Toscana del Novecento (Bari : Laterza, 2003) Link esterno OPAC SBN.



All'indice    1932    Indicatore di completezza
Storia § ??
Regio Decreto 31 dicembre 1931, n. 1824, "Nomina del Consiglio di amministrazione dell'Istituto nazionale di ottica in Firenze", Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, 73 (1932), n. 43 (22/2/1932), parte prima, p. 930 Link esterno Au.G.U.Sto. Link esterno OPAC SBN

VITTORIO EMANUELE III
PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTÀ DELLA NAZIONE
RE D'ITALIA

Visto il R. decreto 18 luglio 1930, n. 1224;
Visto il R. decreto 1° ottobre 1931, n. 1366;
Sulla proposta del Nostro Ministro Segretario per l'educazione nazionale;
Abbiamo decretato e decretiamo:

Il Consiglio di amministrazione dell'Istituto nazionale di ottica in Firenze è costituito come appresso:

Garbasso prof. Antonio, senatore del Regno: presidente del Comitato nazionale per la fisica presso il Consiglio nazionale delle ricerche e direttore dell'Istituto di fisica della Regia università di Firenze;

De Vecchi prof. Bindo, rettore dell'Università di Firenze, delegato designato dal Consiglio di amministrazione della stessa Università;

Bergamini Carlo, capitano di fregata: ufficiale superiore della Regia marina designato dal Ministero della marina fra quelli in servizio nella Direzione generale armi e armamenti navali;

Vacchelli on. Nicola, deputato al Parlamento: direttore dell'Istituto geografico militare;

Croce ing. Alessandro, vice-presidente del Regio comitato di ottica, delegato del Ministero delle corporazioni;

Antilli Cesare, colonnello G. A., delegato del Ministero dell'aeronautica;

Fanno ing. Gino, amministratore delegato della Società anonima industriale San Giorgio di Genova a Sestri: delegato degli industriali sovventori;

Pasqualini prof. Luigi, delegato degli enti industriali sovventori designato dalla Confederazione nazionale fascista dell'industria;

Chierichetti dott. Guido, delegato del Consiglio provinciale dell'economia, della Cassa di risparmio, del Comune e dell'Amministrazione provinciale di Firenze;

Ronchi prof. Vasco, direttore dell'Istituto nazionale di ottica, che assume anche le funzioni di segretario del Consiglio.

Il senatore prof. Antonio Garbasso e l'on. Nicola Vacchelli sono nominati rispettivamente presidente e vice-presidente del predetto Istituto.

Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare;

Dato a Roma, addì 31 dicembre 1931 - Anno X
VITTORIO EMANUELE.

GIULIANO.

Visto, il Guardiasigilli: ROCCO.
Registrato alla Corte dei conti, addì 18 febbraio 1932 - Anno X
Atti del Governo, registro 317, foglio 52.
– MANCINI.1



1 ...



All'indice    1933    Indicatore di completezza
Storia § ??
NAVARMI, "Acquisto di binocoli prismatici 7x50 da parte degli ufficiali", Giornale ufficiale della Regia Marina (1933), pp. 271-272. Link esterno OPAC SBN

ATTO N. 92.1
Acquisto di binocoli prismatici 7x50 da parte degli ufficiali.

CIRCOLARE n. 2123
DIREZIONE GENERALE DEL PERSONALE E DEI SERVIZI MILITARI
DIREZIONE GENERALE DELLE ARMI E DEGLI ARMAMENTI NAVALI

A tutte le Autorità.

L'industria nazionale è riuscita in questi ultimi tempi a soddisfare quasi totalmente il desiderio più volte espresso dalla R. Marina, di affrancare la Nazione dalla soggezione straniera nel campo dei binocoli marini dei tipi più in uso. È stato realizzato, fra gli altri, un istrumento presentante le seguenti caratteristiche:

  • Diametro utile obiettivo 50 mm
  • Pupilla uscita 7,1 mm
  • Ingrandimenti 7
  • Campo reale 7°,3
  • Potere separatore non superiore a 30"
  • Peso senza accessori 1140 grammi circa.

Ciascun binocolo è fornito di vetri colorati in giallo, di astuccio in cuoio e cinghia di colore marrone, nonché di parapioggia in cuoio nero. A richiesta può essere provvisto nell'oculare destro, di piastrina diastimometrica con graduazione orizzontale in millesimi; con incisioni di 10 in 10 millesimi a partire dal centro verso i due lati fino a 50.

Un congruo numero di esemplari di detti strumenti è stato sottoposto con esito favorevolissimo, a prove accurate di laboratorio e di impiego a bordo.

Il Ministero, per venire incontro agli ufficiali che desiderino acquistare detto tipo di binocolo, ed a quelli che per il disposto dell'art. 30 del regolamento per il servizio a bordo delle Regie Navi hanno obbligo di esserne forniti e non vi hanno ancora provveduto altrimenti, ha deliberato di [<271-272>] effettuarne loro la cessione ad un prezzo di lire 600 pagabile, per chi ne faccia richiesta, in sei rate mensili di lire 100 ciascuna.

Premesso quanto sopra si dispone:

1. Le Autorità navali invitino tutti gli ufficiali di Stato maggiore dipendenti ad ottemperare alle disposizioni dell'articolo 30 sopra ricordato, approfittando oppur no della facilitazione suddetta.

2. Gli ufficiali di qualsiasi Corpo che desiderino provvedersi del binocolo sopra indicato, avanzino domanda, non oltre il 30 maggio c. a., alla R. Accademia navale a cui il Ministero affida il compito di procedere alla distribuzione di detti strumenti. Qualora intendano effettuare il pagamento rateale, ne facciano specifica indicazione e, nel contempo, rilascino all'Ufficio che li amministra, autorizzazione a trattenere sullo stipendio la relativa quota mensile o lo ammontare complessivo di lire 600.

Nella domanda alla R. Accademia navale dovrà in ogni caso essere specificato se il richiedente desidera o meno la piastrina diastimometrica e la domanda stessa dovrà essere accompagnata dalla dichiarazione che «il binocolo serve per esclusivo uso personale del richiedente» date appunto le particolari facilitazioni di acquisto concesse dal Ministero.

3. Scaduto il tempo utile per la presentazione delle domande la R. Accademia navale ne trasmette l'elenco al Ministero nel mentre provvederà all'invio dei binocoli agli ufficiali.

Gli strumenti verranno intanto accentrati, appena possibile, in deposito presso detto Istituto, nel numero che il Ministero si riserva di indicare, a cura della Direzione armi di La Spezia la quale unirà a ciascuno istrumento un apposito certificato di collaudo.

Il Ministero si riserva di inviare alla R. Accademia navale ulteriori particolari istruzioni in merito allo svolgimento delle pratiche di cui sopra.

Roma, 8 aprile 1933 - Anno XI / Il Ministro: / SIRIANNI.

(Allegato al Foglio d'ordini dell'8 aprile 1933 - XI).2



1 L'atto fa parte delle "Circolari, istruzioni, disposizioni varie" della Dispensa 12ª.

2 Nelle "Circolari, istruzioni, disposizioni varie" della Dispensa 27ª, p. 1003, è poi apparsa l'atto n. 259 (29 agosto 1933):
"Cessione a pagamento di binocoli da parte dell'Accademia navale. / DIREZIONE GENERALE DELLE ARMI E DEGLI ARMAMENTI NAVALI
Allo scopo di mettere gli ufficiali nelle condizioni di potere inoltrare a Marinaccad domanda per la cessione a pagamento di binocoli 7x50 di tipo regolamentare nella Regia marina, è stato deliberato di non considerare chiuso il periodo utile per la presentazione delle domande, stabilito al 31 maggio c. a., dalla circolare n. 2123 allegata al Foglio d'ordini dell'8 aprile 1933.
Pertanto, gli ufficiali che intendessero avvalersi di tale concessione sono pregati di far pervenire apposita domanda alla Regia accademia navale non oltre il 31 dicembre 1933, data in cui non saranno più accettate.
(Art. 4 del Foglio d'ordini del 29 agosto 1933 - XI). / Il Ministro: / SIRIANNI".

L'uso della piastrina (o lastrina) diastimometrica (o distanziometrica) era consolidato da tempo nell'esercito: "si dovrà cercare di determinare con la massima possibile precisione la distanza a mezzo di telemetro, di misurazioni con l'impiego della piccola base o altro mezzo, tenendo presente che, se non si ha esatta conoscenza della distanza, il tiro diventerà una dispersione inutile di munizioni. Perciò, come già si è detto, questa ricerca verrà fatta con vari sistemi contemporaneamente. Così anche nei riguardi del sito: la sua misura deve essere esatta, non apprezzata; quindi: o ricavata dalla carta, o ricavata con istrumenti. Cosa che si ritiene facile perchè ormai quasi nessun ufficiale possiede binocolo che sia sprovvisto di piastrina diastimometrica". A. Vinciguerra, "Il tiro di notte con le mitragliatrici", Rivista di fanteria : rassegna di studi militari, 2 (1935), pp. 1396-1397 Link esterno OPAC SBN.

La differenza di costo tra un binocolo con o senza reticolo graduato (al fuoco dell'oculare destro) non era significativa: "Per concessione del Ministero della guerra gli ufficiali in congedo possono acquistare binocoli della ditta Salmoiraghi, dello stesso tipo adottato per gli ufficiali in S. P. E. [servizio permanente effettivo] Tali binocoli, ad otto ingrandimenti, sono cedibili al prezzo di lire 500. Se con lastrina diastimometrica il prezzo è di lire 550". "Facilitazioni per acquisto di binocoli", Esercito e nazione : rivista per l'ufficiale italiano, 6 (1931), n. 8, agosto, p. 741 Link esterno Emeroteca BNC Roma. In questo caso si tratta presumibilmente di un 8x30.

La diffusione di tali binocoli tra gli ufficiali di artiglieria non pare così capillare: "Ma se l'obiettivo è a quota diversa da quella delle armi, il problema è meno semplice. Si tenga presente che il comandante di plotone non dispone di goniometro; non ha, di norma, binocolo con lastrina diastimometrica e non sempre è in possesso di carta topografica a scala 1:25.000 o 1:50.000". F. Sapienza, "Il tiro mascherato", Nazione militare, 14 (1939), n. 7-8, luglio-agosto, p. 535 Link esterno Emeroteca BNC Roma.



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Storia § ??
"Rassegna della Stampa", La proprietà edilizia italiana, 5 (1933), n. 10, ottobre, p. 1013 Link esterno Emeroteca BNC Roma, p. 1013. Link esterno OPAC SBN

A Sestri Ponente (vedasi il Lavoro Fascista del 7 luglio) son sorte in breve tempo numerose Cooperative edilizie, e la città non solo ha raddoppiato il proprio centro urbano, ma si è arricchita di ottime costruzioni. La Cooperativa Case «San Giorgio», che ha già costruito ben trentadue appartamenti, «ha proceduto alla posa della prima pietra per il secondo caseggiato sociale e così altri appartamenti nell'aprile del 1934 potranno essere messi a disposizione dei soci».1



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Storia § ??
G. Russo, "L'importanza dell'ottica nella difesa del paese", Annuario 1934-35 dell'Associazione Ottica Italiana, comprende gli Atti della I riunione dell'Associazione (Firenze, 21-24 maggio 1934), a cura di G. Giotti, pp. 49-62. Link esterno OPAC SBN

Eccellenze, Signore, Signori,

Desidero anzitutto dichiararvi che mi sento molto onorato dal fatto di rivolgere a Voi la parola in questo luogo sacro alla sapienza, in quest'ora, in questa occasione che la stessa vostra presenza rende solenne.

Penso di dovere un simile onore, per il quale esprimo viva gratitudine al Comitato, ad una sola virtù, alla convinzione profonda della grande importanza che ha l'ottica nella vita odierna, come scienza, come tecnica, come applicazione industriale. Io credo del resto di avere con me di accordo tutti i presenti nell'esprimere la persuasione che ogni passo in avanti nel campo dell'ottica, negli studi, nelle ricerche, nei perfezionamenti, nei nuovi trovati, concorra grandemente e direttamente nei maggiori sviluppi di tutto ciò che passando attraverso i sensi si elabora nelle menti degli uomini; che venga dall'ottica un ausilio di primaria importanza per tutto ciò che è conquista degli uomini nel mondo fisico che li circonda.

Vi possono essere, e vi sono di quelli i quali sostengono che la via primaria ed essenziale di comunicazione dell'uomo col mondo esterno stia nei contatti. Rispettiamo l'opinione, ma la tesi non è facile a sostenere, quando il generale consenso ha stabilito una scala di precedenza fra le facoltà sensorie di cui l'uomo è dotato, ed ha assegnato alla vista un primato, quasi un titolo di nobiltà.

Da qui l'importanza degli strumenti che, con o senza l'ausilio della meccanica di precisione, ne accrescono la potenza e la fanno servire a svariatissimi scopi. Chi ne approfitta non è solo l'astronomo, il quale [<49-50>] avvicina a se cose lontanissime e attraverso le leggi che regolano i moti degli astri scruta i misteri della creazione e dell'universo; non è solo il biologo, che vede e spiega i misteri delle piccolissime cose e si accosta quanto più possibile a spiegare quelli che sono i segreti della vita; si potrebbero ricordare a centinaia i servizi di ogni sorta che l'ottica rende in tutti i cambi dello scibile, dappertutto dove si esercita l'attività umana.

Siamo in una grande officina metallurgica; si spalanca, rossa ed enorme, la bocca di un forno; sostenuta da catene, trainata da meccanismi e guidata da squadre di operai, ne esce una massa di acciaio di molte diecine di tonnellate; sta subendo una serie di trattamenti, che devono essere regolati con matematica precisione. A dieci o venti metri di distanza, immobile e con l'occhio armato di uno strumento, è un piccolo uomo. L'uomo non è mai piccolo; appare piccolo di fronte alle cose che egli stesso ha creato. Nella sua immobilità lontana, egli misura e legge la temperatura del metallo.

E un altro apparecchio misura ed esprime i numeri i colori; e un altro apparecchio ottico aiuta a scrivere e poi rileggere e riprodurre i suoni; e non si finirebbe mai di ricordare tutto ciò che fa l'ottica, senza contare il servizio spicciolo in aiuto alla vista reso a tanta parte dell'umanità.

È ben vero che tutto quanto lo scibile ottico, tutti quanti i fenomeni in cui ha gioco la luce, si dibattono in angusti confini, se si considera che le radiazioni luminose visibili occupano pochi gradini di una scala che discende a profondità smisurate e sale ad altezze vertiginose.

Si potrebbe dire, per analogia coi suoni musicali, che esse occupano una sola ottava di una scala che, fino alle nostre conoscenze del giorno d'oggi, si sviluppa per una ventina di ottave verso gli acuti e per trenta o quaranta ottave verso le basse frequenze.

Ma è pur vero che attraverso lo spiraglio del vedere si scorgono i punti di partenza e si aprono al pensiero le vie per trapassare ad altri campi e spaziare fino alle mete più lontane. Sta di fatto che non si possono concepire né gabinetti di ricerche scientifiche, né laboratori di applicazioni pratiche senza apparecchi di cui strumenti ottici facciano parte.

Ed è altresì un fatto innegabile che fuori d'Italia l'Ottica trovò il suo migliore terreno, là dove una spiccata tendenza alla indagine scientifica in profondità e un formidabile apparato di produzione industriale offrivano le condizioni ideali per il suo maggiore sviluppo. Ho detto di produzione [<50-51>] industriale ed ho detto di indagine scientifica in profondità; non ho detto di ciò che precede l'una e l'altra e sta al di sopra. Non ho detto di quella che si può chiamare la concezione primaria, perché, nei riguardi della facoltà creativa, la nostra terra può e deve essere orgogliosa di alcuni primati che al genio italiano nessuno può contestare.

Quasi vien fatto di pensare che i tre termini: concezione, sviluppo scientifico, e infine concreta realizzazione, che vuol dire sfruttamento industriale, si distendano per un campo eccessivamente grande perché la mentalità di un popolo possa tutto abbracciare; che difficilmente un popolo solo possa percorrere da un capo all'altro tutto lo spazio che va dalla camera oscura di Giovambattista Porta ad un apparecchio fotografico Kodak o ad una modernissima Rolleiflex.

Ma questo non si può dire in termini generali, perché è smentito in altri campi di studio e di applicazione, come, per citare qualche esempio, in quello della elettricità, che va dalla pila di Volta e dalla rana di Galvani ai nostri grandiosi impianti idroelettrici di fabbricazione tutta nazionale, o in quello delle radiocomunicazioni che parte da una villa del Bolognese e compie intero il suo ciclo avvolgendo per virtù italiana il mondo intero.

Non è facile rendersi conto delle ragioni: certo è che l'Ottica in Italia fu lungamente in stato di trascuratezza, quasi mortificata dal pensiero che fossero vani i tentativi per emanciparsi dalla soggezione all'estero: soggezione spirituale in fatto di studi, teorie, metodi di calcolo e di realizzazione; soggezione materiale in fatto di strumenti rispondenti a svariate necessità.

Certo è altresì che anche in quei casi in cui menti italiane si volsero a cose nuove infinite difficoltà si frapposero alle realizzazioni.

Solo da pochi anni ha avuto inizio un nuovo avviamento e si sono fatti e si vanno facendo grandi passi, raggiungendo, particolarmente in alcuni rami dell'ottica, dei risultati dei quali possiamo essere fieri. La Mostra che ieri si è inaugurata ne dà la documentazione. Assistiamo soddisfatti, da alcuni anni, ad un confortante risveglio, in parte derivato da benemerite iniziative mosse da ragioni di varia natura, ma essenzialmente promosso da un forte e deciso volere superiore, volere lungimirante, che anche in questo caso non si è fermato alla constatazione di un bisogno, ma ha senz'altro messo in moto i suoi organi di propulsione a raggiungere determinati confini. [<51-52>]

Le iniziative sorte da varie parti, da Roma come da Firenze, da Milano come da Torino, come da Genova, sono venute a convergere verso questa città di Firenze, che per molti titoli di storia antica come di storia moderna in cose di ottica è decisamente all'avanguardia.

Quello che si può considerare come un movimento di ripresa o di risorgimento dell'Ottica in Italia, ebbe le sue prime manifestazioni, io credo, fra la fine del 1926 e il principio del 1927 con la fondazione dell'Associazione Ottica Italiana, con la Mostra dell'Ottica nel 1927 in ambiente apposito nella Fiera Campionaria di Padova, con le Riunioni Scientifiche Pro Ottica tenute nella occasione della stessa Mostra. Ebbe inizio subito dopo la pubblicazione del Bollettino della Associazione Ottica Italiana, rapidamente cresciuto di mole e di importanza. Seguirono a breve intervallo: la creazione governativa di un Comitato per lo sviluppo dell'Ottica in Italia, organo consulente del Ministero dell'Economia Nazionale, poi di quello delle Corporazioni; la creazione, per apposita legge, del R. Istituto Nazionale di Ottica, sorto nel 1928 sotto il patrocinio del Consiglio Nazionale delle Ricerche, del Ministero dell'Educazione Nazionale e dei Ministeri Militari; né è mancata la iniziativa, qui in Firenze, dovuta alla mente illuminata di un uomo ugualmente benemerito della scienza come della industria, per una totale emancipazione dall'Estero, in quanto riguarda la materia fondamentale dell'ottica, il vetro.

Tutto ciò è confortante. Ora io trovo particolarmente confortante, particolarmente significativo, il fatto che il movimento di ripresa ci abbia dato in breve tempo una bella serie di opere intese a soddisfare i bisogni dei diversi ceti di persone interessate nella scienza, nella tecnica, nelle applicazioni dell'ottica. Voglio dire dei manuali e trattati del Ronchi, del Martinez, del Giotti, della Brunetti, del Montauti, che formano la prima serie delle pubblicazioni curate dal R. Istituto Nazionale di Ottica, di qualche centinaio di memorie che formano la seconda serie, alla quale fa seguito una terza serie di ben diciotto volumetti dedicati agli ottici e optometristi.

Questa bella collana di opere, costituenti una preziosa speciale biblioteca, forma uno dei maggiori titoli di merito di quell'eccellente animatore che è il Direttore del R. Istituto Nazionale di Ottica, il quale per altra via ha tanti e tanti titoli di merito nel movimento progressivo che ci sta a cuore, come tutti sappiamo e profondamente apprezziamo. [<52-53>]

È sorta questa serie di opere dopo una lunga pausa, che ci fa risalire agli scritti di ottica di Galileo Ferraris, di Nicodemo Jadanza, del Mossotti, del Santini, del Billotti. Ed è notevole che queste nuovissime opere, alle quali si può aggiungere quella sul Microscopio del compianto Dottor Carlo Koristka, prendono le mosse dalle basi dell'ottica. Cominciare da buone fondamenta ha il significato del deliberato proposito di una solida edificazione.

Non mi dilungo sui particolari della azione propulsiva dei singoli fattori di progresso dei quali ho fatto cenno, tanto più che con speciali discorsi ne parleranno altri di me molto più competenti. Mi basta qui affermare che il Consiglio Nazionale delle Ricerche, cinque Ministeri senza contare quello delle Finanze, la Confederazione Generale Fascista dell'Industria, le principali Società esercenti l'industria ottica, le Officine Galileo, la Salmoiraghi, la San Giorgio, concordemente si sono adoperati in un movimento del quale hanno sentito tutta l'importanza, anzi la necessità.

Ora ciò che più particolarmente vorrei mettere in rilievo è questo: che se nel movimento di emancipazione e di rinascita hanno concorso quegli elementi propulsivi di carattere generale ai quali, nel quadro totalitario, si deve la grande rifioritura della vita nazionale, molto ha influito, e più ancora dovrà influire, la considerazione dell'importanza che ha l'ottica per la difesa del Paese.

Se di tutti gli apparecchi ottici conosciuti volessimo fare una distinzione basata sui servizi che essi sono destinati a prestare, ci troveremmo subito dinanzi a una prima divisione in due grandi categorie: usi pacifici e usi bellici.

Estesissima, grandiosa, quanto mai raffinata, la seconda categoria; senza contare che anche i più comuni apparecchi della prima categoria, destinati agli usi civili, servono anch'essi per la guerra, anzi servono più che mai in tempo di guerra.

Notevole che alcuni di essi (non vi sembri questa affermazione nata da amore per una tesi) ebbe origine da necessità di carattere militare.

Mi basta citare un esempio. Di uso comune è il binoccolo a prismi, combinazione di due cannocchiali raccorciati. Orbene è dimostrato, ed è opera recente del Consiglio Nazionale delle Ricerche l'avere rivendicato il merito ad un italiano, che il cannocchiale raccorciato mediante prismi [<53-54>] fu la prima volta composto dal Porro (fondatore della Filotecnica Salmoiraghi e vissuto lungamente a Parigi) come soluzione di un problema netto e preciso, di carattere militare, posto a lui da Napoleone III.

«Il cannocchiale di cui è attualmente dotata l'arma di cavalleria, così diceva l'Imperatore al Porro, è troppo lungo e bisogna tenerlo con due mani; ma sono sicuro che tu, pensandoci, potresti trovare il modo di accorciarlo, così da poterlo tenere con una sola mano». E il Porro corrispose all'invito col ripiegare il lungo tubo due volte su se stesso, al qual fine egli pensò di usare dei prismi nelle piegature per il rinvio dei raggi luminosi.

E del resto la simpatica tradizione che attribuisce ad Archimede la formazione degli specchi ustori per incendiare mercé il calore solare le navi nemiche, non ha forse il significato di una invenzione ottica che nasce da uno scopo di guerra?

Apparecchi ottici servono alle forze armate per la rivelazione, per l'osservazione, per il puntamento, per la misura, per la documentazione, per l'allenamento, per la segnalazione.

La mostra ieri inaugurata ci pone sotto gli occhi un campionario di modernissimi apparecchi, frutto di intima collaborazione fra Ministeri e Ditte specialiste, fra scienziati e tecnici, fra uomini d'arme e uomini di studio.

In terra, ha necessità l'Arma del Genio di apparati per collegamenti a mezzo di segnalazioni eliografiche, di apparati per l'illuminazione del terreno e degli aerei, di proiettori di vari tipi, che vanno fino a un metro e mezzo di diametro, di apparecchi fotografici speciali per rilevamenti dal pallone osservatorio, di apparecchi con teleobiettivi per fotografie a grandi distanze, di strumenti geodetici e topografici.

I servizi per l'artiglieria e i servizi speciali per le altre armi dell'Esercito hanno necessità di cannocchiali d'assedio, squadre a prismi da batteria, binocoli galileiani, telemetri, iposcopi, cannocchiali per fucili, collimatori, sitometri, goniometri, apparati ottici Faini da campo, cannocchiali prismatici, ecc. ecc. È una dotazione totale che si aggira intorno ai 100 mila strumenti in servizio e nei depositi. Nel 1912 erano intorno ad una ottava parte di questa cifra.

Sono strumenti ottici necessari all'Aeronautica i traguardi per il puntamento del lancio delle bombe, i collimatori per il tiro delle armi fisse [<54-55>] a bordo dei velivoli, binocoli, apparecchi fotografici di grandi lunghezze focali fino a 750 e 1000 millimetri, fari portati dagli aerei, strumenti per vedere sotto la fusoliera (geoscopi) o al di sopra di essa; e per servizio aeronautico si usano a terra aerofari per individuare la posizione degli aeroporti, fanali lungo le rotte principali, fari per illuminare il terreno alla partenza e all'atterraggio.

Ancora più vaste che in terra e nell'aria sono le applicazioni ottiche nella Marina.

Telemetri, che vanno fino ad una base di m. 7,20, sistemati nelle torri delle Artiglierie, nelle torrette di direzione del tiro, altimetri per apprezzare gli scarti longitudinali del tiro ed eseguire via via le correzioni, apparecchi per la punteria, inclinometri e teleinclinometri, congegni di mira, iposcopi. A questi apparecchi si aggiungono i cannocchiali, i binocoli, i grandi proiettori.

A dare un'idea dell'entità ed importanza di tutti questi apparecchi, mi basta dire che si calcola che un incrociatore da 10 mila tonnellate abbia a bordo un'attrezzatura ottica per un costo di poco meno di cinque milioni.

E che dire del periscopio, organo necessario ed insostibuibile del sommergibile? Il sommergibile ha la sua fondamentale arma di offesa, il siluro. Ha la sua unica protezione nello strato di acqua che gli sovrasta in immersione. Ma se non avesse il periscopio, non potrebbe attaccare quando è protetto, oppure non sarebbe protetto quando attacca.

Che cosa diverrebbe dunque un sommergibile senza i suoi periscopi? E che cosa diverrebbe una nave da combattimento quando fosse privata dei suoi strumenti ottici?

Mi fermo un momento sulla considerazione della nave da guerra non tanto perché è la materia che personalmente conosco più da vicino, quanto perché la nave da guerra concentra in se, intensivamente, tutte le maggiori applicazioni, approfitta di tutte le rirsorse di cui l'ottica dispone. Perché a tutti i problemi che si presentano in terra ferma, si aggiungono in una nave quelli dipendenti dalla mobilità della nave stessa e dalle azioni capricciose del mezzo che la nave sostiene.

La nave da guerra deve spingere lo sguardo, ed effettivamente spinge lo sguardo, fino a tutto ciò che non è materialmente nascosto dalla sfericità della terra dietro l'orizzonte. [<55-56>]

Non solo deve vedere, ma deve anche misurare la distanza, ed anche alle maggiori distanze deve colpire un bersaglio, dotato a sua volta di grande mobilità.

Non è facile per i profani concepire che cosa vuol dire, e di quanti organi delicati è costituito, l'impianto completo di direzione del tiro di una grande nave, quale la delicatezza e precisione dei suoi organi, quale la loro sensibilità e la rapidità di raccolta e coordinamento delle loro indicazioni. Non vi è forse altro esempio ugualmente ammirabile di rispondenza, di intima e pronta intesa, fra un uomo, colui che dirige il tiro delle artiglierie, e le materie con cui il magnifico organismo è formato.

Si noti che le vie del progresso hanno portato ad aumentare sempre più quelle che si possono dire le distanze di combattimento. Al principio del secolo, le artiglierie navali avevano bensì una gittata fino a 10 o 12 mila metri, ma era già molto se si considerava di potere aprire il fuoco a tre o quattro mila metri di distanza dal nemico.

Oggidì la gittata delle artiglierie è raddoppiata, e si considera di potere iniziare utilmente il tiro a venti o ventidue mila metri di distanza, quattro o cinque volte più che in antico.

Naturalmente si inizia il tiro a grande distanza in vista del vantaggio che ha colui che prende l'iniziativa dell'offesa. Si comincia alla maggior distanza possibile, nonostante che la efficacia del proiettile si vada riducendo rapidamente con la distanza al tempo stesso che diminuiscono rapidamente le probabilità di colpire il bersaglio.

Ma iniziare il combattimento a grande distanza significa necessità di collocare molto in alto gli apparecchi di osservazione, di misura delle distanze, di trasmissione agli impianti delle artiglierie.

Deriva da ciò il carattere e l'aspetto esterno che hanno assunto di necessità le odierne navi da combattimento, carattere e aspetto così diversi da ciò che era in antico. Elevate sovrastrutture, sovrapposte l'una all'altra, contengono i delicatissimi apparecchi da cui dipende la parte più grande della efficienza bellica della nave; sono bensì protette, ma tuttavia molto esposte ai colpi. Naturalmente queste caratteristiche sono comuni a tutte le marine.

Una volta era la lotta fra cannone e corazza che determinava il valore guerresco e decideva le sorti delle grandi unità navali. [<56-57>]

Sorse più tardi, o crebbe d'importanza, l'offesa subacquea che attacca le basi della forza vitale della nave cercando di colpirla in quelle che non a caso sono state chiamate le opere vive. Al giorno d'oggi una nuova e diversa minaccia è forse la più temibile. La distruzione di quei grandi meccanismi di orologeria che sono gli apparecchi di comando, di trasmissione di ordini e specialmente di direzione del tiro, può produrre in pochi minuti la paralisi di ogni facoltà di lotta anche se non sono paralizzate le facoltà motorie che ancora consentiranno la fuga.

Ecco si ritorna a ciò che dicevo or ora. Iniziare la lotta a grandissima distanza, tentare d'infliggere a tutto principio il colpo più severo, che possa arrivare ad annullare l'avversario prima ancora che siano colpite le sue corazze o sia squarciata la sua carena.

Non vorrei invadere il campo riservato agli studiosi della tattica e dell'armamento navale, ma credo che oggi sia appunto la loro opinione che il duello fra due navi sia cosa che possa con tutta probabilità avere la sua soluzione in pochi minuti dal momento dell'avvistamento.

Ecco che cosa vuol dire perfezione di apparecchi ottici, ecco che cosa vuol dire perfezione dell'addestramento all'uso. Ma ecco altresì che cosa vuol dire attitudine, o meno, di un Paese a fare da sé, con raffinatezze proprie di studio e di lavoro, con materie proprie, con maestranze bene guidate, imbevute anch'esse dal senso della precisione, educate da buona e prolungata esperienza.

Viene a questo punto una domanda. È dunque ai fini della guerra che dobbiamo coltivare e incrementare l'ottica? Sì, dico io, certamente, anche per questo.

Vedo là nella Mostra, dinanzi a un gruppo di complicati apparecchi, un buon signore pensieroso. Non è un cultore dell'ottica. Sta riflettendo; ed io leggo nel suo atteggiamento, nel suo sguardo, nella cenere che gli cade dal sigaro semispento, le sue riflessioni. Io mi domando, egli pensa, se sono dei benemeriti, o sono dei colpevoli, questi signori che pongono tanto impegno a raffinare gli strumenti per la guerra. Amico, gli vorrei dire, pensi realmente che pace e guerra siano cose così lontane ed opposte l'una all'altra nel mondo e nella vita? Vai fantasticando sull'infinita dolcezza della pace universale, e non pensi che sognare il mondo senza guerra, è come sognare la vita senza lotta, la felicità senza conquista, il trionfo senza fatica, la vittoria senza combattimento, l'amore senza tormento. [<57-58>]

Io non mi associo a coloro, i quali danno un voto di biasimo ad un popolo studioso il quale ad ogni nuova conquista della scienza si domanda anzitutto se ed in qual modo il nuovo trovato possa diventare un'arma nuova od essere utile in guerra.

Questo è nell'ordine naturale delle cose e avverrà sempre. La stratosfera che serve ad Augusto Piccard per soddisfare la sua curiosità di vedere come lavorano lassù i raggi cosmici, serve ad Arturo Crocco per vedere a quali fantastiche velocità si spingerà il velivolo nelle altissime zone di aria rarefatta, e serve immediatamente agli stati maggiori delle aeronautiche per calcolare in quanti minuti si potrà andare a bombardare una lontanissima città nemica. Del resto ho già citato qualche esempio del caso reciproco, di strumenti cioè ricercati e creati per fini militari, e di là passati a rendere servizi insetimabili negli usi civili.

Vorrei ora notare, per la verità, una certa differenza di andamento che si nota in Italia, in questo ultimo periodo di ripresa, fra i due grandi rami di applicazione dell'ottica; ritorno così alla distinzione: usi bellici, usi della vita civile.

Nei primi del 1927 il Ministro dell'Economia Nazionale aveva rilevato – cito parole di un documento diramato a cura della Confederazione Generale Fascista della Industria Italiana nell'occasione della Mostra di Padova – che l'industria italiana ottico-meccanica si trovava in disagio per il fatto che da un lato era minacciata dalla rinnovata concorrenza straniera, la quale aveva riunito all'uopo mezzi poderosi, e dall'altro lato era completamente tributaria all'Estero per la sua materia prima fondamentale, il vetro d'ottica.

Il Ministro osservava che gli industriali italiani avrebbero potuto studiare ed attuare i mezzi opportuni per la tutela di una lavorazione di tanta importanza, interessante la difesa nazionale. Si costituì allora un Comitato Pro Ottica sotto la presidenza del Sottosegretario di Stato alla Educazione Nazionale.

«L'ottica, osservava S. E. Bodrero, ha applicazioni di somma importanza in molti problemi della difesa Nazionale, poiché nessuna delle armi della terra, del mare, del cielo, può fare a meno di strumenti che rendano più acuta e più preziosa la vista dell'occhio umano. L'Ottica è altresì materia che si presta alle applicazioni più svariate negli usi e nelle necessità della vita, per l'illuminazione, per i riflettori ed i fari, per [<58-59>] il cinematografo, per la fotografia, per l'insegnamento, e via di seguito. L'Ottica infine è perciò stesso oggetto di una importante industria, estremamente delicata, ma anche assai interessante, nella quale non occorrendo impiego di grandi quantità di materie prime, e richiedendosi maestranze dotate di intelligenza, precisione, abilità manuale, l'Italia può e deve, a poco a poco, liberandosi della importazione estera, conquistare un suo posto nella produzione mondiale».

Come si vede, un doppio punto di vista si aveva, come bene mise in evidenza l'Ingegnere Croce, organizzatore di quella prima Mostra, nel volere spingere ed incrementare l'Ottica: corrispondere con mezzi propri alle esigenze della difesa nazionale, fronteggiare la invadente concorrenza straniera in tutto ciò che non è inteso alla guerra.

Il primo dei due fini traeva la sua origine, ed aveva il suo fondamento, nella esperienza della grande guerra, che lasciò in tutti noi il ricordo di momenti critici nei quali con grande stento si poté fare fronte al logorio della attrezzatura ottica esistente ed alle nuove necessità che andavano sorgendo nel lungo corso della guerra.

Orbene sono bastati questi ultimi sette o otto anni, di seguito ad un precedente faticoso e lento lavorìo, a raggiungere quasi interamente lo scopo.

I fermi propositi del Governo, la volontà degli studiosi e la tenacia degli industriali hanno quasi totalmente raggiunto lo scopo. Ho avuto sotto gli occhi alcuni appunti e dati numerici relativi alle forniture per il R. Esercito, che mi risparmio qui di riportare.

Le forniture di strumenti ottici per il R. E. furono prima della guerra affidate a Ditte straniere; durante la guerra fu iniziata la produzione in paese per quantitativi importanti; e dopo la guerra la marcia iniziata fu proseguita e specialmente avviata al miglioramento del manufatto.

Ditte specializzate formano ormai una preziosa schiera industriale, che non ha cessato un solo momento dal concentrare ansiosamente i suoi sforzi nel cercare di raggiungere la perfezione vantata dall'industria straniera, e attraverso le gare indette dal Ministero della Guerra, tramite il Laboratorio di precisione, hanno finito per corrispondere a tutte le esigenze.

Siano oggi benedette anche le severità eccessive, le incontentabilità delle amministrazioni militari, anche le crudeltà nei collaudi, se da quelle derivò la perfetta precisazione scientifica dei requisiti, fatta mercè l'opera illuminata del R. Istituto Nazionale di Ottica, se quella stessa severità [<59-60>] diventò così un'opera di collaborazione all'industria, e se da quegli sforzi combinati nacque lo stato di cose che oggi ci rende lieti.

Quel che ho detto per gli strumenti dell'Esercito si può dire per gli apparecchi della Marina e delle altre Forze Armate, cosicché con orgoglio nazionale si può oggi affermare che nulla, nei riguardi dell'allestimento degli strumenti più necessari alla difesa del Paese, si ha più da richiedere all'industria straniera.

Unica questione che non si può dire abbia avuto ancora la sua completa soluzione, è quella del vetro di ottica. Ma è già bene avviata ad averla, di che abbiamo nella Mostra due o tre dimostrazioni ben promettenti. Possiamo esser certi che la soluzione verrà in tempo non lontano. Non c'è da illudersi che l'abbia in un mese o in un anno. Ma se oggi solo in parte, e per una scala limitata di qualità, è realizzata una produzione nel Laboratorio di Precisione di Roma sotto le cure del Ministero della Guerra, dobbiamo volere che si riaffermi e prosperi, per unione di sforzi, quella fabbricazione qualitativamente estensiva e raffinata di cui il Senatore Principe Ginori Conti ci parlerà oggi stesso.

Diverso è lo stato delle cose per ciò che riguarda apparecchi e strumenti che servono agli usi civili, e solo in parte o indirettamente, alla difesa del Paese.

Il Bollettino della nostra Associazione ci ha posto sotto gli occhi un riassunto di ciò che dicono le statistiche doganali in fatto di movimento di materiale ottico, avendo preso in esame le voci della statistica ufficiale relative al commercio di importazione e di esportazione. I risultati sono molto notevoli: importazione di vetro greggio per lavori di ottica, crescente; importazione di strumenti ottici completi e parti ottiche sciolte decrescente da circa 22 milioni di lire a 13-14 milioni; esportazione crescente da 3-4 milioni fino ad un massimo di 11 milioni e mezzo nel 1933. Risultato veramente confortante nel suo insieme, il quale dà una chiara conferma di quel fenomeno di risveglio del quale ho parlato.

Il Bollettino chiude il suo resoconto con una considerazione: «Data la coincidenza dello sviluppo dell'Istituto Nazionale di Ottica con la diminuzione del passivo della bilancia commerciale, non si può non vedere nel complesso l'influenza delle nuove energie tecniche e scientifiche che l'Istituto stesso ha così rapidamente e così giustamente immesso nelle vene dei nostri stabilimenti di produzione industriale». [<60-61>]

Io mi associo toto corde ad una tale conclusione, e mi immagino di quanto conforme ciò sarà stato a quel nostro degnissimo ed amatissimo consocio, il Prof. Pasqualini, che nel 1927 notava, accorato, la grande lacuna della mancanza totale di qualsiasi forma di istituzione per la cultura ottica.

Credo però, ancora riferendomi alla distinzione fra usi bellici e comuni usi civili, che la massima parte del vantaggio sia venuta dal primo dei due rami. Una chiara deficienza vi deve essere nel secondo, dal momento che per tutte le città d'Italia è una invasione di negozi di strumenti ottici, apparecchi fotografici, binocoli, occhiali, pieni da cima a fondo di materiali stranieri.

Il fatto può essere in parte, ma non totalmente, spiegato dalla diffidenza del pubblico e dal radicato concetto della perfezione della merce straniera. Vi dev'essere qualche altro motivo che dobbiamo ricercare. La cifra della importazione è ancora grossa, se per i servizi militari e per quelli geodetici e topografici abbiamo finito per bastare a noi stessi e ad esportare, e se per il nuovissimo campo della aerofotogrammetria siamo a tal punto da potere realmente insegnare agli altri e servirli.

Vi è qualche cosa da affermare e da conquistare. Quali i modi?

Sette anni fa il Prof. Soler diceva nella prolusione al Congresso Ottico di Padova: «Urge che la scienza e la pratica piglino nel nostro Paese contatti sempre più intimi»; e ad una simile conclusione portano le riflessioni fatte or ora intorno alla bilancia commerciale.

Signori, l'industria avrà un vero e reale vantaggio ad arricchire i suoi Uffici tecnici di giovani elementi scientificamente ben formati da studi universitari e da specializzazione nella Scuola di Ottica. Dico arricchire, perché si hanno attualmente, per quanto è a mia conoscenza, dei numeri minimi assolutamente sproporzionati al bisogno, mentre proprio su questo punto sarebbe veramente il caso di seguire l'esempio dei maggiori stabilimenti stranieri.

Abbiamo ora una Scuola, quella di Arcetri, che può fornire molto bene gli elementi necessari, ma bisogna che la Scuola abbia alimento abbondante di giovani studiosi. e perché ciò avvenga bisogna che questi a loro volta abbiano la prospettiva di andare ad alimentare gli stabilimenti industriali.

Non so se sono in errore, ma io penso che stia qui il segreto, o [<61-62>] uno dei segreti, per un più largo sviluppo dell'industria ottica nei suoi vari rami e per potere essa assurgere ad industria largamente esportatrice.

Se ci sono dei rami nei quali ci siamo lasciati, per così dire, prendere la mano e siamo rimasti indietro, quale la migliore via da seguire?

Rami nuovi, cose nuove, i progressi incessanti della tecnica ci delineano giorno per giorno. L'avidità ansiosa dell'umanità di camminare, di conquistare, di accrescere sempre più la sfera nella quale si agita la sua vita, ci apre sempre nuovi orizzonti, alcuni vasti e promettenti. Prepariamoci l'avvenire; prepariamoci per quelle cose che fanno oggi capolino, e che fra dieci o venti anni si troverà naturalissimo siano il pane di tutti i giorni.

Studio, preparazione, ed una giusta ma pur necessaria dose di ardimento.

Sappiamo oramai per esperienza che la protezione statale, dove sono in gioco grandi interessi nazionali, non manca.

Non si domandi tutto alla protezione statale; ma io penso, e penseranno tutti i presenti, che alle sane e ponderate iniziative corrisponderà da tutte le parti ausilio ed incoraggiamento.

Non abbandoniamo senza lotta i campi, attualmente da altri troppo largamente sfruttati. Ciò che è avvenuto nel campo delle applicazioni militari può avvenire negli altri campi, solo che si sappia fermamente volere. Nei campi nuovi non ci sarebbe giustificazione a lasciare la via incontrastata agli stranieri.

Intanto l'attrezzatura industriale nel suo insieme è perfettamente adeguata ai maggiori obbiettivi.

Coraggio adunque e ferma volontà!

Il genio Italiano possiede tutte le necessarie virtù. Il coraggio e la ferma volontà, che storicamente non sono mai mancati alla gente nostra, sono oggi, nel clima nuovo del regime fascista, vivificate, esaltate a tal punto, e talmente ne è imbevuta la giovanissima generazione, che è il nostro maggiore orgoglio, da potere oggi avere la certezza che l'Italia, la quale nel campo dell'Ottica ha preso sotto magnifici auspici la rincorsa, si lancerà verso un avvenire di gloriosa espansione, verso un avvenire di vittorioso successo.1



1 L'articolo, qui trascritto integralmente, è apparso con lo stesso titolo anche in: La Ricerca scientifica ed il progresso tecnico nell'economia nazionale, 5 (1934), pp. 43-52.

L'ing. Gioacchino Russo (1865-1953) è stato generale ispettore del Genio navale, deputato alla Camera dal 1919 al 1929, senatore del Regno dal 1929 e vi è stato confermato nel 1944 dall'Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il fascismo; dal 1929 al 1933 è stato sottosegretario di Stato al Ministero della marina Link esterno Senato della Repubblica.

"Appassionato cultore di ottica, Russo fu uno dei tre tecnici che nel 1901, indipendentemente l'uno dall'altro, inventarono il periscopio. Brevettato in Italia come 'cleptoscopio Laurenti-Russo', fu montato sul Delfino, primo sommergibile della R. Marina, durante i lavori di trasformazione del 1904. Partendo da ricerche a fini militari in campo acustico e ottico, in quest'ultimo settore di studi pervenne all'invenzione della Chromac, macchina fotografica a colori che la tedesca Zeiss produsse nel 1919". M. Gabriele, "Russo, Gioacchino", in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 89 (Roma : Istituto della Enciclopedia Italiana, 2017), ad vocem Link esterno Treccani (esistenti l'11/4/2021).



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Storia § ??
F. Montauti, "La pseudo-stereoscopia nella telemetria a bordo", Annuario 1934-35 dell'Associazione Ottica Italiana, comprende gli Atti della I riunione dell'Associazione (Firenze, 21-24 maggio 1934), a cura di G. Giotti, pp. 335-337. Link esterno OPAC SBN

Il telemetro stereoscopico ha trovato subito il suo maggior campo di applicazione nel telemetraggio di bersagli navali ed aerei: tale sviluppo è conseguenza logica dei due fattori principali particolari di tale telemetraggio e cioè la necessità di avere grande luminosità di campo e la indefinizione dei contorni dei bersagli, particolari questi che rendevano meno precisa e meno efficiente la telemetria a coincidenza.

Dopo l'impiego del telemetro stereoscopico furono affrontati dai costruttori due problemi che riunissero la stereoscopia alla pseudoscopia onde avere un telemetro nel quale le immagini apparissero in due separati semi-campi, una in rilievo stereoscopico e l'altra in rilievo pseudoscopico. Se l'effetto che si raggiunge con questo sistema è unico, diverso fu il concetto che guidò i diversi costruttori nell'affrontare tali problemi.

In Germania la Ditta Carl Zeiss presentò nel passato un telemetro chiamato stereo-invert che risultava dall'accoppiamento di due telemetri semplici stereoscopici particolarmente disposti in modo da poter raggiungere nelle battute eseguite con tale strumento una precisione superiore di quella assicurata dal telemetro stereoscopico normale. I costruttori tedeschi partirono quindi dal concetto di ottenere una precisione maggiore: mentre infatti nel normale telemetro stereoscopico l'immagine mobile del bersaglio viene comparata con una marca fissa, nello stereo-invert l'immagine diretta mobile stereoscopica viene comparata con l'immagine pseudoscopica pure mobile, ma in direzione opposta. Il movimento contrapposto di queste due immagini influisce sulla esattezza di misure che teoricamente dovrebbe risultare raddoppiata: la pratica se non ha completamente smentito questo vantaggio teorico ha certo di molto diminuita l'importanza che i costruttori davano a questa maggior precisione sperata. Le numerose serie di battute eseguite da commissioni di ufficiali della Marina tedesca e della Marina italiana hanno fornito dei risultati che presentavano nelle battute [<335-336>] degli scarti angolari praticamente uguali nella media a quelli ottenuti con un normale telemetro stereoscopico della stessa base ed agli stessi ingrandimenti.

Già prima o quasi contemporaneamente alcuni costruttori italiani (in ordine di tempo prima la Ditta San Giorgio poi le Officine Galileo) studiarono un telemetro basato sullo stesso principio, ma partendo da diversi concetti.

Nell'esercizio di telemetria stereoscopica era stato osservato come più volte anormali condizioni dell'individuo provocassero degli errati apprezzamenti sulla collimazione, apprezzamenti che venivano viceversa ad essere esatti in un telemetraggio a coincidenza: basandosi su questi risultati sperimentali era dunque logico pensare di poter avere riunite in uno stesso strumento le possibilità di un telemetraggio stereoscopico ed a coincidenza ritenendo quest'ultimo semplicemente come riserva per verifica di errori grossolani quando fossero subentrate quelle condizioni anormali sopra citate.

Sorse così per merito di Case italiane il telemetro chiamato a doppio uso nel quale la stereoscopia era unita alla coincidenza e in cui era pur possibile la comparazione dell'immagine stereoscopica (nel semi-campo inferiore) con quella pseudoscopica (nel semi-campo superiore) in modo da raggiungere anche in questo telemetro quei vantaggi sperati dai costruttori tedeschi.

In un primo tempo nel tipo italiano – come del resto nel tipo tedesco – non era possibile eseguire alcuna misura con la telemetria stereoscopica semplice mancando qualunque marca di riferimento; la necessità di mantenere unico l'allenamento del personale ed unico il sistema fece richiedere ai costruttori di includere nei loro strumenti delle marche che permettessero il telemetraggio stereoscopico. Le marche in numero di tre complanari (una centrale e due laterali a due terzi del campo) furono sistemate al di sopra della linea di divisione dei due semi-campi con il vertice inferiore a contatto di tale limite.

Il telemetro così presentato permetteva quindi le osservazioni con i seguenti metodi:

  1. coincidenza semplice nell'oculare destro o sinistro con immagine dritta dimezzata;

  2. stereoscopia semplice nel semi-campo inferiore con comparazione dell'immagine mobile alla marca fissa giacente sul piano del settore; [<336-337>]

  3. doppia stereoscopia con comparazione delle due semi-immagini mobili l'una in senso contraria all'altra e rispettivamente stereoscopica e pseudoscopica.

I telemetri a doppio uso in servizio presso la R. Marina italiana sono oggi di questo tipo e dai risultati ottenuti nelle numerose serie possono trarsi delle conseguenze che ritengo abbiano importanza vitale per la costruzione dei futuri telemetri basati pur sempre su tale principio.1



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Storia § ??
C. Galardini, "La Mostra Internazionale di Ottica e l'industria italiana dei binocoli", L'economia nazionale : rassegna ebdomadaria di politica, commercio, industria, finanza, marina, e assicurazione, 26 (1934), pp. 18-21. Link esterno OPAC SBN

Nell'ultima decade del mese di maggio, S. M. il Re ha inaugurato a Firenze due tipiche mostre che hanno destato il più vivo interesse: la Fiera Nazionale di Agricoltura nel grande parco delle Cascine, alla quale è accorso un pubblico numerosissimo per rendersi conto del resultato degli sforzi compiuti per il progresso dell'agricoltura nazionale in tutti i rami della produzione: dalla coltivazione intensiva razionale alla rivalutazione delle terre improduttive, dal rimboschimento alla valorizzazione e alla difesa dei prodotti.

Il successo della Mostra non poteva essere maggiore e certamente essa contribuirà notevolmente alla creazione della coscienza agricola nazionale che è vanto del Regime aver promosso colle più assidue e intelligenti cure.

[Didascalia di una illustrazione a p. 18, in testa all'articolo]
Il suggestivo ingresso alla Mostra dominato dalla riproduzione (a scala metà) della Torre Solare che sul vicino colle di Arcetri si erge verso il cielo per lo studio della vita solare. La Torre Solare di Arcetri unica in Europa per potenza e modernità del suo impianto, ha una sola rivale nel mondo a Monte Wilson in America, è costruita completamente in Italia. Il robusto traliccio che compone la Torre del colle di Arcetri è in cemento armato e compie l'ufficio di enorme e robusto tubo da cannocchiale.

L'altra mostra della Primavera Fiorentina è quella dell'ottica, che ha interessato i tecnici di tutto il mondo: missioni militari spagnole e francesi, tecnici delle maggiori ditte tedesche sono venuti a studiare lungamente ed attentamente gli apparecchi esposti dal nostro Istituto Nazionale di Ottica (I.N.D.O.) ed hanno in particolar modo fermato la loro attenzione sull'esame del complesso per la prova dei binocoli, i quali rappresentano certo una delle maggiori vittorie della scienza e dell'industria italiana degli ultimi anni.

È noto che finora tutto il mondo nel campo dei binocoli era tributario di pochi prodotti stranieri e sopratutto di quelli di Zeiss. Nel breve giro di soli due anni la scienza e l'industria italiana genialmente associatesi sono riuscite a creare dei binocoli che non solo reggono il confronto con quelli più accreditati dell'estero, ma per alcuni riguardi restano superiori a [<18-19>] tutti e rappresentano l'ultima e più efficace conquista nel campo di questi strumenti.

Lo studio dei nuovi metodi di collaudo è dovuto principalmente agli originali studi del professore Vasco Ronchi e dell'Ing. Raffaello Bruscaglioni, i quali hanno profondamente innovato quello che attiene alla costruzione, alla prova ed al collaudo dei binocoli. Mentre prima tanto in Italia quanto all'estero il collaudo di un binocolo consisteva in un certo numero di prove slegate fra loro e culminanti sempre nel giudizio prettamente personale di un collaudatore più o meno esperto che esaminava il binocolo e giudicava ad occhio le immagini, ora cogli apparecchi dell'I.N.D.O. il collaudo viene eseguito attraverso un numero di operazioni ben coordinate tra loro, ben definite in ogni dettaglio, e che non richiedono nell'operatore delle speciali attitudini.

[Didascalia di due illustrazioni a p. 19, nella metà inferiore della pagina]
In alto: La mostra retrospettiva dell'Istituto Nazionale di Ottica con i cimeli che documentano le gloriose tradizioni dell'ottica in Italia incute al visitatore un senso di ammirazione e di reverenza quasi mistica [...]

In basso: Il febbrile lavoro verso la conquista di tutti i primati è evidente ovunque: macchine da proiezione per film sonoro, fotomitragliatrici, [...]

Le operazioni si susseguono senza nessuna difficoltà ed i risultati del collaudo vengono espressi in numeri e, raccolti in grafici, esprimono il comportamento del binocolo in tutto il campo di visione. Tutti i grafici vengono poi raccolti in un modello di collaudo in cui con un non lungo allenamento la lettura delle qualità del binocolo riesce a farsi facilmente [<19-20>] in pochi secondi. Grazie all'intelligente guida dell'ing. Raffaello Bruscaglioni, progettista degli apparecchi esposti, alcuni visitatori hanno imparato subito a leggere nei modelli dei collaudi di binocoli.

[Didascalia di una illustrazione a p. 20]
Le Officine Galileo di Firenze con lo stragrande numero di apparecchi presentati affermano la decisa volontà di vincere in ogni settore. Da sinistra a destra: apparecchi scientifici, da laboratorio industriale, apparecchi didattici, apparecchi per usi militari, grandi telemetri e complessi apparecchi da punteria, apparecchi geodetici ed infine la grande serie di specchi da proiettori. Nel centro un periscopio in funzione, grande attrattiva per l'intenditore e per il profano.

Si comprende come tali metodi di collaudo siano di valida guida al costruttore che voglia perfezionare i propri prodotti. [...] ha fatto anche opera di sana propaganda diffondendo la convinzione che, nell'acquisto dei binocoli si debba andare sempre molto cauti, richiedendo i certificati di collaudo.

La cosa ha grande importanza in quanto contribuirà all'ascesa trionfale del prodotto italiano e gli organi competenti italiani hanno mostrato di annettervi tanto interesse che sono stati realizzati ben tre complessi per la prova dei binocoli per le amministrazioni militari, ed altri tre sono stati provveduti per le ditte costruttrici.

Il confronto di modelli italiani presentati alla Mostra con quelli esteri, fa toccare con mano come i nostri abbiano una perfezione superiore ai più noti, sopratutto dal punto di vista della luminosità e della chiarezza della visione per gli oggetti che si trovano in tutto il piano di visibilità e non solo quelli al centro del campo.

[Didascalia di una illustrazione a p. 20]
La riproduzione in dimensioni ridotte di un reparto di lavorazione delle parti ottiche, ed in fondo, i delicatissimi apparecchi di collaudo, con cui è possibile osservare anche le piccole irregolarità di lavorazione che non superano il decimo di millesimo di millimetro. Delicati apparecchi al cui uso continuo si deve la perfezione dei prodotti ottici finiti.

Abbiamo accennato ad uno degli obbiettivi della mostra, quello che ha interessato la generalità dei visitatori e che rappresenta una conquista ormai sicura e di vasta portata anche nel campo industriale e commerciale.

Ma la mostra è composta di molti padiglioni per tutto quanto riguarda non solo le conquiste odierne dell'ottica, ma anche la storia e il divenire di esse.

Nella prima per esempio figurano i cimeli ottici [<20-21>] italiani appartenenti al Museo di Storia della Scienza, e tra essi i cannocchiali originali costruiti da Galileo, opere del Torricelli e del Mariani (fedele operaio di Galileo, quest'ultimo), di Amici, di Campani, etc. Alle pareti del salone centrale troviamo interessanti statistiche sullo sviluppo dell'ottica italiana, vanto dell'Associazione Ottica Italiana, fondata a Firenze, che in poco più di un lustro è riuscita a raccogliere, circa 1600 iscritti.

[Didascalia di una illustrazione a p. 21, in alto]
Nel fondo il complesso per la prova dei binocoli esposto dall'Istituto Nazionale di Ottica, complesso di realizzazione e concezione italiana, che non ha ancora equivalenti esteri.

Nelle altre sale particolare attenzione hanno richiamato alcuni strumenti ottici per aeronautica (tra cui quelli che servirono per la Crociera del Decennale), macchine per fotografie aeree, un fotocartografo), ultima grande invenzione nel campo della scienza topografica, un periscopio per sottomarino, esemplari di periscopi, proiettori, spettroscopi, ecc.

In altre sale sono stati esposti molti strumenti recentemente costruiti, come apparecchi per proiezione cinematografica sonora, occhiali da protezione, macchine fotografiche e nei padiglioni esterni materiale fotografico italiano ed una raccolta di negative e positive eseguite nel 1859 dal prof. Del Campana per raffigurare le piazze e i monumenti di Firenze, in quell'epoca.

[Didascalia di una illustrazione a p. 21, in basso]
[...] i più moderni opparati microscopici.

Tra gli istituti che hanno contribuito all'attuazione della Mostra ricorderemo la San Giorgio di Genova Sestri, l'Istituto Sperimentale per lo studio e l'applicazione del boro e del silicio da cui si ottiene il vetro d'Ottica, istituto sorto per iniziativa del principe Piero Ginori Conti, le Officine Galileo di Firenze, i cui strumenti esposti nel secondo salone centrale dànno una visione completa del nostro progresso e della nostra volontà affermatrice dei valori della Nazione che anche nell'ottica può già vantare un invidiabile primato.1



1 [DA COMPLETARE E VERIFICARE]

Non ho trovato informazioni in rete sull'autrice dell'articolo, la dottoressa Clara Galardini, a parte il fatto che ha firmato anche "Ciò che il progresso deve all'Italia", nello stesso volume, da p. 43 (situazione del 2/9/2020).



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Storia § ??
[BAHR], "Armi navali moderne", La rivista illustrata del Popolo d'Italia, 12 (1934), n. 3, marzo, pp. 71-74 Link esterno Emeroteca BNC Roma, p. 71, p. 72, p. 73, p. 74. Link esterno OPAC SBN

Il noto detto "il bisogno aguzza l'ingegno", si dimostra rispondente alla verità anche se applicato al materiale navale in genere e alle armi navali in particolare. In questo campo, i maggiori progressi furono infatti compiuti sotto la spinta di particolari e gravi necessità.

Nel corso della guerra di secessione americana i confederati sudisti cercarono di ridurre la schiacciante inferiorità della loro marina rispetto a quella dei federali, inventando, costruendo e impiegando numerosi mezzi d'offesa e di difesa. Nel quadriennio dal 1861 al 1865 comparvero così le prime navi corazzate, le prime mine subacquee, il primo imperfettissimo sommergibile; il materiale navale fece cioè progressi maggiori di quelli compiuti in precedenza nel corso di un secolo.

La guerra mondiale provocò a sua volta il grande sviluppo dei sommergibili.

Per la loro sfavorevole situazione geografico-strategica e per l'inferiorità di potenza delle loro forze navali di superficie gli Imperi Centrali furono ben presto obbligati a rinunziare a qualsiasi traffico marittimo mediterraneo od oceanico e, nonostante gli sforzi attivissimi e geniali compiuti dalle loro industrie per fabbricare surrogati dei prodotti normalmente importati da oltremare, risentirono notevolmente le conseguenze del blocco marittimo. La Germania rinunciò al tentativo di rompere la soffocante cintura del blocco con l'impiego ad oltranza del naviglio di superficie e pensò invece di minacciare il traffico marittimo dell'Intesa con sommergibili che, navigando in immersione, potevano facilmente eludere le navi nemiche in crociera di vigilanza tra Scozia e Norvegia e nel canale d'Otranto e, per la notevole autonomia posseduta, erano in grado di restare per molte settimane in mare senza bisogno di rifornimenti.

Distruggendo molte navi mercantili degli avversari, la Germania non risolveva il problema di riattivare i propri rifornimenti da oltremare, ma poneva però i nemici in condizioni simili alle sue: chi avesse più a lungo resistito alla paralisi dei traffici marittimi avrebbe riportato il successo finale.

Con grande alacrità, i tedeschi intrapresero perciò la costruzione di unità subacquee assai più grandi e tecnicamente migliori di quelle in servizio nel 1914, dedicandovi quasi tutte le risorse della industria navale nazionale e i loro nuovi sommergibili risposero pienamente alle speranze in essi riposte affondando migliaia e migliaia di piroscafi adibiti ai traffici marittimi nelle nazioni dell'Intesa.

Specialmente nel corso del 1917, quando cioè le operazioni belliche dei sommergibili tedeschi furono più intense, la contrazione dei rifornimenti da oltremare mise l'Inghilterra, l'Italia, la Francia in situazioni criticissime che furono superate perché sotto l'assillo della necessità si trovarono i mezzi idonei a combattere il terribile nuovo mezzo d'offesa.

Nel dopoguerra le principali nazioni del mondo tentarono più volte di accordarsi per limitare i rispettivi armamenti navali. Le Conferenze di Washington e di Londra all'uopo convocate giunsero come è noto a definire quantitativamente le navi che ciascuna delle Potenze ad esse convenute poteva possedere; ma queste decisioni raggiunte con particolari pressioni, e non già nell'atmosfera creata da precedenti accordi politici di vasta portata, furono accettate da più d'uno degli intervenuti con palese contrarietà e con la riserva mentale di eludere le conseguenze costruendo navi che a parità di dislocamento o peso fossero più potenti di quelle degli altri, perfezionando le proprie armi e i mezzi per impiegarle.

Quasi tutte le marine hanno dedicato cure speciali al progresso delle artiglierie applicando geniali sistemi di costruzione che consentono di aumentarne la potenza senza accrescerne il peso, prolungarne la durata, adottando complessi istrumenti che rendono più preciso il tiro navale.

Il Trattato di Washington stabilì i dislocamenti o pesi massimi dei singoli tipi di navi. Affinché le navi da costruire fossero armonicamente dotate dei principali requisiti bellici, il numero di tonnellate da assegnare alle artiglierie che dovevano armarle non poteva oltrepassare una determinata aliquota dei suddetti dislocamenti; soltanto alleggerendo le armi potevasi sperare di ottenere potenze offensive maggiori senza sacrificare la protezione né la mobilità.

L'adozione delle bocche da fuoco autoforzate ha consentito di raggiungere tale obiettivo. Affinché potesse resistere alle enormi pressioni che si manifestano nel suo interno all'accensione della carica, pressioni che raggiungono [<71-72>] qualche migliaio di atmosfere, il tubo anima, che costituisce il principale elemento di un cannone, veniva rafforzato con spessi cerchi di acciaio aventi il diametro interno uguale a quello esterno di esso ed infilati a caldo, o con nastri, parimenti d'acciaio avvolti ad altissima tensione.

L'uno e l'altro sistema aumentavano notevolmente il peso delle armi.

L'autoforzamento consente di fare a meno dei suddetti coadiutori e consiste nel sottoporre, in sede di costruzione, il tubo principale dei cannoni ad una pressione interna superiore al limite di elasticità del metallo che lo costituisce. Gli interni di esso subiscono così una deformazione permanente e quando la pressione cessa, risultano compressi dagli strati esterni non deformati che vengono così a compiere la stessa funzione prima affidata ai cerchi o ai nastri.

I risultati ottenuti col sistema dell'autoforzamento sono stati notevolissimi: si è infatti potuto ridurre di circa un terzo il peso di alcuni cannoni, senza diminuirne la potenza balistica.

Recenti progressi dei sistemi costruttivi hanno altresì concesso di prolungare notevolmente la durata dei cannoni navali.

Le altissime temperature e pressioni che si manifestano nell'interno di queste armi durante il tiro; i movimenti vorticosi delle molecole dei gas prodotti dalla combustione della carica, producono l'asportazione di numerose molecole dagli strati interni dei tubi anima e conseguentemente una notevole diminuzione della potenza delle armi stesse. Fino a qualche anno fa, per ridare a queste le caratteristiche iniziali, occorreva toglierle da bordo, portarle in apposite officine e con procedimenti piuttosto lunghi sostituirne la parte interna consumata. A meno di non possedere un secondo esemplare di ciascun cannone navale, si doveva quindi prevedere che nel corso di un conflitto – e specialmente dopo qualche importante battaglia – numerose navi sarebbero rimaste per parecchio tempo inutilizzabili per la necessità di rimetterne a nuovo le artiglierie consumate dal tiro.

La costruzione dei cannoni ad anima sfilabile consente di eliminare tale grave preoccupazione.

Con tale procedimento il cannone viene costituito da due tubi concentrici, quello esterno autoforzato, quello interno di acciaio ad alto grado di elasticità e che non combaciando perfettamente col primo può essere facilmente introdotto o sfilato. Durante il tiro quest'ultimo si espande fino a raggiungere le parti dell'altro che oppongono la resistenza necessaria ad impedire ogni ulteriore dilatazione. Appena il proietto ha lasciato il cannone, il tubo interno ritorna nella posizione primitiva e quando risulta consumato dai tiri compiuti può essere cambiato con i mezzi di bordo. Per i cannoni fino al calibro di 203 millimetri tale operazione richiede soltanto qualche ora.

Ma è soprattutto nell'impiego delle artiglierie navali che le più importanti marine del mondo hanno notevolmente progredito nell'ultimo decennio. Chiunque osservi attentamente una moderna nave da guerra e ne paragoni mentalmente l'aspetto esterno a quello delle navi che presero parte alla guerra mondiale, si accorge facilmente che ci sono parecchie novità.

L'alto albero prodiero, caratteristico delle vecchie navi, è stato, ad esempio, sostituito sulle nuove da una massiccia costruzione a forma di parallelepipedo, ampiamente sfinestrata e coronata da una o più appendici di forma cilindrica. Questa costruzione può ben definirsi la scatola cranica della nave; nei suoi piani inferiori son infatti sistemati tutti gli organi necessari alla condotta della nave, nei superiori quelli occorrenti alla condotta del tiro.

Principali fra questi: l'apparecchio di punteria generale delle maggiori artiglierie il quale, mediante un complesso sistema di collegamenti, consente ad un solo operatore che dispone del massimo campo di vista di puntare sul bersaglio e sparare tutti o una parte dei principali cannoni della nave; gli apparecchi di punteria generale delle artiglierie secondarie, i telemetri, e i goniometri di precisione; gli istrumenti misuratori della densità dell'atmosfera; della velocità del vento; e infine l'osservatorio del tiro.

Una perfetta organizzazione regola il funzionamento di tanti delicati apparecchi. Primi tra essi, entrano in funzione i telemetri e i goniometri. I bersagli navali, generalmente costituiti da navi, sono mobilissimi; per poterli colpire occorre conoscere a priori quale sarà la loro posizione nell'istante in cui i proiettili lanciati posson raggiungerli: occorre cioè determinare la rotta che seguono e la velocità del loro moto. Con successive misurazioni, i telemetri ed i goniometri forniscono gli elementi che consentono di calcolare con continuità i dati del tiro e questa importantissima operazione, che richiede un'accurata selezione delle misurazioni compiute e la risoluzione di particolari formule algebriche, viene eseguita con l'ausilio di apparecchi calcolatori da alcuni operatori riuniti nella così detta "centrale del tiro". I dati calcolati, vengon quindi trasmessi ai cannoni.

Gli istrumenti misuratori, gli apparecchi calcolatori, i sistemi di collegamento in uso sulle moderne navi da guerra sono molto più precisi e più rapidi di quelli adoperati durante la guerra mondiale, e unitamente all'accresciuta potenza delle armi consentono di portare il tiro fino all'estremo limite di visibilità delle navi. Qualora la regolazione del tiro in gittata venga compiuta da aerei, è oggidì possibile aprire utilmente il fuoco su una nave avversaria anche quando se ne scorgano al disopra [<72-73>] dell'orizzonte soltanto le estremità delle più alte soprastrutture. In particolari circostanze di visibilità, potrà perciò avvenire in futuro che una nave si veda fatta segno al tiro nemico senza che possa scorgere l'avversario.

"Colpire per primi" è la massima che ha sempre guidato i combattenti del mare. Nell'epoca odierna, in cui per il freno posto alla costruzione delle corazzate, le marine moderne sono in maggioranza costituite da incrociatori poco protetti, tale massima acquista un valore del tutto speciale.

Nei futuri eventuali combattimenti tra navi del cennato tipo i belligeranti contrapposti inizieranno infatti il tiro alle maggiori distanze possibili – di molto superiori alle massime che si ebbero nei combattimenti della guerra mondiale e che non superarono i venti chilometri – nella speranza di mettere sul bersaglio qualche colpo utile, sufficiente a danneggiarlo gravemente. Ognuno cercherà cioè di rimediare alla deficiente propria protezione sfruttando al massimo la rapidità e la precisione del tiro delle sue armi per mettere knock-out l'avversario prima che questi possa agire efficacemente.

Il possesso di armi perfezionate, di ottimi istrumenti per la direzione del tiro è condizione necessaria ma non sufficiente per raggiungere tale obiettivo. Occorre infatti all'uopo che il personale ad essi adibito possegga un altissimo grado di addestramento raggiunto con metodiche e numerose esercitazioni, compiute in condizioni per quanto possibile simili a a quelle che caratterizzano le normali azioni belliche.

Le maggiori difficoltà finora incontrate nei tentativi di raggiungere tale analogia riguardavano i bersagli. La sostituzione del bersaglio di guerra, costituito da una nave che si muove ad alta velocità e può rapidamente cambiare la propria rotta, con un vasto telone sostenuto da una pesante [<73-74>] zattera rimorchiata a lentissimo moto e obbligata a seguire una rotta costante, eliminava infatti gran parte delle difficoltà insite nel tiro navale e rendeva le esercitazioni poco o nulla proficue.

Si tende oggidì ad ovviare a tale inconveniente con l'adozione delle navi bersaglio radiocomandate. Queste unità sono nell'aspetto esterno simili ad una qualsiasi normale nave da guerra e posseggono un proprio apparato motore, propri organi di governo. Quando debbono assolvere il loro compito raggiungono coi propri mezzi, e condotte dal personale, che ne costituisce lo Stato Maggiore e l'equipaggio, le zone di mare ove si svolgono i tiri. Ivi giunte vengono fermate e il personale su di esse imbarcato le abbandona trasbordando su altra unità.

Da quel momento le unità radiocomandate vengono dirette a distanza da una apposita nave-guida. Il collegamento fra le due navi avviene press'a poco così. La nave-guida trasmette un particolare segnale che corrisponde ad un determinato comando di rotta, di velocità, ecc. La nave radiocomandata possiede un apparato ricevente che raccoglie il segnale e trasmette – dopo averli ampliati – gli impulsi che lo compongono ad un apparecchio di comando. A seconda della qualità e quantità di tali impulsi, questo apparecchio chiude differenti circuiti e di volta in volta mette in moto gli speciali macchinari elettrici che fanno eseguire alla nave l'ordine ricevuto.

Il numero dei comandi eseguibili dalle più recenti navi radiocomandate si aggira intorno al centinaio. Una gran parte di essi si riferiscono alle rotte da seguire, alcuni alla velocità da mantenere, altri alla emissione di cortine di nebbia artificiale che consentono al bersaglio di occultarsi per qualche tempo alla vista di chi esegue il tiro, ecc.

Speciali accorgimenti vengono adottati per impedire che le navi bersaglio radiocomandate affondino o riportino gravi danni quando siano colpite da proietti ed assicurano così la conservazione di questi costosissimi ma indispensabili mezzi per l'addestramento al tiro.

La sintetica esposizione che abbiamo fatto dei progressi compiuti nel decennio scorso dalle artiglierie navali mostra quale intensa attività abbiano spiegato in tale periodo tutte le principali marine del mondo.

La nostra può a buon diritto considerarsi fra quelle che stanno all'avanguardia; ma considera i risultati raggiunti soltanto come punto di partenza per ulteriori e notevoli perfezionamenti.1



1 Figure: p. 71 – "Cannone da 203 mm di calibro ad anima sfilabile"; pp. 72-73 – "Il castello prodiero della nave colle sue artiglierie principali e cogli organi che dirigono la sua potenza offensiva [Fotografia del Gabinetto Ufficio Stampa del Ministero della Marina]"; p. 74 – "Cannoni autoforzati da 152 mm di calibro" e "Un organo di valore essenziale: l'apparecchio di punteria generale". L'ultima illustrazione è quella che è qui di maggiore interesse.

L'autore si firma con lo pseudonimo "BAHR" anche in articoli di materia navale apparsi, negli anni Trenta, su altre riviste. Esercito e Nazione (1930): febbraio – "Il fattore marittimo nella guerra mondiale"; aprile – "I nostri «M.A.S.» nella Grande Guerra". Per Nazione militare si rimanda al catalogo per autori e materie alla fine del volume 14 (1939): a partire da Link esterno Emeroteca BNC Roma e più precisamente a p. 42 (esistenti il 4/2/2021).



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Storia § ??
[V. Ronchi?], "L'Ottica Italiana alla Esposizione Universale di Bruxelles 1935", Bollettino dell'Associazione Ottica Italiana, 9 (1935), pp. 144-146. Link esterno OPAC SBN

Tra i padiglioni che più hanno attirato l'attenzione e la meraviglia dei competenti debbono essere annoverati senza dubbio i due che raccolgono il materiale di natura ottica e fotogrammetrica che l'Italia ha inviato all'Esposizione di Bruxelles insieme a tante altre documentazioni della sua potenza produttrice.

In un padiglione espongono le Ditte: Officine Galileo, San Giorgio, Filotecnica, F.lli Koristka, G. Ratti, nonché l'Istituto del Boro-Silicio.

In altro padiglione, dedicato alla Fotogrammetria, compaiono l'Istituto Geografico Militare, la S.A. Rilevamenti Aerofotogrammetrici, e le Officine Galileo.

Il Gruppo più vasto e più variato è quello delle Officine Galileo, in relazione appunto alla molteplicità degli articoli che esse producono. Esse [<144-145>] presentano strumenti militari (un proiettore da 150 cm ultimo tipo, un telemetro da 720 cm e uno di 80 cm di base, una serie di specchi parabolici da 150 a 14 cm di diametro, un rilevatore a cannocchiale, un inclinometro, un apparecchio di punteria generale, un piccolo proiettore da 25 cm), strumenti topografici (5 tipi di livelli, una diottra completa, una tavoletta Manticolo), strumenti fotografici (una macchina teleprospettica aerea, una macchina telefotografica aerea e una terrestre, una macchina aerofotografica Santoni, obbiettivi fotografici varii), strumenti per microscopia (cioè varii microscopii monoculari e binoculari, apparecchi per microtomia a slitta e tipo Minot, per microfotografia, per disegno e microproiezione, un dermatocapillariscopio, obbiettivi varii sciolti nonché microscopii per mineralogia) e ancora strumenti di uso vario e per laboratori scientifici e industriali come binocoli, un episcopio portatile, un epidiascopio, un oscillografo, un rifrattometro, un goniometro grande modello, un diafanometro, un risolvimetro, un polarimetro, un saccarimetro, un luxometro, e la serie dei nuovi spettroscopi, spettrografi, monocromatori, di modello piccolo, medio e grande. Completava questa ricca esposizione un piccolo gruppo di ottiche sciolte.

La San Giorgio, dedicata a lavorazioni più specializzate, presenta una bella serie di strumenti per uso militare (un altitelemetro stereoscopico terrestre smontabile di 4 m di base, con stadia, un altitelemetro stereoscopico per marina di 3 m di base, un telemetro a doppio uso di 5 m di base, uno di 1 m di base a sdoppiamento di immagine, uno di 40 cm di base a coincidenza, e uno di 40 cm di base da trincea; inoltre un teleinclinometro Montauti e un apparecchio di punteria per centrale di tiro), una bella serie di binocoli e un gruppo di ottiche sciolte.

Di tutt'altro genere è la esposizione della Filotecnica, che presenta una ricca serie di strumenti di bordo per aeronautica (barografi, termografi, altimetri e barometri registratori, controlli di volo e di sbandamento, etc.), un eliofanografo, dei binocoli, degli obbiettivi fotografici sciolti, e un bel gruppo di strumenti per astronomia, da un cannocchiale di 200 mm di diametro, con montatura equatoriale, a un meridiano, a un universale a cannocchiale spezzato, e a una coppia di strumenti dei passaggi. Non manca naturalmente una ricca raccolta di strumenti topografici (livelli grandi e piccoli, tacheometri, teodoliti, etc.) e infine la documentazione della produzione di lenti per occhiali, in particolare per le bifocali. Completa la [<145-146>] esposizione una scala di specchi da proiettori, da 150 a 15 cm di diametro.

Interessante è la mostra dei Fratelli Koristka, che presentano microscopi e binocoli, i primi sia monoculari sia binoculari; inoltre lenti da occhiali e un proiettore per cinema parlato. Sono notevoli i modelli sezionati degli strumenti esposti.

La mostra del Comm. Ratti mette in evidenza tutta la ricca gamma della sua produzione di occhiali per proteggere gli occhi sia nelle attività sportive, sia nelle applicazioni industriali, sia contro i gas nocivi.

Infine, ottimo complemento a dimostrare la autonomia della produzione ottica italiana, la vetrina dell'Istituto del Boro-Silicio contiene dei magnifici campioni di vetro ottico italiano, grezzo, plasmato e molato, nelle quattro qualità fondamentali di borosilicato, crown, crown-bario, e flint. E una serie di teche contenenti i campioni delle materie prime italiane (boro di Larderello, calcio di Carrara, minio, quarzo di Davoli, soda di Rosignano, e argille sintetiche del Borosilicio) completano la dimostrazione della possibilità di trovare in Italia tutto quello che occorre per la preparazione del vetro degli strumenti ottici.

Il Padiglione della Fotogrammetria, assai ristretto, contiene una documentazione limitata, ma persuasiva del primato mondiale che l'Istituto Geografico Militare e le industrie Aerofotogrammetriche italiane hanno saputo conquistare in questo campo.

L'affluenza dei visitatori è stata ingente e continua ad esserlo, perché la Esposizione è tuttora aperta e durerà fino al prossimo autunno.

In generale tutti i competenti che hanno esaminato accuratamente questa molteplice e ricca rassegna di produzione ottica hanno espresso la più profonda meraviglia nel costatare che in Italia si faccia tanto e così bene mentre era convinzione precedente e generale che tutto ciò si facesse soltanto in qualche altro Paese.

Anche qui continua quella «rivelazione» che cominciò con la 2ª Mostra Nazion. di Strumenti Ottici del Maggio Fiorentino del 1934-XII.1



1 Il prof. Vasco Ronchi era allora il direttore responsabile del Bollettino.

Si riporta, nel seguito, l'estratto pertinente di un articolo sullo stesso argomento, utile anche per il confronto con i padiglioni delle altre nazioni. "Lo sviluppo assunto dalla nostra Marina, indicato in vari diagrammi e disegni, è sintetizzato con la frase del Duce «Il nostro destino sarà sempre sul mare». Di grande attenzione sono le installazioni della casa Salmoiraghi, con il suo prezioso equatoriale di 20 cm di apertura, della casa S. Giorgio con i suoi telemetri, delle Officine Galileo che si presentano interessantissime. Citiamo di queste ultime i microscopi, il grande spettroscopio autocollimatore di Littrow, gli apparecchi per la regolazione del tiro navale ed aereo, calcolatori automatici e semi automatici, grandi riflettori, periscopi, compassi per il pilotaggio dei piroscafi ed altro ancora. Oltre ciò speciale attenzione attirano i tipi di automobili e di aeroplani e specialmente l'idrovolante detentore del record di velocità". PI.GR., "L'Esposizione internazionale di Bruxelles", Rivista di fisica, matematica e scienze naturali, serie 2ª, 10 (1935), n. 1-2 ottobre-novembre, p. 57 Link esterno Emeroteca BNC Roma, p. 57 (esistenti il 2/7/2020).



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Storia § ??
"Visita del Federale alle Officine San Giorgio di Pistoia", La tecnica del lavoro, 15 (1935), n. 4, aprile, p. 26 Link esterno Emeroteca BNC Roma. Link esterno OPAC SBN

Pubblichiamo con piacere una riuscitissima fotografia che ricorda la visita del Federale di Pistoia alle Officine «San Giorgio» di quella città, dirette dal collega N. H. [Nobil Homo, nobiluomo] ing. Guido Tommasi Spina.

Ci compiaciamo che l'attività del collega Spina, uno dei pionieri e più meritevoli della nostra Categoria, sia spesso onorata dall'attenzione delle Superiori Gerarchie.

Nella fotografia il Federale ha alla sua destra il Comm. Ing. Spina ed alla sua sinistra l'ing. Comm. Gino Fanno della direzione generale della Società.1



1 Fanno è in abiti civili.



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Storia § ??
L. Solaini, "La III Mostra nazionale di strumenti ottici", Rivista del Catasto e dei Servizi tecnici erariali, 3 (1936), pp. 538-542. Link esterno OPAC SBN

A soli due anni di distanza dalla seconda Mostra, che aveva permesso di valutare quale era stata la rinascita dell'industria italiana in questo campo di importanza fondamentale per il progresso scientifico e nazionale, per volontà espressa di S. E. il Capo del Governo e nell'anno di dure prove e di luminose vittorie per l'Italia, ha avuto luogo nel palazzo delle Esposizioni di Firenze la III Mostra nazionale di strumenti ottici.1 Se a così breve intervallo di tempo si è voluto di nuovo sottoporre al pubblico una sintesi di ciò che si fa in Italia nel campo ottico, significa che qualcosa di nuovo e di interessante si è prodotto in questi due anni e che i progressi sono stati tali da costituire un titolo di legittimo orgoglio della nostra industria e della nostra scienza.

E infatti questa III Mostra ha avuto un carattere tutto suo; mentre nella II i grandi pionieri dell'ottica italiana, da Galilei a Porro, furono onorati con una esposizione retrospettiva delle loro invenzioni e dei loro preziosi cimeli, ora lo sono stati esclusivamente con i frutti dello sforzo grande che scienziati e industriali stanno compiendo per far sì che l'Italia sia sempre più degna della loro gloria e della loro opera.

È inutile riandare ormai ai momenti assai tristi per l'ottica italiana e ai primi tentativi di riscossa; guardiamo piuttosto, esaminando ciò che si è saputo produrre, quanto cammino si sia fatto finora e come sia promettente l'avvenire di una industria giovane nella sua nuova vita, ma in pieno progresso perché spinta dalla necessità di creare una produzione ottica italiana che corrisponda a tutti i bisogni odierni e dallo slancio con cui i problemi si affrontano, si studiano, e si risolvono.

Come la seconda, la terza Mostra è stata organizzata da un Comitato ordinatore nominato da S. E. Marconi, Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche; al Comitato e a tutti gli espositori deve essere rivolto un sincero plauso per la perfetta organizzazione della esposizione che ha lasciato in quanti l'hanno visitata, competenti e profani, un vivo ricordo ed un sentimento di sincera ammirazione. Le dimostrazioni sul funzionamento e sul controllo dei sistemi ottici, sui possibili difetti di strumenti, il fatto di poter effettivamente guardare in alcuni cannocchiali, telemetri, binocoli, ecc., costituiscono il mezzo più efficace per convincere della precisione che è necessario raggiungere nella lavorazione dell'ottica e della perfezione che effettivamente la nostra industria ottiene ormai con sicurezza.

Una interessante mostra di libri antichi che trattano argomenti ottici è stata organizzata dalla Libreria antiquaria Leo S. Olschki, che ha presentato documenti di alto interesse storico, perché testimoniano l'interesse che i problemi ottici hanno destato in sommi scienziati.

La produzione militare occupava naturalmente una parte cospicua della Mostra, come assorbe una parte notevolissima dell'industria.

A questo proposito, era interessante un modello di nave da guerra con segnate in rosso tutte le parti (moltissime) in cui sono applicati strumenti ottici. Di questi era esposta una nutrita serie di telemetri di vari tipi e di varie costruzioni, centrali di tiro, periscopi, macchine fotografiche, fotomitragliatrici, ecc.

La produzione italiana in questo campo può dirsi perfetta.

Un altro campo in cui l'industria nazionale si è fatta molto onore è quello dei binocoli; da qualche anno i binocoli italiani competono vittoriosamente con i più rinomati di case estere; i metodi di costruzione e di controllo sono stati affinati in modo da assicurare una completa correzione di questi delicati strumenti. Onde mostrare a quanti difetti si può andare incontro nella loro costruzione, la San Giorgio aveva esposto una serie di binocoli appositamente scorretti nei quali si potevano osservare le deformazioni delle immagini dovute ai difetti più comuni.2

Una delle parti maggiormente interessanti era senza dubbio quella degli strumenti topografici e fotogrammetrici; l'importanza della Topografia in genere e della Fotogrammetria in special modo nel momento attuale e le tradizioni italiane in questo campo fanno sì che sia di grande interesse mettere la nostra Patria ad un livello molto alto.

Con soddisfazione abbiamo quindi notato alcuni nuovi interessanti e ben costruiti strumenti topografici tra cui il nuovo cleps di Salmoiraghi ed i livelli Galileo, che lo scrivente ha avuto modo di esaminare, trovandoli certamente paragonabili ai migliori costruiti all'estero.

Nella Fotogrammetria è nostro orgoglio dire di avere acquistato nel mondo uno dei posti più elevati: in molti campi la nostra Nazione è certamente all'avanguardia sia per la costruzione di apparati, sia per organizzazione di rilievi. [<538-539>] [pagina con figure?] [<539-540>]

Fra le novità fotogrammetriche esposte dalla O. M. I. e S. A. R. A. [da verificare] vanno ricordati il «Fotostereografo Nistri», apparato restitutore stereoscopico universale, ormai completo e funzionante, di una semplicità assai notevole rispetto agli altri strumenti stereoscopici analoghi e lo «stereografometro Nistri», stereoscopio tracciatore destinato a rilievi speditici, il quale consente di tracciare anche le curve di livello approssimate, in modo da dare una idea dell'andamento altimetrico del terreno; esso rappresenta un perfezionamento rispetto a quelli sinora costruiti. Inoltre era presentata la nuova macchina a pellicola i cui meccanismi per il funzionamento automatico e per lo spianamento delle pellicole sono realizzati con una semplicità maggiore rispetto al primo modello.

Tra gli apparati impiegati dall'Istituto Geografico Militare, ci è dispiaciuto di non vedere, poiché tutti quelli costruiti sono stati inviati in A. O., lo Stereosimplex Santoni, un nuovo restitutore stereoscopico per i rilievi a piccola scala, di costruzione semplice e molto interessante. Oltre allo stereocartografo Santoni modello III, già presentato alla II Mostra, la notissima camera chiara di Fichter, ecc., erano esposti dall'I. G. M. la macchina aerofotogrammetrica doppia da presa Santoni ed il supporto per la Macchina quadrupla, le camere di trasformazione usate in A. O. per la redazione delle carte speditive ed alcuni fogli di carte eseguite con una celerità che rivela la perfetta organizzazione cartografica dell'I. G. M. e stampate in modo veramente bello.

Uno strumento che ha molto interessato i visitatori della Mostra è lo «Stereoglifografo Santoni», che consente di tracciare, oltre alle curve di livello ordinarie di una carta topografica, altre curve di livello, spostate rispetto alle prime di quantità proporzionali alle loro quote. Disegnando le due famiglie di curve in colori complementari si può avere l'effetto stereoscopico col procedimento delle anaglife.

Come si vede da questa rapida sintesi, il cammino percorso nella costruzione di apparati fotogrammetrici è molto, in due anni, ed è noto che ancora maggiori sono le realizzazioni nel campo dei lavori eseguiti.

La produzione del vetro ottico italiano è stata illustrata nelle due sale dell'Istituto del Boro-silicio e del Laboratorio di precisione del R. Esercito. Il problema del vetro d'ottica è fondamentale per l'Italia ed è necessario che sia risolto in modo completo. Lo studio metodico e intelligente che si svolge nei due Istituti ora detti ha già dato risultati brillanti, poiché alcune [<540-541>] [pagina con figure?] [<541-542>] qualità di vetro si producono ormai normalmente e la loro bontà è di sicura garanzia per l'avvenire.

Per un visitatore intelligente, anche se non dotto in cose di ottica, la III Mostra ha indicato di quale portata siano i problemi di cui questa disciplina impone una risoluzione e quali siano gli sforzi compiuti finora per creare un'industria che possa soddisfare a tutte le esigenze di una grande nazione moderna. Basta il modello del grande equatoriale destinato all'Osservatorio Astronomico di Asiago per dire quanta sia la fede con cui si lavora in Italia nel campo ottico.

Nelle sale sotterranee era esposta una successione di esperienze per mostrare le diverse fasi della costruzione e del controllo di un sistema ottico, dalle proprietà richieste dal vetro, dalle aberrazioni delle lenti, al calcolo dei sistemi ottici, alla loro realizzazione, al loro funzionamento e infine al loro collaudo. La sostituzione dei soliti complicati schemi e disegni in cui soltanto il tecnico si ritrova, con vere lenti, con effettivi fasci di luce, attrae il visitatore e lo interessa vivamente a quegli strumenti. Tutte le esperienze e gli schemi di funzionamento esposti, accompagnati da chiare didascalie, furono organizzati benissimo, chiari e tali da attrarre verso la scienza ottica, tanto suggestiva anche se così negletta fino a poco tempo.

Non ho voluto fare una rassegna completa della III Mostra di ottica, ma mi sono solo soffermato qua e là dove l'interesse specialmente di un topografo era più attratto. La Mostra conteneva però molto di più di quanto io abbia detto e abbracciava pressocché tutto il campo, invero vastissimo, delle applicazioni ottiche.

Onestamente e senza esagerati entusiasmi, si può affermare con soddisfazione di Italiani e con quell'intima gioia che ci dà il progresso dei rami della scienza che maggiormente sono vicini alla nostra vita e ai nostri studi, che la III Mostra Nazionale di Ottica ha segnato una bella affermazione dell'industria e della scienza italiana, fuse come poche volte accade.

Ho sentito dire in uno dei principali discorsi del Congresso di ottica, che alla prossima esposizione ai prodotti italiani saranno affiancati anche i prodotti esterni e quindi la Mostra probabilmente avrà carattere internazionale. Più che l'augurio, esprimiamo la nostra piena fiducia che da questi confronti l'industria italiana possa uscire spesso vittoriosa.

La fede e la perizia con cui si lavora, da una parte nei centri culturali ed in primo luogo nel R. Istituto Nazionale di Ottica e dall'altra nelle fabbriche, fanno sperare nelle più lusinghiere affermazioni.

L. Solaini 3



1 La mostra è stata preannunciata in: "La Terza Mostra Nazionale di Strumenti ottici", Rivista del Catasto e dei Servizi tecnici erariali, 3 (1936), p. 318. "Dal 24 maggio al 14 giugno avrà luogo in Firenze la III Mostra Nazionale di Strumenti ottici voluta da S. E. il Capo del Governo e organizzata dall'Associazione Ottica Italiana. La Mostra avrà quest'anno una particolare importanza, intesa come sarà al duplice scopo di dimostrare agli italiani la perfezione e le possibilità della produzione nazionale ed agli stranieri che l'Italia anche in questo campo, d'importanza vitale per la sua difesa militare ed economica, è in grado di fare da sé".

2 La parte dedicata alla San Giorgio nel catalogo della mostra è trascritta in → Documenti.

3 Su Luigi Solaini (1909-1989) si rimanda a Link esterno Wikipedia (esistente il 19/7/2020).



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Storia § ??
"La Soc. An. Industrie «San Giorgio»", La rivista illustrata del Popolo d'Italia, 14 (1936), n. 4, aprile, pp. 166-167 Link esterno Emeroteca BNC Roma, p. 166, p. 167. Link esterno OPAC SBN

La "San Giorgio" Anonima Industriale Stabilimenti Riuniti San Giorgio-Officine Elettromeccaniche con Sede in Genova-Sestri e col capitale di L. 42.500.000 versato, venne fondata nel 1905.

Nello Stabilimento che subito costruì in Borzoli, essa si dedicò nei primi tempi alla produzione di automobili.

Causa la crisi dell'industria automobilistica sapravvenuta nel 1908 lo Stabilimento di Borzoli abbandonava però gradatamente la produzione automobilistica per dedicarsi a lavori di meccanica generale in un primo tempo, e successivamente a lavori di meccanica di precisione.

Negli anni 1913-14 venivano apportati notevoli ampliamenti allo Stabilimento di Borzoli nel quale venivano ampliate le lavorazioni in grandi serie degli strumenti e congegni di puntamento per artiglierie con aggiunta di uno speciale reparto per la produzione di lenti e prismi.

Nello stesso volgere di tempo subirono pure importanti ampliamenti i reparti di meccanica generale nei quali già si producevano apprezzati macchinari di bordo per naviglio mercantile e militare.

Verso la fine del 1914 veniva inoltre iniziata nello Stabilimento di Borzoli la costruzione delle prime macchine elettriche e questo ramo di produzione doveva diventare poi in seguito uno dei più importanti rami dell'attività di questo Stabilimento.

NELLA GUERRA EUROPEA

Sopraggiunta la guerra, la Società "San Giorgio", data la specialità e varietà della sua produzione, divenne tosto importante fornitrice delle Amministrazioni Militari e rapidamente, per far fronte alle importanti richieste di dette Amministrazioni, provvide ad aumentare ulteriormente gli impianti dei propri Stabilimenti, fornendo la quasi totalità degli strumenti e congegni occorrenti per le artiglierie dell'Esercito per i quali prima l'Italia era tributaria all'estero.

Nel 1917 la "San Giorgio" rilevò la Società Anonima Italiana Koerting con Stabilimento in Sestri Ponente, attiguo al proprio Stabilimento di Borzoli, dotato di una grande fonderia in ghisa, continuando della cessata Società i due rami principali di produzione e cioè materiali per impianti di riscaldamento ed apparecchi industriali brevetti Koerting.

Al principio del 1923 ebbe in apporto lo Stabilimento di Rivarolo Ligure della Società Officine Elettro-Meccaniche eliminando così un doppione di produzione per le costruzioni elettriche e le pompe ed ampliando il suo programma industriale con la costruzione di turbine idrauliche per le quali quest'ultimo Stabilimento è particolarmente attrezzato.

DOPO IL PERIODO BELLICO

Nel dopo guerra gli Stabilimenti di Sestri e Rivarolo, nonostante la crisi imperversante, hanno svolto una notevolissima produzione nei vari rami di costruzioni meccaniche, elettromeccaniche e di ottica.

La più interessante, e forse la meno nota fra le attività di tali Stabilimenti, è quella che si riferisce alle produzioni belliche nelle quali la "San Giorgio", proseguendo il cammino vittoriosamente percorso durante gli anni della guerra, ha raggiunto una posizione di primissimo rango non solo in Italia ma anche nel mondo.

Negli Stabilimenti della "San Giorgio" possono oggi venire costruiti in grande serie i più delicati e perfetti strumenti per il puntamento delle artiglierie, sia di mare che di terra e per l'aviazione militare.

Senza scendere a particolari ci limitiamo a segnalare, fra le più caratteristiche produzioni della "San Giorgio", le centrali per la condotta del tiro delle artiglierie sulle navi da guerra, i telemetri, i periscopi, i congegni di punterie, i binoccoli prismatici, ecc., che non rivaleggiano ma vincono il confronto con la migliore produzione estera.

Nella produzione di pace meritano particolare menzione le grosse macchine elettriche ed i trasformatori elettrici (tra questi ultimi ricordiamo i trasformatori da 43.000 KVA costruiti per l'impianto di Galleto della Società Terni), le turbine idrauliche, i macchinari per industrie chimiche e particolarmente per zuccherifici per i quali ultimi la "San Giorgio" ha superato brillantemente grandi difficoltà in modo che essa è oggi in grado di costruire impianti completi senza bisogno di ricorrere all'estero come avveniva sino a poco tempo fa.

Gli esempi di produzioni nelle quali la "San Giorgio" si è affermata ed [<166-167>] eccelle si potrebbero moltiplicare. Attualmente gli Stabilimenti di Sestri e Rivarolo occupano circa 4000 dipendenti, hanno un'area complessiva di mq. 76.740 con uno sviluppo di officine coperte di mq. 65.000. Oltre agli Stabilimenti di Sestri e di Rivarolo, la "San Giorgio" possiede i seguenti Stabilimenti.

STABILIMENTO DI PISTOIA

Sorto nel 1906, fu destinato, fin dagli inizi, alla costruzione e riparazione di materiale rotabile ferroviario e tranviario nonché alla costruzione di carriaggi militari.

È dotato di un grande campo di volo e di ampie aviorimesse.

Nell'ultimo periodo della guerra vi si costruì anche una serie di biplani "Caproni" e recentemente vi è stata ripresa la costruzione e riparazione di aeroplani. Pur avendo attraversato periodi difficili, specialmente in questi ultimi anni per la scarsità di lavoro ferroviario, questo Stabilimento ha potuto conservare la sua attività ed efficienza.

Attualmente occupa circa 800 operai. Ha un'area di mq. 578.963 di cui mq. 48.519 coperti da fabbricati.

STABILIMENTO DI SPEZIA

Piccolo Stabilimento proveniente dall'assorbimento, avvenuto nel 1929, della Società Anonima Brevetti Girardelli. Svolge lavori di meccanica di precisione.

Occupa un'area di mq. 888 dei quali mq. 485 coperti da fabbricati.

STABILIMENTO DI TARANTO

Piccolo Stabilimento di nuova costruzione, sorto nel 1933 e destinato a lavori di meccanica in genere e particolarmente a lavori di riparazione e montaggio di macchinari di bordo e strumenti di artiglieria. Occupa un'area di mq. 1850 dei quali mq. 380 coperti da fabbricati.


Complessivamente la "San Giorgio" occupa circa 5000 dipendenti operai ed impiegati.1



1 Le illustrazioni non riguardano le produzioni ottiche: cinque figure a p. 166 – "Gruppi elettrogeni da 6500 KVA. Centrale di Preci", "Gruppo convertitore di frequenza. 1100 KVA - 5000 Volta", "Impianto di pompe sul M. Nera (180.000 litri al minuto a 37 m.)", "Impianto di pompa per irrigazione", "Batteria di evaporatori" – e due a p. 167 – "Trasformatore trifase in olio con raffreddamento a circolazione forzata", "Alternatori trifasi (10.000 KVA - 10.000 Volt - 420 giri) nella Centrale Moline" –.



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Storia § ??
U. Cavazzoni, "Industria ottica e vetro ottico", Atti 2ª Riunione dell'Associazione Ottica Italiana (Firenze, 1936), pp. 219-224; a tale convegno è dedicato il Bollettino dell'Associazione Ottica Italiana, n. 4 (agosto 1936).
Anche in estratto (Firenze, Stabilimento tipografico già Chiari succ. Carlo Mori, 1936), 7 pp. Link esterno OPAC SBN.
Link esterno OPAC SBN

L'industria ottica italiana attuale, nella sua quasi totalità, ha avuto, il suo inizio durante la grande guerra.

Essa infatti è sorta dalla necessità di fornire i nostri eserciti combattenti di istrumenti la cui costruzione, fino allora, aveva costituito monopolio di industrie straniere, potentemente attrezzate ed affinate.

È evidente che un'industria così improvvisata, senza nessuna preparazione, con il preciso scopo di costruire, al più presto, istrumenti particolarmente difficili, non poteva essere sufficientemente preparata, e nei mezzi e nelle persone, per studiare e costruire strumenti ottici il cui grado di perfezione e di efficienza fosse tale da uguagliare i prodotti costruiti da Ditte straniere da lungo tempo preparate ed attrezzate.

Pertanto la situazione dell'industria nell'immediato dopo-guerra era la seguente: Venute a mancare improvvisamente le costruzioni di carattere bellico essa venne a trovarsi quasi inattiva, impreparata tecnicamente e con una attrezzatura inadeguata, per affrontare la concorrenza dell'industria estera che aveva ormai la possibilità di fare riaffluire in Italia i propri prodotti i quali erano tecnicamente rispondenti alle esigenze degli acquirenti.

Tutto era dunque da rifare su basi rigidamente tecnico-scientifiche.

Occorreva creare i tecnici, perché quelli pochissimi che nel periodo bellico avevano, con sforzi enormi, supplito alla mancanza di un corpo tecnico adeguatamente preparato, erano insufficienti per formare una industria ottica attrezzata modernamente.

Occorreva quindi, prima di tutto, formare le scuole che fossero in grado di fornire gli elementi con cultura specializzata, a base scientifica, atti a studiare i sistemi ottici necessari per le nuove costruzioni; occorreva formare nuovi tecnici e maestranze per organizzare le lavorazioni onde costruire strumenti praticamente perfetti.

L'industria ottica italiana dunque dal 1919 al 1922, anche a causa delle condizioni politiche di allora, non aveva possibilità di reazione e le sue prospettive erano tali da far presagire in breve al suo completo annientamento. [<219-220>]

Solo nel 1923, nel nuovo clima che il Fascismo aveva creato in Italia, si delineò la possibilità di un nuovo impulso all'industria ottica italiana.

Fu allora che per iniziativa di pochi e sopratutto per la precisa volontà dell'attuale Direttore dell'Istituto Nazionale di Ottica, Prof. Ronchi, si gettarono le basi per fondare un centro di studi atto a formare gli elementi adatti, senza i quali non sarebbe stato possibile pensare di formare questa nuova industria.

Il contributo che questo Istituto ha già dato all'industria ottica italiana è stato più che notevole e lo possiamo attestare noi anziani che abbiamo agio di seguire giornalmente i giovani laureati e i tecnici, che in questo Istituto hanno formato la loro specializzazione.

Si può affermare che il loro contributo, è stato decisivo per lo sviluppo dell'industria ottica italiana ed è di sicuro affidamento per gli ulteriori immancabili progressi.

Per avere un'idea dei progressi fatti dall'industria ottica italiana in questi ultimi 12 anni è sufficiente il seguente specchietto:

Nel 1923 le persone occupate in questa industria erano circa 600 così distribuite:

ca. n.12 Laureati
ca. »65 Tecnici
ca. »500 Operai

Nel 1935 le persone occupate sono circa 4000 così distribuite:

ca. n.60 Laureati
ca. »250 Tecnici
ca. »3700 Operai

Questa IIIª Mostra di strumenti ottici che segue a soli due anni di distanza la IIª Mostra, non poteva avere lo scopo di presentare molte nuove costruzioni, poiché le Ditte costruttrici di strumenti ottici, dato il breve periodo di tempo trascorso e dato che nello stesso periodo di tempo, le attività produttrici delle stesse sono state quasi completamente assorbite per i fabbisogni bellici, non potevano avere la possibilità di iniziare o di completare gli studi per la costruzione di nuovi strumenti.

L'obbiettivo principale di questa Mostra è quello di far conoscere e di illustrare anche al grosso pubblico, quali sono i concetti informativi e quali i metodi rigorosi seguiti dai costruttori italiani per lo studio, la costruzione ed il collaudo di strumenti ottici, onde dare tutte quelle garanzie di qualità di rendimento e di durata che l'acquirente deve avere anche quando non è in grado di rendersene conto personalmente.

La maggior parte degli strumenti esposti in questa Mostra non potevano essere, almeno esteriormente, molto diversi da quelli presentati dall'industria ottica italiana alla Mostra di strumenti ottici del 1934, in quanto è evidente che strumenti come telemetri, periscopi, binocoli, microscopi, ecc. hanno forme esterne le quali non possono [<220-221>] assumere un aspetto molto diverso da quello che avevano gli stessi strumenti, non di due anni fa, ma anche di parecchi anni fa.

Eppure anche questi strumenti intrinsecamente, rappresentano un notevole progresso ottico, meccanico, e di rendimento, che è frutto di un costante lavoro di studio e di tecnica dovuto all'attività continua, incessante, di tecnici e di maestranze che sempre più affinano i loro sistemi di studio e di produzione.

Da quanto è dato a vedere in questa IIIª Mostra, l'industria ottica italiana è oggi in grado di costruire e di offrire agli italiani la maggior parte di strumenti ottici. Per qualche strumento ottico, che non fa ancora parte degli strumenti esposti, si può affermare che essi sono già oggetto di particolare studio presso le diverse Ditte costruttrici le quali hanno adottato a proprio sistema che prima di esitare un nuovo strumento esso debba presentare una perfezione di costruzione atta a dare adeguata garanzia di qualità, di solidità e di durata.

Ritengo che è bene seguire questo sistema, onde evitare che il confronto del prodotto nazionale con quello straniero sia svantaggioso.

Occorre formare, prima di tutto in noi stessi, la convinzione che il prodotto nazionale debba essere preferito a quello straniero, non solo per spirito di patriottismo, ma bensì per vantaggio tecnico e, possibilmente, economico.

I notevoli progressi realizzati in questi ultimi anni dall'industria ottica italiana hanno creato una situazione che deve costituire un punto di partenza per un ulteriore sviluppo, il quale dovrà consentire, non solo la completa conquista del mercato nazionale, che può in effetti offrire in avvenire anche maggiore possibilità di assorbimento, ma anche di mirare alla conquista di mercati stranieri.

Ritengo personalmente che l'attuazione di questo programma sia possibile, in quanto l'industria per la costruzione di strumenti ottici che richiede largo impiego di mano d'opera specializzata, e che richiede un esiguo impiego di materie prime, ha un substrato economico conforme alle possibilità dei mezzi nazionali.

Per il continuo razionale sviluppo delle costruzioni degli strumenti ottici, sarebbe opportuno arrivare al disciplinamento di tutte le costruzioni e specialmente per quelle non ancora iniziate, nel senso di ripartirle razionalmente fra le diverse ditte costruttrici in modo da evitare che uno strumento venga studiato e costruito contemporaneamente da 3 o 4 ditte mentre per altri strumenti nessuno ci pensi.

Anche le forniture degli strumenti di carattere bellico dovrebbero essere disciplinate per quanto possibile naturalmente, in modo che i fabbisogni non costituissero in determinati momenti, ingorghi nella produzione, che sono dannosi al rendimento della produzione bellica stessa e dannosi al regolare sviluppo dell'industria ottica. Dare una continuità alle lavorazioni industriali significa: razionale potenziamento e sfruttamento degli impianti; stabilità delle maestranze e quindi migliore rendimento del lavoro e per conseguenza costi di produzione più bassi.

Occorre però dire, che la emancipazione della costruzione di strumenti ottici, è subordinata anche allo sviluppo dell'industria per la produzione del vetro ottico, la quale è a quella strettamente aderente.

Non è infatti possibile concepire una industria nazionale per la costruzione di [<221-222>] strumenti ottici, tanto più se esportatrice, senza un'adeguata industria per [DA COMPLETARE][<222-223>]

È probabile che tale fabbisogno non sia sufficiente a compensare le spese di produzione che, a parere dei competenti, potrebbero solo essere coperte con una produzione di vetro aggirantesi sui 130 Q.li annui.

Ciò premesso non è dato sperare che iniziative private possano prefiggersi la costruzione del vetro ottico.

D'altra parte sarebbe opportuno che il problema fosse affrontato e risolto nella sua interezza al più presto possibile, per l'ulteriore sviluppo dell'industria ottica italiana e, sopratutto, per l'efficienza che essa deve sempre avere per la difesa nazionale.

Le due iniziative sorte in Italia per la produzione del vetro ottico, a cui ho già accennato, si trovano tutt'ora nel periodo sperimentale per alcuni tipi di vetro di particolare difficile costruzione, e di assestamento per alcuni altri tipi.

Le due iniziative hanno un loro particolare programma, cioè: una, quella statale presso il Laboratorio di precisione di Roma, ha affrontato da qualche anno con larghezza di mezzi la soluzione integrale del problema, nel senso che essa tende a costituire tutta una gamma di tipi di vetro in modo da soddisfare ad un minimo delle esigenze dei calcolatori, i quali devono ottenere un minimo di correzione nei sistemi ottici da loro studiati; mentre l'altra, cioè quella dell'Istituto del Boro Silicio, ha ispirato il suo programma ad un graduale e successivo studio e produzione di tipi di vetro, iniziando con i tipi più correnti e di maggior consumo.

Questo indirizzo ha consentito all'Istituto del Boro Silicio di provvedere all'industria ottica italiana i primi quintali di vetro «Boro silicato» e «Crown bario» e «Flint» di buona qualità.

Ma questi risultati, se pur molto significativi, non devono creare illusioni. Nessuna industria, e tanto meno quella della produzione del vetro ottico, può fissare le sue basi di esistenza sul mecenatismo.

Se è bene che l'industria del vetro ottico sorga in Italia, occorre che ad essa siano date le possibilità per uscire in breve dal periodo sperimentale e darle una garanzia economica almeno per i primi anni.

Sarebbe comunque desiderabile arrivare ad una soluzione, possibilmente nell'ambito delle due iniziative italiane: una soluzione però, che desse, più che affidamento, la certezza di riuscire in un prossimo futuro a fornire il vetro ottico italiano, occorrente all'industria ottica italiana.1



1 Secondo il Bollettino dell'Associazione Ottica Italiana, il sig. Umberto Cavazzoni – socio n. 186 – risulterebbe direttore tecnico delle officine San Giorgio, Genova Sestri, almeno dal 1929 al 1936. Cfr. Nones (1990), p. 74: "Per sviluppare queste attività [telemetri] nel 1927 viene assunto l'ing. Cavazzoni, che ha lavorato alla Zeiss e che porta a Genova anche un tecnico tedesco della stessa industria, Poser".

È stato nominato Ufficiale dell'ordine della Corona d'Italia il 17 novembre 1932: "Ordini cavallereschi", Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, 74 (1933), n. 48 (27/2/1933), parte prima, p. 832 Link esterno Au.G.U.Sto. (esistente il 9/8/2020).

Nel 1938 "Cavazzoni cav. uff. Umberto" risiede a "Genova-Pegli, Via Giosuè Carducci (Villino Iris)". Bollettino A.O.I., 12 (1938), p. 13.

Segue la trascrizione integrale della recensione di A. Pàroli in Rivista del catasto e dei servizi tecnici erariali, (Istituto Poligrafico dello Stato, 1937), p. 252.
"L'industria ottica italiana, nata durante la guerra mondiale per sopperire alle necessità del momento e prossima al completo fallimento nell'immediato dopo-guerra, ha ripreso il suo cammino ed ha conseguito brillanti affermazioni dopo il 1922, per merito di saggie provvidenze del Governo Fascista e per l'interessamento di parecchi nostri illustri scienziati ed industriali; si è così accresciuto, in un rapporto superiore a 5, il numero dei dirigenti, tecnici ed operai occupati in essa, e si sono raggiunti risultati molto notevoli, come quantità e come qualità, negli strumenti prodotti, attualmente di merito certo non inferiore e spesso superiore agli analoghi di produzione estera.
È da notarsi, in modo particolare, che la nostra industria si preoccupa di sottoporre i propri strumenti a collaudi rigorosi per opportuna garanzia del cliente, e di non mettere in commercio se non strumenti perfetti nei riguardi della precisione, solidità e durata.
Naturalmente, all'aumento di prodotto lavorato, fa riscontro un aumento di richiesta della materia prima, cioè del vetro ottico, il cui consumo annuo, in un solo decennio, si è accresciuto da 3 a 60 quintali, riferendosi alla ventina di tipi usati. Anche l'ing. Cavazzoni nota come molto debba tuttora farsi per incrementare l'industria del vetro ottico nazionale, i cui prodotti sono quantitativamente limitati, non ostante gli sforzi del Laboratorio di Precisione di Roma e delle iniziative di S. E. il Principe Ginori Conti; tale industria, infatti, richiede grandi capitali per studi e per l'impianto e difficilmente può sorreggersi all'inizio, soltanto coi propri mezzi o coll'aiuto di mecenati, almeno finché non siasi raggiunto uno smercio, che superi del doppio l'attuale fabbisogno nazionale.
Per assicurare, in ogni futura evenienza, la nostra autonomia economica, anche per quanto riguarda l'ottica, è quindi necessario predisporre un concreto programma di lavoro, sia per ripartire fra i vari costruttori lo studio dei diversi tipi di strumenti di maggiore richiesta ed evitare così dispersioni o duplicazioni di ricerche e di spese, sia perché l'industria del vetro ottico esca dallo studio sperimentale ed abbia garanzia economica almeno nei primi anni".

L'analisi di Cavazzoni ha dato modo a Ronchi di suffragare le necessità del suo Istituto nella relazione tenuta il 13 settembre 1937 alla XXVII Riunione della Società Italiana per il Progresso delle Scienze, a Venezia, e pubblicata negli Atti relativi e in: "L'attività del R. Istituto Nazionale di Ottica nel suo primo decennio di vita", Bollettino dell'Associazione Ottica Italiana, 12 (1938), n. 1-2, pp. 59-60; "L'attività del R. Istituto Nazionale di Ottica dalla sua fondazione ad oggi", La ricerca scientifica, 9 (1938), pp. 133-134. "L'Ing. Cavazzoni, Direttore tecnico della S. A. San Giorgio, l'anno scorso portò alla II Riunione dell'Associazione Ottica Italiana una statistica, che oggi è ancora superata [insuperata?]:
Nel 1923 le persone occupate nell'industria ottica italiana erano circa: 12 laureati / 65 tecnici / 500 operai
Nel 1935 i numeri corrispondenti erano circa: 60 laureati / 250 tecnici / 3700 operai
Se questo non bastasse, un'altra statistica giunge di rinforzo: la materia prima, cioè il vetro ottico fino, consumato dalle industrie ottiche nazionali non arrivò nel 1928 a 10 quintali. Nel 1936 è stato oltre 110 quintali.
E tutto ciò è ancora lungi dalla saturazione. Oggi che gli industriali si sono visti allargare l'orizzonte delle proprie possibilità, come conseguenza della nuova capacità produttiva dei giovani specialisti erogati dall'Istituto nostro, li ricercano e li richiedono con insistenza che non ammette replica. Tanto che l'Istituto stesso non ha mai potuto completare i proprii quadri, né nel livello dei professori, né in quello degli assistenti, né in quello dei tecnici specialisti. Soltanto due professori hanno un'anzianità superiore a due anni: il Direttore e il Vice-Direttore. Attualmente vi è un solo assistente di ruolo, che resiste ancora al suo posto perché è una signorina, e il tecnico di anzianità più elevata non ha ancora raggiunto un anno di servizio.
Il problema demografico oggi è in una fase molto più acuta di quanto non lo fosse 10 anni fa!
E non si veda in questo esodo di allievi dell'Istituto verso gli stabilimenti industriali una questione di natura economica. L'afflusso degli specialisti nei varii centri è regolato sempre di comune accordo, in base alle necessità della produzione industriale o della risoluzione di determinati problemi; non sono stati rari i casi di persone che hanno lasciato l'Istituto per preciso ordine contro il loro desiderio più vivo, pronti a rifiutare qualunque compenso pur di poter rimanere nella sede di studio dove avevano appreso i fondamenti della loro specializzazione, e dove avevano trovato un ambiente adatto allo sviluppo e alla valorizzazione delle loro abilità".

Il fondatore dell'Istituto torna sull'argomento in: V. Ronchi, "Il nuovo Consiglio dell'Associazione", Atti della Fondazione Giorgio Ronchi, 32 (1977), n. 5, p. 750. "Delle numerose e interessanti relazioni presentate al II Congresso dell'A.O.I., come ho già accennato, non poche trattano del vetro ottico; i dati e le considerazioni che portano meritano di esser conosciuti, per la nostra storia, ma siccome al vetro ottico dedicherò un capitolo speciale, per il momento lo lascio in disparte e passo a riportare un brano molto interessante della relazione del Direttore tecnico della San Giorgio di Genova-Sestri Ponente, Umberto Cavazzoni: «... Solo nel 1923, [si noti l'omissis] si delineò la possibilità di un nuovo impulso all'industria ottica italiana.
Fu allora che per iniziativa di pochi e soprattutto per la precisa volontà dell'attuale Direttore dell'Istituto Nazionale di Ottica, Prof. Ronchi, si gettarono le basi per fondare un centro studi atto a formare gli elementi adatti, senza i quali non sarebbe stato possibile pensare di formare questa nuova industria.
Il contributo che questo Istituto ha già dato all'industria ottica italiana è stato più che notevole e lo possiamo attestare noi anziani che abbiamo agio di seguire giornalmente i giovani laureati e i tecnici, che in questo Istituto hanno formato la loro specializzazione.
Si può affermare che il loro contributo, è stato decisivo per lo sviluppo dell'industria ottica italiana ed è di sicuro affidamento per gli ulteriori immancabili progressi.
Per avere un'idea dei progressi fatti dall'industria ottica italiana in questi ultimi 12 anni è sufficiente il seguente specchietto.
Nel 1923 le persone occupate in questa industria erano circa 600 così distribuite: ca. n. 12 Laureati / ca. » 65 Tecnici / ca. » 500 Operai.
Nel 1935 le persone occupate sono circa 4.000 [...]».
In questa sintesi si ha dunque la miglior giustificazione all'affermazione da me or poco pronunziata che il problema tecnico della produzione ottica della fotografia possa dirsi superato [...]".



All'indice    1936    Indicatore di completezza
Storia § 25
G. La Rocca, "Il periscopio da sommergibili", Ottica. Pubblicazione trimestrale dell'Associazione Ottica Italiana, 1 (1935/36), n. 3-4, luglio-ottobre 1936, pp. 286-301. Link esterno OPAC SBN

SUNTO: Nella mia comunicazione vengo a mostrare, in un primo tempo, i requisiti principali di un periscopio in riguardo all'uso pratico dello strumento e vengo a descrivere, anche in brevi cenni, i vari tipi di periscopi che si sono avuti sui sommergibili italiani dal 1902, cioè dall'epoca a cui risalgono i primi brevetti sul periscopio, fino ad oggi.
Descrivo poi la costituzione dello schema ottico di un periscopio con i due sistemi principali telescopici e con i sistemi di trasporto dell'immagine, disposti, questi ultimi, nella parte superiore rastremata del tubo.
Mio scopo principale è però quello di mostrare le manchevolezze che si hanno a notare maggiormente nell'uso dei periscopi e cioè quelle della deficienza della chiarezza e delle vibrazioni del tubo in navigazione. Mi soffermo, con particolare riguardo su tali manchevolezze, onde richiamare su di esse tutta l'attenzione dei progettisti. Sull'argomento della chiarezza considero tutti i fattori che, in un periscopio, vengono a renderla deficiente, compreso quello della difettosa correzione delle aberrazioni. Considero, sopratutto, le particolari cure necessarie per ridurre al minimo le infiltrazioni di aria umida all'interno dello strumento, infiltrazioni che sono fra le maggiori cause di deficiente rendimento dello strumento stesso, rendendo necessario procedere frequentemente all'operazione di essicamento dell'aria interna di un periscopio.
Circa le vibrazioni, argomento poco considerato fino ad oggi, se non addirittura trascurato, da parte delle Ditte Costruttrici di periscopi, parto da un
[<286-287>] articolo dell'Ing. francese Gilbert Cahen pubblicato sul «Bulletin de l'Association Technique Maritime et Aéronautique»1 [...]

[DA COMPLETARE] [<287-288>] [DA COMPLETARE] [<288-289>] con la quale, per la inevitabile presenza di umidità, la bobina in essi sistemata per il comando elettromagnetico del cambio d'ingrandimento si bruciava e provocava l'affumicarsi delle superfici ottiche. Vennero sostituiti con altri di costruzione della Ditta Galileo e nei quali il cambio d'ingrandimento era ottenuto con lo spostamento in alto e in basso del prisma di testa e di tutte le ottiche della colonnina, in modo che il prisma venisse a presentarsi avanti all'uno o all'altro dei due obbiettivi di diversa distanza focale montati sul tubo esterno.

I periscopi binoculari, detti civetta per l'apparenza della loro testa, costruiti molto luminosi onde servire alla visione subacquea sono dei casi particolari degli antichi periscopi multipli costituiti, in certo qual modo, da un fascio di periscopi.

I periscopi panoramici permettevano la visione contemporanea di tutto l'orizzonte poiché portavano, nella loro parte superiore, un prisma torico, il quale faceva sì che i raggi luminosi, da qualunque direzione pervenissero, fossero tutti convogliati al sistema ottico dello strumento. Tale tipo di periscopio, per la prima volta realizzato dall'Ingegnere francese Mangin, è stato però abbandonato a causa del forte astigmatismo di cui erano affette le immagini da esso fornite, oltre che per il fatto che lo strumento, dando l'immagine di tutto l'orizzonte su una zona circolare anulare, vi erano necessariamente delle deformazioni nwell'immagine stessa, che potevano indurre in errore l'osservatore.

Tutti tali periscopi e così anche quelli di recente costruzione, come ho detto avanti, hanno il sistema ottico costituito principalmente da due telescopi, rovesciati uno rispetto all'altro, in modo tale che gli obbiettivi risultino fra loro affacciati. L'ingrandimento dell'immagine fornita dal periscopio risulta, pertanto, uguale al rapporto tra gl'ingrandimenti dei due telescopi stessi. Il vantaggio di tale sistema è quello che i fasci di raggi luminosi all'interno dello strumento e tra i due obbiettivi avanti detti, sono paralleli e i due telescopi possono essere posti a distanza relativamente grande fra loro, senza che abbiano perdite di luce.

A limitare la distanza tra gli obbiettivi dei due telescopi entrano in considerazione soltanto l'entità del campo di visione del periscopio e il rapporto tra la luminosità al centro e la luminosità al bordo del campo stesso.

Per ottenere che il campo di visione sia sufficientemente vasto e che l'occhio dell'osservatore non abbia a rilevare, tra il centro e il bordo, una differenza di luminosità che possa dargli fastidio, nei periscopi molto lunghi, è necessario aggiungere, ai due telescopi ora detti, dei sistemi di trasporto dell'immagine e delle lenti collettive, queste ultime sistemate nei diversi piani ove si vengono a formare le immagini ed aventi lo scopo di evitare ai raggi di disperdersi, andando ad incidere sulle pareti del tubo.

I sistemi di trasporto sono, in genere, costituiti da due lenti disposte in modo che, tra di esse, i fasci luminosi siano paralleli, così come tra gli obbiettivi dei due telescopi; occorre che il numero di essi, in ogni periscopio, sia sempre pari, dato che ognuno di tali sistemi dà luogo ad un rovesciamento dell'immagine e che non sarebbe conveniente che l'immagine dello strumento non fosse dritta. [<289-290>]

In riguardo alla lunghezza totale di un periscopio, si può ben dire che non esiste, dal lato ottico, alcun limite, salvo quello derivante dal fatto che il numero delle lenti non deve essere molto grande per non ridurre eccessivamente la chiarezza del periscopio stesso, chiarezza che, come dirò meglio in seguito, è sempre deficiente in tale tipo di strumento.

Il cambio d'ingrandimento è ottenuto, nei periscopi Galileo, mediante rotazione di 90° del cosidetto cubetto, sistemato nella parte superiore rastremata. La rotazione fa sì che, sul percorso dei raggi luminosi, vada ad inserirsi l'una o l'altra delle due coppie di lenti costituenti il cubetto stesso e avente poteri diversi.

Nei periscopi S. Giorgio,2 il cambio d'ingrandimento è ottenuto mediante spostamento verticale di una lente tripla da una all'altra di due posizioni, otticamente coniugate fra loro in rapporto all'immagine e meccanicamente bene assicurate.

I due ingrandimenti sono necessari in un periscopio, il più piccolo, in genere 1,5 perché si abbia un campo di visione molto vasto, sui 40° circa, che serva alla ricerca del nemico e anche per dare all'osservatore la possibilità di una visione del panorama come ad occhio nudo; il più grande, in genere 6, perché si possono individuare più facilmente i dettagli del nemico e determinare tutti quegli elementi che servono a poter dirigere l'offesa.

Per una determinazione grossolana della distanza e della velocità del bersaglio, quando di quest'ultimo si conoscano a priori l'altezza di una struttura qualsiasi e la lunghezza dello scafo, può servire il reticolo disposto sul primo piano focale ove si va a formare un'immagine reale del panorama e che porta delle graduazioni orizzontali in gradi e verticali in millesimi.

A una determinazione più fina degli elementi stessi e della rotta serve un apparecchietto, applicato all'oculare e chiamato, appunto, telemetrino, il quale è costituito da un sistema di lenti diametralmente spezzate e sdoppia l'immagine del bersaglio fino a dare la misura dell'angolo parallattico sotto cui il bersaglio stesso viene visto dallo strumento. Allo stesso scopo è in prova altro apparecchio, il teleinclinometro «Montauti», il quale, pure agendo sullo stesso principio ottico del telemetrino, sembra dia luogo a dei risultati più esatti.

Da pochi anni sono entrati in servizio, sui sommergibili italiani, i periscopi ad oculare fisso, periscopi, cioè, nei quali il tubo si può alzare o abbassare pur restando l' oculare sempre ad una medesima altezza, in modo che l'osservatore possa stare comodamente seduto e fare tutte le determinazioni, senza disturbarsi a dover seguire il periscopio nei suoi spostamenti verticali.

Il sistema ottico, in tali periscopi, è diviso in due parti, essendo disposti nel tubo mobile tutti gli elementi ottici costituenti i sistemi di trasporto di cui ho detto avanti e il primo telescopio e, nell'incastellatura fissa, gli elementi ottici costituenti il secondo telescopio.

La suddivisione, tra la parte mobile e la parte fissa del sistema ottico, avviene, cioè, tra gli obbiettivi dei due telescopi, là dove i fasci di raggi sono paralleli e l'allontanamento o l'avvicinamento delle due parti non può dar luogo ad eccessive variazioni della luce trasmessa dallo strumento. [<290-291>]

Nei periscopi Galileo ad oculare fisso, è evitata addirittura qualsiasi perdita di luce, poiché, allo spostamento del tubo mobile, è abbinato uno spostamento dei due prismi inferiori di rinvio, nello stesso senso del primo e di metà grandezza, il quale fa sì che il cammino dei raggi, tra i due obbiettivi, sia sempre della stessa lunghezza, qualunque sia la posizione assunta dal tubo mobile.

Circa il sistema ottico, adoperato nei periscopi, spero avere già dato elementi sufficienti per una descrizione sommaria ed, esorbitando dallo scopo prefissomi quello d'intrattenervi anche sui particolari, mi si permetta di passare senz'altro a quelle che io ritengo siano le manchevolezze principali presentate dai periscopi e, cioè, alla scarsità di chiarezza ed alle vibrazioni che gli strumenti hanno in navigazione. Secondo il mio parere, le migliorie più sensibili che si debbano attendere in avvenire, nella costruzione dei periscopi, sono proprio quelle riguardanti la chiarezza e il comportamento del tubo alle vibrazioni ed ecco perché desidero richiamare, su tali argomenti, in modo particolare, tutta l'attenzione dei costruttori.

Intendo come chiarezza oltre che la quantità di luce che perviene all'occhio dell'osservatore per unità di angolo solido sotto cui vede l'immagine, anche la definizione dell'immagine fornita dallo strumento.

Accrescere ulteriormente la definizione dell'immagine è compito degli ingegneri ottici e dei calcolatori delle Case costruttrici.3 È inutile ch'io dica a voi della immensità del compito loro affidato, in quanto è a conoscenza di tutti come il problema della correzione delle aberrazioni, per un sistema costituito da poco meno che una ventina di elementi ottici, sia quasi impossibile a risolvere, sia pure in maniera pressoché analoga a quella degli altri strumenti.

Per il fatto che le immagini fornite dai periscopi sono aberrate e che quindi, sul piano focale, quale immagine di un punto qualunque dell'oggetto, si ha una figurina di aberrazione, in luogo di quella di diffrazione, molto più piccola in superficie e voluta dall'Ottica fisica, si avrà oltre che una mediocre definizione della immagine, anche l'inconveniente che la luce captata dallo strumento verrà a distribuirsi su una maggiore superficie e, conseguentemente, una diminuzione dello splendore dell'immagine stessa.

La chiarezza dell'immagine, per tale ragione, risulta quindi già menomata, nei periscopi rispetto agli altri strumenti. Altri fattori ben più importanti sono però da considerare.

È noto come ogni elemento ottico, sia per assorbimento nella massa del vetro, sia per riflessione sulle sue superficie, dia luogo ad una perdita di luce che, in cifra tonda, può dirsi sia di circa il 10% della luce incidente. Quando si faccia il calcolo della quantità di luce che arriva a pervenire all'occhio dell'osservatore, in percentuale di quella captata dallo strumento, si trova che essa è appena il 25% per un periscopio Galileo di esplorazione, il 17%, per un periscopio Galileo di attacco, il 15%, un periscopio Nedinsco ad oculare fisso. Percentuali molto basse, come si vede facilmente, e che appunto meritano di richiamare l'attenzione dei progettisti onde cercare di ridurre al minimo il numero [<291-292>] degli elementi ottici. A questo riguardo è da dire che le dimensioni della colonnina, cioè della parte superiore rastremata del tubo, hanno un'influenza grandissima sulla quantità di luce trasmessa dal periscopio, essendo evidentemente necessario sistemare un maggior numero di lenti, quando si voglia incanalare la stessa quantità iniziale di luce in una colonnina maggiormente sottile. Una diminuzione apparentemente insignificante nel diametro della colonnina stessa, può implicare una notevole perdita di luce nel periscopio. Le differenze tra le percentuali, avanti riportate per i tre tipi di periscopi, sono appunto dovute, in maggior parte, al fatto che le colonnine, in essi, hanno diametri diversi e precisamente: 60 mm, 40 mm e 31 mm.

Quando si pensi anche che, per forza di cose, assegnate che siano le dimensioni dello strumento e le caratteristiche essenziali, quale l'estensione del campo e l'ingrandimento, la pupilla d'uscita dello strumento stesso non può superare certi limiti, i 4 mm in genere, si vede bene come il problema della chiarezza dell'immagine sia dei più essenziali nella costruzione dei periscopi.

Desidero però considerare ancora un altro aspetto del problema, per quanto non ottico, e precisamente quello dell'impermeabilità.

I ragionamenti fatti avanti circa la quantità di luce che arriva all'occhio dell'osservatore e le percentuali ricavate vanno bene quando non si tenga conto dell'assorbimento di luce da parte dell'aria interna allo strumento. Ora, la perdita di luce, derivante da tale assorbimento, è tanto più grande quanto maggiore è l'umidità dell'aria ed ecco che, trovandosi ad agire i periscopi in ambienti eminentemente umidi quali i sommergibili, assume la più grande importanza che l'aria interna allo strumento, una volta essicata, si mantenga sempre tale e cioè che lo strumento sia reso stagno, il più possibile, all'aria esterna.

Vengono adoperate guarnizioni elastiche di metallo o di gomma in tutte le giunture e viene anche ridotto al minimo il numero di assi metallici che, a mezzo di leve o di bottoni esterni, servono a manovrare organi interni al periscopio; il passaggio dei quali assi, sia pure munito di pressatrecce e realizzato con tutte le cure possibili, costituisce una delle cause di maggiore ingresso di aria umida all'interno dello strumento.

Nei periscopi usati nella R. Marina italiana, di tali passaggi ve ne sono soltanto due e, precisamente, per i due assi che servono, uno alla rotazione del prisma di testa per il movimento di antioscillazione o di esplorazione dall'orizzonte fino allo zenit e l'altro per il cambio d'ingrandimento. Nei periscopi inglesi, della Casa Barr & Stroud, vi sono altri assi per il comando di un sistema a diasporametro anulare, disposto all'interno degli strumenti e che serve allo sdoppiamento dell'immagine e alla determinazione della distanza e della rotta della nave osservata.

Il sistema a diasporametro, per quanto preferibile, secondo il mio parere, a quello con lenti spezzate, non ha avuto applicazioni in Italia, appunto per le ragioni dette avanti, cioè perché esso importerebbe altri passaggi di assi e, quindi, altre deficienze nella tenuta stagna dello strumento.

Merita la più grande attenzione dei progettisti anche l'altra grave manchevolezza [<292-293>] che si rileva nell'uso dei periscopi, cioè quella delle vibrazioni che si hanno in navigazione. Quando si consideri che, oltre che ad osservare l'immagine di una nave nemica, il periscopio deve servire anche a fare delle determinazioni su tale immagine, si comprende benissimo quale importanza abbia, per l'uso pratico dello strumento, la riduzione delle vibrazioni in navigazione.

Per quanto il problema sia tutto meccanico, niente affatto ottico, mi si permetta lo stesso che io lo abbini alle considerazioni fatte fino ad ora, tanto più che, alla sua migliore soluzione pratica, sono chiamati, oltre che i costruttori navali, anche gli ingegneri ottici delle Case fabbricanti degli strumenti.

Ai costruttori navali spetta il compito di studiare la sistemazione dei periscopi a bordo dei sommergibili in modo ch'essa sia la più rigida e la più resistente possibile, da assicurare che gli assi degli strumenti, considerati come incastrati inferiormente, non possano subire spostamenti dalla direzione verticale, in navigazione e, inoltre, tale che, in essa, non vi siano e non si possano facilmente formare dei laschi sensibili. Questo, oltre che per ridurre le vibrazioni, anche per evitare di sottomettere il tubo a degli sforzi eccessivi e pericolosi.

Agl'ingegneri ottici, assegnate che siano le dimensioni esterne del periscopio, cioè diametro e lunghezza, spetta la determinazione dello spessore del tubo, sufficiente a che le vibrazioni siano ridotte e si abbia una comoda osservazione del panorama circostante.

Onde esporre un procedimento per la soluzione del problema, citerò qui, per sommi capi, le considerazioni, svolte dall'ingegnere del Genio Marittimo francese Gilbert Cahen, in un articolo del «Bulletin dell'Association Technique Maritime et Aéronautique». Da tali considerazioni appare chiaramente quale influenza possa avere sulle vibrazioni, oltre che lo stato del mare e la lunghezza del periscopio immerso e la velocità, anche la frequenza propria di vibrazione del tubo del periscopio.

L'Ing. Cahen si avvale della teoria di Bénard-Karman sui vortici alternati e mostra come i caratteri riscontrati nelle vibrazione dei periscopi possano essere tutti spiegati con le reazioni che subisce il tubo, in seguito alla formazione dei vortici secondo la teoria stessa.

Risulta, dalla teoria e dalle esperienze condotte da diversi fisici, che, per un corpo non suscettibile di vibrazioni, in movimento in un liquido poco vischioso, la frequenza di emissione dei vortici, a parità di altre condizioni, è proporzionale alla velocità del movimento ed inversamente proporzionale al diametro del corpo. Ove si indichi con fv la frequenza di emissione dei vortici, con D il diametro del corpo e con v la velocità, la quantità    D fv / v   , detta parametro di Strouhal, risulta allora costante.

Sul valore di tale quantità ha però molta influenza anche il rapporto tra la lunghezza del corpo e il suo diametro ed infatti, essa passa dal valore 0,2, valevole per corpi molto lunghi, al valore 0,15 quando la lunghezza del corpo sia divenuta circa 17 volte il diametro.

Per un corpo suscettibile di vibrazioni, quale, ad esempio, il tubo di un periscopio, i risultati ora esposti sono però soltanto approssimati, in quanto [<293-294>] [DA COMPLETARE] [<294-295>]

V = la velocità del suono nel metallo di cui viene costruito il tubo del periscopio e che, com'è noto, viene dato dal rapporto tra il modulo di elasticità e la densità del metallo;
S = l'area della sezione del tubo.

Qualora, per brevità di indicazioni, si ponga:

4 π² f² / V² = K      (2)

e si sviluppino le derivate, l'equazione precedente assume la forma:

l y + 2 l' y' + l" y" – K S y = 0      (3)

Nel caso particolare di un semplice tubo cilindrico, l'integrale generale di tale equazione si scrive subito ed è precisamente:

y = A ch μ x + B sh μ x + C cos μ x + D sen μ x      (4)

che, risolta, dà:

μ l = 1,875 . [<295-296>]

Da tale valore di μ l, facendo le debite sostituzioni, si ottiene finalmente, che la frequenza propria di vibrazione di un tubo cilindrico, è data da:

cl1 μ l cos μ l = 0

Nel caso del tubo di un periscopio, il corpo vibrante essendo costituito da diverse parti, cilindriche e coniche, lungo le quali il momento d'inerzia e la sezione variano con leggi alquanto complesse, la risoluzione matematica dell'equazione (3) non è però così semplice e non si presenta, anzi, possibile salvo che non si ricorra a dei metodi di approssimazione, sviluppando, ad esempio, le quantità che figurano nell'equazione stessa, in serie di potenze della x.

Le varie parti del tubo, aventi sezioni e profili diversi, possono essere considerate ognuna per sé stessa, tenendo conto, dopo, delle seguenti relazioni alle quali debbono soddisfare i valori di y e dei momenti d'inerzia corrispondenti all'una o all'altra di due parti contigue, nella sezione di congiunzione delle due parti stesse:

y1 = y2      y1' = y2'      l1y1" = l2y2"

d (l1y1") / dx = d (l2y2") / dx      (8)

[DA COMPLETARE]

A0 + A1 x + A2 x2 + ... + An xn = 0      (11)

e dei termini di tale equazione, considereremo solamente quelli di grado inferiore o eguale ad un certo numero m, essendo m più o meno grande, secondo l'approssimazione che vorremo raggiungere nel calcolo della frequenza propria del tubo. [<296-297>]

[DA COMPLETARE] [<297-298>] [DA COMPLETARE] [<298-299>] [DA COMPLETARE] [<299-300>] [DA COMPLETARE] [<300-301>] [DA COMPLETARE] 4



1 G. Cahen, "Contribution a l'étude des vibrations des périscopes des sous-marins", Bulletin de l'Association Technique Maritime et Aéronautique, [ancora da definire].

2 Non sono state ancora reperite altre copie dei manuali d'istruzione dei periscopi San Giorgio, oltre a quelle della Biblioteca nazionale centrale di Firenze (presumibilmente ottenute per diritto di pubblicazione):
- Periscopio d'attacco normale tipo S. G. : descrizione generale, caratteristiche, norme per l'uso e manutenzione (Genova : SIAG, 1935), 57 pp. Link esterno OPAC SBN;
- Periscopio d'attacco ad oculare fisso tipo S. G. : descrizione generale, caratteristiche, norme per l'uso e manutenzione (Genova : San Giorgio, 1935), 38 pp. Link esterno OPAC SBN;
- Periscopio d'attacco ad oculare fisso tipo S. G. : norme per l'uso e manutenzione (Genova : Istituto Idrografico della Marina, 1935), 14 pp. Link esterno OPAC SBN;
- Periscopio d'esplorazione tipo S. G. : descrizione generale, caratteristiche, norme per l'uso e manutenzione (Genova : SIAG, 1936), 52 pp. Link esterno OPAC SBN.

3 Il problema sarà invece risolto pochi anni dopo da un fisico assunto nel 1934 dalla Zeiss: Alexander Smakula → Storia § 25. La recisa affermazione di La Rocca suggerisce che le Armi Navali non avessero alcuna idea sulla fattibilità di trattamenti antiriflessi; tale opinione è corroborata dalla stessa brevità della trattazione del problema "chiarezza".

4 L'ing. Giovanni La Rocca era, allora, capitano delle Armi Navali. È stato nominato cavaliere dell'ordine della Corona d'Italia il 20 aprile 1938: "Ordini cavallereschi", Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, 79 (1938), n. 250 (2/11/1938), supplemento ordinario, p. 16 Link esterno Au.G.U.Sto.

[DA COMPLETARE E CORREGGERE LE EQUAZIONI]



All'indice    1936    Indicatore di completezza
Storia § ??
G. Bocchino, "La terza Mostra nazionale di ottica a Firenze", Almanacco italiano... per l'anno comune 1937, 42 (Firenze : R. Bemporad e Figlio, 1936), pp. 508-512. Link esterno OPAC SBN

[DA COMPLETARE] lontana nove anni dalla I Mostra, tenuta nel giugno del 1927 a Padova, durante la fiera campionaria, e che rappresentava in una pubblica manifestazione il risveglio dell'Ottica Italiana, è stata relativamente vicina alla II che si svolse nel giugno del 1934 a Firenze in forma più ampia e più indipendente.

I risultati sorprendenti di quella II Mostra e soprattutto la nobile reazione di un popolo, forte di ogni virtù morale, contro le ingiuste sanzioni impostegli da stranieri, più barbari degli antichi barbari invasori, dettero in questi due ultimi anni, agli ordinatori della III Mostra, l'impulso e l'energia necessari a preparare e presentare una manifestazione capace di dimostrare che l'Italia sa e vuole fare da sè in tutti i campi edanche in quello difficile e delicatissimo dell'Ottica.

Fin dal 1934 il Duce, precorrendo fatti ed epoche, aveva valorizzato l'importanza grandissima degli strumenti ottici nel campo della difesa nazionale e ordinava che la Mostra fosse periodica, stabiliva anzi che anche la III Mostra si aprisse a Firenze, città sede delle tradizioni Galileiane.

Sotto gli auspici del Consiglio Nazionale delle Ricerche e dell'Associazione Ottica Italiana, il 24 maggio, data che segna il definitivo risorgimento della stirpe, la III Mostra apriva i suoi battenti al pubblico di ogni nazionalità esponendo in nove sale, scientificamente ed esteticamente disposte, un materiale vario e perfetto che dalla formazione del vetro ottico nostro, ci conduceva, attraverso tutte le fasi di lavorazione e trasformazione, alla sua applicazione nei complessi e precisi strumenti richiesti dalle esigenze civili e militari della Nazione e dai bisogni dell'individuo.

Gli organizzatori della III Mostra possono essere fieri degli scopi raggiunti: niente però di inatteso per [<508-509>] loro, perché l'era presente, eliminando le sorprese dà ad ognuno la coscienza di ciò che vuole.

La III Mostra venne inaugurata alla presenza di S. A. R. il Duca di Pistoia, nel nome di S. M. il Re d'Italia e Imperatore d'Etiopia e per ordine del Duce, fondatore dell'Impero, e fino dal suo inizio fu onorata dalla visita di S. A. R. I. la Principessa Maria di Piemonte che vivamente si interessò a tutti gli strumenti esposti. Tutta l'Italia ottica è convenuta a questa rassegna di una produzione esclusivamente nazionale ed il pubblico è affluito numeroso nelle vaste sale dove, documentata da schemi, grafici e apparecchi di verifica e di controllo, per illustrarne e garantirne la perfezione, si esponeva tutta la produzione nazionale interessante gli strumenti ottici.

[Didascalia figura] S. A. R. I. la Principessa Maria di Piemonte nella Sala della San Giorgio.

Al primo piano del palazzo delle Esposizioni, la prima sala al centro di esso, era dedicata al progresso del R. Istituto Nazionale di Ottica e dell'Associazione Ottica Italiana; progresso documentato da dieci artistici pannelli che tappezzavano le pareti di questa sala. Inoltre due plastici, di cui il minore mostrava la sede dell'Istituto nel 1928 e l'altro la sede del medesimo nel 1936, indicavano anche agli scettici, il cammino fatto dalla più potente organizzazione culturale del genere, sorta da soli otto anni su quello stesso colle di Arcetri che vide il fondatore della scienza moderna, diretta dall'illuminata attività del prof. Ronchi.

Nella stessa sala erano inoltre due modelli di navi, gentilmente concessi dalla R. Accademia Navale di Livorno, e sui quali molteplici indicazioni mostravano quanti strumenti ottici entrano a far parte del naviglio bellico e quale funzione esplichino.

Sempre in questa prima sala era esposta, dalla libreria antiquaria Leo Olschki, una collezione di libri antichi di alto pregio riguardanti l'Ottica. [<509-510>]

In una seconda sala la Soc. An. San Giorgio di Genova, esponeva in tre gruppi diversi: ottiche sciolte ed in lavorazione. Una serie di binocoli perfetti, testimonianza di una grande vittoria industriale Italiana poiché essi sono quanto di migliore si sia costruito fin'oggi in questo campo (con questi era pure esposta una serie di binocoli scorretti, atti a dimostrare i difetti più comuni dei binocoli del commercio). Strumenti finiti, fra i quali campioni interessantissimi di strumenti bellici e fra questi il pubblico poteva osservare ed ammirare la potenzialità e la mole di un telemetro di cinque metri.1

La terza sala era della Società Ottico Meccanica Italiana di Roma e della Soc. An. Rilevamenti aereofotogrammetrici pure di Roma, che presentavano una mostra interessantissima di apparati aerofotografici ed aerofotogrammetrici, di navigazione aerea e topografici; particolarmente ammirato il grande fotostereografo Nistri e pure i pregevoli lavori di restituzione eseguiti per piani regolatori di città, bonifiche ecc. e per il R. Catasto Italiano.

Nella quarta esponeva un ricchissimo materiale vario e perfezionato, che faceva onore al nome del Grande a cui si intitolo l'Officina Galileo di Firenze. Specchi parabolici nelle diverse fasi di lavorazione, apparecchi di collaudo per i medesimi, un telemetro di tiro antiaereo, apparecchi topografici vari, un modello del grande telescopio che l'officina sta costruendo per l'Osservatorio di Asiago, una serie di microscopi di vari tipi, da quelli più semplici e meno perfezionati del 1895 a quelli perfetti di oggi ed ancora un'interessantissima produzione di apparati per istituti scientifici cioè: spettrografi, polarimetri, monocromatori, banchi ottici.

Nella quinta si ammiravano perfezionati apparecchi della Soc. An. Fiamma di Firenze, strumenti non meno precisi di oftalmologia, di topografia della Soc. An. Ocip. pure di Firenze, quarzi piezoelettrici per applicazioni diverse della Scotti e Brioschi di Novara.

Nella sesta sala aveva sede l'esposizione dell'Istituto Sperimentale del Boro e del Silicio di Firenze, gloria e vanto dell'Italia fascista. Dalla progressiva lavorazione e trasformazione delle materie prime che ci danno il vetro, dal quale l'ottico ricaverà la lente che è l'anima dello strumento, si aveva chiara l'idea dell'ardua impresa assunta dall'Istituto per emancipare l'Italia dalla servitù straniera. Il nobilissimo scopo aveva dato animo ed energia al fiorentino Principe Piero Ginori Conti, colto e generoso mecenate, fondatore e sostenitore dell'Istituto stesso che sorgeva a Firenze nel 1928 e che nel 1934 produceva già correntemente 12 diversi tipi di vetro ottico e ne poteva consegnare molti quintali agli industriali.

La stessa sesta sala ospitava la Mostra della Cinemeccanica di Milano, industria ormai potente che ha già dato un primato all'Italia nella costruzione ottico-meccanica cinematografica da presa e da proiezione sonora.

La settima raccoglieva quanto la ditta Sbisà di Firenze è riuscita ad offrire con i suoi innumerevoli strumenti di precisione insieme ad una interessantissima collezione dei più moderni tipi di microscopi della ditta fratelli Koriska [Koristka] di Milano.

Nella ottava, riservata all'Istituto Geografico Militare di Firenze, altra fulgida gloria Italiana, era illustrata quasi esclusivamente la manifestazione fotogrammetrica, sia perché attinente all'ottica, sia perché presentemente di massima importanza su tutte le altre. Oltre ai diversi strumenti aerofotogrammetrici di ideazione [<510-511>] e costruzione Italiana, fra cui uno stereocartografo in azione, l'Istituto esponeva una collezione di fotografie e disegni eseguiti dalla VII Sezione Topocartografica in Africa Orientale. Essa, oltre a rappresentare una simpaticissima attualità, illustrava il celere sviluppo della cartografia speditiva che tanto ha cooperato al sollecito e brillante conseguimento della nostra vittoria in Etiopia.

[Didascalia figura] La Mostra dell'Istituto del Boro e del Silicio.

L'ultima sala, nona in ordine numerico, comprendeva l'esposizione di diversi tipi di strumenti: astronomici, topografici, di collaudo, della ditta Salmoiraghi di Milano, una assortita e perfetta mostra di occhialeria della ditta fratelli Lozza di Calalzo e infine il Laboratorio di precisione del R. Esercito mostrava le varie fasi di lavorazione e trasformazione delle materie prime per la fabbricazione del vetro di ottica, un modello di forno per la fondita [sic!] del vetro ed uno per lo stampaggio, varie ottiche in lavorazione e finite.

Inoltre nel giardino del palazzo potevano ammirarsi i giganteschi proiettori delle officine Galileo, mentre nel piano inferiore si poteva osservare, in successive dimostrazioni, le fasi di collaudo del vetro ottico, della costruzione e del controllo di uno strumento, oltre ad una interessante serie di schemi dei più noti e comuni strumenti ottici. Sulla terrazza le ditte San Giorgio, Galileo e Salmoiraghi esponevano, a disposizione del pubblico, strumenti per osservazioni terrestri e celesti.

Intorno alla Mostra, durante i 20 giorni, vissero manifestazioni culturali diverse: conferenze, rappresentazioni cinematografiche di attualità, saggi di cinematografia a colori.

La riassuntiva dimostrazione di quanto questa III Mostra Nazionale di Strumenti ottici ha inteso mostrare [<511-512>] all'Italia, e soprattutto all'estero, potrà dare un'idea, anche se pallida, a chi non ha potuto visitare l'esposizione, dello sforzo compiuto e delle mete raggiunte nel campo vasto ed arduo dell'ottica, dai nostri studiosi di oggi e soprattutto da quelli che, sulle colline di Arcetri come il R. Istituto Nazionale di Ottica, o nella ridente piana di Firenze, come l'officina Galileo e l'Istituto del Boro e del Silicio, raccolsero gli intendimenti ed in essi proseguirono, del Grande Fiorentino che voleva «vedere lontano». Vedere lontano per la nostra soddisfazione di Italiani e per opporsi sempre e sempre reagire alla gelosa insidia straniera, rispondendo ad essa, grandi e forti, con le parole del Duce «molti nemici molto onore».



1 Giuseppina Bocchino, che qui dimostra che la retorica esasperata non era una esclusiva maschile, ha fornito vari contributi scientifici, tecnici e didattici allo sviluppo dell'ottica italiana.

La parte dedicata alla San Giorgio nel catalogo della mostra è trascritta in → Documenti.



All'indice    1936    Indicatore di completezza
Storia § ??
[Soci appartenenti alla San Giorgio], Annuario 1936 (Milano, Associazione Elettrotecnica Italiana, 1936), pp. 56-62. Link esterno OPAC SBN

[57>] Calegari Dott. Ing. Cesare (1936) Tecnico S.A.I. San Giorgio - Salita Castelletto 14, Genova.

Carrer Dott. Ing. Antonio (1927) Ing. Industriale Elettrotecnico - Dott. in Matematica dell'Ufficio Calcoli e Disegni di Macchinario Elettrico presso la S. A. I. San Giorgio - Abit.: Via C. Rossi 2-8, Genova Sestri.

Danovaro Andrea (1926) presso Soc. An. Industriale San Giorgio - Via Caterina Rossi, 1 B int. 9, Genova Sestri.

[58>] Fanno Dott. Ing. Comm. Gino (1922) Amministratore Delegato della Soc. An. Industriale San Giorgio - Viale Umberto I, Genova-Pegli (telef. 408.114).

Giacomoni Dott. Ing. Aldo (1922) Ingegnere presso San Giorgio S.A.I. - Genova-Sestri.

[59>] Macchi Dott. Ing. Riccardo (1924) Soc. An. Industriale San Giorgio - Genova-Sestri.

[60>] Pol Dott. Angelo (1929) Direttore Amministrativo S.I.A. San Giorgio - Genova-Sestri.

[61>] Rossetti Alfredo (1936) Tecnico presso S.A.I. San Giorgio - Via Ambrogio Molfino 1-10.

Rossi Dott. Ing. Baldassare (1920) - San Giorgio, Genova-Sestri - Via Pagano Doria 7, Genova.

Sonnino Dott. Ing. Franco (1923) Ing. presso S. A. Industriale San Giorgio - Via Accinelli 3-8, Genova.

[62>] Uzielli Dott. Ing. Carlo (1928) presso Soc. An. Industriale San Giorgio Genova-Sestri.1



1 L'anno posposto al nome dovrebbe essere quello di iscrizione all'Associazione. L'elenco dei soci appartenenti alla San Giorgio è qui estratto in modo presumibilmente incompleto.



All'indice    1936    Indicatore di completezza
Storia § ??
"Rassegna di fiere mostre ed esposizioni", Illustrazione coloniale : rassegna d'espansione italiana, 18 (1936), [numero da definire], p. 62. Link esterno OPAC SBN

Costruzioni elettromeccaniche, meccaniche e idrauliche

Una delle maggiori Aziende nazionali che ha saputo sviluppare la produzione con sani criteri amministrativi e moderne direttive tecniche è la Soc. An. Industriale San Giorgio di Genova-Sestri che, sorta nel 1905, ha successivamente ampliato notevolmente il suo Stabilimento originario in Borzoli presso Genova-Sestri, ed a questo ha poi aggiunto altri stabilimenti a Genova-Rivarolo, Pistoia, Spezia e Taranto.

La vastità del campo in cui ha saputo affermarsi la Soc. An. Ind. San Giorgio è dimostrata dall'elenco delle sue produzioni:

Elettromeccanica: Macchine a corrente continua ed alternata – motori – dinamo – metadinamo – alternatori – condensatori statici – trasformatori – saldatrici elettriche – raddrizzatori a vapore di mercurio – gruppi elettrogeni – apparecchiature elettriche – impianti completi – forni elettrici da pane – impianti di segnalazione stradale, ecc.

Meccanica: Motori Diesel – motrici a vapore – compressori e surcompressori – macchine ausialiarie di bordo – argani – molinelli – verricelli – timonerie – macchinari di sollevamento – gru a ponte – a portale – girevoli – da scalo – pontoni posablocchi – macchine d'estrazione per miniere – bilance automatiche – affettatrici – veicoli ferroviari e tranviari – carri serbatoio – macchine ed apparecchi per zuccherifici – impianti di distillazione – compressori ed elettrocompressori.

Idraulica: Turbine idrauliche e accessori – regolatori – pompe centrifughe – pompe a [DA COMPLETARE] più piccolo particolare. Degni di nota anche il macchinario e l'attrezzatura di precisione, le scelte maestranze, i corpi tecnici e le formazioni gerarchiche che costituiscono ogni officina della «San Giorgio».

Abbiamo chiusa questa succinta elencazione dalla quale si può agevolmente rilevare l'importanza industriale della «San Giorgio» e l'interesse che i suoi prodotti di alta classe hanno nello sviluppo economico delle nostre Colonie e dei paesi di espansione italiana. La produzione della «San Giorgio» offre infatti molti mezzi meccanici per questi scopi; la sua organizzazione è tale da poter rispondere sollecitamente ad ogni richiesta e fornire in breve tempo ottime macchine per tutte le applicazioni meccaniche ed elettriche, per aziende commerciali, per istituti pubblici e privati, per l'agricoltura. La «San Giorgio» alle note sue benemerenze per la sua capacità tecnica industriale aggiunge quella della sua organizzazione tecnico-commerciale dimostrata anche in occasione di questa Fiera.1



1 Sebbene la scheda in OPAC SBN riporti la testata come L'illustrazione coloniale (situazione del 10/4/2021), l'articolo determinativo è assente nella copertina dell'anno in questione.



All'indice    1937    Indicatore di completezza
Storia § ??
G. Bocchino, "Sul collaudo delle parti meccaniche dei binocoli", Ottica. Pubblicazione trimestrale dell'Associazione Ottica Italiana, 2 (1936/37), n. 4, aprile 1937, pp. 191-196. Link esterno OPAC SBN

SUNTO: Vengono esposti i resultati di alcune serie di misure eseguite su dei binocoli, per studiare la regolarità del movimento di focheggiatura degli oculari al variare della temperatura.

Allo scopo di stabilire le norme di collaudo delle parti meccaniche dei binocoli abbiamo iniziato uno studio sul movimento di focheggiatura degli oculari, al variare della temperatura. Questo movimento si deve poter eseguire applicando il momento motore con l'indice e il pollice della mano e poiché la regolarità di tale movimento è ottenuta mediante un grasso viscoso è evidente che esso viene influenzato dalla temperatura in cui si trova il binocolo e a parità di questa, dalla qualità del grasso adoperato. Per questo, dopo alcune esperienze preliminari eseguite dall'Ing. Silvio Guidarelli, sono state organizzate delle misure sistematiche condotte nel modo seguente:

Si è posto il binocolo in un termostato ed al monocolo in esame è stata fissata una ruota di 48 mm di diametro esterno coassiale con l'asse di rotazione dell'oculare, e su questa è stato fissato e avvolto un filo che svolgendosi sotto l'azione di un peso obbliga l'oculare a percorrere l'intera corsa. Un filo avvolto in senso contrario, serve a far tornare l'oculare, dopo aver percorso l'intera corsa, nella posizione primitiva.

Mediante tale termostato si è portato il binocolo a varie temperature tra -16° e +48° e per ogni temperatura si sono iniziate le misure solo dopo che il binocolo, rimasto per un periodo di tempo a tale temperatura, vi si era stabilizzato.

Ci siamo assicurati di essere giunti a tale equilibrio misurando, a intervalli di tempo costanti, i tempi necessari a far percorrere all'oculare l'intera corsa sotto l'azione di un peso costante. [<191-192>]

Così se il binocolo è stato portato ad una temperatura più bassa di quella ambiente, a parità di peso, l'intera corsa viene percorsa, in successivi intervalli, in tempi dapprima sempre maggiori (periodo di raffreddamento) e poi in tempi uguali ed a tal punto si può ritenere che il binocolo si è stabilizzato a quella temperatura.

Fig. 1 [Binocolo S. Giorgio ESA 6x30]

Quando la temperatura a cui viene sottoposto il binocolo è superiore a quella ambiente i tempi dell'intera corsa, a parità di peso, divengono via via sempre minori (periodo di riscaldamento) per poi divenire costanti.

Fig. 2 [Binocolo S. Giorgio ESA 6x30]

Si sono iniziate allora le misure definitive misurando i tempi necessari a percorrere l'intera corsa sotto l'azione di pesi via via crescenti. Tali misure sono state ripetute per varie temperature e per ciascuna, è stato tracciato un grafico, riportando in ascisse i momenti attivi e in ordinate i tempi corrispondenti, ottenendo delle [<192-193>] iperboli che al variare della temperatura risultano traslate parallelamente all'asse delle ordinate e con una diversa distanza tra l'origine degli assi e il loro vertice.

Fig. 3 [Binocolo S. Giorgio Octa 8x30]

Per studiare tale variazione in funzione della temperatura ci siamo riferiti alle rette ottenute riportando in ascisse i momenti attivi ed in ordinate gli inversi dei tempi. Tali rette (Figg. 1, 2, 3, 4) presentano quindi una diversa pendenza e tagliano l'asse delle ascisse a distanze diverse dall'origine, distanze che ci rappresentano proprio il momento minimo (soglia dei momenti attivi) sotto la cui azione l'oculare riesce ancora a compiere l'intera corsa (1).

Fig. 4 [Binocolo S. Giorgio Octa 8x30] [<193-194>]

Tale momento varia appunto da temperatura a temperatura, ma non proporzionalmente e precisamente riportandolo in ordinate, ed in ascisse le temperature corrispondenti si è ottenuto le curve delle figg. 5 e 6. Si vede che passando dalle alte temperature di +48° fino a 0° la curva sale assai lentamente mentre nel passaggio da 0° a -17° cresce molto rapidamente da circa 200 a circa 700 gr x cm.

Fig. 5 [Binocolo S. Giorgio ESA 6x30]

Fig. 6 [Binocolo S. Giorgio Octa 8x30]

Inoltre al variare della temperatura si è veduto che le varie rette cambiano di pendenza, cioè varia la costante di proporzionalità tra velocità di rotazione e la differenza tra momento attivo e soglia dei momenti attivi; tali variabili riportate [<194-195>] rispettivamente in ascisse ed in ordinate hanno dato (figg. 5 e 6) un'altra curva da cui si vede che la pendenza, piccolissima per le basse temperature, andando a temperature sopra 0° cresce rapidamente.

Inoltre è stata eseguita, per qualche temperatura, la curva di velocità (tempo impiegato a percorrere un cm) e si è constatata una velocità quasi uniforme. I dati riportati e i grafici relativi sono i resultati di misure eseguite su due binocoli «S. Giorgio»: Esa 6 X 50 [6 x 30!] e Octa 8 X 30.

Le misure sono state poi ripetute su un altro binocolo di una casa estera. Di tale binocolo riportiamo la curva di velocità (fig. 7) ottenuta a -16° con un momento applicato di 4800 gr x cm.

Si nota che su di una corsa complessiva di 18 cm, mentre nei primi 12 si otteneva una velocità quasi uniforme, dal dodicesimo al diciottesimo cm la velocità decresce molto e tale diminuzione di velocità, dovuta ad una disuniformità del movimento, ha fatto sì che le misure eseguite con lo stesso procedimento che per i binocoli «S. Giorgio» hanno dato dei resultati non confrontabili. Sempre per lo stesso binocolo a +22° di temperatura, (fig. 8) con un momento applicato di 1300 gr x cm l'oculare percorreva i primi 6 cm di corsa in 59" dal 6° al 15 cm in 40" mentre lo stesso peso di 600 gr non era più sufficiente a far muovere l'oculare negli ultimi 4 cm. A -16° i primi 6 cm venivano percorsi in 52", dal 6° al 12° in 77" dal 12° al 18° in 103".

Figg. 7 e 8 [Binocolo di una casa estera]

Dai resultati ottenuti in queste misure si può concludere che tale metodo può essere usato per verificare la regolarità del movimento oculare e, stabilendo la soglia dei momenti attivi, per la temperatura massima e minima dell'intervallo a cui il binocolo deve essere portato, servire per il collaudo di tale parte meccanica.

Con criteri analoghi ai precedenti sono state eseguite delle misure sul movimento di rotazione dei due monocoli attorno all'asse centrale, determinando, a varie temperature, il momento minimo, medio e massimo, con cui si ottiene la rotazione. [<195-196>]

I resultati finali sono riportati nella seguente tabella:

[La tabella riporta, per temperature da +33° a -10°, i momenti minimo, medio e massimo per la corsa intorno all'asse centrale dei due monocoli di uno strumento non definito]

Il momento proprio di un monocolo attorno all'asse, per effetto del proprio peso, è risultato di 4000 gr x cm.

Tale movimento risulta assai meno sensibile alla temperatura di quello di focheggiatura degli oculari. Può essere quindi sufficiente eseguire la determinazione ad una temperatura media dell'intervallo a cui il binocolo deve funzionare e tenendo conto che tale movimento viene in generale eseguito con tutta la mano si potrà stabilire il valore del momento minmo tollerabile al di sotto del quale il movimento averrebbe spontaneamente e quello del momento massimo al di sopra del quale il movimento risulterebbe bloccato.

R. Istituto Nazionale Ottica / Arcetri - Luglio 1936-XIV 1


(1) In queste misure si è eliminato l'effetto dell'attrito di fine corsa, facendo cominciare il movimento da una posizione prossima, ma non coincidente con quella estrema assumibile dal pezzo mobile. [Nota a pie' di p. 193]


1 L'articolo, reperito tramite una ricerca in Google libri, è stato poi fornito da un assiduo collaboratore, che preferisce restare anonimo.



All'indice    1937    Indicatore di completezza
Storia § ??
M. Panetti, "Experimental Apparatus for the Study of Propellers" [Impianto sperimentale per lo studio delle eliche], traduzione di S. Reiss, N.A.C.A. Technical Memorandum No. 819 (Washington : National Advisory Committee for Aeronautics, 1937), 9 pp. e 4 tavole f.t. con 11 figure Link esterno Google libri (per University of Minnesota). Link esterno OPAC SBN

A special financial contribution of 60,000 lire granted by the Ministry of National Economy and supplemented by personal gifts of Arturo Bocciardi [Bocciardo], Pietro Fenoglio, and of the firms of Ilva, Terni, and S. Giorgio of Borzoli, directed by them, totaling 27,500 lire has permitted the Aeronautical Laboratory of the Royal Institute of Engineering at Turin to create an experimental station for model propellers.[...] 1



1 Si omette qui la trascrizione del resto della fonte, perché disponibile integralmente in Google libri e non pertinente alla produzione di ottiche. Ciò che interessa è che la San Giorgio – con fondi propri – e il suo vicepresidente Arturo Bocciardo – con risorse private – finanziavano ricerche industriali al Politecnico di Torino, che nel periodo pre-bellico erano risultate d'interesse del NACA, vale a dire l'agenzia federale statunitense che si trasformerà, nel 1958, nella NASA.

Dovrebbe essere la traduzione di: M. Panetti, "Impianto sperimentale per lo studio delle eliche : 1° Rendiconto sperimentale del Laboratorio di Aeronautica del Politecnico di Torino", L'Aerotecnica, 14 (1934), n. 4. Infatti troviamo a p. 368: "Uno speciale contributo finanziario di L. 60.000, accordato dal Ministero dell'Economia Nazionale, e integrato da sovvenzioni personali dell'ing. Arturo Bocciardi [Bocciardo], del compianto ing. Pietro Fenoglio e delle Società Industriali da essi dirette: l'Ilva, la Terni e la S. Giorgio di Borzoli, per l'importo totale di L. 27.500, ha permesso al Laboratorio di Aeronautica del R. Istituto Superiore di Ingegneria di Torino, di creare una stazione sperimentale per modelli di eliche".

Scopo, risultati e contesto erano stati poi sintetizzati in: M. Panetti, "25 anni di attività del Laboratorio di Aeronautica al Politecnico di Torino", Torino : rivista mensile municipale, 17 (1937), n. 9, settembre, p. 21 – "Bilancie aerodinamiche per le eliche. – Occorreva estendere alle eliche i mezzi di indagine aerodinamica realizzati per i modelli degli aeroplani..." Link esterno Emeroteca BNC Roma. L'articolo esiste anche in estratto Link esterno OPAC SBN.

Modesto Panetti (1875-1957) era, nel 1937, professore ordinario al Politecnico di Torino, dove insegnava anche materie aeronautiche Link esterno Politecnico di Torino (esistente il 16/7/2020). Nel 1935 l'Accademia d'Italia gli aveva conferito il "premio Mussolini" per le scienze Link esterno Wikipedia (esistente il 16/7/2020). Fanno aveva lavorato con Panetti al Politecnico di Zurigo → Tripp et al. (1966).

"Samuel Reiss, who used his knowledge of 32 languages as a translator for the Lewis Research Center of the National Aeronautics and Space Administration and as an author of four books, died today [19/7/1964] at Southwest Community Hospital. Mr. Reiss, trained in college in electrical engineering and mathematics, took up the scientific study of languages as a hobby. He started with the old National Advisory Committee for Aeronautics nearly 30 years ago as a mechanical engineer. Later he went to Washington as a translator. In the early nineteen‐forties he came to Cleveland to work in the library of the Lewis Research Center. He was the author of four books defining the relationship between language and thought. His most recent work was "The Basis of Scientific Thinking," published in 1961. Mr. Reiss, who also was a graduate of the Teachers Institute of the Jewish Theological Seminary of America, learned some of the languages, including Japanese, Swahili, Dutch, Chinese and Greek, with the help of dictionaries and grammars". Il necrologio è apparso in: The New York Times (20/7/1964), p. 25 Link esterno The New York Times (esistente il 16/7/2020).



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Storia § ??
P. Ginori Conti, "L'opera dell'Istituto del Boro e Silicio per il vetro d'ottica scientifico italiano", L'Industria : Rivista tecnico-scientifica ed economica, 51 (1937), n. 9, settembre, pp. 333-335 Link esterno Emeroteca BNC Roma, p. 333, p. 334, p. 335. Link esterno OPAC SBN

I primi strumenti ottici, le lenti da occhiali, trovarono nell'antichissima tecnica vetraria una fonte di materia prima non certo eccellente ma già idonea allo scopo.

Con la nascita del cannocchiale, nel 1609, le cose cominciarono a complicarsi e si conservano lettere di Galileo che manifestano preoccupazioni per il vetro. Scrivendo a Giuliano de' Medici nell'ottobre 1610 egli si esprime: «Mi necessita ancora a indugiare il lavoro il mancamento del vetro, del quale, fra quattro giorni, N. Niccolò Sisti ne deve mettere una padella in fornace, et mi promette di far cosa purissima et eccellente per tali artifizii».

Da allora in poi gli sforzi ed i tentativi per fare quella cosa purissima ed eccellente che è il vetro d'ottica non sono mai cessati.

Per oltre un secolo, veramente, vetro di ottica significò soltanto vetro limpido, trasparentissimo, privo di difetti visibili ad [<333-334>] occhio o con i mezzi che l'ottica stessa allora metteva a disposizione. Newton infatti aveva escluso la possibilità dell'acromatismo e fu solo alla fine del settecento che si dimostrò erronea questa sua asserzione. Al vetro d'ottica si richiesero da allora non soltanto le doti di purezza ed omogeneità, ma anche caratteristiche di rifrangenza e di dispersione speciali. Si cominciò a distinguere i vetri in categorie diverse, note universalmente con i nomi crown e flint.

Il progresso che l'innovazione produsse nella tecnica ottica fu tale che l'argomento fu ripreso da matematici, da ottici, da chimici, con indagini accurate e pazienti. Una lente, come è noto, ha il compito di far corrispondere ad un punto dello spazio-oggetti un punto dello spazio-immagini, di far cioè convergere in quest'ultimo punto i raggi luminosi uscenti dal primo. Tale convergenza non è assoluta e viene realizzata con una certa «approssimazione» come si esprimono gli studiosi, o «tolleranza» come si esprimono i fabbricanti. L'errore nella convergenza dipende da numerose cause ma in casi particolarmente semplici si può ricondurre alla perfezione della lavorazione delle superfici della lente ed all'omogeneità ottica del vetro di cui la lente è formata.

Poiché, nella fig. 1, i due raggi simmetrici SAA'I e SBB'I uscenti da S s'incontrino effettivamente in I occorre sia realizzata la perfezione delle superfici sferiche, e che inoltre il cammino ottico AA' sia uguale al cammino ottico BB' con una tolleranza massima del quarto della lunghezza d'onda. Per percorsi nel vetro dell'ordine del centimetro ciò significa che l'indice di rifrazione del vetro della lente deve essere costante in tutta la sua massa fino alla quinta cifra decimale. Questa è l'esigenza di uniformità richiesta per il vetro d'ottica fine.

Il vetro d'ottica va dunque considerato come un prodotto a sé, completamente distinto dai vetri per altri usi, anche se di qualità pregiata. La sua produzione, come classe, equivale alla produzione dei cronometri astronomici, o delle microbilance più sensibili.

Riconosciuto come s'è detto l'errore di Newton, con l'impiego di vetri diversi si incominciò lo studio delle superfici delle lenti complesse che permettessero di raggiungere non solo l'acromatismo ma anche l'eliminazione di altri difetti. I matematici sono andati anche oltre: sono arrivati a chiedere vetri non ancora esistenti di particolari rifrangenze e di particolari dispersioni, necessari per ottenere dalle loro combinazioni risultati ancora più precisi di quelli raggiunti in passato: il produttore di vetro ha moltiplicato allora le sue esperienze, e pur scartando rigorosamente dalle sue miscele elementi come il ferro, il rame, ecc. che colorano il vetro ha impiegato con insperati successi il boro, il bario, il fluoro, lo zinco, il tallio.

Oggi le varie centinaia di vetri ottici si raggruppano in alcune famiglie o tipi grossolanamente denominati:

  • crown-boro silicato,
  • crown-ordinario,
  • crown-bario leggero,
  • crown-bario pesante,
  • flint-bario,
  • flint-leggero,
  • flint-pesante.

La produzione di vetro d'ottica era stata presa in considerazione da parte di cultori italiani da molti lustri ma le enormi difficoltà dell'intrapresa e la modesta struttura tecnica delle industrie ottiche nazionali di prima della guerra (con un consumo di pochi quintali all'anno) avevano distolto dall'impresa. Durante la guerra mondiale però, non essendo più possibile avere il vetro ottico dall'estero, le nostre Forze Armate rischiarono di restar sprovvedute del corredo indispensabile di strumenti ottici.

La situazione cambiò radicalmente quando, dieci anni fa, fu intrapresa la battaglia per l'emancipazione nazionale in fatto di materiale ottico e si delineò un poderoso progresso qualitativo e quantitativo delle industrie italiane in questo campo. La richiesta passava dai due-tre quintali all'anno di vetro ottico dei vent'anni prima ai quaranta quintali durante la crisi mondiale, ed a oltre cento quintali, nel periodo sanzionistico. Ma più che un problema economico la produzione del vetro d'ottica nel nuovo clima fascista venne considerata fattore importantissimo di autarchia militare e nazionale che bisognava una buona volta realizzare.

Si partì con un programma relativamente modesto, ma accanto agli incoraggianti primi risultati si moltiplicavano le esigenze. Non solo bisognava riuscire a fare il vetro d'ottica, infatti, ma tutte le materie prime necessarie, ed ancor più quelle per i refrattari, dovevano essere trovate in casa: ed in Italia di già pronto [<334-335>] e preparato in questa direzione non c'era nulla.

Cominciando dai refrattari occorre tener presente che i forni possono raggiungere anche 1800°, e che una parte del crogiolo necessariamente si scioglie, viene cioè corrosa e commista nella miscela del vetro. Data la necessità di questo di assumere determinate e precisissime caratteristiche il materiale refrattario deve a sua volta mantenersi puro e costante.

Terre speciali vengono macinate, mescolate, stagionate per poi formarne «padelle» o «crogiuoli». Questi a loro volta devono essere stagionati per più di sei mesi, dimodoché dopo un anno dalla prima lavorazione si può cominciare la prima operazione di fusione.

Preparata in pari tempo la silice, che deve in modo particolare essere esente da ferro, e le altre materie prime, si forma la miscela fondamentale. Il riscaldamento del forno, l'introduzione della miscela, la fusione sono accuratamente prestabilite e sorvegliate; solo dopo alcuni giorni il crogiuolo esce dal forno e dà un gruppo di blocchi di vetro, informi, di dimensioni varie.

Comincia ora una terza serie di operazioni. Ogni blocco di vetro viene osservato con cura, per scoprire eventuali difetti grossolani, come bolle o striature che farebbero rigettare irrimediabilmente il pezzo; i blocchi buoni sono posti in cassette di refrattario e portati in forni elettrici a 600° circa. Il vetro rammollisce e lentamente prende la forma della cassetta.

Questa operazione, detta plasmatura, non ha nulla a che fare con la fusione vera e propria; occorre anzi che non venga superata una data temperatura, caratteristica per ciascun vetro.

Il raffreddamento dei blocchi plasmati deve avvenire con legge particolare, per non creare sforzi interni che cagionerebbero il formarsi di una anisotropia nel vetro. Specialmente per alcuni tipi di strumenti una anisotropia anche lievissima risulterebbe proibitiva.

Le piastrelle grezze ottenute vengono molate per dare la forma regolare richiesta dal commercio, e lucidate su due facce opposte per osservarne l'interno. Metodi sensibilissimi di cernita controllano appunto l'omogeneità e la isotropia delle piastrelle, mentre alcuni campioni per ogni crogiuolata, lavorati a prisma, vengono inviati al R. Istituto Nazionale di Ottica di Arcetri, che ne determina gli indici di rifrazione per più lunghezze d'onda e ne rilascia certificati ufficiali.

Il ciclo di lavorazione, dalla macinazione delle terre alla consegna del blocco di vetro di determinate caratteristiche all'officina ottica, comprende un anno e mezzo circa; e nonostante tale durata in solo otto anni si sono impiantati due volti i forni fusori, risolti i problemi delle materie prime, e prodotto vetro di primissima qualità in almeno una ventina di tipi, in 184 fusioni.

L'Istituto del Boro e Silicio, iniziati i suoi lavori con un programma relativamente modesto perché modesta rispetto ad oggi era la richiesta, non può ancora soddisfare in pieno al fabbisogno nazionale. Tenendo conto della durata del ciclo di lavorazione, della mole e della difficoltà dei problemi a superare i quali non è solo questione di denaro ma anche di tenacia e di preziosa esperienza, un grande passo è stato fatto: e con l'aumento degli impianti l'Istituto del Boro e Silicio si appresta a percorrere il cammino che resta.1



1 È citata all'inizio la fonte: "Da Bollettino dell'Associazione Ottica Italiana, giugno 1937"; alla fine è presente la sigla "s.o.".

L'articolo è illustrato da cinque figure. A p. 334: "Fig. 1 – Schema del percorso dei raggi luminosi attraverso una lente"; "Fig. 2 – Deposito di materie prime italiane per i crogiuoli, necessari per la fusione del vetro ottico"; "Fig. 3 – Un crogiuolo di vetro ottico estratto dal forno fusorio dopo la fusione"; "Fig. 4 – Blocchi di vetro ottico greggio come escono dal crogiuolo". A p. 335: "Fig. 5 – Blocchi di vetro ottico arrotati e lucidati".



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Storia § ??
"La trionfale visita del Duce alla Dominante", Genova. Rivista municipale, 18 (1938), n. 6-7, giugno-luglio, pp. 143, 145-149 Link esterno Emeroteca BNC Roma. Link esterno OPAC SBN

ALLA "SAN GIORGIO"

Con breve percorso il Corteo presidenziale raggiunge i grandi stabilimenti della Soc. An. «San Giorgio» a Genova-Sestri.

Il Duce viene ricevuto all'ingresso dal Presidente della Società Senatore Attilio Odero, che Gli presenta gli altri membri del Consiglio e gli alti Dirigenti. Nel vicino piazzale Lo accoglie la vibrante acclamazione di un gruppo d'operai e di alcune centinaia di Giovani Fascisti di Sestri e di Cornigliano.

Il Duce e i Gerarchi del seguito salgono alla Sala Campioni, completa rassegna della multiforme grandiosa produzione di pace e di guerra del potente organismo industriale.

Il Capo del Governo osserva attentamente tutti i geniali strumenti che Gli vengono illustrati dal Vice Presidente Sen. Ing. Arturo Bocciardo e dall'Amministratore Delegato Ing. Fanno. Egli si interessa vivamente alle spiegazioni che Gli vengono fornite, e ne chiede a Sua volta. Sul Suo viso passano i segni del compiacimento e dell'approvazione alternati ad atteggiamenti di severo concentramento e di subitanea riflessione sul valore e sull'efficienza dei mirabili congegni realizzati dai tecnici e dalle maestranze della «San Giorgio».

Grafici efficaci che occupano un'intera parete danno una chiara idea dei progressi della Società che, fondata nel 1906, si è gradualmente sviluppata [<143-145>] fino a superare oggi il numero di 6200 dipendenti, e spiegano il contributo offerto dalla «San Giorgio» alla battaglia ingaggiata per liberare la Nazione da ogni servitù estera nei vari campi dell'industria. Il Duce osserva attentamente questi segni indicatori, poi procede sempre interessandosi alla visita degli oggetti raccolti nella sala.

La rassegna s'inizia con la produzione di pace. Passano sotto gli occhi del Duce le bilance automatiche, il materiale di riscaldamento, i distributori di benzina, le pompe e le turbine idrauliche, i motori elettrici, i trasformatori, i condensatori statici, le saldatrici elettriche, gli apparecchi di segnalazione del traffico stradale ed i raddrizzatori a vapore di mercurio. Questi ultimi, in funzione, illuminano di vivida luce violacea il fondo della parete con suggestivo effetto.

Segue quindi la formidabile produzione bellica. Tubi lanciasiluri per sommergibili, compressori elettrici per la carica dei siluri, traguardi per il lancio delle bombe dagli aeroplani, apparecchi per il lancio regolato delle bombe da velivoli da bombardamento e numerosi altri strumenti di speciale studio della Società.

L'attenzione del Capo è quindi attratta dall'allenatore per il lancio di bombe dagli aeroplani, apperecchio per l'addestramento dei piloti al lancio.

Il Duce si sofferma con interesse davanti alla centrale di tiro per cacciatorpediniere ed alla centrale per il tiro antiaereo in funzione con i relativi operatori ai propri posti, poscia ammira un complesso di materiale ottico illustrante le successive fasi della lavorazione delle lenti, dal vetro allo stato grezzo fino alla lente finita, e osserva ancora altre importanti parti della produzione bellica, quali i piccoli e grandi telemetri terrestri e navali, i lanciafiamme, gli apparecchi nebbiogeni, gli autoalimentatori elettrici a mano ed a pedale per telegrafi ottici e per l'illuminazione delle zone vitali della difesa, ricoveri, batterie ecc. [<145-146>]

Il Duce passa poi a visitare lo Stabilimento per la produzione degli strumenti ottici ove di reparto in reparto Lo accoglie e Lo segue un ardente irresistibile applauso di devozione e di affetto delle maestranze intente all'opera feconda. Né mancano episodi gentili e significativi: nella sala del montaggio ottico una giovane operaia Gli si accosta rapida e Gli infila nel taschino della giubba un piccolo drappo di seta: il Duce porta la mano al taschino stesso e ne esce una piccola bandierina tricolore ch'Egli accetta ringraziando, e poi sventola una piccola bandierina tricolore ch'Egli accetta ringraziando, e poi sventola sorridendo fra le rinnovate acclamazioni di tutti.

La visita continua alla scuola interna degli operai ottici ove la San Giorgio si forma specialissime maestranze. Questa scuola, unitamente a quelle di preparazione tecnica per impiegati ed operai, meccanici, elettrotecnici ed ottici annesse ai Laboratori di studi e ricerche, costituiscono un complesso di provvidenze capaci non solo di formare gli operai ma di elevarne anche le loro cognizioni tecniche spronandoli a sempre meglio affinarsi e rendersi completa ragione del loro lavoro. La grande diligenza e la passione di imparare degli allievi costituisce la maggiore soddisfazione ed il maggior premio degli insegnanti, che sono tutti tecnici della Ditta.

Terminata la visita dello Stabilimento delle lavorazioni ottiche, il Duce passa nelle Officine del grosso macchinario elettrico dove osserva in funzionamento un impianto di stabilizzazione per le artiglierie su navi. Dopo essersi molto interessato di tale impianto ed averne apprezzata la grande portata, Egli sale in automobile ed attraversa i grandi capannoni dello Stabilimento Elettrotecnico ove gli operai abbandonando il lavoro si assiepano al Suo passaggio per gridarGli tutte la loro devozione e la loro passione. [<146-149>]

Terminata la visita alle Officine l'automobile del Duce sbocca nel grande piazzale interno dello Stabilimento Elettrotecnico dove con un possente ed interminabile urlo di entusiasmo Lo accolgono le maestranze colà raccolte in numero di oltre 4.000.

Il grido ardente ed appassionato si acuisce in ondate formidabili e segue ancora il Duce quando dopo essersi accomiatato dal Senatore Attilio Odero e dagli altri Membri del Consiglio di Amministrazione lascia gli Stabilimenti.1



1 Riguardano la San Giorgio le fotografie alle pagine: 145, "Agli Stabilimenti della S. Giorgio" Link esterno Emeroteca BNC Roma; 146, "Il Senatore Bocciardo e l'Ing. Fanno illustrano gli apparecchi ottici" Link esterno Emeroteca BNC Roma; 147, due figure sotto il titolo "La visita ai vari reparti" Link esterno Emeroteca BNC Roma; 148, due figure prive di didascalia Link esterno Emeroteca BNC Roma; 149, "Il Duce lascia lo Stabilimento San Giorgio" Link esterno Emeroteca BNC Roma.



All'indice    1938    Indicatore di completezza
Storia § ??
"L'alta efficienza della «San Giorgio»", Genova. Rivista municipale, 18 (1938), n. 6-7, giugno-luglio, pp. 301-306 Link esterno Emeroteca BNC Roma. Link esterno OPAC SBN

Dopo essersi reso conto delle ciclopiche opere portuali compiute del dodicennio, dopo aver dato il via a lavori di concezione imperiale come il nuovo idroaeroporto e il nuovo complesso siderurgico a ciclo completo della S.I.A.C., e dopo la indimenticabile rassegna ai cantieri ed agli stabilimenti del gruppo Ansaldo, il Duce ha degnamente conchiuso il ciclo delle visite alla Città del lavoro della Dominante – dove un superbo esercito di operai con tenacia e perizia liguri e con consapevolezza e fede fascista forgia gli strumenti per le attività e la difesa della Nazione – recandosi negli Stabilimenti della «San Giorgio» Società Anonima Industriale a Sestri.

L'altissimo riconoscimento del Fondatore dell'Impero ha meritatamente premiato un organismo industriale benemerito in pace e in guerra, che in oltre trent'anni di feconda attività e di continuo sviluppo e affinamento ha raggiunto nel proprio campo una posizione di primato non solo italiano e ha saputo divenire potente espressione della genialità tecnica e delle ferrea volontà d'emancipazione autarchica dell'Italia Fascista.

* * *

Costituita alla fine del 1905 col capitale di 3 milioni, la «San Giorgio», dopo un primo triennio dedicato all'industria automobilistica a Sestri e a Pistoia, determinò la propria attività nel suo primo stabilimento di Sestri per la produzione di macchinari ausiliari di bordo e di apparecchi di precisione per artiglieria nei quali settori, mercé una confortante attività e intelligenti studi e conseguenti applicazioni pratiche, si trovò allo scoppio della guerra europea preparata a fronteggiare le necessità della Nazione.

Fu così che nel periodo della guerra, con una forza di circa 3.000 dipendenti, essa provvide a fornire pressoché il 90% degl strumenti per artiglieria al R. Esercito e parte degli strumenti e macchinari ausiliari alla R. Marina. Verso la fine del grande conflitto la Società concorse alla fabbricazione degli strumenti di vittoria anche per l'arma aerea, costruendo velivoli nello Stabilimento di Pistoia e motori di aviazione in quello di Sestri. In detto periodo essa assorbiva gli Stabilimenti della Società Italiana Koerting contigui al suo stabilimento di Sestri.

Cessata la guerra mondiale, la San Giorgio seppe affrontare e superare la crisi allora imperversante, poiché, tenendo latenti i reparti di produzione nei vari rami di costruzioni meccaniche, elettromeccaniche e di ottica, particolarmente affermandosi nel campo dei macchinari ausiliari di bordo ed acquistandovi posizione [<301-302>] preminente. Nel 1923 essa assorbiva anche le Officine Elettromeccaniche di Rivarolo che in certe speciali produzioni costituivano un doppione con la San Giorgio.

Allorquando il Duce, nella Sua lungimirante politica che doveva condurre alla conquista dell'Impero ed all'immenso prestigio attuale, potenziava gli armamenti della Nazione dando fondamentale importanza alla produzione bellica e additando col Suo genio e con la Sua consapevole fermezza le supreme necessità autarchiche in questo campo vitalissimo per la sicurezza nazionale, la San Giorgio si poneva subito in linea e, pur mantenendo intatta la propria attività nelle produzioni civili, rimetteva in piena efficienza, affinati dalle nuove esperienze, i reparti di produzione bellica, tanto che oggi essa è fra le principali fornitrici della Marina, dell'Esercito e della R. Aeronautica per macchinario ausiliario, apparecchi di precisione e di ottica.

* * *

In questa sua fervida attività di potenziamento industriale, la San Giorgio non solo via via ha ingrandito e dotato di nuovi reparti il gruppo degli Stabilimenti di Sestri, che rimangono i più importanti, ma ha esteso la propria organizzazione produttiva creando, ove necessario, nuovi cantieri di lavoro.

Mentre lo Stabilimento di Pistoia, che data dalla fondazione della Società, continuava ad essere adibito alla costruzione e riparazione di materiale rotabile ferroviario e tranviario nonché alla costruzione di carriaggi militari, e che oggi è in piena efficienza, nel 1929 la Società assorbiva uno stabilimento alla Spezia della S. A. Brevetti Gilardelli, adibendolo a lavori di meccanica di precisione, al fine di provvedere sul posto e con organizzazioni proprie ai montaggi e alla manutenzione dei macchinari, apparecchi ed istrumenti di sua fornitura sulle RR. Navi. Con gli stessi intendimenti seguiti per la Spezia, nel 1933 costituiva un nuovo stabilimento a Taranto, sul luogo, cioè, della seconda grande base navale italiana.

Subito dopo l'entrata vittoriosa delle nostre truppe ad Addis Abeba, la San Giorgio, al fine di estendere validamente la propria attività nel territorio dell'Impero, fondava uno Stabilimento nella stessa Addis Abeba per i lavori di montaggio e manutenzione sia dei macchinari di fornitura della Società sia di quelli similari di altre Ditte. Tale officina ha dato ottimi risultati e già è allo studio un ampliamento per porla in grado di eseguire anche lavori, sia pur semplici, di costruzioni nuove. L'attività nel territorio dell'Impero è stata inquadrata attraverso la costituzione delle «Officine Elettromeccaniche d'Etiopia» di cui la San Giorgio ha il completo controllo.

Inoltre, per quanto riguarda gli Stabilimenti di Genova-Sestri, che come già accennato sono i principali, si è reso necessario un loro ulteriore notevole ingrandimento per cui la Società ha recentemente acquistato aree e fabbricati contigui per ottenere un più razionale coordinamento fra le diverse officine, con conseguente migliore distribuzione dell'attività produttiva.

Infine, in obbedienza alle superiori direttive del Governo Fascista ed allo scopo di apportare ad una industria, di così evidente interesse nazionale, il contributo di maestranze sempre più abili e specializzate, con particolare considerazione delle delicatissime lavorazioni dei propri stabilimenti, la Società ha istituito negli Stabilimenti di Sestri delle scuole interne di preparazione tecnica, nelle quali 200 allievi apprendono le diverse lavorazioni penetrandone la teoria e la pratica, e si preparano a recare alle attuali, già ottime, maestranze, fresche e operanti energie.

* * *

Questo, in rapida sintesi, il progressivo sicuro sviluppo della Società «San Giorgio». I due Stabilimenti del 1905, oggi assai più vasti e modernissimamente attrezzati, sono aumentati a sei; il capitale sociale da 3 milioni è asceso a 71.400.000, ed il numero dei dipendenti da circa 400 è salito a circa 6.200.

Attualmente, in questi stabilimenti si costruiscono in grandi serie gli strumenti più delicati e perfetti per il puntamento delle artiglierie sia di mare che di terra e per l'aviazione militare. Senza scendere in particolari basterà segnalare le centrali per la condotta del tiro delle artiglierie sulle navi da guerra, le centrali antiaeree, i telemetri, i periscopi, i congegni di puntamento, i binocoli prismatici, ecc., che, cospicuo contributo all'autarchia, non solo rivaleggiano ma brillantemente vincono il confronto con la migliore produzione estera.

Nella produzione di pace meritano particolare [<302-303>] menzione le grosse macchine elettriche ed i trasformatori elettrici, le turbine idrauliche, i macchinari per industrie chimiche, distillerie per produzione di alcool carburante da barbabietole e zuccherifici per i quali la San Giorgio ha superato brillantemente grandi difficoltà in modo che essa è oggi in grado di costruire impianti completi senza bisogno di ricorrere all'estero come avveniva per il passato.

Gli esempi di produzioni nelle quali la San Giorgio si prepara ed eccelle si potrebbero moltiplicare, ma basti accennare al fatto che da tempo essa si è fatta esportatrice in macchinari, apparecchi di precisione e di ottica. Questa Società, genuina rappresentante dell'intraprendenza e della tenacia ligure, forte della sua ammirabile preparazione, sotto la illuminata guida del Presidente Sen. Attilio Odero, del Vice Presidente Sen. Arturo Bocciardo e dell'Amministratore Delegato Ing. Fanno, valorosamente combatte per raggiungere in ogni campo della sua attività la totale indipendenza dall'industria estera, luminosamente confermando le possibilità senza confine del genio italiano.

E il consapevole riconoscimento del Fondatore dell'Impero con la Sua visita del 16 maggio agli Stabilimenti di Genova-Sestri, dopo la presa di contatto con Dirigenti e maestranze e dopo l'attentissima minuziosa rassegna a tutti i reparti, nei quali ha constatato la perfetta organizzazione tecnico industriale e l'elevato grado di efficienza qualitativa e quantitativa raggiunti nella produzione, si è risolto nell'altissimo elogio che Egli ha tributato al momento di lasciare la Dominante. Elogio che mentre costituisce per i Capi e per ciascun operaio il premio più desiderato e più caro, è stato dalla San Giorgio accolto come un supremo incitamento a progredire sempre più nella via intrapresa, nel superiore interesse dell'economia nazionale e della potenza armata della Patria.1



1 L'articolo è illustrato da fotografie in bianco e nero alle seguenti pagine: 303, "Nuovo reparto di montaggio compressori d'aria ad alta pressione" Link esterno Emeroteca BNC Roma; 304, "Nuovo reparto ottico per la lavorazione delle lenti del vetro" e "Nuovo reparto per la tranciatura dei lamierini magnetici" Link esterno Emeroteca BNC Roma; 305, "Montaggio binocoli" e "[Montaggio] telemetri" Link esterno Emeroteca BNC Roma; 306, "Controllo delle parti ottiche" e "Scuola interna apprendisti ottici" Link esterno Emeroteca BNC Roma.



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Storia § ??
V. Broglia, "Ottica e fotografia", L'Industria : Rivista tecnico-scientifica ed economica, 52 (1938), n. 4, p. 134 Link esterno Emeroteca BNC Roma, p. 134. Link esterno OPAC SBN

[...] Segue la ditta «San Giorgio» di Sestri che espone le sue pregevoli costruzioni ottiche, però a quanto pare senza novità: blocchi di vetro ottico prodotti dall'Istituto del Boro Silicio di Firenze, serie di binocoli civili e militari, un grande binocolo da campo su treppiede, capace di dare 12, 20 e 40 ingrandimenti, cambiando gli oculari [si tratta dell'Astramar].1



1 Fa parte di una serie di articoli sulla XIX Fiera di Milano, organizzata nello stesso anno 1938.

Si noti che non si accenna alla San Giorgio nella rassegna della XX Fiera di Milano: V. Broglia, "Ottica e fotografia", L'Industria : Rivista tecnico-scientifica ed economica, 53 (1939), n. 6, giugno, pp. 246-247 Link esterno Emeroteca BNC Roma, p. 246, p. 247.



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"San Giorgio / Società Anonima Industriale Genova - Sestri", La rivista illustrata del Popolo d'Italia, 16 (1938), maggio, pp. 142-143 Link esterno Emeroteca BNC Roma, p. 142, p. 143. Link esterno OPAC SBN

Inquadrata nella compagine dell'attività industriale, con lo spirito di disciplina e con la ferrea volontà di cui sono oggi animate le forze operanti nella Nazione, la San Giorgio può essere considerata fra gli elementi precipui che sono alla base di tutta la produzione meccanica italiana. Questo poderoso complesso industriale non ha trascurato nulla per poter fronteggiare con sicurezza la concorrenza straniera. Arditamente, valendosi della sua ormai antica e solida esperienza, ha sviluppato secondo un piano rigorosamente razionale tutte le sue capacità produttive per essere pronta nei primi ranghi.

È inutile citare l'opera preziosa e fattiva della San Giorgio nella Grande Guerra e il notevole contributo dato per la conquista dell'Impero: due momenti altamente sensibili in cui essa ha saputo rispondere tempestivamente, riscuotendo meritati elogi dai governanti. Oggi che si combatte un'altra guerra, quella dell'indipendenza economica, la San Giorgio è ancora in prima linea. I suoi stabilimenti di Genova Sestri, di Genova Rivarolo, di Pistoia, La Spezia e Taranto lavorano alacremente e si orientano decisamente verso i settori della tecnica costruttiva, che dianzi erano nel possesso esclusivo delle industrie specializzate d'oltre confine. Nelle sue risonanti officine si costruisce materiale elettrico, macchinari ausiliari di bordo, turbine idrauliche, pompe, motori Diesel, materiali ferroviari, nonché un complesso di strumenti ottici e di meccanica di precisione. Un vasto e quanto mai vario campo produttivo cui la San Giorgio provvede mirabilmente con uno squisito senso di organizzazione e mediante una saggia distribuzione di compiti che permettono di sfruttare nella forma più moderna i poderosi impianti e le grandiose e perfette attrezzature di cui sono dotati i suoi numerosi stabilimenti.

Non sarà privo d'interesse conoscere alcuni dei più importanti macchinari costruiti da questa industria che pensa, organizza, lavora e produce nella forma più altamente razionale e con risultati sempre più lusinghieri.

In primo piano dobbiamo citare le macchine elettriche e idrauliche la cui fabbricazione è stata sviluppata con grande successo dalla San Giorgio. Essa può difatti annoverarne diverse importantissime che funzionano da anni in modo perfetto in vari stabilimenti industriali. Fra le unità più importanti, sono i trasformatori da 43.000 Kva in azione nella centrale di Galleto della Soc. Terni. Tali trasformatori, in numero di cinque, sono tutti con avvolgimento a 150 Kv ed un avvolgimento a 10 Kv; due di essi hanno anche un terzo avvolgimento a 54 Kv. Pure interessante è il Trasformatore da forno della potenza di 24 Kva, con commutatore per regolare sotto carico la tensione al forno, da 130 a 180 Volta, con correnti di circa 120.000 Amper, in funzione nello Stabilimento di Carburo di Calcio della stessa Società.

Altri esempi possono essere costituiti dai numerosi trasformatori di potenze varie tra 20.000 e 30.000 Kva, per tensioni da 60 a 150 Kv, parecchi dei quali sono provvisti di commutatore sotto carico anche direttamente sui 60 Kv, che funzionano da anni presso le Ferrovie dello Stato, la Società Edison, la Società Meridionale di Elettricità e presso le più importanti industrie elettriche italiane.

Nel campo della produzione degli Alternatori di potenze varie possiamo citare a titolo di esempio quelli della potenza di 10.000 Kva a 9 Kv che funzionano nelle Centrali Idroelettriche del Cismon; gli Alternatori da 6000 Kva a 6 Kv sistemati negli impianti della Società Valdarno; gli Alternatori da 6500 Kva a 6 Kv della Società Terni, nonché l'Alternatore da 5000 Kva funzionante nella Centrale di Castelmadama dell'Azienda Elettrica del Governatorato di Roma.

Nel complesso dei Motori elettrici costruiti dalla San Giorgio sono di prima importanza i motori della potenza di 2500 Cav. a 122 giri, 6 Kv; quelli della potenza di 1600 Cav. a 102 giri e il motore della potenza di 1620 Cav. a 725 giri che funzionano negli Stabilimenti della Società Terni.

Altri numerosi motori di potenze varie sino alle sopracitate, sono in funzione presso le Società "ILVA", "Montecatini", ecc.

Particolare importanza riveste la costruzione delle Turbine idrauliche per le quali la San Giorgio ha creato un apposito Ufficio progetti in comune accordo con la Società Franco Tosi di Legnano, sotto il nome di "Ufficio Impianti Idroelettrici", che ha sede a Milano. Secondo i progetti di quest'Ufficio, sono stati costruiti in Italia e all'Estero dal 1919 in avanti, impianti idroelettrici per la potenza di circa 3.000.000 di Cavalli installati. Fra i più importanti menzioneremo la Turbina della potenza di Cav. 42.000 costruita [<142-143>] per la Centrale di Ponte della Società Edison; le tre Turbine della potenza di Cav. 23.000 ciascuna installate per la Centrale di Pelos della Società Elettrica Alto Cadore; la Turbina della potenza di Cav. 14.700 per la Centrale di Colleisarco; le cinque Turbine della potenza di 35.000, 17.500, 17.500, 40.000, 26.500 ciascuna per le Centrali di Timpagrante ed Ampollino della Società Meridionale di Elettricità; le due Turbine della potenza di Cav. 18.500 ciascuna per la Centrale di Acquoria della Società Elettricità e Gas; le due Turbine della potenza di Cav. 21.000 ciascuna per la Centrale di Casteldelfino in Valvaraita dell'Unione Interregionale Produzione Energia Elettrica; le due Turbine della potenza di Cav. 42.000 ciascuna per la Centrale di Cittaducale della Società Terni. In numerose centrali delle principali Società non solo italiane ma anche estere, funzionano con piena soddisfazione vari altri tipi di turbine costruite dalla Società San Giorgio con la consueta perfezione.

Nel settore di produzione delle Elettropompe per sollevamento d'acqua a scopo industriale, irriguo e per bonifica, troviamo pure esempi, che ci offrono dati eloquenti. Citiamo progressivamente le due Elettropompe della portata di 90.000 litri al 1' prevalenza di 37 mt. funzionanti nell'impianto di Borgo Cerreto della Società Terni; l'Elettropompa della portata di 270.000 lt. al 1' prevalenza mt. 3,50 per l'alimentazione del canale Brunelli a Pontelagoscuro e il complesso delle pompe per i servizi delle navi sia della R. Marina che della Marina Mercantile (pompe a stantuffo, pompe centrifughe, pompe autoadescanti, pompe sotto campana per immersione, pompe rotative, ecc.), nonché gli equipaggiamenti completi di tutte le pompe necessarie ai vari servizi dei più importanti Zuccherifici d'Italia, le pompe per petrolio, nafta, benzina, liquidi speciali ecc., per le più svariate applicazioni e le pompe ed elettropompe per acqua.

La produzione del Macchinario ausiliario di bordo ha la sua importanza e conta le sue particolari specializzazioni. Vari prodotti ormai convalidati dall'uso fanno capire a quale perfezione è giunta la San Giorgio anche in questo campo. Fra la produzione più tipica menzioniamo le Timonerie elettriche, elettroidrauliche ed a vapore costruite per numerose ed importantissime Unità della R. Marina e della Marina Mercantile del dislocamento anche fino a 25.000 tonnellate ciascuna e per molti sommergibili; gli Argani a salpare, argani di tonneggio, verricelli vari, completi di parte meccanica e parte elettrica; gli elevatori di munizioni per navi da guerra; i compressori e surcompressori elettrici ed a vapore per navi da guerra italiane ed estere.

Assai interessante è l'applicazione del sistema di comando elettrico a metadinamo per il macchinario ausiliario di coperta, timonerie, ecc. che la San Giorgio ha costruiti per varie Unità da guerra e mercantile.

La fabbricazione dei motori Diesel riveste altresì particolare importanza, la quale conta una costruzione di 15.000 Cavalli installati.

La produzione Ottica ha preso impulso in questi ultimi tempi specie per liberarci dalla gravosa dipendenza del prodotto straniero. Oggi grazie ad una saggia ed alacre attività negli stabilimenti San Giorgio si costruiscono regolarmente telemetri, periscopi, binoccoli, cannocchiali per il puntamento delle artiglierie e numerosi altri strumenti.

Anche nel campo della meccanica di precisione, si sono fatti grandi passi e le industrie San Giorgio possono vantare pure in tale campo dei meriti particolari. Nei suoi stabilimenti specializzati si fabbrica integralmente ogni strumento dal più semplice al più complesso. Sistemazioni per la condotta del tiro delle artiglierie sulle Navi da battaglia e congegni di puntamento per la preparazione del tiro delle artiglierie sono di produzione normale.

Infine citiamo il settore della costruzione del Materiale mobile, che fabbrica veicoli ferroviari e tranviari.

Dopo un tale panorama non è il caso di insistere sulla multiforme attività della Società San Giorgio; organismo potente e saldo, di magnifica e purissima tradizione italiana, pronto a far fronte in tutte le circostanze alle necessità della Nazione e a tener testa in ogni tempo avvenire ai bisogni nuovi creati dal progresso, con un ardimento e una preparazione che debbono essere per tutti motivo di orgoglio e di soddisfazione.1



1 In fondo alla prima pagina, due figure con le didascalie: "Alternatori trifasi della potenza di 10.000 kva in funzione nella Centrale Moline"; "Sistemazione telemetrica da mt. 4. Modello costruito per il Regio Esercito". All'inizio della seconda pagina, una figura con la didascalia: "Particolare d'una sala di montaggio per telemetri".



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Storia § ??
"San Giorgio Società Anonima Industriale", La rivista illustrata del Popolo d'Italia, 16 (1938), numero speciale, pp. non numerate Link esterno Emeroteca BNC Roma, p. [1], p. [2], p. [3], p. [4]. Link esterno OPAC SBN

Il Duce nella sua storica visita genovese, prima di lasciare la Dominante, ha voluto esprimersi con parole precise all'indirizzo della gloriosa industria di Sestri, da lui visitata minutamente, dichiarando di riportare «le migliori impressioni degli Stabilimenti San Giorgio dove vengono preparate le armi per la potenza della Patria». Queste affermazioni, pronunciate con quel chiaro senso della realtà che noi conosciamo nel Capo, sono di per se stesse una delle più lusinghiere presentazioni che si possano fare a questa industria di purissime tradizioni italiane, vero modello di gentilezza e di forza, rispecchiante in tutta la sua duttile produzione che va dagli strumenti più delicati alle macchine più potenti, il simbolo che le dà il nome.

In verità questa severa industria ha dato degli esempi più che ammirevoli. Sviluppatosi alacremente in molteplici campi dell'attività industriale, con quel senso preciso degli scopi da raggiungere, primo fra tutti l'affrancamento dal prodotto straniero, essa si è elevata oggi a un tale grado di perfezione da poter assicurare alla Nazione una notevole varietà di prodotti, a cui va l'incondizionata ammirazione dei tecnici italiani e stranieri. [<1-3>]

Chi visita, anche superficialmente, le sue poderose officine, ha subito l'impressione di trovarsi di fronte ad una macchina potente e ben congegnata che lavora con ritmo preciso e sicuro. Non vi è ramo di produzione che non sia razionalmente studiato e reso attivo grazie ad una provetta abilità industriale e ad una meravigliosa preparazione di maestranze e di tecnici. I più disparati prodotti della meccanica, dell'elettrotecnica, nonché dell'ottica sono attualmente oggetto di lavorazione normale nelle sue risonanti officine. Essa può oggi infatti costruire autarchicamente un telemetro, uno strumento di punteria per le artiglierie di terra o di mare, un motore elettrico o attrezzare di macchinario un intero stabilimento industriale. Anche nel campo della produzione bellica la San Giorgio, che già diede in passato contributi tangibili alla Nazione in guerra, ha sviluppato in modo particolare la sua attività in questo settore, producendo numerosi ordigni che ci hanno totalmente liberato dalla grave preoccupazione di dover ricorrere all'estero per integrare i nostri armamenti. Particolare sua specializzazione in tale settore è la costruzione dei congegni di puntamento per la [<3-4>] preparazione del tiro delle artiglierie e delle sistemazioni per la condotta del tiro delle artiglierie sulle navi da battaglia. È in questi reparti che il Duce si è fermato più a lungo per ammirare e conoscere da vicino i meravigliosi e perfetti strumenti che la San Giorgio costruisce.

Per la marina da guerra, oltre ad alcuni macchinari di bordo, essa fabbrica pure periscopi e altri numerosi strumenti di precisione. La maggior parte dei nostri sommergibili e delle ultime navi della Regia Marina sono attrezzate con apparecchi costruiti dalla San Giorgio, apparecchi che hanno avuto l'alto riconoscimento e l'ammirazione anche nelle recenti, grandi esercitazioni navali avvenute alla presenza del Führer.1



1 L'articolo è così strutturato. In apertura, testo e figura con la didascalia: "A Genova il Duce ha dedicato una visita minuziosa agli stabilimenti San Giorgio" → Storia § 17. In seconda pagina, due figure: "Il Duce acclamato entusiasticamente dagli operai e dalle maestranze agli stabilimenti di Sestri" e "L'attenta visita del Capo del Governo nei vari reparti di esposizione degli stabilimenti San Giorgio". In terza pagina, testo e cinque figure: "Al Duce, accompagnato dal Senatore Bocciardo, l'ing. Fano [Fanno] spiega il funzionamento di un apparecchio bellico", "Un reparto della scuola operai ottici", "Sala di montaggio ottico dei telemetri", "Officina di montaggio di compressori d'aria ad alta pressione" e "Reparto di tranciatura dei lamierini per maccchine elettriche". In quarta e ultima pagina, testo e figura: "Montaggio di un periscopio nei reparti ottici della San Giorgio".



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Storia § ??
"Riflessi luminosi con contro luce", Galleria. Rassegna mensile internazionale d'arte fotografica, 6 (1938), n. 9, settembre, p. 5 Link esterno Emeroteca BNC Roma, p. 5. Link esterno OPAC SBN

La prima e più nota difficoltà delle pose di controluce è senza dubbio il poter superare i difficili contrasti, o scarti per meglio dire, tra le porzioni più chiare e quelle più scure del soggetto, usando tutti quei ripieghi che, caso per caso, occorrono. Su ciò si è abbondantemente scritto (1).

Poco noti però sono gli altri fenomeni che succedono negli stessi casi e che portano pure essi ad una fonte di errori e di inconvenienti: vogliamo accennare agli effetti di riflesso appunto soventi in questi soggetti di controluce.

Questi fenomeni sono di due specie: o, in un caso, si nota il negativo completamente velato (velo per riflesso di diffusione) oppure, nell'altro, il negativo presenta parzialmente chiazze o macchie di vario genere e di diversa natura, la di cui origine non è sempre facile da individuare (velo per riflesso diretto).

La causa però è eguale per entrambi i fatti.

Immaginiamo di dirigere il nostro apparecchio verso un paesaggio dove il sole, pur non entrando direttamente nel campo di immagine, ne sia però presso a poco laterale. Si dovrebbe logicamente supporre che, non entrando il sole nel campo d'immagine, nessun inconveniente ne nasce. Ma ciò è inesatto. Il sole è pur vero fuori dell'inquadratura, ma i suoi raggi sfiorano tuttavia la parte esterna dell'obbiettivo, e, per quanto non rappresentati nell'immagine, toccano le lenti e passano nell'interno dell'ottica. Qui attraversano le libere superfici tra il sistema delle lenti e viaggiano tra gli spazi d'aria esistenti, costituendo riflessi e dispersioni. Questi raggi allora percorrono in un modo incontrollabile l'interno dell'obiettivo, vagando qua e là: una parte di questo, per così chiamarlo, nastro luminoso sarà ributtata fuori dall'obiettivo ed un'altra entrerà nell'interno dell'apparecchio. Qui si presentano due probabilità. O questo nastro vagabondo andrà a finire in un punto qualunque della macchina, ma non sulla lastra scoperta, ed allora si avrà un effetto eguale a quello che si riscontrerebbe se l'apparecchio avesse un piccolo foro dal quale entrasse la luce: naturalmente si avrà una luce diffusa che velerà la lastra durante il tempo della sua esposizione. Oppure questo nastro luminoso colpisce in pieno la lastra colla conseguenza di non velare più ma di macchiare fortemente la superficie sensibile.

Non vi è rimedio possibile contro questi difetti, perché nessun apparecchio e nessun obbiettivo possono, per se stessi, eliminarli. Per quanto le Case costruttrici abbiano cercato di ridurre al minimo i possibili riflessi interni degli obbiettivi, essi persistono sempre per quanto molto più modestamente.

L'unico modo per risolvere questo inconveniente dei riflessi laterali consiste nel munire l'ottica di un parasole appropriato. Si crede erroneamente che sia sufficiente diaframmare per ridurre in questo modo la superficie delle lenti ed impedire l'effetto dannoso dei raggi: ma si comprenderà subito che tale tentativo non approda a nulla, perché il campo di immagine resta sempre lo stesso e la correzione che il diaframma dà all'ottica è ben diverso da una riduzione di riflesso laterale. In certi casi, molto rari, quando cioè la sorgente luminosa è proprio nel campo dell'immagine, e cioè in effetti di tramonto o simili si può allora trovare un miglioramento a mezzo del diaframma, diminuendo l'apertura.

Si abbia intanto presente:

- i riflessi possono essere provocati da una forte sorgente luminosa che agisca internamente od esternamente al campo di immagine;

- per impedire il riflesso esterno si usi il parasole il quale deve essere corrispondente alla lunghezza focale usata e cioè con grandangolare corto e largo, con teleobbiettivi lungo e stretto;

- per impedire i riflessi interni si può lavorare con diaframma minore.


(1) Vedi J. Dulovits: "Resa del controluce". Editore L. Rattero. Torino. Lire 10.1



1 L'articolo qui interessa perché mostra una parziale comprensione dell'influenza dei riflessi in un'ottica fotografica; al contempo, però, sono ancora del tutto ignorate le tecniche fino ad allora sperimentate per ridurla.

Il mensile è l'edizione italiana di una rivista edita a Vienna e in varie altre nazioni.



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Storia § ??
"Chi sa lottare non teme la crisi", Orizzonti. Rivista mensile illustrata, 7 (1938), n. 69, giugno, p. 46 Link esterno Emeroteca BNC Roma; n. 71, agosto, p. 40 Link esterno Emeroteca BNC Roma. Link esterno OPAC SBN

[Giugno, p. 46] San Giorgio S. A. Industriale

Stabilimenti riuniti S. Giorgio - Officine Elettromeccaniche – Il bilancio al 31 dicembre 1937 si è chiuso con un utile lordo di L. 24.635.787,59. Dopo aver coperto gli «interessi passivi» per L. 2.696.090.55; le «spese generali» per L. 12.779.189,05; le «imposte e tasse» per L. 3.260.908,50 e le «sopravvenienze passive» per L. 37.660,70 è risultato un utile netto di L. 5.861.938,79 contro L. 6.854.978 per il precedente esercizio.1

Notevole è stata l'attività, in particolare negli stabilimenti di Sestri e di Rivarolo. Lo stabilimento di Pistoia si è assicurato, attraverso ad una notevole ordinazione da parte delle Ferrovie dello Stato, un'attività soddisfacente per il 1938. Per il prossimo esercizio il lavoro si presenta importante in tutti gli stabilimenti sia per il notevole contributo che la Società è chiamata a portare nella costruzione di impianti idroelettrici e nell'attrezzamento delle industrie chimiche, il cui sviluppo è decisivo ai fini dell'autarchia, sia per le forniture destinate alle nostre Forze Armate alle quali la Società dedica sempre una notevole parte dell'attività. La Società Officine Elettromeccaniche d'Etiopia, che, come è noto, è controllata dalla Società, ha potuto nello scorso esercizio completare in Addis Abeba gli impianti la cui costruzione era stata decisa. Essa è ora in grado di eseguire quei lavori di indole generale che si presentano necessari durante i montaggi oppure nella manutenzione dei macchinari di costruzione della «San Giorgio», che trovano nell'Impero uno sbocco apprezzabile.

Proceduto alla rivalutazione degli impianti sociali e prelevato l'ammontare dell'imposta del 10% sul capitale resta disponibile la somma di lire 13.861.340,90 la quale è destinata per L. 11.990.000 all'aumento del capitale sociale da L. 59.500.00 a lire 71 milioni e 400.000 mediante emissione di n. 47.600 nuove azioni gratuite da L. 250 cadauna. La rimanenza in L. 1.961.340,90 è stata portata alla «Riserva straordinaria».


[Agosto, p. 40] "San Giorgio" S. A. Industriale – Genova-Sestri

L'esercizio chiuso il 31 dicembre 1937-XVI è stato per gli stabilimenti della «San Giorgio» caratterizzato da una notevole attività, in particolare per quelli di Sestri e di Rivarolo, nei quali si è svolta una quantità di lavoro non ancora raggiunta precedentemente. Lo stabilimento di Pistoia non ha invece potuto svolgere un lavoro molto intenso, ma si è assicurato, attraverso ad una notevole ordinazione da parte delle Ferrovie dello Stato una attività soddisfacente per il corrente esercizio.

Nonostante la maggior quantità di lavoro svolto l'utile è risultato alquanto inferiore a quello del 1936 a causa delle peggiorate condizioni del lavoro stesso.

Il bilancio reca le seguenti finali risultanze:

Attivo L. 319.158.363,62; Passivo L. 313.048.532,02. Utile netto L. 6.109.831,40.

In tale utile è compreso il residuo dell'esercizio precedente di lire 247.892,61.

Come di consueto nella parte passiva del bilancio è contabilizzato il patrimonio della Società, comprendente il capitale sociale di L. 59.500.000, in 238.000 azioni da L. 250 ciascuna, la riserva ordinaria di L. 3.224.394,50, la riserva straordinaria di L. 5.372.250,07 il fondo ammortamenti impianti a partire dal 1921, il fondo di riserva speciale vincolato a sensi del R. decreto 5 settembre 1935-XIII, n. 1613, di L. 559,853,32 ed il fondo conguaglio monetario di L. 20.061.526,60.

Con l'utile di cui dicemmo, venne assegnato un dividendo di L. 21 per ciascuna azione dopo aver passato L. 293.096,95 al fondo di riserva ordinario, mandato lire 232.540,55 a nuovo ed aver provveduto alle altre assegnazioni statutarie.

Il Consiglio informò l'assemblea degli azionisti, a suo tempo tenuta, che il lavoro si presenta importante in tutti gli Stabilimenti sia per il notevole contributo che la Società è chiamata a portare nella costruzione di impianti idroelettrici e nell'attrezzamento delle industrie chimiche, il cui sviluppo è decisivo ai fini della autarchia, sia per le forniture destinate alle nostre Forze Armate alle quali essa dedica sempre una notevole parte della sua attività.

La Società Officine Elettromeccaniche d'Etiopia, che è controllata dalla «San Giorgio», ha potuto nello scorso esercizio completare in Addis Abeba gli impianti la cui costruzione era stata decisa. Essa è ora in grado di eseguire quei lavori di indole generale che si presentano, necessari durante i montaggi, oppure nella manutenzione dei macchinari di costruzione della «San Giorgio» che incominciano a trovare nell'Impero uno sbocco apprezzabile.

In relazione alle facoltà consentite dal R. Decreto legge 19 ottobre 1937-XVI, n. 1729 il Consiglio ha ritenuto opportuno rivalutare gli impianti sociali allineandoli al nuovo valore della lira.

Tale operazione, mentre porta gli impianti ad una più giusta e uniforme valutazione, consente di fronteggiare, nei modi previsti dall'art. 31 del decreto sopracitato, l'onere dell'imposta del 10% sul capitale.

Pertanto la voce «Impianti» risulta nel bilancio in forte aumento passando da L. 59.119.109,31 a L. 105.316.117,66; l'aumento è dovuto per L. 34.227.445,10 alla rivalutazione per conguaglio monetario di cui è cenno sopra e per lire 11.969.563,25 a nuovi impianti costruiti e, soprattutto, a terreni acquistati nelle immediate vicinanze degli Stabilimenti sociali di Genova-Sestri, per la maggior parte dotati di capannoni adatti ad officine i quali consentono una sistemazione di questi stabilimenti più adeguata e conforme al lavoro che essi sono chiamati a compiere.

Sempre nel bilancio la voce «Merci e lavori in corso» è ulteriormente aumentata rispetto a quella dell'esercizio precedente, e ciò per la mole di lavoro che si sta svolgendo nelle officine e per la stessa ragione è pure aumentata la voce «Crediti verso clienti, diversi e cambiali attive», passata da lire 68.906.176,35 a L. 92.465.172,34.

Nel bilancio, quale venne presentato dal Consiglio ed approvato dall'assemblea risulta un saldo attivo di lire 20.061.526,60 derivante dalla effettuata operazione di rivalutazione monetaria degli impianti.

In conformità del R. decreto legge 19 ottobre 1937-XV, n. 1729, dopo aver prelevato da tale saldo l'ammontare dell'imposta del 10 per cento sul capitale, rimane disponibile la somma di L. 13.861.340,90 che venne destinata per lire 11.900.000 all'aumento del capitale sociale da L. 59.500.000 a L. 71.400.000 mediante emissione di 47.600 nuove azioni da nominali L. 250 cadauna, distribuite gratuitamente agli azionisti in ragione di una azione per ogni cinque possedute, salvo un rimborso per spese di emissione e bollo di L. 2,50 per azione. Dette azioni hanno godimento col 1° gennaio 1938. La rimanente somma di L. 1.961.340,90 fu passata ad aumento della riserva straordinaria.

La relazione del Consiglio ricorda con commosse parole il compianto sen. gr. uff. Rinaldo Piaggio che per oltre 30 anni fu consigliere della Società, dedicando la sua profonda conoscenza particolarmente alla industria dei veicoli ferroviari e del materiale d'aviazione.

Per il corrente esercizio l'amministrazione della «San Giorgio» è così composta:

Sen. cav. di gr. cr. Attilio Odero, presidente; senatore gr. uff. ing. Arturo Bocciardo, vice-presidente; comm. ing. Gino Fanno, consigliere delegato;2 cav. di gran croce ammiraglio Arturo Ciano, marchese Ludovico Doria Lamba, comm. Giuseppe Graziani, comm. rag. Severino Medici, comm. dott. Giorgio Molfino, gr. uff. Bartolomeo Francesco Moresco, cav. uff. Paolo Orlando, ing. Giacomo Parodi, cav. ing. Armando Piaggio, gr. uff. rag. E. Angelo Pizzorno e gr. uff. G. B. Zanardo, consiglieri.



1 Nones (1990), tab. 4 a p. 293, profitti/perdite: 1936, +6.855,0; 1937, +5.862,0.

2 Fanno era amministratore delegato dal 31 marzo 1926 ed è rimasto in tale carica sino al 1° dicembre 1938, quando è stato sostituito da Medici; Nones (1990), pp. 285-286. Per le motivazioni → Storia § 17. Tutto risulta compiuto in → Orizzonti (1939).



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Storia § ??
"La nuova sede del Dopolavoro Aziendale «San Giorgio»", Genova. Rivista municipale, 18 (1938), n. 12, dicembre, pp. 57-58 Link esterno Google libri. Link esterno OPAC SBN

Il 6 novembre ha avuto luogo l'inaugurazione della nuova sede a Genova-Sestri del Dopolavoro Aziendale della S. A. «San Giorgio» alla presenza del Comm. Giorgio Molfino, componente il Direttorio Nazionale del P. N. F., di S. E. il Prefetto, del Federale, dei rappresentanti del Preside della Provincia e dell'On. Podestà, dell'Ispettore per la III Zona dell'O.N.D., del Commissario del Gruppo «Cavagnaro» di Sestri, dei rappresentanti delle Unioni Fasciste Industriali e dei Lavoratori dell'Industria, di numerosi Ufficiali del Commissariato per le fabbricazioni di guerra, dell'Esercito, della Marina e della Milizia, nonché delle rappresentanze delle Associazioni Famiglie Caduti, Mutilati e Invalidi di Guerra, degli Arditi, dei Volontari di Guerra, della Lega Navale, della P. A. Croce Verde Sestrese, dell'O.N.M.I., dei Fasci Femminili, dei dopolavoro aziendali di Sestri e del Dopolavoro Ansaldo.

Le Autorità e personalità venivano ricevute dal Sen. Arturo Bocciardo, Vice Presidente della San Giorgio, dal Comm. D'Avanzo, Segretario Amministrativo e Presidente di quel Dopolavoro, dal Direttore Generale Ing. Fano [Fanno] e da altri eminenti dirigenti e tecnici della Società.

Prima di procedere alla inaugurazione del nuovo edificio, le Autorità assistevano allo scoprimento della targa che reca la dicitura «Piazzale Benito Mussolini» apposta ad un angolo dello spiazzo antistante la facciata centrale della bella sede inauguranda, dove erano schierati i dopolavoristi motociclisti e ciclisti della «San Giorgio» che venivano passati in rassegna dai Gerarchi.

Quindi le Autorità si portavano ad inaugurare il campo sportivo allestito dal lato a mare, salutati dalle vibranti acclamazioni delle maestranze e subito dopo si recavano nel nuovo edificio del Dopolavoro aziendale, visitandone i vari locali e compiacendosi vivamente. Poscia, nel salone superiore destinato ai trattenimenti, aveva luogo il rito della benedizione, dopodiché il Comm. D'Avanzo, nella sua qualità di Presidente del Dopolavoro [<57-58>] aziendale «San Giorgio», ringraziava a nome dei dopolavoristi tutte le Autorità intervenute e leggeva una sintetica relazione dell'attività svolta concludendo con un elogio ai vincitori delle gare sportive che dovevano ricevere dalle mani del Federale i meritati premi.

Seguiva il Federale Comm. Massa il quale, rivolto il suo più vivo plauso ai dirigenti la Società per la realizzazione della bella sede, esaltava l'istituzione del Dopolavoro come la più umana e la più tipicamente popolare provvidenza del Regime ed invitava i dopolavoristi ad elevare il loro riconoscente e devoto pensiero al Duce.

Terminato il breve discorso, il Federale, tra i più calorosi applausi, assegnava i premi vinti dai dopolavoristi nelle competizioni sportive. Indi il Sen. Bocciardo, dopo avere recato il saluto del Presidente della San Giorgio Senatore Attilio Odero, procedeva alla premiazione dei dipendenti che avevano compiuto trent'anni di servizio, elogiando il loro lavoro eseguito con fede, abilità e disciplina.

Dopo la cerimonia le Autorità si sono recate presso lo Stabilimento della San Giorgio a Rivarolo per inaugurarvi la sede della sottosezione di quel Dopolavoro, anche qui molto acclamate dalle maestranze alle quali rivolgevano vibranti parole il Comm. D'Avanzo e il Sen. Bocciardo.1



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Storia § ??
A. Carini, "Binocoli prismatici", Notizie per i Laboratori Scientifici e Industriali. A cura delle Officine Galileo - Firenze, 16 (1938), pp. 66-68. Link esterno OPAC SBN

Ogni moderno binocolo prismatico porta incisi due numeri uniti dal segno di moltiplicazione: per esempio "8x30", "7x50", ecc.

Questi numeri non rappresentano nessun prodotto. Il segno x è riferito al numero che lo precede e sta ad indicare che esso rappresenta l'ingrandimento del binocolo. Il secondo numero, da considerarsi isolato, indica il diametro, in millimetri, degli obbiettivi. Così la notazione "6x30" spiega che si tratta di un binocolo da 6 ingrandimenti (6x) fornito di obbiettivi aventi il diametro di mm 30.1

I Fabbricanti seguono determinati criteri nello stabilire le caratteristiche costruttive dei binocoli e limitano fra confini ragionevoli la varietà dei tipi che offrono ai loro clienti.

Ma appunto perché i clienti possano scegliere quelli che sono più adatti per i singoli impieghi, essi indicano chiaramente anche i diametri degli obbiettivi. Da questi dipendono il potere risolutivo, cioè la nitidezza dell'immagine e, con rapporto all'ingrandimento, anche la luminosità.

L'intima relazione fra ingrandimento e diametro dell'obbiettivo, ha portato a riunire i numeri che li rappresentano in una sola indicazione.

Dovendosi supporre che ogni binocolo di buona marca sia stato progettato e costruito con obbiettivi di diametro, od apertura, sufficiente per consentire almeno teoricamente una buona nitidezza di immagine, bisogna ricercare le cause di eventuali difetti in imperfezioni del calcolo ottico, delle materie prime, della lavorazione, del montaggio, ecc.

Lasciando da parte tutte le considerazioni di tal genere che riguardano l'abilità e la coscienziosità dei Costruttori e solo accennando al fatto, troppo poco noto e creduto, che i binocoli italiani valgono quanto i migliori di produzione estera, tanto da poter reggere all'estero vantaggiosi confronti, cercheremo di chiarire i criteri, basati su quelle caratteristiche che vengono dette geometriche, che devono guidare l'acquirente.

Ogni binocolo prismatico si compone di due cannocchiali collegati da una cerniera che li mantiene paralleli e che permette di variarne la distanza in relazione a quella esistente fra le due pupille dell'osservatore.

Ciascun cannocchiale si compone di un obbiettivo, di un oculare e di un gruppo di prismi che serve a renderlo più corto e compatto ed inoltre a raddrizzare l'immagine che altrimenti apparirebbe rovesciata, come nei cannocchiali astronomici.

L'obbiettivo è destinato a ricevere la luce dagli oggetti ed a formare nel proprio piano focale una piccola immagine reale in tutto simile a quella formata dall'obbiettivo di una macchina fotografica. Tale immagine sta un po' davanti all'oculare, nel piano in cui trovasi il diaframma di campo che delimita il campo visivo col suo margine circolare e nero. Nei binocoli militari esso porta spesso una lastrina di vetro con incisioni che servono a valutare le distanze.

L'oculare è un sistema di lenti che viene a trovarsi fra l'occhio dell'osservatore e quel piano focale [<66-67>] dell'obbiettivo nel quale trovasi il diaframma di campo. L'oculare ingrandisce potentemente la piccola immagine creata dall'obbiettivo. Dal rapporto dei singoli poteri, dell'oculare e dell'obbiettivo, ha origine il potere di ingrandimento del cannocchiale.

[Figura]

L'ingrandimento maggiore si ottiene quindi con l'oculare più forte e l'obbiettivo più debole, ossia con l'oculare di fuoco più corto e l'obbiettivo di fuoco più lungo.

Questo rapporto poi influisce sulla misura del campo reale abbracciato dal cannocchiale, poiché tanto l'accorciamento del fuoco dell'oculare, quanto l'allungamento di quello dell'obbiettivo, contemporaneamente ad un maggior ingrandimento, producono una diminuzione del campo reale. Il campo reale è dato dal rapporto tra il campo apparente dell'oculare (50°÷70°) e l'ingrandimento del binocolo.

In questi ultimi anni si è giunti a costruire binocoli "grandangolari" i quali, essendo provvisti di oculari a campo apparente vastissimo, consentono di conservare un ampio campo reale, anche con ingrandimenti piuttosto forti. Così i binocoli da 8 ingrandimenti, che potevano in passato essere costruiti con un campo valutabile in circa 100 m alla distanza di un km, ora si possono costruire con campo di circa 150 m.

Non è la sola relazione esistente fra ingrandimento e campo che può guidare nella scelta di un binocolo, ma vi è ancora il limite imposto all'ingrandimento dalla condizione che il binocolo debba essere usato senza appoggio stabile. Questo limite sta fra gli 8x ed i 10x. Per quanto l'osservatore abbia un [<67-68>] polso fermo, è difficile che con un binocolo di maggior ingrandimento, riesca a veder meglio. La continua trepidazione che assume l'immagine dell'oggetto osservato e che appare tanto più ampia e veloce, quanto l'ingrandimento è maggiore, costituisce un insormontabile ostacolo.

Un vantaggio può essere offerto da una maggior leggerezza dell'istrumento, ma esso può poi venire frustrato dalla poca stabilità e resistenza dei materiali metallici troppo leggeri. Diviene così necessario l'impiego di un supporto stabile quando si superano gli 8x. In generale si ricorre ad un treppiede.

Sempre poi in relazione alla diminuzione del camро reale, derivante da un ingrandimento maggiore, sorge anche la difficoltà del puntamento. Per ovviare anche a questa si è arrivati alla costruzione di binocoli ad ingrandimento variabile, ovvero provvisti di due o tre oculari, di potenza diversa, montati su di un dispositivo a revolver che permette di scambiarli rapidamente.

Si procede così, con l'ingrandimento minore, alla esplorazione preliminare dell'oggetto, del quale poi si esaminano i dettagli, cambiando gli oculari ed osservando con ingrandimento più forte.

Non sempre poi questo è possibile, poiché la mancanza di omogeneità e di tranquillità dell'atmosfera spesso produce un caratteristico ondeggiamento dell'immagine che ostacola l'osservazione come se il binocolo fosse tenuto in mano anziché solidamente appoggiato.

Foschia, nebbia ed ogni inquinamento dell'atmosfera, rappresentano ancora ostacoli più grandi con i maggiori ingrandimenti, così come con questi le immagini tendono a perdere di chiarezza.

Siamo così arrivati alla chiarezza o luminosità che è una delle caratteristiche più esaminate e più discusse dei binocoli. La qualità dei vetri ottici impiegati, lo stato delle loro superficie, ed altri elementi di progetto o costruzione, possono conferire una maggiore o minor luminosità.

Però, sempre riferendoci a costruzioni di buona marca, in cui vengano utilizzati vetri molto trasparenti, lavorati ed assiemati con tutte le regole, possiamo riconoscere che la perdita di luce è lieve e che non si possono rilevare differenze sensibili finché le caratteristiche geometriche, siano uguali.

Le differenze si hanno, e devono aversi, quando si variano le dimensioni degli elementi e quindi l'ingrandimento ed il diametro degli obbiettivi.

La quantità di luce che un binocolo può accogliere dal campo di osservazione, per formare l'immagine, risulta limitata dalle dimensioni dei suoi obbiettivi. Quella stessa luce, attraverso il binocolo, esce dagli oculari un po' diminuita per le perdite subite nell'interno e passa tutta entro a quelle due pupille di uscita, una per oculare, che si possono chiaramente vedere tenendo il binocolo, col braccio teso, rivolto verso il cielo. Le pupille appaiono come dischetti luminosi al centro degli oculari. In realtà esse si trovano un po' indietro e precisamente nei punti che devono corrispondere alle pupille degli occhi dell'osservatore.

Se le pupille di uscita del binocolo sono più grandi delle pupille dell'osservatore, questi non sfrutta completamente la luminosità offerta dal binocolo. Viceversa, se le pupille del binocolo sono più piccole di quelle dell'osservatore, è il binocolo che non consente all'osservatore di vederci con la massima chiarezza.

È quindi necessario, almeno per casi particolari, come quello dell'osservazione nell'ombra del crepuscolo, che le pupille del binocolo siano abbastanza [<68-69>] grandi pur senza superare il diametro di sette od otto [DA COMPLETARE] 1



1 Nella presente trascrizione è stato omesso il punto dopo le unità di misura.

2 L'autore è l'ing. Ambrogio Carini.



All'indice    1938    Indicatore di completezza
Storia § ??
"La partecipazione della «San Giorgio» (Società Anonima Industriale di Genova-Sestri) [alla XII Fiera di Tripoli]", Illustrazione coloniale : rassegna d'espansione italiana, 20 (1938), [numero da definire], p. 67. Link esterno OPAC SBN

Ogni anno la Fiera di Tripoli richiama l'alta industria nazionale ed estera a presentare quei prodotti che, dati i costanti e progressivi sviluppi della Libia e la necessità di realizzare un'adeguata attrezzatura, sono divenuti per essa indispensabili.

La San Giorgio Società Anonima Industriale di Genova-Sestri, già ben nota e apprezzata per la sua complessa attività industriale, non poteva mancare di partecipare a tale convegno, presentando a sua volta alcuni interessanti campioni di sua produzione.

Sorta a Borzoli nel 1905 per dedicarsi alla produzione di automobili, la «San Giorgio» nel 1908 abbandona graduatamente questo ramo per [DA COMPLETARE] Officine Elettromeccaniche e lo orienta verso la fabbricazione delle pompe e delle turbine idrauliche.

Lo Stabilimento di Pistoia è destinato fin dall'inizio (1907) alla costruzione e riparazione di materiale rotabile ferroviario e tranviario, nonché alla costruzione di carriaggi militari.

Lo Stabilimento de La Spezia, proveniente dall'assorbimento avvenuto nel 1929 della Società Anonima Brevetti Girardelli, svolge lavori di meccanica di precisione, mentre quello di Taranto, di nuova costruzione, sorto nel 1933, è destinato a lavori di meccanica in genere.

I prodotti della «San Giorgio» si trovano oggi in primissimo piano anche nei confronti della produzione straniera.

Accanto ai binocoli prismatici, agli strumenti ottici, agli ordigni bellici, giganteggiano i trasformatori e le possenti macchine elettriche, i raddrizzatori a vapore di mercurio, le turbine idrauliche, le elettropompe, i motori Diesel, i macchinari per le industrie chimiche, nonché quelli per attrezzare al completo gli zuccherifici e le distillerie, la cui brillante realizzazione ci libera totalmente dal ricorrere all'estero.

Nel vasto e complesso settore dell'attività industriale, la «San Giorgio» risponde con ritmo magnifico ai nuovi bisogni dell'Italia d'oltremare, attestando una volta di più le sue fulgide e gloriose tradizioni.1



1 L'articolo inizia a p. 61. Sebbene la scheda in OPAC SBN riporti la testata come L'illustrazione coloniale (situazione del 10/4/2021), l'articolo determinativo è assente nella copertina dell'anno in questione.



All'indice    1939    Indicatore di completezza
Storia § ??
T. Sillani, a cura di, "Le forze armate dell'Italia fascista", fascicolo speciale di Rassegna italiana politica letteraria e artistica, serie 3ª, 22 (1939), pp. 364-365 Link esterno Emeroteca BNC Roma, p. 364, p. 365. Link esterno OPAC SBN

Parte VII / FORZE INDUSTRIALI OPERANTI AL SERVIZIO DELLE FORZE ARMATE [...]

LA «SAN GIORGIO»

Sorta nel 1905 per dedicarsi alla costruzione di automobili, la San Giorgio nel 1908 abbandonò gradatamente questo ramo per impegnarsi in un primo tempo nei rami del macchinario ausiliario di bordo e negli apparecchi di precisione per artiglieria.

Nel periodo della Grande Guerra, con una forza di circa 3.000 dipendenti, essa provvide a fornire la maggior parte degli strumenti di puntamento per artiglierie del R. Esercito e parte degli strumenti e dei macchinari ausiliari per la Regia Marina.

Verso la fine della guerra lo Stabilimento di Pistoia concorse alla costruzione di velivoli e lo Stabilimento di Genova-Sestri a quella di motori di aviazione.

Nel 1917 la San Giorgio assorbiva gli Stabilimenti della Società Italiana Koerting contigui al suo Stabilimento di Genova-Sestri.

Nel 1923 la San Giorgio assorbiva pure le Officine Elettromeccaniche di Rivarolo.

Nell'immediato dopoguerra essa tenendo latenti i Reparti di produzione bellica, si affermava nelle costruzioni elettromeccaniche iniziate sin dal 1914 attraverso i macchinari ausiliari di bordo, acquistando anche in tale campo una notevole posizione nella produzione nazionale.

Alla ripresa delle necessità belliche la San Giorgio – pur mantenendo la sua attività in tutte le produzioni civili – rimetteva in efficienza, affinati alle nuove esperienze, i Reparti di produzione bellica che sviluppava in modo cospicuo diventando e rimanendo ancor oggi una delle principali fornitrici della Regia Marina, del R. Esercito e della R. Aeronautica per macchinario ausiliario, apparecchi di precisione e di ottica.

Senza scendere a particolari riservati ci limitiamo a segnalare, fra le più caratteristiche produzioni della San Giorgio, le centrali per la condotta del tiro delle artiglierie sulle navi da guerra, i telemetri, i periscopi, congegni di puntamento, i binocoli prismatici, ecc. che non rivaleggiano, ma vincono il confronto con la migliore produzione estera.

Nella produzione di pace meritano particolare menzione le grosse macchine elettriche ed i trasformatori elettrici (tra questi ultimi ricordiamo i trasformatori da 43.000 KVA costruiti per l'impianto di Galleto della Società Terni), le turbine idrauliche, i macchinari per industrie chimiche e particolarmente per zuccherifici per i quali ultimi la San Giorgio ha superato brillantemente grandi difficoltà in modo che essa è oggi in grado di costruire impianti completi senza bisogno di ricorrere all'estero come avveniva sino a poco tempo fa.

Negli ultimi anni, data la necessità di provvedere nelle più importanti Basi Navali ad organizzazioni proprie per i montaggi e la manutenzione dei vari macchinari, apparecchi ed istrumenti di sua fornitura sulle RR. NN. [Regie Navi], la San Giorgio addivenne alla costituzione di due piccoli Stabilimenti alla Spezia ed a Taranto.

Attualmente il capitale sociale della San Giorgio è di L. 71.400.000; il numero dei suoi dipendenti fra operai ed impiegati è di circa 6.200. [<364-365>]

Gli Stabilimenti gestiti sono i seguenti:
     Stabilimento di Genova-Sestri.
     Stabilimento di Genova-Rivarolo.
     Stabilimento di Pistoia.
     Stabilimento di La Spezia.
     Stabilimento di Taranto.
     Stabilimento di Addis Abeba (attraverso le Officine Elettromeccaniche d'Etiopia).

Cospicuo è, pertanto, l'apporto di questa Società al potenziamento bellico della nazione.1



1 L'articolo, anonimo, è stato presumibilmente scritto da un dipendente della stessa San Giorgio.



All'indice    1939    Indicatore di completezza
Storia § 17
Ministero delle corporazioni, "Elenchi delle aziende industriali e commerciali appartenenti a cittadini italiani di razza ebraica", Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, 80 (1939), n. 287 (12/12/1939), parte prima, p. 5667 Link esterno Au.G.U.Sto. Link esterno OPAC SBN

MINISTERO DELLE CORPORAZIONI
Elenchi delle aziende industriali e commerciali appartenenti a cittadini italiani di razza ebraica
[...]

ELENCO C
CONSIGLIO PROVINCIALE DELLE CORPORAZIONI DI FIRENZE
[...]

Discriminati
[...]

18. Ditta Fanno ing. Gino - Frantoio olive - Fucecchio, Via Turribina - Iscritta al n. 80600 del registro ditte dal 7 ottobre 1939 - Personale impiegato nell'azienda all'11 febbraio 1939: n. 3; nel corso del 1938: n. 7 - Ditta individuale, per l'esercizio della frangitura delle olive anche per conto di terzi - Proprietario: ing. Gino Fanno fu Giacomo, di razza ebraica, nato a Conegliano il 18 novembre 1882, domiciliato a Genova-Pegli, viale Pietro II di Savoia, 29-A 1 - Discriminato con decreto Ministeriale n. 508 50/2052 del 28 gennaio 1939.2



1 In altre fonti qui trascritte → Gazzetta Ufficiale (1944) e EGELI (2014) è indicato il civico adiacente 29.



All'indice    1939    Indicatore di completezza
Storia § ??
[Insegnamento alla R. Accademia navale], Giornale ufficiale della Regia Marina 1939, Dispensa n. 41, pp. 2026-2027. Link esterno OPAC SBN

III. – IMPIEGO DELLE ARMI.

A) PROBLEMI DEL TIRO E DEL LANCIO E LORO SOLUZIONE.

  1. Riassunto generale del problema della determinazione della posizione istantanea del nemico e della sua posizione futura - Principi fondamentali sui quali si basa la risoluzione del problema nella nostra Marina.
  2. Cenno sulle soluzioni adottate dalle altre marine - Suddivisione del problema generale dell'esecuzione del tiro nei tre problemi fondamentali: a) cinematico; b) balistico; c) di punteria e fuoco.
  3. Risoluzione integrale del problema cinematico - I mezzi di misura.
  4. Telemetri attualmente in servizio nella Regia marina - Confronto fra i vari tipi - Studio degli errori e condizioni favorevoli per l'impiego dei telemetri - Errore pratico ed errore teorico.
  5. Telemetristi e loro formazione - Come si deve allenare il telemetrista e come si devono adoperare i dati da esso forniti.
  6. Gli inclinometri - Tendenza per il futuro - Critica e direttiva per lo sfruttamento.
  7. I gimetri e le bussole giroscopiche.
  8. La centrale di tiro propriamente detta (parte cinematica) e la determinazione del punto futuro.
  9. Risoluzione parziale ed approssimata del problema cinematico - Centrali ridotte, e di fortuna.
  10. Risoluzione integrale del problema balistico.
  11. Il vento ed i suoi effetti - Modo di tenerne conto - Anemometri - Derivatori - Scompositori.
  12. Le correzioni balistiche propriamente dette.
  13. Correzioni geometriche di inclinazione piattaforma e di convergenza.
  14. Le correzioni degli errori dovuti allo sbandamento degli orecchioni - Trasformatori delle coordinate - Pendoli a liquidi ed a masse - Orizzonti giroscopici.
  15. Soluzione approssimata del problema balistico.
  16. Soluzione integrale del problema della punteria e del fuoco.
  17. A.P.G.
  18. Punteria centrale.
  19. Varie forme di fuoco: a) in qualsiasi posizione; b) a fine rollata in alto; c) a piattaforma orizzontale o comunque a passaggio per una posizione prestabilita, che non sia la fine rollata.
  20. Mezzi per il fuoco a distanza.
  21. Organizzazione generale tipo di una sistemazione per la condotta del tiro navale (completa - ridotta - di fortuna). [<2026-2027>]
  22. Cenni sommari sulle sistemazioni San Giorgio - Galileo - Olap - mettendo in luce le differenze essenziali fra i vari tipi e le differenze fra i diversi modelli prodotti successivamente dalla stessa ditta.
  23. Il problema del lancio e la sua risoluzione - Centrali e stazioni di lancio - Soluzione generale attualmente regolamentare con e senza agolazione e punteria diretta e con angolazione continua.
  24. Il tiro contraerei - Impostazione generica e cinematica del problema del tiro contro bersaglio moventesi nello spazio - La soluzione integrale teorica del problema del tiro contraerei e sua suddivisione nei problemi fondamentali: cinematico, balistico, di punteria.
  25. Gli attacchi aerei contro bersagli terrestri e navali. Caratteristiche degli aerei moderni. Metodi di lancio delle bombe e dei siluri da aereo, probabilità di colpire, tavole di lancio degli aerei.
  26. Il tiro puntato ed il tiro di sbarramento - Differenze concettuali - Pregi e difetti dei due sistemi.
  27. Metodi di tiro contraereo diurno e notturno.
  28. Il tiro contraereo a bordo - Necessità per il caso di tiro puntato di avere la stabilizzazione e l'asservimento: Metodo Ronca-Pasetti; Metodo di sbarramento su punto pericoloso; Sistemazione Galileo - San Giorgio.
  29. Il tiro con la mitragliera - Alzi, calcolatori.
  30. I tracciatori di rotta ed i tracciatori tattici.
  31. Gl'indicatori di manovra.
  32. Organizzazione della scoperta e del servizio di vedetta.1


1 .



All'indice    1939    Indicatore di completezza
Storia § ??
"Chi sa lottare non teme la crisi", Orizzonti. Rivista mensile illustrata, 8 (1939), n. 77, febbraio, p. 46 Link esterno Emeroteca BNC Roma, p. 46. Link esterno OPAC SBN

"San Giorgio" - Soc. An. Industriale Stabilimenti Riuniti S. Giorgio, Officine Elettromeccaniche - An. Genova-Sestri 1

Il Consiglio di amministrazione ha confermato in carica l'amministratore delegato e direttore generale il valoroso 2 comm. rag. Severino Medici.

La Direzione della Società è composta dai signori comm. dottor ing. Alberto Cantù, direttore centrale;3 comm. dottor Angelo Pol, direttore centrale;4 comandante Ettore Bussei, direttore tecnico e commerciale della sezione apparecchi di Tiro;5 comm. Aristide D'Avanzo, direttore commerciale;6 cav. dott. ing. Curzio De Regibus, direttore commerciale;7 cav. dott. ing. Nicolò Viganigo, direttore commerciale.8



1 I ruoli direttivi sottoposti al consiglio di amministrazione non sono riportati sistematicamente in Nones (1990).

"Sotto gli auspici della «San Giorgio, Soc. An. Industriale, Stabilimenti Riuniti San Giorgio, Officine Elettromeccaniche» di Genova-Sestri (Cap. L. 59.500.000), si è costituita la S. A. OFFICINE ELETTROMECCANICHE D'ETIOPIA con sede in Genova per l'esercizio dell'industria metallurgica, elettromeccanica, ottica e meccanica di precisione, nonché meccanica di ogni genere ivi compresa la costruzione e riparazione di veicoli ferroviari e altri. Capitale iniziale L. 800.000. Primo Consiglio di Amministrazione: Comm. Ing. Gino Fanno, Presidente e Amministratore delegato; Ing. Alberto Cantù; Cav. Aristide d'Avanzo; Dr. Angelo Pol". Rassegna d'oltremare : Il commercio italo-africano, 7 (1937), n. [da definire], p. 47.

"OFFICINE ELETTROMECCANICHE D'ETIOPIA / Col capitale di 800.000 lire (in azioni da 1000 lire ciascuna) si è fondata a Genova-Sestri la Soc. An. Officine Elettromeccaniche d'Etiopia. / Del Consiglio di amministrazione fanno parte: l'ing. comm. Gino Fanno (presidente e consigliere delegato), l'ing. Alberto Cantù, il cav. Aristide d'Avanzo, il dr. Angelo Pol". L'illustrazione coloniale, 19 (1937), n. [da definire], p. 12.

2 L'aggettivo è insolito, in un tale contesto, anche per la retorica dell'epoca. Viene il dubbio che si riferisca alla contemporanea estromissione di Gino Fanno dall'alta direzione della San Giorgio in base alle leggi razziali, come ricostruito in → Storia § 17. Sull'adesione di Medici al fascismo anche dopo l'8 settembre 1943 → Gibelli (1968), Brizzolari (1974), Rugafiori (1981).

3 Nones (1990), p. 194.

"Nuovi Ingegneri. – In seguito al risultato degli esami finali sostenuti nella sessione di dicembre corr. [1913] presso il R. Istituto Tecnico Superiore di Milano, sono stati conferiti i relativi diplomi ai seguenti candidati:
Ingegneri civili: [...]. Ingegneri industriali: [...] Cantù Alberto da Genova". Il monitore tecnico : giornale d'ingegneria - architettura - meccanica - elettrotecnica ecc., 19 (1913), n. 36, 30 dicembre 1913, p. 719 Link esterno Emeroteca BNC Roma.

Nel 1930 è un direttore della San Giorgio: L'Elettrotecnica, 17 (1930), p. 416. Lo stesso dicasi tre anni dopo: Conference internationale des grands réseaux éelectriques a haute tension : compte rendu des travaux ... (1933), p. 8.

Cantù è il socio n. 61 (il numero è significativo se si tratta, come pare, di un progressivo cronologico generale) dell'Associazione Ottica Italiana: Bollettino A.O.I., 12 (1938), p. 13, con recapito a "Genova, Via A. Ceppi, 6-14", vale a dire la tuttora esistente via Angelo Ceppi di Bairolo, presso l'ex Hotel Miramare Link esterno Street View (esistente il 14/8/2020). L'indirizzo dell'abitazione era invariato quanto meno dal 1936: Annuario genovese Fratelli Pagano : Guida di Genova e Provincia, 122 (1936), p. 160 Link esterno Google libri (esistente il 20/8/2020). Nella Guida genovese "Opera Pompei" amministrativa - industriale - commerciale della Grande Genova e Provincia (Genova, 1935), p. 6, è indicata erroneamente come "Via A. Cippe 6-14".

4 Nones (1990), p. 158.

5 Su Bussei → Alberini & Prosperini (2015) e le note relative.

6 Non citato in Nones (1990).

Figura tra i soci dell'Associazione Ottica Italiana nell'Annuario 1932, p. 67, con recapito a "Genova-Sestri, S. A. «San Giorgio»".

"61.960 | D'AVANZO Aristide (dirett. ammin. dell'Ansaldo San Giorgio), n. a Torrita di Siena l'1.2.1892. Deced. dopo il rimpatrio". G. Melodia, Sotto il segno della svastica : gli italiani nel lager di Dachau (Milano : Mursia, 1979), p. 254. Cfr. G. Melodia, Di là da quel cancello : i vivi e i morti nel Lager di Dachau (Milano : Mursia, 1995), p. 298.

7 Non citato in Nones (1990).

"The Italian Commission on Railway Electrification, which expects to make an extended trip through the United States and Canada, visiting all heavy traction systems, will arrive from Europe on April 25 aboard the Lorraine. The commission is headed by Prof. Guido Semenza, consulting engineer, while the other members are Prof. Gian Giacomo Ponti, electrical engineer, Italian-American Electric Company; Marquis Ferdinando Cusani, manager, Italian-American Electric Company; and Curzio De Regibus, assistant chief engineer electric traction service of the Italian State Railways". Electric Railway Journal, 57 (1921), p. 779.

"Il Presidente aggiunge che nel corso delle riunioni dei Gruppi è stata ravvisata la necessità di aumentare a 26 il numero dei Gruppi. Il 26° Gruppo è quello che raccoglie i «Fabbricanti di Apparecchi di segnalazione di bordo Navali ed Aerei e Telegrafi di macchina – Elettromeccanismi di bordo». Di tale Gruppo è stato designato Capo l'Ing. Curzio De Regibus della Soc. San Giorgio". Notiziario della Confederazione generale dell'industria italiana 3 (1946), n. [da definire], p. 4.

Nel 1950 risiede in "via L. Manara, 3, Genova Sestri". Confederazione generale dell'industria italiana, Annuario 1950, p. 747.

8 Non citato in Nones (1990).

"Viganigo Nicolò", da Varazze (Genova) si è laureato in ingegneria navale e meccanica nel 1904: "Dalla Regia Scuola Superiore Navale alla Facoltà di Ingegneria", a cura di A. Marcenaro e M. E. Tonizzi, Atti della Società Ligure di Storia Patria, nuova serie, 37 (1997), n. 1, p. 218 Link esterno Biblioteca digitale SLSP (esistente il 13/8/2020).

"Viganigo Nicolò di Giuseppe, Varazze (Genova)" è citato in: R. Scuola d'applicazione per gli ingegneri civili, industriali ed architetti in Torino : Annuario per l'anno accademico 1904-1905 (Torino : Candeletti, 1905), p. 29.

Nel 1943 risiede in "via Merano, 3, Genova-Sestri". Annuario genovese Fratelli Pagano : Guida per Genova e Provincia (Genova, 1943), pp. 678, 1474.

È documentato anche "Viganego Nicolò": un ingegnere navale meccanico, che risiede in "Genova-Sestri, Via Vittorio Veneto 3 p. p.". Guida genovese "Opera Pompei" amministrativa - industriale - commerciale della Grande Genova e Provincia (Genova, 1935), p. 1804. È presente come allievo del primo anno in: Annuario della R. Scuola navale superiore di Genova : Anno accademico 1898-99 (1899), p. 363.

In La Marina italiana : rassegna delle industrie del mare, 27 (1929), n. 7, luglio, p. 251, l' "ing. Nicolò Viganego" è citato in un contesto che comprende l'ing. Alberto Cantù e il dott. Angelo Pol. Potrebbe quindi trattarsi della stessa persona: si consideri che "Viganego", a Genova e in Liguria, è molto più frequente di "Viganigo".



All'indice    1939    Indicatore di completezza
Storia § ??
Ministero della guerra, Comando del corpo di stato maggiore, Ufficio storico, L'esercito italiano nella grande guerra (1915-1918). Vol. 4: Le operazioni del 1917. Tomo 1bis: L'ampliamento dell'esercito nell'anno 1917, gli avvenimenti dal gennaio al maggio : documenti (Roma : Istituto poligrafico dello stato, 1939), pp. 465-466. Link esterno OPAC SBN

R. ESERCITO ITALIANO – COMANDO SUPREMO
Ufficio del Capo di Stato Maggiore
Ufficio Ordinamento e Mobilitazione

N. 86691 di Prot.      17 aprile 1917.

Oggetto: Trasferimento di materiali e reparti di artiglieria della Piazza di Venezia.

    Ai Comandi delle Armate 1ª, 2ª, 3ª, 4ª e Zona di Gorizia.
    Al Comando della Piazza marittima di Venezia
    Alla Direzione trasporti
    e, per conoscenza:
    All'Ufficio di segreteria del Capo
    All'Ufficio tecnico.

D'ordine di S. E. il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, ed in seguito ad accordi presi con il Capo di Stato Maggiore della Marina, le artiglierie, il personale ed i mezzi tecnici appartenenti alla fronte a terra della Piazza marittima di Venezia, sono posti a completa disposizione di questo Comando, e vengono ripartiti fra le armate dipendenti nella misura seguente:

    1ª Armata:

         a) otto cannoni da 120 G. su affusto da assedio con rotaie a cingolo (4 cerchi di puntamento, 2 goniometri Bennati, 2 binocoli Busch e Zeiss);
         b) 12 obici da 210 con affusto da assedio ridotto (6 cerchi di puntamento, 3 goniometri Bennati e 2 binocoli Busch o Zeiss);
         c) 9 cannoni da 75 A su affusto da campagna con avantreni.

    2ª Armata:

         a) 4 obici da 149 G su affusto da difesa (1 goniometro a canocchiale con eclimetro e 2 binocoli Busch o Zeiss);
         b) 8 cannoni da 87 mod. 80/98 su affusto in lamiera (2 binocoli Busch o Zeiss).

    3ª Armata:

         12 cannoni da 75 A su affusto da campagna con avantreno (3 binocoli Busch o Zeiss).

    4ª Armata:

         a) 12 cannoni 120 G su affusto da difesa (2 goniometri a canocchiale con eclimetro e 4 binocoli Busch o Zeiss);
         b) 6 cannoni da 120 B su affusto leggero d'assedio con rotaie a cingolo (4 cerchi di puntamento, 2 goniometri Bennati e 2 binocoli Busch o Zeiss).

    Zona di Gorizia:

         a) 32 cannoni da 149 G su affusto da difesa, con paiuolo per piazzuola in terra (18 congegni di puntamento Bonagente, 5 goniometri a canocchiale con eclimetro, 1 canocchiale d'assedio piccolo e 12 binocoli Busch o Zeiss); [<465-466>]
         b) 10 obici da 210 su affusto da difesa con paiuolo per piazzuola in terra (2 goniometri a canocchiale con eclimetro e 3 binocoli Busch o Zeiss);
         c) 12 obici da 149 G su affusto d'assedio con rotaie a cingolo (6 cerchi di puntamento, 3 goniometri Bennati e 4 binocoli Busch o Zeiss).

I mezzi tecnici di puntamento e di osservazione, assegnati alle varie bocche da fuoco, rappresentano una prima distribuzione affinché le artiglierie predette abbiano fin d'ora modo di funzionare. A cura dell'Ufficio tecnico di questo Comando sono stati richiesti altri mezzi al Ministero della Guerra per completare le dotazioni, mezzi che saranno inviati direttamente ai rispettivi magazzini avanzati di artiglieria.1

Sono stati richiesti al Ministero i paiuoli per 12 cannoni da 120 G assegnati alla 4ª Armata e per i 4 obici da 149 G assegnati alla 2ª Armata, che ne sono privi.

Le artiglierie destinate alle Armate 1ª, 2ª, 3ª e 4ª sono assegnate prive di personale; dovranno essere perciò impiegate tenendo presenti le norme ed i criteri impartiti da questo Comando con il foglio 86088 in data 7 corrente, del quale si trasmette copia ai Comandi delle Armate 1ª e 3ª cui non fu precedentemente comunicato.

Le artiglierie assegnate alla Zona di Gorizia vengono invece parzialmente riunite in reparti organici, secondo le disposizioni seguenti: [...]



1 Da questa fonte risulta che la R. Marina non disponeva a Venezia, nell'aprile 1917, di binocoli di produzione nazionale oppure aveva scelto di dotarsi solo di binocoli prismatici Busch e Zeiss.



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Storia § ??
"La San Giorgio S. A.", La rivista illustrata del Popolo d'Italia, 18 (1939), n. 11, novembre, pp. 126-128 Link esterno Emeroteca BNC Roma, p. 126, p. 127, p. 128. Link esterno OPAC SBN

È ormai decisamente superato il tempo in cui la guerra era definita un'arte: oggi la guerra è essenzialmente una tecnica sottile, un meccanismo di precisione che si muove con misuratezza estrema, calcolando quasi all'infinitesimo gli obbiettivi da raggiungere. L'empirismo, il "press'a poco" non hanno più luogo. L'evoluzione dei tempi, il progresso scientifico, la necessità di difendere sempre più saldamente la propria indipendenza hanno addestrato l'ingegno umano a valersi dei mezzi più progrediti della tecnica per venire in ausilio delle proprie forze. Da paese a paese, da continente a continente, i tecnici di tutto il mondo hanno ponderato l'ordigno più potente, l'esplosivo più micidiale, il congegno più esatto; l'invenzione ha fomentata l'invenzione, il nuovo meccanismo ne ha richiesto un altro [<126-128>] fino a raggiungere i risultati attuali che conferiscono alla guerra una fisionomia essenzialmente meccanica. Una moltitudine di ordigni interdipendenti sta difatti alla base dell'attrezzatura bellica moderna, ne è la parte preponderante, il complesso su cui si fonda il sistema della sicurezza delle nazioni.

I mezzi ausiliari di cui dispongono le artiglierie, vittoriosamente aggiunti in questi ultimi tempi; gli strumenti di precisione per la misurazione e la condotta del tiro; i meravigliosi congegni di puntamento; l'armamentario dei telemetri, veri gioielli della tecnica odierna, che permettono un controllo matematico delle traiettorie da seguire per colpire gli obbiettivi da offendere; il complicato sistema di segnalazioni; i precisi apparecchi avvisatori di cui dispone la marina da guerra, l'occhio vigile dei potenti periscopi, tutti questi strumenti e una grande serie ancora sono la parte integrante, la sottile anima della guerra che lavora in silenzio nei punti di osservazione, sul pelo delle acque o nel cuore delle nubi.

Il nuovo orientamento del sistema difensivo e le esigenze dell'attrezzatura in genere, hanno richiamato l'attenzione delle industrie meccaniche di primo piano, le quali senza porre indugio sono venute saggiamente in aiuto per completare il materiale bellico, creando a fianco della propria attività ordinaria speciali reparti e nuovi settori. L'abilità e l'organizzazione tecnica di ogni industria ha poi apportato lumi e suggerimenti di alto valore pratico. Alcune si sono sforzate a realizzare congegni e ordigni costruiti solo all'estero, contribuendo in questo modo ad affrancare il Paese da una perniciosa dipendenza. Molte industrie meriterebbero di essere citate come esempio, prima fra tutte la San Giorgio, i cui sforzi per la costruzione di una vasta produzione industriale nel campo dell'ottica e di tutti i congegni di puntamento sono ben noti alle nostre organizzazioni di terra, di mare e del cielo. Questa poderosa industria, specializzata nei suoi stabilimenti di Sestri Ponente, di Rivarolo Ligure, della Spezia, di Pistoia e di Taranto, per la fabbricazione delle macchine elettriche, delle turbine e delle caldaie a vapore, nonchè di numerose altre costruzioni, comprese quelle di materiale ferroviario e marinaro, non ha aspettato un momento a dare il suo tangibile contributo alla Patria, mettendo a disposizione i suoi ben attrezzati impianti per la fabbricazione di materiale bellico. Già nella Grande Guerra i suoi servizi furono notevoli e non meno importanti nella Campagna di Abissinia. Ora, attrezzata in forma sempre più moderna con impianti in continua trasformazione per venire incontro alle nuove esigenze, questa poderosa industria può assicurare una forte produzione bellica in un campo molto delicato con una serie di strumenti e di congegni di precisione, che solo qualche anno addietro era prerogativa esclusiva di industrie straniere.1



1 L'articolo ha una illustrazione in apertura, una a tutta pagina 127 ed una in conclusione, con le seguenti didascalie: "Raddrizzatore a vapore di mercurio per la trasformazione della corrente elettrica (ampolla in prova)"; "Costruzione dei grandi trasformatori"; "Salone di telemetri in corso di collaudo" → Storia § 23.



All'indice    1940    Indicatore di completezza
Storia § ??
"La San Giorgio S. A. di Genova-Sestri", La rivista illustrata del Popolo d'Italia, 18 (1940), n. 5, maggio, pp. 147-149 Link esterno Emeroteca BNC Roma, p. 147, p. 148, p. 149. Link esterno OPAC SBN

Nell'ormai remoto 1905 sorgeva a Borzoli, con attività limitata alla fabbricazione di automobili, quello che poi doveva rapidamente diventare uno dei più grandiosi e potenti organismi industriali della Nazione: vogliamo dire la "San Giorgio" - Società Anonima di Genova-Sestri. L'ascesa fu un succedersi di fasi in gigantesco crescendo, sì che oggi la "San Giorgio" ha raggiunto una capacità produttrice – con specifica indicazione di macchinari e di strumenti di precisione – che le conferisce altissimo prestigio e larga rinomanza e che la rende benemerita nei riguardi dell'autarchia. Per delineare sia pure in sintesi il prodigioso sviluppo della "San Giorgio" accenneremo per sommi capi alle seguenti tappe: A tre anni dalla fondazione tralascia di occuparsi di automobilismo per concentrare ogni attività prima nella meccanica generale, poi in quella di precisione. Raggiunge così risultati tanto ragguardevoli che nel 1913-14 le fabbriche, divenute insufficienti a fronteggiare la mole di lavoro ad esse richiesta, devono essere ingrandite, mentre la "San Giorgio" affronta il lavoro in grande serie degli strumenti e congegni di puntamento per artiglierie, e impianta un nuovo reparto per la fabbricazione di lenti e prismi. Nello stesso 1914 dalle Officine "San Giorgio" escono le prime macchine elettriche, produzione alla quale verrà adibito in modo predominante lo stabilimento di Borzoli. In tal guisa all'inizio della guerra mondiale la "San Giorgio" disponeva di tali e tante possibilità industriali da essere in grado di soddisfare le più ingenti richieste delle Amministrazioni militari; non solo, ma impresso nuovo impulso agli stabilimenti raggiungeva un grado di attrezzatura che le consentiva di fornire la quasi totalità degli strumenti occorrenti alle artiglierie dell'Esercito, dei quali si era stati fino a quel momento tributari dell'industria straniera.

Nel contempo le altre attività, non solo non subiscono contrazioni, ma anch'esse si schiudono a più ampi sviluppi. Così nel 1917 lo stabilimento della Società Italiana Koerting è assorbito, e le sue produzioni accresciute; nel 1923 viene annesso lo Stabilimento di Rivarolo Ligure della Società Officine Elettromeccaniche, eliminando un doppione (macchine elettriche e pompe) e indirizzando la produzione del nuovo stabilimento verso la fabbricazione delle turbine idrauliche, per le quali è specialmente attrezzato. [<147-148>]

Ancora. La "San Giorgio" ha assorbito e istituito stabilimenti anche a Pistoia, a La Spezia, a Taranto e ad Addis Abeba, gestito quest'ultimo attraverso le officine meccaniche d'Etiopia. Il primo di tali stabilimenti, che dispone di vasto campo di volo e di ampie rimesse, serve alla costruzione e riparazione di cariaggi militari e di velivoli. A sua volta lo stabilimento de La Spezia è destinato ai lavori di precisione; mentre in quello di Taranto, sorto nel 1933, si eseguiscono lavori di meccanica in genere, e in particolare di riparazioni e montaggio di macchinari di bordo e di strumenti d'artiglieria. A questo punto daremo un'idea del gigantesco complesso produttivo che rappresenta il mirabile risultato della formidabile ascesa della "San Giorgio", elencando semplicemente le sue principali realizzazioni, che rivaleggiano con le più rinomate dell'estero.

Prima di tutto è da ricordare la produzione in grande serie dei materiali e congegni bellici, che comprende ogni genere di delicati e complessi strumenti per il puntamento delle artiglierie marittime e terrestri e apparecchiature ottiche complete e congegni per la condotta del tiro navale e antiaereo tanto da bordo quanto da terra: binocoli prismatici, telemetri, periscopi, strumenti vari di punteria. Ecco poi le grandiose macchine elettriche idrauliche, meccaniche ed elettromeccaniche e i potenti trasformatori (ne sono stati approntati di 43.000 kWa per il solo impianto Galleto della "Terni"); e i raddrizzatori a vapori di mercurio, e le turbine idrauliche, e i macchinari per industrie chimiche e varie e quelli per la completa attrezzatura di zuccherifici e di distillerie, nonché per impianti di estrazione del benzolo e per recupero solvente e infine materiali per impianti di riscaldamento e materiale mobile ferroviario. Tra operai e impiegati, 6500 persone trovano costante lavoro in questo possente complesso industriale, che occupa 700.000 mq con stabilimenti, un campo d'aviazione e un'area coperta di oltre 100.000 mq.

Dopo la conquista dell'Impero la "San Giorgio" ha allargato la propria attività, con rapida e precisa percezione dei nuovi tempi e delle nuove esigenze, nelle terre dell'Africa Orientale Italiana. Pertanto la "San Giorgio" può oggi vantarsi di avr costruito le prime centrali idroelettriche di Addis Abeba, in sostituzione delle vecchie centrali che funzionavano con motori termici. La prima di esse, della potenza di circa 400 cavalli, sorse per iniziativa della Società "Colonalpi" di Torino, insieme con uno stabilimento che comprende un molino per grano, un panificio, un gallettificio, e che alimenta coi suoi prodotti la città di Addis Abeba e una notevole zona circostante. Nel dicembre 1939-XVIII, presnte il Vicerè d'Etiopia, fu inaugurata la seconda Centrale idroelettrica costruita in A.O.I. dopo l'occupazione italiana, centrale che, sorta per iniziativa della CONIEL" sul fiume Grande Akaki, sfrutta un salto d'acqua di 95 metri. In essa sono installati tre gruppi composti ciascuno di turbina alternatore, trasformatore, che erogano complessivamente una potenza di 2500 cavalli circa. Gli alternatori forniscono tale potenza alla tensione di 3000 V e i trasformatori elevano i 3000 V a 45.000 V, tensione questa adatta al trasporto dell'energia per la distribuzione ad Addis Abeba e dintorni, dove sono i trasformatori che riducono tale tensione di 45.000 V a una tensione molto più bassa, adatta all'utilizzazione per luce e forza. Tutte le macchine idrauliche ed elettriche di entrambe le centrali furono progettate e costruite nelle Officine dei vari Stabilimenti della "San Giorgio" e montate dal personale delle Officine Elettromeccaniche di Etiopia S.A. La costituzione di questa Società, emanazione della San Giorgio, fu decisa subito dopo la conquista dell'Impero, per sopperire alle necessità relative ai lavori di montaggio e manutenzione dei macchinari di costruzione "San Giorgio" e dei tipi similari.

È inoltre interessante notare che la "San Giorgio" detiene il primato come costruttrice di centrali idroelettriche anche in Eritrea, dove nel 1920 costruì e montò tutto il macchinario occorrente per la centrale di Belesa (Asmara) tuttora in servizio con due gruppi composti ciascuno di turbina-alternatore-trasformatore da 500 cavalli e con tutte le apparecchiature occorrenti. La "San Giorgio" sta ora progettando altri macchinari per nuove centrali idroelettriche da costruirsi in Etiopia per il potenziamento e l'autarchia dell'Impero creato dal genio del Duce.

E a proposito di autarchia, va detto che la "San Giorgio" occupa un posto d'onore del quale può andare fiera. Infatti la suddivisione razionale delle proprie forze, la perfezione tecnica sempre più affinata, la chiaroveggenza e l'acume dei dirigenti, l'abilità delle maestranze, fanno della "San Giorgio" uno dei maggiori e più rinomati complessi industriali della Nazione, e uno dei fattori essenziali per le realizzazioni autarchiche. Visitando la gloriosa industria di Sestri, il Duce riportò le "migliori impressioni dagli Stabilimenti "San Giorgio" dove vengono preparate le armi per la potenza della Patria", e nell'indimenticabile esercitazione navale di Napoli, presenti Mussolini e Hitler, l'ammirazione per la nostra formidabile Marina da Guerra comprese naturalmente gli apparecchi della "San Giorgio", di cui sono dotati gran parte dei nostri sommergibili e le navi più recenti.

Difficile sarebbe abbracciare a colpo d'occhio il cammino percorso in trent'anni, e le difficoltà superate e le battaglie vinte dalla "San Giorgio", divenuta ormai elemento basilare della capacità produttiva della Nazione. Tuttavia la "San Giorgio" se va giustamente orgogliosa del proprio passato, non si adagia nel compiacimento della contemplazione, ma da esso trae incitamento a sviluppi, perfezionamenti e conquiste sempre maggiori, sorretta da quella fede che anima le grandi imprese e concede il dono della vittoria.1



1 L'articolo ha una illustrazione in apertura, tre a pagina 148 e una a tutta pagina 149, con le seguenti didascalie: [Turbina per centrale idroelettrica]; "Salone di montaggio e prova di telemetri"; "Inaugurazione della centrale idroelettrica di Addis Abeba sul Grande Akaki"; "Veduta esterna della centrale e stazione di trasformazione all'aperto"; "Macchine elettriche nel reparto costruzioni". L'ultima fotografia è firmata "R. Micaelles" nell'angolo in alto a destra: deve trattarsi di Ruggero Alfredo Michahelles (1898-1976) Link esterno Archivio THAYAHT & RAM.



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Storia § ??
"La San Giorgio S.A.", La rivista illustrata del Popolo d'Italia, 18 (1940), pp. 125-127 Link esterno Emeroteca BNC Roma, p. 125, p. 126, p. 127. Link esterno OPAC SBN

Mentre l'Italia imperiale combatte la sua gigantesca e durissima guerra dal Mediterraneo all'Oceano Indiano infliggendo all'Inghilterra amare sconfitte in terra in mare e in cielo, la Nazione, che va orgogliosa dei suoi valorosi combattenti, volge altresì il pensiero agli organismi industriali che ad essi forniscono le armi per il conseguimento della vittoria. Fra tali organismi occupa un posto di primaria importanza il grandioso e complesso stabilimento della "San Giorgio" che forgia gli strumenti di potenza e di offesa occorrenti alle Forze Armate. Rapidissima fu l'evoluzione di questo organismo. Fondato a Borzoli nel 1905 con programma ristretto alle costruzioni automobilistiche, dopo soli tre anni abbandona quel ramo e si dedica alla meccanica generale e poi a quella di precisione con tali risultati che nel 1913-14 le fabbriche devono essere ulteriormente ampliate, mentre si imprime sviluppo al lavoro in grande serie degli strumenti di punteria per le artiglierie e si fonda un nuovo reparto per la produzione di lenti e prismi; nello stesso 1914 vengono lanciate le prime macchine elettriche, produzione questa che da quel momento costituirà la predominante attività dello stabilimento di Borzoli.

In tal modo, sin dallo scoppio della guerra mondiale, le multiformi operosità industriali della "San Giorgio" consentivano di soddisfare le più urgenti richieste delle amministrazioni militari, e poco dopo il grande organismo arricchiva ulteriormente i propri stabilimenti sì da fornire la quasi totalità degli strumenti necessari alle artiglierie dell'Esercito, dei quali eravamo stati sino allora tributari dell'industria straniera. E gli sviluppi continuano: nel 1917 viene assorbito lo stabilimento di Rivarolo Ligure della Società Officine Elettromeccaniche [<125-127>] e lo si orienta verso la produzione delle turbine idrauliche; vengono in seguito annessi e creati stabilimenti a Pistoia, a La Spezia, a Taranto, destinati rispettivamente alla costruzione e riparazione di carriaggi militari e di aeroplani, alla meccanica di precisione, alla meccanica in genere con particolare riguardo alle riparazioni e al montaggio di macchinari di bordo e di strumenti d'artiglieria.

Il complesso industriale della "San Giorgio", può andare fiero del cammino percorso in trent'anni, e delle mète raggiunte, talché il Duce, in una visita alla gloriosa industria di Sestri, poté riportare "le migliori impressioni degli stabilimenti San Giorgio dove vengono preparate le armi per la potenza della Patria". Queste armi comprendono ogni genere di delicati e complessi strumenti per puntamento e tiro delle artiglierie marittime e terrestri e per la condotta del tiro sulle navi da guerra, binocoli prismatici, telemetri, periscopi, e accanto ai prodotti bellici ecco le grandi macchine elettriche e i potenti trasformatori, i raddrizzatori a vapori di mercurio, le turbine idrauliche, i macchinari per le industrie chimiche e quelli per l'attrezzatura completa dei zuccherifici. Mercé l'abilità dei dirigenti la razionale suddivisione delle forze, la bravura delle maestranze e le costanti migliorie tecniche, la "San Giorgio" è oggi elemento fondamentale della capacità produttiva della Nazione, ed apporta nel contempo largo contributo all'autarchia. E se nell'impareggiabile esercitazione navale di Napoli, presenti il Duce e Hitler, l'ammirazione per la nostra formidabile Marina si estese agli apparecchi della "San Giorgio" dei quali sono dotati la maggior parte dei nostri sommergibili e le nostre navi più recenti; oggi più che mai, mentre le Forze Armate si coprono di gloria nella guerra contro l'Impero inglese, si può dunque valutare l'importanza di questo grandioso organismo industriale e immaginare l'entità del suo contributo bellico.

Frattanto la "San Giorgio", protesa nello sforzo dell'ora per concorrere al conseguimento della certa vittoria, sta conquistandosi un altro grande titolo di benemerenza da parte della Nazione, della quale domani, dopo il successo delle armi, tornerà ad essere formidabile elemento di pacifico lavoro.1



1 L'articolo ha una illustrazione in apertura, una a tutta pagina 126 ed una in conclusione, con le seguenti didascalie: "Nel reparto di montaggio e collaudo dei telemetri" → Storia § 24; "Montaggio di macchinario elettrico"; "Nel campo della meccanica di precisione la San Giorgio occupa un posto di primo piano".



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Storia § ??
[Storia delle Officine Galileo], Bollettino dell'Associazione Ottica Italiana, 14 (1940), p. 212. Link esterno OPAC SBN

[...] [<211-212>] fu abbandonata quando dopo il 1880 si iniziò la costruzione dei telemetri da costa. Ma nel 1896 la Galileo alla barriera delle Cure era illuminata con regolatori ad arco di costruzione Galileo, alimentati da una dinamo di costruzione Galileo, e vi è sempre qualcuno dei nostri che può dire quanti sudori e grattacapi gli costava ogni interruzione di luce..... e le interruzioni erano anche molto frequenti.

La costruzione di questi svariati modelli di macchine elettriche se pur tanto accuratamente eseguita da meritare un cenno di lode in una relazione ufficiale di Galileo Ferraris, era stata condotta senza nessun criterio economico, cosicché la vendita ai prezzi domandati era assolutamente impossibile.

Altri costruttori di buoni strumenti di precisione nei decenni passati furono Gino Ceccarelli, meccanico della Scuola per gli Ingegneri di Roma, l'ing. Giovanetti di Genova, e qualche altro.

Rimane ancora il Duroni a Torino presso il quale furono costruiti a quanto sembra i primi telemetri monostatici in Italia, secondo le idee del Colzi.1 Associatosi con certo Bardelli,2 il Colzi, intelligente e capace, ma alquanto visionario, fece costruire dei telemetri presso la Koristka: ma i telemetri potettero svilupparsi soltanto quando furono presi in considerazione da case maggiori: oltre la Galileo, è da menzionare la S. Giorgio, nata in questo secolo, che ha acquistato rapidamente notevolissima importanza.



1 Si tratta di Virgilio Colzi, per cui è nota, ad esempio, la privativa industriale per "Perfezionamenti nei telemetri", n. 157421 registro generale, con decorrenza dal 31 dicembre 1916, rinnovata il 13 luglio 1926; Bollettino della proprietà intellettuale. Parte II. Proprietà industriale, 25 (1926), p. 863; scheda bibliografica Link esterno OPAC SBN.

2 Felice Bardelli?



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Storia § ??
V. Broglia, "Ottica e fotografia", L'Industria : Rivista tecnico-scientifica ed economica, 54 (1940), n. 5, maggio, pp. 117-119 Link esterno Emeroteca BNC Roma, p. 117, p. 118, p. 119. Link esterno OPAC SBN

[119>] Chiuderemo la rassegna ricordando le «Officine San Giorgio», le quali oltre ai veramente eccellenti binocoli prismatici, già largamente venduti in Italia, espongono un telemetro monostatico a base orizzontale della lunghezza di m 4 (fig. 7).1



1 Fa parte di una serie di articoli sulla XXI Fiera di Milano, organizzata nello stesso anno 1940. La figura citata è a p. 118.

Si noti che non si accenna alla San Giorgio nella rassegna della XX Fiera di Milano: V. Broglia, "Ottica e fotografia", L'Industria : Rivista tecnico-scientifica ed economica, 53 (1939), n. 6, giugno, pp. 246-247 Link esterno Emeroteca BNC Roma, p. 246, p. 247.



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Storia § ??
"San Giorgio - Soc. An. Industriale" [presentazione dell'azienda], Etiopia. Rassegna illustrata dell'Impero, 4 (1940), n. 5, maggio, pp. 108-109 Link esterno Emeroteca BNC Roma, p. 108, p. 109. Link esterno OPAC SBN

La "SAN GIORGIO" Società Anonima Industriale di Genova-Sestri, svolge un vastissimo programma dedicato, principalmente, alla produzione dei mezzi necessari all'autarchia ed alla difesa del Paese.

La sua attività si esplica notevolmente nelle seguenti produzioni:

  1. Macchine elettriche, idrauliche, meccaniche ed elettromeccaniche.
  2. Apparecchi per impianti di zuccherifici, distillerie, industrie chimiche, nonché per impianti di estrazione benzolo e ricupero solvente.
  3. Materiali per impianti di riscaldamento.
  4. Materiale mobile ferroviario.
  5. Apparecchiature ottiche complete e congegni per la condotta del tiro navale ed antiaereo tanto da bordo quanto da terra.

La "San Giorgio" occupa attualmente 6.500 dipendenti e possiede Stabilimenti a Genova-Sestri, Genova-Rivarolo, Pistoia, La Spezia, Taranto ed Addis Abeba (quest'ultimo gestito attraverso le Officine Meccaniche d'Etiopia).

***

Nel campo delle costruzioni idroelettriche la "San Giorgio" ha il vanto di avere costruito le prime centrali idroelettriche di Addis Abeba, in sostituzione alle vecchie centrali funzionanti con motori termici.

La prima di dette centrali, della potenza di 400 [<108-109>] cavalli circa, è sorta per iniziativa della Società "Colonalpi" di Torino, assieme ad uno Stabilimento che comprende: Molino per grano, Panificio, Pastificio, Gallettificio e che fornisce dei suoi prodotti Addis Abeba ed una notevole zona all'intorno. Nel dicembre 1939-XVIII, alla presenza del Viceré d'Etiopia, è stata inaugurata la seconda centrale idroelettrica costruita in A.O.I. dopo l'occupazione italiana. Questa nuova centrale, sorta per iniziativa della "Coniel" sul fiume Grande Akaki, sfrutta un salto d'acqua di 95 metri.

In essa sono installati tre gruppi, composti ciascuno di turbina-alternatore-trasformatore, che erogano complessivamente una potenza di 2.500 cavalli circa. Gli alternatori forniscono questa potenza alla tensione di 3.000 V. ed i trasformatori elevano i 3.000 V. a 45.000 V., tensione questa adatta al trasporto dell'energia per distribuzione ad Addis Abeba e dintorni, dove sono i trasformatori che riducono tale tensione di 45.000 V. ad una tensione molto più bassa, adatta all'utilizzazione per la luce e forza. Tutte le macchine idrauliche ed elettriche, tanto della prima, quanto della seconda centrale, furono progettate e costruite nelle Officine dei varî Stabilimenti della "San Giorgio" e montate dal personale delle Officine Elettro-meccaniche d'Etiopia S. A. Questa Società è un'emanazione della "San Giorgio" e la sua costituzione fu decisa subito dopo la conquista dell'Impero per sopperire alle necessità relative ai lavori di montaggio e di manutenzione dei macchinari di costruzione "San Giorgio" e dei tipi similari.

È interessante notare che la "San Giorgio" detiene il primato come costruttrice di centrali idroelettriche anche in Eritrea dove, nel 1920, costruì e montò tutto il macchinario occorrente per la Centrale di Belesa (Asmara) tutt'ora in servizio con due gruppi, composti ciascuno di turbina-alternatore-trasformatore da 500 cavalli e con tutte le apparecchiature occorrenti.

La "San Giorgio" sta ora progettando altri macchinari per nuove centrali idroelettriche da costruirsi in Etiopia per il potenziamento e l'autarchia dell'Impero Italiano creato dal genio del nostro Duce.1



1 L'azienda ha evidentemente partecipato alla "Triennale d'Oltremare": una mostra, inaugurata a Napoli il 9 maggio 1940, a cui è dedicato il numero della rivista. L'articolo è illustrato, in fondo alle due pagine, con tre fotografie dell'impianto idroelettrico sul Grande Akaki: "Vista esterna della centrale e stazione di trasformazione all'aperto", "Interno della centrale" e "Trasformatori-elevatori all'aperto".



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Storia § ??
[Convocazione di assemblea della Cooperativa Case San Giorgio], Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, 81 (1940), n. 247 (21/10/1940), foglio delle inserzioni, p. 4352 Link esterno Google libri. Link esterno OPAC SBN

SOC. AN. COOP. CASE SAN GIORGIO
GENOVA SESTRI

Convocazione di assemblea

I soci sono convocati in assemblea generale straordinaria per il giorno 7 novembre 1940-XIX, alle ore 20,30, nei locali della VI società in via Manglio [sic] Cavagnaro1 n. 17 G. C. Genova-Sestri, per discutere il seguente

Ordine del giorno:

  1. Modifiche statutarie;
  2. Elezione di un sindaco;
  3. Varie.

Eventualmente la seconda convocazione avrà luogo un'ora dopo.

La Presidenza.2



1 Viale Manlio Cavagnaro è diventato, dopo la liberazione dal nazifascismo, viale Carlo Canepa.

2 La convocazione dell'assemblea ordinaria del 30 marzo 1939 è in Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, 80 (1939), n. 57 (9/3/1939), foglio delle inserzioni, p. 1237 Link esterno Au.G.U.Sto (esistente il 28/8/2020).

La situazione abitativa del personale della San Giorgio è accennata in → Storia § 5.



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Storia § ??
"Istituto Nazionale per le Applicazioni del Calcolo", Notiziario economico... de La Chimica e l'Industria, 6 (1940), n. 6-7, giugno-luglio, pp. 115-116 Link esterno Emeroteca BNC Roma, p. 115, p. 116. Link esterno OPAC SBN

La superiore Confederazione ha già avuto occasione di segnalare l'Istituto Nazionale per le Applicazioni del Calcolo, creato in seno al Consiglio Nazionale delle Ricerche, per lo studio di questioni puramente scientifiche concernenti la matematica e la fisica-matematica in genere per lo studio di problemi inerenti alle applicazioni tecniche della matematica.

Su quest'ultimo compito dell'Istituto si richiama, nelle contingenze presenti, l'attenzione dei nostri industriali perché utilizzino per la migliore soluzione dei problemi tecnici, che constantemente affiorano nella pratica corrente, l'opera dell'Istituto stesso.

La scarsa disponibilità di materie prime e l'impiego [<115-116>] di materiali dotati di caratteristiche diverse da quelle possedute dai materiali tradizionali, pongono sovente in primo piano il problema di rivedere formule e coefficienti usuali forniti dalle tabelle di ordinaria consultazione. A tale revisione si deve pervenire con lo studio analitico di funzioni matematiche, talvolta assai complesse, per poter giungere a soluzioni esatte, pur non soltanto dai ragionevoli limiti imposti dalla pratica.

Lo strumento matematico può venire incontro anche per snellire strutture e costruzioni, allo scopo di ridurre al minimo il materiale impiegato, senza compromettere la loro stabilità e potenza.

Dall'altra parte, non si può richiedere al tecnico il possesso di quelle elevate cognizioni matematiche che sono di fondamento ai calcoli imposti da tale compito, onde la creazione di questo Istituto, nel quale il tecnico può trovare tutta l'assistenza scientifica possibile e la piena comprensione delle sue necessità e delle sue mete.

L'Istituto Nazionale per le Applicazioni del Calcolo ha già fornito il richiesto aiuto a diverse ditte che svolgono attività industriale, di cui alcune di primaria importanza come l'Ansaldo, la San Giorgio, la Terni, la Brescia, i Cantieri Riuniti dell'Adriatico.

È tuttavia sommamente desiderabile che le varie categorie industriali si avvalgano sempre più in estensione e in profondità dell'opera dell'Istituto; poiché riteniamo che la mancanza di una più vasta collaborazione sia dovuta alla non sufficiente conoscenza dei mezzi e della finalità dell'Istituto stesso.

Riteniamo opportuno riportare di seguito, a titolo di orientamento, alcune delle ricerche delle quali si è sinora interessato l'Istituto su richiesta di ditte industriali e di professionisti.

Flusso di calore nei solai riscaldati. Sollecitazioni nelle piastre incrociate con nervature diagonali nelle varie condizioni di vincolo. Determinazione delle sollecitazioni in una piastra a forma di settore circolare con diverse condizioni di vincolo.

Sollecitazioni nei dilatatori a lenti nelle tubazioni di vapore. Sollecitazioni in una lamiera rinforzata da montanti. Carico critico di punta dei montanti di una lamiera rinforzata.

Sollecitazioni di un involucro cilindrico con ossature. Sollecitazioni in un involucro di forma torica. Sollecitazioni in una barra porta per un progettato bacino. Dipendenza tra deformazioni e sollecitazioni in una trave a forma u in varie ipotesi di vincolo. Sollecitazioni in una volta sottile per la copertura di un capannone.

Dall'esame di questi argomenti l'industriale interessato potrà, per estensione ed analogia, considerare l'opportunità di affidare all'Istituto l'analisi dei particolari problemi che lo interessano.

Per i collegamenti fra le Aziende e l'Istituto Nazionale per le applicazioni del Calcolo può servire l'Ufficio Tecnico della Confederazione Fascista degli Industriali.1



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Storia § ??
"SAN GIORGIO Società Anonima Industriale. Genova-Sestri", Annuario 1940 (Milano, Associazione Elettrotecnica Italiana, 1941), pp. 131-132. Link esterno OPAC SBN

Sede Sociale: Via Luciano Manara, N. 2 - Genova-Sestri.
Consiglio di Amministrazione: Presidente: Odero Cav. di Gr. Cr. Cav. del Lavoro Attilio - Vice Presidente: Bocciardo Gr. Uff. Cav. del Lavoro Ing. Arturo - Senatore del Regno; Amministratore delegato: Medici Comm. Rag. Severino; Consiglieri: Ardissone Gr. Uff. Rag. Andrea Vincenzo, Campora Avv. Pietro - Segretario del Consiglio, Ciano Amm. Cav. di Gr. Cr. Arturo, Consigliere Nazionale, Doria Lamba Marchese Avv. Ludovico, Lojacono Gr. Uff. Cav. del lavoro Dott. Ing. Giuseppe - Consigliere Nazionale, Molfino Gr. Uff. Dott. Giorgio - Consigliere Nazionale, Orlando Comm. Paolo, Parodi Ing. Giacomo, Pestarini Prof. Dott. Ing. Giuseppe, Massimo, Piaggio Comm. Ing. Armando, Piaggio Ing. Rocco, Pizzorno Gr. Uff. Rag. Ernesto Angelo, Zanardo Gr. Uff. G. B. Collegio Sindacale: Sindaci effettivi: Serrati Comm. Dott. Arturo - Presidente - Chinigò Dott. Moses, Musso Cav. Ing. G. B. - Sindaci supplenti: Da Massa Cav. Carlo, Garolla Avv. Carlo.

La SAN GIORGIO fu fondata nel 1905.
Fin dall'inizio costruì ed esercì lo Stabilimento di Genova-Sestri per costruzioni meccaniche ed elettriche specializzandosi in questa ultima.
Nel 1907 costruì un grande stabilimento a Pistoia per la costruzione e riparazione di materiale mobile ferroviario e tranviario.
Nel 1917 la SAN GIORGIO assorbì gli Stabilimenti della Società Italiana Koerting, contigui al suo stabilimento di Genova-Sestri per dedicarsi ad altre attività nel campo della meccanica.
Nel 1923 la SAN GIORGIO assorbì le Officine Elettromeccaniche di Rivarolo.
Con la fondazione di uno stabilimento in Addis-Abeba, avvenuta subito dopo l'entrata delle truppe Italiane in Addis-Abeba, la Società ha esteso validamente le sue attività nelle terre dell'Impero.
Tali attività sono state inquadrate attraverso la costituzione di una Società sotto la ragione sociale «OFFICINE ELETTROMECCANICHE D'ETIOPIA» della quale la SAN GIORGIO ha il completo controllo.
Gli stabilimenti gestiti dalla SAN GIORGIO sono i seguenti: / Stabilimenti di: / Genova-Sestri / Genova-Rivarolo / Pistoia / La Spezia / Taranto / Addis Abeba (Officine Elettromeccaniche d'Etiopia).

La SAN GIORGIO occupa attualmente oltre 9000 dipendenti.
Capitale: Lit. 71.400.000, versato, interamente italiano.
L'attività della SAN GIORGIO si esplica notevolmente nelle seguenti costruzioni:
     Costruzioni Elettriche: Trasformatori ed alternatori di qualsiasi tipo e potenza - Motori di serie a corrente alternata e continua - Motori speciali per trazione - Motori speciali per laminatoi - Gruppi convertitori - Gruppi convertitori per radiotelegrafia - Macchinario di bordo - Raddrizzatori a vapore di mercurio - Saldatrici elettriche ad arco brevettate.
     Costruzioni Elettromeccaniche: Macchinario ausiliario di bordo - Gruppi elettrogeni con motore [<131-132>] Diesel - Gruppi elettrogeni con motrice a vapore - Elettrocompressori ad alte pressioni.
     Costruzioni Meccaniche: Turbine idrauliche - Regolatori - Pompe di ogni tipo e potenza - Macchinari ed apparecchi per zuccherifici, distillerie e ricupero solventi - Iniettori - Bruciatori di nafta - Apparecchi industriali - Materiali per impianti di riscaldamento.
     Costruzione Veicoli: Costruzione e riparazione di veicoli ferroviari e tranviari - Costruzione di carriaggi - Aeroplani.
     Costruzioni ottiche e di precisione: Strumenti di precisione per artiglierie navali e terrestri - Apparecchi e centrali per la condotta del tiro delle Artiglierie - Binocoli prismatici - Apparecchi di segnalazione stradale.1



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Storia § ??
"La San Giorgio S.A.", La rivista illustrata del Popolo d'Italia, 19 (1941), n. 5, maggio, pp. 147-149 Link esterno Emeroteca BNC Roma, p. 147, p. 148, p. 149. Link esterno OPAC SBN

Uno dei più grandiosi organismi industriali che forgiano gli strumenti bellici per le Forze Armate, e che concorrono quindi potentemente alla conquista della vittoria contro l'Impero britannico, è la "San Giorgio". Questo superbo complesso di stabilimenti e officine ha raggiunto rapidamente il cospicuo posto attuale: fondata a Borzoli nel 1905 per sole costruzioni automobilistiche, la "San Giorgio" dopo tre anni si dedicava alla meccanica generale e poi a quella di precisione. I risultati ottenuti sono tali che nel 1913-14 bisogna ancora ingrandire le fabbriche. Frattanto viene impresso maggior sviluppo alla lavorazione in grande serie degli strumenti di punteria per le artiglierie; viene istituito un nuovo reparto per fabbricazione di lenti e di prismi; vengono infine lanciate le prime [<147-149>] macchine elettriche. Da quel momento l'attività principale dello Stabilimento di Borzoli sarà appunto quella delle lenti e dei prismi. Fu così che allo scoppio della guerra mondiale la "San Giorgio" poté, con multiformi operosità industriali, corrispondere alle più urgenti richieste delle amministrazioni militari; fu mercé tale attrezzatura che il grande organismo, ampliava ed arricchiva ulteriormente i propri stabilimenti, i quali così raggiunsero la potenzialità occorrente a fornire la quasi totalità degli strumenti che necessitano alle artiglierie dell'Esercito, e che sino allora ci venivano dall'estero.

L'ascesa della "San Giorgio" non si arresta. Nel 1917 avviene l'assorbimento dello Stabilimento di Rivarolo Ligure della Società Officine Elettromeccaniche, che è indirizzato alla produzione delle turbine idrauliche. Altre annessioni di stabilimenti, e nuovi impianti, avvengono in seguito a Pistoia, alla Spezia, a Taranto, destinati rispettivamente alla costruzione e riparazioni di carriaggi militari e di aeroplani, alla meccanica di precisione, alla meccanica in genere con particolare riguardo alle riparazioni e al montaggio di macchinari di bordo e di strumenti d'artiglieria.

Trent'anni di vita, un'attività gigantesca, progressi senza soste. Durante una visita alla gloriosa industria di Sestri il Duce riportò le "migliori impressioni degli Stabilimenti 'San Giorgio' dove vengono preparate le armi per la potenza della Patria". Armi che consistono in ogni genere di delicati, complessi strumenti per puntamento e tiro delle artiglierie marittime e terrestri e per la condotta del tiro sulle navi da guerra, binoccoli prismatici, telemetri, periscopi. Oltre alle armi e ai prodotti bellici, bisogna ricordare le grandi macchine elettriche e i potenti trasformatori, i raddrizzatori a vapori di mercurio, le turbine idrauliche, i macchinari per le industrie chimiche e quelli per l'attrezzatura completa degli zuccherifici.

Il contributo all'autarchia, e quindi al conseguimento della vittoria, è notevolissimo da parte della "San Giorgio", il cui potenziamento è in continuo sviluppo, grazie alla perizia dei dirigenti, alla saggia e razionale suddivisione delle forze, all'abilità di maestranze scelte, e agli ininterrotti perfezionamenti tecnici. Nella indimenticabile parata navale di Napoli presenti il Duce e il Führer, l'ammirazione per la nostra magnifica Marina si estendeva naturalmente agli apparecchi usciti dalla officine della "San Giorgio" e montati sulla maggior parte dei nostri più moderni sommergibili e delle più recenti navi; ed oggi la Nazione intera sente l'orgoglio di tali ordigni di guerra, e ne valuta, attraverso quegli eroici episodi che le esigenze del segreto di guerra non consentono di render noti, la enorme importanza agli effetti di questa guerra di liberazione, di questa nostra guerra rivoluzionaria in cui la Marina ha una parte di primissima importanza.

A vittoria conseguita la "San Giorgio" tornerà a essere formidabile elemento di lavoro e di produzione. Fattore essenziale, oggi, per vincere la guerra; strumento altrettanto necessario, domani, per le opere di pace.1



1 L'articolo ha una illustrazione in apertura, una a tutta pagina 148 ed una in conclusione, senza didascalie. L'unica pertinente le ottiche è quella finale, dove due tecnici lavorano al montaggio su banco di un grande telemetro navale → Storia § 26.



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Storia § ??
"La Società San Giorgio nel campo assistenziale e della previdenza", La rivista illustrata del Popolo d'Italia, 20 (1941), n. 11, novembre, pp. 153-154 Link esterno Emeroteca BNC Roma, p. 153, p. 154. Link esterno OPAC SBN

Una grande società industriale come la "San Giorgio" non poteva non essere all'avanguardia, oltre per quanto riguarda la produzione, anche nel campo assistenziale e della previdenza sociale, chè anzi oggi, in Regime fascista, l'opera compiuta sotto questo aspetto è l'indice più sicuro dell'importanza e della potenza della società stessa. Mentre si ubbidisce alle direttive del Fascismo, che impongono di nulla trascurare per rendere migliore e più sana la vita dei propri dipendenti, si dà la prova migliore della solidità e della floridezza di tutto l'edificio industriale.

REFETTORI E SPACCI AZIENDALI – La "San Giorgio" allinea difatti tutta una serie di mirabili realizzazioni, che non temono confronti né in Italia né all'estero. Essa ha già provveduto a costruire presso gli stabilimenti di Genova-Sestri, Genova-Rivarolo e Pistoia tre magnifici refettori, due dei quali già in piena attività, che complessivamente potranno ospitare nei loro ampi e luminosi locali circa duemila dipendenti. In essi ordine e pulizia regnano sovrani. Le cucine, modernissime per attrezzatura, hanno personale specializzato, sottoposto a sua volta a srupolosa vigilanza affinché la preparazione delle vivande corrisponda in tutto e per tutto alle diverse esigenze quantitative e qualitative e possa appagare anche i gusti più raffinati. Inoltre i refettori sono dotati di speciali tavolate e di perfetti scaldavivande per quegli operai che, non volendo e non potendo consumare i pasti preparati nelle cucine della Società, recano da casa quanto loro serve per la colazione. Allo scopo infine di facilitare il rifornimento ai dipendenti dei generi alimentari indispensabili, sono stati istituiti presso gli stabilimenti di Genova-Sestri e di Pistoia spacci speciali di vendita. E rapidamente sono stati ora apprestati i provvidenziali "orti di guerra", per i quali sono state poste a disposizione vaste estensioni di terreno incolto e non sufficientemente sfruttato, e si è favorito in tutti i modi l'allevamento degli animali da cortile.

ABITAZIONI OPERAIE – La "San Giorgio" ha affrontato e risolto in pieno il problema delle abitazioni per gli operai, stanziando man mano cospicue somme per la loro costruzione attraverso l'Istituto Fascista autonomo delle Case Popolari. E oggi i dipendenti della Società godono a buon diritto di tutti gli agi possibili nelle loro belle e linde casette.

CURE MEDICHE – La "San Giorgio" ha istituito una Cassa mutua paritetica autonoma sia per gli stabilimenti di Genova-Sestri sia per lo stabilimento di Pistoia. Attualmente la Cassa Mutua malattie per gli operai degli stabilimenti di Genova-Sestri e Genova-Rivarolo assiste complessivamente 16.000 persone, tra dipendenti della Società e familiari; e quella di Pistoia 4000. [<153-154>] La Mutua ha in funzione presso gli Stabilimenti di Genova-Sestri un grandioso poliambulatorio modernissimamente attrezzato per ogni cura, sia essa generica, oculistica, otorinolaringoiatrica, dermatologica, ginecologica, neurologica, urologica, pediatrica, odontoiatrica. I sanitari addetti sono quanto di più eletto ed esperto si abbia nel campo professionale. Spogliatoi razionali, docce, sale ampie contribuiscono a dare una mirabile impressione dell'insieme. Senza dilungarci con file di dati statistici, ci limiteremo a dire che migliaia e migliaia di persone hanno trovato nel poliambulatorio e fuori del poliambulatorio quelle sollecite cure di cui avevano bisogno senza andare incontro a spese gravose, se non addirittura impossibili.

DOPOLAVORO – L'attività dopolavoristica acquista pure presso la "San Giorgio" di anno in anno un'importanza maggiore e la passione con cui i dopolavoristi della Società si dedicano alle diverse attività (filodrammatica, sci, escursionismo, ciclismo, ecc.) è dimostrata dalle numerose, ottime affermazioni ottenute nelle diverse competizioni provinciali e nazionali a cui hanno partecipato. La Società ha provveduto a dotare i Dopolavoro che sorgono presso i suoi diversi stabilimenti di vaste e belle sale di ritrovo, di biblioteche assai ricche e selezionate, di campi sportivi che favoriscono lo sviluppo delle diverse attività e manifestazioni dopolavoristiche. E con criterio largo e opportuno ha fatto sì che ai Dopolavoro potessero essere inscritti, oltre i dipendenti, anche i loro familiari in modo da formare quasi un'unica grande famiglia e da cementare anche fuori dell'ambito lavorativo quello spirito schietto di cameratismo che deve riunire quanti dedicano alla "San Giorgio" la loro attività.

Così la potente Società va incontro ai bisogni e ai desideri di quanti a essa dedicano, nei campi più svariati, la propria fattiva opera; e si attiene nello stesso tempo ai dettami più alti del Regime: andare incontro al popolo, per elevarlo sempre più, socialmente e moralmente.1



1 L'articolo ha quattro illustrazioni in calce alla prima pagina con didascalia: "Esterno sala da pranzo e cucine del refettorio annesso allo stabilimento di Genova-Rivarolo - Il refettorio di Pistoia". Nella pagina successiva ci sono due illustrazioni in alto, "Stabilimenti di Genova-Sestri: spogliatoio della Sezione Fonderia – Cassa Mutua Malattie di Genova-Sestri: ambulatorio medico", ed una in basso, "Campeggio alpino organizzato dal Dopolavoro della 'San Giorgio' per i dipendenti della Società".



All'indice    1941    Indicatore di completezza
Storia § ??
"Generoso slancio per soccorrere i danneggiati", Genova : rivista mensile edita dal Comune, 21 (1941), n. 3, marzo, p. 27 Link esterno Emeroteca BNC Roma, p. 27. Link esterno OPAC SBN

Immediato, unanime è stato lo slancio della cittadinanza genovese per soccorrere i danneggiati dalla vile aggressione, sistemare i senza tetto, aiutare le famiglie bisognose, provvedere ai bimbi rimasti orfani o con i genitori feriti e degenti negli Ospedali. [...] [<25-26>] [...] [<26-27>] [...] [Nel primo elenco di offerte pervenute al podestà, figurano anche] Ing. Gino Fanno e Signora L. 1.000.1



1 Il bombardamento navale di Genova, il 9 febbraio 1941, aveva fatto effettivamente danni ingenti sia alla città, che ad aree portuali e industriali. La flotta inglese era al di là della portata dei cannoni costieri, la flotta italiana lontana, la protezione aerea nulla Link esterno Wikipedia.



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Storia § 25
[Macchina cinematografica da presa Officine Galileo 300], Notizie per i Laboratori Scientifici e Industriali. A cura delle Officine Galileo - Firenze, 20 (1942), p. 10. Link esterno OPAC SBN

[10>] Le sei superficie segnate in rosso nelle figure [Fig. 1, schema dell'obbiettivo Cinestigmat per focali comprese tra 25 e 50 mm, e Fig. 2, schema dell'obbiettivo Cinestigmat di focale 100 mm] hanno subito il trattamento I per diminuirne il potere riflettente. Le altre due superficie non sono trattate perché per la buona conservazione delle superficie trattate è necessario che esse non siano a contatto con pulviscolo, grassi o simili, condizioni alle quali queste superficie terminali non possono rispondere.1 [...]

Negli obbiettivi «Cinestigmat» mentre è stata eliminata l'aberrazione cromatica in posizione della immagine e quindi tutte le immagini dei diversi colori vanno a finire su uno stesso piano, è stata anche eliminata la variazione cromatica d'ingrandimento e quindi le immagini dei diversi colori sono tutte della stessa grandezza.

Per la fedeltà della riproduzione dei colori oltre a particolari accorgimenti nel metodo di trattamento antiriflettente dell'obbiettivo, è stata curata la scelta di vetri assolutamente incolori.2



1 Gli obbiettivi sviluppati per questa cinepresa sono asimmetrici con quattro lenti semplici e otto superfici libere. L'applicazione del trattamento alle sole superfici interne evidenzia che è ancora di tipo "tenero". Ciò è confermato da un avviso: "A causa del trattamento, particolari cure dovranno essere prese da chi intendesse aprire l'obbiettivo".

2 Sulla base di questo lungo articolo, che dettaglia le caratteristiche tecniche dell'apparecchio, può essere stato realizzato l'opuscolo: Macchina cinematografica da presa O. G. 300 (Milano : Tipografia Bertieri per Officine Galileo, 1942), 8 figure, pp. 27 Link esterno OPAC SBN.



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Storia § ??
[Bombardamenti aerei di Genova], Newsweek, 20 (New York, 1942), n. [da definire], p. 22. Link esterno OPAC SBN

[...] [<21-22>] have been dropped on these industrial cities since Oct. 22, and that 30 per cent of the Italian war industries have been badly damaged.

The devastation wrought in Turin alone has affected nearly 120 acres of this leading industrial city, home of the Fiat motor works, Snia-Viscosa textile factories, and of Officina di Savigliano, Westinghouse Italiana, and Lancia, all world-famous manufacturers of tanks and locomotives. Mussolini admitted in his speech that 161 houses had been destroyed at Turin and 3,059 damaged. According to the RAF, the damage included the Fiat heavy motor works, the State Railway shops, the Tirano motor works, the Westinghouse plant, the Lancia and Michelin factories, and the railway station.

Mussolini mentioned 30 houses destroyed and 2,387 damaged in Milan, and the British claimed that they took in the Pirelli tire factory, the General Electric Works and the Caproni aircraft plant.

The Duce said that Genoa was the worst hit Italian town. He said 203 houses were destroyed and 6,121 damaged in the proud port city, the site of the Ansaldo works, arms, tanks, and ship manufacturers, the Ilva iron and steel works, the Piaggo [Piaggio] plane factory, and the San Giorgio optical equipment and range-finder plant.1 The RAF said damage at Genoa included several acres of shipyards and oil importation premises, gutted tanks, burned-out railway trains and freight cars on sidings, both main railway stations, military barracks, and hits on the giant liners Roma and Augustus in port.2



1 Bombardamenti di Genova nella seconda guerra mondiale Link esterno Wikipedia (esistente l'8/9/2020).

2 Si potrebbe valutare l'entità dei danni alla San Giorgio sulla base delle fonti originali degli archivi britannici: foto aeree, rapporti, ecc.



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Storia § ??
[m.v.n], "Rendimento fotometrico degli strumenti ottici", Coelum, 12 (1942), p. 65. Link esterno OPAC SBN

Il 5 marzo u. s. [1942] il Prof. FRANCESCO SCANDONE ha parlato al Seminario Matematico-Fisico ed Astrofisico della R. Università di Firenze sul rendimento fotometrico degli strumenti ottici. Come è noto, un fascio di raggi attraversando un sistema di lenti viene in parte riflesso dalle superfici ottiche in parte assorbito. Usando qualità di vetro trasparenti per il particolare gruppo di radiazioni che interessa si può ridurre minima la quantità di luce perduta per assorbimento, per cui si può dire che il rendimento di un sistema dipende in massima parte dal numero di superfici con diverso indice di rifrazione che il fascio attraversa, e dai valori degli indici di rifrazione stessi. Già da tempo era stato osservato che obiettivi con superfici un po' ossidate dal tempo erano più luminosi di quando venivano ripuliti. Studi recenti in America e in Russia su questa via avevano portato a dei buoni risultati. Da oltre un anno però anche alle Officine Galileo è stata sperimentata una verniciatura delle superfici ottiche mediante una particolare sostanza. Questa verniciatura con uno spessore dell'ordine di un quarto di lunghezza d'onda ritrasmette la luce riflessa, in modo che il rendimento di un sistema di lenti viene notevolmente rialzato.1



1 Trascrizione integrale.



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Storia § ??
"San Giorgio S. A.", La rivista illustrata del Popolo d'Italia, 20 (1942), n. 5, maggio, pp. 108-110 Link esterno Emeroteca BNC Roma, p. 108, p. 109, p. 110. Link esterno OPAC SBN

Parlare oggi della S. A. San Giorgio di Genova-Sestri significa additare all'attenzione degli Italiani uno di quei potenti organismi industriali che col loro lavoro e con la loro produzione concorrono ad alimentare le necessità di una guerra complessa ed estesa come l'attuale, e quindi a conseguire la vittoria.

Le origini della San Giorgio sono ormai lontane. Fu nel 1905, infatti, che sorse a Borzoli, con attività ristretta alla fabbricazione delle automobili, quello che in seguito doveva diventare con rapide tappe uno dei più grandiosi e potenti organismi industriali della Nazione, talchè oggi la San Giorgio, con la raggiunta capacità produttiva specializzata in macchinari e strumenti di precisione, si è conquistata un prestigio ambitissimo, una rinomanza che trascende i confini della Patria, e grandi benemerenze nei riguardi dell'autarchia.[<108-109>]

Ora, volendo disegnare un quadro sia pure approssimativo della potenzialità produttiva della San Giorgio, occorrerebbe una trattazione molto più vasta e particolareggiata di quella forzatamente più sintetica in cui siamo costretti a contenerci. Ci limiteremo pertanto a una semplice elencazione.

Ricorderemo innanzitutto la produzione in grande serie dei materiali e dei congegni bellici, comprendente ogni genere di delicati e complessi strumenti per il puntamento delle artiglierie marittime e terrestri, e apparecchiature ottiche complete, e congegni per la condotta del tiro navale e antiaereo tanto da bordo che da terra: binocoli prismatici, telemetri, periscopi, strumenti vari di punteria. Diremo inoltre delle grandiose macchine elettriche idrauliche, meccaniche ed elettromeccaniche e dei potenti trasformatori (ne sono stati approntati di 43.000 kwa. per il solo impianto Galleto della Terni); e dei raddrizzatori a vapori di mercurio, e delle turbine idrauliche, e dei macchinari per industrie chimiche e varie e quelli per la completa attrezzatura di zuccherifici e distillerie, nonchè per impianti di estrazione del benzolo e per recupero solvente, e dei materiali per impianti di riscaldamento e materiale mobile ferroviario. Seimilacinquecento persone, tra operai e impiegati, sono costantemente occupate nel complesso industriale della San Giorgio che occupa 700.000 metri quadrati con stabilimenti, un campo d'aviazione e un'area coperta di oltre 100.000 metri quadrati.

Un titolo d'onore la San Giorgio si è poi conquistata nel campo dell'autarchia, ciò che accresce [<109-110>] le sue benemerenze in un settore fra i più importanti, specialmente in tempo di guerra. Infatti la suddivisione razionale delle proprie forze, la sempre più perfetta organizzazione tecnica, la genialità dei dirigenti e la qualità ognor più scelta delle maestranze, fanno sì che la San Giorgio costituisca non soltanto uno dei più imponenti complessi industriali della Nazione, ma occupi altresì un posto speciale, ed essenziale, nel quadro delle realizzazioni autarchiche. Nella sua visita alla gloriosa industria di Sestri, il Duce ebbe a riportare le "migliori impressioni negli Stabilimenti San Giorgio, dove vengono preparate le armi per la potenza della Patria". Ciò costituisce alto orgoglio e insieme incitamento a perfezionare sempre più la produzione e ad accrescerla; e i dirigenti della San Giorgio ne hanno tratto uno stimolo che si tradurrà in opere concrete. Così pure nell'indimenticabile esercitazione navale di Napoli, svoltasi alla presenza di Mussolini e di Hitler, l'ammirazione che destò la superba parata comprese naturalmente anche gli apparecchi della San Giorgio, apparecchi di cui sono dotati in gran parte i nostri sommergibili e le navi più recenti.

Ora più che mai, mentre la guerra si estende a tutti i continenti, l'attività della San Giorgio è intesa a concorrere al conseguimento della vittoria. Il compiacimento e la fierezza delle tappe compiute, dei progressi raggiunti, della potenzialità produttiva sempre in aumento, se costituiscono un patrimonio d'onore, rappresentano altresì un impegno ad essere sempre più degni. Con questo spirito e con questi propositi, la San Giorgio è in linea, in prima linea, sul fronte di guerra dell'Asse e del Tripartito.1



1 Le illustrazioni hanno le seguenti didascalie: p. 108, "Montaggio di un rotore di grande potenza in un reparto di costruzioni elettriche della San Giorgio S. A."; p. 109, "Testa di trasformatori elettrici ad altissima tensione in montaggio negli stabilimenti San Giorgio"; p. 110, "Un telemetro in funzione presso una nostra batteria antiaerea".



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"San Giorgio S. A.", La rivista illustrata del Popolo d'Italia, 21 (1942), n. 11, novembre, pp. 115-117 Link esterno Emeroteca BNC Roma, p. 115, p. 116, p. 117. Link esterno OPAC SBN

Nel 1905 si costituiva a Borzoli la Società San Giorgio col programma limitato alle costruzioni automobilistiche. Ma dopo soli tre anni gli stabilimenti si attrezzavano per la meccanica generale e quindi per la meccanica di precisione. Da quel momento gli sviluppi della San Giorgio si accrebbero con tale intensità e rapidità che nel 1913-14 si rese necessario un ulteriore accrescimento degli stabilimenti, mentre si imprimeva maggiore sviluppo alla lavorazione in grande serie degli strumenti di punteria per le artiglierie, veniva istituito un nuovo reparto per la fabbricazione di lenti e di prismi, ed erano lanciate le prime macchine elettriche. Era ormai costituito quel grandioso organismo industriale che oggi apporta un contributo importantissimo al rifornimento di strumenti bellici necessari alle Forze Armate.

Già sin dallo scoppio della Grande Guerra le multiformi operosità industriali della "San Giorgio" corrisposero alle più urgenti richieste delle amministrazioni militari; operosità che ebbero allora un ulteriore impulso: le attrezzature furono aumentate e perfezionate, gli stabilimenti vennero arricchiti e ampliati, talchè la "San Giorgio" si trovò in condizioni di fornire la quasi totalità degli strumenti che necessitano alle artiglierie dell'Esercito e delle quali sino allora eravamo tributari dell'estero. E l'ascesa continuò. Nel 1917 avvenne l'assorbimento di uno stabilimento elettromeccanico di altra Società, il quale fu indirizzato alla produzione delle turbine elettriche. Nuovi impianti e ulteriori annessioni di stabilimenti si effettuarono in varie località e si iniziò la costruzione di cariaggi militari e di aeroplani, e si svilupparono le lavorazioni di meccanica di precisione e di meccanica in genere con particolare riguardo alle riparazioni e al montaggio di macchinari di bordo e di strumenti di artiglieria.

Se le basi della gloriosa industria di Sestri posavano nel più sano terreno della realtà industriale e organizzativa, e quindi l'azienda doveva marciare a grandi tappe verso gli sviluppi attuali, questi tuttavia sono stati enormemente favoriti dal nuovo clima sociale instaurato dal Fascismo. Oggi, nella ricorrenza del Ventennale, mentre la "San Giorgio" ricorda con accresciuta fierezza una visita del Duce, durante la quale il Capo del Governo riportò "le migliori impressioni dei Stabilimenti 'San Giorgio' dove vengono preparate le armi per la potenza della Patria"; mentre l'altissimo compiacimento esalta la volontà e accresce la tenacia degli intenti, dirigenti e maestranze sanno che lo spirito di collaborazione, che la disciplina da cui è animato il loro comune e armonico lavoro, che la consapevolezza del dovere sentito e non subito o tollerato, sono frutti del rinnovamento morale e materiale del Regime corporativo.

Alla "San Giorgio" la piena rispondenza fra braccio e cervello, fra ideatori ed esecutori, tra gabinetto scientifico e banco del tornitore, costituiscono il segreto dell'attività gigantesca che vi si svolge nell'ordine e in meticolosa precisione. I lavoratori sentono di far parte dell'azienda, non come elementi bruti, puramente materiali, ma con la loro coscienza, la loro volontà, il loro spirito di sacrificio che soltanto [un] movente ideale può suscitare. Questo movente ideale è l'idea fascista; è, oggi, l'inflessibile volontà di vincere la guerra. Non sono estranei o indifferenti a questa nostra guerra di liberazione, [<115-117>] gli operai; ma si rendono conto chiaramente e con passione patriottica dei suoi fini di giustizia sociale e umana.

Nella indimenticabile parata navale di Napoli svoltasi alla presenza del Duce e del Führer l'ammirazione per la nostra magnifica e invitta Marina si estese anche agli apparecchi usciti dalle Officine "San Giorgio" e montati sulla maggior parte dei nostri più moderni sommergibili e delle più recenti navi: complessi strumenti per puntamento e tiro delle artiglierie marittime e terrestri e per la condotta del tiro sulle navi da guerra, binoccoli prismatici, telemetri, periscopi. Oltre alle armi e ai prodotti bellici, escono dalla "San Giorgio" grandi macchine elettriche e potenti trasformatori, raddrizzatori a vapori di mercurio, turbine idrauliche, macchinari per le industrie chimiche e per la completa attrezzatura degli zuccherifici. Come si vede, la "San Giorgio" reca pure grande contributo all'autarchia, questo fondamentale elemento di vittoria.

Perizia di dirigenti, saggia e razionale distribuzione delle forze, abilità di scelte maestranze, instancabili e ininterrotti perfezionamenti tecnici, pongono la "San Giorgio" in una situazione fondamentale per la produzione bellica, talchè, mentre dopo il trionfo delle nostre armi essa tornerà ad essere formidabile elemento di produzione e di lavoro per le opere di pace, oggi costituisce uno strumento formidabile per conseguire quella certa vittoria che è l'indispensabile premessa del luminoso avvenire riservato al nostro Paese.1



1 Le illustrazioni nel testo, senza didascalia, sono alle pp. 115 – il comandante di un sottomarino al periscopio – e 117 – due fasci di luce da fotoelettriche in funzione antiaerea –. L'intera p. 116 è dedicata ad una figura a colori sulle produzioni elettromeccaniche ed ottiche.



All'indice    1944    Indicatore di completezza
Storia § 17
"Confisca a favore dello Stato di beni appartenenti al sig. Fanno Gino fu Giacomo di razza ebraica", Gazzetta Ufficiale d'Italia , 85 (1944), n. 78 (3/4/1944), parte prima, p. 331 Link esterno Au.G.U.Sto. Link esterno OPAC SBN

IL CAPO DELLA PROVINCIA DI GENOVA 1

Visto il Decreto legislativo del Duce in data 4 gennaio 1944-XXII N. 2 che detta nuove disposizioni concernenti i beni posseduti dai cittadini di razza ebraica;
Visto il Decreto Legge 17 novembre 1938-XVII N. 1728 contenente provvedimenti per la difesa della razza italiana ed il Decreto Legge 2 giugno 1939-XVII N. 739 per l'attuazione ed integrazione delle disposizioni di cui all'art. 10 del precedente Decreto legge;
Ritenuto che le persone in appresso indicate sono appartenenti alla razza ebraica, a mente delle disposizioni del Decreto Legge 17 novembre 1938-XVII N. 1728 e che le medesime risultano proprietarie dei beni sottospecificati:

Decreta:

1) Sono confiscati a favore dello Stato i seguenti beni di pertinenza del cittadino di razza ebraica: Fanno Gino fu Giacomo:
a) Casa in Genova-Pegli, Viale Umberto (ora Via Pietro II. di Savoia, N. 29, di vani 12 complessivi al piano terreno e due piani soprastanti, e vani 3 sotterranei, partita N. 1120 del Catasto di Genova Pegli, senza reddito imponibile perché nuova costruzione, valutata agli effetti dell'imposta sul patrimonio L. 108.000,00, e mobilio nella stessa contenuto; detto stabile è occupato da truppe germaniche;2
b) Certificato N. 517 rappresentante N. 830 azioni della Società industriale «San Giorgio», del valore di Lire 207.000,00, presso la sede della Società stessa, in Genova-Sestri.
c) Disponibilità in conto corrente a vista, 4,50%, presso la sopracitata Società, per l'ammontare di L. 160.754,75 in capitale e interessi al 31 dicembre 1943-XXII;
d) Assegno circolare N. 3-018.579 della Banca Nazionale del Lavoro per L. 3386,35 presso la Società medesima.

2) I beni sopracitati sono affidati per la gestione e il successivo realizzo all'Ente di gestione e liquidazione immobiliare, che eserciterà le mansioni affidategli giusta gli articoli 9 a 14 del citato Decreto Legislativo del Duce 4 Gennaio 1944-XXII N. 2.

3) Il presente Decreto è immediatamente eseguibile e sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale d'Italia.

Ordiniamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne sieno richiesti ed a chiunque spetti di mettere in esecuzione il presente decreto, al pubblico ministero di darvi assistenza ed a tutti gli ufficiali della Forza pubblica di concorrervi, quando ne siano legalmente richiesti.

Genova, 20 Marzo 1944-XXII.

(251/c) / Il Capo della Provincia 3



1 Carlo Emanuele Basile (1885-1972) Link esterno Wikipedia (esistente il 28/7/2020).

2 Attualmente al civico 29 di viale Giorgio Modugno → Documenti.



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Storia § ??
G. Martinez, "Sguardo sull'industria ottica italiana", Bollettino dell'Associazione Ottica Italiana, nuova serie, 1 (1946), n. 1, agosto, pp. 6-8. Link esterno OPAC SBN

L'industria ottica italiana, modesta e limitata prima della guerra del 1914, ebbe per necessità belliche un notevole incremento durante quella guerra, trovandosi alla fine di essa potenziata bensì nei mezzi di produzione, ma nello stesso tempo disordinata, essendo allora ben pochi i tecnici che avevano qualche conoscenza di ottica. Consci che senza una maggior diffusione di cultura specializzata non si sarebbe potuta mantenere un'industria che doveva competere con i prodotti ottici che prima in gran copia – anzi quasi esclusivamente – venivano dalla Germania, fu fondata l'Associazione Ottica Italiana e per la spinta dei più autorevoli membri di questa fu creato poi l'Istituto Nazionale di Ottica in Arcetri (Firenze). Quivi via via parecchi giovani acquistarono cognizioni teoriche e pratiche e furono ricercatissimi dalle case che intendevano continuare nella costruzione di strumenti ottici, o addirittura intraprenderla.

Nel ventennio successivo al 1922 l'industria ottica italiana si affermò sempre più, affinandosi e raggiungendo alta perfezione nei prodotti. I metodi interferenziali usati su vasta scala nelle officine stesse di produzione permisero di controllare nel miglior modo gli elementi ottici che ormai venivano sempre costruiti in seguito a dati forniti da uffici di calcolo bene addestrati, e non più col vecchio sistema empirico dei successivi ritocchi.

La già rinomata fabbricazione dei microscopi, iniziata in Italia verso il 1880 da Francesco Koristka, riceveva nuovo impulso dopo che lo Stabilimento del Koristka a Milano veniva assorbito dalle Officine Galileo di Firenze che lo dotavano di numerose nuove macchine, mettendolo in condizioni di costruire, anche su vasta scala, obbiettivi fotografici, binocoli [<6-7>] ed altri apparecchi ottici, come polarimetri, saccarimetri ecc.

A Firenze le Officine Galileo studiavano e perfezionavano telemetri, e dall'unico modello originariamente costruito durante la guerra di m. 1,50 di lunghezza passarono a costruire telemetri di metri 3, 4, 6, 9 e perfino di 12 metri, mentre scendevano anche alle dimensioni di metri 0,60 e 0,40.

Anche la San Giorgio con i grandiosi stabilimenti ottici a Genova e a Pistoia costruì analoghi telemetri, rivaleggiando le due case nei perfezionamenti. La San Giorgio allestiva in grande quantità binocoli prismatici che venivano pure costruiti dalla Filotecnica di Milano, l'antica apprezzatissima Ditta per tanti anni diretta dall'Ing. Angelo Salmoiraghi. Questa Casa continuava la costruzione di strumenti topografici, geodetici e astronomici ed era forse la più nota nel campo della produzione civile di ottica e di strumenti vari di precisione.

Per mostrare la propria potenzialità le Officine Galileo vollero tentare la costruzione di un grande telescopio, e, ottenuta l'ordinazione di uno strumento con specchio di m. 1,25 di diametro, portarono a compimento l'opera grandiosa, realizzando, fino dal primo specchio costruito, un riflettore parabolico perfetto e tutto un insieme meccanico imponente che fortunatamente non ha subito danni dalla guerra. L'Osservatorio di Asiago della nota Università di Padova possiede così il più potente telescopio che si abbia oggi in Europa e l'installazione su di un altipiano, a circa mille metri sul mare, lo rende atto ad osservazioni astronomiche nelle migliori condizioni.

Alle tre Ditte nominate, che rappresentano per così dire l'antica aristocrazia della produzione ottica italiana, e che tutte hanno più di 30 anni di vita, anzi la Filotecnica e la Galileo ne hanno circa 80, si sono aggiunte recentemente altre case più o meno importanti. Fra queste menzioneremo la Ducati, già nota nel campo radio, che durante la guerra ha avuto modo di produrre molti binocoli ed apparecchi militari, ed ora si affaccia potente e bene organizzata commercialmente nel campo civile.

A Torino in ottica e meccanica di precisione è conosciuta la Microtecnica.

A Milano, oltre alle aziende dirette dai fratelli Koristka, che si erano separati dalla Casa Madre del Koristka assorbita dalla Galileo, come si è detto, fioriscono altre piccole aziende più o meno specializzate.

A Roma ha notevole importanza la Ditta O.M.I., già specializzata in apparecchi ottici per l'aeronautica e in strumenti topografici e fotogrammetrici; essa costruisce ora strumenti topografici, ma tende ad allargarsi nel campo elettrico.

A Firenze è sorta da poco la S.I.R.I.O. che ha lanciato sul mercato una macchina fotografica senza pretese, di poco prezzo, con obbiettivo di apertura relativa 1:8. Però macchine fotografiche di molto maggior pregio stanno preparando altre Case che si interessano alla produzione ottica se pur non sono produttrici dirette di strumenti ottici: così la Ferrania, che produce eccellenti lastre e film, mette via via sul mercato macchine fotografiche di vario pregio: sembra che prossimamente sul mercato italiano compariranno interessantissimi prodotti del genere. Certo è che gli obbiettivi studiati e realizzati dalle principali Case sono veramente buoni: in modo particolare si possono citare quelli delle Officine Galileo per fotografia e cinematografia; obbiettivi con apertura relativa fino a 1:2 sono stati realizzati con successo e così per uso di cinematografia vengono costruiti ottimi specchi riflettori.

Lavori di fotogrammetria con i metodi [<7-8>] Santoni sono condotti dalla Società E. I. R. A. (Ente Italiano Rilievi Aerofotogrammetrici) di Firenze. Gli apparecchi Santoni sono pure da attribuire alla produzione ottica.

In un solo punto la produzione ottica italiana trova qualche volta difficoltà: nell'approvvigionamento di vetro e forse si potrebbe avere notevole scambio di prodotti di vetro ottico greggio dall'Inghilterra e dalla Francia contro prodotti di ottica fine lavorati in Italia. Non ogni tipo di vetro ottico viene oggi costruito in Italia; scarsa del tutto è poi la produzione di vetri di semi-ottica, quali per esempio sono necessari per l'industria dellle lenti da occhiali. Molti sono oggi i produttori di questo articolo in Italia. Ma un solo grandioso stabilimento vi è oltre a parecchi di media importanza, ed è quello di Marghera, emanazione delle Officine Galileo. Questo Stabilimento va risorgendo dopo i grandi danni derivatigli dalla guerra. Quando sarà in ordine, esso sarà capace di una produzione giornaliera di qualche migliaio di lenti di alta classe.

Nell'insieme, l'industria ottica italiana, nella sua parte seria ed importante, tiene a distinguersi per qualità del prodotto. Al miglioramento continuo e alla sua buona presentazione commerciale tendono gli sforzi degli industriali italiani più importanti.1



1 L'autore è Giulio Martinez, Officine Galileo. Trascrizione integrale.



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Storia § 25
F. Scandone, "Il trattamento antiriflettente delle ottiche", Bollettino dell'Associazione Ottica Italiana, nuova serie, 1 (1946), pp. 114-121. Link esterno OPAC SBN

1. – È noto come ogni volta che la luce entra o esce da una lamina di vetro o altro mezzo trasparente, una parte dell'energia luminosa, anziché proseguire nel suo percorso, ritorna indietro nel mezzo da cui proviene, ossia viene riflessa (fig. 1). Questo fenomeno è provato dall'esperienza quotidiana di poterci specchiare nei vetri di una finestra, nel cristallo di una vetrina, sulla superficie dell'acqua.

Fig. 1. – Quando la luce incide su di una superficie di separazione aria-vetro circa il 5% si riflette mentre il 95% viene trasmesso.

Questa luce riflessa va considerata perduta, perché anziché concorrere a formare l'immagine degli oggetti sul fondo dell'occhio o sulla lastra fotografica, viene rinviata nella direzione di provenienza. Se si pensa che gli strumenti ottici hanno un numero di superficie d'ingresso e d'uscita che varia, da un minimo che va da 6 a 10 per un buon obbiettivo fotografico, ad un massimo che supera 30 per i complessi strumenti ottici come per es. un periscopio, si capisce come le perdite di energia luminosa siano sempre elevatissime, e come nella maggior parte degli strumenti ottici solo una frazione molto moderata della luce incidente venga utilizzata nella formazione delle immagini.

Fig. 2. – Percentuale di luce trasmessa attraverso uno strumento ottico.
La curva mostra il rendimento di uno strumento ottico nell'ipotesi che le perdite siano dovute solamente alla luce riflessa da ogni superficie aria-vetro o vetro-aria. A queste perdite si aggiungono quelle dovute all'assorbimento del vetro, alle superfici che separano due vetri fra loro, ecc.

Il grafico della fig. 2 mostra quale sia [<114-115>] la percentuale di luce che riesce ad attraversare uno strumento ottico in relazione al numero di superficie di vetro che in essa compaiono.

Si vede così che gli strumenti più rudimentali come ad esempio le lenti da occhiali, aventi solo due superficie vetro-aria, hanno il maggior rendimento luminoso, mentre invece gli strumenti più perfetti hanno un rendimento scadentissimo.

Ma questo non è il solo difetto introdotto negli strumenti ottici dalla presenza delle superficie delle lenti che lo compongono. Parte della luce riflessa da una superficie, supponiamo ad esempio dalla terza a partire dalla superficie di ingresso (fig. 3), nel suo cammino a ritroso, potrà essere nuovamente riflessa dalla prima o dalla seconda, dando luogo così a luce che viene nuovamente convogliata verso l'occhio o verso la lastra fotografica: ma questa luce, avendo percorso attraverso lo strumento un cammino tutto diverso da quello previsto, non concorre a formare l'immagine principale dell'oggetto ma formerà delle immagini supplementari più o meno definite, che daranno luogo, a seconda dei casi, a riflessi nocivi, immagini secondarie e annebbiamento dell'immagine principale.

Fig. 3. – Genesi di una immagine catadiottrica in un obbiettivo fotografico.
Il tratto unito rappresenta il raggio che forma l'immagine principale, il tratteggio un raggio che forma l'immagine catadiottrica.
I numeri indicano le intensità della luce riferite al valore 100 attribuito al raggio incidente.

Per questa ragione, vi sono pregevolissimi obbiettivi moderni che non possono essere utilizzati in certe condizioni di luce perché danno luogo sulla pellicola a riflessi ed aloni, e così pure se guardiamo nella notte, col migliore binocolo del mondo, un lampione in lontananza, lo vedremo moltiplicato miracolosamente.

La nebulosità generale dell'immagine è poi difetto assai grave di tutti gli strumenti ottici molto complessi.

Sino a tempi relativamente recenti, studiosi e costruttori hanno fermamente creduto non esservi possibilità di rimedio a tutti questi inconvenienti, perché essi sono la conseguenza inevitabile del principio stesso su cui gli strumenti ottici sono fondati, e cioè sulla presenza di superficie di separazione di mezzi rinfrangenti diversi.

[DA COMPLETARE] Un vecchio costruttore di obbiettivi fotografici noti in tutto il mondo, Taylor, fece verso il 1896 una curiosa osservazione: i vecchi obbiettivi che ritornavano a lui dai clienti per la riparazione e che avevano le superfici di vetro tutte ossidate, presentando delle ben note iridescenze, erano alcune volte decisamente più luminosi di quelli nuovi, dalle superficie perfettamente terse e trasparenti. Veniva così affermata l'idea che una opportuna modificazione della superficie ottica poteva aumentare la trasmissione della luce a danno della riflessione. Per molti anni i costruttori, nel segreto dei [<115-116>] loro laboratori, hanno tentato di ottenere artificialmente queste alterazioni nelle superfici delle lenti.

Si ha notizia che nella guerra 1915-18 i periscopi costruiti dalla ditta americana Kollmorgen, avessero delle lenti attaccate chimicamente in modo che le superfici presentavano una colorazione leggermente violacea.

Analoghe colorazioni presentavano le ottiche di periscopi tedeschi nel dopo guerra. La ragione per la quale questi tentativi si facessero in special modo sui periscopi è evidente: dato che il miglioramento ottenuto con tali primitivi procedimenti era minimo, esso poteva raggiungere un valore praticamente importante solo in uno strumento contenente moltissime lenti, come è appunto il periscopio.

Soltanto più tardi i ricercatori compresero la esatta teoria del fenomeno, e a quali condizioni bisognava soddisfare perchè si potesse arrivare alla completa estinzione della luce riflessa col massimo guadagno di quella trasmessa.

È difficile dire chi primo abbia chiarito queste idee: esse si sono sviluppate in diversi luoghi indipendentemente, dato che, per ragioni di interesse industriale e nazionale, pochissimo si è scritto sull'argomento: è certo che nel 1927, nella pubblicazione di uno studio in proposito fatto dall'Istituto Ottico di Francia, le idee sono ancora nebulose. Intanto in America i fisici di Pasadena ed in particolare J. J. Strong facevano progredire rapidamente una nuova tecnica capace di depositare su di una superficie levigata, come ad es. il vetro, delle pellicole estremamente sottili (dell'ordine dei centesimi di millesimi di millimetro) di una sostanza qualsivoglia.

Lo studio di questi depositi sottili portava a comprendere chiaramente l'esatta via da seguire per ottenere la completa trasmissione della luce e il corrispondente annullamento della luce riflessa.

Da allora (siamo circa al 1936), i laboratori di ricerche delle principali industrie ottiche mondiali hanno lavorato accanitamente per mettere a punto il trattamento antiriflettente delle ottiche e si può dire che con mezzi, procedimenti e metodi diversi, tra il 1939 e il 1941 la ditta Zeiss in Germania, la ditta Bausch & Lomb e Kodak in America, le Officine Galileo in Italia sono arrivate ad una produzione industriale.

3. – Il principio teorico su cui si basa l'annullamento del coefficiente di riflessione di una superficie ottica è schematicamente il seguente: Supponiamo di interporre tra il vetro e l'aria uno strato sottile di sostanza trasparente avente un indice di rifrazione intermedio tra quello dell'aria e quello del vetro (fig. 4). In questo modo la luce proveniente dall'aria incontra prima una superficie di separazione aria-sostanza intermedia, e poi una superficie di separazione sostanza intermedia vetro.

Poiché a ciascuna di queste superficie l'indice di rifrazione l'indice di rifrazione varia bruscamente, una parte della luce viene riflessa indietro.

Seguendo un raggio I in arrivo sulla prima superficie di separazione, vediamo che una parte si riflette dando luogo ad un raggio riflesso r1 e insieme si ha un raggio trasmesso a1.

Il raggio a1 attraversa lo strato intermedio ed incide sulla seconda superficie di separazione dando luogo ad un raggio riflesso b1 e ad uno trasmesso t1 che penetra definitivamente nel vetro. Ma il raggio b1 tornando indietro incide sulla prima superficie di separazione dando luogo ad un raggio trasmesso r2 e ad uno riflesso a2. Il raggio a2 torna di nuovo sulla seconda superficie di separazione generando [<116-117>] un fascio riflesso b2 e ad uno trasmesso t2 e così via.

In definitiva nell'aria abbiamo una serie di raggi riflessi r1, r2, r3, ecc. e nel vetro una serie di raggi trasmessi t1, t2, t3, ecc.

In teoria si hanno infiniti raggi riflessi e infiniti trasmessi, ma essi diventano rapidamente così deboli che soltanto i primi termini della serie hanno importanza agli effetti pratici.

Fig. 4. – Principio interferenziale del trattamento antiriflettente.
Lo spessore dello strato denominato «trattamento» deve essere dosato in modo che la differenza di tempo
impiegato dalla luce a percorrere il tratto a-b superi di mezzo periodo il tempo impiegato a percorrere il tratto c.

Dobbiamo adesso ricordare che la luce è un fenomeno ondulatorio dello stesso tipo di quello delle onde usate in radiotecnica e delle onde sonore, dobbiamo perciò immaginare che su ciascuno dei raggi considerati si propaga una vibrazione d'onda.

Se due tali vibrazioni si sovrappongono in fase, cioè in maniera che le creste coincidono con le creste e le valli con le valli, è evidente che il risultato sarà una vibrazione di ampiezza doppia.

Ma se due vibrazioni si sovrappongono in opposizione di fase, cioè in maniera che alle creste dell'una corrispondono le valli dell'altra è evidente che i due movimenti si compensano e non si ha più alcuna vibrazione: lungo tutta la zona di sovrapposizione si avrà la quiete.

Il principio del trattamento antiriflettente si basa proprio su questo fatto: cioè nel fare in modo che le vibrazioni dei raggi r1, r2, r3, ecc. siano in opposizione di fase con la vibrazione di r1 in modo tale da annullare completamente gli effetti: quando questa condizione è ottenuta non si ha più alcuna luce riflessa.

Per fare in modo che il raggio r2 sia in opposizione di fase con l'r1 basta dosare lo spessore del trattamento in modo che il percorso ab, sia opportunamente più lungo del percorso c (Fig. 4).

La vibrazione di r2 arriva perciò a sovrapporsi con ritardo alla vibrazione r1 e se il ritardo è precisamente di mezza lunghezza d'onda la sovrapposizione avviene con esatta opposizione di fase. Un ragionamento analogo sebbene un po' più complesso vale per tutti gli altri raggi r3, r4, ecc.

Inoltre un esame dettagliato del fenomeno mostra che, quando si è realizzata la condizione per l'esatto annullamento della luce riflessa, tutti i raggi t1, t2, t3, ecc., escono in fase e cioè si rinforzano reciprocamente di modo che l'energia del raggio riflesso che sembrava essere stata annientata, si ritrova invece a rinforzare la luce trasmessa, ciò che era prevedibile, poiché tutti sanno che l'energia non si [<117-118>] può distruggere, e se è scomparsa da una parte deve ricomparire in qualche modo altrove. Per una dimostrazione più particolareggiata vedi la didascalia alla fig. 4.

Abbiamo visto così come si può annullare la riflessione sulle superfici di vetro e rendere totale la trasmissione della luce attraverso di esse. Per fare ciò occorre soddisfare rigorosamente a due condizioni: primo, che l'indice di rifrazione dello strato intermedio abbia un valore preciso in relazione a quello del vetro su cui viene sovrapposto; secondo, lo spessore di tale strato deve essere rigorosamente quello determinato dalla teoria matematica per ottenere l'opposizione di fase dei raggi riflessi. Ed è soltanto recentemente che si è arrivati a soddisfare con esattezza ad ambedue a queste richieste e i procedimenti delle diverse case costruttrici differiscono proprio nella via seguita per realizzare materialmente queste condizioni.

4. – Negli strumenti ottici i raggi luminosi incidono sulle faccie delle lenti sotto angoli diversissimi. Alcune volte incidono perpendicolarmente (incidenza 0°), altre volte invece inclinati di 10°, 20° sino a 50° o 60° dalla normale alla superficie. È evidente che per ogni angolo di incidenza si dovrebbe dare allo strato del trattamento antiriflettente uno spessore leggermente diverso. C'è da chiedersi, se una volta annullata la luce riflessa per i raggi che arrivano con incidenza zero, non si abbia invece una notevole riflessione per i raggi obliqui.

Lo studio matematico della cosa mostra invece che siamo a questo riguardo molto fortunati, e il coefficiente di riflessione rimane trascurabile per tutte le incidenze che interessano nella pratica. La fig. 5 mostra che, mentre sulle superficie non trattate la riflessione aumenta rapidamente con l'obliquità dei raggi incidenti, nelle ottiche trattate tale riflessione rimane trascurabile fino a inclinazioni di 50-60°; perciò il guadagno di luce delle ottiche trattate rispetto a quelle normali è più sentito per i raggi obliqui, ciò che ha particolare importanza negli obbiettivi fotografici moderni, dove hanno spesso luogo incidenze sotto angoli molto notevoli.

Fig. 5. – Dipendenza del coefficiente di riflessione dall'angolo di incidenza.
La curva superiore si riferisce alla superficie aria-vetro semplice, la curva inferiore alla stessa superficie trattata.
Si vede come il coefficiente di riflessione si mantiene praticamente nullo fino ad angoli di incidenza assai notevoli.

Un'altra considerazione da fare è che un dato spessore del trattamento annulla esattamente la luce riflessa solo per la vibrazione di una data lunghezza d'onda cioè per un solo colore.

Per gli altri colori i raggi riflessi r1, r2, ecc. non sono più esattamente in opposizione di fase, e perciò non si annullano del tutto.

C'è da prevedere perciò di vedere ancora della luce riflessa del colore complementare di quello per cui si è avuto il completo annullamento.

Questo fenomeno si verifica. Le ottiche trattate, viste per riflessione, appaiono colorate. In pratica si approfitta per lasciare riflettere i raggi che meno interessano. [<118-119>]

Negli strumenti d'osservazione si cerca di riflettere i raggi azzurro-viola perché questi, essendo molto diffusi dall'atmosfera, sono causa di velo delle immagini degli oggetti lontani, ed è perciò desiderabile respingerli nella direzione di provenienza.

Ecco perché, molti strumenti d'osservazione trattati presentano le superfici delle lenti colorate in azzurro o in viola.

Quando si desidera di non turbare per nulla l'equilibrio cromatico della luce si può procedere in due modi: il primo consiste nel dosare gli spessori del trattamento delle diverse lenti in modo che ciascuna favorisca i raggi di un colore diverso, in complesso lo strumento avrà favorito in modo uguale tutti i colori.

Il secondo processo, più scientifico, consiste nell'eseguire un tipo di trattamento che abbia effettivamente uguale effetto sui raggi di tutte le lunghezze d'onda. Per spiegare come si possa raggiungere questi risultati occorre entrare in dettagli di tecnica troppo astrusi, e rinunciamo qqui di darne esposizione.

Basti ad ogni modo affermare che si sono trattati strumenti con 30 e più superficie senza alterare sensibilmente la colorazione della immagine e tanto meno quindi vi è alterazione in strumenti più semplici come l'obbiettivo fotografico.

Queste considerazioni servono a togliere qualsiasi scrupolo a chi temesse di andare incontro a squilibri cromatici usando obbiettivi trattati nella fotografia o cinematografia a colori.

Per concludere, diremo che quando una superficie ottica è investita da luce bianca, il suo coefficiente di trasmissione varia a seconda dell'obliquità dei raggi, del tipo di vetro ecc. dal 4 all'8%, mentre se è trattata va da 0,2 al 0,5%. Da ciò si comprende la grande efficacia del trattamento per eliminare le immagini catadiottriche.

Corrispondentemente la luce trasmessa, che per le superfici normali varia dal 92 al 96%, diventa col trattamento 99,5 - 99,8%.

Come si vede la trasmissione della luce si approssima molto alla totalità. Il grafico della fig. 6 mostra il guadagno di trasmissione in funzione del numero di superficie che intervengono nello strumento considerato.

Fig. 6. – Guadagno di rendimento di uno strumento ottico in dipendenza del numero delle superfici trattate.
La curva riportata indica un guadagno percentuale medio supponendo che la superficie naturale rifletta il [DA COMPLETARE].

Vogliamo adesso esaminare l'effetto fotografico del trattamento. La domanda che viene generalmente fatta dall'utente di un obbiettivo fotografico trattato è questa: quanto guadagna in rapidità il mio obbiettivo? Con ciò l'utente desidera sapere in che proporzione deve ridurre il tempo di posa per ottenere una fotografia normalmente esposta. Così se noi rispondiamo che il guadagno è stato del 50% l'utente ridurrà di 1/3 i tempi di posa che avrebbe considerato giusti per fare la fotografia con lo stesso obbiettivo non trattato.

Questo dato è però assolutamente inadeguato a dare all'utente un'idea esatta [<119-120>] dei vantaggi conseguiti dall'obbiettivo mediante il trattamento.

Per chiarire questa questione occorre aver presente la legge con cui si annerisce la lastra fotografica in funzione della luce che la colpisce (fig. 7).

Tutti sanno che se l'esposizione è troppo piccola la lastra non si impressiona affatto: ossia esiste una esposizione limite al di sotto della quale la lastra rimane completamente vergine. Tale esposizione limite si chiama soglia fotografica dell'emulsione considerata. Per esposizione maggiore di questa soglia la lastra comincia ad annerirsi in modo tale che i diversi gradi di annerimento della negativa sono proporzionali alle nostre diverse sensazioni di luminosità del soggetto.

Ciò corrisponde al tratto rettilineo della curva nella fig. 7.

Fig. 7. – Grafico schematico di annerimento di una lastra fotografica.

Si arriva poi a una esposizione così grande che tutti i granuli d'argento presenti vengono impressionati. L'annerimento è completo e non può diventare maggiore. Da questo punto in poi aumentando l'esposizione, l'annerimento rimane lo stesso. Si dice che è sovra esposto. Ciò è rappresentato dal tratto orizzontale della curva. Esistono poi due gomiti di raccordo fra questi diversi tratti della curva: vi è un gomito inferiore di sotto-esposizione e uno superiore di sovra-esposizione.

Supponiamo adesso di fotografare un medesimo soggetto con la medesima esposizione sullo stesso tipo di lastra con due identici obbiettivi, uno normale e uno trattato. Supponiamo inizialmente di fare una esposizione estremamente breve tanto che la luce che colpisce la lastra attraverso l'obbiettivo normale sia inferiore alla soglia fotografica; la lastra non sarà impressionata. Può darsi però che la stessa luce attraverso l'obbiettivo trattato, subendo meno perdite, arrivi sulla lastra con un valore superiore alla soglia. La lastra sarà perciò leggermente impressionata. In questo caso il guadagno ad aver adoperato un obbiettivo trattato è enorme, ed in matematica si chiamerebbe infinito, perché su una lastra abbiamo ottenuto qualcosa mentre sull'altra non abbiamo ottenuto nulla.

Passiamo ora all'estremo caso opposto e immaginiamo di fare una posa così lunga che la luce che arriva alla lastra attraverso l'obbiettivo normale sia già tale da produrre la sovra-esposizione, ossia l'annerimento totale. È chiaro che anche attraverso all'obbiettivo trattato si avrà lo stesso effetto giacché l'annerimento non può aumentare. In questo caso non si è avuto alcun vantaggio ad adoperare un obbiettivo trattato.

Come si vede, il numero che esprime il vantaggio fotografico del trattamento può essere nullo come enorme. Considerando tutti i casi intermedi fra quelli estremi esaminati si vede che il vantaggio del trattamento è tanto maggiore quanto più la lastra è sotto-esposta, e ciò porta alla conclusione generale che il trattamento ha l'inestimabile vantaggio di portare avanti le zone sotto esposte, come si dice, arricchendole di toni e dettagli. Permette di ottenere fotografie ben contrastate e dettagliate là dove la luce è scarsa [<120-121>] e permette di ottenere equilibrio e dettagli dove inevitabilmente esistono in un medesimo soggetto zone molto luminose e molto buie.

Un esempio tipico può essere quello di dover eseguire una fotografia documentaria di un ghiacciaio in cui vi siano zone di roccia e zone di ghiaccio. La differenza di esposizione delle due zone è enorme, e se si espone giustamente la roccia onde vederne i dettagli il ghiacciaio verrà letteralmente bruciato, se invece si espone correttamente il ghiacciaio la roccia sarà tanto sottoesposta da non contenere dettagli. Il trattamento costituirà in questo caso un aiuto prezioso a portare avanti la roccia: il fotografo dovrà limitarsi a esporre il ghiacciaio all'inizio del gomito superiore, cioè il massimo di esposizione che non sia ancora una vera e propria sovraesposizione.

I grafici che riportiamo mostrano i vantaggi fotografici che si ottengono nelle varie condizioni di esposizione per un obbiettivo tipico. Rimane così confermato che il comportamento di un obbiettivo trattato può essere soltanto rappresentato da una curva e non da un unico numero il quale ci dice solo il guadagno di trasmissione dell'obbiettivo, dato questo che non è utilizzato dall'utente.

Francesco Scandone 1



1 Presumibilmente deriva da un opuscolo che non è stato ancora rintracciato: F. Scandone, "Il trattamento antiriflettente delle ottiche", in Pubblicazioni delle Officine Galileo (Milano, 1941). Si confronti anche con → Scandone (1948).

Francesco Scandone (1909-1981), Officine Galileo, è autore di varie pubblicazioni, tra cui:
- "Il contributo delle OG all'autarchia nel campo degli strumenti ottici con l'impiego di personale specializzato", nella serie Pubblicazioni delle Officine Galileo (Firenze, A. Conti e C., 1941), 6 pp. Link esterno OPAC SBN;
- Importanza dell'industria ottico-meccanica di precisione nel quadro delle odierne esigenze della difesa (Roma, s.n., 1960) Link esterno OPAC SBN.



All'indice    1946    Indicatore di completezza
Storia § ??
[L. Maggiore], "Strumenti oftalmologici 'San Giorgio' – Oftalmoscopio elettrico a mano – Lampada a fessura per la biomicroscopia oculare", Annali di Ottalmologia e Clinica Oculistica, 72 (1946), inserzioni tra le pp. 80-81 Link esterno Emeroteca digitale BNC Roma, 224-225 Link esterno Emeroteca digitale BNC Roma, 288-289 Link esterno Emeroteca digitale BNC Roma, 512-513 Link esterno Emeroteca digitale BNC Roma. Link esterno OPAC SBN

Oftalmoscopio Elettrico a mano "San Giorgio"
Sec. Prof. Maggiore 1

Il nuovo oftalmoscopio «San Giorgio» – corredato di accessori che ne estendono l'uso alla diafanoscopia e alla schiascopia – è costruito con accorgimenti meccanici ed ottici tali da soddisfare i desideri del più esigente oculista.

Il suo elevato rendimento luminoso è frutto di uno studio preciso e di una realizzazione accurata in tutti i dettagli.

L'oftalmoscopio «San Giorgio», che ha già incontrato la piena approvazione degli specialisti competenti, presenta le seguenti caratteristiche che lo pongono decisamente all'avanguardia nel campo degli oftalmoscopi a mano:

  1. Esso è costruito totalmente in metallo di lega leggera e non è quindi esposto agli inconvenienti propri dei modelli in bakelite molto fragili;

  2. La riflessione del fascio luminoso è ottenuta per mezzo diprisma, ciò che elimina il lamentato logoramento dell'argentatura dello specchio adoperato in altri modelli in commercio.
    Inoltre il prisma è sistemato in modo da proteggere totalmente le altre parti ottiche interne dello strumento, riducendosi pertanto la necessaria pulizia all'unica superficie esterna del prisma stesso;

  3. Uno speciale dispositivo permette di ottenere un centraggio ottico, perfetto con comuni lampadine del commercio anche a filamento notevolmente scentrato.
    Il centraggio della lampadina e il bloccaggio della stessa, a centramento avvenuto, sono ottenuti con manovra semplicissima;

  4. Il sistema ottico è studiato in modo da avere un vasto campo di illuminazione oftalmoscopica, mentre se la pupilla è molto stretta, si può ridurre l'ampiezza del fascio luminoso incidente in modo da permettere egualmente un'agevole esplorazione del fondo oculare;

  5. L'aggiunta delle lenti supplettive, per lenti correttive superiore a ±10 D. [diottrie], si ottiene col facile spostamento di una leva senza dover interrompere l'osservazione oftalmoscopica;

  6. I due dischi porta lenti sono sistemati coassialmente, ciò che rende possibile l'avvicinamento massimo dello strumento all'occhio del paziente, e facile lo smontaggio per l'agevole pulizia delle lenti;

  7. È possibile passare, con continuità di diottria in diottria, fino alla correzione massima di ±29 D.

  8. L'attacco del cordoncino elettrico è ottenuto mediante spinetta d'innesto sull'apparecchio, ciò che permette di sostituire colla massima facilità il filo, evitandone nel contempo le facili rotture;

  9. Il trasferimento di corrente, corredato di un piccolo reostato che consente all'osservatore di graduare progressivamente a proprio piacimento l'intensità luminosa della lampadina, è sistemato nell'interno dell'astuccio, assieme agli accessori dell'apparecchio;

  10. L'uso dell'oftalmoscopio può essere esteso:

    1. alla diafanoscopia; sostituendo il cono diafanoscopico, la cui forma è stata opportunamente studiata per elevare il rendimento e renderne più facile l'uso;

    2. alla schiascopia; mediante la sostituzione di un particolare dispositivo riflettente a lastra di vetro. Tale possibilità non è consentita da nessuno degli altri apparecchi finora in commercio.

Il passaggio dall'osservazione oftalmoscopica ordinaria a quella diafanoscopica e schiascopica è ottenuto con una manovra semplicissima, allentando un bottone e sostituendo alla testina dell'oftalmoscopio gli accessori relativi.

L'apparecchio, completo di accessori, di trasformatore e reostato scrupolosamente curato nella linea e nella finitura estetica, è presentato in elegante astuccio, corredato di filo elettrico e di due lampadine di riserva.2


Lampada a fessura "San Giorgio" per la biomicroscopia oculare
Sec. Prof. Maggiore

Il modello di questa nuova lampada a fessura, progettato e costruito dalla Sezione Ottica dello Stabilimento "San Giorgio" di Genova-Sestri, secondo lo schema del Prof. Maggiore, è ispirato al desiderio di mantenere immutate le caratteristiche fondamentali della lampada ideata originariamente dal Gullstrand, che corrispondono nel modo migliore allo scopo, pur semplificando nelle sue linee generali l'apparecchio e facilitandone considerevolmente l'uso.

Questo nuovo modello evita l'eccessivo ingombro del braccio porta lampada, e la difficoltà di spostarlo per passare da un occhio all'altro nelle varie osservazioni.

Evita altresì il fastidio di aver l'apparecchio illuminante proprio accanto al microscopio corneale, mentre dà un'assoluta libertà di movimenti al braccio mobile, che si può avvicinare con minimo angolo all'asse dell'obbiettivo, in modo da facilitare al massimo grado l'esplorazione degli strati profondi del cristallino e del vitreo.

La fenditura luminosa, di altezza e larghezza variabile nel senso verticale, può abbracciare in altezza l'intera cornea.

Il suo maneggio è agevole al massimo grado, il suo volume molto ridotto, la forma elegante e completamente diversa da tutte le altre esistenti in commercio.

La lavorazione meccanica ed ottica assolutamente perfetta.3



Strumenti Oftalmologici "San Giorgio"

Lo Stabilimento di ottica della S. Giorgio - Società Industriale per Azioni ha studiato e costruito nelle sue officine di Genova-Sestri, una serie di apparecchi oftalmologici – modelli assolutamente originali – fra i quali citiamo:

Lampada a fessura "SAN GIORGIO" per la biomicroscopia oculare
(sec. Prof. Maggiore)

Il modello di questa nuova lampada a fessura, progettato costruito dalla Sezione Ottica dello Stabilimento "San Giorgio" di Genova-Sestri, secondo lo schema del Prof. Maggiore, è ispirato al desiderio di mantenere immutate le caratteristiche fondamentali della lampada ideata originariamente dal Gullstrand, che corrispondono nel modo migliore allo scopo, pur semplificando nelle sue linee generali l'apparecchio e facilitandone considerevolmente l'uso.

Il suo maneggio è agevole al massimo grado, il suo volume molto ridotto, la forma elegante è completamente diversa da tutte le altre esistenti in commercio.

La lavorazione meccanica ed ottica assolutamente perfetta.

Oftalmoscopio elettrico a mano
(sec. Prof. Maggiore)

Costruzione razionale che garantisce il più perfetto funzionamento ottico nonché una durata illimitata, col vantaggio di poter utilizzare e centrare nel modo più esatto qualsiasi lampadina esistente nel commercio.

Il trasformatore è incluso nell'astuccio e vi è aggiunto un piccolo reostato che consente di graduare progressivamente a piacere l'intensità luminosa. All'oftalmoscopio è annesso un cono diafanoscopico per la transilluminazione del globo ed un accessorio che rende possibile l'esame schiascopico.

Rifrattometro schiascopico
(sec. Prof. Maggiore)

Quest'apparecchio fondato sul principio della schiascopia, serve per la misurazione del potere rifrangente totale dell'occhio, nei vari meridiani. Esso è costruito in modo da eliminare i riflessi e permettere quindi l'esame schiascopico in direzione perfettamente assiale e con pupilla di qualsiasi ampiezza. Il suo uso è molto agevole.4



1 Il prof. Luigi Maggiore era l'editor della rivista. Ha diretto, dal 1933 al 1958, la Clinica Oculistica dell'Università degli Studi di Genova. A partire dal 1934/35, la nuova sede della Clinica ha fronteggiato, nella città universitaria di San Martino, l'Istituto di Fisica, fino al trasferimento di quest'ultimo nella vicina valletta Puggia.

2 Il pezzo è un'inserzione che interrompe i veri e propri articoli della rivista. In testata, come per le altre inserzioni qui citate: "SAN GIORGIO / SOCIETÀ INDUSTRIALE PER AZIONI / GENOVA - SESTRI".

3 A differenza delle altre due inserzioni, questa è corredata da una grande fotografia dell'apparecchio.

4 In tutti e tre i pezzi sono stati corretti alcuni refusi evidenti. Si veda anche il breve riassunto: L. Maggiore, "Presentazione di nuovi strumenti per esami clinici oculari", Ivi, p. 568 Link esterno Emeroteca digitale BNC Roma.



All'indice    1947    Indicatore di completezza
Storia § ??
P. Belfiore, "La Mostra nazionale di Cartografia e di Ottica a Firenze (27 ottobre-9 novembre 1947)", Rivista del Catasto e dei Servizi tecnici erariali, nuova serie, 2 (1947), n. 3, pp. 217-233. Link esterno OPAC SBN

Da Genova-Sestri la Società S. Giorgio ha inviato alla Mostra un ricco campionario della recentissima produzione ottica dimostrante l'adattamento, prontamente compiuto, alle necessità civili del Paese: anche nel caso di questa importante Casa dobbiamo limitarci ad una rassegna inadeguata: [<230-231>] citiamo la serie degli apparecchi Maggiore, dalla lampada a fessura per la Biomicroscopia oculare, completa e perfetta in ogni accessorio, all'oftalmoscopio elettrico completo di Diafanoscopio e di Schiascopio, dal Rifrattometro schiascopico all'Oftalmometro «San Giorgio». Pure completa la serie dei binocoli, Galileiani e prismatici da teatro, da campo, da osservazione, di campo normale o grand'angolari, di comune od esaltata luminosità. Bellissimo tra questi il tipo «Astramar», prismatico ad ingrandimenti multipli su base. Le fotocamere «Parva» e «Safo», l'apparecchio per radiologia trasportabile, il proiettore da tavolo per diapositive, il frontifocometro, la serie delle lenti da occhiali «Eicon S. Giorgio» di ogni tipo completavano il reparto, degno invero dell'illustre nome che ne fregiava la testata.1



1 ...



All'indice    1947    Indicatore di completezza
Storia § 25
G. Falcone, "Graham R. - Reduction of reflections. (Riduzione dei riflessi luminosi). - Arch. of Ophth., XXXVI, p. 315, 1946" [recensione], Bollettino d'oculistica, 26 (1947), p. 276. Link esterno OPAC SBN

Una riduzione del riflesso luminoso sulla superfìcie di una lente va a vantaggio della luce trasmessa e quindi della luminosità della lente. Con il processo di Strong il riflesso luminoso della lente viene notevolmente ridotto: esso consiste nel depositare un sottile velo di fluoruro di magnesio sulle superfici ottiche delle lenti nel massimo vuoto pneumatico possibile (4 x 10-6) ed a notevole temperatura (400° + F = + 206,6 C) [meglio: >400 °F o, convertendo, >204 °C] questo film di fluoruro di magnesio è duraturo e riduce di molto il riflesso luminoso.

Un giudizioso impiego di questi nuovi procedimenti può portare ad ulteriori sviluppi ed aprire nuove vie al servizio della professione ed a soddisfazione dei pazienti.1



1 L'articolo originale di Robert Graham è in Link esterno JAMA Network (esistente il 19/7/2020).



All'indice    1947    Indicatore di completezza
Storia § ??
[L'industria fotografica italiana], Photo-Revue, 59 (1947), luglio, pp. 101-105. Link esterno OPAC SBN

[Rimane da reperire] 1



1 "A survey is presented of some of the companies in Italy manufacturing photographic materials. Those included are: Durst, which specializes in the manufacture of enlargers; Ducati, which specializes in the manufacture of radio apparatus and of precision and mechanical equipment, as well as photographic apparatus; Ferrania, which specializes in the manufacture of sensitive materials; and San Giorgio, which manufactures photographic materials in general. The Galileo and Koristka firms manufacture lenses. Illustrations of some of the photographic products manufactured by these firms are reproduced". Recensione: M. S., Monthly Abstract Bulletin from the Kodak Research Laboratories, 34-35 (1948), p. 220.



All'indice    1947    Indicatore di completezza
Storia § ??
"Mostra nazionale e convegno di cartografia e di ottica nel 75° anniversario della fondazione dell'Istituto Geografico Militare - Firenze, Ottobre 1947", L'Universo, 27 (1947), pp. 735-736. Link esterno OPAC SBN

Il Convegno Scientifico ha acquistato un interesse di primissimo piano sia per il largo concorso di partecipanti italiani e stranieri provenienti da ogni parte del mondo, sia per l'autorità dei convenuti, sia infine per l'importanza degli argomenti in esso trattati; circostanze tutte che sono valse a conferirgli il carattere di un vero e proprio Congresso scientifico internazionale.

Inauguratosi in Palazzo Vecchio nel pomeriggio del 27 ottobre, ha proseguito successivamente i suoi lavori alla sede della Mostra nazionale di Cartografia e di Ottica; dove, sotto la Presidenza del Prof. Gino Cassinis, Direttore del Politecnico di Milano, con grande partecipazione di scienziati e di studiosi, ha proceduto fino al 31 ottobre alla trattazione di importanti questioni di carattere tecnico-scientifico interessanti la geodesia, la fotogrammetria e l'ottica.

Il cospicuo numero di partecipanti, che assommò ad oltre duecento, costringe a limitare la segnalazione nominativa di essi solo a quelli che portarono ai lavori del Convegno il loro particolare contributo con comunicazioni e relazioni scientifiche o tecniche o coll'avere avuto parte preminente nelle discussioni che ne seguirono.

Sono in tal senso da ricordare, tra i convenuti italiani: per la geodesia e fotogrammetria, oltre al prof. Cassinis, già segnalato, il prof. G. Boaga, Direttore Generale del Catasto e dei Servizi Tecnici Erariali; il prof. P. Dore, Direttore dell'Istituto di Geodesia e Topografia dell'Università di Bologna; il prof. A. Marcantoni, Direttore dell'Istituto di Geodesia e Topografia dell'Università di Pisa; il dott. C. Morelli, dell'Osservatorio Geofisico di Trieste; l'ing. A. Paroli, Direttore dell'Ufficio Studi della Direzione Generale del Catasto; il prof. L. Solaini, Direttore del Centro di Prospezioni Geominerarie «Lerici» di Milano; il comm. E. Santoni, dell'Ente Italiano Rilevamenti Aerofotogrammetrici, al cui nome sono notoriamente legati lo sviluppo ed i progressi conseguiti in Italia della fotogrammetria.

E per l'ottica: il prof. D. Argentieri, Direttore dell'Industria Scientifica Ottica; la dottoressa G. Bocchino, dell'Istituto Nazionale di Ottica; l'ing. R. Buscaglioni [Bruscaglioni], Direttore del Centro Ricerche Ottiche Ducati; l'ing. A. Clementi; il prof. A. Colacevic, dell'Osservatorio Astrofisico di Arcetri; l'ing. M. Di Jorio, Direttore dell'Ufficio Pubblicazioni e Ricerche Bibliografiche dell'A. O. I.; il dott. R. Fini, della Microtecnica; il prof. M. Fracastoro, dell'Osservatorio Astronomico [<735-736>] di Arcetri; l'ing. R. Franceschini, delle Officine Galileo; il prof. G. Giotti, Direttore dei Servizi Ottici delle Officine Galileo; l'ing. C. Morais, Direttore dello Stabilimento di Ottica della San Giorgio; il prof. F. Scandone, Direttore Ricerche Scientifiche delle Officine Galileo; il dott. G. Toraldo di Francia, del Centro Ricerche Ottiche Ducati; l'ing. A. Torrini, delle Officine Galileo.1

Così degli scienziati e studiosi stranieri menzioneremo fra i molti, soltanto: il prof. A. Biot, Direttore dell'O.I.P. di Gand; il col. Floid Woodwort Houg, capo della Divisione Geodetica del servizio cartografico militare degli S.U.A.; il prof. M. Herzberger, della Eastam [Eastman] Kodak Company; il prof. H. H. Hopkins; il prof. V. Hristov, Capo della Sezione Astronomica dell'Istituto Geografico di Sofia; il prof. K. Mader del Politecnico di Vienna; l'ammiraglio C. L. Nikols, Capo dell'Ufficio Idrografico Internazionale; il prof. G. A. Rune, Capo dell'Ufficio Geodetico di Stoccolma; il prof. P. Tardi, Direttore dell'Ufficio Centrale dell'Associazione Internazionale di Geodesia; il prof. M. Zeller, Direttore dell'Istituto Fotogrammetrico del Politecnico di Zurigo.

L'Istituto Geografico Militare vi fu ampiamente rappresentato, oltreché dal suo Direttore, Gen. Fernando Gelich, anche dai suoi migliori tecnici ed in particolare: dal Capo della Divisione Geodetica prof. D. Digiesi; dal Ten. Col. ing. N. Franchi; dagli ing. geografi prof. G. B. Pacella, prof. A. Marussi e dott. G. Salvioni; dal dott. F. Maranca, Capo dell'Ufficio Studi; dal Cap. ing. E. Del Monte; dai primi topografi F. Albani e dott. U. Bartorelli e da altri ancora; che non solo concorsero all'organizzazione della manifestazione, ma taluni vi apportarono un notevole contributo di sapere, sia colla presentazione di pregevoli comunicazioni, sia con attiva partecipazione alla discussione delle questioni scientifiche, tecniche e operative, che vi formarono oggetto di trattazione.



1 L'elenco comprende l'élite della dirigenza tecnica delle industrie ottiche italiane, già colpita dalla crisi del dopoguerra ma non ancora stravolta dalle ristrutturazioni dirette dall'IRI.

Si noti che vari refusi del testo originale, di cui questo è solo un breve estratto, non sono stati corretti.



All'indice    1948    Indicatore di completezza
Storia § 25
F. Scandone, "Rapporto sui recenti progressi dell'ottica", La Rivista del Nuovo Cimento, 4 (1948), pp. 141-168. Link esterno OPAC SBN

Il trattamento antiriflettente delle superfici ottiche. – È noto come ogni volta che la luce entra o esce da una lamina di vetro o altro mezzo trasparente, una parte dell'energia luminosa, anziché proseguire nel suo percorso, ritorna indietro nel mezzo da cui proviene, ossia viene riflessa.

Questa parziale riflessione della luce, che ha luogo sempre alla superficie di separazione tra due mezzi trasparenti diversi, raggiunge, nel caso di una superficie di vetro immersa nell'aria, all'incirca il valore del 5%.

Se si pensa che gli strumenti ottici hanno un numero di superficie di ingresso e di uscita che varia, da un minimo che va da 6 a 10 per un buon obbiettivo fotografico, ad un massimo che supera 30 per i complessi strumenti ottici come per es. un periscopio, si capisce come le perdite di energia luminosa siano sempre elevatissime, e come nella maggior parte degli strumenti ottici solo una frazione molto moderata della luce incidente venga utilizzata nella formazione delle immagini.

Il grafico della fig. 21 mostra quale sia la percentuale di luce che riesce ad attraversare uno strumento ottico in relazione al numero di superficie di vetro che in essa compaiono. [<154-155>]

[DA COMPLETARE CON LA FIGURA 21, p. 156] Fig. 21. – Percentuale di luce trasmessa attraverso uno strumento ottico. La curva mostra il rendimento di uno strumento ottico, nell'ipotesi che le perdite siano dovute solamente alla luce riflessa da ogni superficie aria-vetro o vetro-aria. [...] bg. = binocolo galileiano; ot. = obbiettivo fotografico tipo Taylor; ca. = cannocchiale astronomico; bp. = binocolo prismatico; p. = periscopio; t. = telemetro.

Ma questo non è il solo difetto introdotto negli strumenti ottici dalla presenza delle superficie delle lenti che lo compongono. Parte della luce riflessa da una superficie, supponiamo ad es. dalla terza a partire dalla superficie di ingresso (fig. 22), nel suo cammino a ritroso, potrà essere nuovamente riflessa dalla prima o dalla seconda, dando luogo così a luce che viene nuovamente convogliata verso l'occhio o verso la lastra fotografica: ma questa luce, avendo percorso attraverso lo strumento un cammino tutto diverso da quello previsto, non concorre a formare l'immagine principale dell'oggetto, ma formerà delle immagini supplementari più o meno definite, che daranno luogo, a seconda dei casi, a riflessi nocivi, immagini secondarie e annebbiamento dell'immagine principale.

[DA COMPLETARE CON LA FIGURA 22, p. 156] Fig. 22.

Per questa ragione, vi sono pregevolissimi obbiettivi moderni che non possono essere utilizzati in certe condizioni di luce perché danno luogo sulla pellicola a riflessi ed aloni, e così pure, se guardiamo nella notte, col migliore binocolo del mondo, un lampione in lontananza, lo vedremo moltiplicato miracolosamente.

La nebulosità generale dell'immagine è poi difetto assai grave di tutti gli strumenti ottici molto complessi.

Sino a tempi relativamente recenti, studiosi e costruttori hanno fermamente creduto non esservi possibilità di rimedio a tutti questi inconvenienti [<155-156>] perché essi sono la conseguenza inevitabile del principio stesso su cui gli strumenti ottici sono fondati, e cioè sulla presenza di superficie di separazione di mezzi rifrangenti diversi.

Un vecchio costruttore di obbiettivi fotografici noti in tutto il mondo, Taylor, fece verso il 1896 [98] {[98] H. D. Taylor: The adjustement and testing of telescope objectives. T. Cook, York, England (1896)} una curiosa osservazione: i vecchi obbiettivi che ritornavano a lui dai clienti per la riparazione e che avevano le superficie di vetro tutte ossidate, presentando delle ben note iridescenze, erano alcune volte decisamente più luminosi di quelli nuovi, dalle superficie perfettamente terse e trasparenti. Per molti anni i costruttori nel segreto dei loro laboratori, hanno tentato di ottenere artificialmente queste alterazioni nelle superficie delle lenti [57] {[57] F. Kollmorgen: Trans. Soc. Ill. Eng., 11, 220 (1916)}.

Soltanto più tardi i ricercatori compresero la esatta teoria del fenomeno e a quali condizioni bisognava soddisfare perché si potesse arrivare alla completa estinzione della luce riflessa col massimo guadagno di quella trasmessa. È difficile dire chi primo abbia chiarito queste idee: è certo che nel 1927, nella pubblicazione di uno studio in proposito fatto dall'Istituto d'Ottica di Francia [5] {[5] M. P. Amy: Rev. d'Opt., 6, 305 (1927)}, le idee sono ancora nebulose.

Intanto in America i fisici di Pasadena, ed in particolare lo Strong [94] {[94] J. Strong: J. O. S. A. 26, 73 (1936)}, facevano progredire rapidamente una nuova tecnica capace di depositare su di una superficie levigata, come ad es. il vetro, delle pellicole estremamente sottili (dell'ordine dei centesimi di [<156-157>] millesimi di millimetro) di una sostanza qualsivoglia. Lo studio di questi depositi sottili portava a comprendere chiaramente l'esatta via da seguire per ottenere la completa trasmissione della luce e il corrispondente annullamento della luce riflessa.

Da allora (siamo circa al 1936), i laboratori di ricerche delle principali industrie ottiche mondiali hanno lavorato accanitamente per mettere a punto il trattamento antiriflettente delle ottiche e si può dire che con mezzi, procedimenti e metodi diversi, tra il 1939 e il 1941 la ditta Zeiss ([91], [83]) {[91] A. Smakula: Ztschr. f. Instrumentenkunde, 60, 33 (1940) – [83] R. Richter: Zeiss Nachr., Sonderheft 5 (1940)} in Germania, le ditte General Electric Co. ([15], [16]) {[15] K. B. Blodgett, J. Langmuir: Phys. Rev. 51, 964 (1937) – [16] K. B. Blodgett: Phys. Rev. 57, 921 (1940)}, Bausch & Lomb e Kodak in America, le Officine Galileo ([84], [85]) {[84] F. Scandone: Il trattamento antiriflettente delle ottiche, in Pubbl. delle Officine Galileo (Milano, 1941) – [85] F. Scandone: Boll. Ass. Ottica Ital., 1, 114 (1946)} in Italia, sono arrivate ad una produzione industriale.

Il principio teorico su cui si basa l'annullamento del coefficiente di riflessione di una superficie ottica è schematicamente il seguente: supponiamo di interporre fra il vetro e l'aria uno strato di sottile sostanza trasparente avente un indice di rifrazione intermedio tra quello dell'aria e quello del vetro (fig. 23). In questo modo la luce proveniente dall'aria incontra prima una superficie di separazione aria-sostanza intermedia, e poi una superficie di separazione sostanza intermedia-vetro.

[DA COMPLETARE CON LA FIGURA 23, p. 157] Fig. 23.

Poiché a ciascuna di queste superficie l'indice di rifrazione varia bruscamente, una parte della luce viene riflessa indietro.

Seguendo un raggio I in arrivo sulla prima superficie di separazione, vediamo che una parte si riflette dando luogo ad un raggio riflesso r1 e insieme si ha un raggio trasmesso a1.

Il raggio a1 attraversa lo strato intermedio ed incide sulla seconda superficie di separazione dando luogo ad un raggio riflesso b1, e ad uno trasmesso t1 che penetra definitivamente nel vetro. Ma il raggio b1 tornando indietro incide sulla prima superficie di separazione dando luogo ad un raggio trasmesso r2 e ad uno riflesso a2.

Il raggio a2 torna di nuovo sulla seconda superficie di separazione generando un fascio riflesso b2 e uno trasmesso t2 e così via di seguito.

In definitiva nell'aria abbiamo una serie di raggi riflessi r1, r2, r3, ecc. e nel vetro una serie di raggi trasmessi t1, t2, t3, ecc.

In teoria si hanno infiniti raggi riflessi e infiniti raggi trasmessi, ma essi diventano rapidamente così deboli che soltanto i primi termini della serie hanno importanza agli effetti pratici. [<157-158>]

Il principio del trattamento antiriflettente si basa proprio su questo fatto: cioè nel fare in modo che le vibrazioni dei raggi r2, r3, r4, ecc., siano in opposizione di fase con la vibrazione r1 in modo tale da annullarne completamente gli effetti: quando questa condizione è ottenuta non si ha più alcuna luce riflessa.

Per fare in modo che il raggio r2 sia in opposizione di fase con r1, basta dosare lo spessore del trattamento in modo che il percorso a1b1 sia opportunamente più lungo del percorso c (fig. 23).

La vibrazione di r2 arriva perciò a sovrapporsi con ritardo alla vibrazione di r1 e se il ritardo è precisamente di mezza lunghezza d'onda la sovrapposizione avviene con esatta opposizione di fase. Un ragionamento analogo sebbene un po' più complesso vale per tutti gli altri raggi r3, r4, ecc.

Inoltre un esame particolareggiato del fenomeno mostra che, quando si è realizzata la condizione per l'esatto annullamento della luce riflessa, tutti i raggi t1, t2, t3, ecc., escono in fase e cioè si rinforzano reciprocamente di modo che l'energia del raggio riflesso che sembrava essere stata annientata, si ritrova invece a rinforzare la luce trasmessa, ciò che era prevedibile poiché tutti sanno che l'energia non si può distruggere, e se è scomparsa da una parte, deve ricomparire in qualche modo altrove.

Negli strumenti ottici i raggi luminosi incidono sulle facce delle lenti sotto angoli diversissimi. C'è da chiedersi, se una volta annullata la luce riflessa per i raggi che arrivano con incidenza zero, non si abbia invece una notevole riflessione per i raggi obliqui. Lo studio matematico mostra invece che il coefficiente di riflessione rimane trascurabile per tutte le incidenze che interessano nella pratica. La fig. 24 mostra come, mentre sulle superficie non trattate la riflessione aumenta rapidamente con l'obliquità dei raggi incidenti, nelle ottiche trattate tale riflessione rimane trascurabile fino ad inclinazioni di 50-60°; perciò il guadagno di luce delle ottiche trattate rispetto a quelle normali è più sentito per i raggi obliqui, ciò che ha particolare importanza negli obbiettivi fotografici moderni, dove hanno spesso luogo incidenze sotto angoli molto notevoli.

[DA COMPLETARE CON LA FIGURA 24, p. 158] Fig. 24. – Dipendenza del coefficiente di riflessione dall'angolo di incidenza. La curva superiore si riferisce alla superficie aria-vetro semplice, la curva inferiore alla stessa superficie trattata. Si vede come il coefficiente di riflessione si mantiene praticamente nullo fino ad angoli di incidenza assai notevoli.

Un'altra considerazione da fare è che un dato spessore del trattamento annulla esattamente la luce riflessa solo per la vibrazione di una data lunghezza d'onda, cioè per un solo colore. Questo fenomeno si verifica. Le ottiche trattate, viste per riflessione, appaiono colorate. In pratica se ne approfitta per lasciare riflettere i raggi che meno interessano.

Negli strumenti d'osservazione si cerca di riflettere i raggi azzurro-viola perché questi, essendo molto diffusi nell'atmosfera, sono causa di velo delle immagini degli oggetti lontani, ed è perciò desiderabile respingerli nella direzione [<158-159>] di provenienza. Ecco perché, molti strumenti d'osservazione trattati presentano le superficie delle lenti colorate in azzurro o in viola.

Si sono studiati anche speciali trattamenti antiriflettenti praticamente incolori.

Per concludere, diremo che quando una superficie ottica è investita da luce bianca, il suo coefficiente di riflessione varia a seconda dell'obliquità dei raggi, del tipo di vetro, ecc., dal 4 all'8%, mentre se è trattata è circa 0,5%. Da ciò si comprende la grande efficacia del trattamento per eliminare le immagini catadiottriche. Corrispondentemente la luce trasmessa che per le superficie normali varia dal 92 al 96%, diventa col trattamento circa 99,5%.

Come si vede la trasmissione della luce si approssima molto alla totalità. Il grafico della fig. 25 mostra il guadagno di trasmissione in funzione del numero di superficie che intervengono nello strumento considerato.

[DA COMPLETARE CON LA FIGURA 25] Fig. 25. – Guadagno di rendimento di uno strumento ottico in dipendenza del numero delle superfici trattate.

Circa i vantaggi che il trattamento antiriflettente degli obbiettivi porta in fotografia e cinematografia, vedi l'articolo di F. Scandone citato in [84] {[84] F. Scandone: Il trattamento antiriflettente delle ottiche, in Pubbl. delle Officine Galileo (Milano, 1941)}.

Per produrre sopra le superficie ottiche degli strati interferenziali che annullino o comunque riducano notevolmente la riflessione si sono usati fino ad ora tre diversi procedimenti.

Il procedimento chimico, che consiste nel modificare la superficie di vetro da trattare provocando per mezzo di un acido un processo superficiale di riduzione degli ioni metallici contenuti nella pasta vetrosa [90] {[90] H. G. de Jong Bungenberg: Zeit. phys. Chem., Cohen Festband, 1927, pag. 205}. Questo procedimento, per quanto il più semplice, non si presta a trattare efficacemente ottiche ricavate in qualsiasi tipo di vetro, in quanto questo processo di attacco superficiale è solo praticamente possibile nei così detti vetri pesanti.

Un secondo procedimento consiste nel rivestire la superficie ottica di uno strato di una sostanza perfettamente trasparente dello spessore adeguato ottenuto, per es., per centrifugazione sulla superficie di una sostanza colloidale o immergendo il pezzo in particolari soluzioni le quali per reazione producono la deposizione dello strato richiesto. Quest'ultimo metodo si è molto sviluppato durante il periodo bellico presso l'industria ottica tedesca [97] {[97] H. A. Tanner, L. B. Lockhart Jr.: J. O. S. A., 36, 701 (1946)}.

Ma il procedimento di gran lunga più efficace e principalmente adottato per la bontà dei risultati ottenuti è quello fisico di evaporazione nel vuoto. Esso consiste nell'evaporare in atmosfera molto rarefatta (dell'ordine dei 10-5 mm di Hg) una sostanza di caratteristiche ben definite, e nel farne condensare i vapori sopra la superficie da trattare producendo quello strato interferenziale che annulla la riflessione ([26], [27]) {[26] C. H. Cartwright, A. F. Turner: Bull. Amer. Phys. Soc., 13, n. 7, 10 (1938) – [27] C. H. Cartwright, A. F. Turner: Bull. Amer. Phys. Soc., 14, n. 1, 8 (1939)}.

Perché il trattamento risulti veramente efficace la sostanza da evaporare deve possedere alcuni importanti requisiti, in particolare essa deve avere un indice di rifrazione pressoché uguale alla radice quadrata dell'indice di rifrazione del vetro da trattare, essere perfettamente trasparente, generare degli strati che aderiscano tenacemente alla superficie del vetro, che siano insolubili all'acqua, ai grassi, ecc., ed abbiano un elevato coefficiente di durezza.

Tutte queste proprietà fanno sì che le sostanze veramente idonee all'impiego sono assai limitate, fra esse i fluoruri metallici sono quelli che maggiormente rispondono allo scopo. Non mancano i tentativi di risolvere il problema con strati multipli di sostanze diverse [54] {[54] P. King, L. B. Lockhart: J. O. S. A., 36, 513 (1946)}.

L'impianto che consente una produzione industriale dei trattamenti è illustrato globalmente dalla fotografia della Tav. I. Notizie dettagliate sulla tecnica del vuoto possono trovarsi nel noto libro dello Strong ([95], [77]) {[95] J. Strong: Procedures in experimental Physics. (New York, 1938) – [77] G. Musco: Ric. Scient., 11, 985 (1940)} e nella letteratura tecnica [52] {[52] R. B. Jacobs, H. F. Zuhr: Journ. Applied Phys., 18, 34 (1947)}.

[DA COMPLETARE CON LA TAVOLA I] 1



1 Relazione presentata al congresso per il cinquantenario della Società Italiana di Fisica, svoltosi dal 5 al 9 novembre 1947, nell'ambito di una sessione organizzata con la Confindustria. "Il congresso della Società Italiana di Fisica a Como", Radio industria : rivista mensile di radiotecnica, 11 (1948), n. 7-8 = 127-128, p. 259 Link esterno Emeroteca digitale BNC Roma.

L'estratto riprende in parte → Scandone (1946).

"Fra le tecnologie nuove più importanti è il trattamento antiriflettente delle superfici che elimina quasi totalmente, per un processo interferenziale, la luce riflessa dalle singole superfici del sistema ottico, causa di perdite fotometriche, di immagini false e di mancanza di contrasto. Il trattamento consiste nel depositare sulle superfici ottiche, mediante evaporazione sotto vuoto, uno strato sottilissimo (circa 1/4 della lunghezza d'onda media delle radiazioni utilizzate) di una sostanza avente potere rifrangente intermedio fra quello dell'aria e quello del vetro; le radiazioni riflesse dalle due facce del sottilissimo strato sono in opposizione di fase e si annullano vicendevolmente". F. Scandone, "Strumenti ottici", in Enciclopedia Italiana - III Appendice (Roma, 1961), p. 875 Link esterno Treccani.



All'indice    1948    Indicatore di completezza
Storia § 25
G. Grasso, "Lo stereotelemetro moderno", Rivista marittima, 81 (1948), n. 10, ottobre, pp. 29-36. Link esterno OPAC SBN

1. – Un telemetro, come qualunque strumento ottico militare, affinché possa dare il massimo ausilio, è necessario che sia il più possibile corretto e luminoso.

Come è noto l'errore del telemetro sulla base dell'approssimazione teorica è di 10" di campo apparente, mentre in pratica gli stereotelemetristi danno un errore di 30" e più, errore che sopratutto è dovuto, oltre a cause personali, anche a quelle strumentali ed esterne, quali la rifrazione dell'aria esterna, la diversa temperatura dei due rami del telemetro, piccole scorrezioni di montaggio e del sistema ottico di rettifica.

La caratteristica fondamentale di uno stereotelemetro, su cui desidero soffermarmi, è la luminosità, cioè, a parità di dimensioni delle immagini, la possibilità di convogliare nell'occhio la maggior parte della energia luminosa entrata nello strumento. Le perdite di luce in uno strumento ottico sono molteplici. Ma essenzialmente la luminosità dipende:

    a) per uno strumento come il telemetro, che deve essere impiegato in mare e quindi sotto l'azione di spruzzi e fumo, dallo stato di pulizia delle superfici esterne dei vetrini di protezione;

    b) dal diametro utile degli obbiettivi e quindi dalla pupilla di entrata e, in base all'ingrandimento, dalle dimensioni della pupilla di uscita;

    c) dal numero delle superfici ottiche libere dello strumento.

Passiamo in breve rassegna i tre fattori suddetti suggerendo qualche possibile miglioramento.

    a) Il problema del tergivetro ha sempre assillato i tecnici italiani senza peraltro riuscire a risolverlo.

Come è noto, è necessario che i vetrini di chiusura di testa dei telemetri, durante l'impiego dello strumento, siano accuratamente puliti e tali si conservino almeno durante tutto il periodo di impiego.

I tergicristallo impiegati con lavaggio di alcool ed acqua dolce non hanno dato risultati favorevoli. Né si può pensare di migliorare questo sistema meccanico, che finisce sempre col rigare i vetrini e successivamente [<29-30>] col non funzionare affatto, come lunghi anni di esperienza hanno ormai dimostrato.

D'altra parte, per un efficace impiego di telemetri è necessario che i vetrini durante l'impiego non si sporchino di spruzzi d'acqua e di fumo della nave e del tiro.

È nota infatti la non completa efficacia dei nostri strumenti ottici durante la seconda battaglia della Sirte, in cui la nostra formazione navale era sotto vento.

È necessario quindi studiare un sistema più adatto che risponda allo scopo.

Una soluzione che forse potrebbe dare un efficace risultato, potrebbe essere quella, durante l'impiego del telemetro, di lanciare davanti ai vetrini e parallelamente alla superficie di essi una lamina d'aria filtrata. Per evitare rifrazione l'aria dovrebbe essere pressapoco alla stessa temperatura di quella esterna e lanciata con pressione tale da evitare che spruzzi e fumo raggiungano i vetrini.

    b) Come si è detto la luminosità dipende anche dal diametro utile degli obbiettivi, dal diametro della pupilla di uscita (P. U.) e per conseguenza dall'ingrandimento.

Sappiamo che l'ingrandimento è il rapporto tra la pupilla di entrata e la pupilla di uscita e che la pupilla di uscita non può essere indipendente dal diametro della pupilla dell'occhio. Infatti, teoricamente, la pupilla di uscita dovrebbe essere uguale a quella dell'occhio in modo che il fascio di luce uscente dallo strumento vada tutto sulla retina. Ciò praticamente è impossibile a realizzarsi sia perchè la pupilla dell'occhio è variabile da 2 mm a 7 mm a seconda delle condizioni di luce e poi perché è difficile tenere le pupille degli occhi centrate rispetto alle P. U. dello strumento: in genere è sufficiente che uno strumento ottico di osservazione abbia P. U. dai 3 mm ai 5 mm di diametro. [...] [<30-31>]

Poiché inoltre, come si è già detto, lo strumento deve essere il più semplice possibile, si dovrebbe realizzare con un solo ingrandimento e ciò è anche convalidato dalla esperienza ormai acquisita: ritengo che il più adatto possa essere circa il 30 ingrandimenti.

In conseguenza si avrebbe una pupilla di uscita di 4 mm di diametro, che è adatta al normale diametro della pupilla dell'occhio ed anche perché si è dimostrato che di notte si vede di più a forzare l'ingrandimento e non ad aumentare la pupilla di uscita dello strumento.

In sostanza, con l'aumento del diametro dell'obbiettivo da 90 mm a 120 mm, la luminosità di un telemetro sarebbe pressocché raddoppiata rispetto agli attuali.

Se poi si dovessero eccezionalmente costruire telemetri di base maggiore di m 8, occorrerebbe ricorrere ad obbiettivi del diametro utile di mm 150, che, con un ingrandimento di almeno 30, darebbero una pupilla di uscita del diametro di 5 mm. Con ciò la luminosità del telemetro verrebbe pressappoco triplicata rispetto agli attuali.

Bisogna però tenere presente che il maggiore diametro degli obbiettivi, a parte le difficoltà di correzione, porta a notevoli svantaggi dal punto di vista meccanico e termico. Sono quindi necessari particolari accorgimenti di calcolo e di montaggio per ridurre entro limiti tollerabili gli svantaggi precedenti.

    c) Abbiamo detto poi che la luminosità dipende dal numero delle superfici ottiche libere dello strumento.

Questo è un fattore importante in quanto l'elevato numero di superfici ottiche libere che ci sono normalmente in un telemetro (numero che è non minore di 20) è tale da ridurre notevolmente per riflessione la luminosità dello strumento. [DA COMPLETARE] [<31-32>]

Per un telemetro la percentuale di luce che riesce ad attraversare lo strumento in relazione al numero delle superfici di vetro è circa il 20%.

In effetti, se si tiene ancora conto dell'energia assorbita dagli spessori di vetro delle varie ottiche, il rendimento si abbassa a circa il 15%, cioè sul quantitativo 100 di luce entrata nello strumento soltanto 15 esce dall'oculare.

Ma oltre questo difetto, parte della luce riflessa da una superficie intermedia, nel suo cammino inverso, verrà nuovamente riflessa dalle superfici precedenti e sarà così ulteriormente convogliata verso l'occhio. Questa luce, avendo percorso nello strumento un cammino ottico diverso dal previsto, non concorrerà alla formazione dell'immagine principale del bersaglio, ma formerà invece delle immagini secondarie piuttosto indefinite, che daranno luogo a riflessi nocivi ed all'annebbiamento della immagine principale.

La nebulosità generale dell'immagine è un difetto rilevante degli strumenti ottici complessi quali sono i telemetri.

Ecco quindi la necessità dell'impiego di ottiche con trattamento antiriflettente, cioè di ottiche le cui superfici siano opportunamente modificate in modo da aumentare al massimo la quantità di luce trasmessa a danno della percentuale riflessa.

[DA COMPLETARE] dal 1936 al 1941, hanno lavorato segretamente ed indefessamente per mettere al punto il trattamento antiriflettente e si può dire che con metodi, procedimenti e mezzi diversi le ditte Bausch & Lomb e la Kodak in America, la Zeiss in Germania e le officine Galileo in Italia sono riuscite a risolvere il problema ed a giungere ad una produzione industriale.1

Sinteticamente il principio su cui si basa il quasi annullamento del coefficiente di riflessione consiste nell'interporre tra la superficie del vetro e l'aria un sottilissimo strato di sostanza trasparente avente un indice di rifrazione intermedio tra quello dell'aria e quella del vetro ed il cui spessore è dell'ordine di 0,1 micron.

Senza entrare in ulteriori dettagli accenniamo al fatto che esistono due tipi di trattamento antiriflettente: trattamento duro e trattamento tenero.

Il trattamento duro resiste meglio all'azione dello sfregamento delle ottiche durante la revisione dello strumento e pulizia di esso, mentre il tenero viene molto facilmente asportato.

Il trattamento duro è meno complesso a farsi del tenero, però una superficie con trattamento duro riflette circa il 0,8%, mentre quella con trattamento tenero circa il 0,5%. [<32-33>]

Per conseguenza, in qualsiasi strumento ottico conviene adottare il trattamento tenero su tutte le superfici ottiche interne e quello duro solo sulle superfici ottiche esterne.

In sostanza quando una superficie ottica normale (cioè non trattata) è investitita da luce bianca il suo coefficiente di riflessione varia, a seconda della obliquità dei raggi e del tipo di vetro, dal 4% all'8%, mentre se è tratta va da 0,2% a 0,5%.

Nel caso del telemetro si può raggiungere un guadagno di luce del 200% e cioè la luminosità può essere per azione del trattamento pressoché triplicata.

2. – In conclusione il telemetro ottico da impiegare dovrebbe essere quello stereo, con ottiche trattate, ridotto però alla massima semplicità.

Complessivamente il nuovo tipo di telemetro proposto dovrebbe avere in linea di massima i seguenti requisiti:

    a) Trattamento antiriflettente, che, dato il numero elevato delle superfici ottiche libere, consente un guadagno di luce che triplica circa l'attuale luminosità dello strumento. Le ottiche esterne dello strumento devono avere subito il trattamento antiriflettente duro per evitarne la facile asportazione in seguito allo strofinio per la pulizia prima dello impiego. Per le superfici interne è sufficiente il trattamento tenero, dato che la pulizia di esse, quando necessaria, verrebbe eseguita da personale specializzato.

    b) Gli obbiettivi dovrebbero essere di diametro maggiore rispetto alle attuali costruzioni ed è sufficiente impiegare un solo ingrandimento.

Poiché l'aumento del diametro degli obbiettivi, come si è detto, può almeno raddoppiare la luminosità dello strumento, insieme al trattamento si può raggiungere in un telemetro una luminosità che è quasi sestupla di quella attuale.

Un tipo di telemetro come quello proposto permetterebbe di telemetrare di notte per lo meno ad una distanza di circa 5.000 metri. Qui il problema fondamentale è quello di avere variabili, entro opportuni limiti, sia la luminosità e sia la colorazione delle marche, poiché è noto come ciò sia basilare specie nel telemetraggio notturno.

Ritengo che il problema si possa risolvere proiettando, al posto delle marche, le immagini delle marche stesse.

Ciò è facile a realizzare con opportuno sistema ottico ausiliario. In tal modo, sull'asse ottico del telemetro si avrebbero le immagini delle marche di cui è più semplice variare la luminosità e la colorazione a seconda delle condizioni e dell'ora in cui il telemetraggio avviene. [<33-34>]

    c) Lo stereotelemetro, pur riducendolo al suo schema ottico più semplice, deve essere dotato di rettifica interna la più assoluta possibile, indispensabile per la rettifica dello strumento in qualunque momento.

Una buona norma, un po' prima di andare al tiro, potrebbe anche essere quella di controllare il telemetro a mezzo del radar su una grande distanza (per esempio intorno ai 25÷30 km); come si sa la rettifica interna dà un ∞ fittizio e talvolta potrebbe dare delle scorrezioni, sia pur piccole, che non consentirebbero poi al telemetrista di telemetrare entro limiti prossimi ai 10" di errore.

    d) Naturalmente dovrà essere studiata e curata particolarmente la chiusura stagna dello strumento.

Le passate costruzioni non avevano ancora del tutto risolto questo problema, sebbene le ditte costruttrici avessero già degli studi bene avviati in merito.

I due oculari potrebbero farsi a fuoco fisso per evitare che il continuo pompaggio di essi durante la messa a fuoco introduca nello strumento aria umida. In questo caso eventuali necessarie correzioni di diottrie oculari, dovute o agli eventuali difetti acquisiti con l'età degli stereotelemetristi o alle condizioni di luce (di notte l'occhio tende in genere alla miopia), possono essere effettuate con lenti addizionali di graduazione opportuna da applicare di volta in volta sugli oculari e di cui ogni stereotelemetrista dovrebbe essere dotato in seguito a controllo medico. Sarebbe inoltre opportuno rivestire la superficie interna dei tubi con adatta sostanza antiappannamento, di cui i tedeschi facevano uso.

In genere però lo stesso trattamento antiriflettente è un parziale antiappannante cioè è più difficile il deposito di minutissime goccioline di umidità sui vetri trattati.

La sostanza antiappannante, adoperata dai tedeschi, serviva per favorire il condensamento su essa stessa dell'umidità, che però poteva rievaporare. In sostanza l'umidità eventualmente infiltratasi nell'interno dello strumento si condenserebbe più agevolmente sull'antiappannante, anziché sulle ottiche trattate.

Per la tenuta stagna una buona soluzione potrebbe inoltre essere quella di riempire i telemetri di elio a pressione un po' maggiore della esterna. Ciò anche perché l'elio, avendo una maggiore conducibilità termica dell'aria, permette una più uniforme distribuzione di temperatura in tutto il telemetro con quindi minore causa di errore.

    e) Ogni telemetro poi dovrà essere munito esternamente di opportune apparecchiature, appositamente studiate ed accuratamente sperimentate, che evitino il deposito sui vetrini di base di umidità e fumo. [<34-35>]

    f) Ogni telemetro inoltre dovrà essere sistemato su opportuni supporti antivibranti che permettano un efficace telemetraggio in qualsiasi condizione. In sostanza il periodo di vibrazioni del supporto deve essere molto lontano da quello della nave alle varie andature. Buoni gli antivibranti studiati dalla ditta Galileo e già impiegati efficacemente sulle nostre unità più moderne.

    g) Pur essendo necessario stabilire le basi dei telemetri ed il numero degli strumenti a seconda del tipo di unità, bisognerà naturalmente unificare il più possibile gli stereotelemetri, specie per quanto si riferisce alle lunghezze delle basi e diametro e distanza dei collari in modo da rendere perfettamente intercambiabili tutti quelli di uguale base.

Sarebbe opportuno limitare a pochissimi tipi gli stereotelemetri in relazione alla lunghezza delle basi.

Ritengo che tre tipi siano sufficienti e cioè le basi di m 4, m 6 e m 8 (od eventualmente m 3, m 5 e m 8). Naturalmente aumentando o diminuendo i vari tipi di Unità, bisognerà anche aumentare o diminuire il numero di detti tipi di telemetri.

    h) Circa l'impiego navale degli stereotelemetri sulle varie Unità, pur tendendo ad allungare il più possibile le basi, un criterio di massima potrebbe essere il seguente:

– sulle siluranti uno stereotelemetro da m 4 (eccezionalmente di m 3) con obbiettivi del diametro di mm 90 (anziché 60) ed ingrandimento unico 25;
– sugli incrociatori in media tre stereotelemetri per tiro navale (due a proravia ed uno a poppavia), delle basi di m 6 e m 8 con obbiettivi del diametro di 120 mm ed ingrandimento unico 30;
– sulle corazzate (nel caso eventuale che in futuro venissero costruite) in media 5 stereotelemetri (3 per il G. C. e 2 per il medio calibro) nelle basi di m 6 - m 8, ed eventualmente di base maggiore a seconda del tipo di nave, con obbiettivi del diametro da 120 mm a 150 mm (a seconda della base) ed ingrandimento 30 o al più 35.

Naturalmente tanto più in basso viene sistemato lo strumento tanto maggiore dovrà essere la base.

    i) Nell'impiego contraereo lo stereotelemetro, che è attualmente il più adatto, ha sempre avuto scarsa efficacia e pertanto occorrerebbe studiare e migliorare per esempio un tipo di stereotelemetro a duplicazione stereoscopica di immagini di almeno 4 m di base che sia luminosissimo, di schema ottico più semplice, di immagini migliori e dotato di adatto [<35-36>] asservimento elettrico che consenta una rapida ricerca ed un facile inseguimento del bersaglio.

Detto tipo di telemetro però risulterebbe sempre meno luminoso di un normale stereo a marca mobile e pertanto si ritiene preferibile adottare quest'ultimo tipo di telemetro, cioè il normale a marca mobile, purché si disponga di personale particolarmente scelto e rigorosamente allenato.

    l) Occorrerebbe prevedere infine l'impiego di polaroidi da applicare ed orientare facilmente davanti gli oculari per la visione di bersagli, sopratutto aerei, che talvolta è difficile vedere in luce riflessa, cioè polarizzata; ciò avviene quando il bersaglio è illuminato dal sole in particolari condizioni di incidenza.

È noto infatti che tale fenomeno si verifica quando l'angolo di incidenza i della luce sul bersaglio non è altro che l'angolo limite di Brewster in base alla relazione    tg i = n    ove n è l'indice di rifrazione della superficie riflettente del bersaglio rispetto all'aria.

Gaetano Grasso / T. Colonnello A. N. 2



1 Una delle fonti utilizzate dall'autore è evidentemente → Scandone (1948).

2 Rimane da verificare l'assenza di una bibliografia. Questa è assai generica in un lavoro successivo dell'autore, tenente colonnello delle Armi Navali: si veda → Grasso (1951).



All'indice    1948    Indicatore di completezza
Storia § 25
G. Toraldo di Francia, "L'avvenire dell'obiettivo fotografico", Ferrania : rivista mensile di fotografia, cinematografia e arti figurative, 2 (1948), n. 11, novembre, pp. 12-14 Link esterno Fondazione 3M. Link esterno OPAC SBN

[...] Inoltre è noto a tutti che la superficie del vetro riflette una parte della luce che la colpisce. Per questo un obiettivo composto di sei lenti staccate ha 12 superficie (due per ciascuna lente) che rimandano indietro un po' della luce incidente. In queste condizioni si calcola che non più del 60% della luce incidente raggiunge la pellicola. Se l'obiettivo è nominalmente un f/1,5, esso in realtà non è più luminoso di un f/2 vero. La luce poi che arriva sulla pellicola dopo aver subìto riflessioni multiple all'interno dell'obiettivo è dannosissimo per l'immagine.

A questi inconvenienti si riesce oggi ad ovviare in gran parte «trattando» le superficie delle lenti, ossia deponendo su di esse dei sottili strati di opportune sostanze trasparenti, che ne abbassano il potere riflettente. Le cose migliorano notevolmente ma non si può dire di aver raggiunto la perfezione. Un trattamento fatto proprio bene è ancora piuttosto raro. Gli studi e i progressi in questo campo sono in pieno svolgimento.

Ma l'ideale sarebbe sempre quello di avere poche lenti e poche superficie. [...] 1



1 L'intera raccolta della rivista è condivisa in Link esterno Fondazione 3M.



All'indice    1949    Indicatore di completezza
Storia § ??
[Redazione], "Molti premi sorteggiati fra i propagandisti", Le Vie d'Italia, 55 (1949), pp. 902-903. Link esterno OPAC SBN

Il I° agosto, secondo le modalità del bando di con­corso, sono stati sorteggiati i 307 premi speciali posti in palio fra i propagandisti per il 1949. Circa 10.000 soci partecipavano all'estrazione, di questi 243 hanno avuto in sorte premi, ossia uno ogni 41 partecipanti. Quasi tutti i propagandisti più noti, quelli che hanno totalizzato alcune centinaia ed anche alcune migliaia di punti sono stati premiati, taluni anzi con più di un premio. Al console dr. Savio Gambetta che ha totaliz­zato il maggior numero di punti nel 1949, ad esempio, sono toccati in sorte ben 13 premi. La sorte tuttavia ha favorito anche coloro che si sono limitati a svolgere la loro opera di propaganda nella sfera delle amicizie fa­miliari: il vincitore del primo premio infatti aveva totalizzato solamente 12 punti, e altri 94 dei 243 vincitori hanno conseguito meno di 15 punti mentre 3 han­no vinto premi pur avendo presentato un solo socio familiare.

Il primo premio, l'autovettura Fiat 500 B, è toccato al Console di Romagnano Sesia, sig. Attilio Bertinotti, amico di vecchia data del Touring che lo ricorda Socio dal 1914 e Console dal 1921. Egli ha vinto l'autovet­tura con un tagliando che si riferiva alla presentazione di un nuovo Socio annuale. Il motor-scooter «Lambretta» è stato vinto dal Console di Novara, cav. Giusep­pe Favini, Socio dal 1941 e Console dal 1947. Egli ha presentato 21 nuovi Soci e il tagliando vincente si ri­feriva, appunto, alla presentazione di un nuovo Socio annuale. Il dr. Sergio Pierallini di Modena, Socio dal­l'anno scorso, ha avuto invece la fortuna di vincere la motoleggera «Guzzi 65». Gli altri 304 premi, fra i quali una tenda «Clitunno», un fucile da caccia «Beretta», un binocolo prismatico «Esar», un binocolo «Hensoldt Wetzlar», 3 micromotori (2 «Mosquito» e 1 «Alpino»), due orologi «Cyma Tavannes», una macchina fotografica «Elettra II», 3 biciclette (2 «Bianchi» e 1 «Doniselli»), un impermeabile da uomo, tagli d'abito, cassette di liquori, profumi, ecc., sono stati vinti, secondo l'ordine depositato presso il Notaio, dai possessori dei tagliandi sotto indicati: tutti i vincitori sono stati direttamente informati. [Segue l'elenco di serie e numeri dei tagliandi vincenti]. 1



1 Articoli analoghi, segnalati come questo da un collezionista romano appassionato di binocoli, compaiono negli anni seguenti. I premi in palio erano donati al Touring Club Italiano, a scopo promozionale, dalle aziende produttrici.
- Le Vie d'Italia, 57 (1951), p. 1120: "il binocolo 'Esar' S. Giorgio al tagliando B 04807 del sig. Ghezzi Alberto, di Livorno".
- Le Vie d'Italia, 59 (1953), p. 1238: "il binocolo Glior [Clior] S. Giorgio dal sig. Luciano Carnicelli, Console di Borgo e Mozzano (E 07857)".
- Le Vie d'Italia, 60 (1954), p. 922: "Soc. Ind. San Giorgio, Genova: binocolo Clior da teatro".



All'indice    1949    Indicatore di completezza
Storia § 25
V. Ronchi, "Il trattamento antiriflettente nell'ottica cinematografica", Bianco e nero. Rassegna mensile di studi cinematografici, 10 (1949), n. 2, febbraio, pp. 70-75 Link esterno Centro Sperimentale di Cinematografia. Link esterno OPAC SBN

È ormai noto a molti in che cosa consista il «trattamento antiriflettente» delle parti ottiche. Tutte le volte che la radiazione (comunemente, ma a torto, chiamata luce) incontra una superficie di separazione fra vetro e aria, cioè incontra una superficie del vetro a contatto con l'aria, in parte si riflette, per quanto lucida e trasparente sia la superficie incontrata. Questo fenomeno, notissimo da secoli, costituì fino ai primi del 1800 un mistero profondo, che obbligò tutti gli ottici, non esclusi P. Grimaldi, Newton e Huyghens, a riconoscersi incapaci a spiegarlo. Soltanto al principio del secolo scorso, quando si impose la teoria ondulatoria della radiazione, fu trovata la chiave del mistero, e A. Fresnel arrivò a darne le leggi quantitative precise. Fu cioè dimostrato che le onde (sia eteree, sia materiali) si riflettono in parte tutte le volte che passano da un mezzo ad un altro in cui hanno una velocità diversa di propagazione; e la percentuale di ogna riflessa dipende proprio dal salto di questa velocità, ed è la stessa sia che la velocità aumenti, sia che diminuisca.

Lasciando da parte le onde materiali, che non hanno interesse per il nostro studio, è anche noto che il cosiddetto indice di rifrazione di una sostanza rispetto ad un'altra è proprio uguale al rapporto delle velocità che la radiazione considerata ha nelle due sostanze. È quindi naturale che la percentuale di radiazione riflessa dalla superficie di separazione delle due sostanze dipenda da n. Le formule generali tengono conto anche dell'angolo di incidenza e dello stato di polarizzazione della radiazione incidente, ma sono assai complesse e non presentano molto interesse per le applicazioni pratiche. Perché comunemente la radiazione non è polarizzata e l'incidenza è quasi normale; e allora la percentuale di radiazione riflessa r è data dalla semplice formula

r = [ ( n2 - n1 ) / ( n2 + n1 ) ] 2

dove n1 e n2 sono gli indici di rifrazione assoluti delle due sostanze separate dalla superficie su cui avviene la riflessione.

Nel caso del passaggio dall'aria al vetro, o viceversa, sia ha   n1 = 1   e   n2 = 1,5   per i vetri leggeri (borosilicati e croni) e   n2 = 1,7   per i flinti pesanti; di conseguenza:

r = ( 0,5 / 2,5 ) 2 = 4% per i croni [<70-71>]

r = ( 0,7 / 2,7 ) 2 = 0,067 = 6,7% per i flinti pesanti.

In cifra tonda si usa dire che sopra ogni superficie di vetro a contatto con l'aria (detta brevemente superficie aria-vetro) la perdita per riflessione del flusso luminoso è del 5%; e questa approssimazione è giustificata anche dalla scarsa precisione delle misure fotometriche in genere. Siccome poi ogni pezzo ottico (lamina, lente, prisma) di facce ne ha almeno due, la perdita di flusso causata da questa riflessione si valuta, sempre in cifra tonda, intorno al 10% per ciascun elemento ottico. È questa la causa più importante di perdita di flusso radiante negli strumenti ottici. Perché per la necessità delle acromatizzazioni e della correzione delle aberrazioni, il numero delle lenti non è quasi mai di una sola unità, e per quanto tutte le volte che è possibile si cerchi di incollare le lenti accostate con superficie di uguale curvatura mediante il balsamo del Canadà (il cui indice di rifrazione è vicinissimo a quello dei croni e quindi la riflessione è praticamente nulla nel passaggio dal balsamo al vetro e viceversa) pure negli strumenti complessi si arriva presto a perdite considerevoli. La curva inferiore del grafico della fig. 1 mostra appunto come varia, in media, la percentuale di flusso radiante trasmesso da un sistema di lenti (e per lenti si intendono anche le lamine a facce parallele, i prismi e simili) quando il numero di queste aumenta.

Così, ad esempio, attraverso ad un sistema ottico di 13 lenti non passa più del 20% della radiazione incidente, semplicemente perché l'80% viene perduto per riflessione sulle 26 superfici aria-vetro. E, si noti bene, questo 80% non viene assorbito o trasformato, ma viene diffuso dalle superfici curve delle lenti e in parte ritorna anche nel senso iniziale di propagazione, cioè verso il film o verso l'occhio dell'osservatore, ma vi ritorna per vie traverse e ha per effetto di invadere le parti scure della immagine ottica, diminuendone il contrasto e la vivacità.

Per ovviare a tutti questi inconvenienti è stato introdotto il «trattamento antiriflettente» delle superfici ottiche. Il fatto che la percentuale di flusso riflesso r non è una funzione lineare di n ha portato subito a pensare che un non lieve vantaggio si sarebbe potuto realizzare facendo compiere il salto di indice di rifrazione aria-vetro in due o più volte, anziché in una sola.

Per esempio, se sopra una superficie di flinte si stende uno strato di una sostanza di indice n2 = 1,33 (come l'acqua), si ha una prima perdita per riflessione sulla superficie aria-acqua, data da

r = [ ( 1,33 - 1 ) / (1,33 + 1 ) ] 2 = ( 0,33 / 2,33 ) 2 = 0,02 = 2%

e una seconda perdita sulla superficie acqua-vetro, data da:

r = [ ( 1,67 - 1 ) / (1,67 + 1,33 ) ] 2 = ( 0,34 / 3,00 ) 2 = 0,012 = 1,2% [<71-72>]

Complessivamente, se le perdite si sommassero, in cifra tonda la perdita complessiva sarebbe poco più del 3%, cioè meno della metà di quella che si sarebbe avuta se la radiazione fosse passata direttamente dall'aria al flinte; ma si può ottenere anche un risultato migliore, perché a quello citato si aggiunge un altro effetto, per rendersi ragione del quale occorre fare appello agli elementi fondamentali dell'ottica ondulatoria. Il fatto è che il fascio riflesso dalla superficie aria-acqua, nell'esempio portato, e quello riflesso dalla superficie acqua-vetro, dato che ritornano indietro della stessa direzione, si sovrappongono e interferiscono.

Ora le regole della interferenza delle onde dicono che il fascio finale, risultante dalla sovrapposizione dei due fasci interferenti, ha una intensità che dipende dalla differenza di fase fra le vibrazioni di questi due, ed è minima (cioè uguale alla differenza delle intensità dei due fasci) quando la differenza di fase è 180°.

Nel caso nostro la differenza di fase è causata dalla differenza di cammino ottico nell'interno della lamina di acqua: infatti la radiazione percorre lo stesso cammino identico fino a quando incontra la superficie aria-acqua, qui una parte (il 2%) si riflette e il 98% entra nell'acqua e vi avanza finché incontra la superficie acqua-vetro; qui il 96,8% penetra nel vetro e l'1,2% torna indietro, raggiungendo di nuovo quel 2% che si riflette sulla superficie aria-acqua, ma raggiungendolo con un ritardo pari al tempo impiegato a percorrere due volte lo strato di acqua. Ora, se questo strato di acqua ha uno spessore di un quarto di lunghezza d'onda (cioè  λ 4  [ λ/4 ]) il ritardo con cui il secondo fascio riflesso raggiunge il primo è pari al tempo necessario per percorrere un tratto di  λ 2  [ λ/2 ] e quindi, secondo la teoria delle onde, il secondo fascio è sfasato proprio di 180° rispetto al primo. Quando i due fasci si sovrappongono, l'intensità risultante è uguale alla differenza delle due intensità combinate (0,8%).

Il flusso riflesso dal complesso aria-acqua-flinte è dunque solo dello 0,8% invece del 6,7% che si sarebbe avuto se la radiazione fosse passata direttamente dall'aria al vetro. Il flusso così guadagnato si ritrova dalle parte opposta dello strato, cioè dentro il flinte, come flusso trasmesso.

In realtà le cose sono un po' più complicate, perché i fasci che si sovrappongono non sono due soli, ma assai più numerosi, prodotti da ripetute riflessioni successive sulle due facce dello strato di acqua; tuttavia anche l'esame approfondito del fenomeno porta alla conclusione che pur di dare allo straterello sovrapposto alla superficie del vetro uno spessore conveniente (prossimo a  λ 4  [ λ/4 ]) si può ottenere che il flusso riflesso rappresenti una percentuale minima del flusso incidente.

Messe però le cose in questi termini, l'attuazione pratica del sistema presenta tali difficoltà, che ci si rende conto del come mai ci siano voluti tanti anni per arrivare a qualche cosa di veramente utile. Perché, come è ben noto, la lunghezza delle onde visibili è compresa fra 0,8 e 0,4 micron o millesimi di millimetro: quindi per raggiungere lo scopo è necessario spalmare la superficie del vetro con uno strato uniforme di una sostanza di indice di rifrazione conveniente e dello spessore di uno o due decimillesimi di millimetro. Uno strato così sottile è delicato e facile ad essere asportato. [<72-73>]

Non è il caso di riportare la lunga storia dei tentativi fatti per giungere ad una applicazione veramente pratica del sistema. Un tempo si era costretti ad applicare il trattamento soltanto sulle superfici interne degli obbiettivi, ossia quelle superfici che non potevano essere raggiunte dalla polvere e dalle mani degli operatori; oggi invece si eseguono trattamenti resistenti anche a un ripetuto sfregamento con pelle di daino.

L'applicazione del trattamento si fa nel vuoto molto spinto, sottoponendo la superficie da trattare all'evaporazione della sostanza prescelta, che, sotto una campana pneumatica vien fatta evaporare mediante riscaldamento elettrico. Le molecole, nel vuoto, si lanciano con grande velocità contro la superficie di vetro e vi rimangono fortemente aderenti. L'operazione continua finché lo strato così aggregato non ha raggiunto lo spessore voluto. L'apparato «Dalvo-Duplex» della Metal-lux di Milano è uno dei dispositivi più quotati per eseguire trattamenti e permette di compiere le operazioni in pochi minuti.

Le superfici così trattate acquistano un colore azzurrognolo caratteristico. La ragione è facile a trovarsi, ove si tenga conto del fatto accennato, che l'intensità del fascio riflesso dallo strato aggiunto sopra la superficie del vetro è funzione della lunghezza d'onda. Ora è chiaro che se lo spessore dello strato è stato scelto per funzionare bene per una λ, non può essere contemporaneamente quello più adatto anche per le altre; quindi l'effetto antirflettente non è uguale per tuute le radiazioni. Come si è detto, nello spettro visibile le λ variano da 0,8 a 0,4 micron; il trattamento si usa fare in modo da ridurre al minimo la riflessione della radiazione di  λ = 0,6 micron, che è tra le più importanti visualmente e anche fotograficamente. Allora la riflessione delle radiazioni estreme dello spettro visibile viene ad essere preponderante su quella delle radiazioni centrali e di qui segue quel colore azzurro-porporino presentato dalle superfici trattate. Anzi il colore assunto dalle superfici trattate fornisce un criterio celere per collaudare il trattamento eseguito.

Oggi sono noti anche dei procedimenti chimici per eseguire il trattamento, ma per ora non pare che diano risultati così sicuri e così generali come il sistema dell'evaporazione nel vuoto. Le applicazioni del trattamento antiriflettente divengono ogni giorno più numerose e più interessanti; ma veniamo a quelle nel campo cinematografico. Gli strumenti ottici più diffusi in cinematografia sono la macchina da presa e quella da proiezione. In quella da presa la luminosità dell'obbiettivo ha una grande importanza, dato che il tempo di esposizione di ogni singolo fotogramma è prefissato in una piccola frazione di secondo. È noto che ciò porta all'impiego di fortissime aperture, malgrado tutti gli inconvenienti ad esse collegati: in prima linea la piccola profondità di campo e l'esasperazione delle aberrazioni. In particolare dove il problema della luminosità assume proporzioni allarmanti è nella cinematografia a colori.

Quale beneficio ci si può attendere nella ripresa cinematografica dal trattamento antiriflettente?

Nel fig. 1 sono riportati due diagrammi: quello inferiore, come abbiamo detto, rappresenta il fattore di trasmissione di un sistema ottico medio le cui superfici aria-vetro non sono trattate; quello superiore rappresenta [<73-74>] il fattore di trasmissione dello stesso sitema ottico, quando le superfici sono trattate. I diagrammi mostrano come variano i due fattori di trasmissione al crescere del numero delle lenti immerse nell'aria. Si tratta di dati medii, perché come abbiamo visto, l'effetto dipende assai dalla rifrangenza dei vetri e anche dalla bontà del trattamento.

Prendendo per buoni tali diagrammi, per giudicare quale vantaggio si può ritrarre dall'applicazione del trattamento, basta contare quante superfici aria-vetro ci sono lungo tutto il cammino della radiazione dalla sorgente alla superficie su cui la radiazione stessa viene utilizzata, e dividere tale numero per due: il quoziente dà il numero di lenti che mediante il diagramma della fig. 1 permette di rispondere al quesito.

Fig. 1. – Dipendenza del fattore di trasmissione (in ordinate) di un sistema ottico non trattato (diagramma superiore)
o trattato (diagramma inferiore) dal numero delle lenti che lo compongono (in ascisse).

Così, ad esempio, in una macchina da presa di solito abbiamo un obbiettivo a quattro o più lenti; siccome spesso alcune sono incollate, le superfici aria-vetro si possono ridurre a 6; talvolta vi è un diffusore, pure in vetro, o un filtro colorato, e spesso anche una lamina anteriore per chiudere la macchina a scopo acustico. Anche considerando che il filtro non venga usato contemporaneamente al diffusore, il numero delle superfici aria-vetro arriva a 10, ossia il numero delle lenti arriva a 5. Il diagramma della fig. 1 ci dice subito che mentre il fattore di trasmissione di tale sistema non trattato è del 58%, quello del sistema trattato è dell'88%. Un guadagno netto dunque del 30%.

Volendo tradurre in moneta questo beneficio, basta considerare che col sistema trattato si ottiene lo stesso risultato come col sistema non trattato, riducendo del 30% i lumen sulla scena, ossia il numero degli apparati di illuminazione. E ciò solo dal punto di vista della luminosità, senza tener conto del miglioramento dal punto di vista della vivacità e del contrasto della macchina fotografica. Sempre nel campo della ripresa, l'importanza di questo risultato si accresce molto quando si passa nel campo [<74-75>] del «colore». Chi ha provato come sia gravoso il problema dell'illuminazione in tali circostanze può apprezzare in pieno il grande beneficio derivante da questa possibilità di economia.

Veniamo ora al caso della proiezione. In una macchina da proiezione troviamo dapprima l'involucro della lampada (quando il proiettore funziona ad incandescenza), ma di questo possiamo non tenerne conto, sia perché la superficie interna non può essere trattata, sia perché in ogni caso la radiazione riflessa dall'involucro è quasi tutta ricuperata. Ma poi troviamo un condensatore, che non di rado è a tre lenti separate, una lamina raffreddatrice, un obbiettivo da proiezione, che pure spesso è a tre lenti staccate, e talvolta una lamina di vetro che chiude la finestra della cabina di proiezione, per ragioni acustiche. In totale 16 superfici, ossia 8 lenti.

I diagrammi della fig. 1 ci danno un fattore di trasmissione del 37% per sistema ottico non trattato e un fattore del 79% per un sistema trattato. Il beneficio dunque è del 42%: ossia il sistema trattato manda sullo schermo un flusso luminoso più che doppio di quello non trattato.

Si può anche dire che un proiettore trattato dà lo stesso risultato fotometrico (e cioè senza tener conto del miglioramento del contrasto nell'immagine) di uno uguale non trattato, riducendo a un po' meno della metà la potenza della lampada.

Se si considera quanta energia si consuma nelle proiezioni cinematografiche, ci si fa subito un'idea del cospicuo beneficio che si può ritrarre dall'applicazione integrale del trattamento antiriflettente.

Naturalmente la medaglia ha il suo rovescio. Il trattamento è una cosa fina, che va fatta bene e mantenuta bene. Se il trattamento non è eseguito con le cure e le regole del caso, il deposito sulla superficie assume una struttura granulosa e pulverulenta, che riduce la riflessione (tanto è vero che la superficie trattata appare scura, osservata per riflessione), ma riduce anche la trasmissione, ossia lo strato è assorbente. È evidente che questo non è l'effetto che si vuole ottenere, perché il trattamento è utile in quanto il flusso non riflesso viene convogliato nella direzione di utilizzazione, ma se si deve perdere, poco importa che sia perso per riflessione o per assorbimento.

Inoltre le superfici trattate sono delle cose delicate. Se vengono strofinate con panni polverosi (e la polvere contiene spesso elementi durissimi, che non di rado arrivano a graffiare lo stesso vetro) o con materiale abrasivo, perdono la loro proprietà e il beneficio scompare. Già le superfici di vetro degli obbiettivi sono da considerarsi delicate; l'aggiunta del trattamento ne aumenta la delicatezza e richiede maggior attenzione e competenza in chi maneggia questi strumenti.

Ma la crescente diffusione delle applicazioni del trattamento antiriflettente sta a dimostrare che il bilancio fra i beneficii e gli inconvenienti è nettamente attivo per i primi e quindi è da considerarsi buona pratica estenderne l'uso anche nella strumentazione cinematografica.1



1 La trascrizione è integrale. Le formule sono state trascritte in modo da poterle rappresentare su una sola riga.



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Storia § ??
G. De Mottoni, "Osservazioni del pianeta Marte durante la opposizione afelica del 1948", Memorie della Società Astronomica Italiana, 20 (1949), p. 23 Link esterno NASA/ADS. Link esterno OPAC SBN

Nel corso dell'opposizione culminata il 17 febbraio 1948 abbiamo potuto eseguire diciotto osservazioni di Marte, delle quali sedici dal primo gennaio al tredici aprile, in discrete condizioni di visibilità e le ultime due, il sette e il quattordici giugno, col diametro del pianeta ridotto a meno di sette secondi e visibilità dei dettagli superficiali ormai quasi nulla.

Gli strumenti impiegati furono: prima del 1° marzo un refrattore MERZ da quattro pollici e, posteriormente a quella data, un nuovo equatoriale refrattore con obiettivo SAN GIORGIO da sette pollici (190 mm). V. fig. 1.1

Le qualità ottiche di questo maggiore istrumento si sono dimostrate eccellenti, poiché le prove su immagini stellari diedero per il dischetto di diffrazione un diametro di 0",6 con un sistema di anelli perfettamente regolare.

L'ingrandimento usato variò a seconda delle condizioni dell'immagine da un minimo di 240 ad un massimo di 760 diametri. Con maggiore frequenza si usò un oculare positivo di fuoco 6,3 mm che amplificava 450 volte e forniva immagini definite nei più minuti dettagli.

L'altezza del pianeta sull'orizzonte di Genova si mantenne sempre molto forte e raggiunse a fine marzo oltre 65°. Le condizioni di trasparenza atmosferica del nostro osservatorio, situato in riva al mare a 50 m di altezza, furono in generale buone e spesso ottime.2



1 La fotografia dello strumento non è compresa nel file distribuito da NASA/ADS.

2 De Mottoni ha utilizzato lo stesso strumento, per cui si veda → I telescopi e i cannocchiali San Giorgio, anche per le opposizioni successive. L'obbiettivo è stato progettato da → Cesare Morais.



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Storia § 25
G. Giotti, "Il trattamento antiriflettente delle superfici delle ottiche", Ferrania : rivista mensile di fotografia, cinematografia e arti figurative, 3 (1949), n. 3, marzo, pp. 2-6 Link esterno Fondazione 3M. Link esterno OPAC SBN

Già qualche anno prima della recente guerra mondiale, anche al di fuori degli ambienti tecnici e scientifici cominciò a diffondersi, sempre più frequentemente, la voce che alcune note fabbriche di strumenti ottici erano in grado di mettere in commercio esemplari con delle ottiche speciali: ottiche bleu, si diceva, ottiche verniciate in modo speciale, sì che i normali riflessi delle lenti apparivano di un fosco colore talora bleu, talora violaceo.

A che scopo l'introduzione di questa novità?

Anche a questo riguardo le notizie diffuse non erano chiare e ricordo di avere udito, pure in ambienti non proprio terra-terra in fatto di tecnica, spiegazione tutt'altro che ortodosse.

Intanto, già prima dello scoppio della guerra, erano effettivamente in commercio binocoli con ottiche bleu, ed anche apparati fotografici muniti di obbiettivi che, a guardarli, apparivano di un bel colore cupo marrone-viola.

Passata la bufera infernale, tutte le più importanti Case produttrici di strumenti ottici mettono in commercio i loro prodotti con ottiche trattate: tale essendo l'aggettivo oggi più frequentemente usato a caratterizzare queste nuove ottiche.

È però da osservare che, anche nelle pubblicazioni a carattere divulgativo, le notizie sopra questo tipo di ottiche e su le ragioni per cui, in molti strumenti, esse sono destinate a sostituire le ottiche con superfici normali per i notevoli vantaggi che offrono su queste, non sono state né frequenti, né sufficienti. [DA COMPLETARE] 1



1 L'intera raccolta della rivista è condivisa in Link esterno Fondazione 3M.



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Storia § ??
"Cronaca contemporanea... Sciopero alla San Giorgio", La Civiltà cattolica, 101 (1950), Quaderno n. 2394, 18 marzo, pp. 686-688 Link esterno Google libri (grazie alla Bibliothèque municipale de Lyon). Link esterno OPAC SBN

10. In altri tempi e con altri temperamenti, uomini che si fregiano del titolo di onorevoli, al vedersi scoperti con le mani nel sacco, sarebbero morti di vergogna; oggi il virus comunista ha reso più dure le cotenne, più adamantine le fronti, e il rosso si è rifugiato tutto e solo nella cravatta.

«È bene dire una volta per sempre – commentava il Popolo (4 marzo) – che sui dolorosi avvenimenti di Melissa e di Modena il Governo si è sempre dichiarato a disposizione del Parlamento per qualsiasi richiesta d'informazioni sullo svolgimento dei fatti. Tanto è vero che in sede di Commissione parlamentare il Ministro dell'Interno non ha tralasciato di fornire a tutti i richiedenti quanto era emerso nel corso delle indagini e delle inchieste. E le delucidazioni debbono essere state ampiamente oggettive e probanti, se un membro della Commissione, l'on. Calamandrei, dopo la risposta del Ministro ha rinunciato ad insistere per lo svolgimento di una proposta inchiesta parlamentare. Al solito, gli unici che non vogliono mai prendere atto della verità dei fatti sono i socialcomunisti; essi non si staccano di un millimetro dalle prime versioni, che pur non hanno mai resistito alla prova della realtà ulteriormente assodata e documentata».

E si poteva aggiungere che questi agitatori di professione non si fanno scrupolo di servirsi di false notizie per rinfocolare sempre più le ire della folla e lanciarla allo sbaraglio, come accadde a Napoli ai primi di febbraio, quando sparsasi la voce di cinque operai rimasti uccisi e tre feriti in uno [<686-687>] scontro di disoccupati contro la polizia, le sirene degli stabilimenti cittadini col loro urlo diedero il segnale dell'uscita alle maestranze, le quali si urtarono pur esse con la forza pubblica dando luogo a torbidi che potevano avere ben più gravi conseguenze, che non le leggiere ferite di dodici dimostranti e di sei uomini della polizia. Poi la voce del precedente eccidio risultò falsa!

Pietro Ingrao, sull'Unità (3 marzo), in un rapido sguardo ai movimenti operai di quei giorni in Italia, dalla Calabria a Genova e al Reggiano, dalla Sicilia alla Sardegna, e facendone un discreto elenco conchiudeva che quelle erano «solo le lotte di primo piano, appena una parte, la più evidente, delle centinaia in cui si articola il movimento»; ma non dice se in più di un caso la lotta non si poteva evitare, con vantaggio e degli operai e dell'opera di ricostruzione, o contenere nei limiti della legalità.

Due episodi di questa lotta ebbero maggiore risalto.

Del primo, ossia dei torbidi allo stabilimento della San Giorgio di Genova-Sestri Levante [Ponente!], narrò l'origine e le vicende il Ministro Togni alla Camera il 24 febbraio, premettendo che essi «rientrano nella serie degli incidenti, che dal 28 gennaio si sono verificati in numerosi stabilimenti di Genova». Quel giorno, venne licenziato un operaio, non per motivi attinenti al lavoro, ma perché aveva insultato un dirigente; i compagni dell'operaio lo appoggiarono e pur essi minacciarono i dirigenti dell'azienda; anzi giunsero anche «a malmenare, a sputacchiare e a prendere a calci il Direttore Generale, il Direttore dell'officina, il Direttore dell'ufficio tecnico e il Capo dell'Officina». Per l'Ingrao, invece, alla San Giorgio le maestranze si erano «impegnate in uno sforzo stupendo per energia e per disciplina contro la politica della smobilitazione tentata dalla direzione»!

Ma continuiamo.

La Direzione della Società San Giorgio, proseguì il Ministro Togni, allora deliberò di non far entrare i dirigenti nelle officine fino a quando non si ottenesse piena garanzia che la disciplina e il rispetto delle gerarchie venisse ripristinato e che i colpevoli fossero allontanate dalle officine stesse.

Il 10 febbraio, la Società San Giorgio, fermo rimanendo il licenziamento dei colpevoli degli atti inconsulti, impostò i negoziati per un ritorno alla normalità su questi punti:
    1) deplorazione scritta degli avvenimenti da parte della Commissione Interna, con testo approvato dalla Direzione;
    2) ristabilimento della disciplina, a tenore dei contratti di lavoro vigenti;
    3) sgombero dello stabilimento per due giorni, dovendosi verificarne tutto il materiale e toglierne i manifesti e i giornali murali affissi nel tempo dell'occupazione.

Le organizzazioni operaie, come condizione dei negoziati, chiesero:
    1) l'immediato ritorno della Direzione;
    2) la revoca dei licenziamenti;
    3) garanzie, da parte della Direzione, della possibilità di lavoro a tutte le maestranze dello stabilimento;
    4) la paga delle ore prestate dai lavoratori durante l'occupazione degli stabilimenti;
    5) la garanzia del rispetto di tutti gli accordi interconfederali, con l'impegno per la Direzione di garantire alle maestranze della San Giorgio le migliori condizioni economiche previste per gli operai metalmeccanici;
    6) l'allontanamento dalla San Giorgio, perché agenti provocatori, dell'Amministratore delegato, dott. Nordio, e del capo del personale, dott. Allegri;
    7) l'accettazione, da parte della San Giorgio, delle richieste formulate dalla F.I.O.M. in sede interconfederale per il compimento del contratto metalmeccanico.

Non fu dunque possibile venire ad un accordo, e la Direzione rimase fuori della [<687-688>] fabbrica, sempre occupata dalle maestranze.

Questo episodio della lotta odierna è importante, anche come saggio dello storpiamento del vocabolario e dello stravolgimento della realtà, che è nella pratica quotidiana del comunismo. Giudichino i lettori dal confronto dei due opposti apprezzamenti: quello dell'on. Togni alla Camera e quello di P. Ingrao sull'Unità:

MINISTRO TOGNI

La decisione presa dalla Direzione della San Giorgio è quindi in relazione al comportamento degli operai che hanno attentato alla libertà personale dei loro dirigenti. Episodi di questo genere non sono certo tali da stimolare lo studio e la predisposizione dei mezzi atti a risolvere il problema, compito questo per l'assolvimento del quale il Governo avrebbe quanto mai bisogno di un clima di fiducia e di sincerità, oltre che della collaborazione serena ed obbiettiva degli stessi lavoratori interessati.

PIETRO INGRAO

Chi volesse riassumere il grido che si leva dai paesi che si uniscono, dalle province che si mettono in movimento, dagli strati diversi che scendono in lotta l'uno a fianco dell'altro, può scrivere due parole: pane e lavoro. Questa rivendicazione sta nei cartelli che portano sui fondi i contadini calabresi... negli ordini del giorno degli operai della San Giorgio. Essa è il cemento che salda le lotte del Bresciano alle agitazioni della Sardegna e affratella i disoccupati, gli artigiani, i commercianti.1

Diversa è l'origine dei movimenti destatisi nella Marsica contro il principe Torlonia. Ma di questo al prossimo quaderno.2



1 Quali toni erano stati invece usati dai deputati socialisti e comunisti alla Camera, in relazione a quanto dichiarato dal Ministro dell'industria e commercio Giuseppe Togni (1903-1981)?

2 La Rivista è edita dalla Compagnia di Gesù ed esaminata in fase di bozza dalla Segreteria di Stato della Santa Sede Link esterno Wikipedia (esistente il 31/7/2020).

Qui sono stati aggiunti vari a capo.



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Storia § ??
L. Anghel, "Assediato nell'hotel dai figli degli operai l'amministratore della S. Giorgio", Noi Donne, 5 (1950), n. 15, 9 aprile, p. 5 Link esterno Noi Donne. Link esterno OPAC SBN

Genova, aprile [1950]

Era un sabato mattina, il 4 febbraio. Una giornata grigia di pioggia che veniva giù fitta, lavava le strade lungo il mare, scorreva sui manifesti e li scoloriva poco per volta. Sui muri grigi della San Giorgio, rotti in alto da una lunga fila di finestroni uguali, durante la notte erano comparsi dei manifesti nuovi: la direzione della fabbrica annunciava che i cancelli sarebbero da quel giorno rimasti chiusi, ferme le macchine, fermo il lavoro.

Pretesto dichiarato quello di «disordini» operai, mentre il vero motivo sta nell'offensiva lanciata già da tempo dai grossi trusts industriali contro le aziende del gruppo IRI allo scopo di portarle sino al fallimento per poi mangiarsele con poca spesa. Offensiva nel quadro della quale da lungo tempo dura l'assalto contro la S. Giorgio.

Le prime ad arrivare davanti ai cancelli della fabbrica furono, come sempre, le donne addette alla pulizia. Alle 5,30, quando nei mesi d'inverno è ancora buio, due di quelle donne corsero fino alla casa di Livia Righetto, un'operaia della Commissione Interna, la più conosciuta alla S. Giorgio.1 Corsero a portare la notizia e poi via via con le altre, mentre gli operai si andavano ammassando davanti ai cancelli, avvertirono tutta Sestri.

Nei negozi, nei caffè, nei fabbricati alti e grigi del quartiere operaio, nei tram, nei gruppi di ciclisti che dalle case sul mare e da quelle all'interno scendono ogni mattina verso i grandi cantieri metallurgici, la voce correva: «Hanno chiuso la San Giorgio... è Nordio, l'amministratore, quel cane che ci vuole affamare...».

Intanto il gran fiume degli operai e degli impiegati della S. Giorgio, cinquemila, entrava lento, come ogni mattina, attraverso i cancelli spalancati, ognuno verso il suo reparto, dalla sabbiatrice, alle trance, alle fonderie.

Poi un urlo rauco, insistente, rompe il cielo di Sestri alle 7: pare un allarme ed è l'avviso che i lavoratori della S. Giorgio danno a tutti i loro compagni delle altre fabbriche, che loro sono entrati, che loro lavorano, che alla S. Giorgio le macchine camminano anche se i padroni sono usciti, quasi fuggiti, di notte, come di nascosto. E alle 10 tutte le maestranze si radunano, ascoltano dai loro dirigenti l'esatto quadro della situazione, si impegnano tutti insieme alla dura lotta che si prepara. Dura eroica lotta che oggi dopo oltre cinquanta giorni continua collo stesso accanimento ed impegno.

E intorno alla S. Giorgio, simbolo del proletariato genovese, del suo indomito spirito di lotta, tutta la città col suo popolo si muove. E mentre le altre fabbriche scioperano per appoggio, mentre la solidarietà si organizza, il Consiglio Comunale discute della questione, e il sindaco coi suoi consiglieri visita i reparti della grande fabbrica di Sestri. Esercenti, cooperative, artigiani aprono il credito agli operai che lavorano senza paga; 70 mila metallurgici sfilano per le vie della città solidali con la lotta della S. Giorgio.

Nella fabbrica il lavoro continua: i giorni passano, gli operai sono presenti nei reparti al 100%, gli impiegati al 70%. Le 600 operaie della S. Giorgio sono al loro posto. Negli stanzoni trasandati dove l'occhio del visitatore, anche più inesperto coglie l'incuria voluta dai padroni per la rovina dell'azienda, ecco una lunga fila di donne sedute davanti alle trance, alte, nere, antiquate macchine da cui tante mani escono mutilate, mani giovani e anziane, mani di povere lavoratrici sfruttate. E più avanti nel reparto motorini, e agli avvolgimenti, ancora lunghe file di operaie dai visi segnati di miseria, dagli occhi vivi, al loro posto di lavoro per difendere la grande fabbrica accanto agli uomini.

Sono queste operaie che insieme con le mogli dei loro compagni di lavoro e con tutte le donne di Sestri, di Cornegliano [Cornigliano] e della Genova operaia sono andate per le case e si sono recate dal Prefetto, dimostrando di sapersi battere in prima fila nella battaglia della S. Giorgio.

È la mattina del 23 febbraio: da Sestri e da tutta la zona a ponente di Genova, oltre il grande porto, verso Pegli, e più avanti ancora, una lunga colonna di gente cammina verso la città. Gli operai si sono dati appuntamento davanti alle fabbriche, le donne li hanno raggiunti quando sono passati davanti alle loro case, e si sono messe alla loro testa con i bambini in braccio e grandi cartelli che ondeggiano sulle teste. In silenzio il corteo, accompagnato dallo sguardo di tutti, seguito dal cuore del popolo genovese procede lungo il mare azzurro, raggiunge il porto segnato dalle alte gru nere e lo oltrepassa.

Dalla scuola tecnica gli studenti figli di operai escono dalle aule e si uniscono ai genitori. Questi stessi studenti si recheranno poi in delegazione dal Prefetto ed anche dall'arcivescovo mons. Siri, assieme alle donne e ai pensionati: tutta la città si muove con un'ampiezza di lotta che si gonfia ogni giorno di più, come un fiume arricchito da sempre nuove piogge.

Intanto la S. Giorgio continua a produrre: un grande manifesto esposto su tutti i muri cittadini documenta come siano usciti dalla fabbrica e regolarmente ritirati dalla direzione prodotti per oltre 600 milioni di lire. Ma agli operai Nordio paga solo 3 giorni di lavoro su 18, ed altre giornate ancora si accumulano fino ad oggi senza paga.

Nei visi incavati degli operai si legge uno spirito che non conosce sconfitta e in ogni casa Nordio viene chiamato «il pericolo n. 1 di Sestri» mentre i bambini imparano anche loro dai padri e dalle madri il significato della lotta, e il nome di Nordio.

Sui muri di Sestri il manifesto reclame del formaggino Mio appare una mattina modificato; i bambini paffuti avanzano nella macchia viva di colori del manifesto con delle nuove scritte: «Pagate la quindicina ai nostri genitori!».2

In un grande albergo scintillante e pomposo, il «Columbia»,3 abita Nordio, l'uomo che ha il compito di far fallire la S. Giorgio. Una sera di marzo, nell'aria già intiepidita di Genova dove la primavera arriva presto e dura a lungo, mentre le luci si accendono nelle strade strette che salgono dal mare verso la collina, una strana comitiva si ferma davanti al maestoso guardiaportone del Columbia, albergo di lusso. Una comitiva di piccoli personaggi che non potevano certo voler chiedere alloggio: erano tutti bambini, i più piccolini per mano ai più grandicelli. I figli degli operai della San Giorgio, nei loro vestiti consumati, traballanti sulle gambette troppo magre. Di questi bambini Nordio ha avuto paura e si è nascosto, mentre dietro le vetrate scintillanti i signori a cena guardavano stupiti e sconcertati quella strana folla di assedianti che gridava: «Nordio, abbiamo fame, dacci da mangiare!».

Ora la lotta continua, la sconfitta dei padroni si delinea già netta. Davanti ai negozi di Sestri ogni mattina numerose ceste si riempiono di viveri per gli operai della S. Giorgio; il Fondo per la Resistenza, la cui iniziativa è stata lanciata dalla Camera del Lavoro, si arricchisce ogni giorno di piccole e grosse offerte.

Ormai la resistenza della S. Giorgio è diventato il simbolo della lotta popolare contro un regime politico di fame e di rovina. La lotta della S. Giorgio serve da guida a tutti i lavoratori liguri e italiani, che si trovano impegnati nelle stesse battaglie.4



1 La partigiana Livia Righetto è citata ad esempio in → Alloisio & Beltrami Gadola (1981).

2 L'immagine in apertura è tratta da una pubblicità del Formaggino Mio, in cui un bambino porta un cartello con la scritta "Pagate la quindicina ai nostri genitori"; la didascalia recita: "L'affisso del «Formaggino Mio» ha mutato a Sestri, la dicitura!". Il manifesto originale è stato realizzato da Gino Boccasile (1901-1952) in quello stesso 1950 Link esterno Catalogo generale dei beni culturali (esistente il 4/11/2021).

3 L'Hotel Colombia, e non "Columbia", è l'attuale sede della Link esterno Biblioteca Universitaria (esistente il 4/11/2021).

4 L'articolo è illustrato anche da una fotografia originale con la seguente didascalia: "Hanno percorso in corteo le strade di Genova gli operai della S. Giorgio con le mogli e i figli. Da circa due mesi, intorno alla S. Giorgio, simbolo del proletariato genovese, tutta la città col suo popolo si muove". La foto potrebbe riferirsi alla manifestazione del 23 febbraio 1950.

Sulla giornalista Rachele Maria "Lina" Anghel (1921-1984) Link esterno archIVI (esistente il 4/11/2021).



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Storia § 25
[P. D. B.], "Notizie varie / Janua", Fotografia. Rivista d'arte e tecnica fotografica, 3 (1950), giugno Link esterno Bencini Story. Link esterno Wikipedia

La Società industriale San Giorgio ha gentilmente invitato presso lo stabilimento di Genova Sestri, tutti i redattori delle riviste italiane di tecnica fotografica alla presentazione della sua nuova macchina fotografica 24 x 36 Janua, dimostrando così, contrariamente a quanto comunemente avviene in Italia, di apprezzare il silenzioso lavoro dei tecnici della stampa fotografica. Di ciò siamo profondamente grati alla San Giorgio e ci auguriamo che questa iniziativa venga ora seguita dalle altre Case italiane grandi e piccole, sia per la presentazione di nuovi apparecchi, sia per la visita dei più importanti stabilimenti di prodotti sensibili.

Preceduta da una minuziosa interessantissima descrizione tecnica della Janua fattaci da uno degli ideatori, il Signor Luigi Pasteris e, per la parte ottica dall'Ing. Tomatis, i Dirigenti della Casa si sono a noi accompagnati nella visita dei nuovissimi reparti di costruzione della Janua, dove moderni macchinari in ampi lindi locali, costruiscono le parti meccaniche ed ottiche dell'apparecchio. A colloquio con gli operai specializzati e con un Capo reparto, il Signor Allais Federico, ci siamo resi conto della meticolosità che è necessaria per la esatta realizzazione di tanti congegni, pei quali sono tuttavia indispensabili prove e riprove, sia pel controllo dei profili con la proiezione ingrandita, sia pel controllo della tendina dell'apparecchio con l'oscillografo a raggi catodici, sia pel controllo dell'obiettivo pel quale la San Giorgio conserva nell'archivio le "prove" di ogni singolo esemplare messo in commercio.

Per i tecnici sarà bene ricordare che la Janua è dotata di obiettivo anastigmatico San Giorgio 3,5. F : 5 cm, con lenti francesi di Parra-Mantois trattate e montate senza filettatura, di telemetro a forte base veramente originale, con oculare regolabile a più o meno tre diottrie, di uno scatto in posizione naturalmente comoda e di autoscatto con tempo di attesa di 12 secondi. Inoltre alla Janua è stato incorporato un fotometro a trasparenza per il calcolo del tempo d'esposizione e sul dorso un calcolatore a simboli del tempo di esposizione per esterni ed interni a luce artificiale che rendono completo l'apparecchio inguainato in una indovinata borsa-pronto con la quale è materialmente impossibile coprire, anche in minima parte, l'obietttivo durante una affrettata presa.

Non ci resta che complimentarci con tutti i Tecnici della San Giorgio, con l'Ingegner Epicoco, con il Signor Pasteris, l'Ing. Morais, l'Ing. Tomatis, il Signor Giublesi e con l'Ing. Valentino per avere, ognuno per il proprio ramo, assieme alle esperte maestranze, saputo realizzare dopo quattro anni di studi e di lavoro questa ingegnosa fotocamera alla quale auguriamo i centomila esemplari ed oltre.

[Figura]
Visita agli stabilimenti San Giorgio: (da sinistra) Sig. Luigi Pasteris, Sig. Giublesi,
Dott. Ezio Croci di "Fotografia", Ing. Tomatis, Dott. Chierici, Ing. Valentino, Avv. Pierluigi Erizzo.
1



1 L'articolo di questa rara rivista è stato condiviso nell'ambito di una vasta ricerca sulle fotocamere italiane dal 1946 al 1964 Link esterno Bencini Story (esistente il 25/5/2023).



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Storia § ??
[Intervento del senatore Antonio Negro su San Giorgio, Ansaldo e ILVA], "CDLV seduta. Martedì 27 giugno 1950", in: Senato della Repubblica, Segretariato generale, Ufficio di studi legislativi, Resoconto dei lavori dell'Assemblea e delle Commissioni nella I legislatura : 2. Dall'8 maggio 1948 al 31 dicembre 1950 (Roma, 1951), pp. 17758-17764 Link esterno Senato della Repubblica. Link esterno OPAC SBN

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Negro. Ne ha facoltà.

NEGRO. Già nel giugno dell'anno scorso, in occasione della discussione sul bilancio per l'industria, ho avuto occasione di intrattenere il Senato su uno dei problemi che ritenevo e ritengo tutt'ora uno dei più assillanti per la nostra industria; il problema dell'I.R.I. Fin d'allora ho richiamato l'attenzione degli onorevoli senatori su di un settore dell'attività industriale italiana che maggiormente dovrebbe interessare chi ha la responsabilità dell'amministrazione della cosa pubblica, chi ha la responsabilità di tracciare l'indirizzo della politica economica, chi ha insomma l'obbligo di tracciare questo indirizzo nell'interesse della collettività e della Nazione. Le aziende I.R.I., per il solo fatto che sono totalmente o parzialmente di proprietà dello Stato, dovrebbero avere un indirizzo preciso nell'interesse della collettività. Anzi questo fatto dovrebbe costituire un elemento per fare di questi complessi, le aziende di punta, di avanguardia, oserei dire le aziende pilota della nostra economia. Ricordo che nel mio precedente intervento, mi soffermai in maniera generale sui vari settori [<17758-17759>] che raggruppano le aziende I.R.I. ed espressi molto chiaramente anche determinate opinioni su quel che il Governo non aveva fatto ma che avrebbe dovuto fare per riportare queste aziende ad una gestione economica, a favore della collettività. Cercai di mettere l'accento su come la Confindustria si inserisce nella vita giornaliera di queste aziende di Stato senza che ciò derivasse da alcun diritto di rappresentanza, né di molti, né di pochi interessi.

Onorevoli colleghi, alla distanza di un anno ritorno a parlare su questo argomento in maniera più particolareggiata soprattutto per quel che riguarda una delle principali aziende di Stato della mia regione.

Molto serenamente ed obiettivamente mi accingo all'esame dei fatti accaduti dal febbraio all'aprile scorso in uno dei più grandi complessi I.R.I. di Genova, la «San Giorgio», poiché intendo, in gran parte, centrare il mio intervento su quanto è avvenuto in questa azienda.

Nella grande lotta che i lavoratori occupati in questa azienda hanno sostenuto insieme con i vari ceti attivi della popolazione genovese, emerse, da un lato quale sia stata la politica perseguita dagli organi responsabili nei confronti di questa azienda, e dall'altro come i lavoratori intendano affrontare e risolvere i problemi della produzione contro un sempre più crescente malessere in larghi strati popolari, contro la più pressante ondata di licenziamenti che mai si sia verificata nel nostro Paese, e contro lo stato di crisi che da troppo tempo attanaglia la nostra economia.

Non è male che io mi rifaccia brevemente agli ultimi avvenimenti che hanno improntato la vita di questo grande complesso che, col suo nome del passato, ha veramente onorato l'ingegno costruttivo dei tecnici e degli operai del nostro Paese.

Immediatamente dopo la liberazione, attraverso una serie di avvenimenti di cui sarebbe perfettamente inutile parlare, le aziende «San Giorgio» passavano sotto il diretto controllo dell'I.R.I.

Fin da allora i lavoratori posero determinate esigenze organizzative ed avanzarono proposte concrete per una rapida ripresa lavorativa dell'azienda e per la soluzione dei problemi interni.

Ricordo che la Direzione di allora si espresse con le seguenti testuali parole nei confronti dei lavoratori e dei loro organismi:

«Hanno efficacemente cooperato alla realizzazione ed alla soluzione della sistemazione finanziaria della nostra società che passa sotto il diretto controllo dell'I.R.I., il Consiglio di gestione e le Commissioni miste nominate per fiancheggiare le trattative, ma soprattutto avete collaborato voi, lavoratori della "San Giorgio", non solo e non tanto per le vostre manifestazioni dirette, ma bensì col dimostrare una crescente operosità, un continuo e migliore rendimento, una rinnovata voglia di lavorare e una sincera coscienza del dovere. Elementi di tanto valore morale che mi hanno permesso di rendermi garante di fronte a tutti dell'avvenire della Società».

In questo modo onorevoli colleghi si esprimeva nel 1946 il dottor Terenziani amministratore delegato della «San Giorgio».

Putroppo però come sempre con l'andare del tempo i fatti smentirono le parole e nonostante la continua pressione dei lavoratori, le continue proposte avanzate, gli organi superiori non hanno fatto nulla per una ripresa veramente rapida della produzione. Si è giunti così fino alla elaborazione dei noti piani da parte della Finmeccanica, dei quali tanto si è parlato in questo e nell'altro ramo del Parlamento.

Tali piani ebbero come risultato pratico una nuova configurazione organizzativa delle aziende meccaniche I.R.I. e, per quanto riguarda la «San Giorgio», resta così costituita: dallo stabilimento di Genova Sestri e dalle officine «San Giorgio» della Spezia.

I problemi però che erano sulla ribalta allora, che assillavano e tormentavano la vita dell'azienda, rimasero e rimangono tutt'ora nella loro interezza e nella loro gravità. I lavoratori dichiararono in ogni momento che si sarebbero opposti a dei piani che non avessero una vera base di serietà e di possibilità.

Ricordo che a Sestri fu inviato, quale direttore generale dell'azienda, l'ingegner Mirico [leggasi Mirco?] Zuccardi che, tecnico onesto, non intendeva fare il liquidatore, ma elaborò un piano d'indirizzo produttivo per l'azienda, piano che mise a conoscenza anche dei rappresentanti dei lavoratori i quali, in linea di massima, lo accettarono promettendogli tutta la loro collaborazione.

Mi risulta però che tale piano è stato respinto dalla «Finmeccanica»; non solo, ma per tutta risposta la «Finmeccanica» nel novembre del 1949 inviò a Genova-Sestri quale direttore generale [<17759-17760>] e quale amministratore delegato della «San Giorgio» l'avvocato Federico Nordio.

Io non voglio adoperare parole molto dure nei confronti di questo avvocato.

Permettetemi però che io vi dica con franchezza — e ciò dipenderà forse dalla mia mentalità di vecchio operaio — che condivido l'opinione dei lavoratori e cioè che quando nelle officine si sente parlare dell'arrivo di un avvocato quale dirigente dell'azienda, si sente subito l'odore della liquidazione; perché non si può concepire che con tanti tecnici valorosi che ci sono nel nostro Paese, proprio un avvocato debba venire a dirigere dei complessi industriali della portata di quelli della «San Giorgio». Con tutto ciò, si capisce, non intendo mancare di deferenza alla benemerita categoria degli uomini di legge. Con la venuta di questo nuovo amministratore della «San Giorgio», si iniziava così l'attuazione pratica dell'ultimo processo di liquidazione di una attività produttiva che dava lavoro ad oltre cinque mila lavoratori.

Tutti gli argomenti erano validi, tutti i pretesti erano buoni, per creare dentro l'azienda una atmosfera, un clima di tensione e di provocazione.

Si voleva arrivare a creare il casus belli per poter domani giustificarsi di fronte all'opinione pubblica e abbandonare quindi il posto di responsabilità: dalle provocazioni verso i lavoratori al non riconoscimento dei consigli di gestione, e, si badi bene, riconoscimento sancito in un accordo aziendale che ne fissava i compiti e le mansioni. L'ultima grave e inaudita provocazione verso i lavoratori minacciava veramente la vita stessa dell'azienda, cioè la sospensione di una lavorazione per l'ordinazione di mille macchine per calze. Si badi bene, e qui i signori dell'I.R.I. e i rappresentanti del Governo bisognerebbe che ne prendessero nota, che per iniziare questa speciale lavorazione, la «San Giorgio» per attrezzarsi in questa lavorazione, che l'avvocato Nordio voleva sospendere, aveva già speso 500 milioni. Insomma, si cercava, ad ogni pie' sospinto, di potersi giustificare di fronte alla opinione pubblica e alle autorità con dei banali pretesti per poter arrivare alla smobilitazione della produzione.

Venne così il 3 febbraio: lontano da me il proposito, onorevoli colleghi, di parlarvi degli incidenti e di quello che è avvenuto alla porta dello stabilimento in quei giorno. A me preme mettere in risalto che quegli incidenti, gonfiati oltre misura dalla stampa, non sono stati né organizzati né preparati dalle organizzazioni operaie, poiché queste organizzazioni hanno sempre operato alla luce del sole. Questi incidenti hanno dato però il pretesto all'avvocato Nordio per abbandonare il posto di responsabilità. Incidenti, badate bene, onorevoli colleghi, dove non c'è stata alcuna denunzia, alcun ferimento, per quanto siano degli incidenti non augurabili nelle lotte operaie e lo abbiamo dichiarato con franchezza. Quello che si voleva ottenere era ormai chiaro in tutti: mettere in difficoltà la «San Giorgio» per la continuazione della sua vita.

Ecco perché, onorevoli colleghi, attorno alla «San Giorgio» è sorto e si è sviluppato un grande imponente movimento in difesa della «San Giorgio». Ecco perché a questo movimento hanno partecipato tutte le categorie e tutti i ceti sociali produttivi di Genova. Attorno a questo movimento si sono mobilitati infatti tutti i cittadini, al di sopra e al di fuori di ogni partito politico. Queste categorie hanno visto non solo il pericolo che sovrastava i cinque mila dipendenti della «San Giorgio», ma il pericolo che sovrastava a tutta l'economia della regione. Hanno capito che, attraverso la «San Giorgio», il monopolio industriale della Confindustria e il Governo volevano rompere lo schieramento operaio di Genova, che da cinque anni si sta battendo perché la Liguria non sia ridotta ad una zona depressa, e perché si impedisca che l'erba cresca nei suoi grandi cantieri navali, perché i forni non si spengano nelle sue ferriere e nelle sue acciaierie, perché, insomma, il genovesato non diventi davvero una plaga di miserie e di fame dove rei accattoni attendono i pellegrini in visita della casa di Colombo.

Questo è il pericolo a cui noi andiamo incontro, onorevoli colleghi, onorevole Ministro. La lunga serie di provocazioni e di minacce, di azioni di forza ha veramente aperto la strada alla serrata.

L'avvocato Nordio ed i suoi seguaci, credevano in tal modo, e cioè abbandonando le officine, ed i luoghi di produzione, che non si continuasse più il lavoro, che la produzione si arrestasse. Al contrario invece i lavoratori e i tecnici di questa società dimostrarono di avere la capacità di continuare la produzione, perché nello stabilimento, [<17760-17761>] nei laboratori, nei vari reparti la stragrande maggioranza dei tecnici è rimasta al fianco dei lavoratori durante la lotta.

Gli industriali speravano che i lavoratori della «San Giorgio» non avessero tanto spirito di sacrificio e non fossero capaci di difendere le loro industrie. È evidente che l'avvocato Nordio non conosceva sufficientemente i lavoratori della «San Giorgio», non sapeva che cosa avessero fatto durante la resistenza; non sapeva che questi cinque mila lavoratori avevano difeso contro i nazi-fascisti gli stabilimenti con le armi alla mano; non sapeva che 620 operai di questo stabilimento sono stati deportati in Germania e che alcune diecine di essi non sono più ritornati. Non sapeva certo di quale spirito di sacrificio e di quale slancio di lotta fossero permeati questi lavoratori. Essi, infatti, quando lo stabilimento fu abbandonato, serenamente non hanno fatto altro che continuare il loro lavoro nelle officine, dimostrando con i fatti che anche con la diserzione della direzione i lavori e la produzione potevano continuare.

E la produzione continuò, disorientando tutti i piani della Confindustria e dei suoi rappresentati, malgrado l'ostruzionismo e il sabotaggio che venivano dall'esterno dell'officina.

Quando la Direzione, che ha disertato il suo posto, si è accorta che il lavoro continuava normalmente, allora incominciò il sabotaggio e lo ostruzionismo, che sono qualche cosa di condannevole, quando si tratta di rappresentanti di una azienda di Stato. Io ricordo tutti gli ostacoli e le difficoltà, e non ve ne faccio certo l'elenco, che questo avvocato, questo nuovo amministratore proponeva per mettere in difficoltà i lavoratori e la produzione.

Tuttavia, dentro lo stabilimento, il lavoro non solo procedeva normale, ma in certi reparti la produzione aumentava, superando i limiti normali. Di questo ne tengano conto tutti coloro che hanno diffamato i lavoratori.

Io ricordo che a Genova venne anche lei, onorevole Ministro, io ricordo che venne anche il Ministro del lavoro, onorevole Marazza; e ricordo anche che vi era allora in tutti i genovesi una grande speranza: tutti si aspettavano veramente che almeno i Ministri dovessero esaminare in profondità quelle che erano state le ragioni che hanno dato origine alla vertenza. Mi lasci dire, onorevole Ministro, con molta amarezza, che questa speranza è stata una delusione. Anche i Ministri non hanno saputo o voluto guardare in profondità ciò che avveniva alla «San Giorgio»: essi si sono soffermati alle questioni marginali.

La mancanza di un piano di lavoro da parte della «San Giorgio», il sabotaggio continuo della Direzione alla produzione e, quello che è peggio, l'attanagliamento completo e vergognoso delle aziende di Stato da parte della Confindustria, per i Ministri non avevano nessuna importanza, nessun valore. Ricordo che vi siete occupati, onorevole Ministro, unicamente degli incidenti, ricordo che avete parlato soltanto di quello che è accaduto alla porta dello stabilimento. Io vi dico che alla porta dello stabilimento è accaduto qualcosa che noi non abbiamo mai applaudito, ma voi, che siete degli studiosi di problemi sociali, credete forse che i conflitti sociali si possano regolare con il rubinetto alla mano? Possiamo noi dire durante le lotte del lavoro: fin qui bene e fin lì male? Quello che è certo è questo: che la organizzazione sindacale, la organizzazione politica, tutti coloro che dirigevano in quel momento il movimento della «San Giorgio» mai hanno detto ai lavoratori della «San Giorgio» o delle altre categorie di compiere atti contro i dirigenti. Non lo hanno fatto mai. Se è avvenuto qualche lieve incidente, ciò tuttavia non poteva e non doveva giustificare l'abbandono e la diserzione dei posto di responsabilità da parte della Direzione. In fin dei conti l'avvocato Nordio, che abbandonò la direzione, non si rendeva conto che l'azienda era uno stabilimento dello Stato e non uno stabilimento privato? Ma quando si perdono milioni come si sono persi nella vertenza della «San Giorgio» per colpa di queste direzioni che abbandonano i posti che loro sono stati affidati, credo sia doveroso l'intervento degli organi dello Stato. Io non ho mai sentito, invece, nessun rappresentante della «Finmeccanica», nessun rappresentante della «Finsider» e neanche nessun Ministro responsabile che avesse chiamato questi signori per ricordare loro che non giocavano con il capitale privato, che non giocavano con il capitale di Nordio o della Confindustria, ma col capitale degli italiani, della collettività, dello Stato.

Mai li avete richiamati e se avete detto qualcosa, ciò è stato unicamente per parlare contro i lavoratori, per schierarvi contro di loro. [<17761-17762>]

E veniamo con poche parole alla visita del Ministro del lavoro, onorevole Marazza. Vi dico subito molto obiettivamente che ho avuto l'impressione, e con me tutti i genovesi, che effettivamente il Ministro Marazza sia venuto allora a Genova per trovare una equa soluzione della vertenza. Ma quale mortificazione è stata per i genovesi e per i genovesi di tutti i partiti quando si è dovuto costatare l'impotenza assoluta del Ministro di fronte alla baldanza del dottor Costa,1 di fronte ai responsabili della Confindustria, di fronte al Presidente della massima organizzazione padronale che è venuto espressamente a Genova a dirigere e orientare la direzione della «San Giorgio», industria di Stato, lui rappresentante del capitale privato. E il Ministro ha dovuto ritornarsene da Genova, malgrado le sue eque proposte, che furono decisamente respinte. Eppure in quel momento l'onorevole Marazza rappresentava gli interessi delle aziende dello Stato, era un po' il datore di lavoro. Nulla ci sarebbe da dire: se quella vertenza non si risolse, non fu certo la prima, ma qui la questione è un'altra; qui c'era il Ministro che rappresentava gli interessi di quella azienda di Stato ed il dottor Costa che rappresentava gli interessi privati e che non ha accettato le proposte del Ministro. Io non so, se, nel suo intimo, quando è ritornato a Roma con un nulla di fatto, il Ministro Marazza si sia domandato chi dei due era il vero e proprio Ministro, perché la scudisciata che ha preso a Genova, ha veramente mortificato tutti quanti i genovesi, tutti i cittadini indipendenti ed onesti della regione.

Adesso noi vogliamo domandarci (e qui è il punto centrale del problema) se è mai possibile che il Senato non debba dire la sua parola in questa materia. Ho ascoltato negli anni scorsi, qui e alla Costituente, affacciarsi ogni tanto questo problema, dell'adesione delle aziende di Stato alla Confindustria, ma mai si è affrontato il problema nel suo pieno, mai si è arrivati a un voto. Credo che il Senato debba dire la sua parola ed emettere un suo voto.2

Il Senato deve dire che le aziende I.R.I., le aziende di proprietà degli italiani non hanno nulla a che fare colla Confindustria, con una associazione che raggruppa degli interessi privati, molte volte opposti agli interessi della collettività e quindi delle Aziende I.R.I.

È un problema che i lavoratori hanno posto da tempo nel nostro Paese e io vorrei che il Senato, al di sopra di ogni partito e nell'interesse generale, ponesse il problema della uscita delle aziende I.R.I. dalla Confindustria.

Io vorrei che i senatori prendessero nota che in questa agitazione della «San Giorgio» di cui ho parlato, non c'è stato niente di terroristico e di deplorevole. Questi lavoratori sono stati diffamati, attaccati dalla stampa così detta indipendente, tanto che io ricordo che, trovandomi a Roma, sentivo gridare dai giornali che a Genova c'erano i «Soviet», il terrore e la violenza. Chi poi veniva a Genova vedeva 5 mila operai che lavoravano tranquillamente e producevano, producevano in qualche reparto più del normale.

Infatti nel solo mese di febbraio questi lavoratori tanto diffamati, tanto combattuti, hanno prodotto 8.700 metri quadri di radiatori di ghisa; 4 mila metri quadri di radiatori di lamiera, 1.700 motori, 50 alternatori e trasformatori, 60 macchine per calze, 25 macchine riammagliatrici, 10.200 lenti zariche, 23 mila lenti sferiche, 550 apparecchi elettrici vari, il tutto per oltre 600 milioni di lire.

Tutti coloro che speravano nella sconfitta degli operai, tutti questi diffamatori dei lavoratori della «San Giorgio» hanno dovuto ricredersi di fronte alla realtà ed alla compostezza dei lavoratori, hanno dovuto mordere la polvere, perché la Direzione, che aveva disertato il campo, al suo rientro, è stata obbligata a pagare interamente tutta la produzione fatta dai lavoratori durante la sua assenza.

Questo è un dato di fatto che molti forse non conoscevano. La politica della Confindustria ha un grande pregio ed è quello di essere molto crudamente chiara. Ormai non c'è più mistero. Costa non mette più il velo davanti a quel che pensa o dice. Egli ha detto chiaramente che intende smobilitare tutte le industrie I.R.I. non redditizie; non redditizie naturalmente secondo gli interessi che egli rappresenta. Questo si vuole raggiungere, questo è lo scopo che si prefiggono oggi i signori industriali, che si prefiggono i massimi responsabili di questa tragedia economica nazionale.

A Genova ora, onorevole Ministro, onorevoli colleghi, si propone la smobilitazione dell'ILVA di Bolzaneto, si vuole chiudere la ferreria Bagnara, si vuole ridurre il potenziale dell'ILVA di Vado, si vogliono sopprimere le acciaierie di Savona, si procede alla serrata dei cantieri motori di La Spezia e non voglio estendere la mia [<17762-17763>] analisi agli altri settori profondamente in crisi.

All'Ansaldo poi si sono già annunciati ufficialmente 5 mila licenziamenti.

Non si sa più come giustificarli, come mascherarli, si parla di nuovi piani di alleggerimento, si parla di nuove sistemazioni, ora si è trovato un altro termine: ridimensionamento, e ciò tanto per poter dire che c'è qualcosa di nuovo.

Il male è che questi piani, questi ridimensionamenti, queste decisioni sono sempre prese senza interpellare i più direttamente interessati: i lavoratori, senza mai chiedere nulla agli organismi dei lavoratori. Ci si trova sempre di fronte alle decisioni prese unilateralmente.

Sono diventati tutti dei padreterni, degli infallibili, i dirigenti dell'I.R.I., della «Finmeccanica» e della «Finsider» e gli stessi Ministri; eppure avrebbero tanto da imparare se ascoltassero un poco anche la voce che viene dalle aziende e dalle fabbriche. I consigli di gestione hanno i loro piani che sono stati discussi con i tecnici e con le maestranze, piani di azienda, piani di settore. Perché non ascoltare anche loro? In fin dei conti, sono la parte più attiva, più notevole, sono la spina dorsale delle nostre industrie. Viceversa ci si trova sempre di fronte ai fatti compiuti come se i lavoratori fossero cose trascurabili.

Credete forse che i lavoratori non conoscano quali sono le ragioni profonde che travagliano la nostra economia e che provocano la nostra crisi? Credete forse che gli operai dell'«Ansaldo» o dell'ILVA, nella lor semplicità, non sappiano quali sono le ragioni dei costi di produzione?

Onorevoli colleghi, andate a domandare ad un operaio del cantiere «Ansaldo» perché il costo di una nave è più alto nei nostri cantieri che all'estero. Egli da uomo semplice non vi farà molti discorsi, ma vi porterà a girare nel cantiere e vi farà vedere che di 8 grandi scali che il cantiere «Ansaldo» possiede, soltanto in due vi sono impostate delle navi, un transatlantico e una petroliera; vi farà vedere i grandi complessi fermi, vi farà fare il giro nei reparti dei calderai e delle forgiature, attrezzati per alimentare gli 8 scali, dei quali 6 sono vuoti, vi farà vedere le macchine che non girano, le grandi mastodontiche gru che non operano sopra gli scali vuoti. C'è tutto un insieme che pesa sulle spese generali, sulle unità di tutto il cantiere, mentre soltanto due navi sono impostate.

Mettete in azione tutto quel che è possibile utilizzare, fate lavorare tutti gli impianti del cantiere, accendete i forni, fate funzionare le macchine, mettete in moto tutti i reparti e poi vedrete se costerà di più una nave all'estero o una nave costruita in Italia.

L'ILVA, come ho detto, chiude gli stabilimenti di Bolzaneto e qualche altro reparto negli altri stabilimenti.

Ma, siete a conoscenza, onorevoli colleghi, che mentre avviene questo, da oltre oceano arrivano i semilavorati, i semiprodotti che si producono nelle nostre ferriere? Siete a conoscenza che giungono anche i profilati dall'America? Nel quadro dell'importazione del 1949 sono state importate 30.000 tonnellate di semiprodotti, delle quali 25.000 acquistate dall'ILVA, 150.000 tonnellate di profilati, 85 mila tonnellate di lamiere e lamierini che si producevano a Terni, 35 mila tonnellate di banda nera e stagnata e diecimila tonnellate di rotaie che si producevano a Savona, senza parlare dei due milioni di mattoni refrattari che si producevano a Vado e a Bolzaneto.

L'ILVA, che sfrutta solo per il 44% i suoi impianti, ha ordinato in America macchinari per oltre 5 miliardi. Sappiamo quali sono gli argomenti di coloro che sostengono questa politica: bisogna comprare le nostre macchine là, in America e Inghilterra, perché ci sono i famosi crediti congelati e quindi urge la necessità di scongelarli; ma possiamo rispondere, d'accordo con il convegno sindacale di Milano, che, se avete bisogno di scongelare questi crediti, vi sono le materie prime da importare e non le macchine, che devono essere costruite in Italia.

E non sono solo queste; nei porti e nelle stazioni internazionali vedete arrivare prodotti e manufatti di tutti i generi, di cui per brevità non voglio leggervi la lista, mentre la miseria batte con sempre più violenza alla porta dei lavoratori. Il lavoratore nella sua semplicità ha capito che l'America ha sviluppato un grande potenziale industriale durante la guerra, che non intende, che non può smobilitare per non crearsi la crisi in casa. Ha capito, il lavoratore, che i nostri stabilimenti si chiudono per mantenere aperti i suoi, ha capito che l'America, facendo lavorare le sue industrie, ha invaso i mercati degli altri paesi e porta quindi la crisi oltre i suoi mari. Il lavoratore fa questo ragionamento che è un ragionamento semplice. Non conosce forse l'ingranaggio dell'E.R.P., del C.I.R., dell'O.E.C.E., ecc., ma vede chiaro nella realtà perché i prodotti arrivano [<17763-17764>] nel nostro Paese da oltre oceano e i nostri stabilimenti si chiudono.

Avviandomi alla fine del mio dire, vorrei ricordare qui un convegno che ha dato un indirizzo preciso al nostro Paese. La Confederazione generale del lavoro ha tenuto nei primi giorni di questo mese un grande convegno a Milano dove sono confluite le migliori capacità e volontà della classe lavoratrice per indicare al Paese la via che si deve seguire.

Orbene, in quel convegno si è detto molto chiaramente che il nostro Paese ha bisogno di una siderurgia ben attrezzata, capace di produrre almeno 4 milioni di tonnellate di acciaio all'anno. Ecco perché noi siamo contrari al pool, al cartello Schuman-Adenauer, che in partenza danneggia l'interesse del nostro Paese.

Non vogliamo, respingiamo la politica suicida di essere considerati un popolo di pescatori e di ortolani, politica che ci ricaccerebbe indietro. Solo un Paese con forte e crescente sviluppo industriale può garantire un livello di vita ragionevole e umano alla classe lavoratrice. Noi sappiamo che nel quadro di questa politica, nelle strettoie, nelle angustie di questa politica economica, non ci sono prospettive per un miglioramento. I termini di questa politica sono molto paurosamente gravi, onorevoli senatori, e ve ne hanno parlato altri colleghi e studiosi di problemi economici.

Abbiamo un terzo degli impianti che non sono utilizzati, abbiamo dei fruttuosi mercati internazionali che sono stati completamente perduti per delle pregiudiziali politiche. Abbiamo sempre i due milioni ed oltre di disoccupati, che sono annullati praticamente come consumatori. È una situazione che dovrebbe far paura a coloro che hanno le briglie in mano, a coloro che hanno in questo momento il timone in mano, ed invece ogni tanto sentiamo della faciloneria, dell'ottimismo in qualche uomo che occupa posti di responsabilità e non si avvede che ogni giorno la situazione economica va peggiorando, che questo tremendo peso dei due milioni e più di disoccupati non solo non si è stati capaci di sganciarlo, ma lo si è aumentato ogni giorno; ed esso diventerà sempre più pesante giorno per giorno.

È questo il problema, è questo il termometro che registra la nostra situazione, che ci indica come si vive nel nostro Paese.

Quindi, nelle strettoie di questa politica economica non vediamo alcuna prospettiva: bisogna cambiare radicalmente questa politica economica in corso. E per questo cambiamento di politica economica noi ci batteremo qui nel Parlamento e ci batteremo nel Paese, e nello spirito della Costituzione inizieremo una grande battaglia, una battaglia civile per il risanamento economico del nostro Paese contro la mentalità retriva e sorda di una classe dirigente che ha dimostrato ormai il suo fallimento, ci batteremo contro la miseria del popolo, contro i licenziamenti, lotteremo per il pane, il lavoro, l'indipendenza del nostro popolo. (Applausi dalla sinistra).

PRESIDENTE. Il seguito di questa discussione è rinviato alla seduta pomeridiana. Oggi alle ore 16,30 seduta pubblica con l'ordine del giorno già distribuito.3

La seduta è tolta (ore 13).



1 Angelo Costa ha presieduto la Confindustria dal 10 dicembre 1945 all'8 febbraio 1955: O. Bazzichi, Cent'anni di Confindustria (1910-2010) (Padova, libreriauniversitaria.it, 2009), p. 54 Link esterno Google libri. C. Cassani, P. Craveri, "Costa, Angelo", in Dizionario biografico degli italiani, vol. 30 (Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1984), ad vocem Link esterno Treccani.

2 Mi pare che questo intervento del senatore Negro possa essere considerato "Il primo atto cui si può ricondurre il lungo processo sfociato poi nella nascita dell'Intersind", anziché "l'ordine del giorno che il 30 giugno 1954 viene presentato alla Camera dai deputati socialisti Lizzadri, Foa e Faralli", come affermato in: M. Napoli, a cura di, L'Intersind dall'interno. Le relazioni sull'attività della Delegazione per la Lombardia (1959-1996) (Milano, Vita e pensiero, 2001), p. 5 Link esterno Google libri.

3 Il seguito della discussione non ha riguardato gli argomenti affrontati dal senatore Negro Link esterno Senato della Repubblica.



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Storia § ??
"Marine mercantili : Prossime impostazioni per 170 mila tonnellate e costruzioni navali in italia", Rivista marittima, 82 (1950), pp. 491-493. Link esterno OPAC SBN

La stampa ha comunicato che nuove costruzioni, per 170 mila tonnellate di stazza lorda e una spesa presunta di 65 miliardi, dovrebbero essere impostate quanto prima nei cantieri italiani, in seguito all'approvazione da parte della Commissione Trasporti della Camera, di una legge che prolunga i termini di tempo già scaduti entro i quali era possibile usufruire di contributi dello Stato per nuove costruzioni. [...] [<491-492>] [...]

Le condizioni di disagio dell'industria meccanica e cantieristica particolarmente gravi per il settore della produzione bellica, al quale le aziende controllate dall'I.R.I. appartengono in prevalenza, hanno causato serie preoccupazioni di ordine economico, finanziario e sociale. Furono dapprima adottati provvedimenti d'emergenza, escogitati di volta in volta sotto l'assillo delle più imperative necessità, contrastati, per altro, da innumerevoli fattori negativi, che li riducevano, in molti casi, a semplici ripieghi di efficacia provvisoria.

Un successivo esame della situazione, mise in evidenza la necessità di affrontare con criterio di organicità: rinunziando, a soluzioni contingenti per agire con metodo razionale e possibilmente risolutivo.

A questa necessità si è ispirato il decreto legislativo n. 1420, del 15 dicembre 1947 che autorizzava l'I.R.I. a sottoscrivere il capitale azionario di una costituenda Società Finanziaria Meccanica «Finmeccanica», con capitale di 15 miliardi da versarsi in una o più volte e con lo scopo di:
- assumere partecipazioni azionarie in società esercenti l'industria meccanica e delle costruzioni navali;
- curare il riordinamento e il coordinamento tecnico delle stesse;
- prestar loro l'opportuna assistenza finanziaria nelle forme ritenute più adatte.

La «Finmeccanica», costituita il 18 marzo 1948 con 50 milioni di capitale, elevato poi a L. 1.500.000.000, provvide subito a rilevare dall'I.R.I. i pacchetti azionari delle società di seguito indicate.

Nelle Assemblee straordinarie del 17 luglio 1948 e del 25 giugno 1949, venne deliberato l'aumento del capitale a 15 e poi a 25 miliardi; l'ultima deliberazione è stata regolarmente eseguita il 20 settembre u.s. La maggioranza azionaria delle seguenti società che esercitano l'industria meccanica e delle costruzioni navali è passata così alla Finmeccanica:

  1. Ansaldo con sede in Genova;
  2. Odero-Terni-Orlando (O.T.O.) con sede in Genova;
  3. San Giorgio Soc. Industriale con sede in Genova Sestri;
  4. Alfa Romeo con sede in Milano;
  5. Filotecnica Salmoiraghi con sede in Milano;
  6. Motomeccanica con sede in Milano;
  7. Stabilimenti S. Eustacchio con sede in Brescia;
  8. Arsenale Triestino con sede in Trieste;
  9. Cantieri Riuniti dell'Adriatico con sede in Trieste;
  10. Fabbrica Macchine (FA.MA.) con sede in Napoli;
  11. Industria Meccanica Napoletana con sede a Baia (Napoli);
  12. Metalmeccanica Meridionale con sede in Napoli;
  13. Navalmeccanica con sede in Napoli;
  14. Stabilimenti Meccanici di Pozzuoli con sede in Pozzuoli (Napoli). [<492-493>]

Come già accennato, gli stabilimenti di queste Aziende erano prevalentemente attrezzati e utilizzati per produzioni occorrenti alle Forze Armate e ad altri Enti Statali.

L'Ansaldo, ad esempio produceva navi militari complete di ogni tipo e dimensioni, dalla corazzata di forte dislocamento e alta velocità, agli incrociatori e cacciatorpediniere; produceva altresì, grandi, medie e piccole artiglierie marine e terrestri, carri armati e autoblinde, sia a Genova che nello Stabilimento di Pozzuoli (Napoli).

La Odero-Terni-Orlando (O.T.O.) produceva navi militari complete e si era specializzata nella costruzione di sommergibili. Produceva anche, dal 1906, grandi, medie e piccole artiglierie marine e terrestri.

La Società Cantieri Riuniti dell'Adriatico, costruiva navi militari di ogni tipo, compresi i sommergibili, ad eccezione degli impianti di artglieria e lanciasiluri che ritirava dalla Ansaldo o dalla O.T.O., e produceva anche velivoli, in particolare idrovolanti a grande raggio d'azione.

La San Giorgio e la Filotecnica producevano ogni sorta di apparecchi ottici e di meccanica di precisione, come telemetri, cannocchiali, centrali di tiro, congegni di punteria, e innumerevoli apparecchi speciali per servizi ausiliari di bordo.1



1 "Decreto legislativo del Capo Provvisorio dello Stato 15 dicembre 1947, n. 1420 : Autorizzazione all'Istituto per la Ricostruzione Industriale (I.R.I.) a costituire la Società finanziaria meccanica «Finmeccanica»", Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, 88 (1947), n. 293, parte prima, 22 dicembre, pp. 3756-3757 Link esterno Gazzetta Ufficiale (esistente il 17/3/2021).



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Storia § 25
A. Ornano, "La luminosità degli obiettivi, il trattamento antiriflettente, i diaframmi T", Ferrania : rivista mensile di fotografia, cinematografia e arti figurative, 4 (1950), n. 11, novembre, pp. 6-7 Link esterno Fondazione 3M. Link esterno OPAC SBN

Nello stand che, circa dieci anni fa, le Officine Galileo avevano alla Fiera di Milano, era esposto una specie di binocolo, molto grosso, che mostrava chiaramente come una serie di lastre di vetro, estremamente pulite, poste l'una davanti all'altra, risulta assai poco trasparente. L'arnese di cui parlo era costruito così: in un tubo metallico annerito, di circa 8 cm di diametro e 25 di lunghezza, erano disposte dieci o dodici lastre di vetro circolari di 8 cm di diametro, ugualmente distanziate l'una dall'altra. In un altro tubo di identiche dimensioni erano similmente disposte altrettante lastre identiche, però trattate in modo da renderne antiriflettenti le superfici. I due tubi così preparati erano collegati insieme a guisa di binocolo in modo che si poteva osservare un oggetto qualunque attraverso le due serie di lastre di vetro: con un occhio si vedeva attraverso i vetri semplicemente puliti e con l'altro attraverso i vetri trattati. Il semplicissimo esperimento era chiaramente dimostrativo perché attraverso i vetri soltanto puliti la visione non era affatto chiara; per esempio, se si osservava una pagina di libro con caratteri piccoli, anche un occhio normale faticava molto a leggere, invece attraverso i vetri trattati la visione era chiarissima a segno che si aveva l'impressione che il tubo non contenesse alcun vetro, ma fosse vuoto. Questa dimostrazione, tanto pratica e semplice vale più di qualsiasi spiegazione; proprio per questa ragione ho voluto ricordarla. Nel tubo del binocolo contenente i vetri semplicemente puliti, ogni superficie di questi rifletteva una parte della luce che attraversava il tubo stesso, perciò l'oggetto che si osservava con questo mezzo appariva meno luminoso del vero, come velato: nell'altro tubo invece non si aveva che un minimo assorbimento della luce che lo attraversava, assorbimento dovuto allo spessore dei vetri.1 [DA COMPLETARE]



1 Ho privilegiato la trascrizione dell'inizio dell'articolo, perché testimonia una divulgazione abbastanza precoce dei trattamenti antiriflessi realizzati in Italia.

L'intera raccolta della rivista è condivisa in Link esterno Fondazione 3M.



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Storia § 25
G. Grasso, "Sul trattamento antiriflettente delle ottiche", Rivista marittima, 83 (1951), n. 2, febbraio, pp. 205-214. Link esterno OPAC SBN

Uno dei requisiti principali che devono possedere gli strumenti ottici, ed in particolar modo quelli costruiti per uso militare, è la luminosità, la quale è funzione della quantità di luce che lo strumento fa giungere nell'occhio dell'osservatore.

Aumentare la luminosità di uno strumento ottico significa quindi realizzare tutti quei provvedimenti che permettono di convogliare nell'occhio la maggior parte dell'energia luminosa entrata nello strumento stesso.

In esso le perdite di luce devono sopratutto attribuirsi alle perdite per riflessione sulle superfici delle ottiche componenti, allo stato di correzione realizzato dal progettista e dall'operatore, alla qualità e purezza del vetro impiegato, allo stato di pulizia delle ottiche, all'assorbimento di luce da parte del vetro delle ottiche stesse.

In sostanza, data la cura particolare nella preparazione dei vetri necessari e la condotta rigorosa nei calcoli relativi al progetto di uno strumento ottico, la luminosità dipende sopratutto dai seguenti fattori:
– dallo stato di pulizia delle superfici ottiche, specie di quelle esterne;
– dal diametro utile degli obbiettivi e dall'ingrandimento;
– dal numero delle superfici libere delle ottiche costituenti lo strumento.

Quest'ultimo fattore è quello che ha una notevolissima influenza sulla luminosità, specie negli apparecchi costituiti da molte parti in vetro, quali i telemetri ed i periscopi.

É di questa questione che qui desidero occuparmi, per accennare poi ai sistemi realizzati per ridurre notevolmente la percentuale di luce che si perde per riflessione sulle superfici libere delle ottiche normali.

2. – Tutte le volte che la luce incontra una superficie di vetro, cioè passa dall'aria al vetro e viceversa, una piccola parte dell'energia luminosa si riflette e torna indietro, mentre la maggior parte viene trasmessa, seguendo le leggi dell'ottica, e continua il suo cammino. [<205-206>]

In genere avviene che su ogni superficie libera di lamina, lente o prisma il 5% della luce viene riflessa e rinviata nella direzione di provenienza, mentre il 95% viene trasmessa.

In sostanza ogni ottica (che ha due superfici libere) porta ad una perdita per riflessione di energia luminosa di due volte il 5% circa, una volta sulla superficie di entrata ed una volta sulla superficie di uscita.

Se si tiene conto del numero delle superfici ottiche libere in uno strumento ottico (minimo 10 in un comune binocolo prismatico, almeno 24 in un telemetro e circa 30 in un periscopio), un semplice calcolo dimostra come il rendimento luminoso si abbassa notevolmente, anche se si considerano le sole perdite dovute alla luce riflessa da ogni superficie aria-vetro o vetro-aria.

Si ha così (tenendo conto che il 5% si riferisce alle decrescenti quantità di luce che colpiscono le successive superfici) un rendimento teorico di circa:
– 0,6 per un binocolo prismatico;
– 0,3 per un telemetro;
– 0,2 per un periscopio.

Tale rendimento si abbassa ancora in considerazione dell'assorbimento del vetro, delle incollature tra superfici, di eventuali piccole impurità, di bolle, strie, ecc. Così si arriva in genere ai seguenti rendimenti pratici complessivi:
– 0,4÷0,5 per un binocolo prismatico;
– 0,2 per un telemetro;
– 0,15 per un periscopio.

Come si vede quindi le perdite di energia luminosa nell'interno di uno strumento sono molto elevate e solo una piccola quantità della luce entrante viene utilizzata nella formazione delle immagini.

Ma oltre le notevoli perdite di energia luminosa per riflessione sulle superfici ottiche libere, si verifica un altro notevole inconveniente: la luce riflessa da una qualsiasi superficie, nel suo cammino a ritroso, può venire nuovamente riflessa dalle superfici precedenti e quindi in parte ulteriormente convogliata verso l'occhio. Questa luce non concorre alla formazione [<206-207>] dell'immagine principale, avendo percorso un cammino diverso da quello previsto, ma darà luogo alla formazione di immagini secondarie, che in ultima analisi produrranno un offuscamento dell'immagine principale.

3. – Nel passato si era creduto impossibile ridurre la notevole quantità di luce riflessa, trattandosi di inconveniente derivato dal principio costruttivo stesso degli strumenti ottici; ma si ha notizia che già fin dalla guerra 1915-918 si erano fatti in America dei tentativi per modificare chimicamente le superfici delle lenti.

L'idea di alterare opportunamente una superficie ottica per diminuire l'entità di luce riflessa era nata verso il 1896, quando Taylor, noto costruttore di obbiettivi fotografici, constatò che gli obbiettivi usati da riparare, quindi con superfici in genere ossidate ed iridescenti, erano spesse volte più luminosi di quelli nuovi.

Cominciava così a prendere piede la concezione che una opportuna modifica della parte superficiale delle ottiche doveva migliorare il rendimento luminoso degli strumenti.

I costruttori allora si diedero segretamente a studiare il problema, tentando di ottenere artificialmente quelle modificazioni delle superfici che dovevano ridurre la percentuale di luce riflessa entro limiti molto modesti.

Non si può precisare chi sia stato il primo a chiarire le idee in proposito, dato che, per ragioni di interesse nazionale, non si è scritto quasi nulla sull'argomento. Si sa soltanto che dopo il 1927 in America si era riusciti a far depositare su una superficie di vetro delle pellicole sottilissime di una qualsiasi sostanza.

Cominciavano così a schiarirsi le idee relative alla esatta teoria dei fenomeno e si intravedeva la giusta via da seguire per ottenere l'annullamento della luce riflessa e quindi la quasi completa trasmissione della energia luminosa entrata nello strumento.

Dal 1936 in poi gli studi e le ricerche presso le principali industrie ottiche del mondo furono intensificati e si può affermare che intorno al 1940 la Ditta tedesca Zeiss, le Ditte americane Bausch-Lomb e Kodak, le Officine Galileo, tutte con mezzi, procedimenti e metodi diversi riuscirono a mettere a punto le prime apparecchiature necessarie per una produzione industriale.

Si trattava, in sintesi, di far depositare opportunamente sulle superfici ottiche un particolare sottilissimo strato di adatte sostanze. Si realizzava così il trattamento antiriflettente che doveva portare ad una notevole riduzione, [<207-208>] come poi diremo, della percentuale di luce riflessa, aumentando la quantità di luce trasmessa.

4. – Per annullare, o per ridurre in ristrettissimi limiti, la percentuale di luce riflessa dalle superfici ottiche si sfrutta il fenomeno dell'interferenza. È nota la natura ondulatoria della luce: le onde luminose sono dello stesso tipo di quelle hertziane, sebbene di lunghezza molto piccola. La lunghezza d'onda dell'energia luminosa va da 0,8 microm [sic] per il rosso a 0,4 microm [sic] per il violetto.

Ebbene, se due vibrazioni luminose uguali si sovrappongono in fase, cioè in modo che le semionde positive coincidono tra loro e così le semionde negative, allora si ha una vibrazione di ampiezza doppia. Se invece la sovrapposizione avviene in opposizione di fase, cioè in modo che le semionde positive dell'una vengono a corrispondere alle negative dell'altra, allora si avrà compenso e quindi la vibrazione risultante è nulla.

Su questo principio interferenziale si basa il concetto relativo al trattamento antiriflettente delle superfici ottiche.

Per chiarire il fenomeno supponiamo di ricoprire una superficie ottica con un sottile strato di una speciale sostanza trasparente, di indice di rifrazione e di spessore ben definiti, come poi preciseremo (vedi figura).

[DA COMPLETARE CON LA FIGURA]

Un fascetto f di luce, incidendo sulla prima superficie aria-strato, darà origine al fascetto riflesso r e al fascetto rifratto p. Questo a sua volta, incidendo sulla seconda superficie strato-vetro, darà origine al fascetto riflesso q ed al fascetto rifratto t trasmesso dal vetro. Il raggio q nel suo cammino a ritroso inciderà sulla prima superficie strato-aria dando luogo al raggio riflesso p' ed al raggio rifratto r'. Il raggio p' andrà quindi ad incidere sulla seconda superficie strato-vetro dando luogo al raggio riflesso q' ed al raggio trasmesso t'. Così continuando, avremo in linea [<208-209>] teorica infiniti raggi r, r', r", ..... che ritornano indietro ed infiniti raggi t, t', t", ..... che proseguono il cammino; però sia gli uni che gli altri diventano rapidamente molto deboli e quindi soltanto i primi sono da prendere in considerazione.

Per ottenere lo scopo prefisso è necessario che i raggi r, r', r", ..... si annullino tra loro, mentre i raggi t, t', t", ..... dovranno sommarsi, cioè essere in fase.

Per realizzare queste condizioni è necessario che lo strato antiriflettente abbia le seguenti caratteristiche:

– Indice di rifrazione n' uguale, o il più vicino possibile alla media geometrica dell'indice di rifrazione n" dell'aria e dell'indice n del vetro; siccome l'indice dell'aria è pressapoco uguale ad uno, dovrà essere soddisfatta la condizione n'=√n

– Spessore s uguale, o il più possibile uguale, alla quarta parte della lunghezza d'onda λ della luce per la quale il sistema ottico è stato calcolato; cioè dovrà essere s=λ/4

Per comprendere meglio il fenomeno occorre tenere presente che ogni volta che la luce si riflette per incidenza su di un mezzo più denso, come per es. aria-strato oppure strato-vetro, ritarda di mezzo periodo, mentre se si riflette per incidenza su un mezzo meno denso, come strato-aria o vetro-strato, allora non vi è alcun ritardo all'atto della riflessione.

In seguito a quanto è stato sopra esposto si può ben comprendere la spiegazione del fenomeno. Il raggio r è in ritardo di mezzo periodo rispetto al fascio incidente f per effetto della riflessione sulla superficie aria-strato. Il raggio r' è in ritardo rispetto ad f di un periodo intero, di cui mezzo periodo nel percorso pq. In definitiva r' è in ritardo di mezzo periodo rispetto ad r. Seguendo lo stesso ragionamento si vede facilmente che i raggi r", r"'..... sono tutti in fase con r e quindi in opposizione di fase con r. In conseguenza i raggi r', r"..... contribuiscono tutti ad annullare r, cioè, se il trattamento risponde esattamente alle condizioni necessarie, si ha l'eliminazione dell'energia riflessa.

Si vede poi abbastanza facilmente come i fasci t, t', t" ..... sono in fase e quindi si rinforzano tra loro e concorrono tutti alla formazione della immagine principale. Infatti t' è in ritardo di un periodo intero rispetto [<209-210>] a t, e cioè mezzo periodo per la riflessione sulla superficie strato-vetro e l'altro mezzo periodo per il percorso qp'. Così t" è in ritardo di un periodo intero rispetto a t' e di due periodi interi rispetto a t e così via.

Si rileva in tal modo che l'energia dei raggi riflessi, che sembrava essere stata annullata, si ritrova invece a rinforzare la luce trasmessa e ciò per il principio stesso della conservazione dell'energia.

5. – Per poter realizzare il trattamento antiriflettente è quindi necessario far depositare su una superficie ottica un sottilissimo strato di adatta sostanza il cui spessore ed il cui indice di rifrazione dovranno soddisfare alle condizioni di cui al precedente paragrafo. Si tratta di sostanze il cui indice di rifrazione n' dovrà essere intorno a 1,20÷1,25 ed il cui spessore s dovrà aggirarsi sui 0,14 micron. Si tratta quindi di un particolare accurato procedimento che recentemente ha subìto un considerevole sviluppo ed ha ricevuto nell'industria le più svariate applicazioni.

I metodi che si potrebbero impiegare per la realizzazione del trattamento sono diversi:

– Il primo, per via chimica consistente nel modificare lo strato superficiale del vetro a mezzo di un acido, ha avuto limitate applicazioni. Gli agenti chimici, dissolvendo certe costituenti del vetro, lasciano un sottilissimo strato di silicio quasi puto, il cui indice di rifrazione è troppo alto per ridurre sensibilmente la percentuale di luce riflessa.

– Il secondo metodo consiste nel rivestire la superficie da trattare con una pellicola insolubile (in genere di più strati dello spessore di una molecola) ottenuta o per centrifugazione sulla superficie di una particolare sostanza colloidale o immergendo la lente in speciali soluzioni che per reazione producono il deposito della pellicola necessaria. Queste pellicole, pur avendo eccellenti qualità ottiche, sono però troppo tenere per resistere all'impiego normale delle lenti.

– Un altro metodo, di brevetto americano, consiste nella produzione di una particolare sospensione liquida di particelle silicee, mediante la combustione di un composto siliceo evaporabile. Tale liquido viene poi applicato sulla superficie o per immersione oppure a spruzzo fino a costituire un film dello spessore necessario. Il vetro, così trattato, viene poi scaldato a circa 1000° per fissare la pellicola sul vetro stesso.

– Il procedimento però, che ha avuto larghissima applicazione per l'efficacia e bontà dei risultati, è quello di far depositare su una superficie ottica una pellicola di determinata sostanza mentre questa viene evaporata nel vuoto spinto. [<210-211>]

Il principio su cui si basa questo procedimento è il seguente: le ottiche da trattare, dopo essere state scrupolosamente pulite, vengono opportunamente disposte dentro una campana di vetro o di acciaio, nella quale si pratica il vuoto spinto. Dentro la stessa campana si scalda poi la sostanza da far depositare fino ad una temperatura leggermente superiore alla sua temperatura di fusione. In conseguenza, le molecole, liberatesi dalla sostanza evaporata, si propagano in linea retta e vanno quindi a depositarsi sulle superfici da trattare, formando uno strato di spessore uniforme, crescente con la durata della evaporazione.

In genere i pezzi da trattare sono preventivamente portati ad una temperatura di 200°÷300°; un opportuno sistema scaldante permette di mantenere questa stessa temperatura durante l'operazione di trattamento.

Successivamente le ottiche trattate vengono sottoposte ad un'operazione di cottura delle superfici per rendere lo strato antiriflettente aderente e duraturo.

L'apparecchiatura complessivamente è costituita da quattro parti essenziali:
– la campana,
– il gruppo delle pompe,
– gli apparecchi di controllo del vuoto,
– l'equipaggiamento elettrico.

a) La campana può essere di diametro diverso a seconda delle dimensioni dei pezzi da trattare. Si sono realizzate campane del diametro di cm 25 fino al diametro di un metro e più. Le campane di piccolo diametro in genere vengono costruite in vetro pyrex, mentre le più grandi sono state realizzate in acciaio. Queste ultime sono dotate di occhi in vetro per il controllo dell'operazione. In genere le campane Galileo vengono dotate di una speciale attrezzatura a perfetta tenuta con comando dallo esterno per il ribaltamento delle ottiche onde consentire di trattare in una sola operazione le lenti su entrambe le superfici, realizzando così una notevole economia di tempo particolarmente utile nelle lavorazioni in serie.

b) Per fare il vuoto occorre impiegare due tipi di pompe: una pompa rotativa in olio per realizzare il vuoto preliminare o prevuoto e una pompa a diffusione di vapori d'olio autofrazionatrice a più stadi per realizzare l'alto vuoto. [<211-212>]

Si tenga presente che è necessario raggiungere un vuoto di circa un centimillesimo di millimetro di colonna di mercurio.

c) Il controllo del vuoto viene effettuato con speciali vacuometri. Si possono impiegare vacuometri a termocoppia per la misura del prevuoto e vacuometri ad ionizzazione per il controllo dell'alto vuoto.

d) L'equipaggiamento elettrico comprende i sistemi di alimento ed i dispositivi elettrici di asservimento. Ha particolare importanza la stufa per l'evaporazione delle sostanze da far depositare sulle lenti. La stufa dovrà essere costituita da materiale ad alta temperatura di fusione e può essere formata da una sbarretta cilindrica di tungsteno del diametro di circa 2 mm, oppure di una striscia di tantalio o molibdeno più o meno foggiata a coppa. La sostanza da evaporare, che deve essere di estrema purezza, può essere posta sotto forma di piccoli cavalieri sulla sbarretta della stufa, oppure in polvere opportunamente disposta sulla striscia. La stufa viene poi scaldata facendovi circolare una corrente elettrica ad alta intensità.

La durata complessiva dell'operazione è variabile da 10 a 60 minuti circa in funzione del diametro della campana.

Lo spessore del deposito è funzione di vari fattori, fra cui la distanza delle superfici da trattare dalla stufa, la temperatura di questa, la durata del processo di evaporazione. Agendo su questi fattori, ed in genere sulla durata dell'evaporazione, si può regolare lo spessore del trattamento al valore necessario.

6. – Si è detto che lo spessore dello strato antiriflettente deve essere un quarto della lunghezza d'onda della luce impiegata; quindi il trattamento può annullare la luce riflessa di un solo colore, mentre per gli altri colori si ha una percentuale variabile di riflessione. In genere ci si preoccupa di annullare il più possibile la riflessione del giallo e si respingono invece nella direzione di provenienza i raggi azzurro-viola, che meno interessano; ciò perché queste radiazioni, essendo abbondanti nell'atmosfera, producono un annebbiamento delle immagini specie di oggetti lontani.

Quanto sopra spiega la ragione perché le ottiche dei nostri binocoli si vedono colorate in azzurro.

Risulta però che sono stati studiati anche particolari trattamenti antiriflettenti quasi incolori.

Un'altra considerazione è necessario fare in merito alla diversissima inclinazione dei raggi incidenti, che possono arrivare su una lente con incidenza variabile da 0° a 50° e più. Il calcolo ha dimostrato che, se [<212-213>] lo strato antiriflettente è stato giustamente realizzato la percentuale di luce riflessa rimane molto limitata per i fasci di luce più inclinati (fino a 60° circa).

7. – Dopo quanto si è esposto, vediamo qual'è effettivamente il guadagno luminoso che si riesce a realizzare.

Nel paragrafo 2° si è detto che con ottiche normali su ogni superficie si ha una perdita di luce per riflessione del 5%. In effetti, con ottiche normali, su ogni superficie si ha con luce bianca un coefficiente di riflessione variabile dal 4% all'8%, a seconda del tipo di vetro e dell'obliquità dei raggi incidenti. Per conseguenza la percentuale di luce trasmessa varia corrispondentemente dal 96% al 92%.

Se invece l'ottica ha subito un opportuno trattamento antiriflettente il coefficiente di riflessione per ogni superficie può variare dal 0,5% all'1% a seconda che il trattamento stesso è tenero, duro o durissimo.

La durezza dello strato è funzione sia della sostanza impiegata per il deposito sulla superficie, sia della temperatura di riscaldamento a cui sono state portate le lenti prima del trattamento e sia infine dalla cottura a cui vengono sottoposte dopo l'operazione.

Il trattamento tenero porta ad un coefficiente di riflessione di circa il 0,5%, il duro dal 0,7% al 0,8% e col durissimo si può arrivare fino all'1%.

Come si rileva, in qualunque caso il guadagno è notevole perché la percentuale di luce trasmessa da ogni superficie trattata viene elevata per lo meno al 99%.

Pertanto, tenendo presente il numero delle ottiche (vedi paragrafo 2°), in un comune binocolo il rendimento teorico viene ad essere aumentato di circa il 60%, in un telemetro di circa il 200% ed in un periscopio di circa il 300%. In conseguenza viene notevolmente aumentata anche la portata diurna e notturna degli strumenti, con possibilità di osservare dei particolari che invece sfuggono con uno strumento dotato di ottiche normali.

Per concludere diremo che come sostanze adatte ad essere evaporate per realizzare lo strato antiriflettente si impiegano dei fluoruri metallici, perché meglio rispondenti allo scopo. Infatti queste sostanze devono avere, come si è detto, un indice di rifrazione uguale alla radice quadrata dell'indice di rifrazione del vetro, devono essere perfettamente trasparenti, aderire tenacemente alla superficie del vetro, avere una elevata durezza ed essere insolubili all'acqua ed ai grassi.

Per il trattamento tenero si impiega in genere il fluoruro di litio, per il duro del floruro di magnesio o del floruro doppio di alluminio e sodio, [<213-214>] per un trattamento meno duro del floruro di calcio. Si ha inoltre notizia di studi che tentano di risolvere il problema impiegando sostanze diverse in più strati sovrapposti.

Il trattamento duro resiste meglio all'azione degli agenti esterni e dello sfregamento, mentre il tenero può essere asportato più facilmente. In conseguenza in uno strumento ottico è opportuno adottare il trattamento duro sulle superfici esterne e quello tenero sulle superfici interne.


Bibliografia

F. SCANDONE: Rapporto sui recenti progressi dell'ottica.1
Bollettini dell'Associazione Ottica Italiana.
Rivista «Luce e immagini» dell'Associazione Ottica Italiana.
Officine Galileo, Notiziario mensile.
Rivista americana «The Manufacturing Optician».
«Revue d'optique».2



1 Si rimanda, per un estratto, a → Scandone (1948).

2 Si è cercato di trascrivere l'articolo per intero, sulla base dei frammenti disponibili in Link esterno Google libri (grazie alla University of Michigan). Un riassunto è in → Pouchain (1951).

L'autore è il colonnello delle Armi navali Gaetano Grasso, cui si deve anche → Grasso (1948) e Grasso (1952).



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Storia § 25
M. Pouchain, "Sul trattamento antiriflettente delle ottiche (Grasso, G.). Riv. Mar., vol. 83, fasc. 2, febbraio, 1951, pag. 205-214, fig. 1" [recensione], La ricerca scientifica, 21 (1951), p. 857. Link esterno OPAC SBN

Tra i vari requisiti che devono possedere gli strumenti ottici (particolarmente quelli per uso militare), la luminosità è uno dei più importanti. Essa è funzione di vari fattori che qui vengono ricordati; si prende particolarmente in esame quello dipendente dal numero delle superfici libere delle ottiche costituenti lo strumento.

Ricordato come e perché su ogni superficie libera di lamina, lente o prisma, si abbia per riflessione una perdita di energia luminosa del 5 % circa (tanto superficie di entrata che di uscita), viene messo in rilievo come il rendimento luminoso si abbassi notevolmente anche considerando le sole perdite dovute alla luce riflessa da ogni superficie aria-vetro o vetro-aria. Tale rendimento si abbassa ancora in considerazione di altri fattori che si enumerano, arrivando cosi ai seguenti rendimenti pratici complessivi: 0,4 + 0,5 per un binocolo prismatico; 0,2 per un telemetro; 0,15 per un periscopio. Si chiarisce anche l'ulteriore inconveniente dovuto al fatto che la luce riflessa, nel suo cammino a ritroso, può venire nuovamente riflessa dalle superfici precedenti e in parte ulteriormente convogliata verso l'occhio, dando luogo alla formazione di immagini secondarie che in ultima analisi producono un offuscamento dell'immagine principale.

Viene dato un cenno storico dei tentativi effettuati (dalle osservazioni del Taylor nel 1896 in poi) per annullare o ridurre in ristrettissimi limiti la percentuale di luce riflessa dalle superfici ottiche, fino a giungere al metodo interferenziale qui descritto. Esso si basa, come l'A. ampiamente illustra, sulle proprietà ottiche di un sottilissimo strato perfettamente trasparente di ricopertura delle superfici ottiche, tale che il suo indice di rifrazione sia n'=√n (ove n è quello del vetro) ed il suo spessore s=λ/4. Si tratta in pratica di depositare strati dell'ordine di 0,14 micron con n' intorno a 1,20÷1,25 con particolare accurato procedimento che recentemente ha subito un considerevole sviluppo e ha ricevuto nell'industria le più svariate applicazioni.

Vengono indicati dettagliatamente i vari metodi possibili con particolare riguardo a quello che per la bontà dei risultati ottenuti ha avuto la massima applicazione, consistente nell'ottenere il deposito di una pellicola di determinata sostanza, mediante evaporazione in vuoto spinto. Di questo procedimento viene esaminato in particolare il modo di attuazione pratica, i fattori concomitanti da controllare, gli accorgimenti necessari, ecc.

Viene quindi ricavato quale sia effettivamente il guadagno luminoso che si riesce a realizzare in funzione principalmente della durezza dello strato antiriflettente ottenuto: coefficiente di riflessione portato da 4÷8 % ad 1÷0,5 %, con guadagno quindi notevolissimo. Pertanto, tenendo presente il numero delle ottiche, in un comune binocolo il rendimento teorico viene ad essere aumentato di circa il 60 %, in un telemetro di circa il 200 % ed in un periscopio di circa il 300 %.

Come sostanze per lo strato antiriflettente si impiegano, in genere, dei fluoruri metallici: fluoruro di litio per il trattamento tenero, fluoruro di magnesio o fluoruro doppio di alluminio e sodio per il duro, fluoruro di calcio per quello intermedio. Si esaminano le diverse proprietà di tali trattamenti e si dà una bibliografia generica.1



1 Sono stati corretti alcuni refusi, ma si veda l'articolo cui si riferisce → Grasso (1951).

Non si tratta, in effetti, di una recensione, bensì di un lungo riassunto, a parte la critica finale alla "bibliografia generica". Questa osservazione è condivisibile, ma bisogna notare che nella Rivista marittima prevalgono tuttora contributi di carattere divulgativo, in cui non ci aspettano riferimenti bibliografici puntuali.



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Storia § ??
Viva la S. Giorgio! (Firenze, 1951). Link esterno OPAC SBN

[Rimane da leggere questo opuscolo sindacale, di cui è conservato un esemplare nell'archivio storico della Confederazione Generale Italiana del Lavoro di Pistoia, fascicolo 263 Link esterno Toscana Novecento (pdf, p. 160).

"Per queste notizie sulle origini e sullo sviluppo della S. Giorgio si veda l'opuscolo Viva la S. Giorgio, Firenze 1951, pubblicato da un nucleo di vecchi operai durante una lotta sindacale del secondo dopoguerra". M. Francini, Primo dopoguerra e origini del fascismo a Pistoia (Milano : Libreria Feltrinelli, 1976), pp. 52, 53 Link esterno OPAC SBN.

Non è ancora catalogato in OPAC SBN (situazione del 16/2/2021), ove sono invece presenti due fonti pertinenti:

- La ripresa produttiva della S. Giorgio è necessaria alla vita economica di Pistoia (Firenze : Stamperia fratelli Parenti di G., 1951), 14 pp. Link esterno OPAC SBN;

- M. Pastorino, S.O.S. alla S. Giorgio e allarme in Italia : i lavoratori della S. Giorgio e le loro donne, che nel 1944 lottarono contro i nazifascisti e difesero la fabbrica a costo della vita, sono ancora una volta in lotta perchè la S. Giorgio viva, con fotografie Link esterno OPAC SBN; la giornalista Milla Pastorino è mancata il 28/5/2000 Link esterno la Repubblica]



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Storia § ??
G. Grasso, "Sull'oscuramento integrale delle navi", Rivista marittima, 84 (1952), n. 3, marzo, pp. 379-393. Link esterno OPAC SBN

[386>] Apposite norme disciplinano l'impiego dei fanali di navigazione e quindi su questo argomento non c'è nulla da dire. Occorre soltanto fare rilevare la necessità che i fanali azzurri di allineamento e coronamento siano dotati dei globi e delle lampade regolamentari e che i vetri colorati siano rigorosamente quelli stabiliti. Anzi oserei dire di più: normalmente, in guerra, anche tali fanali dovrebbero essere spenti, per accenderli solo in determinate particolari condizioni. In questo caso tali luci, a settore il meno ampio possibile, dovrebbero essere di intensità limitatissima: non sarebbe quindi inopportuno se detti fanali fossero dotati di appositi potenziometri per variarne l'intensità luminosa a seconda delle contingenze. Ciò perché la sempre crescente diffusione del trattamento antiriflettente alle ottiche degli strumenti ottici di bordo, ed il miglioramento della tecnica relativa (V. Rivista Marittima - febbraio 1951), permettono di aumentare notevolmente la portata notturna di detti strumenti con conseguente possibilità di vedere quei chiarori che fin oggi si è ritenuto impossibile vedere entro determinate distanze.1



1 All'autore si devono due articoli, tra cui quello qui citato, in cui i trattamenti antiriflessi sono centrali → Grasso (1948) e Grasso (1951).

Si noti che in Italia, dal 1945 al 1955, tali trattamenti sono accennati anche in articoli di argomento astronomico. Ciò può essere dovuto al precoce coinvolgimento dell'Osservatorio Astrofisico di Arcetri da parte del vicino Istituto Nazionale di Ottica e delle Officine Galileo.



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Storia § ??
[Presentazione della fotocamera Janua], The British Journal of Photography, 99 (1952), May 30, p. 260. Link esterno OPAC SBN

Seen also for the first time was a new Italian 35-mm. camera (24 x 36-mm. negative size) the "Janua," made by the San Giorgio organisation of Genoa. It follows conventional lines for this type of camera, but includes some additional features, such as a built-in optical photometer of the extinction type (fitted just below the combined view- and range-finder), a single-knob shutter-speed setting dial with a range from 1 to 1/1,000 second and a delayed-action release.1



1 Una presentazione contemporanea, avvenuta a Genova, è citata in Camera, 31 (1952), p. 312: "Der Monat Mai war dank der emsigen Bemühungen des Ligurischen Photographen-Vereins, Genua, reich an Kunderbungen. In der Tat wurden während des Monats persönliche Ausstellungen von Pellegrini, Florenz und von Migliardi, Genua, geboten; sodann wurden die «Janua»-Kamera der Società San Giorgio und die Voigtländer-Apparate präsentiert, und es fanden Gevacolor-Farbphoto-Wettbewerbe sowie kinematographische Projektionen statt. Sodann sei erwähnt die Photographic-Ausstellung «Leben im Freien», angekündigt von der Gemeinde Genua, die im Gemeinde-Ausstellungs-Pavillon zur Schau getragen wurde".



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Storia § ??
U. La Malfa, La riorganizzazione delle partecipazioni economiche dello Stato : Relazione conclusiva presentata dal Ministro Segretario di Stato On. Ugo La Malfa nel Consiglio dei Ministri del 9 aprile 1951 (Roma : Istituto Poligrafico dello Stato, 1952), p. 29. Link esterno OPAC SBN

La situazione del settore non può essere definita soddisfacente: il gruppo di aziende controllate dalla Finmeccanica ha, infatti, registrato nell'esercizio 1949 una perdita complessiva di 19 miliardi di lire, esclusi gli ammortamenti e gli interessi passivi del gruppo, calcolabili rispettivamente in 2,4 e 7,8 miliardi di lire. Le perdite maggiori sono state riportate dall'Ansaldo, dall'O.T.O., dalla S. Giorgio, dall'Alfa Romeo e dalla Navalmeccanica.

L'anno 1950 ha registrato un notevole miglioramento, sia perché il deficit complessivo è sceso – sempre senza calcolare gli ammortamenti (3,2 miliardi di lire) e gli interessi passivi di gruppo (6,9 miliardi di lire) – da 19 a 8,5 miliardi; sia perché alcune società, come i C.R.D.A., l'Alfa Romeo, l'Ansaldo-S. Giorgio, l'Industria Meccanica Napoletana, l'Arsenale Triestino, la S. Eustacchio, hanno potuto chiudere l'esercizio con un utile industriale. I risultati più preoccupanti continuano ad essere quelli dell'Ansaldo (6,2 miliardi di lire di perdita) e della Navalmeccanica (1,3).1



1 Informazioni pertinenti sono nelle tabelle alle pp. 30, 108, 110.

La relazione è stata ristampata in: L'Istituto per la Ricostruzione Industriale : I.R.I, vol. 1, Studi e documenti (Torino : Unione Tipografico-Editrice Torinese, 1955) Link esterno OPAC SBN.



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Storia § ??
[Interrogazione del senatore Antonio Negro su San Giorgio e altre aziende IRI], "LXVII seduta. Mercoledì 9 dicembre 1953", in: Senato della Repubblica, Segretariato generale, Ufficio di studi legislativi, Resoconto dei lavori dell'Assemblea e delle Commissioni nella II legislatura : 1. Dal 25 giugno 1953 al 20 settembre 1954 (Roma, G. Bardi, 1954), pp. 2533-2536 Link esterno Senato della Repubblica. Link esterno OPAC SBN

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni.

La prima è del senatore Negro ai Ministri dell'industria e del commercio e del lavoro e della previdenza sociale. Se ne dia lettura.

RUSSO LUIGI, Segretario:
«Per chiedere se sono a conoscenza della gravissima situazione nella quale si trovano le industrie I.R.I. di Genova, per l'indirizzo economico produttivo dato a queste industrie dal precedente Ministero della passata legislatura, che ha ancora una volta determinato la richiesta di licenziamenti, già prospettata dalla Direzione generale dell'Ansaldo, e la quasi totale smobilitazione comunicata dalla Direzione della San Giorgio agli organismi interni dei lavoratori, oltre a simili provvedimenti preannunciati in altri stabilimenti del Gruppo Ansaldo.

L'interrogante chiede pertanto cosa si intende fare per fronteggiare immediatamente queste nuove richieste di licenziamenti, che vengono ancora una volta ad aggravare la già insostenibile situazione economica della Provincia, e per sviluppare una nuova politica produttivistica, capace di risollevare dall'attuale situazione gli stabilimenti dell'I.R.I. che sono controlllati dallo Stato e dallo Stato devono essere tutelati e potenziati» (15-Urgenza).

PRESIDENTE. L'onorevole Sottosegretario di Stato per l'industria e il commercio ha facoltà di rispondere a questa interrogazione.

FOCACCIA, Sottosegretario di Stato per l'industria e il commercio. Senatore Negro, le difficoltà degli stabilimenti industriali dell'I.R.I. di Genova e dell'Ansaldo, in particolare, sono in massima parte dovute al forte carico di mano d'opera rispetto alle necessità di lavoro delle singole aziende.

L'occupazione delle maestranze, infatti, è notevolmente superiore al fabbisogno delle aziende stesse. Indubbiamente, anche altre cause concorrono a determinare l'attuale situazione; alcune di esse, tuttavia, sono di carattere contingente e l'I.R.I. va via via affrontandole. Al fine di chiarire il quadro di detto settore ritengo necessario sintetizzare l'attuale stato dei gruppi aziendali.

Per quanto riguarda gli stabilimenti della Finsider: 1) lo stabilimento S.I.A.C. di Cornigliano, in attuazione del programma di riorganizzazione della siderurgia nazionale, ha limitato le proprie produzioni a getti e fucinati di acciaio di qualità e a lamiere navali; da parte delle maestranze ed autorità locali da tempo viene svolta un'azione diretta ad ottenere il ripristino del treno quarto che andò distrutto ad opera dei tedeschi durante la guerra. Il problema è ora allo studio presso la Finsider;

2) lo stabilimento di Novi Ligure, la Ferriera di Bolzaneto e quella di Monranella [ferriera Montanella, a Genova Pontedecimo], non si prevede possano subire modificazioni, [<2533-2534>] risultando, specialmente l'ultimo, in piena efficienza;

3) lo stabilimento metallurgico ligure, dopo la grave crisi in cui era venuto a trovarsi nei mesi scorsi, è riuscito a fronteggiare la situazione ed ora è in netta ripresa;

4) lo stabilimento S.C.I. di Cornigliano, che è uno dei complessi più moderni d'Europa, ha iniziato la sua attività, facendo entrare in funzione i nuovi alti forni e le acciaierie Martin, mentre è prevista, a breve scadenza, la messa in marcia dei laminatoi con l'assorbimento di nuove maestranze.

Per quanto riguarda poi le aziende meccaniche appartenenti all'I.R.I. la crisi riguarda i due complessi della Società San Giorgio e dell'Ansaldo.

La Società San Giorgio, che ha stabilimenti in Genova Sestri, Genova Rivarolo e La Spezia, ha tre settori di produzione: meccanico, elettromeccanico ed ottico. Gli stabilimenti nel complesso lavorano con un ritmo di produzione pari a soltanto il 25 per cento della loro potenzialità, mentre il carico del personale è stato ridotto solo del 20 per cento degli effettivi.

Una delle cause principali che ha influito in senso negativo sulla situazione è da ricercarsi nel fatto che le installazioni e gli impianti, sfruttati al massimo nel periodo bellico, non hanno potuto mantenere, per mancanza di commesse, il medesimo ritmo per le lavorazioni del periodo di pace.

L'azienda, inoltre, non è riuscita a licenziare il personale chiamato a suo tempo a sostituire quello in servizio militare quando quest'ultimo, a norma delle disposizioni di legge vigenti, è stato smobilitato ed è rientrato al proprio lavoro.

L'I.R.I., per suo conto, ha dovuto tener presenti le esigenze organizzative e programmatiche relative sia al riordinamento sia allo snellimento delle aziende della San Giorgio da esso controllate, per cui, mentre ha dovuto staccare dalla società il settore elettrico, dando vita ad una nuova società denominata «Stabilimenti elettrotecnici riuniti Ansaldo San Giorgio», che ha assunto una propria funzionalità, ha dovuto distribuire il complesso delle commesse concernenti i settori civili e militari in modo equo fra tutte le aziende dipendenti.

Lo stesso è avvenuto per il complesso industriale «Ansaldo» dal quale, come ho già detto, si è staccato il settore elettrico, entrato a far parte della citata nuova società Ansaldo San Giorgio.

In effetti, la Finmeccanica, al fine di conseguire un più facile controllo ed una più razionale amministrazione, ha costituito e reso autonomi alcuni reparti dell'Ansaldo. Così, oltre al reparto elettrico, quello metallurgico ha assunto la ragione sociale «Metallurgica ligure Delta», quello per la costruzione di trattori ed apparecchi di sondaggio è divenuto Società «Ansaldo Fossati», ed infine il reparto costruzioni macchinari e forni per la fabbricazione di cemento e grandi complessi industriali è diventato la società «Compagnia generale impianti».

Peraltro la società Ansaldo ha mantenuto le tradizionali lavorazioni delle costruzioni navali nei cantieri di Genova Sestri, Muggiano, Livorno ed altri minori e lo stabilimento meccanico di Genova Sampierdarena per costruzioni di macchine a vapore, di grandi motori Diesel, di caldaie e turbine a vapore, locomotive ed utensilerie di qualsiasi tipo ed altre lavorazioni.

Indubbiamente la situazione che le ho illustrata non può definirsi del tutto tranquillante.

Il Governo non manca di seguire con la massima attenzione gli sviluppi della situazione stessa: taluni provvedimenti adottati negli scorsi mesi sono un chiaro indizio della volontà del Governo di risolvere i problemi delle aziende I.R.I. Mi riferisco alla creazione della Commissione che studia la riforma dello statuto dell'I.R.I., nonché al provvedimento legislativo, di iniziativa governativa, che prevede i crediti all'esportazione e le assicurazioni contro i rischi connessi all'esportazione. Si ha ragione di ritenere che le aziende meccaniche, soprattutto quelle che producono grossi macchinari come l'Ansaldo, trarranno apprezzabili benefici dalle provvidenze anzidette.

Per quanto riguarda, infine, il problema della mano d'opera, ricordo che il Governo è stato impegnato dal Parlamento a contenere i licenziamenti delle aziende I.R.I.: il ministro Malvestiti ha in proposito già dichiarato alla Commissione industria della Camera che [<2534-2535>] l'istituto citato non procederà a licenziamenti senza il previo assenso del Governo.

PRESIDENTE. Il senatore Negro ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

NEGRO. Sono molto dolente, onorevole Sottosegretario, ma non mi posso dichiarare completamente soddisfatto della sua risposta perché in questa non ho trovato qualcosa che possa tranquillizzare i lavoratori e la cittadinanza genovese. Permetta però che, prima di addentrarmi nell'argomento, esprima un altro rilievo, che ritengo della massima importanza. La mia interrogazione è stata presentata con carattere di urgenza il 18 luglio e solo oggi, dopo quattro mesi, il Governo ha trovato una risposta da darmi. Debbo dichiarare qui che noi non possiamo accettare questo sistema, questo metodo di non tenere in nessuna considerazione sia l'importanza che l'urgenza dei problemi che formano oggetto delle nostre interrogazioni, perché in questo modo se ne viene a sminuire completamente il significato e l'importanza. Quindi faccio viva raccomandazione che per l'avvenire questo non debba più accadere.

Nella mia interrogazione, onorevole Sottosegretario, c'era tutta la preoccupazione, e direi tutta l'ansia della città di Genova e dell'intera Provincia per l'avvenire delle sue industrie; industrie che non rappresentano solo l'orgoglio dei genovesi, ma di tutti gli italiani. Quindi il fatto che una grandissima parte di questi complessi si trovino minacciati da una grave crisi per la mancanza del carico di lavoro preoccupa non solo i lavoratori, ma tutti coloro che intorno a queste industrie lavorano e vivono.

Quale è oggi la situazione di queste industrie? Io vorrei qui portare qualche cifra. All'Ansaldo, quando il 18 luglio presentai l'interrogazione, c'era una minaccia di licenziamento per 2-300 operai, e questi operai purtroppo sono stati licenziati in numero di 220. Oggi si è trovato un altro sistema. Invece del licenziamento, c'è l'anticamera del licenziamento, cioè la sospensione dal lavoro. Così la Direzione dell'Ansaldo ha comunicato ufficialmente in questi giorni alla Commissione interna di mettere duemila operai in sospensione. È vero! Il prefetto di Genova, in un comunicato dell'altra sera, dice che ha ottenuto che le sospensioni siano solo cinquecento non duemila e che avvengano solo dopo le feste natalizie. Questa sarà dunque la strenna di Natale che riceveranno per ora cinquecento lavoratori dell'Ansaldo.

Per quanto riguarda la San Giorgio, è vero che non è avvenuta la smobilitazione. Mi può dire però, onorevole Sottosegretario, quale è il carico di lavoro della San Giorgio? Gli operai della San Giorgio, che erano 7.800 nel 1947, sono ridotti oggi a 3.600, e il carico di lavoro è del 20 per cento circa rispetto ad allora. Inoltre vi è un rilevante numero di operai sospesi, e malgrado tutte le proteste fatte dalle commissioni interne e dai comitati di fabbrica, nulla è mutato. Sono stati presentati dei piani di lavoro e di produzione, già in precedenza accettati. Mi riferisco infatti al piano dell'ingegner Zuccardi, per dare inizio al quale però la Direzione non ha nulla tentato. Per il complesso San Giorgio rimane quindi sempre una viva preoccupazione. Ma è avvenuto qualcosa di più, dopo la mia interrogazione, nelle industrie I.R.I. di Genova. Non solo sono stati licenziati 220 operai dall'Ansaldo, e 500 sospesi, ma è a cognizione l'onorevole Sottosegretario che in questo periodo è stato messo in liquidazione uno stabilimento I.R.I.? L'Oto Grazie? Orbene, il 28 del mese scorso questo stabilimento è stato chiuso definitivamente, e tutti gli operai sono stati messi sul lastrico. Non si è affatto tenuto conto del voto del Parlamento che impegnava il Governo a sospendere ogni provvedimento di licenziamento in attesa che il problema dell'I.R.I. fosse discusso e possibilmente risolto. Si è effettuata invece una sospensione di operai e una liquidazione di una azienda I.R.I. Ma il grave è che si liquidano stabilimenti come l'Oto Grazie per un passivo, si dice, di cento milioni, mentre si pagano poi liquidazioni che superano questa cifra. Inoltre, quale è la ragione della crisi di questo stabilimento? Che cosa ha fatto l'I.R.I. per passare commesse di lavoro a questo stabilimento?

Lo stabilimento S.C.I. di Cornigliano della Finsider, e quindi dell'I.R.I., ha passato e continua a passare le sue commesse di lavoro a stabilimenti privati, che lavorano perciò in [<2535-2536>] concorrenza con gli stabilimenti I.R.I. Non solo, ma le Società di navigazione della Finmare, quindi dell'I.R.I., passano le loro navi per le riparazioni a stabilimenti privati. È lo stesso I.R.I. che boicotta quindi i suoi stabilimenti. Questo avviene perché c'è un orientamento governativo per la smobilitazione di questi stabilimenti a vantaggio dell'industria privata. Dove si va a finire con questo orientamento? Abbiamo visto anche in questa circostanza che è emersa chiara, troppo evidente, la volontà che anima l'I.R.I. di smobilitare una ad una tutte le aziende a tutto vantaggio dei grandi monopoli.

Questa è la verità lampante, perché non si è fatto nemmeno uno sforzo da parte del Governo per salvare questa azienda. Onorevole Sottosegretario, lei sa che l'Oto era quasi tutto smobilitato nelle sue branche di lavoro, rimaneva solo quello di Genova: orbene, quello di Genova ha fatto la richiesta di macchinario per turbine all'Oto, già in liquidazione, di Sestri Ponente. A questa richiesta 1'I.R.I. ha messo il veto: niente macchine per turbine alla consorella di Genova. Queste macchine potevano senz'altro mettere in condizioni di privilegio, di fronte alle aziende private, l'Oto Grazie. In poche parole, dopo tanti anni, poiché questo stabilimento ha una tradizione, è il più attrezzato, con una maestranza qualificata e specializzata, esso ha dovuto chiudere i battenti e mettere sul lastrico i lavoratori.

PRESIDENTE. Senatore Negro, la prego di considerare che ella sta raddoppiando il tempo concessole dal Regolamento per dichiarare se sia o meno soddisfatto della risposta del Governo. Si tratta, è vero, di un argomento importante, ma il rispetto del Regolamento è qualcosa di più importante. Se ella crede può tramutare l'interrogazione in interpellanza. Ma ora, dopo averla lasciata parlare per undici minuti, la prego di concludere.

NEGRO. Concludendo dirò in un modo chiaro: dal 18 luglio ad oggi sono avvenuti licenziamenti, sono avvenute smobilitazioni, sospensioni; vi sono tuttora stabilimenti che non hanno carico di lavoro, che sono minacciati di smobilitazione completa. Che cosa ha fatto il Ministero dell'industria, che cosa ha fatto il Ministero del lavoro, che cosa ha fatto il Governo per andare incontro ai lavoratori e impedire le smobilitazioni? Ricordiamo che c'è un voto della Camera dei deputati che impegnava il Governo in tal senso. Non mi consta che il Governo abbia fatto nulla. I lavoraton hanno fatto consapevole il Ministero, hanno scritto, son venuti in commissione, ma nessun provvedimento il Ministero ha preso.

E allora io dico che l'Italia non può più sopportare licenziamenti, che il problema dell'I.R.I. è ormai all'ordine del giorno della Nazione. Lo affronteremo, lo discuteremo e lo risolveremo forse; però, in attesa di questa risoluzione, di questa discussione, io invito il Governo ad attenersi strettamente a quello che la Camera dei deputati con un suo ordine del giorno ha indicato molto chiaramente.1



1 ...



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Storia § ??
Confederazione Generale dell'Industria Italiana, L'industria italiana alla metà del secolo XX (Roma : Tipografia del Senato, 1953), pp. 486-492, 593-595. Link esterno OPAC SBN

LE INDUSTRIE DELL'OTTICA, DELLA MECCANICA FINE E DI PRECISIONE

Questo settore, oltre all'ottica in tutta la sua estensione, inclusa l'occhialeria, comprende gli strumenti scientifici da laboratorio, da ingegneria e da disegno, gli apparecchi e le attrezzature da fotografia e da cinematografia, l'orologeria, gli strumenti indicatori di bordo per auto, gli strumenti ed apparecchi per aviazione e per navigazione marittima, le bilance automatiche e tecniche, gli strumenti chirurgici ed apparecchi medicali, gli strumenti di misura e controllo per lavorazioni meccaniche ed attrezzature di precisione ed infine i cuscinetti a rotolamento.

La struttura di questa attività produttiva presenta unità aziendali di piccola e media entità, fatta eccezione di poche grandi imprese, nei casi in cui è possibile la produzione di serie, come per la grossa orologeria e per i cuscinetti a rotolamento. Il frazionamento in unità aziendali di modesta grandezza è in connessione colla natura delle varie specialità di produzione che comportano un alto grado di specializzazione. Altra caratteristica fondamentale consiste nel fatto che il prodotto risultante presenta un contenuto di manodopera eccezionalmente elevato (pari al 70-75 per cento, e più, del prodotto finito) mentre il valore della materia prima e quello della forza motrice non hanno che incidenza lieve. Si tratta di lavorazioni di alta qualità e specializzazione, che si distinguono fra tutte le attività produttive del nostro Paese.

Mentre alcuni dei suddetti rami di produzione hanno avuto inizio solo da pochi anni, per gli altri, invece, l'origine è antica e notevole. In specie la [<486-487>] fabbricazione delle ottiche e degli strumenti ha nel nostro Paese una tradizione. Risalgono ai grandi nomi della scienza italiana dei secoli trascorsi le prime manifestazioni produttive e i primi artefici di tale arte; e da essi poi si è giunti, verso il primo volgere del secolo scorso, a quella azienda artigiana che fu istituita a Firenze dall'astronomo ottico naturalista Giovanni Amici, e, quasi contemporaneamente a Milano, a quella scuola officina che fu istituita da Ignazio Porro. Iniziative queste che furono i punti di partenza rispettivamente delle odierne aziende industriali: Officine Galileo e Soc. La Filotecnica.

Attualmente si calcola che le unità produttive appartenenti all'insieme della categoria sommino ad almeno 300: di queste, solo una dozzina superano i 500 dipendenti, e la più parte sono aziende di piccola entità. Il complesso dei dipendenti si stima intorno alle 25 mila unità; la produttività complessiva è valutata ad almeno 35 miliardi di lire all'anno. Territorialmente, gli stabilimenti sono distribuiti in grande preponderanza nel nord d'Italia, e specialmente in Lombardia, dove se ne trovano oltre un centinaio; seguono, nell'ordine, il Piemonte, il Veneto e Trentino (caratteristica la produzione di occhialerie nel Cadore), Emilia, Venezia Giulia, Toscana, Lazio.

Avendo riguardo alle tre grandi sezioni in cui può dividersi questo settore, la capacità produttiva e il numero di dipendenti possono essere indicati, attualmente, come nel seguente prospetto: [tabella con capacità produttiva annua (in milioni di lire) e numero dei dipendenti].

Passiamo ora in rapida rassegna i principali rami del settore.

* * *

Per il ramo dei materiali e strumenti di ottica, fotografia e cinema, è degna del massimo rilievo la parte relativa alla fabbricazione di sistemi ottici e strumenti [<487-488>] di vario genere a cui si dedicano in complesso una cinquantina di stabilimenti: alcuni dotati di perfezionati lavoratori tecnici, atti alla progettazione, al calcolo ed ai necessari controlli per la verifica delle parti ottiche degli apparecchi prodotti. Alle principali categorie: occhiali e lenti, strumenti civili di uso corrente, strumenti di precisione, strumenti militari, si è venuta ad aggiungere in tempi abbastanza recenti, anche la complessa serie degli strumenti da laboratorio di fisica ottica, da clinica oftalmologica e da laboratorio oftalmico.

Nei riguardi dei materiali ottici comuni (lenti semplici e montate, binocoli diversi) e pure nelle serie degli strumenti ottici di precisione (microscopi, apparecchi geodetici, spettroscopi, fotometri, ecc.) nonché degli strumenti astronomici, varia e complessa è la gamma dei tipi prodotti. Un elevato sviluppo ed alto livello tecnico ha raggiunto la produzione di strumenti per la rilevazione topografica e fotogrammetrica.

Svariatissima è la gamma della produzione degli strumenti ottici destinati ad usi militari: telemetri di lunghissima, media e piccola base, altri telemetri, periscopi per sottomarini, congegni di mira e di puntamento, ecc.

Ragguardevole importanza hanno le lenti da occhialeria per la correzione della vista, la cui produzione si integra con quella delle montature in metallo ed in materie plastiche, nonché con quella dell'occhialeria antisole e dell'occhialeria da protezione per usi tecnici e speciali.

La capacità di produzione complessiva è presumibile in lire 2.000 milioni, e sono occupati circa 1.500 dipendenti.

Il ramo cinema costituisce una industria da tempo apprezzata specialmente per le apparecchiature da proiezione; il ramo fotografia, specie per la parte macchine fotografiche, è in periodo di avviamento.

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Un altro importante ramo di questo settore è quello della meccanica fine: orologi, contatori, strumenti indicatori e di controllo, strumenti medicali.

Sveglie e pendole rappresentano un nucleo assai interessante nella nostra produzione, insieme con gli orologi di controllo e coi meccanismi di orologeria diversa; non manca neppure l'orologeria portatile, sia pure limitata ad un grado modesto. Capacità complessiva produttiva: circa lire 2.500 milioni; dipendenti circa 2.000.

I contatori d'acqua vengono prodotti da 7 ditte specializzate con un totale oltre 400 dipendenti e con un valore di prodotto prossimo ai 600 milioni di lire annue. [<488-489>]

Altre specialità di produzione sono rappresentate dagli strumenti indicatori tecnici (manometri e termometri), gli strumenti di navigazione aerea e marittima, le apparecchiature di controllo e regolazione termotecnica, apparecchi registratori, ecc.

La produzione delle bilance scientifiche e tecniche, come quella degli apparecchi per prove materiali, e quella relativa agli strumenti chirurgici e medicali rappresenta una attività industriale che merita attenzione per le possibilità che possono offrirsi.

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La meccanica di precisione costituisce il terzo ramo del settore, e comprende prodotti qui di seguito elencati.

Gli strumenti di controllo per lavorazioni meccaniche ed attrezzi ausiliari (calibri, comparatori, ecc.) formano l'attività di un nucleo industriale assai circoscritto, che presenta in prevalenza un assai elevato livello di qualità. Si tratta di una produzione in cui giocano nella più alta misura le attitudini e la qualità delle maestranze impiegate e il livello dell'attrezzatura produttiva. La capacità totale produttiva è di oltre 400 milioni; i dipendenti sono circa 300.

Un importantissimo ramo industriale è quello dei cuscinetti a rotolamento rappresentato da una ditta di grandi dimensioni e di mondiale rinomanza, nonché da un gruppo di imprese produttrici minori. Notevole è la corrente di esportazione di questo prodotto la cui elevata qualità è apprezzata sui mercati internazionali.

* * *

Un raffronto fra la consistenza produttiva anteguerra e quella odierna presenta particolari difficoltà e notevoli punti di incertezza. Occorre tener conto che specie le aziende di maggiore entità erano assorbite, in guerra, in lavorazioni direttamente od indirettamente attinenti alle occorrenze militari. Si è quindi imposto il problema della conversione della attività produttiva verso altri rami che offrissero qualche possibilità di una utilizzazione degli impianti. Nel suo complesso, si può stimare che la capacità produttiva è attualmente pari o di poco superiore a quella del periodo di anteguerra.

Nei riguardi dell'esportazione, la ripresa dei traffici sembrerebbe aver raggiunto, con l'annata 1948, un grado di normalità rispetto al 1938. Discrete correnti di esportazioni si sono avute per numerosi gruppi di questi prodotti come indicato nel prospetto seguente.

A titolo di confronto, sono riportate pure le cifre riguardanti l'importazione per lo stesso elenco di voci, nella successiva seconda tabella. [<489-490>]

[tabella] [<490-491>] [tabella] [<491-492>]

Non è facile fare la valutazione degli impianti (immobili, macchinario ed attrezzature) del settore esaminato.

Gli impianti delle industrie di questo settore sono alquanto differenziati da ramo a ramo di produzione e da specialità a specialità. Così si ha una attrezzatura di modesta entità per le comuni lavorazioni delle lenti specie quando si tratta di produzione che si svolge, come talvolta avviene per questa specialità, in parte con caratteristiche pressoché artigianali e purtroppo anche con deficienza strumentale per il controllo; si sale invece ad attrezzature di impegno con delicati e complessi mezzi di controllo, per l'ottica scientifica e gli strumenti. Si ha poi una attrezzatura alquanto perfezionata e complessa per le industrie della meccanica fine in genere, per quanto con forti differenziazioni da specialità a specialità produttiva; comunque si tratta in genere di macchinario di piccole proporzioni, mentre la maestranza occorrente alla finitura e messa a punto degli strumenti prodotti rappresenta per lo più una elevata percentuale del costo, e quindi il complessivo valore dell'impianto e attrezzature pro capite non sale a cifre ragguardevoli. Più elevati valori degli impianti si hanno per le lavorazioni di grande serie, come in particolare per l'industria dei cuscinetti di rotolamento.1


L'INDUSTRIA DEL VETRO

[...] [<581-582>] [...] [<592-593>] [...]

h) Vetri d'ottica e semiottica. I documenti storici provano che risale al medio evo l'impiego del vetro per tre tipi di strumenti ottici: le lenti di ingrandimento, gli specchi concavi, gli occhiali.

Ma si doveva giungere al 1609 perché l'uso delle lenti venisse esteso alla funzione di ingrandire l'immagine di oggetti lontani, e ciò si verificò con l'invenzione di G. Galilei.

Fu in seguito a questa invenzione che vennero a porsi per la prima volta dei quesiti nuovi alla tecnica della produzione vetraria.

Fino a quel momento la materia prima per le lenti era data dal vetro soffiato chiamato «crown» (letteralmente: corona), per il fatto che esso [<593-594>] proveniva per l'appunto dalla calotta o corona, di adeguato spessore, ricavata dalla sfera soffiata.

L'indice di rifrazione di tale vetro, era di circa 1,51 e non si conosceva la tecnica di fabbricare vetri con indici diversi.

È solo dopo la prima metà del 700 che riuscì all'inglese Dollond di realizzare un «doppietto acromatico» mediante l'accoppiamento di un «crown» con un vetro al piombo, detto «flint», molto rifrangente e relativamente molto dispersivo.

Questa innovazione determinò un potente stimolo alla ricerca ed al progresso. Ma un'altra ardua tappa doveva essere superata prima di arrivare alla fabbricazione dei vetri ottici rispondenti alle rigorosissime esigenze in base alle quali un vetro viene oggi definito «ottico» in senso ristretto. Si trattava di rendere il vetro «omogeneo», cioè suscettibile di poter essere attraversato dalla luce in modo uniforme in tutte le direzioni, di piatto e di costa.

Il merito tecnico di aver risolto tale problema spetta all'operaio svizzero Guinand (1748-1824) il cui metodo oggi, e da gran tempo, è praticato ovunque si produca vetro per ottica. In Italia l'industria ottica nazionale ebbe come iniziatore Ignazio Porro che nel 1863 aprì una modesta officina.

Ma fu nei primi anni del 1900 e soprattutto durante la prima guerra mondiale, per supplire alla mancata importazione, che questa produzione prese sviluppo.

In pieno periodo bellico si erano iniziate prove per la fabbricazione della materia prima per fare le lenti a Pisa, presso la Saint Gobain, e successivamente a Roma, presso il Laboratorio di Precisione del R. Esercito. La fabbricazione d'ottica fine, sotto il punto di vista commerciale, non presentava, a causa della limitata richiesta del mercato, alcun interesse per gli industriali: talché si deve rendere omaggio alla iniziativa del Principe Piero Ginori Conti di Firenze che fu il promotore della produzione del vetro d'ottica fine. Egli fondò l'Istituto Sperimentale per lo Studio e l'Applicazione dei Prodotti del Boro e del Silicio, col proposito di dotare l'Italia del suo vetro d'ottica (1).

Successivamente, per ragioni di ordine pratico, l'Istituto Sperimentale per lo Studio e l'Applicazione dei prodotti del Boro e del Silicio, con l'interessamento dell'I.R.I., della S. Giorgio, della Galileo e della Salmoiraghi, si [<594-595>] trasformò in industria. Sorse così nel 1940 la ditta S.A.I.V.O., che dà lavoro a circa 300 dipendenti.

Attualmente il settore industriale del vetro d'ottica è in grado di fornire un buon prodotto a cura della citata S.A.I.V.O. (Soc. An. Italiana Vetro Ottico) e del Laboratorio di Precisione dell'Esercito (Ministero della Difesa).

La capacità produttiva di vetri ottici (per strumenti, apparecchi, obiettivi fotografici, canocchiali, ecc.) è pari circa al fabbisogno interno, per quasi tutti i tipi di vetro ottico corrente, mentre proseguono le esperienze per la produzione dei tipi richiesti per particolari strumenti.

Di notevole importanza è in questo campo un altro genere di produzione e precisamente quello degli sbozzi per lenti graduate da occhialeria. La capacità produttiva annuale delle aziende vetrarie italiane è di circa 6.400.000 sbozzi.


(1) Tale Istituto sorse in Firenze nel 1928, e successivamente fu trasferito a Rifredi; nel maggio 1934 Guglielmo Marconi inaugurava la nuova fabbrica dotata di impianti adeguati ed in condizioni di poter produrre i primi apprezzabili quantitativi di vetri d'ottica in Italia: se ne produssero in breve tempo ben 40 tipi differenti adatti per le diverse esigenze tecniche. [Nota a pie' di p. 594]


1 Una nota a pie' di p. 486 specifica che la rassegna è stata realizzata con la "Collaborazione dell'Associazione Nazionale Industriali dell'Ottica, Meccanica fine e di precisione".



All'indice    1953    Indicatore di completezza
Storia § ??
C. Carli, "Luce alla San Giorgio", Civiltà delle macchine, 1 (1953), n. 2, marzo[-aprile], pp. 64-66. Link esterno Fondazione Ansaldo

Una macchina fotografica con uno dei più luminosi e fedeli obbiettivi del mondo, binocoli che ingrandiscono quaranta volte il più oscuro dettaglio, schermografi, proiettori, aghi, ecco i nuovi, ultimi prodotti di questa industria già famosa per i suoi telemetri, periscopi, congegni di mira

Un raggio di luce entra dal collimatore, incontra questa superficie a 45°: di esso una parte piega ad angolo retto, incontra uno specchio, ritorna indietro, attraversa una lastra e va a un obbiettivo con collimatore; l'altra parte, attraversata la prima lastra, attraversa il sistema ottico da collaudare, incontra uno specchio, rifà il primitivo cammino, incontra la superficie a 45°, viene deviata ad angolo retto e finisce nello stesso obbiettivo a collimatore ove è entrato il primo raggio.

Stavo attonito, cercando di seguire il cammino labirintico di questo raggio di luce, tratto come filo di seta dal bozzolo, spaccato in due, piegato, ripiegato, filtrato e riflesso, avviato sulle strade immacolate del prisma e delle superfici specchianti, fino a coincidere, nella pupilla dell'osservatore, con la primitiva immagine di se stesso. Non riuscivo che ad evocare alla mia immaginazione la fiaba della fata Raggio-di-sole. Ma, come mi riscossi, vidi accanto a me, non una fata in manto azzurro trapunto di stelle e con le bionde chiome sull'omero, bensì un ingegnere vestito di scuro e che mi parlava con voce monotona e pacata, nominandomi strumenti dai nomi poetici e leggermente astrusi; certamente non si rendeva affatto conto del miracoloso che ci circondava.

Nella luce spettrale delle gialle lampade al sodio, scoprii poco più in là il viso sorridente di un giovane assistente: galleggiava al sommo di una lunga cappa nera. In giro si scorgevano poco più che visi incolori: ero dentro un parallelepipedo fasciato di nero, e attraversato da lunghissimi strumenti neri e lucidi, punteggiati da lenti e prismi bagnati nella luce monocroma del sodio.

Questo incontro della magìa con la matematica, avveniva nella sala collaudo interferenze della San Giorgio, a Sestri, e ne era tramite l'ingegner Morais, che della San Giorgio dirige il reparto ottico.1 (Lo shock fu più forte quando mi ricordai di trovarmi in un palazzo di sette piani al centro di Sestri, quella Sestri che alla nostra immaginazione evoca l'industria pesante, le grosse macchine, gli immensi cantieri, le potenti gru, i lamieroni d'acciaio, le masse operaie).

La sala collaudo interferenziale è – con la sala del calcolo – il «sancta sanctorum» del reparto ottico. Ci sono sei persone in tutto: in quell'ambiente nero e giallo hanno acquistato l'aria misteriosa dell'astrologo o dell'alchimista, e la sensibilità sottilissima per le grandezze infinitesimali. Tacciono e scrutano. Ed è proprio in questo ambiente surreale che si afferra il senso umano di strumenti e congegni volti a soddisfare il bisogno primordiale dell'uomo di vedere. Non mi meraviglierei affatto che quell'occhialaio olandese Lippershey si fosse davvero incontrato col diavolo nel suo negozio in quella sera del 1608, e che fosse stato proprio il diavolo – come si dice – a mostrargli come con due lenti, una convessa e una concava, si potesse «veder lontano».

L'ingegner Morais, nome portoghese ma accento milanese, creatore della macchina fotografica «Janua» della San Giorgio, non è il diavolo e nemmeno gli somiglia, ma gioca troppo agevolmente coi numeri e con le architetture di cristallo. È della razza singolare degli Abbe, dei Porro, dei Mossotti, dei Von Hoeg: calcolo ed intuizione, pazienza e rapidità di percezione, fedeltà alla matematica e conoscenza profonda di quel meraviglioso strumento che è l'occhio umano. Non mi sorprende affatto che l'ingegner Morais si alzi ogni mattina alle cinque, come infatti fa, per elaborare formule avendo accanto la calcolatrice, e che giochi coi raggi di luce come la fata bionda. In lui vedo il tipico scienziato italiano: pur levandomi il cappello al metodo tedesco, per il quale équipes quadrate di matematici studiano lungo decine d'anni i perfezionamenti da apportarsi ad un obbiettivo, sì da giungere al risultato voluto attraverso uno sviluppo enorme del calcolo, e a successive approssimazioni che debbono eliminare ogni fattore casuale. Più cònsono al nostro gusto è tuttavia attribuire maggior responsabilità all'elemento umano: attraverso l'intuizione si perviene sovente, assai più ràpidi, a un risultato egualmente perfetto.

Naturalmente è una rapidità relativa. L'ingegner Morais ha lavorato più di dieci anni per giungere alla realizzazione della «Janua». Lavorare significa pensare a quel che fa un raggio di luce, e poi eseguire migliaia di operazioni e risolvere migliaia di equazioni. Prendo in mano il fascicolo del calcolo «iniziale» fatto dall'ing. Morais per l'obbiettivo «Eta-a», un obbiettivo 1/2 che sarà montato sulla nuovissima serie delle «Janua». Il calcolo iniziale ha occupato due mesi di lavoro all'ingegner Morais e due anni di lavoro per i successivi calcoli di approssimazione compiuti dai matematici qui raccolti nella sala del calcolo.

Le sanno queste cose i «fotodilettanti» che scattano alla domenica i gruppi familiari lungomare?

Ritorniamo nella sala collaudo interferenze: mi vien naturale di camminare in punta di piedi, poi che sembra il rumore dei passi basti a frangere il miracoloso equilibrio delle architetture dei raggi sottilissimi. Pongo l'occhio dinanzi a un piccolo vetro. È, mi dicono, un «reticolo di diffrazione»: a guardarlo così non presenta nulla di particolare, ma se attraverso quello osservo una lampada al sodio, a quattro passi di distanza, vedo, perfette e simmetriche, altre due lampade, a dritta e a manca. Mi allontano: ne vedo altre quattro ancora. Mi sembra di diventare «apprenti sorcier». Ma non c'è sortilegio, mi spiega Morais: si tratta solo dell'effetto del reticolo inciso nel vetro, reticolo tanto fitto da presentare cinquemila tratti per ogni centimetro.

I sistemi ottici vengono controllati con questo reticolo e con questi strumenti di precisione estrema, come l'interferometro del Michelson, che consente di rivelare errori di due decimillesimi di millimetro. E qui compaiono quelle fantomatiche e bizzarre figure, create dalla luce, che sono le «frange interferenziali»: forme verdastre che rivelano, nella loro disposizione o conformazione, le più capillari differenze di superfici, permettendo di apprezzare gli errori più effimeri, le «aberrazioni», i «coma», gli «astigmatismi».

Si vede poi a che cosa serva tanta precisione. Mi si fa osservare uno degli specchi in uso [<64-65>] nei mastodontici telemetri San Giorgio che formavano l'orgoglio delle nostre grandi corazzate. Uno specchio nitidissimo che avrà un diametro di venti centimetri. La sua superficie è talmente piana che può essere confrontata solo con la curvatura di una calotta sferica delle stesse dimensioni avente ottanta chilometri di diametro.

Dai mezzi di controllo, si arguisce la necessità dell'intransigenza matematica di ogni operazione precedente. Sono dinanzi al «proiettore di profili», nel quale il profilo di un congegno minuscolo viene proiettato, ingrandito cento volte, su un vetro opaco. Un dentino di ingranaggio, alto mezzo millimetro, diventa uno spuntone di cinque centimetri: vi si applica sopra il disegno originale, fatto su carta non dilatabile, e si controlla l'esatta coincidenza del disegno col pezzo: un granello di polvere sembra un bitorzolo.

Il controllo dei tempi di posa delle macchine fotografiche è un altro suggestivo esempio della precisione che domina queste lavorazioni, e che io credo sia stata spinta, qui alla San Giorgio, fino agli estremi dello scrupolo e delle possibilità tecniche più moderne. Cosa che si capisce, non solo osservando gli strumenti e la perizia degli operai che li manovrano, ma conoscendo la mentalità degli ingegneri che dirigono i vari reparti.

La macchina da controllare vien posta dinanzi a un «oscillografo a raggi catodici»: scatta la molla, la tendina si apre per un attimo brevissimo; abbiamo provato il millesimo di secondo e sullo schermo dell'oscillografo compare una sigla fluorescente che permane alcuni istanti. Il suo tratto orizzontale è l'immagine del tempo di apertura dell'obbiettivo. Lo schermo reca un reticolo millimetrato che consente di apprezzare con grande facilità il decimillesimo di secondo. Il controllo assicura soprattutto la costanza ed uniformità dei tempi di posa, che costituisce la garanzia più interessante per il fotografo.

Il segreto ultimo che regge la miracolosa precisione delle immagini e dei colori in una macchina fotografica è un segreto matematico. Occorre avere la matematica certezza che a un determinato punto della immagine corrisponderà un eguale punto della immagine impressionata. È il segreto della fotografia comune, ma soprattutto della fotografia a colori. È qui che si rivela la superiorità di un obbiettivo, vale a dire la precisione del calcolo, la perfezione delle lenti, la centratura loro ineccepibile, e la stabilità del montaggio. Le foto a colori eseguite con la «Janua» della San Giorgio non tradiscono la natura: il cielo è color cielo in quell'ora e in quel luogo, i volti non sono di mattone, i fiori sono quei fiori che avete dato in mano alla ragazza. Alla dispersione dello spettro, che avviene al passaggio da una lente, corrisponde una ricostituzione perfetta nei passaggi successivi: fino a quei due centesimi di millimetro di pellicola sui quali deve ricostituirsi il punto fotografato.


Galileo e l'occhialaio olandese mi ritornarono in mente dinanzi ai binocoli, di così diversi e propizi impieghi; sebbene la evocazione avrebbe dovuto richiamarmi a quel Porro, che inventò il binocolo prismatico e lo dedicò a Napoleone III, il quale se ne servì per seguire le emozionanti fasi della battaglia di Solferino. Contando i fili d'erba tra le chiazze di neve sulle falde di un monte lontano ottocento metri (ma che l'«Astramar» a quaranta ingrandimenti mi portava sotto il naso a venti metri) pensavo proprio a Napoleone, che con questo binocolo avrebbe riconosciuto a chilometri di distanza i suoi generali, nonostante il fumo delle cariche. E con rammarico e meraviglia mi chiedevo, e mi chiedo tuttavia, perché mai nelle centinaia e centinaia di punti panoramici, di alberghi e di belvedere ond'è gratificato il nostro paese, non siano installati questi «Astramar» (c'è a Nervi, sulla passeggiata a mare, un vecchietto che lo noleggia a chi passa, e fa ottimi affari).

Ma l'«Astramar» è solo uno dei modelli, ce ne sono molti altri non meno interessanti, come il «Mega», ipergrand'angolare, che consente la visione di un campo di 83°, sì che par d'essere a un balcone e non in fondo a [<65-66>] un tubo, e come il luminosissimo «Lugenico», che moltiplica le finezze dei dettagli e la luce nelle pieghe del terreno.

In questa gamma di produzione, la San Giorgio indica strumenti di complessità e precisione all'altezza della sua fama e di ciò che chiede l'epoca presente.

Abbiamo parlato di periscopi: la San Giorgio ha fatto strumenti ottici per usi civili e bellici fin da quando non esisteva una coscienza ottica in Italia. Ma da 1914 al 1918 dal suo stabilimento di Sestri uscì il 90% degli strumenti per l'artiglieria e buona parte degli strumenti bellici e macchinari ausiliari per la Marina. Ha costruito telemetri da due, tre, quattro, cinque, sette metri di base, fino ai ciclopici duplex da dodici metri, del peso di cinquanta quintali, con portata fino a cinquanta chilometri, montati sulla «Vittorio Veneto» e sulla «Italia». Quanto ai periscopi, solo nel 1936 la San Giorgio ne incominciò la costruzione, ma le basi del calcolo ottico erano talmente efficienti e la tecnica produttiva già così perfezionata, che fu riconosciuto ben presto nel periscopio San Giorgio (specialmente in quello «d'attacco») il migliore esistente (il 70% dei nostri sommergibili ne fu dotato).

Pochi sanno che telemetri, periscopi, congegni di mira e apparecchiature per la direzione del tiro, sono stati forniti dalla San Giorgio anche a paesi all'avanguardia nella tecnica, come Svezia, Norvegia, Olanda, oltreché alla Russia, al Giappone, all'Argentina, Venezuela, Brasile, Tailandia, Jugoslavia. Ma la notorietà acquistata attraverso la fama di estrema precisione e accuratezza degli strumenti militari è accresciuta dalla vastità dei prodotti che la San Giorgio può offrire e che si rivolgono ai più diversi settori di consumo. Tra questi settori taluni presentano grandi possibilità di sviluppo, come quello degli apparecchi oftalmologici e radiologici (compresi gli speciali obbiettivi schermografici che vengono ora realizzati dall'ingegner Rocchegiani), quello dei preziosi proiettori per microfilm (col microfilm una biblioteca può stare in un astuccio: pochi sanno che, durante la guerra mondiale, tonnellate di posta militare erano dagli americani microfilmate e così trasportate agevolmente in aereo sui campi di battaglia), quello degli elettrodomestici per ogni applicazione. Una diffusione enorme hanno avuto le macchine tessili, per maglieria tubolare e per calze. Un apposito stabilimento è ora sorto a Sestri per fabbricare aghi di ogni tipo, a linguetta o a becco, adatti a quasi tutte le macchine per maglieria che si fanno nel mondo.

Nei due stabilimenti di Sestri e di La Spezia, complessivamente 212 mila metri quadrati di superficie e più di tremila dipendenti, molte altre cose si producono: gli attualissimi motori a gas metano, i motori Diesel, i gruppi elettrogeni, le timonerie elettriche e di altro tipo, gli argani, i mulinelli e i verricelli per bordo, le grue per le banchine, i distributori di carburanti. E in casa nostra, l'inverno non entra grazie ai perfetti apparecchi di riscaldamento fabbricati dalla San Giorgio.


Le magìe matematiche delle sale di collaudo, il ronzio delicato dei torni di precisione e l'intenso travaglio dei cervelli dei calcolatori, tutto si traduce necessariamente, sui tavoli dei Consigli d'Amministrazione, in cifre di produzione, possibilità di vendita, conquista di mercati. L'industria del tempo nostro è responsabilità sociale, per i bisogni che soddisfa come per la capacità di consumo che crea. Alcune osservazioni si impongono nel caso nostro particolare, appropriate tuttavia anche in un senso più generico.

Anzitutto, se è vero che celebrati nominativi si sono acquistati nel mondo, attraverso molti decenni di affermazione, una fama persino esorbitante, non è detto che proprio noi italiani si debba ancora e sempre rimanere estatici, come facevano i nostri babbi dinanzi alle vetrine degli ottici, quando leggevano quei nomi celeberrimi. Occorre quindi combattere tradizioni che si reggono solo sulla pigrizia mentale.

Un'altra cosa: il mondo ha fame di apparecchi, macchine e strumenti del genere di quelli che produce la San Giorgio, dalla perfetta «Janua» al praticissimo «Arielino».2 La domanda di codesti beni cresce assai più rapidamente di quella di altri beni, pure più essenziali.

Al desiderio della macchina come macchina, si sostituisce quello dello strumento preciso, di forme armoniose, adatto alla misura umana, che esalta e non mortifica l'individuo, rispondente a un bisogno più raffinato e personale.3



1 Una pagina specifica di Urania Ligustica è dedicata a Morais: vi è riprodotta la figura – a p. 65, citata nella nota che segue – con l'ingegnere al lavoro.

2 Piccolo ventilatore da tavolo e da parete con elica da 22 cm.

3 È stato trascritto l'intero articolo, mantenendo accenti ora per lo più omessi. Un altro esemplare di questo numero della rivista è fornito in Link esterno Internet Culturale.

L'articolo è illustrato da quattro figure, non numerate, con le seguenti legende:
- p. 64, "Oscillografo a raggi catodici per la verifica dei tempi di posa della macchina fotografica «Janua» della San Giorgio";
- pp. 64-65, "Il sistema ottico della «Janua» controllato con l'interferometro. La prima fotografia mostra le frange interferenziali che si vedono nel caso di un obbiettivo con aberrazione astigmatica. La seconda come appaiono le frange nel caso di un obbiettivo con coma. Quella riprodotta in mezzo il caso di un obbiettivo con coma e astigmatismo e la quarta infine l'immagine interferenziale di un obbiettivo corretto. Con questo sistema si possono rimuovere e rilevare errori di ordine infinitesimale";
- p. 65, "L'ingegnere Cesare Morais, direttore del reparto ottico della San Giorgio dal quale è uscita la macchina fotografica «Janua». L'ingegner Morais ha lavorato dieci anni per giungere alla realizzazione definitiva del perfetto obbiettivo e del congegno della macchina";
- p. 66, "L'ago per maglieria, nuovo prodotto della San Giorgio, è stato fotografato a dieci ingrandimenti con la «Janua». La società genovese ha costruito uno stabilimento per la fabbricazione degli aghi fornendo di proprie macchine automatiche il nuovo reparto".



All'indice    1953    Indicatore di completezza
Storia § ??
L. C. Gust, "The New World of Sub-Miniatures" [valutazione della fotocamera Parva], Modern Photography, 17 (1953), ottobre, p. 52. Link esterno OPAC SBN

[Rimane da reperire] 1



1 Citato in → Bastiani & Pulcini (2009). Indice dell'annata Link esterno Internet Archive.



All'indice    1954    Indicatore di completezza
Storia § ??
[Annuncio a latere in] "Indice analitico", Rivista marittima (1954), pp. 488, 728. Link esterno OPAC SBN

San Giorgio Soc. Industriale p. Az. · Sede in GENOVA – Binocoli, cannocchiali, telemetri, collimatori, proiettori, telegrafi ottici, apparecchi fotografici e ingranditori, sestanti.1



1 Un elenco identico è apparso nello "Indice analitico" dell'anno successivo. Sono gli ultimi tentativi di rilanciare le produzioni ottiche San Giorgio → Storia § 31.

Alle inserzioni vere e proprie è dedicata una pagina specifica → Pubblicità.



All'indice    1954    Indicatore di completezza
Storia § ??
[Interrogazione del senatore Antonio Negro sulla San Giorgio], "CXVIII seduta. Martedì 18 maggio 1954", in: Senato della Repubblica, Segretariato generale, Ufficio di studi legislativi, Resoconto dei lavori dell'Assemblea e delle Commissioni nella II legislatura : 1. Dal 25 giugno 1953 al 20 settembre 1954 (Roma, G. Bardi, 1954), pp. 4782-4785 Link esterno Senato della Repubblica. Link esterno OPAC SBN

PRESIDENTE. Segue un'interrogazione del senatore Negro al Ministro dell'industria e del commercio.1 Se ne dia lettura.

RUSSO LUIGI, Segretario:
«Per sapere se è a conoscenza della gravissima situazione del complesso industriale San Giorgio, di Sestri Ponente, del gruppo I.R.I., denunciata dall'amministratore delegato della Azienda, ingegner Pacchiarini, alla Commissione interna la sera del 22 marzo corrente, a seguito di una precisazione sulle prospettive di lavoro e sulla situazione aziendale, richiesta dalla Commissione interna. L'ingegner Pacchiarini ha comunicato che non esiste alcuna prospettiva, come carico di lavoro, che la situazione è peggiorata ancora dal giorno che ha assunto l'incarico come amministratore delegato e che le commesse di lavoro in previsione non sono più realizzabili. L'unica soluzione prospettata dall'ingegner Pacchiarini è quella della smobilitazione totale dell'azienda e del licenziamento di tutti i 3.580 lavoratori, operai ed impiegati, attualmente alle dipendenze. Di fronte ad una così grave situazione ed alla minaccia di chiudere il più importante complesso industriale di Sestri Ponente, di una delegazione di Genova già duramente colpita per la chiusura dell'I.L.V.A., dell'O.T.O., del Bagnara e del Metallurgico Ligure, oltre ai numerosi licenziamenti avvenuti in tutti i settori dell'attività industriale, l'interrogante chiede quali misure il Governo ed il Ministro interessato intendono prendere per impedire non solo l'annunciata smobilitazione di un importante complesso del gruppo I.R.I., che ha una antica tradizione di lavoro e di produzione altamente qualificata e maestranze specializzate per lavori di alta precisione, ma anche per impedire un ulteriore insopportabile aggravamento della miseria e della disoccupazione già esistenti nella delegazione di Sestri Ponente e nella città di Genova» (252-Urgenza).

PRESIDENTE. L'onorevole Sottosegretario di Stato per l'industria e il commercio ha facoltà di rispondere a questa interrogazione.

BATTISTA, Sottosegretario di Stato per l'industria e il commercio. Con la interrogazione alla quale rispondo, ella ha voluto segnalare la stato di crisi in cui versa il complesso industriale «San Giorgio» di Sestri Ponente, che appartiene al gruppo I.R.I.
Ella ha, infatti, precisato a suo tempo che la Commissione interna chiese di conoscere quale fosse la situazione aziendale, quali le prospettive di lavoro alla stessa riferibili; e che l'amministratore delegato – ingegnere Pacchiarini – nel rispondere la sera del 22 marzo ultimo scorso alla predetta Commissione interna, prospettò un'unica soluzione: la smobilitazione totale dell'azienda, con il conseguente licenziamento di tutto il dipendente personale, che ammonta – fra operai ed impiegati – a 3.580 unità.
Circa lo stato di crisi della «San Giorgio» di Sestri Ponente, da lei denunciato, sono in grado di fornirle i seguenti ragguagli: la [<4782-4783>] società «San Giorgio», con stabilimenti in Genova Sestri, Genova Rivarolo e La Spezia, ha tre settori di produzione: meccanico, elettromeccanico ed ottico. La situazione di tutto il complesso è, in effetti, preoccupante, perché i vari stabilimenti lavorano con un ritmo di produzione pari al 25 per cento del loro potenziale. Ciò è dipeso principalmente dal fatto che le installazioni e gli impianti – sfruttati al massimo nel periodo della guerra – non hanno potuto mantenere, mancando di commesse, il medesimo ritmo per le lavorazioni di pace. Inoltre, l'occupazione delle maestranze come risulta superiore al fabbisogno, sia – come ho detto – a causa del diminuito carico di lavoro, sia perché l'azienda non ha potuto licenziare il personale che sostituiva quello alle armi durante il periodo bellico ed ora rientrato tutto al proprio posto.
Caratterizzano, dunque, lo stato di crisi della «San Giorgio» due cause obiettive, indipendenti dal comportamento della direzione aziendale. Esse sono – come si è visto – la mancanza di adeguati ordinativi: da imputarsi alla diminuita domanda del mercato; ed il personale in soprannumero: che si spiega con la struttura sociale del nostro Paese, in cui da sempre l'offerta di lavoro ha pesantemente superato la relativa domanda.
Ma a queste si aggiunge una terza e diversa causa: per esigenze organizzative l'I.R.I. ha staccato il settore elettrico della «San Giorgio», dando vita, con quello dell'«Ansaldo», ad una nuova società denominata «Stabilimenti elettromeccanici riuniti Ansaldo San Giorgio».
Con ciò il carico normale di lavoro della «San Giorgio» è diminuito, in tale settore, del 70 per cento circa; mentre il carico del personale è diminuito soltanto del 20 per cento circa. Esigenze organizzative, ho detto, perché tutte rivolte ad attuare il programma di riordinamento e di snellimento delle aziende del gruppo. Chiarito, così, lo stato di crisi della «San Giorgio», mi consenta, senatore Negro, di riprendere per un momento il testo della sua interrogazione. Stando al medesimo, l'amministratore delegato della «San Giorgio», la sera del 22 marzo, alla Commissione interna – riunitasi per essere aggiornata sulla situazione aziendale – avrebbe, ripeto, prospettato come unica possibilità (del tutto negativa per quelle maestranze) la completa smobilitazione del complesso industriale di Sestri Ponente.
In effetti – secondo quanto risulta al mio Ministero – le comunicazioni verbali dell'ingegnere Pacchiarini avrebbero avuto un tenore alquanto diverso.
Egli – in sostanza – nel corso della riunione, pur confermando che la situazione dello stabilimento permaneva gravissima, avrebbe anche fatto presente che la medesima era tuttora allo stato di esame, e, pertanto, mancava il modo di precisare quali provvedimenti eventualmente sarebbero stati presi.
Soltanto per il personale addetto al reparto fonderia, l'ingegnere Pacchiarini avrebbe precisato che si era nella necessità di ridurlo ad un terzo; e questo come conseguenza della completa meccanizzazione dei nuovi impianti di quel reparto, trasferito a Genova Prà.
Aggiungo, senatore Negro, che quei provvedimenti – ai quali l'amministratore delegato aveva alluso in forma dubitativa – non risultano tuttora definiti. Peraltro, non senza motivo. Infatti – come è noto a lei, senatore Negro, ed agli onorevoli colleghi tutti – il problema delle industrie siderurgiche e meccaniche sia di Savona che di Genova costituisce oggetto, proprio in questi giorni, di approfondito esame da parte dei Ministeri tecnici ed economici. Così stando le cose, qualsiasi conclusione – oggi – sull'avvenire della «San Giorgio» di Genova Sestri risulterebbe prematura o, quanto meno, inadeguata. Posso assicurare, tuttavia, il senatore Negro che la mia Amministrazione non mancherà di esaminare con doveroso interessamento il problema di quelle che sono le reali possibilità di lavoro presso la «San Giorgio» di Sestri Ponente; problema il cui aspetto sociale va considerato – e questo nell'interesse stesso delle maestranze – in rapporto alla sua più corretta soluzione economica.

PRESIDENTE. Il senatore Negro ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto.

NEGRO. Dichiaro subito che non posso ritenermi soddisfatto della risposta che l'onorevole Sottosegretario ha dato alla mia interrogazione concernente la gravissima situazione [<4783-4784>] del complesso industriale «San Giorgio» di Genova Sestri, situazione la cui gravità è stata denunciata dallo stesso amministratore delegato, ingegnere Pacchiarini.
È anche troppo evidente, onorevoli colleghi, che si vuole ormai realizzare da parte della Finmeccanica la liquidazione di una parte dei complessi I.R.I., complessi e aziende controllati dallo Stato. Tutto questo naturalmente per venire incontro ai desideri e per favorire l'industria privata, soprattutto l'industria monopolistica del nostro Paese, e con questo avere anche compiacente appoggio dalla Confindustria per il Governo.
Se non ci fosse questo orientamento da parte del Governo, le potrei chiedere: come mai i magazzini della «San Giorgio» sono completamente pieni di macchine tessili invendute, mentre si favorisce la importazione di macchine dello stesso tipo dall'Inghilterra? Questo ormai è risaputo da tutti e noi domandiamo quali possono essere le sorti di questo grande complesso industriale che ha alte tradizioni per la sua specialità di lavorazione anche in tempo di pace (macchine fotografiche, specialità ottiche, macchine tessili, motori Diesel, ecc.), quale può essere la ragione per cui da quattro anni il suo carico di lavoro non supera i1 20 o il 25 per cento? Di chi la colpa?
Da un po' di tempo a questa parte si verifica il fatto che i migliori tecnici dello stabilimento, quegli ingegneri che hanno veramente portato un valido contributo alla ripresa produttiva, presentano dimissioni a catena. Potrei leggervi qui i nomi dei migliori dirigenti e tecnici della «San Giorgio» che hanno presentato in questi ultimi mesi le dimissioni. Ecco, l'ingegnere Vascotto, l'ingegnere Farelli, l'ingegner Ridella, l'ingegner Cavanno, l'ingegner Tomatis e altri.2
Come si spiegano queste dimissioni? La risposta è facile: questi ingegneri avevano fatto a suo tempo proposte concrete e presentato piani elaborati di produzione. Essi avevano suggerito accorgimenti tecnici, ma non sono mai stati ascoltati, non sono mai stati presi in considerazione i suggerimenti che loro davano ed allora è chiaro che intendono lasciare la barca prima che la barca affondi e scindere quindi le loro responsabilità dagli attuali dirigenti.
Ma quello che veramente non si concepisce, o che si può concepire soltanto in un modo che non vorrei qui qualificare, è l'affermazione che manchino le commesse di lavoro. Sono qui a provare, onorevoli colleghi, che le commesse di lavoro si disdicono, che il lavoro non si accetta. Ci sono commesse che sono state mandate alle industrie di Legnano, ci sono commesse che sono state trasferite all'«EDERA» di Brescia, altre mandate alla «Ansaldo-San Giorgio» di Rivarolo. Non solo, ma c'è una lettera del direttore della «San Giorgio» che prega l'«Ansaldo-San Giorgio» di non inviare più allo stabilimento commesse di lavoro. C'è quindi tutto un orientamento di smobilitazione, si vogliono chiudere le porte della «San Giorgio». Non è vero che le maestranze siano nella stessa quantità che erano nel periodo della guerra. Nel 1946 gli operai della «San Giorgio» erano 6.402, oggi gli operai sono 2.925; gli impiegati da 1.645 sono scesi a 500 circa. Quindi c'è già stato un ridimensionamento e dei licenziamenti massicci.

PRESIDENTE. Onorevole Negro veda di concludere.

NEGRO. Quindi da parte della direzione dell'I.R.I. c'è proprio l'intenzione di smobilitare lo stabilimento, e la miglior prova è questa: che, invece di mandare sul luogo dei tecnici a dirigere lo stabilimento con questo orientamento, di far ogni sforzo per una ripresa lavorativa, hanno mandato l'ingegnere Pacchiarini, che ha al suo attivo solo la liquidazione dell'O.T.O. di La Spezia, dell'O.T.O. di Sestri Ponente, dell'O.T.O.-Grazie, che è il vero necroforo delle industrie della Liguria.3
Quando si mandano questi uomini, vuol dire che si vogliono chiudere i battenti delle fabbriche. Io vorrei qui dichiarare che a Genova si è formato veramente un fronte unico di tutti i parlamentari, di tutti i cittadini, di tutti gli strati sociali, perché si è compreso quale colpo sarebbe per la nostra economia, per l'economia genovese, se si verificasse la chiusura della «San Giorgio», che cosa questa significherebbe per tutte le altre piccole industrie che gravitano attorno a questo grande complesso.
Che cosa ha fatto il Governo per venire incontro a queste necessità? Cosa intende fare [<4784-4785>] per evitare i licenziamenti? Io vorrei concludere dicendo che l'unica cosa che il Governo ha fatto nei riguardi degli operai della «San Giorgio» è stata di farli assalire bestialmente, selvaggiamente a colpi di bombe lacrimogene dalla forza pubblica, venerdì, mentre dimostravano pacificamente contro queste violenze. Io protesto, signori del Governo. Bisogna andare incontro alle necessità dei lavoratori. Ricordatevi che a Genova in quattro anni sono stati licenziati trentaquattromila operai, che a Genova c'è veramente una situazione di miseria, ci sono prospettive di grave crisi.
Ed allora, invito il Governo a prendere in seria considerazione queste mie dichiarazioni, ad evitare maggiori miserie e situazioni che sarebbero veramente insostenibili.



1 Presidente del Consiglio dei ministri, Mario Scelba; Ministro Industria e commercio, Bruno Villabruna; Sottosegretario, Emilio Battista Link esterno Senato della Repubblica. Senatore Antonio Negro (1885-1963), segretario della Camera del lavoro di Sestri Ponente e poi di Genova, segretario nazionale FIOM, membro della Costituente Link esterno Senato della Repubblica, ANPI, Wikipedia; intervista alla figlia Link esterno YouTube.

2 Tali nomi sono assenti in Nones (1990), né erano già emersi in questa sezione di Urania Ligustica (situazione del 28 dicembre 2018). Sarebbe evidentemente interessante sapere di quali reparti facevano parte.

3 Il che ha ricordato all'autore di questa pagina web la sua esperienza nello stabilimento Italsider Campi, ex SIAC, a partire dall'arrivo dell'ing. Meschi quale nuovo direttore.



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Storia § ??
"L'accordo per la S. Giorgio di Genova", Bollettino di informazioni sindacali CISL, 7 (1954), settembre, p. 5. Link esterno OPAC SBN

Roma, addì 2 settembre 1954

Presso il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale si sono riuniti sotto la presidenza del Sottosegretario al Lavoro on. DELLE FAVE, assistito dal dr. Gaetano Pistillo:

Per la Società SAN GIORGIO in liquidazione e per le società di servizio:

«Nuova San Giorgio - Sestri», «Officine Meccaniche Rivarolesi», «Fonderia San Giorgio - Pra», «Fabbrica Aghi Zebra», «Elettrodomestici San Giorgio» di la Spezia rappresentate tutte dall'ing. Pacchiarini e dal dr. Murzi.

I rappresentanti della C.I. Sig.ri Celesia Mario, Sfrisi Mario e Gaggero Antonio, nonché i rappresentanti delle FIOM di Genova, Sig.ri Lantero, Sulas e Morasso; FIM di Genova, Sig. Brolpasino; UILM di Genova, Sig. De Nadai; CGIL di Genova, Sig. Pigna; CISL di Genova, on. Binotti Clodoaldo e Sig. Valbonesi Raul; UIL di Genova, Sig. Serena Sergio; assistiti per la CGIL: dall'on. Giuseppe Di Vittorio e dal sen. Renato Bitossi nonché dalla FIOM nazionale rappresentata dal Sig. [DA COMPLETARE] Repetto nonché dalla UIL nazionale rappresentata dal Sig. Arturo Chiari.

Premesso che si è valutata ed esaminata la situazione sindacale derivata dalla messa in liquidazione del complesso SAN GIORGIO, le parti si danno reciprocamente atto di quanto segue:

1) I dipendenti della Soc. Nuova S. Giorgio potranno presentare dimissioni volontarie per un periodo di due settimane dalla firma del presente accordo.

La Direzione ha facoltà di non accettare dette dimissioni per i lavoratori ritenuti tecnicamente indispensabili;

2) ai lavoratori che si dimetteranno nel periodo predetto verrà corrisposta, in aggiunta alle indennità contrattuali previste in caso di licenziamento, una indennità extracontrattuale come segue:

per gli operai: mille ore di retribuzione globale di fatto più dieci ore per ogni anno di anzianità maturata presso la Soc. S. Giorgio in liquidazione.

Per gli impiegati: cinque mensilità e mezzo di retribuzione globale di fatto.

I lavoratori dimissionari dall'inizio della vertenza (5 luglio '54) purché non compresi nella lista dei licenziati, verranno sostituiti con altrettanto personale licenziato dalla società S. Giorgio in liquidazione, seguendo i criteri di cui all'accordo interconfederale 21 aprile '50.

Per i lavoratori ultrasessantenni e per le lavoratrici ultra cinquantenni l'indennità di cui sopra non dovrà essere inferiore rispettivamente a lire trecentomila ed a lire duecentoventicinquemila, e per gli impiegati, se più favorevole, a sei mensilità.

3) La Direzione provvederà ad assumere altre cento unità tra il personale licenziato dalla San Giorgio in liquidazione, seguendo i criteri del citato accordo interconfederale.

A tutti i lavoratori licenziati dalla Soc. San Giorgio in liquidazione e non assunti dalle Nuove Società verrà corrisposta una indennità extra contrattuale pari a quella di cui al punto 2°.

4) Ai sensi della legge 20 aprile '49 e successive modificazioni, per i lavoratori licenziati dalla Soc. San Giorgio in liquidazione verranno istituiti corsi di qualificazione a cura del Ministero del Lavoro. A detti lavoratori verrà corrisposta una indennità pari a lire cinquecento per ogni giornata di presenza per la durata dei corsi stessi e per un periodo di [DA COMPLETARE] mesi, oltre al trattamento di legge.

Qualora gli operai ammessi ai corsi non si trovino attualmente nelle condizioni richieste per fruire del sussidio di disoccupazione, sarà comunque assicurato ad essi il trattamento di disoccupazione a termine di legge.

Il trattamento di cui al punto 2° si intende esteso anche a tutti i lavoratori licenziati o dimissionari che dall'inizio della vertenza (5 luglio '54) abbiano già percepito un trattamento extra contrattuale inferiore.

5) Le nuove società riconosceranno ai lavoratori (operai ed impiegati) in servizio, che non optino per il ritiro della indennità di quiescenza, l'anzianità maturata presso la Soc. S. Giorgio in liquidazione, e ciò a tutti gli effetti contrattuali.

6) Dalle nuove Società sarà riconosciuta ai lavoratori (impiegati ed operai) la stessa retribuzione già corrisposta dalla Soc. S. Giorgio in liquidazione.

7) Ai lavoratori che hanno ritirato un anticipo sulle loro indennità di quiescenza, la Direzione provvederà a realizzare il rimborso dell'anticipo, rateizzando l'importo corrisposto in rate mensili di eguale ammontare per la [DA COMPLETARE].1



1 Il testo dell'accordo è riportato nella rubrica: "La difesa del lavoro. Rivendicazioni - Trattative e Accordi".



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Storia § ??
A. Rapisarda, "Il nuovo stabilimento di una delle 5 società di esercizio sorte dalla San Giorgio", Civiltà delle macchine, 2 (1954), pp. 57-59, riassunto in inglese a p. 83. Link esterno OPAC SBN

Se questo fosse tempo da favole, la nascita della «Elettrodomestici San Giorgio» si potrebbe raccontare così: «C'era una volta una vecchia grande quercia che si andava seccando. A un certo momento non si trovò di meglio che abbattere il tronco principale per curare i quercioli che erano venuti su dalle stesse radici e promettevano di crescere sani e robusti.1 Su questo tutti si trovano d'accordo, però restava il problema di salvare i nidi che gli uccelli avevano costruito fra i rami del vecchio tronco. E allora...». A questo punto conviene abbandonare il tono della favola, perché la vicenda è anche troppo di attualità e seria non solo per gli interessi che coinvolge ma più ancora per i destini umani che le sono legati.

Dunque è stata chiusa la vecchia San Giorgio dopo lunghe e appassionate polemiche che non si placheranno tanto presto. La San Giorgio «non andava». Nata per la produzione di guerra,2 aveva prodotto periscopi, centrali di tiro e altri strumenti ottici per la nostra marina militare. La crisi del primo dopoguerra era stata superata con le forniture alla marina militare e la politica dell'autarchia. Finita l'ultima guerra, la vecchia industria si venne a trovare davanti al problema della conversione. Si sforzò di produrre un po' di tutto, dall'ottica per usi civili ai distributori di benzine e alle bilance automatiche,3 ma la situazione rimase pesante; cioè, fuori degli eufemismi tecnici, i bilanci seguitarono a chiudersi in passivo. L'operazione chirurgica a lungo differita si è dovuta pur fare prima che il male attaccasse anche i membri sani. Così la San Giorgio è stata messa in liquidazione, e al suo posto sono rimaste cinque industrie autonome che in parte ne hanno conservato il nome aggiungendovi la specificazione del ramo di produzione; fra di esse, la «Elettrodomestici San Giorgio» di La Spezia.

Fresco, pulito e quasi silenzioso lo stabilimento fa pensare alle industrie leggere inglesi sorte fra le vallate del Galles dopo lo smantellamento dei grandi complessi invecchiati. Non lo circonda un grigio panorama di capannoni dai tetti a sega dominati da tralicci di acciaio, ma il verde delle colline fitte di pini che scendono fino al mare vicinissimo; lasciando gli edifici insufficienti del centro spezzino, gli operai hanno trovato a Limone una sede che sembra il simbolo e l'augurio di una nuova vita più larga e serena. Lo stabilimento è più ambio di quel che occorra alle esigenze attuali, ma l'ingegner Potenza che seguita a dirigerlo spiega come i piani di produzione comportino che già alla fine del primo anno dovrebbero venire riassunti parecchi operai licenziati da altri stabilimenti nel momento in cui è stata liquidata la San Giorgio.

Intanto è da notare che separandosi dal tronco principale la «Elettrodomestici» non ha dovuto lasciar fuori neanche un solo operaio o un impiegato. La produzione è stata sempre [Figura con alcuni prodotti] sana fin dagli inizi, tanto da impiegare attualmente un personale doppio di quello assunto nel 1946, mentre nel giro di otto anni le cifre del «fatturato» sono salite in proporzioni molto superiori; segno, fra l'altro, di un crescente rendimento del personale. La fabbrica produce ventilatori, aspiratori d'aria, stufe elettriche e il noto, anzi classico Proteus veramente multiforme perché si adatta a dodici differenti usi di cucina, facendo da impastatrice, montapanna, spremiagrumi, tritacarne, passaverdure, grattugia, tritaghiaccio, affettatrice, tirasfoglia, macinacaffé, gelatiera e frullatore. Dal bianco Proteus ai piccoli ventilatori dalle pale di gomma colorata, inoffensive anche per il bambino imprudente che si lasciasse vincere dalla tentazione di ficcare il dito dentro il vortice giallo o turchino, tutta la produzione unisce l'eleganza del disegno e la grazia del colore alla robusta semplicità: pregi che vengono incontro alle esigenze tipiche del mercato italiano e permettono di fronteggiare la concorrenza del prodotto straniero, specie di quello americano ottimo in sè ma concepito per un pubblico molto [...] [<57-58>] [...]

[...] [<58-59>] macchine e di altri operai. Il lavoro si svolge in un'atmosfera quasi domestica, accanto alle silenziose macchine di precisione e attorno ai banchi dove si allineano i pezzi per il montaggio. È una fatica leggera, quasi gentile, che forse potrebbe essere affidata in buona parte a mani femminili se il problema dei bilanci delle famiglie operaie non si profilasse dietro qualsiasi decisione un dirigente debba prendere. Le operaie figurano solo per il cinque per cento; invece si trova un quindici per cento di giovanissimi, le nuove leve uscite dalle scuole di avviamento al lavoro. Vengono assunti come allievi dopo un esame delle attitudini, e stanno un anno in prova prima di ricevere l'assegnazione definitiva. Il più piccolo è il bobinatore Marco Bocchia, che è entrato in fabbrica a quindici anni e vi lavora da due anni e mezzo: bella faccia rotonda quasi infantile, da ragazzo ben nutrito e cresciuto in un ambiente sano. Infatti viene da Alviano, un vicino comune agricolo dove, dice, «papà ha l'orto»; uno dei tanti che le campagne liguri spingono verso l'industria. È una bella occupazione che non converrebbe di abbandonare, quella dell'ortolano, se dobbiamo credere alle statistiche quando attribuiscono la durata massima della vita a giardinieri e ortolani; ma le famiglie crescono oltre i bisogni della terra, e qualcuno deve scendere a lavorare in fabbrica. Il piccolo Bocchia è fra i fortunati per aver trovato un posto di lavoro, e più ancora perché la fabbrica non gli ha tolto i colori da mela matura e lo sguardo limpido che aveva acquistato vivendo fra gli alberi, la terra e il sole.

Il più anziano è il tornitore Claudio Andreani, con trentatre anni di servizio. È del '98, nella prima guerra mondiale fu imbarcato come silurista sulla San Giorgio,4 per tutto il resto della vita ha lavorato agli stabilimenti San Giorgio; un destino, dice. Andrà in pensione fra quattro anni con venticinquemila lire, che non è una grande somma, ma siccome la casetta che abita è di sua proprietà vede l'avvenire senza preoccupazioni. È un uomo allegro e disinvolto e si diverte un pochino a recitare la parte del nonno, e piuttosto del «tipico vecchio operaio», ma in realtà non dimostra nemmeno i suoi anni, che non sono molti. Si dichiara contento della riorganizzazione che ha portato la fabbrica in locali molto migliori e dotati di buoni servizi igienici. Anche questo influirà sul rendimento.

L'aggiustatore Cesare Canese risponde alle domande senza allontanare gli occhi dalle pale del ventilatore che sta a centrare dandogli l'avvio con un dito e osservandole mentre oscillano lentamente attorno all'asse, in su e in giù. Sapendo che ha venticinque anni di servizio gli chiedo di ripescare fra i ricordi per fare qualche confronto fra i tempi antichi e i nuovi. Per esempio, il rendimento degli operai è migliorato? «Quando avevo venti anni – risponde – mi dispiaceva di sentir suonare la sirena mentre davo gli ultimi colpi a un pezzo; seguitavo a pensarci per la strada e a casa, studiando nella mia testa il modo migliore di finirlo. Adesso i giovani hanno sempre qualche altra cosa per la testa, e quando il lavoro è finito non vedono l'ora di trovarsi con la ragazza o con gli amici. Però imparano presto, spesso ci scavalcano nell'abilità, e a conti fatti mi pare che oggi il rendimento è superiore». E nei rapporti con i dirigenti che cosa c'è di nuovo? «Una volta erano più caporali nel trattamento – dice – ma in compenso avevano minori esigenze sul lavoro. Si capisce, per le industrie correvano tempi facili e si poteva chiudere un occhio sul rendimento. [Figura con la seguente didascalia: "Una delle operaie impiegate nello stabilimento San Giorgio. Le operaie sono soltanto il 5% dell'organico. Sotto: la rifinitura dei minuscoli rotori elettrici dei ventilatori."] Adesso con i dirigenti si discorre meglio, però si deve rendere al massimo. Questo è giusto, perchè i tempi sono difficili e bisogna fronteggiare la concorrenza, altrimenti vengono i guai per tutti».

L'aggiustatore Canese ha il giudizio sereno dell'uomo maturo, ma mi sembra che nella fabbrica il suo stato d'animo sia quello di tutti, vecchi e giovani. Gli operai sanno di essere marinai della stessa barca insieme agli impiegati e ai dirigenti, comprendono che produrre molto e bene significa conservare il posto di lavoro e crearne degli altri per i compagni disoccupati, porre le condizioni che domani consentiranno salari migliori. La nuova snella barca della «Elettrodomestici» ha ripreso la navigazione con un equipaggio e uno stato maggiore affiatati da un buon lavoro svolto in comune da parecchi anni, fiduciosi nell'avvenire per aver saputo superare le burrasche del passato. Buona fortuna a tutti, uomini della San Giorgio.5



1 Il curioso incipit è stato fortunato: cfr. → Grassi & Pansera (1986). Ma anche nelle favole è necessaria una competenza specifica: una quercia non fa i getti tipici, ad esempio, del castagno.

2 Un errore qui più significativo, perché si parla evidentemente della sede centrale di Genova Sestri.

3 L'estrema diversificazione della San Giorgio è più antica.

4 Si può partire da Classe San Giorgio (cacciatorpediniere) Link esterno Wikipedia (esistente il 2/7/2020).

5 Per una sintesi dei risultati dell'azienda si veda → Grassi & Pansera (1986).



All'indice    1955    Indicatore di completezza
Storia § ??
S.A. Fratelli Branca Distillerie - Milano, "Concorso a Premi confezioni natalizie 1954" [inserzione pubblicitaria], L'Osservatore Romano, n. 5 = 28.764 (7-8 gennaio 1955), p. 6. Link esterno OPAC SBN

PRIMA ESTRAZIONE PREMI

Il 28 Dicembre 1954, presso la Sede Sociale di via Broletto, 35 in Milano, si è proceduto, a norma di Legge, alle operazioni di sorteggio per l'annunciata assegnazione dei Premi.
A detta operazione erano presenti il Notaio Dott. G. Quadri, il funzionario delegato dell'Intendenza di Finanza, Dr. A. Maniglio, ed i prescritti testimoni.
La sorte ha favorito i seguenti Buoni Premio:

  1. - AUTOMOBILE «LANCIA-AURELIA» [...] 1
  2. - AUTOMOBILE FIAT, NUOVA 1100/103 [...]
  3. - ARREDAMENTO PER CUCINA AMERICANA IN ACCIAIO, COMPLETO DI CUCINA A GAS «TAPPAN» [...]
  4. - TELEVISORE «EMERSON» 17" [...]
  5. - TELEVISORE «EMERSON» 17" [...]
  6. - APPARECCHIO FOTOGRAFICO «LEICA» [...]
  7. - MACCHINA PER CUCIRE «ELNA» SUPERMATIC [...]
  8. - BINOCOLO PRISMATICO «LUGEDIXER» 10X50 [...]
  9. - RIPRODUTTORE GRAMMOFONICO COMPLETO DI AMPLIFICATORE 3 VELOCITÀ MICROSOLCO [...]
  10. - RIPRODUTTORE GRAMMOFONICO COMPLETO DI AMPLIFICATORE 3 VELOCITÀ MICROSOLCO [...]

Seguirà altra estrazione nel mese di Febbraio 1955.2



1 Per ogni premio è indicata la serie e il numero del biglietto vincente.

2 Fonte segnalata da un collezionista romano appassionato di binocoli.



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Storia § ??
Istituto per la Ricostruzione Industriale, 1954 Annual Report (Roma : 1955), pp. 58-59. Link esterno OPAC SBN

With regard to fine mechanical products and optical instruments the situation was still serious owing to the difficulty of finding adequate outlets for the existing capacity which, in the past, was largely utilised for military production. The firms operating in this field are San Giorgio and Filotecnica Salmoiraghi.

The position of San Giorgio and its difficulties both in past and recent times are well known, and so are the drastic measures which had to be resorted to in order to save what was worth saving of the firm, the conversion of which has proved to be one of the hardest problems that the group has had to face. The large surplus of manpower left over by war-time requirements had to be considerably reduced and a thorough reorganisation was undertaken in order to create the basis for a new activity. San Giorgio, which is currently being liquidated, will be replaced by the following new companies:

  • Nuova San Giorgio Sestri, which is to operate the plant at Sestri Ponente and will manufacture mainly optical instruments, fine mechanical products, auxiliary apparatuses for ships, and textile machinery;

  • Officine Rivaloresi, which will continue current production in close cooperation with Ansaldo San Giorgio;

  • Fonderia San Giorgio - Prà, producing mainly boilers and radiators;

  • Elettrodomestici San Giorgio, which will operate the plant at La Spezia manufacturing electrical household appliances;

  • Aghi Zebra San Giorgio, which will continue the existing smallscale production of needles for hosiery machines. [<58-59>]

A considerable improvement was registered, on the contrary, by Filotecnica Salmoiraghi. Now that labour surpluses have been reduced and that the various types of products have been modernised, the firm can be run along more economic lines.1



1 .



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Storia § ??
E. H. Clark Jr., "Italy's World War II Navy-Major Units", United States Naval Institute Proceedings, 81 (1955), n. 7, July, p. 813 Link esterno U. S. Naval Institute. Link esterno OPAC SBN

Like Japan, Italy was unable to replace wartime losses by new construction. The various dockyards, such as La Spezia, Genoa, Riva Trigoso, Leghorn, Naples, Stabia, Messina, Taranto, Ancona, Venice, Monfalcone, Fiume and Pola, produced only a few cruisers, and not a single carrier (although two were under construction) was added to the main fleet which was based at such ports as La Spezia, Naples, Taranto, Augusta, Messina, and Palermo. Production of escort craft proved insufficient.

The Italian people were not enthusiastic over cooperation with Germany. The attitude of Germany's armed services toward their ally was condescending, and the objectives of the Reich were placed well ahead of those of her associate. But Germany sent some radar equipment for Italy's warships, and this technological assistance made the local-manufactured rangefinders and directors of Galileo of Florence and S. Giorgio of Genoa and the torpedoes of Fiume's Silurificio Italiano more effective. German intervention in the "middle sea's war" was principally by the Luftwaffe and, in general, only about half as successful as Italy's own efforts against Britain's Navy.

Despite various World War II handicaps, the Italian Navy fought hard and courageously. She lost 200 warships as an Axis partner, and about half that number destroyed while on the side of the Allies. After the peace and the scrapping or reassignment of a number of her vessels, the Italians in 1950 were permitted a five-year construction program which will provide a streamlined, smaller fleet of better quality. With the lessons of World War II being learned and used, the future Italian Navy will be worthy of international respect and is becoming a valuable strategic strength in the vital Mediterranean area.

The photographs used in this pictorial section were furnished by Lieutenant Aldo Fraccaroli, Italian Naval Reserve. The U. S. Naval Institute takes pleasure in acknowledging Lieutenant Fraccaroli's invaluable assistance.1



1 ...



All'indice    1956    Indicatore di completezza
Storia § ??
P. Saraceno, L'Istituto per la Ricostruzione Industriale, IRI : 3. Origini, ordinamenti e attività svolta (Torino : Unione Tipografico-Editrice Torinese, 1956), pp. 70, 71, 85, 86, 129, 152, 196, 246, 259, 260, 262, 281, 296. Link esterno OPAC SBN

[70>] Alla fine della guerra il settore meccanico controllato dall'IRI comprendeva 45 stabilimenti, in buona parte concentrati nelle zone di Genova, di Napoli e di Trieste e con un nucleo abbastanza importante a Milano. Altri cinque stabilimenti, dei quali i due maggiori dislocati pure a Genova, si aggiunsero a seguito del fatto che, per motivi sociali, si richiese all'IRI di assicurare alla S. Giorgio di Genova quella assistenza finanziaria che né gli azionisti, né il mercato erano disposti a dare.

L'intero complesso era, si può dire, quasi totalmente impegnato in lavorazioni belliche: della complessiva capacità produttiva circa il 30% era costituito infatti da stabilimenti attrezzati esclusivamente per produzioni di guerra ed un altro 35% era costituito da cantieri navali, soltanto in parte impegnati nella produzione di unità mercantili.


[71>] [elenco di società, tra cui "San Giorgio Società Industriale, con sede in Genova"]


Il raggruppamento di stabilimenti in nuovi complessi è stato particolarmente profondo nell'ambito del gruppo delle aziende liguri; questo gruppo, dopo il rilievo da parte dell'IRI della San Giorgio, comprendeva 18 stabilimenti con circa 53.000 addetti, facenti capo a tre società: Ansaldo, OTO e San Giorgio. Il processo di riordinamento, tendente a dar vita ad una serie di aziende specializzate, venne iniziato nel 1949 ed è giunto solo ora alla fase finale dopo vicende lunghe e talvolta delicate. Dai suddetti tre complessi liguri figurano enucleate al termine del processo le seguenti undici società autonome:

     a) l'Ansaldo, complesso prevalentemente cantieristico, nel quale confluirono la parte navale della stessa Ansaldo, nonché della OTO (i tre cantieri di Sestri, Muggiano e Livorno); lo stabilimento meccanico Ansaldo (produttore oltre che di apparati motori navali, anche di centrali termoelettriche, impianti industriali ed altri prodotti di meccanica varia) nonché gli stabilimenti ferroviari, di carpenteria e le fonderie pure dell'Ansaldo (in totale 7 stabilimenti con 18.000 addetti);

     b) gli Stabilimenti Elettromeccanici Riuniti Ansaldo-San Giorgio, società nella quale sono stati raggruppati gli stabilimenti elettrotecnici dell'Ansaldo e della San Giorgio e nella quale è imminente l'apporto della Officine Rivarolesi, già della San Giorgio (tre stabilimenti con 4.900 addetti);

     c) lo Stabilimento Meccanico Metallurgico Genovese Ansaldo-Fossati, per la costruzione di trattori e sonde e per lavorazioni di fucinatura e stampaggio, con 1.700 addetti;

     d) il Delta (Società Metallurgica Ligure) per la lavorazione di metalli non ferrosi ed in particolare del rame e delle sue leghe, con 700 addetti;

     e) la Termomeccanica Italiana, per la fabbricazione di pompe ed impianti frigoriferi, con 800 addetti; [<85-86>]

     f) le Officine Meccaniche Ferroviarie Pistoiesi, per la costruzione e la riparazione di materiale rotabile, con 1.600 addetti;

     g) la Società Meccanica della Melara, per produzioni di meccanica varia, in particolare di trattori e di macchini tessili, con 1.000 addetti;

     h) la Nuova San Giorgio Sestri, per la produzione di strumenti ottici, prodotti di meccanica di precisione, apparati ausiliari di bordo e macchine tessili, con 1.800 addetti;

     i) la Fonderia San Giorgio Prà, per la fabbricazione di caldaie di riscaldamento e di radiatori, con 200 addetti;

     l) la Elettrodomestici San Giorgio, per la produzione di apparecchi elettrodomestici, con 100 addetti;

     l) la Aghi Zebra San Giorgio, per la produzione di aghi per macchine da calze e per maglieria, con 100 addetti.


[129>] [elenco con acquisizioni IRI? "1945 / San Giorgio - Soc. Ind. per Azioni"]


[152>] [elenco con occupati per azienda? "San Giorgio, 13.643"]


[196>] [tabella]


[246>] [tabella]


[259>] Nell'Ansaldo-S. Giorgio, che occupa 4.000 unità, dopo l'operazione di raggruppamento di cui si è detto (v. Cap. II, § 4 C) si è realizzato un vasto programma di sistemazione di impianti e di miglioramento delle caratteristiche qualitative della produzione tanto di serie che su commesse: i risultati di gestione risentono peraltro dell'insufficiente volume di attività, a sua volta dovuto soprattutto alla contrazione degli ordini dall'estero.


[260>] La restante attività si riparte tra numerose lavorazioni, tra cui sono da segnalare le seguenti:

     le lavorazioni, svolte – in gran parte per l'estero – dagli stabilimenti Meccanico, Ferroviario e Carpenteria dell'Ansaldo, ad integrazione della loro fondamentale attività, per la costruzione di turboalternatori e caldaie fisse per centrali termoelettriche, di macchinari per impianti chimici (processi Wisbreaking e Catforming), in ispecie destinati alla produzione di fertilizzanti, di installazioni per cementerie ed altro;

     la produzione di macchinario tessile: telai per cotone, seta e rayon, impianti di preparazione lana pettinata, assortimenti di carderia, macchine per calze e maglieria, filatrici, torcitrici, ecc., produzione che, sia pure in entità non di rilievo, viene svolta dalle società SAFOG, Melara, Pistoiesi, S. Giorgio;

     le lavorazioni di ottica, che si svolgono presso la S. Giorgio e la Filotecnica; anteguerra questo settore era fortemente alimentato dalle commesse militari, il che spiega la grave crisi attraversata nel dopoguerra da dette due aziende. La Filotecnica sta ora pervenendo ad un soddisfacente assetto economico-produttivo, mentre nella S. Giorgio si è dovuto far luogo ad una rilevante contrazione di attività;1

     le lavorazioni di turbine idrauliche, svolte con favorevole esito dallo stabilimento di Rivarolo ex S. Giorgio, stabilimento in corso di incorporazione nella società elettromeccanica «Ansaldo-S. Giorgio», prima citata.


[...] [<261-262>] una attività di carpenteria, di fonderia, di lavorazioni di stampaggio e metallurgiche, di meccanica generica, nonché qualche produzione specifica in unità minori specializzate (ad es., Aghi Zebra ed Elettrodomestici S. Giorgio). In proposito si rinvia all'elenco riportato all'inizio di questo paragrafo.


[281>] La forza di lavoro nel settore meccanico, che nel 1938 ammontava a 65.050 unità, è passata nel 1954 a 61.900 unità, se si considerano le stesse aziende, e a 76.900 (1) se si includono le aziende di nuova costituzione o di nuova assunzione. Va ricordato che nell'immediato anteguerra una gran parte della forza di lavoro, valutabile in circa 46.000 unità (compresa la San Giorgio), era impegnata per commesse militari e solo 25.000 per il mercato civile; nel corso del conflitto l'occupazione si accrebbe di altre 40.000 unità, tutte assorbite da produzioni belliche. Nel dopoguerra si può dire che l'opera di riordinamento intrapresa abbia avuto come risultato, in termini di occupazione, la creazione di lavoro nel settore civile per una massa operaia leggermente superiore a quella che nel 1938 lavorava nel campo militare, dato che le unità che oggi risultano occupate in più, rispetto a quell'anno, possono essere fatte corrispondere al personale delle aziende di nuova acquisizione ed alle limitate lavorazioni militari ancor oggi svolte.


[296>] Nel settore meccanico figurano quotate le azioni della Ansaldo, dei Cantieri Riuniti dell'Adriatico, della S. Giorgio e della OTO. Le loro quotazioni di borsa non rivestono, peraltro, significato non essendovi apprezzabili trattazioni ed essendo trascurabile la quantità di titoli in mano di terzi.


1 Cfr. p. 86. La fine di tutte le produzioni ottiche in San Giorgio era imminente.



All'indice    1957    Indicatore di completezza
Storia § ??
F. Magri, Dal movimento sindacale cristiano al sindacalismo democratico (Milano, La Fiaccola, 1957), pp. 352, 354, 372. Link esterno OPAC SBN

[352>] Nel mese di maggio [1954] gli on. Luigi Morelli e Renato Cappugi interrogarono il Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, sul come si sia potuto giungere alla liquidazione della «San Giorgio» di Genova da parte dell'Assemblea della Società e quali provvedimenti il Governo intendeva adottare per fronteggiare la grave crisi di disoccupazione che si prospettava e quale sistemazione si intendesse dare alla Società.


[354>] Con i cinque punti programmatici che l'on. Pastore aveva esposti alla Camera nella illustrazione della mozione presentata, fra gli interventi dei parlamentari sindacalisti della C.I.S.L., segnaliamo ancora, nello stesso mese, un ordine del giorno Pastore, Cappugi e Martoni, sul problema della «San Giorgio» di Genova [...].


[372>] Nel settembre segnaliamo la fine dell'agitazione delle maestranze della «San Giorgio» di Genova, col raggiunto Accordo fra la Società in liquidazione e le organizzazioni sindacali C.I.S.L., Confederazione del Lavoro [...].1



1 ...



All'indice    1958    Indicatore di completezza
Storia § ??
Il Ministero delle partecipazioni statali, vol. 1 (Roma, Istituto poligrafico dello Stato, 1958), pp. 122, 337. Link esterno OPAC SBN

[122>] In questo dopoguerra, seppure in modo minore che nel periodo 1922-34, lo Stato è intervenuto per salvare aziende meccaniche in crisi, solo in apparenza, di congiuntura, ma in realtà derivante dal mancato legame con le esigenze dello sviluppo economico. Si deve respingere perciò l'interessata interpretazione che spiega gli interventi come necessità politiche e sociali. La San Giorgio, l'Avis, l'Inarn sono state assunte dall'I.R.I.; altre fabbriche, come la Breda, la Ducati, le Reggiane, la Pignone sono state in altre forme salvate dallo Stato. È vero che il problema del salvataggio è stato reso più acuto dal forte spirito combattivo delle masse lavorative, che rifiutavano di subire esse, soltanto, il costo della guerra perduta in termini di attività industriale. E, forse, solo in questo senso si può parlare di necessità politica e sociale.

Ma la chiave del problema non è qui. Il vasto movimento iniziato dai consigli di gestione ed assunto in proprio dai sindacati, affrontava ed affronta in termini critici di fondo la condotta economica dello Stato nell'industria.


[337>] Non è stata certamente una cosa molto semplice e facile quella che i lavoratori hanno fatto. Noi dobbiamo ringraziare oggi gli operai, gli impiegati, i tecnici delle aziende metalmeccaniche, navali, siderurgiche dell'I.R.I. se finalmente gli organi legislativi dello Stato stanno affrontando questo importante problema della vita nazionale. Sono state certamente le grandi lotte dell'Ansaldo, dell'Ilva, delle Reggiane, della San Giorgio e di tante altre aziende a far sì che il problema dell'industria a partecipazione statale fosse nel nostro Paese largamente dibattuto, tanto da diventare il banco di prova di ogni partito, di ogni sindacato, di ogni concezione politica ed economica.1



1 Almeno il secondo brano fa parte di una discussione al Senato della Repubblica.



All'indice    1958    Indicatore di completezza
Storia § ??
B. Feraudi, Meccanica tecnica, vol. 3, Dinamica delle macchine. Apparecchi di sollevamento e trasporto (Milano : U. Hoepli, 1958), p. 122, 337. Link esterno OPAC SBN

Un esemplare di telemetro stereoscopico per uso di bordo si vede nella fig. 196. Costruito dalle «Officine Galileo» di Firenze, esso ha la base di 3 metri e può misurare la distanza massima di 20 km con un errore non superiore a 250 m.

Telemetri dei vari tipi antiaereo terrestre e navale costruisce pure la Società Industriale «San Giorgio» di Genova Sestri.

In sostanza i telemetri sono degli strumenti misuratori di angoli. Ad esempio per misurare la distanza di 12000 metri servendosi di una base di 3 metri, occorre misurare l'angolo α la cui tangente trigonometrica vale 3 : 12000 = 0,00025 ossia occorre misurare un angolo di circa 52 secondi.1



1 Il brano trascritto non è stato evidentemente aggiornato in questa 9ª edizione: può essere rimasto invariato dalla 2ª edizione del 1943.



All'indice    1962    Indicatore di completezza
Storia § ??
A. Fiorentini, "Optics in Italy", Applied Optics, 1 (1962), n. 3, pp. 279-283 – DOI: Link esterno 10.1364/AO.1.000279. Link esterno OPAC SBN

[280>] Substantial contributions to geometrical optics and optical design have been made by Morais. Besides various types of photographic lenses, range finders, and periscopes, Morais has designed wide-angle lenses for aerial photography (unpublished report), a particular photographic lens with a distortion not greater than 1 μ over a 30° field (to be applied to a bubble chamber), and a solar telescope.11 He has also contributed to the study of concentric systems12 and to the study of high-order aberrations,13 has applied vector homographies to the design of optical systems,14 and has derived a generalized formulation of Heath's law.15 Many other papers by the same author deal with the particular problems of anamorphic systems, systems with variable focal length, etc.

11 C. Morais, Atti fondazione G. Ronchi 12, 133 (1957).
12 C. Morais, Atti fondazione G. Ronchi 13, 337 (1958).
13 C. Morais, Rend. accad. nazl. Lincei 23, 933 (1936); Atti II congr. Un. Mat. Ital., Bologna (1940); Ottica 5, 63 (1951).
14 C. Morais, Atti fondazione G. Ronchi 9, 377, 382 (1954).
15 C. Morais, Atti fondazione G. Ronchi 12, 248 (1957).1


[280>] Passing in rapid review the many topics pertaining to applied optics we shall first refer to the so-called grating-interferometer devised by Ronchi20 whose theory and application have been widely treated in Italy. Soon after its conception, the grating-interferometer proved to be a successful means of progress, partly because of its interesting theoretical implications but also because of its practical use, a direct consequence of the simplicity of its application to testing optical instruments. A great deal of work was then devoted to the development of the Ronchi test; the main contributors have been Di Jorio,21 Bocchino,22 Bruscaglioni,23 Scandone,24 and Toraldo di Francia.25 The exact theory of the grating-interferometer was later developed in a simple and elegant manner by Toraldo di Francia.26

20 V. Ronchi, Riv. Ottica e Meccan. Prec. 2, 9 (1923); Ann. scuola norm. Super. Pisa 15 (1923); Nuovo cimento 4 (1927); La prova dei sistemi ottici, Bologna (1925); Atti Fondazione G. Ronchi, 13, 368 (1958).
21 M. Di Jorio, Ottica 7, 314 (1942); ibid. 8, 288 (1943).
22 G. Bocchino, Ottica 5, 286 (1940).
23 R. Bruscaglioni, Rend. accad. nazl. Lincei 15 (1932); Ottica 1, 302 (1936); ibid. 3, 58 (1938).
24 F. Scandone, Nuovo cimento 7 (1930); ibid. 8 (1931).
25 G. Toraldo di Francia, Ottica 6, 151 (1941); ibid. 8, 1, 125 (1942).
26 G. Toraldo di Francia, Optical Image Evaluation, NBS, Washington (1954).2


Some contributions have been made to the study of photographic emulsions as regards their performance [<280-281>] as receptors of optical images. The resolving power of photographic materials was measured independently from that of the objective lens by a resolvimeter designed by Bruscaglioni,32 and measurements in a variety of experimental conditions were carried out by Bocchino.33 Fracastoro also contributed to the theoretical and experimental investigation characteristics of photographic emulsions.34

32 R. Bruscaglioni, Ottica 1, 23 (1935).
33 G. Bocchino, Ottica 5, 219 (1940).
34 M. G. Fracastoro, Atti fondazione G. Ronchi 8, 3, 385 (1953); ibid. 11, 452 (1956).3



1 Morais ha lavorato in San Giorgio dal 1927 al 1954 → Cesare Morais. Più avanti nell'articolo sono descritti i progetti per l'astronomia professionale, ma si riferiscono agli anni successivi, in cui era docente di Calcolo ottico all'Istituto Nazionale di Ottica.

2 È stato scritto che Raffaello Bruscaglioni ha lavorato in San Giorgio dal 1925 al 1944 → Ronchi (2000). Però risulta aver seguito il corso di Meccanica razionale, tenuto da Enrico Fermi a Firenze (superato con il voto di 24/30), nell'anno accademico 1925-26: R. Casalbuoni, G. Frosali, G. Pelosi, a cura di, Enrico Fermi a Firenze. Le "Lezioni di meccanica razionale" al biennio propedeutico agli studi di Ingegneria: 1924-1926 (Firenze, University Press, 2014), pp. 37, 38 e fig. 18 a p. 42 Link esterno Google libri.

3 L'articolo è assai pertinente, sia per l'anno in cui è uscito – vicino al periodo qui di interesse – che per la collaborazione fornita da Ronchi, Toraldo di Francia, Righini, Morais e altri, ma le ricerche industriali vi sono solo accennate.



All'indice    1962    Indicatore di completezza
Storia § ??
V. Ronchi, "Forty years of «gratings»", Atti della Fondazione Giorgio Ronchi e Contributi dell'Istituto Nazionale di Ottica, 17 (1962), n. 2, p. 135. Link esterno OPAC SBN

As an example of the numerous and very interesting practical applications that the gratings were put to in the industrial sphere, in the work of specialists who had studied them in the Istituto di Ottica, it is sufficient to mention the «Banco Ronchi tipo San Giorgio» (Plate V) conceived and projected by Bruscaglioni, who from assistant at the Institute went to organize, more or less from scratch,1 the department of optical testing of the S. A. San Giorgio di Genova Sestri P.



1 Almeno per quanto riguarda il passo specifico, si tratta della traduzione di quanto apparso in: V. Ronchi, "Vent'anni di «reticoli»", Bollettino dell'Associazione Ottica Italiana, 16 (1941), n. 6, p. 358: "A indice delle numerose e interessantissime applicazioni pratiche che i reticoli hanno avuto negli ambienti industriali per opera degli specialisti che li hanno studiati nell'Istituto di Ottica basti riportare il «Banco Ronchi tipo San Giorgio» (Tav. V) ideato e progettato dal Bruscaglioni, che da assistente presso l'Istituto suddetto passò ad organizzare si può dire ex-novo il reparto dei collaudi ottici della S. A. San Giorgio di Genova-Sestri P.".



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Storia § ??
G. Mori, "L'industria toscana fra gli inizi del secolo e la guerra di Libia", in La Toscana nell'Italia unita : aspetti e momenti di storia toscana : 1861-1945, a cura di G. Pansini (Firenze : Unione regionale delle province toscane, 1962), p. 276. Link esterno OPAC SBN

[...] industriali in gran parte incentrata su quello che più tardi sarà definito il «triangolo industriale» con tutte le conseguenze che ciò portò sull'ulteriore sviluppo dell'economia e della società italiana, ma è indiscutibile che nomi ed iniziative come quelli della FIAT, della «Franco Tosi», della «Breda», della «Lancia», dell'«Ansaldo», della «Dalmime», delle «Reggiane», della «Olivetti», della «Nebiolo», della «Riv», della «Marelli», della «S. Giorgio», della «Isotta Fraschini», della «Filotecnica Salmoiraghi», della «Edoardo Bianchi» non possono, singolarmente e nel loro complesso, non significare qualcosa di ben preciso e di concreto così come la constatazione che dal 1906 al 1911 si passò, nel settore, da 24 a 52 società anonime con oltre 1 milione di capitale per un totale di capitale azionario che dai 103.065.000 raggiunse i 191.960.000136.1 Nella Toscana di quegli anni le condizioni della industria meccanica non potevano essere certo raffrontate con quelle dei già vistosi complessi del Nord Italia. Nella regione il settore di maggior rilievo era rappresentato, sia per il numero di aziende che per la loro importanza dal punto di vista della attrezzatura e da quello dell'impiego di mano d'opera, dalle officine ferroviarie per la costruzione di carri e di vetture e per la loro riparazione e manutenzione, molte delle quali, agli inizi del secolo, erano di proprietà della «Società Italiana per le Strade Ferrate Meridionali» (meglio nota come «Bastogi» dal nome del fondatore, il conte Pietro, livornese) ed erano poi passate allo Stato in occasione della colossale operazione di riscatto delle diverse reti in concessione del biennio 1905-'06.



1 Cfr. "Le Società industriali per azioni in Italia dal 1906 al 1911", L'Industria, 26 (1912), n. 37, 15 settembre, pp. 595-596 Link esterno Emeroteca BNC Roma.



All'indice    1965    Indicatore di completezza
Storia § ??
A. Brusa, "Le industrie manifatturiere in Liguria", in: Comitato Permanente dei Congressi Geografici Italiani, Atti del XIX Congresso Geografico Italiano, Como (Villa Olmo), 18-23 maggio 1964, vol. 2, Relazioni scientifiche e contributi (Como, Noseda, 1965), pp. 313-314. Link esterno OPAC SBN

L'Ansaldo San Giorgio, che come numero di dipendenti viene seconda nel gruppo ligure della Finmeccanica, si formò alla fine del 1949 come conseguenza del piano di riordinamento tecnico delle industrie meccaniche genovesi. Venne così scorporato dall'Ansaldo lo stabilimento elettrotecnico di Cornigliano Campi che unito agli stabilimenti di Sestri e Rivarolo, scorporati dalla società San Giorgio, costituì la base di una nuova compagine aziendale denominata Stabilimenti Elettromeccanici Riuniti Ansaldo San Giorgio.

L'Ansaldo San Giorgio è uno dei maggiori complessi europei per la costruzione di macchinari ed impianti per la produzione, la trasformazione e l'utilizzazione dell'energia eletrica. Molte aziende idrauliche internazionali sono equipaggiate con gruppi completi di turbine e alternatori costruiti dall'Ansaldo San Giorgio (esempio la centrale di Stugun in Svezia, la centrale Ybbs-Persenburg sul Danubio, ecc.).

La produzione dell'Ansaldo San Giorgio è però svariatissima, perché va dall'industria siderurgica ai mezzi di trasporto, dai motori diesel agli impianti di pompaggio. Le apparecchiature elettriche sono costruite nello stabilimento di Cornigliano-Campi e di Sestri, mentre quello di Rivarolo è adibito alla costruzione di turbine idrauliche e macchinario industriale specie per l'industria saccarifera. L'Ansaldo San Giorgio è specializzata pure per le ricerche di fisica nucleare, partecipando così alla costruzione dell'elettrosincrotrone di Frascati.

Data la varietà di produzioni, l'Ansaldo San Giorgio risentì di tutte le difficoltà di congiuntura di questi ultimi tempi. Recentemente (1959) dovette subire un ulteriore processo di riorganizzazione che si è tradotto in definitiva in una riduzione del personale per oltre 1000 unità. Tale contrazione ha tuttavia permesso all'azienda di affrontare con successo la concorrenza internazionale.

Lo stabilimento San Giorgio di Sestri fu fondato nel 1905 e si sviluppò rapidamente specializzandosi sin dal 1908 nella produzione del macchinario ausiliario di bordo e apparecchiature di ottica e di meccanica di precisione specialmente per le artiglierie.

Dopo varie traversie nel 1954 la San Giorgio venne messa in liquidazione creandosi la Nuova San Giorgio, attualmente distinta in tre sezioni e precisamente: la divisione di mezzi ausiliari di bordo, che si dedica alla costruzione di macchinario sussidiario per le navi, raggiungendo una tale importanza in questo settore che oggi quasi il 90% delle apparecchiature sussidiarie [<313-314>] in funzione a bordo delle nostre navi provengono da questa sezione della Nuova San Giorgio;1 la divisione delle macchine tessili, non meno nota specie nel campo internazionale; e la divisione che si interessa dei servosistemi nell'elettronica e nell'automazione industriale, specie relativamente alla soluzione dei problemi connessi con le centrali nucleari.

La Nuova San Giorgio, che ha attualmente (1960) un personale in organico di circa 900 operai e 300 impiegati, si sviluppa entro un'area complessiva di 42.000 mq, dei quali 32.000 scoperti. La superficie sfruttata dai vari reparti coperti equivale ad un'area di circa 52 mila mq.



1 Ciò è dovuto soprattutto alla centrale di tiro Argo → Storia § 32.



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Storia § ??
W. Tripp, W. F. Baehr, R. Iotti, "Who was Fanno?", The Journal of Engineering Education, 56 (1965-1966), n. 1, September 1965, pp. xii-xv. Link esterno OPAC SBN

Students and teachers of gas dynamics are well acquainted with those two curves of the enthalpy-entropy plane which are known as the Rayleigh line and the Fanno line. This pair of lines unites the three fundamental concepts of mass, energy, and momentum, and their twin intersections couple the two states that establish the conditions before and after a normal shock. The life and achievements of Lord Rayleigh (1842-1919) – in whose honor the Rayleigh line is named – have been well documented.

In pursuing an inquiry into Fanno's life and activities, the first answer we found was a footnote on page 61 of Steam and Gas Turbines by Dr. A. Stodola (translated from the sixth German edition by Dr. Louis C. Lowenstein) in which the Fanno line was "described by Fanno in his thesis at the Eidgenossische technische Hoch-schule in 1904."

A letter from Mr. A. von Arx, secretary to the Rector, Swiss Federal Institute of Technology, Zurich, informed us that Gino Fanno attended that institution from October 1900 to March 1904 and on 7 July 1904 received the Diploma in Mechanical Engineering. "Mr. Fanno however did not work out a thesis at this Institute." (In a footnote on page 51 of the sixth edition of Dampf- und Gas-Turbinen by Stodola, Fanno's work on the Fanno line is described as "eine Diplomarbeit"; in a footnote on page 45 of the second edition of Turbines a Vapeur et a Gaz, by Stodola – translated by E. Hahn – as "un travail de diplome.")

Correspondence with Mr. Joseph C. Shipman of the Linda Hall Library, Kansas City, revealed that his careful search in all his "biographical tools," including Poggendorff, turned up only one reference to Fanno – Stodola's book on turbines.

A letter from the Engineering Societies Library in New York noted the same reference as above and added that Fanno's hometown was Conegliano, Italy (about 32 miles north of Venice).

A letter to the Mayor of Conegliano elicited the reply that Gino Fanno was born in Conegliano on 18 November 1882 and died in Genoa on 26 March 1962. For most of his life, he was the general manager of the large San Giorgio factory, Genoa (electronic equipment, servo-systems and components, textile-industry machinery, auxiliary machines for ships).

From officials of San Giorgio we learned that Gino Fanno's father was Giacomo Fanno; his mother's maiden name was Emma Ester Diena. His brother, Marco, 4 years older and for many years a professor at Padua University, died several months after his younger brother, Gino. A nephew is now a magistrate in Genoa. Gino's wife was a foreigner who preceded him in death. They had no children.

His only college degree was the Diploma in Mechanical Engineering at the Swiss Federal Institute of Technology, Zurich. For 2 years Fanno was an assistant to Professor Stodola. He published nothing except his development of the Fanno line (which he did to fulfill a requirement for his diploma, and which was printed as a graduation paper) and this "alone distinguished him in the debate at Zurich University."

The San Giorgio Company was founded on 18 November 1905, and Fanno associated himself with the Company at the time of its establishment. He distinguished himself as a competent engineer, and on 17 June 1909, he was appointed Technical Manager. On 17 November 1916, Fanno was promoted to Plant Manager at Genova-Sestri; on 2 July 1919, he was made Assistant General Manager, and on 8 August 1924, he became General Manager. Ultimately on 21 March 1926, he was appointed Managing Director.

In the late 1930's, the anti-Jewish policy of the Fascist party, then in power in Italy, and its ally, the Nazi party in Germany, compelled Fanno to relinquish all his appointments with the San Giorgio Company. On 1 December 1938, he was deposed as General Manager; on 1 February 1939, he was removed from his office as Managing Director. However, in spite of this adverse racial policy, Fanno was, by a special provision, made "General Consultant" to the company, a title heretofore not existing.

To escape political persecution, he moved to his farm near the village of Fucecchio, 23 miles west of Florence. Here he lived privately, devoting himself to his hobbies and to study. Thus engaged, he lived out the war, fortunately escaping capture by the Germans.

When the struggle for liberation came to an end, and the imbroglio [sic] of racial superiority had subsided, Fanno returned to the Company that had employed him for over 33 year. He was appointed Commissioner at the San Giorgio Company by the National Liberation Committee, a title which he held until 30 October 1945, when he was, by order of the Prefect, promoted to Extraordinary Commissioner. On 26 February 1946, he became a member of the Board of Directors of the San Giorgio Company, finally becoming Vice President on 28 October 1949. Fanno remained in this position until his retirement on 13 November 1953, 5 days before his seventy-first birthday.

"When leaving the San Giorgio Company, as Vice-President, at the end of 1953, he was appointed Managing Director and General Manager of COGEI, a company engaging in design and set up of plants abroad, mostly with Italian made machinery and equipment. He at that time designed, supervising installation at site, a big industrial plant for the Philippines. Finally, in 1957, he retired and led a private life." He died in Genoa on 26 March 1962 at the age of 81.1

Our investigations has added a number of facts to the brief footnote with which it began. But the facts still seem far too few. A man whose name has been associated with the science of gas dynamics for more than half a century deserves to be better known. In the course of a professional career which spanned more than half a century he must have had numerous contacts [è possibile che le due pagine intermedie siano occupate da inserzioni pubblicitarie] with people who shared his training and interests. We are hopeful that this little sketch may be seen by someone who was acquainted with Gino Fanno and who could add to our knowledge of him. We are especially anxious to acquire a photograph.

Wilson Tripp
Professor, Mechanical Engineering Department
Kansas State University
Manhattan, Kansas
William F. Baehr
Professor, University Library
Kansas State University
Roberto Iotti
Graduate Research Assistant,
Nuclear Engineering Department
Kansas State University2


1 "Il Presidente dr. ing. Luigi Dellepiane in apertura di seduta, dopo aver porto il saluto ai Soci convenuti, ricorda i Soci scomparsi dopo l'ultima Assemblea: ... ing. Gino Fanno, ed invita i presenti ad osservare un minuto di raccoglimento in loro memoria". [Verbale di assemblea dell'Associazione Elettrotecnica Italiana], L'Elettrotecnica, 49 (1962), p. 413.

2 Si veda anche → Tripp et al. (1966).



All'indice    1965    Indicatore di completezza
Storia § ??
A. Gibelli, "L'attività dei CLN aziendali in Liguria: il CLN della società S. Giorgio di Genova-Sestri", in Rassegna del Lazio, 12 (1965), numero speciale [Forme e metodi dell'occupazione nazista in Italia, atti del Convegno nazionale sulla Resistenza, Roma, Palazzo Valentini, 23-24-25 ottobre 1964], p. 186 [6 pp.] → Documenti.


All'indice    1965    Indicatore di completezza
Storia § ??
G. Faina, Lotta di classe in Liguria dal 1919 al 1922 (Genova : Istituto Storico della Resistenza in Liguria, 1965), pp. 14, 34, 42, 80. Link esterno OPAC SBN

[14>] Gli industriali credono di fermare il movimento spontaneo indirizzandolo verso una rivendicazione che sia poi contrattabile con gli interlocutori sindacali; il 22 gennaio appare alla San Giorgio di La Spezia un avviso in cui gli industriali sollecitano la presentazione da parte operaia di memoriali in tutta la Liguria.


Lo sciopero dura ininterrotto sino al 2 gennaio 1920 e si risolve con un accoglimento parziale delle richieste operaie, mentre la lotta si sposta nelle fabbriche metallurgiche e siderurgiche e assume forme estremamente violente. A Savona e a Vado sono in testa all'azione gli operai della Westinghouse, mentre alla SIPE di Cengio lo sciopero esplode improvviso provocando il crollo dei forni non alimentati piú dagli scioperanti. La Cengio approfitta dell'inattività forzata per smobilitare alcuni reparti, mentre pretese simili avanza anche la Westinghouse e sono queste misure smobilitatrici che impongono agli operai di ritornare al lavoro senza avere ottenuto nulla. Tuttavia, sono passati appena due giorni dal ritiro degli operai della Westinghouse che gli operai della Siderurgica di Savona entrano in agitazione per solidarietà con gli operai di Bagnoli. A Genova le ripercussioni sono ancora piú profonde. A Voltri il licenziamento di un operaio provoca uno sciopero di due giorni e la direzione proclama la serrata. Alla S. Giorgio di Borzoli gli operai entrati in stabilimento vi rimangono inattivi per il licenziamento di un membro della Commissione Interna e l'ostruzionismo iniziato il giorno 8 prosegue sino al 12, giorno in cui la Direzione proclama la [<34-35>] serrata. Nel pomeriggio dello stesso giorno gli operai tentano, ma invano, di occupare la fabbrica. Nel mezzo di questa lotta interviene lo sciopero ferroviario e ovunque, allora, gli industriali, sollecitati dall'autorità, cercano di eliminare le cause del conflitto, come a Voltri, dove cessa la serrata.


L'occupazione delle fabbriche nel febbraio 1920

Nelle fabbriche metallurgiche la volontà di lotta raggiunge il suo punto culminante nelle giornate di febbraio. La volontà politica degli operai si manifesta in una richiesta specifica di potere politico, anche se il movimento, come al solito, ha l'apparenza mistificata di un movimento rivendicativo. Nella prima settimana di febbraio si hanno alcuni comizi per il caroviveri che si concludono con la richiesta operaia dello sciopero, cui la FIOM risponde negativamente. FIOM ed USI avanzano una richiesta di due lire giornaliere sotto forma di indennità caroviveri, cui gli industriali rispondono proponendo la metà. Il giorno 14 le direzioni trattengono sul salario le giornate di inattività forzata per lo sciopero degli elettrici. Gli operai della SIAC di Cornigliano rispondono con la sospensione del lavoro, mentre il 16 al Cantiere Savoia di Cornigliano viene assalita la palazzina della direzione, il che provoca la serrata della fabbrica. Nella stessa giornata del 16, l'USI convoca un comizio a Sestri dove viene messa in votazione ed accettata la proposta che l'indennità richiesta venga liquidata definitivamente in una lira e ottanta anziché in due lire. Liquidata la questione dell'indennità l'USI mantiene un atteggiamento fermo per quanto riguarda il rimborso delle giornate di inattività forzata e dà come indicazione il proseguimento dell'ostruzionismo, già iniziato dagli operai [<41-42>] il giorno 14: entrare nelle fabbriche ma rimanervi inoperosi ed in caso di serrata penetrarvi ad ogni costo. La FIOM è contraria. La mattina del 17 a Sampierdarena gli operai entrano regolarmente al lavoro e non applicano l'ostruzionismo. Le direzioni, fidandosi della FIOM, non hanno chiuso gli stabilimenti. L'epicentro della lotta è invece a Cornigliano e Sestri. Alle Acciaierie Ansaldo, infatti, gli operai iniziano subito l'ostruzionismo, mentre a Sestri gli operai trovano gli stabilimenti chiusi e presidiati da notevoli reparti di truppa e carabinieri, dislocati nel Cantiere Ansaldo, alla Fonderia Ghisa, al Proiettificio e al Fossati. Gli operai, però, approfittano delle numerose entrate e penetrano negli stabilimenti, oppure forzano il cancello come alla San Giorgio oppure sopraffanno le forze di polizia come al Cantiere Odero e alla Piaggio.


[80>] [DA COMPLETARE] varie industrie medie e piccole, dopo gli innumerevoli licenziamenti fatti allo stabilimento San Giorgio, al cantiere Odero, Ansaldo, alle Fonderie (senza contare le non lievi sospensioni di lavoro che continuano a mettere sul lastrico non pochi operai) si viene a raggiungere una cifra di operai disoccupati che la Camera del Lavoro definisce giustamente «spaventevole»: si tratta di quasi duemila operai, cioè un terzo della popolazione di Sestri è condannata inesorabilmente alla fame. Ma non basta: si minaccia la chiusura degli stabilimenti navali.1



1 ...



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Storia § ??
"IRI: fervore di iniziative nel settore della formazione", Produttività, 17 (1966), pp. 42-47. Link esterno OPAC SBN

L'opera del Gruppo IRI nel settore della formazione professionale è caratterizzata da tre elementi:

  1. l'impegno finanziario, che ha raggiunto i 12 miliardi di investimenti (al 31 agosto 1965);
  2. la strettissima collaborazione delle aziende nella elaborazione ed adattamento continuo dei programmi di formazione;
  3. la costituzione di un'unica unità organizzativa per le attività di questo tipo, siano esse dedicate ad operai, a tecnici, a quadri superiori, a dirigenti: l'I.F.A.P. «IRI Formazione Addestramento Professionale» s.p.a.

A tale Società l'IRI ha affidato il compito di integrare, a livello di Gruppo, le attività delle singole aziende nel settore della preparazione del personale, svolgendo le iniziative operative che esorbitano dall'interesse di una sola azienda.

La costituzione dell'IFAP è il risultato di una lunga esperienza del Gruppo IRI nel campo della formazione professionale. In sede aziendale, infatti, numerose società che appartengono al Gruppo IRI da molti decenni vantano una ampia esperienza in istituzioni ed attività di formazione a tutti i livelli professionali.

[DA COMPLETARE]

Nel 1951 fu aperta a Genova la Scuola Interaziendale Apprendisti Calcinara. In questa iniziativa operavano associati il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale e le locali aziende IRI, unitamente ad alcune aziende private. Il complesso delle attrezzature era quello già appartenuto alla Scuola Interaziendale Ansaldo S.I.A.C., fondata nel 1935 e divenuta nel 1945 Scuola Aziendale Ansaldo.

Seguì, nel 1955, un secondo esperimento anch'esso a carattere interaziendale, questa volta a Napoli: il Centro Addestramento Maestranze [<42-43>] Industriali s.p.a. – C.A.M.I.N. – Vi partecipavano l'IRI e le Finanziarie di settore.

Dal 1959, anno della sua costituzione, l'IFAP ha realizzato sei centri, denominati «Centro IRI Formazione Addestramento Professionale» (C.I.F.A.P.) a Trieste, Milano, Genova, Terni, Napoli e Taranto.

Seguendo le indicazioni fornite da un accurato studio preliminare, tali Centri sono stati localizzati nelle zone di maggior concentrazione aziendale del Gruppo. Le loro caratteristiche e le loro dimensioni rispondono ai bisogni di formazione prevedibili, tenuto conto delle iniziative gia operanti in zona.

L'IFAP ha progettato e costruito le sedi, le ha dotate di una completa attrezzatura ed ha predisposto i piani di attività. Questo sistema ha permesso di adottare criteri economici unitari nella progettazione, nelle costruzioni e negli acquisti e di impostare i futuri sviluppi (negli ampliamenti, nelle sostituzioni e nelle grandi riparazioni) secondo un programma organico.

L'IFAP, inoltre, impartisce le direttive di gestione, presiede alla elaborazione dei programmi, assicura il coordinamento operativo, provvede ai finanziamenti ed al controllo amministrativo ed a tutte quelle forme di orientamento e di assistenza proprie della sua posizione centrale.

La gestione dei Centri è stata affidata ad associazioni tra aziende promosse dall'IFAP delle quali fanno parte, come associate, l'IFAP stessa e le Finanziarie del Gruppo interessate alla zona.

I CIFAP rispondono al carattere interaziendale e locale dei centri, il cui scopo, così com'è definito dallo statuto, è di promuovere, sviluppare e perfezionare la formazione e l'addestramento professionale nel quadro delle iniziative promosse in tal campo dall'IRI direttamente o tramite la Società IFAP.

I CIFAP hanno una gestione autonoma, diretta dai rappresentanti delle aziende associate, che hanno la possibilità di indirizzare la loro attività verso le reali necessità della zona. [...] 1



1 "Nata [a Genova] nel 1936 [o nel 1935, come sopra indicato?] come Scuola apprendisti interaziendale Ansaldo-Siac, nel 1950 diventa Scuola Interaziendale Apprendisti Calcinara con una nuova gestione che fa capo all'Associazione Industriali, al Ministero del lavoro e alla Regione. Alla fine degli anni Sessanta la Scuola viene ristrutturata su inziativa dell'IRI e viene chiamata Centro IRI per la formazione e l'addestramento professionale (CIFAP). Dopo alcuni anni diventa Associazione Nazionale (ANCIFAP) e termina la sua attività nel 1993" Link esterno SIUSA.

Sulla Scuola Apprendisti realizzata a Calcinara da Ansaldo e SIAC: P. Rugafiori, Uomini, macchine, capitali : l'Ansaldo durante il fascismo, 1922-1945 (Milano, Feltrinelli, 1981), pp. 173-174 Link esterno OPAC SBN. Un resoconto d'epoca con due utili immagini: "Realizzazioni Ansaldo - S.I.A.C.", La rivista illustrata del Popolo d'Italia, 20 (1941), novembre, pp. 146-147 Link esterno Emeroteca BNC Roma.

Una fotografia coeva della sede genovese del CIFAP è in → Documenti.



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Storia § ??
W. Tripp, W. F. Baehr, R. Iotti, "Who was Fanno?", The Journal of Engineering Education, 56 (1965-1966), n. 6, February 1966, pp. xxiii-xxvi. Link esterno OPAC SBN

Since the publication of our biographical sketch, Who Was Fanno? (ENGINEERING EDUCATION; September 1965), we have received a photograph of Gino Fanno [pubblicata nella terza colonna di p. xxiii con la didascalia: "Engineer Fanno at his desk at CO-GE-I"] and additional information on his professional career. This information was sent by Dr. Giorgio Vital of Genoa, Italy, to the Mayor of Conegliano (Fanno's birthplace) who sent it to us.

After graduation from the Swiss Federal Institute of Technology in Zurich, Fanno was from 1904 to 1906 an assistant to the Chair of Mechanics, held by Professor Panetti.1 In 1907, Fanno joined the Genova-Sestri branch of the San Giorgio Company.

In 1910, at Fanno's suggestion, San Giorgio began a series of studies on an automobile engine of original design. After the construction of a few prototypes the manufacture of this engine was discontinued, and the Company's activities were directed to the production of large gas-turbine engines and large electric motors at the Sestri branch and to the development of the Genova-Pra branch (thermic instruments, heat exchangers, tubular boilers for ships, etc.) and the Genova-Bolzaneto branch (special railroad cars).

During World War I, when Fanno had become Technical Director of the whole San Giorgio complex, the Sestri branch began the construction and installation of optical instruments and specialized in the manufacture of large and small electric motors and generators of original design. On reconversion to peacetime industry, Fanno, in 1919, founded the Pistoia branch (railroad cars, electric trolleys) and the La Spezia branch for the manufacture of precision equipment (balances, slicers, electric fans, gasoline pumps).

At the end of the Italian-Ethiopian conflict, Fanno was responsible for the establishment of a plant at Addis-Ababa for the repair of turbines and electric motors. He was also responsible for the construction of a plant at Taranto for the repair of optical instruments used on naval craft (telemeters, fire-control stations, periscopes, telescopes).

During the years preceding World War II, Fanno had as his administrative associate Dr. Cantu (now living in Rome), who was the Director of [< ultima colonna p. xxiii] [ultima colonna p. xxvi >] the Sestri Plant. It was Dr. Cantu [Alberto Cantù] who, through the San Giorgio Company, supplied us with most of the information on Fanno's professional career which we presented in September.

In November 1953, when he was 71, Fanno resigned as Vice-President of San Giorgio and Founded the COGEI, located in Genoa. For nearly 4 years, he directed its activities, which were centered in the planning of mechanical equipment for large industrial plants located in Italy and abroad.

In 1957, the Ministry of Industry offered Fanno the position of Director of Finsider (Finanziaria Siderurgica Italiana del Gruppo IRI); he declined the offer because of his age and declining health. According to Dr. Vital, the post is now occupied by Mr. Rosini, previously director of Ansaldo in Genoa, and a good friend of Fanno.

Fanno's relatives now living in Genoa are his brother-in-law, Finnish Consul Ejner Boesgoord, and his nephew, Dr. Giorgio Vital (son of his sister), Deputy Solicitor General to the Court of Appeals. (It was Dr. Vital who supplied the information contained in this addendum.) We reiterate our request that anyone with additional information about Gino Fanno will please make it available to us and — through us — to all who are interested in the details of his life.2

Wilson Tripp
Professor, Mechanical Engineering Department
Kansas State University
Manhattan, Kansas
William F. Baehr
Professor, University Library
Kansas State University
Roberto Iotti
NDEA Fellow,
Nuclear Engineering Department
Kansas State University


1 Panetti ha collaborato con la San Giorgio → Panetti (1937).

2 Si veda anche → Tripp et al. (1965).



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Storia § ??
P. Spriano, L'occupazione delle fabbriche: Settembre 1920 (Torino, Einaudi, 1968), pp. 25-26, 73-75. Link esterno OPAC SBN

La prevenzione confederale verso nuove forme di democrazia diretta è provata (oltre che dall'aspra polemica con «L'Ordine Nuovo»), dal sospetto con cui la CGL guarda ai pochi esperimenti consiliari che vengono tentati dai lavoratori italiani in alcune aziende nel corso di aspre lotte. Tali si possono infatti chiamare singoli e drammatici [<25-26>] episodi di occupazione di fabbriche da parte degli operai nella primavera del 1920: quello dei cotonifici Mazzonis nel Canavese (febbraio-marzo)1, quello dei cantieri Ansaldo, Odero, Piaggio, Ilva e San Giorgio, a Sestri Ponente (febbraio)2, e quello delle officine Miani-Silvestri a Napoli (marzo)3.

1 .
2 .
3 . [Note a pie' di p. 26]


Senonché, a differenza dei compagni torinesi, gli operai di Genova sono meno organizzati sindacalmente, e assai più divisi, inoltre, nelle loro avanguardie organizzate. Vi sono a Genova tre Camere del lavoro (una nella zona che va fino a Nervi, la seconda a Sampierdarena, la terza a Voltri). E non è solo una ripartizione territoriale. Si manifesta nella prima una prevalenza dei socialisti «autonomi» di Genova a forte tendenza riformista. Nella seconda e nella terza la prevalenza è invece di socialisti massimalisti. A Sestri Ponente, la Camera del lavoro (che conta 14000 soci), diretta da Antonio Negro, è in mano agli anarco-sindacalisti, che possiedono anche un loro organo di stampa, «La Lotta Operaia». Grande è anche l'influenza sindacalista a Savona e alla Spezia1.

L'occupazione operaia avviene in tutta la Liguria la mattina del 2 settembre, dagli stabilimenti ai cantieri. Un grave incidente scoppia dinanzi al cantiere Odero alla Foce, che è presidiato dalle guardie regie. Gli operai girano il muro di cinta e cercano di penetrare negli scali, salendo sui piroscafi in costruzione. Sono accolti da una scarica di fucileria. Tre operai vengono gravemente feriti. Uno di essi, il calderaio Domenico Martelli, trentacinquenne, giunge cadavere all'ospedale. Altrove, «dove – come nota il "Lavoro" – la truppa si limita a un simulacro di difesa della proprietà borghese», l'invasione degli stabilimenti, simultanea, non provoca conflitti sanguinosi. [<73-74>]

Così avviene a Sestri Ponente, dove gli operai entrano incolonnati negli stabilimenti alle sette di mattina, a Cornigliano, alle acciaierie di Ciampi [Campi] (dove un tenente di fanteria e un maresciallo sono presi in ostaggio e poi rilasciati) a Voltri dove, nel cantiere navale di Campanella, una squadra di giovani dà la scalata ai cancelli chiusi e li apre dal di dentro. Alle Ferriere di Voltri è la squadra notturna che spezza i catenacci per far entrare i compagni del turno mattutino, così al cantiere aeronautico Gio. Ansaldo, a quello navale, alla Fonderia Multedo, alla San Giorgio, alla Piaggio, alle Grandi Ferriere Gio. Fossati.

L'incidente del cantiere Odero non provoca uno sciopero generale. A scongiurarlo si adopera attivamente il prefetto e l'idea viene scartata dalla Camera del lavoro di Genova anche perché – dietro insistenze del Ministero degli Interni –, vengono arrestate alcune guardie regie, tra quelle che hanno aperto il fuoco. Il provvedimento provoca un vero tumulto tra gli agenti che pretendono, e ottengono il giorno appresso, la liberazione dei compagni arrestati. Il 3 si svolgono grandiosi funerali dell'operaio ucciso.

L'occupazione operaia a Genova, fino alla domenica 5, prosegue pacifica, in un fervore organizzativo (si nominano ovunque commissari di reparto) analogo a quello torinese. Vistosi sono i segni di caratterizzazione politica dell'occupazione e di vigilanza militare. Li elenca il «Giornale d'Italia» in una corrispondenza che reca queste note:

Su tutta la linea, da Sampierdarena a Voltri, è una abbondante esposizione di bandiere rosse e nere attaccate alle macchine, ai cancelli e sulle navi che sono in costruzione. Sul grande cancello della officina Ansaldo di Sestri Ponente è attaccato un cartello con la scritta Stabilimento comunista; su qualche altro vi è pure la scritta seguente: Operai, se la forza pubblica tentasse di entrare, adottate il sabotaggio... Nelle officine Ansaldo, al molo Giano, tutto è stato predisposto per respingere la forza pubblica nel caso in cui questa venisse incaricata di prendere d'assalto gli stabilimenti. Le porte d'accesso sono solidamente sbarrate e sono state costruite opere di difesa con materiale rotabile e grossi rottami di ferro. Anche i tre piroscafi in allestimento, Duilio, Ansaldo VIII e Cesare Battisti sono stati isolati e su di essi montano la guardia gli operai... Le porte d'accesso [<74-75>] sono guardate da squadre di operai che inibiscono l'entrata a chiunque non appartenga allo stabilimento. Ai magazzini sono stati adibiti operai di fiducia della Commissione interna e il materiale non può essere consegnato senza la presentazione di un buono firmato dal commissario di reparto1.

1 ... [Nota a pie' di p. 73]

1 ... [Nota a pie' di p. 75] 1



1 L'opera di Spriano rimane tuttora di riferimento, sebbene la prima edizione risalga al 1964: ciò è, ad esempio, esplicitato da Giovanni Sabbatucci ne "Il biennio rosso", Passato e presente, stagione 2018/19 Link esterno Rai Play. Nella stessa occasione, il prof. Sabbatucci ha consigliato: A. Tasca, Nascita e avvento del fascismo. L'Italia dal 1918 al 1922 (Roma-Bari, Laterza, 1967) Link esterno OPAC SBN e R. Bianchi, Pace, pane, terra. Il 1919 in Italia (Roma, Odradek, 2006) Link esterno OdradekEdizioni.

Un recente contributo storiografico è: S. Forti, "Ripensare i 'bienni rossi' del Novecento? Linguaggio e parole della politica", Diacronie. Studi di Storia Contemporanea, n. 20 = 2014/4, DOI: 10.4000/diacronie.1736 Link esterno OpenEdition.

Nones (1990) non cita Spriano nei brevissimi cenni su questo periodo di lotte alle pp. 64-65, bensì: G. Faina, Lotte di classe in Liguria dal 1919 al 1929 (Genova, Istituto Storico della Resistenza in Liguria, 1965) Link esterno OPAC SBN.



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Storia § ??
A. Gibelli, Genova operaia nella Resistenza (Genova: Istituto Storico della Resistenza in Liguria, 1968), pp. 77-78, 106, 110-111, 153-156, 160, 179, 184, 235-236, 248, 278, 327-329, 342, 357, passim. Link esterno OPAC SBN

Si trattava ancora di focolai sparsi di agitazione e di episodi non coordinati. Ma ben presto, sotto la spinta dei Comitati di Agitazione lo sciopero si estese e divenne totale. Alle 11 del 16 dicembre [1943] le maestranze dell'Ansaldo Artiglieria interruppero il lavoro abbandonando lo stabilimento, seguiti il giorno stesso dagli altri operai del Gruppo Ansaldo e da gran parte delle maestranze degli stabilimenti di Sampierdarena, Cornigliano, Sestri, Voltri e della Valpolcevera.(44) Lo sciopero aveva come obbiettivo dichiarato l'adeguamento salariale ai livelli recentemente stabiliti per gli operai di Torino e rivendicava secondo il consueto aumenti delle razioni alimentari (in particolare di olio, pane, ecc.), ma in realtà manifestò subito il suo significato di violenta protesta contro i nazifascisti, protesta che usciva dalle fabbriche investendo la stessa popolazione civile e agitando tutti i quartieri operai. La massa uscita dagli stabilimenti fu spalleggiata validamente dalle squadre armate. Benché proclamato come sciopero generale, [<77-78>] che come tale doveva interessare anche i trasporti, in questo settore non si poté registrare un'attiva partecipazione dei lavoratori, perché tedeschi e fascisti si erano preoccupati di andare a prelevare molti tranvieri direttamente dalle loro case, per intimorirli e costringerli a far funzionare le vetture, che pertanto erano regolarmente uscite dai depositi.(45) Si tentò allora di interrompere il traffico e di bloccare la circolazione, assalendo le vetture tranviarie e rovesciandole, lanciando bombe a mano contro le vetture e sui binari. Il 17 dicembre alle 10 un gruppo di scioperanti tentò di interrompere la circolazione nella piazza centrale di Rivarolo, fermando le vetture e obbligando i passeggeri a scendere, mentre intervenivano gli agenti di pubblica sicurezza sparando in aria e tentando di scortare le vetture. Analoghi incidenti si verificarono a Pontedecimo e a Bolzaneto dove furono strappati i contatti elettrici della rete tranviaria.(46) Un altro episodio simile, provocò la prima vittima: il pomeriggio del 17 circa 50 operai tentarono di rovesciare una vettura tranviaria: tre agenti di P.S. intervennero, ma furono circondati e si cercò di disarmarli. Uno di essi fece partire un colpo di moschetto che uccise un operaio ventiduenne della S. Giorgio: Alfredo Ferreggiaro.(47) 1

(44) A.S.G. Prefettura, 167. Il Collotti riporta da un rapporto del Gen. Leyers la cifra di 18.000 scioperanti (E. Collotti, L'amministrazione tedesca dell'Italia occupata, Milano, 1963, pag. 194). [Nota a pie' di p. 77]

(45) Testimonianza di G. Morasso. [Nota a pie' di p. 78]

(46) Per l'episodio di Bolzaneto testimonianza di G. Morasso. [Nota a pie' di p. 78]

(47) A.S.G., Prefettura, 167 (Relazione del Capo della Provincia al Comando SS della Casa dello Studente, 4 gennaio 1944) Cfr. A. Miroglio, op. cit., pag. 68, che riporta una versione lievemente diversa dell'episodio, e secondo cui il nome dell'operaio era Ferroggiaro. [Nota a pie' di p. 78]


[106>] Alcune di queste Commissioni [Interne] continuarono a illudersi a lungo di poter esercitare una reale funzione di difesa delle maestranze. Quella della San Giorgio rimase in carica fino al settembre del 1944, quando, rendendosi tardivamente conto dell'impossibilità di difendere gli interessi operai, indirizzò una lettera all'Unione dei Lavoratori dell'Industria denunziando la funzione puramente strumentale a cui era condannata, e rassegnando le dimissioni.(104).

(104) A.S.G., CLN, 4. Vedi Appendice, doc. n. 12. [Nota a pie' di p. 106]


Fin dal novembre-dicembre del 1943 si formò il CLN di Sestri Ponente, con la partecipazione di Giovanni Bresso (PCI), Nicola Costanzi (PDC) e Stefano Morchio (PSIUP). Ad essi si unirono nell'aprile '44 Nevio Rosso (Pd'A), nel maggio un certo Tabò, Giacomo Marcenaro (indipendente) e Giovanni Boragna (PRI).(112)

Il primo presidente del Comitato fu il Dr. Nevio Rosso che la Brigata Nera di Sampierdarena tentò di arrestare nel settembre del 1944 costringendolo a fuggire e provocando un certo sbandamento in tutto il CLN. Questo si riprese e si riorganizzò sotto la presidenza del Marasini, riuscendo a [<110-111>] tenere un certo collegamento con le fabbriche della zona,(113) che raccoglievano circa 20.000 lavoratori, specie in relazione al sabotaggio e al salvataggio dei materiali. Ad esempio attraverso il contatto con il CLN dell'Ansaldo Cantiere, che svolgeva un intenso lavoro di spogliazione delle zattere tedesche attraccate in riparazione, il Comitato di Sestri riuscì a compiere un'ingente raccolta di armi. Il Comitato svolse tra i lavoratori una certa propaganda, fece pressioni per le dimissioni delle CI [Commissioni Interne], intervenne direttamente nella questione dei licenziamenti che colpirono con particolare durezza le maestranze della San Giorgio alla fine del 1944.

(112) Nell'ottobre 1944 vi entreranno anche Giovanni Carrara in rappresentanza del CAS, Mario Marasini, Elio Caviglia (Partito Comunista Libertario). Il rappresentante del PCI fu dal settembre 1944 Edolo Bassi. I rappresentanti del PDC furono dal novembre 1944 Bruno De Francisci, e del marzo 1945 Angelo Ardinghi. Nel gennaio del 1945 entrò Emanuele Beccattini per il CAS e Leo Parodi per il PdA. Dall'ottobre del 1944 partecipava alle riunioni anche Agostino Pizzorno in rappresentanza dei commercianti (A.S.G., CLN, 163). Più ampie notizie sull'attività di questo CLN si possono trovare in N. Costanzi, op. cit. [Nota a pie' di p. 110]

(113) Le principali erano: Cantiere Ansaldo (4019 maestranze); Fossati (4600); S. Giorgio (3800); Bagnara (603); Piaggio (600); Ferriera Isola (350). [Nota a pie' di p. 111]


Dopo il 13 [giugno 1944] il lavoro venne ripreso, anche se non in modo compatto, ma in quel momento i tedeschi avevano già deciso un'azione punitiva, che colpisse una volta per tutte i centri nevralgici delle lotte operaie, e permettesse insieme di attenuare il fallimento dell'operazione di reclutamento [volontario]. Il giorno 16 quattro fabbriche, la S. Giorgio, la SIAC, la Piaggio e il Cantiere Ansaldo (in particolare le prime due) vennero circondate e occupate per prelevarne in massa gli operai.2 L'azione fu fulminea e si svolse a freddo. Diverse testimonianze hanno permesso di ricostruire l'episodio nei particolari, il clima in cui si svolse.(61) Erano circa le 14, in un momento di relativa calma (gli scioperi erano da qualche giorno cessati), quando le colonne tedesche iniziarono una operazione di aggiramento per stringere gli stabilimenti in una morsa. La SIAC si prestava particolarmente a questa operazione, perché, essendo circondata da colline, se ne potevano controllare agevolmente le entrate e le adiacenze.3 In un primo momento nessuno si rese conto dei reali scopi dell'operazione: poteva trattarsi di una manovra di spostamento, o [<153-154>] di qualche altra azione militare. Ma a nessuno venne in mente che con fredda determinazione i tedeschi operassero un vero e proprio accerchiamento, per bloccare tutte le uscite, e portar via tutti o quasi gli operai. Ciò non fu nemmeno chiaro quando i tedeschi penetrarono, armi alla mano, nelle fabbriche, occupandole, controllandone le uscite. Quando ci si rese conto di che cosa si trattava, perché i primi lavoratori furono presi e portati fuori, era ormai impossibile tentare qualche resistenza. Si ebbero episodi di panico e di disperazione. Vi fu chi tentò di gettarsi in mare (alla S. Giorgio). Altri tentò di buttarsi dal treno una volta caricato.(62) La notizia si diffuse, e con essa il panico:

"(Soldo) racconta singhiozzando di angoscia che alle 2 le SS, accompagnate o da questurini o da X Mas hanno bloccato, alla S. Giorgio e altrove, le maestranze negli stabilimenti, le hanno ammassate sotto la minaccia di mitra, sui piazzali. Han diviso dai vecchi i giovani, ne han caricato centinaia e centinaia su autobus e camion, così com'erano in tuta, qualcuno cogli zoccoli, senza nulla. Come bestie... Pare che più di un operaio sia morto, cercando di fuggire dagli stabilimenti, attraversando qualche campo di mine. Zocchi racconta che alcuni decisi a morire piuttosto che farsi prendere dai tedeschi, tirarono a sorte chi primo doveva attraversare il campo minato, unica via alla fuga; avanzò il primo, saltò; il secondo saltò; gli altri poterono passare".(63) [<154-155>]

Circa 2000 lavoratori erano rimasti in trappola. La maggioranza di essi fu caricata e trascinata via.(64) Anche la popolazione civile era stata presa di sorpresa e terrorizzata dalla fulmineità e dalla durezza dell'incursione tedesca. Qualche reazione si era avuta, coraggiosa ma inutile, tra le donne. Gli uomini validi si erano subito allontanati, per evitare di essere coinvolti anch'essi nella deportazione, per lo più fuggendo verso le colline vicine.(65)

I tedeschi avevano voluto colpire quello che essi ritenevano il centro propulsore delle agitazioni, e in particolare le due fabbriche che consideravano tra le più combattive (SIAC e S. Giorgio). L'azione era certamente stata tremenda, ma la combattività non diminuì da quel momento. Due giorni dopo, su Il Lavoro comparve un comunicato della Rustungskommando Genua che diceva:

"Nel corso della lotta decisiva sono indispensabili fronti e prese di posizione chiaramente delineati. Perciò qualsiasi genere di sciopero significa voler sabotare [<155-156>] lo sforzo bellico di un'intera nazione. L'operazione svoltasi ieri in seno agli stabilimenti SIAC, S. Giorgio, Cantiere Ansaldo e Piaggio, ha chiaramente dimostrato che le Forze Armate del Reich e le Autorità italiane, sanno prendere anche energici provvedimenti per colpire sobillatori, scalmanati, scioperanti, sabotatori".

(61) Testimonianza di A. Zanotti e di Egidio De Franchi. Quest'ultimo, allora membro della segreteria dell'Ufficio Manutenzioni e Impianti della SIAC, fu deportato insieme agli altri. Cfr. anche E. Rava, Martirio, Genova, 1945. [Nota a pie' di p. 153]

(62) Fu il caso ad esempio di un certo Anfossi, capo squadra alla SIAC, il quale si gettò dal treno mentre transitava sotto la galleria dei Giovi, e nel tentativo trovò la morte (test. di Egidio De Franchi). Anche "Il Corriere Mercantile", con la consueta ipocrisia della stampa fascista, parlò di "frettolosi commiati" (17 giugno 1944). [Nota a pie' di p. 154]

(63) E. Rava, op. cit., pag. 12. [Nota a pie' di p. 154]

(64) Il numero dei deportati si aggira tra i 1500 e i 2000. E. Collotti, L'Amministrazione tedesca, cit., pag. 205, riferisce da una fonte tedesca la cifra di 1448. Le testimonianze (che si basano sull'impressione visiva e su notizie ricavate sul momento) fanno pensare ad una cifra superiore. A. Dellepiane, La lunga via, cit., pag. 141., ha parlato di oltre 1000 lavoratori prelevati dalla sola SIAC. Un documento del CLN az. S. Giorgio parla di 660 prelevati da quella fabbrica (A.S.G., CLN, 167). La Sentenza della Corte d'Assise Straordinaria del 9 agosto 1945 contro Giovanni Di Stefano (brigadiere di P.S. che collaborò con i tedeschi nelle azioni di rastrellamento), parla di 570 prelevati dalla SIAC (A.S.G., CLN, 69). Lo stesso Capo della Provincia accennò ad "oltre 2000" lavoratori deportati (A.S.G., Prefettura, 167). [Nota a pie' di p. 155]

(65) Testimonianza di A. Mattei. Il Mattei si trovava nella sua abitazione di Fegino quando gli giunse notizia che stava accadendo qualcosa di molto grave, e si precipitò verso la vicina Sestri. Qui, presso la S. Giorgio, una cinquantina di donne stavano dimostrando raccolte davanti all'entrata della fabbrica. Non vi erano invece uomini coi quali tentare di organizzare un'immediata reazione, che del resto difficilmente avrebbe avuto qualche risultato dato lo schieramento imponente delle forze tedesche. [Nota a pie' di p. 155]


[160>] In agosto vennero annunciati licenziamenti alla Bruzzo e alla San Giorgio. Sembra che all'Ansaldo Allestimento Navi si fornissero ai tedeschi nomi e indirizzi di operai. Altre aziende segnalavano ai tedeschi i nomi degli operai "non strettamente indispensabili" al lavoro, oppure proponevano di ridurre le ore lavorative.(73) Alla S. Giorgio (intorno a settembre) venne chiesto il licenziamento di ben 3500 tra impiegati e operai, su 4000 circa costituenti il personale complessivo.(74)

(73) "L'Unità" (edizione locale), 16 agosto 1944. [Nota a pie' di p. 160]

(74) A.S.G., CLN, 4. [Nota a pie' di p. 160]


[179>] Il materiale occultato alla S. Giorgio di Sestri raggiunse il valore di 100 milioni di lire.(11) In un altro stabilimento del gruppo Ansaldo, quando i tedeschi iniziarono l'asportazione delle parti vitali delle macchine, la squadra del CLN riuscì a sostituirle, nelle casse dov'erano già state imballate, con rottami e materiali inservibili, corrompendo le guardie tedesche.(12)

(11) A.S.G., CLN, 205. Attività del CLN az. S. Giorgio. [Nota a pie' di p. 179]

(12) A.S.G., CLN, 200. Relazione della Direzione Ansaldo all'assemblea dei soci sul bilancio del biennio 1944-45. [Nota a pie' di p. 179]


[184>] In dicembre ben 1000 vagoni di macchinari smontati dall'Ansaldo furono portati via. Di questi, 200 raggiunsero la Germania, 400 furono spostati in Valseriana, e i rimanenti 400, secondo un rapporto del Servizio Informazioni Militari del CVL, redatto il 25 marzo 1945, andarono dispersi (20). La S. Giorgio di Sestri, colpitissima da licenziamenti e deportazioni, dovette subire per 13 volte azioni di decentramento, di cui si ignora la precisa entità.


Ugualmente significativo un episodio che riguarda la S. Giorgio: anche qui le lotte avevano costretto i dirigenti a cedere alle richieste, ma essi avevano chiesto espressamente di trattare direttamente con persone del CLNL [CLN Liguria] adducendo [<235-236>] il motivo che un gran numero di spie tedesche, mescolate tra gli operai, controllavano il loro operato. Il rappresentante comunista nel CLNL osservò in proposito che "piuttosto che alle sollecitazioni del CLN gli industriali rispondevano alle pressanti richieste di codeste masse operaie", e insistette perché le trattative continuassero a svolgersi tramite il CLN interno. Dello stesso parere era il rappresentante del Pd'A.(35) Ma il CLN decise di accedere alla richiesta degli industriali, forse anche perché essa collimava in parte con le sue esigenze di controllo e di guida del movimento.(36)

Gli operai della S. Giorgio lottavano da molti mesi contro i licenziamenti decisi dalla direzione, sotto la guida del CLN aziendale che aveva acquistato grande prestigio e capacità di azione, esautorando quasi completamente la CI "legale". Era stato il CLN aziendale a porre come rivendicazione minima ai dirigenti le tre mensilità di salario anticipato, e su questa base aveva condotto le agitazioni con il pieno consenso degli operai. Avvenne dunque che mentre le lotte erano in corso, verso la metà di novembre, il CLNL si inserì in esse senza un preventivo contatto con il CLN aziendale S. Giorgio, e le concluse sulla base delle due mensilità.(37)

È questa una prova evidente del fatto che la trattativa centralizzata e l'azione del CLN finiva per svuotare di forza politica e contrattuale le organizzazioni operaie di base nei confronti degli industriali.

(35) Ibidem. Verbale di seduta del 3 novembre 1944. [Nota a pie' di p. 236]

(36) A.S.G., CLN, 4. Documenti del CLN aziendale S. Giorgio. [Nota a pie' di p. 236]

(37) Cfr. la Relazione sull'attività del CLN S. Giorgio in: A.S.G., CLN, 5. Questo episodio è stato oggetto di una mia comunicazione presentata al Convegno nazionale sulla Resistenza, Roma, 23-24-25 ottobre 1964 (L'attività dei CLN aziendali in Liguria: il CLN della società S. Giorgio di Genova-Sestri, in "Rassegna del Lazio", anno XII, numero speciale, 1965, pag. 186), dove ricordavo questa significativa battuta rivolta da uno dei direttori ad un membro del CLN S. Giorgio andato a protestare per la conclusione delle trattative: "Mettetevi d'accordo tra di voi comitati!". [Nota a pie' di p. 236]


[248>] La lotta proseguì, fabbrica per fabbrica, ma con minor vigore. Alcuni dati parziali fanno però pensare che la linea padronale uscisse vittoriosa, dove più dove meno ampiamente. Ad esempio alla S. Giorgio i licenziamenti di operai e impiegati, incominciati il 1° dicembre, proseguirono pressoché senza sosta per tutto il mese, specialmente a partire dal 25. Ben 2000 furono complessivamente i lavoratori licenziati da questa fabbrica dal novembre fino all'aprile '45.(50)

Da quel momento il fenomeno della disoccupazione assunse dimensioni sempre più vistose e drammatiche.

(50) A.S.G., CLN, 167. Relazione sull'attività del CLN S. Giorgio. [Nota a pie' di p. 248]


[278>] Il giorno 16 [data?] all'Ansaldo Cantiere, alla Fonderia Fossati, alla S. Giorgio e alle Officine Bagnara di Sestri, operai e impiegati interruppero il lavoro per un tempo variabile da 30 minuti a 3 ore, reclamando soprattutto la sospensione dei licenziamenti e una più larga distribuzione di generi alimentari. In alcuni stabilimenti, come alla S. Giorgio, anche il personale dirigente, capi-ufficio, ingegneri, capitecnici e tecnici parteciparono all'agitazione.


[FONTE PRIMARIA] N. 12
Lettera di dimissioni della Commissione Interna "legale" della S. Giorgio all'Unione Sindacale Lavoratori dell'Industria (19 settembre 1944)
(A.S.G., CLN, 4.)

All'Unione Sindacati Lavoratori dell'Industria / Delegazione di Genova Sestri

La situazione esaminata realisticamente ci porta a constatare la nostra impossibilità di svolgere un mandato affidatoci rispettivamente dalla massa operaia e impiegatizia della S. Giorgio.

I mezzi a nostra disposizione sono insufficienti a vincere la resistenza opposta dai nostri Dirigenti e questo lo affermiamo dopo aver constato per alcuni mesi che, nonostante tutti i nostri sforzi spesi con assoluto spirito di dedizione e con tutto l'entusiasmo, l'opera nostra non ha avuto che insignificanti successi.

Da tutto questo discende:
a) che finché le questioni prospettate dalla Commissione Interna verranno esaminate nello spirito della mentalità imperante nessun problema potrà essere risolto;
b) non è serio né onesto illudere ulteriormente i nostri rappresentati presentati sulle reali possibilità del nostro lavoro;
c) che è necessario chiarire la situazione agli interessati anche agli effetti delle responsabilità che ne conseguono;
d) che ancora per ragioni di prestigio e dignità personale si deve uscire da questa ambigua posizione.

Alcuni esempi che si commentano da soli spiegano il nostro stato d'animo e giustificano la nostra determinazione.

1. Perequazione stipendi. In contrasto con lo spirito delle trattative, che voleva favoriti gli stipendi minori, e coi conteggi che hanno servito a stabilire i minimi di categoria, nonché con lo spirito di collaborazione e di comprensione tante volte sbandierato ed osiamo aggiungere, con la stessa logica, si è sorpresa la [<327-328>] nostra buona fede, includendo nel testo degli accordi una frase colla quale si fa entrare nel conguaglio la maggiorazione del premio di presenza in quell'epoca intervenuto. Ma vi è di più, si vogliono anche ridicolizzare i membri della Commissione lasciando che questi spieghino agli interessati l'applicazione come pattuita per mettere poi quest'ultimi di fronte all'arbitraria interpretazione della San Giorgio, che non cessa di essere arbitraria anche se confortata da un significato letterale positivo.

2. Procedura delle trattative. È stata nostra cura, seguendo le vostre raccomandazioni, evitare il più possibile i contatti coi vari Solari, Donati, noti per le loro funzioni ritardatrici, ma non è cambiato il metodo anche con le trattative svolte col Direttore Ing. Montolivo.

Per un importante problema (per l'importo di 2.000.000, – per diritti maturati nel 1940-1941) riflettente un gruppo di operai che hanno lavorato nei primi anni di guerra a bordo di navi o presso basi della R. Marina, è stato risposto ieri, dopo circa un mese di solleciti energici, testualmente cosí: "L'Amministrazione non ha creduto esaminare la pratica, perché tanto ora non ci sono soldi da pagare."

Ad una richiesta perché una certa pratica di passaggio qualifica da operaio a impiegato non avesse avuto il suo logico epilogo, si risponde: "Questa pratica è pronta insieme a tante altre, è però tenuta in sospeso perché ora non è il momento di vararla."

Ogni diritto non conta nulla, tutto deve essere lasciato alla discrezione ed alla buona garanzia dei Superiori.

3. Corresponsione anticipazione. Il mancato pagamento di quanto da lungo tempo promesso ai lavoratori operai pone tutti noi in una posizione insostenibile. Non si può piú parlare di difficoltà di circolanti, quando noi stessi abbiamo saputo ed abbiamo dichiarato ai postulanti che con l'arrivo di 500.000.000 era da ritenersi sistemato questo problema.

4. La Commissione Interna è volutamente ignorata. La Direzione ha esposto anche ultimamente avvisi, nonostante nostre precedenti proteste, relativi a disposizioni di carattere disciplinare, [<328-329>] dimenticando che era necessario il preventivo accordo con noi. Non vogliamo esemplificare di più, accenniamo solo per inciso all'imposizione che abbiamo avuto di non esporre nessun avviso che che non fosse munito del benestare della Direzione e dalla quasi impossibilità di conferire con l'Amministratore signor Medici.

Sono questioni di forma, ma che hanno la loro importanza e dicono in quale conto intende tenerci la Direzione.

È troppo poco poter segnalare al proprio attivo l'impresa, invero poco gloriosa, di distribuire una partita di scarpe e procurare qualche vagone di patate o l'aver scoperto il topo domestico che froda il formaggio in dispensa, mentre dobbiamo dichiarare la nostra impotenza di fronte ai problemi che rappresentano il nostro vero compito.

Per tutto quanto sopra, Vi rassegniamo le nostre dimissioni e provvediamo ad avvisare i lavoratori della San Giorgio.

La Commissione Interna / Genova Sestri, 19 settembre 1944.


[FONTE PRIMARIA] [342>] N. 16
O.d.G. sulla struttura del CLN periferico di Sestri Ponente (10 ottobre 1944)
(A.I.S.R.L., AP/1 = 1° CLN Ansaldo Fossati.)

I rappresentanti dei vari C.L.N. della zona di Sestri, appositamente convocati per discutere i piú urgenti problemi inerenti all'attuale critica situazione, premesso:

1) che urge una più stretta collaborazione tra i vari C.L.N. al fine di dare un indirizzo unico al movimento di liberazione;

2) che in vista del precipitare degli avvenimenti occorre siano prese decisioni di carattere generale che impegnino tutti indistintamente;

3) che non è piú possibile operare scissamente come sino ad oggi è avvenuto;

4) che il C.L.N. di Sestri non solo si è disinteressato per la creazione e funzionamento dei Comitati di Fabbrica e di Paese ma che continua, dopo la loro costituzione, a disinteressarsene

SOLLECITANO AL C.L.N. DELLA LIGURIA IL DECADIMENTO DELL'ATTUALE C.L.N. DI SESTRI E LA FORMAZIONE DI UN NUOVO C.L.N. COSTITUITO DAI SEGUENTI MEMBRI:

1) un rappresentante per ognuno dei tre Comitati di Fabbrica esistenti: Ansaldo, San Giorgio e Fossati;

2) un rappresentante per ognuno dei due Comitati di Paese esistenti: Intellettuali ed Esercenti;

3) i rappresentanti delle locali istituzioni: Fronte della Gioventú, Intendenza Militare e Fronte della Difesa della Donna;

4) il rappresentante responsabile della zona del Comitato d'Agitazione Sindacale;

accordandosi affinché, in seno allo stesso, siano raccolti tutti gli gli esponenti dei partiti legalmente riconosciuti al 25 luglio 1943.

Sestri, addì 10 ottobre 1944 / I responsabili del C.L.N. della zona di Sestri


[FONTE PRIMARIA] [DA COMPLETARE →] N. ???
??? (data???)
(???.)

[357>] San Giorgio Soc. Industriale - Genova Sestri

MARAZZINI CarloP.C.I.luglio 1944 - aprile 1945
Ing. MEREGA MassimoP.d'A.luglio 1944 - dicembre 1944
BRESCIA GustavoP.C.I.luglio 1944 - aprile 1945
PACINOTTI Veggian A.P.d'A.gennaio 1945 - aprile 1945
GAGGERO LuigiP.C.I.luglio 1944 - dicembre 1944
GIORGERINI SilvioF.d.G.ottobre 1944 - dicembre 1944
OTTONELLO VincenzoP.C.I.gennaio 1945 - aprile 1945
COLOMBARA Ernesto"ottobre 1944 - aprile 1945


1 Trascrizione della targa collocata in via Giacomo Soliman, a Genova Sestri: "C. L. N. / MORTO COMBATTENDO / NELLE FILE DEI VOLONTARI / DELLA LIBERTÀ / NELLA CERTEZZA DELL'AVVENTO / DI UN MONDO MIGLIORE / PERCHÉ L'UOMO / SIA FRATELLO ALL'UOMO / ALFREDO FERROGGIARO / N. 29 - 10 -1921 – M. 17 - 12 - 1943". Fotografia e descrizione a cura di Clara Causa in Link esterno pietre della memoria (esistente l'8/7/2020).

2 "Nel pomeriggio del 16 giugno circa duemila operai della San Giorgio, della SIAC, della Piaggio e dei Cantieri Ansaldo furono prelevati in massa dalle SS – quattrocento uomini al comando di Engel – nelle loro fabbriche, dopo che i tedeschi avevano circondato i quattro stabilimenti e bloccato le uscite. Con la minaccia delle armi gli operai vennero radunati sui piazzali e caricati a centinaia – così come si trovavano, in tuta, con gli zoccoli ai piedi – su autobus e camion. Qualcuno fuggì gettandosi in mare, altri si nascosero...". G. Mayda, Storia della deportazione dall'Italia: 1943-1945 : militari, ebrei e politici nei lager del Terzo Reich, (Torino : Bollati Boringhieri, 2002), p. 254.
Friedrich Engel (1909-2006), allora Sturmbannführer (maggiore) delle SS Link esterno Wikipedia (esistente il 21/5/2022). Sull'impunità del "boia di Genova" per questo e molti altri crimini: G. Werle, F. Jessberger, Principles of International Criminal Law (Oxford : Oxford University Press, 2020), nota 1026 a p. 166 Link esterno Google libri.

3 La SIAC non era "circondata da colline". Lo stabilimento si era sviluppato, inglobando via via attività minori, nella frazione Campi: una zona agricola pianeggiante di Genova Cornigliano. La SIAC era confinata, a ponente, da corso Ferdinando Maria Perrone e, a levante, dall'argine sul torrente Polcevera: in SIAC erano denominati, rispettivamente, "lato Coronata" e "lato Polcevera". A tramontana, era separata dallo stabilimento Ansaldo da una stretta strada (all'incirca sotto il successivo viadotto autostradale Morandi), mentre a mezzogiorno era conclusa dall'abitato di Campi: erano denominati, rispettivamente, "lato Guardia" e "lato mare". Le colline, insomma, erano solo a ponente, oltre corso Perrone: è vero, però, che lo stabilimento era facilmente accerchiabile.



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Storia § ??
G. Marcenaro, Le cronache di Sestri Ponente (Genova : Tolozzi, 1968), pp. 124-125. Link esterno OPAC SBN

Erano i tempi del «bulacchin» della minestra portata dai bambini alla portineria dello stabilimento al padre che non poteva permettersi il lusso di venire a mangiare a casa, o di mangiare in una specie di mensa. Gli anni caldi furono quelli dal 1920 al 1922 e fu in quel periodo che Sestri eresse la propria sovranità fra le comunità che potevano dimostrare una volontà di affermazione politica.

Nel febbraio del 1920 gli operai sestresi, primi in Italia, avevano occupato le fabbriche. È pur vero che l'occupazione era durata soltanto quattro giorni, e cioè dal 16 al 20 febbraio, e che i complessi industriali Ansaldo, Odero, Piaggio, Ilva, Fossati, San Giorgio erano stati restituiti ai legittimi proprietari, ma durante il corso della consapevole operazione politica, gli operai di Sestri avevano effettuato le elezioni dei commissari di reparto ed avevano proceduto alla costituzione dei comitati di fabbrica. Nel settembre 1920, in occasione di un'altra occupazione delle fabbriche, i dirigenti del movimento operaio sestrese respinsero il compromesso giolittiano, o meglio, rifiutarono il controllo operaio e non vollero partecipare al referendum sullo stesso controllo promosso dalla Camera del Lavoro.

Come fu possibile arrivare a quelle estreme prese di posizione del proletariato sestrese? La risposta è da ricercarsi in alcune sue caratteristiche di piccolo centro con un elevato grado di concentrazione industriale, di avanzato processo di proletarizzazione, di intensa omogeneità sociale e connessa tendenziale assenza di differenziazioni di classe, con una ricca tradizione socialista e rivoluzionaria.

Lo studio dell'avvento del fascismo a Sestri Ponente, ed il conseguente crollo della cittadella rossa, ha il pregio di mettere in luce una situazione d'ambiente che, per alcuni, costituisce un nodo fondamentale in tutto il problema nazionale delle zone industriali, e fornisce finalmente, un certo numero di elementi per la chiara impostazione storica di un periodo oscuro, mistificato, triste, della nostra storia recente.

Le condizioni generali del proletariato sestrese non erano delle più rosee ma nemmeno delle più miserande. Non si deve dimenticare che nelle località sede di una concentrazione di complessi industriali esiste sempre un livello economico di una certa tollerabilità. La situazione particolare di Sestri, dove i dirigenti operai, attraverso la Camera del Lavoro e la propaganda scritta grazie alla pubblicazione del settimanale «Lotta operaia» [<124-125>] e di tutti i fogli locali, era nel complesso buona e cioè gli stessi esponenti del movimento operaio sapevano far leva, attraverso le quattordicimila organizzazioni, su di un proletariato, che nonostante i contrasti tra anarchici e sindacalisti era sempre pronto a trovare il modo migliore per arrivare all'unità di intenti e costituire così una solida piattaforma di lotta.

Insomma, il cosiddetto «biennio rosso», come espressione evolutiva della classe lavoratrice, proprio nel momento in cui lo squadrismo fascista entrava in rodaggio, fu uno degli esempi più tipici per rappresentare l'attiva presenza del proletariato sotto il profilo di una cosciente volontà politica unitaria ben decisa a lottare.

A partire dal settembre del 1920 quella che prima era la predominanza delle forze operaie di Sestri cominciò a registrare il duplice attacco partito dalla ormai sempre più palese unità d'azione tra lo squadrismo fascista e il potere cosiddetto legale. Sestri diventò davvero un prototipo che attraverso il sangue operaio versato per la causa con l'addotto pretesto del sovversivismo nelle fabbriche e con la «trovata» della pacificazione generale degli animi tendeva invece a colpire in profondità il movimento di massa sia con il piombo delle forze fasciste sia con la sistematica, atroce diffamazione di una propaganda conservatrice.1



1 Qui sono stati aggiunti vari a capo per agevolare la lettura.



All'indice    1968    Indicatore di completezza
Storia § 2
A. Miroglio, Venti mesi contro venti anni : (Quando la ribellione è dovere) (Genova : Istituto storico della Resistenza in Liguria, 1968), pp. 93, 227, 233. Link esterno OPAC SBN

[93>] Fra gli scioperi effettuati nell'ultimo trimestre del 1943, oltre a quello già citato del 19 novembre effettuato alla S. Giorgio di Sestri e, in forme e misura diverse, nelle maggiori industrie di Sampierdarena e di Voltri merita una particolare menzione quello realizzato dai tranvieri il 24 dello stesso mese.


Prima di mezzanotte anche i presidî tedeschi repubblicani del Fossati, della Fonderia, della Piaggio, della S. Giorgio, del Bagnara, dello Stabilimento Metallurgico, della OTO, ecc. si erano arresi ai sapisti; la stessa sorte toccava a quelli delle stazioni ferroviarie di Cornigliano e di Pegli. La stazione di Borzoli fu occupata dopo la [<227-228>] mezzanotte dagli uomini della «Sordi», i quali attaccarono anche la postazione nazifascista di «Rocca dei Corni» sulle alture degradanti verso Fegino. Nello scontro, che portò all'occupazione della postazione, rimase ferito gravemente il sapista Paolo Gaggero ma il nemico perse venti prigionieri.


[233>] L'inizio del vasto movimento insurrezionale aveva colto di sorpresa, anche per l'interruzione delle comunicazioni telefoniche, non pochi cittadini, specie quelli residenti o sfollati nelle località più lontane dagli epicentri organizzati, come lo erano in genere le zone operaie. Particolarmente e gradevolmente sorpresi i lavoratori che la mattina del 24, ancora ignari di quanto era già successo, giungevano a Sestri Ponente dove, come si sa, la liberazione dell'abitato era un fatto compiuto. Quelli che volevano potevano ripartire, tuttavia molti preferivano unirsi a quei patrioti ai quali l'organizzazione aveva ordinato di recarsi nelle rispettive fabbriche, sia per restarvi a disposizione per ogni eventualità, sia per assolvere ad incarichi ben specificati. [...] Al Fossati un gruppo di tecnici e di operai doveva provvedere alla immediata rimessa in efficienza di tre carri armati precedentemente sabotati; altri patrioti del Fossati, in unione con i dipendenti del prospiciente Deposito tranviario, dovevano perfezionare e montare su alcuni pianali tranviari delle particolari corazzature progettate e costruite per quelle circostanze. Compiti analoghi, anche se meno vistosi, erano affidati alle squadre interne delle altre fabbriche più importanti e combattive, specialmente alla S. Giorgio, alla OTO, alla Piaggio, alla Morteo di Pegli, ecc.1



1 Esiste una prima edizione: A. Miroglio, Venti mesi contro vent'anni : pagine della Resistenza in Liguria (Genova: Lavoro nuovo, 1964) Link esterno OPAC SBN. Si confronti anche con: A. Miroglio, La Liberazione in Liguria (Bologna : Forni, 1970) Link esterno OPAC SBN.



All'indice    1969    Indicatore di completezza
Storia § 2
G. Doria, Investimenti e sviluppo economico a Genova alla vigilia della prima guerra mondiale, vol. 2, 1883-1914 (Milano : A. Giuffré, 1969), pp. 208, 371-372, 375, 388, 389, 522, 536, 540, 574, 632, 642, 668, 672, 717, 734, 740, 743. Link esterno OPAC SBN

Praticamente opposta la condizione della San Giorgio, Società Anonima Italiana per la costruzione di automobili terrestri e marittimi: nella S.P.A., capitale genovese e stabilimento a Torino; nella San Giorgio, capitale extraligure e stabilimento a Genova (14). Con forti interessenze di industriali del settore siderurgico e cantieristico, la società si lega strettamente fin dal suo sorgere alla F.I.A.T., associandosi con pari partecipazione finanziaria nell'impresa cantiere spezzino della Fiat San Giorgio per «automobili marittimi».

Al primo segno di crisi dell'industria automobilistica si intensifica in un nuovo stabilimento di Pistoia la produzione di autocarri, si inizia l'attività relativa alla costruzione e riparazione di veicoli ferroviari e si limita la costruzione di carrozzerie per automobili di lusso che aveva luogo a Sestri Ponente. Questa tempestiva modifica del programma aziendale con produzioni alternative permette alla San Giorgio di sopravvivere, nonostante le forti perdite degli esercizi 1906, 1907, 1908 e la conseguente riduzione di [<371-372>] capitale da 3 a 1,8 milioni. Non si esita a ridurre ancor più la fabbricazione delle automobili nello stabilimento di Sestri Ponente, orientandolo alla specializzazione «in lavori meccanici di precisione», e sviluppando a Pistoia, accanto alle riparazioni e costruzioni ferroviarie, «l'industria delle carrozze a cavalli, ambulanze e carri lettighe». Si può così già nel corso del 1910 procedere a rinnovi di macchinario e ad ampliamenti immobiliari sia a Sestri Ponente che a Pistoia; tale programma si svilupperà negli anni seguenti. La produzione automobilistica della San Giorgio si va spegnendo ma si sono salvati in gran parte i capitali investiti, la società e due importanti centri di produzione dell'industria meccanica nazionale.

(14) La società fu costituita nel 1905, con 3 milioni di capitale: il 63% era di azionisti extraliguri (F.A.L., 20 dicembre 1905, Corriere Mercantile, 22 novembre 1905). [Nota a pie' di p. 371]


[375>] Michele Odero fondatore della «San Giorgio automobili»


[Nota a pie' di p. 522] (27) La «San Giorgio società anonima per la costruzione di automobili terrestri e marittimi» applica nel 1906 i propri motori su macchine prodotte da una società «alleata» di Londra e nel 1907 ottiene la concessione di brevetti francesi della ditta «Napier», con la quale stipula un accordo industriale accogliendo un rappresentante francese nel suo consiglio d'amministrazione (A.T.G., vol. 48, fasc. 5611).


[DA COMPLETARE] 1



1 .



All'indice    1970    Indicatore di completezza
Storia § ??
G. Marani, [Testimonianza], in La Resistenza a Bologna: testimonianze e documenti, a cura di L. Bergonzini, vol. 3 (Bologna, Istituto per la storia di Bologna, 1970), pp. 95-97 Link esterno Istituto storico Parri. Link esterno OPAC SBN

[Testimonianza di] GIORGIO MARANI

Nato a Imola nel 1918. Operaio verniciatore nell'«Orsa» di Imola (1943). Verniciatore. (1969). Risiede a Imola.

Entrai a lavorare all'Officina Romagnola Società Anonima («Orsa»), chiamata indirettamente «Caproni» perché all'inizio fabbricava pezzi di ricambio per aeroplani «Caproni» per conto della filiale di Predappio, nel febbraio 1943, in qualità di verniciatore. Quando entrai la fabbrica produceva bobinati magnetici e piccoli telai per apparecchi radio per la «Ducati», binocoli prolungati per la contraerea e per la marina per conto della «San Giorgio» di Genova,1 ricambi per aerei da caccia per le «Officine Reggiane» di Reggio Emilia, fascie per bombe per aerei e altro materiale bellico. Complessivamente l'officina occupava circa 200 fra operai, tecnici ed impiegati che formavano varie sezioni dentro un unico capannone a piano terra, nelle adiacenze del Molino Poiano, in via Selice, mentre gli uffici ed i magazzini erano sistemati in un pre-fabbricato a ridosso del capannone.

Prima del 25 luglio 1943 ero legato al movimento antifascista e mi incontravo con Gino Fiumi e Giulio Gardelli, quest'ultimo già condannato dal Tribunale speciale, il quale era riuscito a farsi assumere all'«Orsa» come meccanico pur essendo un sorvegliato. Un giorno del maggio 1943 fu scoperta nei gabinetti dell'officina una scritta inneggiante a Stalin e contro Mussolini. Fu subito mobilitata la polizia che fece irruzione nello stabilimento. Il primo ad essere interrogato fu Giulio Gardelli che, dopo un lungo interrogatorio, fu lasciato libero perché non c'erano prove, ma fu egualmente dimesso perché considerato elemento pericoloso.

Verso la fine di luglio, Gardelli mi comunicò che il Comitato cittadino antifascista, costituitosi a Imola dopo il 25 luglio, aveva disposto che all'attività di sabotaggio fosse dato impulso con un'azione più consistente e più impegnativa e cioè con uno sciopero per un breve periodo di tempo nelle due maggiori industrie meccaniche: l'«Orsa» e la «Cogne». Si trattava di predisporlo con la distribuzione di volantini dattiloscritti già preparati dal Comitato cittadino.

La sera del primo agosto 1943 Gardelli mi consegnò i volantini che io distribuii cautamente il mattino del giorno 2 agosto nei reparti, mentre tre copie degli stessi erano state affisse sui muri del sottopassaggio della via Selice. Lo sciopero doveva iniziare contemporaneamente sia alla «Cogne» che all'«Orsa», alle ore 10 del 2 agosto appena udito il suono della sirena, per finire alle ore 10,30. Senonché il fischio della sirena non ci fu perché la «Cogne» all'ultimo all'ultimo momento non aderì, ma le macchine dell'«Orsa» si fermarono lo stesso pochi minuti dopo le dieci. Il dirigente, ing. Paganelli, si precipitò fuori dell'ufficio per vedere che cosa stava succedendo; chiamò il capofficina Andrea Casadio per avere spiegazioni, poi si rivolse agli operai, che si erano fermati con l'intenzione di effettuare lo sciopero, e li invitò a desistere per «il bene della patria», altrimenti sarebbe stato costretto a chiamare la polizia, pregando nello stesso tempo i promotori di presentarsi a lui. Nessuno si mosse. Poi il vicedirettore, Donati, venne verso di me per dirmi se era una cosa legale lui non era contrario, ma aveva notato che non eravamo compatti in quanto alla «Cogne» non avevano aderito. Poi l'ing. Paganelli ripetè l'esortazione chiedendo cosa pensavamo di fare dopo il suo invito. Nel silenzio generale si levò una voce: «Ingegnere, chi tace conferma». Dopo quella frase che dimostrò la ferma volontà degli operai, irruppero polizia e carabinieri che arrestarono l'ing. Paganelli, Andrea Casadio, Giorgio Cremonini, Domenico Galeati, Natale Bacchilega e Renato Corbolini e li condussero nella caserma dei carabinieri dove restarono dalle 11 alle 17 con le mani sulla testa ed i mitra puntati contro. Poi furono rinchiusi nelle carceri mandamentali [<95-96>] e dopo cinque giorni trasferiti a Bologna a San Giovanni in Monte. Io invece fui arrestato al pomeriggio del giorno 2, con altri 19 operai, ma io solo rimasi in carcere ed unito agli altri.

Il 18 agosto fummo processati e condannati dal Tribunale militare di Bologna: io e Cremonini a 11 anni e due mesi per ciascuno, io quale responsabile dell'organizzazione dello sciopero e Cremonini per la risposta data all'ing. Paganelli, mentre gli altri furono assolti per insufficienza di prove. Il 18 settembre 1943 da Bologna fummo trasferiti a Firenze, (nel cambiamento fui separato da Cremonini) e rinchiuso nel carcere delle Murate e nell'aprile del 1944 passato in quello di Santa Teresa. Fra l'uno e l'altro rimasi in carcere quasi un anno. Nel frattempo Firenze era stata invasa dai tedeschi che si erano ritirati nella zona dell'Arno.

In carcere feci conoscenza con un partigiano forlivese, Dino Valbonesi, ufficiale di collegamento catturato dai fascisti e condannato all'ergastolo, e con un ufficiale francese, ing. Edibert Enrique, che faceva parte di una formazione partigiana della zona di Fossano, catturato da soldati italiani e condannato a sei anni di carcere.

In servizio nel carcere vi era una guardia carceraria che esteriormente era cattiva, con un fare fazioso ed indisponente, mentre in realtà era legata alle formazioni partigiane esterne. Fu lui che ci informò il mattino del 28 luglio 1944 che entro la serata i tedeschi ci avrebbero prelevati per destinazione ignota. Ci preoccupammo quindi e ci consultammo sul da farsi per uscire da quella situazione pericolosa. Per primo chiedemmo di parlare al direttore del carcere, cosa quasi impossibile. Dopo ore di attesa fra richieste e schiamazzi per attirare l'attenzione, fummo ricevuti dal comandante. Proponemmo subito a bruciapelo di essere liberati, cosa che scandalizzò il funzionario il quale, dopo una lunga discussione concluse: «Cosa volete che mi faccia fucilare per voi? Ma io ho famiglia». «Faccia una scelta comandante; oggi i tedeschi domani i partigiani», risposi io. La risposta lo fece riflettere e forse pensò che nel marasma della situazione poteva essere più conveniente andarsene in quel momento piuttosto che trovarsi nei guai domani. Fatto sta che accettò la nostra proposta e tutto fu combinato in poche ore. Le guardie repubblichine furono rinchiuse nel corpo di guardia ed ognuno se la squagliò, compreso il direttore ed il comandante. Mi separai dal forlivese e dal francese perché assieme avremmo facilmente attirato l'attenzione e cercai in qualche modo di trovare un rifugio. Furono giornate di peripezie impensabili ed indescrivibili, finché Firenze non fu liberata. Dopodiché, seguendo gli alleati nella loro avanzata, facendo tutti i mestieri, entrai in Imola il giorno dopo la liberazione, il 15 aprile 1945.

Ma non era ancora finita. Nel 1951 io e Cremonini fummo di nuovo arrestati per scontare il resto della pena che ci era stata inflitta nel 1943 e fummo condannati a tre anni di detenzione più tre anni di sorveglianza speciale; inoltre fummo condannati al pagamento delle spese processuali e carcerarie per il 1943 e manutenzione in carcere dei tre mesi del 1951 per un totale di 20.000 lire. Avremmo dovuto uscire dopo tre mesi ma il P. M. si appellò e dovemmo fare domanda di grazia.

All'«Orsa» dopo lo sciopero e le sue conseguenze, le maestranze furono sottoposte ad una stretta sorveglianza e non ebbero campo per altre azioni all'infuori del sabotaggio sistematico specialmente ai reostati dei motori elettrici che davano il movimento alle macchine utensili, che venivano messi in corto circuito con la limatura di ferro.

Il 13 maggio 1944, Imola subì il primo bombardamento aereo ed una larga zona nella quale era compresa la stazione ferroviaria, la «Cogne» e l'«Orsa», [<96-97>] fu semidistrutta. All'«Orsa» furono completamente distrutti i magazzini e uffici e tutti i prodotti finiti, compresi centinaia di binocoli. In seguito a ciò l'officina fu trasferita nei locali sottostanti la tribuna del campo sportivo, che era una robusta costruzione in cemento armato. Senonché, dato che lungo i viali, a fianco del campo sportivo, vi era una fitta alberatura, i tedeschi ne approfittavano per parcheggiare i loro camion carichi di munizioni. Nel luglio 1944, in seguito ad un mitragliamento aereo, un camion fu colpito causando l'esplosione delle munizioni, investendo i locali dell'officina e causando morti e feriti tra i dipendenti dell'officina e fra i soldati tedeschi.

Fu provveduto ad un nuovo trasferimento e parte del macchinario fu mandato a Borgo Tossignano a quindici chilometri da Imola. La parte di attrezzature che rimase fu occultata in gran parte dagli operai in case coloniche vicino ad Imola. A Borgo Tossignano, a sistemazione avvenuta, riprese la produzione, seppure in condizioni disagiate per la precarietà delle prestazioni: mano d'opera qualificata che doveva spostarsi da Imola, trasporti resi difficili dal traffico dei mezzi militari tedeschi continuamente mitragliati dall'aviazione alleata, alloggiamento dei macchinari in locali di fortuna, ecc. Sempre a Borgo Tossignano era in attività un'altra piccola industria, la «Dalmata», che produceva materiale consimile a quello dell'«Orsa» e ciò indusse i dirigenti delle due Società a fare la fusione col nome «Dalmata». Man mano che il fronte si avvicinava le capacità produttive della fabbrica diventavano sempre più caotiche e cominciò pian piano lo sfaldamento del complesso. Gli operai non rispondevano più alle esigenze della produzione ed il sabotaggio veniva intensificato con evidenza senza che i dirigenti dell'azienda avessero la forza, e forse nemmeno la volontà, di opporsi. Così incominciarono gli occultamenti prima di parti di attrezzature, poi di macchine complete che furono recuperate dopo la liberazione dagli stessi operai e tecnici che ricostruirono l'officina in un capannone avuto a prestito dalla «Cogne», anch'essa in fase di ricostruzione per opera degli operai e tecnici.

Sotto la spinta del nuovo clima creatosi dopo la liquidazione del nazifascismo e la volontà di creare le basi di una nuova società, operai e tecnici si imposero ogni sorta di sacrifici per dare vita ad un nuovo complesso. I vecchi proprietari non si fecero vedere che dopo molti mesi quando la fase di rinnovo era già compiuta e le loro pretese non furono accettate dalle maestranze ormai convinte che erano loro il fattore predominante nella produzione e non erano disposte a farsi nuovamente imbrigliare. Dopo lunghe schermaglie i vecchi proprietari accettarono di ritirarsi e tecnici ed operai costituirono un gruppo cooperativo, denominato poi Cooperativa Industriale Romagnola (CIR) tutt'ora in piena efficienza ed espansione.2



1 La testimonianza evidenzia che occorre ricostruire il decentramento della San Giorgio → Storia § 27. Incidentalmente: è possibile che la singola unità produttiva venisse registrata con un codice numerico all'interno della matricola dello strumento? Al di là, comunque, della necessità di definire meglio la storia dell'azienda e dei suoi prodotti ottici, ci si può chiedere se la distribuzione dei processi produttivi in luoghi ben distanti da Sestri Ponente abbia favorito lo sviluppo di nuove manifatture specializzate.

2 Al di là dei riferimenti, incidentali ma interessanti, ai binocoli San Giorgio, la testimonianza è preziosa per molti aspetti, tra cui le conseguenze assai concrete del processo alla Resistenza iniziato alla fine degli anni Quaranta.



All'indice    1970    Indicatore di completezza
Storia § ??
V. Roberti, Con la pelle appesa a un chiodo. La guerra sul mare: 1940-1943 (Milano, Mursia, 1970), p. 259. Link esterno OPAC SBN

Alle 18.24 l'Abruzzi era libero e alle 18.53 dava fondo ad un'ancora davanti alla punta di Posillipo, a mezzo miglio di distanza da Villa «Maria Pia».

Dalla plancia-ammiraglio, dove il Comandante Rossi mi aveva ordinato di rimanere in osservazione con un sergente furiere per registrare la cronaca sul giornale di chiesuola, esplorai con un potente «Astramar» il pontile e la Villa «Maria Pia».

Pochi istanti prima che il motoscafo dell'Abruzzi attraccasse al pontile, si affacciarono ad una finestra della villa le figlie del conte Calvi, che si ritirarono subito dopo. «Forse, mi disse il sergente furiere, sono corse ad informare i nonni che è arrivato il momento della partenza». Infatti, dopo qualche minuto, i sovrani scesero sul terrazzo della villa, seguiti dal principe di Piemonte, dalla duchessa d'Aosta, dalla duchessa d'Aosta madre e dalla contessa Calvi. Tra le altre persone notai l'aiutante generale di campo del re, generale Puntoni e l'Ammiraglio Oliva.

I sovrani presero congedo molto semplicemente, poi, seguiti dal principe Umberto, si avviarono lentamente verso il pontile. Prima di salire a bordo del motoscafo, la regina abbracciò il figlio teneramente.1



1 La cronaca è legata all'abdicazione di Vittorio Emanuele III: l'atto è stato firmato il 9 maggio 1946 in villa Rosebery, allora chiamata villa Maria Pia.

L'incrociatore leggero Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi è stato completato nel 1937 e radiato nel 1961 Link esterno Wikipedia; una foto pertinente, anche se l'Astramar non è visibile, è in Link esterno Navi e Armatori (pagine esistenti il 4/11/2019). Della stessa classe faceva parte il Giuseppe Garibaldi Link esterno Wikipedia.

Dalla sorveglianza al voyeurismo il passo può essere breve Link esterno Betasom. Qui se ne accenna solo per sottolineare che gli Astramar erano usati dalla terraferma ancora negli Sessanta o Settanta e che la loro potenza era proverbiale. Sulla base del Castellana Link esterno Campiglia.net (pagine esistenti il 4/11/2019).

Si ricordi, in questo e in altri casi, che la fonte non chiarisce se l'esemplare usato era di produzione genovese o fiorentina: questa sistematica indifferenza indica che erano di pari livello.



All'indice    1971    Indicatore di completezza
Storia § ??
M. Fatica, Origini del fascismo e del comunismo a Napoli (1911-1915) (Firenze, La Nuova Italia, 1971), pp. 457-458. Link esterno OPAC SBN

La logica degli imprenditori, come traspare da un documento che riportiamo in nota, era delle più elementari: i conflitti del lavoro e le agitazioni di carattere rivendicativo, una volta intervenuto il decreto di ausiliarietà, passavano dalla gestione del sindacato all'arbitrato dei comitati regionali per la mobilitazione industriale, le cui decisioni non potevano non essere nell'interesse degl'industriali e dovevano essere accettate supinamente dalle maestranze, giacché l'operaio non poteva autolicenziarsi, trasferirsi o abbozzare una qualsiasi reazione, pena il deferimento ai tribunali militari; in base a questo semplice calcolo i dirigenti della San Giorgio di Borzoli (Genova) invocarono urgentemente la dichiarazione di ausiliarietà per prevenire uno sciopero e per imporre il loro punto di vista agli operai 50.1

E non è che le nuove norme antioperaie restassero lettera morta, anzi, erano fatte rispettare con grande zelo dall'apparato repressivo: bastava che alcuni operai napoletani si trasferissero dal cantiere Pattison alle officine meccaniche di Sampierdarena senza il nulla osta del comitato di mobilitazione industriale perché fossero immediatamente arrestati 51.

Insomma, la condizione operaia diveniva, con l'entrata in guerra dell'Italia, delle più dure: in fabbrica, martellante ed ossessionante la parola d'ordine di [<457-458>] produrre di più e di raddoppiare gli sforzi «con ogni sacrificio di tempo» 52, rinunziando al riposo settimanale e sottoponendosi a ritmi di lavoro massacranti; fuori della fabbrica, un salario che, con l'aumento del costo della vita e le nuove tasse imposte dal governo, non bastava nemmeno a riprodurre la forza-lavoro.


50 ACS [Archivio Centrale dello Stato, Roma], MAM, b. 2, f. 1, sf. 2, 1. in data 10 settembre 1915:
«Ci permettiamo chiedere a cotesto on. Ministero che, in applicazione del decreto luogotenenziale del 26 giugno 1915 n. 993 e del relativo regolamento approvato con decreto luogotenenziale del 22 agosto 1915, n. 1277, il nostro stabilimento di Borzoli sia, con decreto di cotesto on. Ministero, dichiarato stabilimento ausiliario.
La risoluzione della vertenza fra la nostra Società e le sue maestranze sarà allora, per naturale conseguenza, deferita al giudizio dei Comitati di mobilitazione industriale previsti dall'art. 1 del sopra ricordato regolamento. Ma, affinché il provvedimento possa raggiungere lo scopo, è necessario che la comunicazione che nomina stabilimento ausiliario il nostro stabilimento di Borzoli ci pervenga non oltre la giornata di domenica 5 corrente. Qualora questa comunicazione dovesse tardare anche di poche ore, essa riuscirebbe inefficace perché i nostri operai, dichiarato lo sciopero, troverebbero immediato impiego in altri stabilimenti delle vicinanze e non potrebbero più essere disciplinati in base ai decreti luogotenenziali sopra riferiti». [Nota a pie' di p. 457]

51 Ivi, Comitato regionale di mobilitazione industriale per l'Italia meridionale, verbale n. 22, 4 novembre 1915. [Nota a pie' di p. 457]



1 Una sintesi di rara efficacia.



All'indice    1971    Indicatore di completezza
Storia § ??
Redazione della rivista «L'Esperimento», "Genova: patologia di uno sviluppo", in: Le grandi città italiane : Saggi geografici e urbanistici, a cura di R. Mainardi (Milano : F. Angeli, 1971), pp. 8-9, 139-142. Link esterno OPAC SBN

[Paragrafi di questo saggio specifico]

  1. Il dibattito sulla crisi della città, pag. 125
  2. Scompensi nell'uso del suolo, pag. 130
  3. Esasperato sviluppo residenziale, pag. 132
  4. Mancanza di spazi per il tempo libero, pag. 132
  5. Il sistema urbano, pag. 135
  6. Evoluzione di uno sviluppo anomalo, pag. 136
  7. Le condizioni di vita nella periferia, pag. 137
  8. L'esodo delle attività economiche, pag. 139
  9. Lo scoordinamento fra porto e città, pag. 142
  10. Il patrimonio storico e ambientale, pag. 144
  11. Traffico e trasporti urbani, pag. 146
  12. L'Università, pag. 148 [<8-9>]
  13. Lo stallo urbanistico, pag. 148

8. L'esodo delle attività economiche

La crisi della città ha origine dal crollo dell'Ansaldo: tale crollo, a sua volta, ebbe origine dall'enorme incontrollata espansione che fu data a tale industria in periodo bellico. Nel 1917 l'Ansaldo aveva oltre 50.000 addetti. Il crollo era pressoché inevitabile.

La crisi fu ulteriormente aggravata con la scomparsa di talune industrie di trasformazione di prodotti provenienti dall'estero via mare, come quella molitoria e quella degli zuccheri.

Non appena fu possibile pervenire ad un certo assestamento, per il quale fu necessario il decennio fra il '30 ed il '40, scoppiò la seconda guerra mondiale.

Nel dopoguerra si produsse il più grave e profondo fenomeno di riconversione industrie che la storia della città ricordi. L'Ansaldo alla fine della guerra contava 31.000 operai, la S. Giorgio 8.000.

Inizia da allora la lunga serie delle chiusure, forse non ancora conclusa. Fu chiuso lo stabilimento di Sestri nel 1951 e l'impianto [<139-140>] metallurgico di Bolzaneto nel 1950.

Ancora nel 1951, fu chiuso lo stabilimento di Voltri (ex Ferriere, ex Tassara, fondato nel 1865). Nello stesso anno vennero chiusi lo stabilimento Bagnara a Sestri e lo stabilimento Metallurgico Ligure.

Successivamente l'Ansaldo viene smembrato; lo stabilimento Fossati di Sestri passa ad altre società per la fabbricazione di trattori (ma verrà chiuso nel 1959): lo stabilimento Delta di Cornigliano passa ad altre società (ed in seguito, nel 1962, dovrà emigrare); lo stabilimento elettromeccanico di Cornigliano viene distaccato alla nuova Società Ansaldo-San Giorgio, insieme agli stabilimenti di Sestri e di Rivarolo della ex S. Giorgio.

Dal 1945 al 1950 l'Ansaldo licenziò oltre 9.000 dipendenti, ed altri 9.500 dal 1950 al 1955.

La Odero-Terni-Orlando di Sestri fu chiusa nel 1952 e quella delle Grazie nel 1953. La S. Giorgio fu convertita nel 1954 nella nuova S. Giorgio: dei 13.000 dipendenti del 1938 (8.000 nel 1946) ne restavano, nel 1955, 1740 e 1185 nel 1959.

Tutte queste perdite furono parzialmente controbilanciate dal nuovo stabilimento, oggi Italsider, di Cornigliano (circa 10.000 addetti).1

Abbiamo parlato fin qui del settore pubblico. La smobilitazione delle industrie private genovesi, con trasferimento di stabilimenti e di centri direzionali si è accentuata in anni più vicini. L'avvenimento più drammatico e grave di conseguenze fu la chiusura delle ferriere Bruzzo nel 63-65, con la perdita di 1250 posti di lavoro. Aziende minori precedettero o seguirono la Bruzzo: Pertusola nel 1962, Wayne (trasferita a Latina, 100 dipendenti) come introduzione a un nuovo capitolo duro per la storia dell'industria genovese, il trapianto a Latina dello stabilimento «Mira Lanza» nel 1967 (300 dipendenti). Nel 1966 c'era stato l'abbandono del centro direzionale «Esso», portato a Roma con 500 persone. Dopo due anni seguì la «Mobil», con 250 addetti, e molti ricorderanno i tentativi compiuti in extremis dal sindacato per convincere la direzione americana della compagnia petrolifera a restare a Genova. Altre aziende, come la Schiavetti, avevano trasferito lo stabilimento oltre appennino (Stazzano), facendo seguire gli uffici amministrativi. Il colorificio «Attiva», nel 1957, investì quasi un [<140-141>] miliardo a Pozzolo Formigaro trattenendo la sede a Genova. La Ceramica Vaccari si diresse nello spezzino, investendo 4 miliardi per lo stabilimento di Ponzano Magra. Fra le grandi industrie alimentari va ricordato che la «Elah» ha impiantato uno stabilimento ad Aprilia, con spesa di miliardo e mezzo, che la «Saiwa» ha costruito un nuovo stabilimento nella cintura milanese, pur conservando il centro direzionale a Genova. In generale si nota la tendenza, nel periodo considerato finora, a investire fuori dell'area genovese. Contro 103 nuove iniziative a Genova, per soli 21 miliardi e 659 milioni nell'arco 1955-1966, ecco 32 iniziative di privati genovesi fuori Genova, per 435 miliardi e 376 milioni, non bilanciati dai 118 miliardi spesi per potenziare aziende rimaste nella provincia (dati desunti da pubblicazioni della Camera di Commercio). Fra le più grosse iniziative con capitale genovese in altre regioni: Mira Lanza a Mira (14 miliardi e mezzo) e a Latina (investimento imprecisato), Fulgor a Latina (5 miliardi), Wayne ancora a Latina (1.800 milioni).

L'esodo, generalmente giustificato dalla povertà di aree, non fu compensato che in modesta misura da nuovi insediamenti nella provincia di Genova. Mancarono iniziative per industrie moderne o di avanguardia, di tipo «pulito», tali da richiedere poco spazio e da occupare molti addetti. Nel 1960 ci furono tre iniziative di rilievo: Coppers (2 miliardi, 180 dipendenti), Mammuth (850 milioni, 350 dipendenti), Bowater italiana (870 milioni, 290 dipendenti).

Poi uno stillicidio di piccoli o modesti insediamenti, che richiesero capitali inferiori ai 400 milioni. Dal '61 al '63: «Til» termoplastica, Industrie ceramica, Galante, Vibrazioni industriali, Silces (carta), con un totale di alcune centinaia di operai. Nel 1954 la San Giorgio-impermeabili: 170 dipendenti. La Faro investì 600 milioni nello stabilimento chiuso dopo due anni. Nel '65 due grossi fatti: FIT a Sestri Levante (10 miliardi, 500 addetti) e Garrone (5 miliardi ma soltanto 15 addetti). Nel '66 la SAI spende 2 miliardi per il centro smistamento delle merci all'imbarco, nel 1967 tre iniziative o ampliamenti: Italswift (500 milioni, 60 persone), Preti (320 milioni, 40 persone), Ideal House (850 milioni, 115 dipendenti).

Un quadro completamente grigio, deprimente, che assume tonalità drammatiche sul finire del 1968, quando si annuncia alla [<141-142>] alla città il nuovo pericolo incombente: Eridania e Shell minacciano di andarsene. Il solo modo di trattenerle è concedere una variante al piano regolatore per consentire la costruzione del noto grattacielo e del palazzo sullo stadio di San Martino. Dopo il trasferimento dell'Italcantieri a Trieste questo è il momento più acuto di una crisi che ha indebolito Genova e diminuito la sua capacità occupazionale. Nel 1958 le industrie IRI davano lavoro a 35.163 persone, quelle private a 107.500. Nel 1967 si era scesi a 29.700 (IRI) e 96.500 (privati), mentre nelle altre città del triangolo, nello stesso arco di tempo si era avuto il grande fenomeno dell'immigrazione dovuto all'aumento fortissimo dei posti di lavoro.2



1 "Da vari brani riprodotti in questa pagina di Urania Ligustica risulta evidente il netto (ma, ovviamente, non esclusivo) orientamento di sinistra del personale della San Giorgio. Lo stesso si può dire di altri grandi stabilimenti meccanici e siderurgici genovesi quali l'Ansaldo e la Società Italiana Acciaierie Cornigliano SIAC. La drastica riduzione di personale in tali stabilimenti ha quindi colpito soprattutto operai che si riferivano, dal punto sindacale, alla FIOM e, dal punto di vista politico, al PCI e al PSI. Il grande Stabilimento a Ciclo Integrale SCI, poi dedicato a Oscar Sinigaglia e assorbito nell'Italsider, è stato progettato e diretto da maestranze provenienti dal vicino stabilimento SIAC, ex Gio. Ansaldo & C., ma il personale – mediamente meno qualificato della forza lavoro già disponibile a Genova – è stato raccolto in larghissima misura tra immigrati dal Mezzogiorno (dopo la precedente ondata migratoria dalla fascia Toscana-Romagna-Veneto, allora depressa perché dedicata per lo più all'agricoltura). Nel quartiere di Cornigliano e tra chi vi lavorava era risaputo che, per entrare nello SCI, bisognava ricorrere alla raccomandazione del proprio parroco, sotto l'oculata supervisione della curia genovese, diretta con mano ferrea dal cardinale Giuseppe Siri; il cardinale, per inciso, conosceva benissimo la realtà industriale genovese, al punto da essere un azionista della stessa SIAC. Presumo che Siri adottasse, nei confronti delle maestranze comuniste dei vecchi stabilimenti, lo stesso atteggiamento delle direzioni aziendali durante il Ventennio: era tollerato e per quanto possibile tutelato l'operaio o il tecnico che, pur essendo comunista o socialista, aveva professionalità indiscutibili e le applicava quotidianamente nell'azienda. La totale identificazione del personale nell'azienda era favorita, nei vecchi stabilimenti, dalla tradizione di assumere i figli di dipendenti anche di sinistra, ma dalla condotta irreprensibile". Testimonianza di Riccardo Balestrieri (5/5/2021).

Per una conferma parziale e un'ampia contestualizzazione: P. Rugafiori, "I gruppi dirigenti della siderurgia «pubblica» tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta", in Acciaio per l'industrializzazione : Contributi allo studio del problema siderurgico italiano, a cura di F. Bonelli (Torino : Einaudi, 1982), p. 363.

2 È stato trascritto l'intero § 8. L'articolo è apparso originalmente in: L'esperimento, nuova serie, n. 1, gennaio-febbraio 1969, pp. 9-21.

L'esperimento, "bimestrale di partecipazione politica", è stato edito a Genova quanto meno dal 1968 al 1969 Link esterno OPAC SBN. La rivista era diretta da Mario Fazio (1924-2004); la redazione era allora composta dallo stesso Fazio e da Bruno Gabrielli (1932-2015), Attilio Oliva, Gianni Panati, Osvaldo Pavese. Il carattere redazionale del contributo è tipico di un periodo storico in cui una parte della sinistra si indentificava in collettivi, ma è stato attribuito in larga misura a Gabrielli, "sia in quanto a contenuti ed ispirazione, sia a stesura di parti"; F. Gastaldi, "Bruno Gabrielli e la speculazione edilizia in Liguria, fra ricerca e piani", in Bruno Gabrielli, Città e piani, a cura di G. Lombardini e V. Scelsi (Milano : FrancoAngeli, 2018), pp. 208-212 Link esterno Academia. Un profilo di Gabrielli, a cura di R. Gambino, è in Link esterno Il giornale dell'Architettura.



All'indice    1972    Indicatore di completezza
Storia § 25
G. Fioravanzo, a cura di, La Marina italiana nella seconda guerra mondiale, vol. 21, L'organizzazione della Marina durante il conflitto, tomo I, Efficienza all'apertura delle ostilità (Roma : Ufficio storico Marina militare, 1972), pp. 121-131. Link esterno OPAC SBN

Capitolo VII

STRUMENTI PER L'IMPIEGO DELLE ARMI

24° - Telemetri, gimetri, inclinometri.


Il problema di colpire con un'arma qualsiasi un bersaglio in movimento non può essere risolto, come è noto, senza conoscere gli elementi del movimento: per le navi rotta e velocità, per i velivoli angoli di sito o quota, rotta e velocità.

In base a tale conoscenza è possibile determinare in quale punto si troverà il bersaglio, quando l'arma lanciata attraverso lo spazio lo raggiungerà, e dirigerla quindi verso tale punto, che si chiama per convenzione «punto futuro».

La figura qui contro [a sinistra del testo] chiarisce la questione ai lettori che non abbiano dimestichezza col problema.

Se una nave fa partire un colpo contro B dalla posizione A, essendo AB = d1, e B muove nella direzione della freccia, non è possibile determinare il punto futuro O senza conoscere AO = d2, perché da d2 (che è il tragitto del proietto) dipende il tempo [<121-122>] che intercorre fra la sua partenza da A e il suo arrivo in O, e quindi lo spazio BO che il bersaglio percorrerà durante tale tempo, e senza conoscere lo spostamento laterale B'O di B rispetto ad A nello stesso tempo.

Supponendo di avere determinato BB', che rappresenta la variazione della distanza (d1-d2) durante il tragitto del proietto e lo spostamento laterale B'O, cui corrisponde l'angolo ρ, compreso tra la visuale AB e la visuale AO, è chiaro che graduando l'alzo del cannone per la distanza d2 (ricavata applicando a d1 la variazione calcolata) e dando un cursore uguale a ρ, in modo che quando la linea di mira è diretta verso B il cannone risulti puntato verso il punto invisibile O, il colpo percorrerà la gettata AO e cadrà in O nello stesso istante in cui vi giungerà il bersaglio.

Ora, fino alla prima guerra mondiale inclusa, l'unico strumento di misura a disposizione delle navi era il telemetro: con una serie di misurazioni in rapida successione (linee punteggiate) eseguite fino al momento di far fuoco (e continuate per tutta la durata del tiro per ovvi motivi) era possibile ricavare la variazione della distanza mettendo in diagramma le varie misure ottenute, ma non era possibile misurare lo spostamento laterale. Si sparava determinando un cursore iniziale con l'ausilio di diagrammi o tabelle i cui argomenti d'entrata erano la distanza telemetrica e gli elementi del moto apprezzati dal direttore del tiro, e rettificandolo poi in base all'osservazione dello scarto laterale delle salve.

Per il lancio dei siluri, nel quale interessa particolarmente l'angolo ρ perché non si possono né osservare i risultati del lancio né eseguire lanci successivi, bisognava affidarsi all'apprezzamento visivo del Comandante. La distanza interessava soltanto per assicurarsi che non fosse superiore alla corsa di regolazione dei siluri. Questa era la situazione nel 1919: situazione davvero poco soddisfacente, perché dovendosi affidare in gran parte allo apprezzamento a vista non era possibile sfruttare le armi alle forti gettate di cui erano già capaci e a quelle ancora maggiori facilmente prevedibili col progresso della tecnica.

Perciò si pensò di realizzare strumenti capaci di rilevare anche gli spostamenti laterali del bersaglio rispetto alla nave, il che val quanto a dire la velocità di rotazione della visuale ricavata dalle variazioni del rilevamento AB. [<122-123>]

Nacque così il gimetro, essendo stato chiamato «g» l'angolo di rotazione della visuale rispetto a una linea tenuta fissa nello spazio da un sistema girostatico.

Il problema era perciò risolto coi due strumenti: telemetro e gimetro. ma si trovò assai utile realizzare un terzo strumento capace di misurare direttamente l'angolo β formato dall'asse longitudinale della nave-bersaglio B con la visuale AB, ossia l'inclinazione di B su AB: lo strumento fu chiamato perciò inclinometro (1).

[Nota a pie' di p. 123: (1) È fondato sul seguente principio. Un oggetto BB di lunghezza l conosciuta è visto da un punto A lontano d da BB sotto un angolo (detto diametro apparente) α dato in misura circolare da l/d, purché BB sia perpendicolare alla visuale di A. Se si fa ruotare l'oggetto disponendolo, ad esempio, nella direzione B'B' l'angolo α diminuisce in funzione del valore dell'angolo β di rotazione. È allora possibile, conoscendo d e l e misurando α, ricavare l'angolo β.
Nel caso delle navi, d è data dal telemetro, l è la lunghezza dello scafo della nave-bersaglio, nota perché le dimensioni delle navi sono di pubblica ragione, α si misura con l'inclinometro. Lo strumento era costruito in modo che, introducendovi d e l, dava direttamente β anziché α. – con figura a lato]

Fatte queste premesse, necessarie per valutare lo scopo e l'importanza di ciascuno dei tre strumenti, passiamo ad esaminarne l'evoluzione nel ventennio 1919-39.


a) Telemetro.

Il telemetro, che aveva trovato impiego durante la prima guerra mondiale nella Marina italiana, era quello monostatico a coincidenza delle linee verticali delle due mezze immagini del bersaglio, fornito dalla Ditta inglese Barr & Stroud nei tipi con base di m. 0,80, 1,37, 2,74, 4,57.

Poiché l'attendibilità delle misure telemetriche aumenta con l'aumentare della base, i vari tipi rispondevano ad esigenze diverse, connesse essenzialmente con la portata delle armi, allo [<123-124>] impiego delle quali ogni tipo di telemetro doveva servire. Il telemetro da 0,80 era portatile e serviva soltanto come ausilio nelle manovre in formazione o nelle manovre nei porti; quello da 1,37 era sistemato sulle torpediniere; quello da 2,74 sulle navi maggiori, sostituito poi sulle corazzate con quello da 4,57. Anzi su queste ultime si trovò utile sistemare tre di questi telemetri in un unico complesso, così da poter ricavare le distanze facendo la media delle misure fornite da ciascuno allo scopo di eliminare gli errori: ogni telemetro era munito di un trasmettitore elettrico delle distanze misurate e la media era fatta graficamente nella sede della centrale di calcolo degli elementi del tiro (centrale di tiro).

Le due Ditte italiane, specializzate in strumenti ottici, «Officine Galileo (O. G.)» e «San Giorgio (S. G.)», si erano andate intanto sviluppando e verso la fine della guerra (anno 1918) avevano incominciato a costruire telemetri derivati dai Barr & Stroud.

I telemetri stereoscopici, costruiti in Germania dalla Casa Zeiss e adottati dalla Marina tedesca, non erano ancora in uso presso di noi.

Finita la prima guerra mondiale, le Ditte O. G. e S. G., stimolate dai Dicasteri militari e soprattutto da quello della Marina, proseguirono e intensificarono – in concorrenza tecnica fra di loro – gli studi sui telemetri, costruendo tipi sempre più perfetti e di base sempre maggiore in relazione con la necessità di avere misure sempre più precise e di adeguarsi al progressivo aumento della portata delle armi.

I problemi, sui quali furono concentrati gli sforzi costruttivi, perché dalla loro soddisfacente soluzione dipende la bontà di un telemetro, si possono così elencare:

  • indeformabilità del telemetro, cercando di renderlo insensibile a tutte le cause di deformazione e di dilatazione delle sue strutture (scosse, vibrazioni, variazioni di temperatura, etc.);
  • impermeabilità dello strumento per evitare appannamenti del sistema ottico;
  • aumento del potere d'ingrandimento senza perdere in luminosità;
  • facilità di manovra e di lettura da parte del telemetrista;
  • illuminazione nell'interno dello strumento;
  • trasmissibilità automatica delle misure; [<124-125>]
  • facilità di controllo e di rettifica.

Alla nostra entrata in guerra l'industria nazionale era giunta certamente a rivaleggiare con le più rinomate industrie ottiche del mondo, tanto che aveva avuto anche numerose ordinazioni dall'estero (Russia, Svezia, Norvegia, Giappone, Siam). Una parte del merito va attribuita anche all'Istituto Nazionale Superiore di Ottica di Arcetri - Firenze, che con i suoi studi ed insegnamenti preparava con corsi biennali i tecnici necessari alla nostra industria ottica.

Merito non minore ha avuto la Scuola Telemetristi istituita a Pola dalla Marina nel 1925 coi seguenti compiti principali:

  • formazione dei telemetristi;
  • riallenamento e controllo dei telemetristi che a bordo avevano dato risultati non soddisfacenti;
  • esperienze scientificamente organizzate sull'impiego dei telemetri.

La selezione dei telemetristi era fondata sull'analisi dei risultati delle esercitazioni con l'ausilio di metodi psicotecnici per la valutazione delle loro qualità complementari di quelle visive (carattere, emotività, robustezza fisica, resistenza al mare ondoso, etc.).

Ogni nuovo tipo di telemetro era inviato alla Scuola per addestrare gli uomini nel suo impiego. Per converso la Scuola, attraverso la grande messe di dati sperimentali che era in grado di raccogliere, forniva alla Marina e alle Ditte costruttrici una quantità di preziose indicazioni circa i pregi e i difetti di ogni strumento, contribuendo così al progresso tecnico-costruttivo.

Nel 1939 la Scuola Telemetristi fu affiancata da un «Centro studi ed esperienze per il servizio ottico», il cui direttore fu lo stesso direttore della Scuola.

Il Centro aveva il compito di studiare i sistemi più acconci ad eliminare gli errori di telemetraggio. Fu perciò diviso in due reparti, che lavoravano in stretta coordinazione: il reparto dei servizi oculistici e il reparto dei servizi tecnici. Illustri oculisti e psicofisici ed ingegneri e fisici furono posti a capo dei due reparti, la cui attività – coordinata con quella della Scuola – ebbe grande impulso dal Comandante Ener Bettica, morto poi eroicamente al comando di un Ct.

I risultati del lavoro del Centro furono valorizzati con le norme per l'impiego razionale dei telemetri distribuiti a tutte le navi. [<125-126>]

Le esigenze cui si pensò di dover soddisfare andarono gradatamente affermandosi in base all'esperienza quotidiana che le andava rivelando:

  • opportunità di adottare la stereotelemetria, per i vantaggi di maggiore immediatezza delle misure rispetto al sistema a coincidenza, di minor disturbo provocato dalle oscillazioni della nave in mare ondoso e di possibilità d'impiego anche in condizioni di luce non favorevoli alla netta visione del contorno dei bersagli;
  • convenienza di abbinare nello stesso strumento i due sistemi, per sfruttare le caratteristiche dei due tipi di collimazione a seconda delle condizioni di visibilità del tipo di bersaglio e delle condizioni psicofisiche contingenti dei telemetristi;
  • utilità di misurare, nel tiro contraereo, insieme colla distanza anche la quota dei velivoli;
  • necessità di fornire i sommergibili di telemetri applicabili ai periscopi;
  • vantaggio di misurare gli scarti in gettata, rispetto al bersaglio, delle colonne d'acqua sollevate dai proietti.

Così nel 1927 la Ditta O. G. trasformò, raddoppiandone la base, i due primi stereotelemetri (S. T.) da m. 1,50 acquistati dalla Casa Zeiss e da allora essa e la Ditta S. G. si dedicarono alla costruzione di ST nazionali delle più varie dimensioni, comprese tra un minimo di m. 0,60 fino ad un massimo di m. 12 (questi ultimi destinati alle torri da 381 delle moderne corazzate).

Nel 1931 la Marina si pose il quesito della convenienza di abbinare nello stesso strumento il sistema stereoscopico e quello a coincidenza: già fin dal 1927 la Ditta S. G. aveva presentato alla Marina un campione sperimentale di ST-T da m. 3. Fu così prodotta tutta una serie di telemetri «a doppio uso» (ST-T) da m. 3, 5, 5,20, 7,20 (rispettivamente per i cacciatorpediniere, gli incrociatori e le corazzate).

Senonché nell'uso di questi si rivelarono vari inconvenienti: la linea di smezzamento al di sopra della quale erano le marche per la collimazione stereoscopica ostacolava questa collimazione quando l'immagine, per effetto del moto ondoso, oscillava nel campo; l'apparato ottico era molto complicato a danno della luminosità; avendo il telemetrista libertà di scelta del sistema di collimazione, non era possibile controllare se l'operatore impiegava [<126-127>] effettivamente il mezzo più idoneo alle condizioni del momento, né era possibile sottrarre l'operatore alla tendenza ad usare sempre il sistema a coincidenza, meno difficoltoso e più meccanico di quello stereoscopico.

Perciò nel 1937 furono ideati i telemetri in «duplex», ossia strumenti che riunivano in un unico complesso uno ST e un T otticamente distinti con due operatori distinti. Furono costruiti nei due tipi da m. 7,20 e da m. 12.

Alla costruzione di telemetri stereoscopici atti a fornire anche la quota del bersaglio nel tiro contraereo si dedicò la Ditta S. G., che nel 1924 presentò un primo esemplare da m. 3 di telequotamento o altitelemetro (AT): la quota era automaticamente fornita dallo strumento in funzione della distanza e dell'angolo di sito che esso formava col piano orizzontale una volta puntato sul bersaglio aereo. Successivamente la stessa Ditta creò l'AT da m. 4 per uso della DICAT (Difesa Contraerea Territoriale). Non solo, ma la S. G. realizzò anche un quotametro da applicare agli ST da m. 3 e 4 in servizio.

Ad entrambe le Ditte si deve la costruzione di speciali telemetrini da applicare ai periscopi dei sommergibili; si migliorò così grandemente la loro possibilità di attacco a quota periscopica.

Per la misura degli scarti, le due Ditte O. G. e S. G. crearono i telescartometri (ST-Sc) da m. 5 per i medi calibri e da m. 7,20 per i grossi calibri. I primi telescartometri, però, non diedero risultati soddisfacenti.

Tutti gli ST (eccetto quelli portatili) furono dotati di trasmettitori automatici delle distanze, di illuminazione interna e di sospensioni elastiche per cercare di eliminare la trasmissione delle vibrazioni dello scafo, dannosa non solo alla buona conservazione degli strumenti ma anche alla possibilità di eseguire le collimazioni in modo soddisfacente. Il problema della creazione di adatte sospensioni costò anni di fatiche e di esperimenti, finché nel 1937 esso fu brillantemente risolto dall'Ing. Brini della Ditta Galileo con un sistema di molle disposte su tre assi ortogonali, applicato a ciascun collare di appoggio del telemetro. La difficoltà tecnica che fu dovuta superare consistette nel creare un molleggio conferente al telemetro un periodo di oscillazione così diverso da quello delle vibrazioni da non potersi mai verificare il fenomeno di sincronia e da ottenere anzi il totale smorzamento delle vibrazioni. [<127-128>]

In conclusione gli sforzi concordi delle Ditte S. G. e O. G., della Scuola Telemetristi e del Centro Studi di Pola portarono a risolvere sempre meglio i vari problemi, di fronte ai quali nel 1940 si era giunti a risultati veramente eccellenti, salvo alcune deficienze non ancora del tutto eliminate e che si riportano in breve.

Non si era ancora riusciti a rendere perfettamente stagni gli strumenti, per difetto del tipo di mastice adottato per rendere impervie all'aria esterna tutte le giunzioni ed i passaggi delle trasmissioni di manovra. L'adozione di speciali pompette a circuito chiuso per far periodicamente passare l'aria interna attraverso batterie di sostanze disidratanti non eliminò del tutto l'inconveniente.

I tergicristallo da usare sui cristalli di chiusura degli obiettivi per toglierne gli spruzzi del mare ed il pulviscolo del fumo, non rispondevano ancora perfettamente alla loro funzione e quindi accadeva spesso di dover provvedere durante l'impiego alla pulizia dei cristalli con operazioni manuali.

Nessuna ottica aveva subìto il trattamento antiriflettente, il quale – come è noto – aumenta di molto la luminosità in quanto permette che una maggiore percentuale di raggi attraversi prismi e lenti senza subire riflessioni anomale.

La Zeiss in Germania era più progredita delle Ditte O. G. e S. G. nella realizzazione di questo trattamento, che in Germania era già quasi generalizzato nel 1940, mentre presso di noi era appena all'inizio.

L'illuminazione interna degli strumenti lasciava ancora alquanto a desiderare ed erano in corso provvedimenti per migliorarla.

Vi erano infine inconvenienti minori dipendenti da difetti di sistemazione degli strumenti a bordo, come deficienza ottica dei cannocchiali cercatori e di punteria delle torrette nelle quali erano sistemati i telemetri, sfasamenti nel parallelismo delle linee di mira di tali cannocchiali con quelle dei telemetri, scomodità di posizione dei telemetristi con conseguente anticipazione dello stato di stanchezza.

Come si vede, trattavasi di questioni di dettaglio, importanti anch'esse, ma non influenti sul grado di sostanziale progresso conseguito dall'industria ottica italiana. [<128-129>]


b) Gimetro.

Il gimetro entrò in servizio la prima volta nel 1927 sull'incrociatore Trieste e poi si diffuse a tutte le navi in modelli sempre più perfezionati.

Era un apparecchio trigirostatico, i cui girostati avevano lo scopo di mantenere fissa nello spazio la linea di riferimento dei rilevamenti del bersaglio. Era fatto in modo da dare, con un sistema derivatore, la velocità di rotazione della visuale ossia la variazione del rilevamento rispetto al tempo: questa variazione era inviata con continuità automaticamente alla centrale di tiro.

Il gimetro era sistemato nel locale, situato sotto il ponte corazzato, contenente la stessa centrale di tiro e perciò non puntava direttamente il bersaglio, ma la direzione di quest'ultimo gli era data dall'apparecchio di punteria generale con trasmissione a distanza (1). [Nota a pie' di p. 129: "(1) Come è noto, tutti i pezzi di uno stesso calibro erano puntati da un unico puntatore situato in un punto elevato della nave, manovrante un apparecchio di «punteria generale». Ogni pezzo poteva, però, fare punteria autonoma individuale nel caso di avaria delle trasmissioni o dello strumento di punteria generale stesso".]


c) Inclinometro.

Quasi contemporaneamente al gimetro entrò in servizio l'inclinometro, anch'esso sistemato per la prima volta sul Trieste.

Costruito dalla Ditta O. G. aveva la forma di un grosso binocolo ad obbiettivi fortemente distanziati. Dietro ogni obiettivo era situata una lente, detta anallattica, tagliata secondo il diametro orizzontale in due metà che potevano essere fatte scorrere in senso opposto: esse davano perciò origine a due immagini più o meno spostate l'una rispetto all'altra a seconda dello scorrimento dato alle due mezze lenti.

Per misurare l'angolo β del bersaglio occorreva farle scorrere finché se ne vedevano le due immagini una in prolungamento dell'altra: per quanto si è detto trattando del principio geometrico su cui lo strumento era fondato, è chiaro che lo scorrimento era tanto minore quanto minore era il β e che il massimo scorrimento corrispondeva a β = 90°. È anche chiaro, a parità di distanza e di base, che l'approssimazione delle misure era tanto maggiore quanto più il β era lontano da 90°. Buone [<129-130>] misure si cominciavano a ottenere per valori di β non superiori a 70°. Lo strumento aveva un ricevitore della distanza telemetrica d e un trasmettitore del β misurato.

Nel 1930 la Ditta O. G. perfezionò l'inclinometro, sistemando in un solo blocco tutte le sue parti (ricevitore di d, misuratore di β, trasmettitore) e aggiungendovi un calcolatore automatico dell'angolo di mira ρ da dare ai siluri in funzione della velocità dei siluri e della velocità del bersaglio introdotte nello strumento.

Nel 1929 anche la Ditta S. G. portò la sua attenzione sull'inclinometro e nel 1931 presentò il primo tipo da essa costruito.

Per quanto realizzato in modo notevolmente diverso da quello tipo O. G.-1930 esso presentava le stesse possibilità di misura del β e di determinazione del ρ.

Nel 1932 la S. G. realizzò il teleinclinometro, su progetto del Col. A. N. [Armi Navali] Montauti. Lo strumento constava di due sistemi ottici: l'uno serviva per ricavare la distanza misurando (col sistema dell'allineamento di due immagini, l'una di seguito alla altra) la parallasse dell'altezza del bersaglio (fumaiolo o albero); l'altro dava il β con l'introduzione automatica della distanza così misurata e con l'introduzione manuale della lunghezza del bersaglio.

Anche il teleinclinometro poteva dare il ρ.

Nel 1935 il teleinclinometro fu adattato ai periscopi dei sommergibili e così fu ad essi possibile misurare non solo la distanza del bersaglio, come già potevano fare coi telemetrini, ma anche il β. Con tutte le graduazioni a zero lo strumento consentiva la visione periscopica normale.

Da ultimo nel 1937 fu fatto un ulteriore passo avanti: la Ditta S. G. realizzò quello che fu chiamato teleinclinometro cinematico, perché sfruttando automaticamente la serie delle misure delle due parallassi – verticale e orizzontale – del bersaglio permetteva di ricavare i suoi elementi di moto indipendentemente dai dati di altezza e di lunghezza del bersaglio.

L'inclinometro cinematico, dotato di trasmettitore del brandeggio ai lanciasiluri, dell'angolo di mira ρ al ponte di comando e ai lanciasiluri stessi, dell'angolo β al ponte di comando, fu sistemato sulle torpediniere di nuova costruzione e su alcune navi maggiori. [<130-131>]

Anche per gli inclinometri si avevano a lamentare gli stessi difetti residui citati per i telemetri. Inoltre tutti questi strumenti presentavano l'inconveniente fondamentale di basare la loro misura sulla presunta conoscenza della lunghezza orizzontale della nave nemica, e per il teleinclinometro anche l'altezza di un albero o fumaiolo.

Per l'inclinometro cinematico poi, i dati erano influenzati dagli errori naturali di collimazione dello strumento; in conclusione molto raramente poteva dare i dati che teoricamente avrebbe dovuto fornire; però era un ottimo mezzo per rilevare improvvise accostate della formazione avversaria.1


25° - Centrali di tiro. [...]



1 Si veda anche → Fioravanzo (1975).



All'indice    1974    Indicatore di completezza
Storia § ??
P. Rugafiori, S. Vento, F. Levi, Il triangolo industriale tra ricostruzione e lotta di classe 1945-1948 (Milano, Feltrinelli, 1974), pp. 82-83. Link esterno OPAC SBN

Dipenderà dal fatto che alla San Giorgio la percentuale degli operai specializzati era più alta che altrove, però veramente abbiamo assistito alla formazione di quadri che nascevano dagli operai specializzati e i migliori quadri di partito sono venuti tutti dagli specializzati. A Genova la professionalità era abbastanza elevata, anche all'Ansaldo. C'erano anche gli elementi venuti da fuori, i contadini, assunti durante la guerra... I vecchi operai li chiamavano i "barbieri," quelli venuti da altre professioni. Erano abbastanza numerosi, la base del rigonfiamento da manodopera bellica (G. B., membro Comitato politico di stabilimento San Giorgio e di Consiglio di gestione, comunista).

Il padrone, il capitale pagavano l'operaio specializzato al di fuori delle paghe sindacali e creavano così una condizione di rottura, di disimpegno nei confronti dello stesso sindacato tanto è vero che nelle categorie gli attivisti dei sindacati non risultavano mai gli specializzati, ma quelli a livello più basso... si creava una rottura, una specie di aristocrazia... (E. P., segretario Camera del Lavoro, membro Comitato federale PCI).

In questo contesto aziendale non facile e complesso, oltre all'azione per i cottimi, fece parte dell'attività della Commissione interna intervenire nei numerosi contrasti sulle qualifiche, pur entro limiti ristretti quali l'elencazione degli operai meritevoli di promozioni o degli aumenti di merito. Efficace era l'intervento sulle vertenze di reparto che sovente sorgevano e l'azione a favore di particolari categorie.46

Un ruolo importante gli organismi di fabbrica svolsero nel contestare gli elenchi dei licenziandi predisposti dalle aziende,47 in applicazione dell'accordo sullo sblocco parziale dei licenziamenti del gennaio '46. Le percentuali dei licenziati furono mantenute cosi a livelli più bassi di quelli stabiliti nell'accordo.48 Evidente intervento di controllo, invece, la Commissione interna attua nel momento in cui tende a ricreare, con un'azione apprezzata dalle direzioni, un certo ordine disciplinare e di lavoro delle fabbriche. La liberazione ha creato, accanto ad una disorganizzazione produttiva e finanziaria, un rilassamento della disciplina, un parziale esautoramento della gerarchia aziendale, con la conseguenza di una diminuzione del [<82-83>] potere dei capi reparto.49 Un caso clamoroso di contrasto tra maestranze ed organismi di fabbrica sul problema della disciplina di lavoro avvenne alla San Giorgio nei mesi immediatamente successivi alla liberazione. Era stato chiamato come commissario straordinario, con il consenso del CLN aziendale e delle maestranze, l'ingegner Fanno, che si trovò a dover affrontare una situazione finanziaria dell'azienda non certo facile. La Commissione interna intervenne più volte presso i reparti attivi, dove si registrava un rallentamento della produzione, per far intensificare il ritmo.50 Questa attenzione alla disciplina di lavoro del commissario, coadiuvato dalla Commissione interna, non fu tollerata dalle maestranze, che non vedevano aumentare in modo consistente il carico di lavoro e costrinsero l'ingegner Fanno a dimettersi,51 senza che fosse sorto alcun attrito tra quest'ultimo e gli organismi interni.52


46 All'Ansaldo la Commissione interna, oltre a concordare aumenti di percentuale di cottimo a tutti i percentualisti "improduttivi," firmò accordi che portavano i discontinui e i sorveglianti da 12 a 8 ore con la paga precedente e garantivano particolari indennità per le lavorazioni nocive. [Nota a pie' di p. 82]

47 Cfr. AAI, scaf. 6 clas. 5, Cartella sblocco dei licenziamenti. In una lettera in cui si analizza il problema dello sblocco si afferma tra l'altro: "... Circa l'azione delle Commissioni interne è da osservare che mentre alcune di esse, attenendosi più allo spirito che alla lettera della convenzione, hanno svolto un'azione equilibrata e conciliante presso le direzioni dello stabilimento, altre invece, forse in maggior numero, hanno praticamente reso inattuabile la facoltà delle ditte di procedere ai licenziamenti nelle percentuali previste." [Nota a pie' di p. 82]

48 L'azione efficace contro i licenziamenti è testimoniata da un'indagine statistica condotta dall'Associazione Industriali su 28 aziende per un totale di 61.036 dipendenti al 31 dicembre '45. I licenziati nelle ditte prese in esame risultano 2.958, pari ad una percentuale del 4,85%, nettamente inferiore alla percentuale globale prevista dall'accordo nel 13%. Cfr. AAI, scaf. 6 clas. 5, Cartella "sblocco licenziamenti-problemi connessi." [Nota a pie' di p. 82]

49 Il riconoscimento di una situazione di rilassamento disciplinare nei posti di lavoro non si deduce solo da documenti padronali. A parte gli inviti alla disciplina che si possono leggere su "l'Unità," e su "La Voce del Lavoro," quindicinale della Camera del Lavoro, un quadro sufficientemente ampio sulla disciplina di lavoro in fabbrica si trova in "Gente Nuova," periodico di fabbrica dello stabilimento Ansaldo Meccanico. [Nota a pie' di p. 83]

50 Cfr. AGP, fasc. 8-10/5. Lettera del Commissario Fanno al Prefetto, 20 luglio '45. [Nota a pie' di p. 83]

51 Cfr. ASG, CLN 23. Lettera di dimissioni dell'ing. Fanno alla Commissione economica del CLN. 24 settembre '45. [Nota a pie' di p. 83]

52 Cfr. AGP, fasc. 8-10. Lettera del CLN aziendale San Giorgio al Prefetto, 4 gennaio '46. Già precedentemente la Commissione interna aveva dovuto riconoscere su un altro problema – la costituzione di un "ruolo speciale" per gli impiegati disoccupati non ancora assunti – la propria impotenza a controllare la spinta dal basso: "... Le maestranze ci hanno comunicato l'intenzione di movimenti di carattere generale, se la questione non sarà risolta... Allora le Commissioni interne, non potendo più influire sulle masse, rigetteranno la responsabilità di ciò che potrà accadere su chi ne osteggia la soluzione..." AGP, fasc. 8-10/5, Lettera delle Commissioni interne al Prefetto. [Nota a pie' di p. 83] 1



1 L'opera, che riguarda in più parti la San Giorgio, riprende in parte: P. Rugafiori, "Ricostruzione economica e classe operaia 1945-1948: il caso di Genova", Rivista di storia contemporanea, 2 (1973), n. 3, p. 315.



All'indice    1974    Indicatore di completezza
Storia § ??
C. Brizzolari, Un archivio della Resistenza in Liguria (Genova : Di Stefano, 1974), pp. 148, 472, 473, 557, 691-696, 960, 1018-1019, 1052-1054, 1077-1080, 1185. Link esterno OPAC SBN

LA RESISTENZA IN LIGURIA : TEMI E ASPETTI SIGNIFICATIVI
[saggio introduttivo] 1

Nel novembre-dicembre [1943] si formò ufficialmente il C.L.N. di Sestri Ponente, che riuscì sempre a tenere un certo collegamento con i circa 20 mila operai dei grandi complessi industriali della zona, svolgendo opera di propaganda, specie in relazione al sabotaggio degli impianti e dei materiali. [...]

L'attività dei Comitati periferici non ebbe mai un marcato carattere di guida politica, ma fu prevalentemente di natura assistenziale e di fiancheggiamento all'attività militare. Come già si è avuto occasione di accennare, [<147-148>] fu anche curata l'assistenza alle famiglie dei partigiani e degli operai deportati, si inquadrarono i G.A.P. [Gruppi di Azione Patriottica] e le S.A.P. [Squadre di Azione Patriottica o Partigiana] L'azione dei Comitati periferici contribuì inoltre a tener viva nelle delegazioni cittadine la piattaforma politica del C.L.N., a concretare la sua attività di governo e, in parte, a preparare e stimolare forme di autogoverno locale.33

Anche l'iniziativa di costituire C.L.N. aziendali, che sollevava concretamente il problema del rapporto tra lotte operaie e movimento di resistenza, si inserì – a Genova come negli altri centri industriali della Liguria e dell'Italia settentrionale – nel tessuto già ricco di iniziative e di esperienze della lotta di fabbrica, proiettandovi e sovrapponendovi la formula e l'equilibrio politico del C.L.N.

Nell'estate del 1944 i Comitati aziendali sorsero pertanto numerosi in tutta la regione, costituendo progressivamente una fittissima e unitaria rete organizzativa. A Genova, al momento della Liberazione, si conteranno ben centoundici di questi organismi, presenti, oltre che nelle grandi fabbriche del ponente e della Valpolcevera, nelle piccole aziende, nelle compagnie di navigazione, negli uffici pubblici, nelle redazioni dei giornali, nelle banche, nelle scuole, ecc.34

In luglio il C.L.N. si costituì al Cantiere Navale, all'Artiglieria, alla S. Giorgio di Sestri e all'Ilva di Bolzaneto; in agosto al Fossati e all'Ansaldo Carpenteria; in ottobre alla SIAC; in novembre all'OARN. [...] [<148-149>] [...]

Nei Comitati aziendali si determinò, quasi sempre, una preponderanza comunista; tuttavia la loro costituzione consentì il progressivo recupero delle altre forze, il riemergere di vecchi militanti e l'adesione di nuovi, l'allargamento della base politica della cospirazione e della lotta nelle fabbriche. Per molti incerti, la formula paritetica e unitaria del C.L.N. costituiva una garanzia: se il rappresentante comunista non mancava, si può dire, in nessuno dei Comitati aziendali, anche i democristiani e i socialisti erano quasi sempre presenti e, anche se più raramente, erano presenti gli azionisti e i repubblicani.35


33 Ibidem [A. Gibelli, Genova operaia nella Resistenza (Genova, 1968)], pp. 112-113. [Nota a p. 199]

34 Ibidem, pp. 167-173; cfr. anche documento a pp. 1103-1104. [Nota a p. 199]

35 Cfr. A. Gibelli, Genova operaia ecc., cit., pp. 173-174; e Testimonianza di P.E. Taviani. [Nota a p. 199]


PROPOSTA DELLA D.C. ALLEGATA AL VERBALE DELLA SEDUTA / C.L.N. PER LA LIGURIA DEL 3 SETTEMBRE 1944
[fonte primaria] 2

[Il C.L.N. si pone il problema di come gestire il Comune di Genova dopo l'insurrezione cittadina. Secondo la Democrazia Cristiana, le funzioni di governo devono spettare al C.L.N., mentre quelle amministrative "spettano al sindaco, coadiuvato da due vicesindaci e da un consiglio popolare provvisorio"; questo sarà composto da una quarantina di persone, di cui devono far parte "1 lavoratore dell'Ansaldo-Siac" e "1 lavoratore della San Giorgio" – p. 472. Il verbale documenta la decisione di allargare la rappresentanza a "4 lavoratori dell'industria pesante", senza definire a priori le aziende].


VERBALE SEDUTA C.L.N. PER LA LIGURIA / DEL 12 OTTOBRE 1944
[fonte primaria] 3

[I rappresentanti dei principali partiti (P.S., P.C. e D.C.) relazionano sulle trattative, da tenere assolutamente segrete, con i maggiori industriali liguri, tra cui il gruppo Ansaldo e la San Giorgio – p. 557 – per la distribuzione di mezzi di sussistenza ai sinistrati, la sospensione dei licenziamenti, il pagamento dello stipendio ai lavoratori assenti dal lavoro, anticipazioni di salario a tutti i lavoratori e il finanziamento del C.L.N., sia nel breve termine che subito prima dell'insurrezione generale, quando sarà diramato l'ordine di disertare il lavoro].


VERBALE SEDUTA C.L.N. PER LA LIGURIA / DEL 6 DICEMBRE 1944
[fonte primaria] 4

Sono presenti i rappresentanti di tutti i partiti. Assume la presidenza il rappresentante del P.R.

Ordine del giorno
1) Questione Soc. S. Giorgio.
2) Varie.

1) Questione Soc. S. Giorgio.

Il rappr. del P.S. riferisce che il Comitato aziendale della S.G. si è lamentato perché il C.L.N. avrebbe trattato coi dirigenti della [<691-692>] S.G. mentre stava trattando il Comitato aziendale, arrivando a una conclusione più sfavorevole per gli operai in quanto, mentre il Comitato aziendale stava per ottenere tre mensilità di salario, il C.L.N. avrebbe trattato per due mensilità soltanto. Il rappr. del P.S. tiene a precisare che quanto lamentato dal Comitato di Sestri non ha fondamento. A lui risulta che le richieste del C.L. aziendale erano state presentate al Direttore dello Stabilimento, il quale doveva sottoporle all'Amministrazione, che unica poteva decidere. Stando così le cose non è affatto vero che le trattative svolte da parte del rappr. del C.L.N. siano state svantaggiose per gli operai, ed a questo proposito il rappr. del P.S. prega il Comitato di dargli atto che le trattative da lui svolte sono state condotte nello spirito della deliberazione del C.L.N. per la Liguria, e secondo il mandato da lui ricevuto. Comunica inoltre che la S.G. ha affisso nel suo stab. un avviso nel quale dà atto che pochi sono stati i dipendenti che hanno chiesto di essere liquidati, e dovendo la Soc. procedere necessariamente ad una graduale riduzione di personale, stabilisce che il personale stesso verrà sospeso in attesa di poterlo assorbire diversamente. In tale avviso si fa inoltre presente che al personale licenziato verranno corrisposte le indennità di preavviso, di licenziamento, di premio speciale equivalente all'importo di quattro quindicine e che non sarà trattenuto il prestito già concesso. In tale avviso si dice altresì che agli operai non verrà ritirato il tesserino degli spacci, onde potranno continuare a usufruire della distribuzione di viveri. Il rappr. del P.S. precisa che il numero degli operai da licenziarsi, ammonterebbe a circa 4.000.

Dopo tale esposizione, il rappr. del P.S. presenta la seguente deliberazione del Comitato esecutivo del suo partito:

«Il Comitato Esecutivo della Federaz. Prov. del P.S.I. di Unità Proletaria; esaminata la grave situazione della popolazione genovese in rapporto all'alimentazione; constatato che le già insufficienti assegnazioni di viveri fatte dalle autorità locali attraverso le carte annonarie sono diventate addirittura irrisorie, perché oltre alla ridottissima razione di pane, in ben quattro mesi sono stati assegnati solamente 1 kg. di riso e 200 grammi di burro, e cioè molto meno di 10 gr. di riso al giorno e meno di 2 gr. di condimento, essendo [<692-693>] cessate in questo periodo tutte le assegnazioni di carni e di altri generi; rileva che queste assegnazioni fatte in 4 mesi sono tutt'al più sufficienti per vivere malamente una settimana e che quindi a tutta la popolazione non resta che da procurarsi attraverso il mercato nero il minimo indispensabile per non morire di fame; osserva che le classi lavoratrici, disponendo di guadagni giornalieri limitati, non hanno la possibilità di acquistare quanto occorre per un modesto sostentamento per le loro famiglie e tanto meno possono provvedersi una sia pur modesta riserva di viveri per i prossimi giorni più dolorosi; rileva anche che sofferenze più gravi si annunciano per forti masse lavoratrici minacciate di licenziamento perché, per mancanza di materiali, molte lavorazioni sono state sospese.

«Tutto ciò esaminato / DELIBERA / di dare mandato al proprio rappresentante nel C.L.N.:

«1) di svolgere adeguata azione opponendosi ad ogni licenziamento, ricordando agli imprenditori che hanno il dovere, per solidarietà nazionale, di continuare a far lavorare, a costo di qualsiasi sacrificio, le masse operaie e impiegatizie che hanno così largamente contribuito, con sforzi e sacrifici tanto dolorosi, alla creazione di quelle ricchezze che essi oggi amministrano;

«2) di appoggiare le richieste delle masse lavoratrici per un congruo anticipo atto a fronteggiare le difficoltà di oggi e di domani, difficoltà che potranno essere superate se tutti potranno assicurarsi, magari attraverso organizzazioni aziendali, quelle provviste di farina, di riso, di olio ecc. che le autorità locali avrebbero dovuto provvedere e che delittuosa incapacità non ha saputo preparare.

«Fa voti perché tutti gli imprenditori, grandi e piccoli che siano, dimostrino coi fatti di saper intendere i doveri imposti dal difficile periodo che attraversiamo».

Il rappr. del P.C. conferma la lamentela del Comitato aziendale della S.G., di cui rammostra lettera, confermata da altra lettera del C.L. della delegazione di Sestri P. In conseguenza di tale lamentela, [<693-694>] il rappr. del P.C. propone che il Comitato deliberi che le trattative debbano essere condotte dai Comitati aziendali e che il C.L.N. debba appoggiare questi Comitati aziendali nelle loro richieste. Il rappr. del P.C. dichiara di essere d'accordo con la deliberazione presentata dal rappr. del P.S.

Il rappr. della D.C. osserva che l'opporsi al licenziamento degli operai significa un mutamento di una precedente deliberazione del Comitato, secondo la quale si era consigliato il licenziamento, mediante corresponsione agli operai di alcune mensilità di salario. Osserva inoltre che insistere perché gli operai continuino a lavorare, significa sostenere una politica di collaborazione coi tedeschi, in quanto è notorio che le industrie lavorano unicamente su ordinazioni delle autorità tedesche. Sostiene inoltre che se si ammette questa forma di collaborazione che conduce al rifornimento di armi per il nemico, si dovrebbero a maggior ragione ammettere trattative coi tedeschi, al fine di salvare macchinari, industrie, case e cose in genere dei civili, trattative che il C.L.N. ha assolutamente escluso di voler fare.

Il rappr. del P.L. osserva che la lamentela del Comitato aziendale non ha ragione d'essere anzitutto perché il C.L.N. aveva trattato una questione di carattere generale con tutti gli industriali, in vista di una temuta imminente deportazione di operai e inoltre perché di fatto i dirigenti della S.G. non hanno dato né le 2 né le 3 mensilità, onde la lamentela è superata da uno stato di fatto. Il rappr. del P.L. non è d'accordo acché il C.L.N. debba appoggiare le richieste dei Comitati aziendali per ciò che attiene a migliori condizioni di lavoro o a premi o assegnazioni speciali. I Comitati aziendali in quanto trattino questioni di lavoro, possono rivolgersi e confluire per le loro richieste nel Comitato intersindacale. Già precedentemente si è deciso che quando gli operai agitino questioni di natura economica o salariale, il C.L.N. non è competente a decidere se non in quanto le questioni abbiano un fondamento di natura politica, in relazione alla lotta di liberazione. Poiché il P.L., come il P.A., non è rappresentato nei Comitati aziendali, non può avallare né appoggiare in seno al C.L.N. richieste avanzate da una classe sociale, di cui non vi ha [<694-695>] garanzia che siano fondate sopra un'ampia e approfondita discussione coi datori di lavoro. Il P.L. non è un partito di classe e non può prendere decisioni se non in quanto siano sentite tutte le parti interessate a una determinata questione. Tale presupposto è altresì indispensabile per la stessa serietà del Comitato, che potrebbe trovarsi a dover appoggiare richieste che i datori di lavoro, in ipotesi, non potrebbero tecnicamente, o per la situazione finanziaria, soddisfare. Circa il licenziamento degli operai, osserva che in effetti è grave dover consigliare gli operai di continuare a lavorare fornendo così altri mezzi bellici al nemico. Ammettere ciò, significa urtare contro il principio che ha animato il C.L.N. fin dal primo giorno della lotta e cioè di incitare la popolazione a non collaborare in nessun modo coi nazi-fascisti. Rileva ancora che, mentre si agita continuamente in seno al Comitato, la questione sulla situazione economica degli operai, non mai una volta si è parlato della ben talvolta più tragica situazione di parecchi impiegati, dei pensionati e di varie altre categorie che, in modo particolare, risentono della grave situazione del momento. Il rappr. del P.L., rendendosi tuttavia conto della gravità della questione, si riserva di fissare l'atteggiamento del suo Partito, dovendo interpellare l'Esecutivo del Partito stesso.

Il rappr. del P.R. dichiara d'essere contrario ai licenziamenti degli operai, a costo che gli industriali debbano assumere nuovo lavoro su ordinazione dei tedeschi, invitando tuttavia gli industriali a sabotare, nel tempo, il lavoro stesso.

Il rappr. del P.A. dichiara di riservarsi ogni decisione in merito ai licenziamenti degli operai, dopo aver interpellato il suo partito. Circa la competenza dei Comitati aziendali, ritiene che sia una materia che deve essere riesaminata ampiamente.

Il rappr. della D.C. osserva, in contrasto con un rilievo che aveva fatto il rappr. del P.C., che è impossibile che gli industriali possano pagare gli operai anche se essi industriali non hanno più lavoro. La massa dei salari da pagare è tale che, se gli industriali non avessero incassi attraverso le lavorazioni, non potrebbero assolutamente provvedere alla corresponsione di tali salari, se non per un tempo limitatissimo. Devesi altresì tener conto che i capitali industriali sono [<695-696>] per la maggior parte investiti in macchinari, e non si può pretendere che essi svendano le aziende, in una parola distruggere le aziende stesse, per pagare poche quindicine di salario agli operai; tanto più che il macchinario sarebbe senz'altro comperato dai tedeschi. Osserva ancora che se si ammette il principio che gli operai possono continuare il lavoro nell'interesse dei tedeschi, senza che per questa collaborazione per l'avvenire ne derivi una minorazione nei confronti di coloro che si sono astenuti da tale lavoro e che hanno partecipato alla lotta antitedesca, si devono anche scagionare tutti quegli impiegati, funzionari di enti pubblici, che hanno dovuto giurare fedeltà alla repubblica fascista, per la necessità di sostenere sé e la famiglia. In conseguenza di tale dichiarazione, il rappr. della D.C. ha proposto il seguente o.d.g.:

«Il C.L.N. per la Liguria, / preso atto dell'o.d.g. presentato dal rappr. del P.S. riguardante il problema dei licenziamenti / DELIBERA

«di invitare gli operai che ne hanno la possibilità ad abbandonare il lavoro; ciò nonostante, tenuto presente le attuali condizioni e la dichiarazione degli Alleati circa l'andamento della guerra invernale in Italia;

«il C.L.N. invita gli industriali a fare tutto il possibile per evitare i licenziamenti che significano un peggioramento della grave indigenza che opprime la classe operaia.

«Al tempo stesso il C.L.N., mentre riconferma il principio che gli impiegati statali e parastatali non debbano giurare fedeltà alla repubblica sociale, prende atto della necessità di sussistenza che può obbligare gli impiegati stessi, delle categorie più povere, a continuare il lavoro».

Il Comitato decide di rinviare una decisione in merito alla prossima seduta. [<696-697>]

2) Varie [...]

Il presente Verbale viene redatto in n. nove copie che vengono distribuite ai rappresentanti dei sei partiti, due inviate per conoscenza al C.L.N.A.I., ed una destinata all'archivio.


SITUAZIONE DELL'INDUSTRIA GENOVESE
[fonte primaria allegata al rapporto del C.L.N. per la Liguria alla Missione Alleata, 28 febbraio 1945] 5

Gli impianti industriali della zona della grande Genova non si possono considerare in complesso molto gravemente danneggiati dalle incursioni aeree. Gravi danni vi sono stati soprattutto negli impianti siderurgici della S.I.A.C. di Cornigliano, e negli impianti delle fabbriche che lavorano nel porto. Gli impianti soffrono piuttosto delle insufficienti manutenzioni e riparazioni a causa della mancanza di materie prime e di mezzi. [...] [<959-960>] [...]

I principali stabilimenti siderurgici sono la S.I.A.C. di Cornigliano, l'Ilva di Sestri Ponente, l'Ansaldo Fossati di Multedo e la ditta Fratelli Bruzzo di Bolzaneto. La produzione di tutti questi stabilimenti, anche quando non è ostacolata dalla distruzione degli impianti, è ridotta molto gravemente per la mancanza di materie prime siderurgiche, per la mancanza di carbone e per la deficienza di mezzi di trasporto, sia ferroviari che su strada. I nuovi impianti della S.I.A.C. di Cornigliano, che erano stati condotti a termine, ma che non avevano ancora iniziato la produzione, sono stati requisiti e trasportati in Germania nella loro parte principale.

I forni da coke, dell'Ansaldo di Cornigliano e dell'Ilva di Bolzaneto, sono quasi completamente fermi, in seguito alla cessazione quasi completa dei rifornimenti di materie prime.

Gli stabilimenti meccanici della regione sono principalmente l'Ansaldo Fossati di Multedo, la San Giorgio di Sestri Ponente, lo Stabilimento Meccanico dell'Ansaldo di Sampierdarena, il gruppo degli stabilimenti Ansaldo di Fegino (Artiglierie, Elettrotecnico, oltre allo stabilimento Delta dell'Ansaldo, dedicato a lavorazioni metallurgiche), la società Attilio Bagnara di Sestri Ponente, lo Stabilimento Carpenteria dell'Ansaldo di Cornigliano. L'industria delle costruzioni navali è rappresentata principalmente dal Cantiere Navale dell'Ansaldo di Sestri Ponente, al quale va aggiunto lo Stabilimento Allestimento Navi dell'Ansaldo di Sampierdarena e, nel porto di Genova, le Officine Allestimento e Riparazioni Navi, di proprietà della società Ansaldo. Tutto questo gruppo di stabilimenti è stato in parte danneggiato dalle incursioni aeree (specialmente nella zona del porto di Genova). Inoltre un ammontare notevole di materiale per il valore [<960-961>] complessivo di qualche centinaio di milioni, è stato asportato in Germania. Il gruppo industriale di Fegino è stato in parte notevole smobilitato, e i macchinari, le attrezzature, ecc., sono state trasportate nell'Italia settentrionale in provincia di Bergamo, dove si è pure trasferita una parte delle maestranze. In tal modo la capacità produttiva degli impianti rimasti nella zona genovese si è ridotta abbastanza seriamente. Ma la diminuzione più grave è avvenuta nella produzione effettiva. La produzione di armi è caduta quasi a zero in seguito alla mancanza di ordinazioni. I vari stabilimenti hanno cercato di sostituire le produzioni belliche mediante produzioni per il consumo civile, ma in seguito alle insormontabili difficoltà di rifornimenti di materie prime, di combustibili e di materiali di ogni genere, in seguito alla difficoltà di modificare i mezzi produttivi per le nuove produzioni, e a causa delle grandissime difficoltà e costi dei trasporti, non hanno potuto che compiere la trasformazione che in parte molto modesta. Attualmente le principali fabbricazioni ancora in corso sono soprattutto lavori di riparazione, di completamento ecc., principalmente per condurre a termine ordinazioni ottenute nel passato.

La direzione tecnica e amministrativa delle industrie genovesi è completamente in mani italiane. Tuttavia la gestione delle imprese dipende in misura decisiva dalla regolamentazione delle autorità tedesche, sia di quelle militari che di quelle preposte alla produzione industriale. Sono infatti queste che determinano sia le assegnazioni di materie, sia le assegnazioni dei trasporti, e che quindi hanno in mano i fattori decisivi per regolare la produzione. Inoltre, fino a poco tempo fa, anche la produzione veniva assorbita in gran parte da committenti tedeschi; in un periodo più recente tuttavia le direzioni delle principali industrie genovesi hanno potuto ottenere di svincolare la produzione dalla destinazione a tali enti, riassorbendola per il consumo civile. Però agli effetti pratici, questo risultato è rimasto senza grande importanza giacché contemporaneamente le difficoltà di rifornimenti e di trasporti si sono gravate a tal punto da non consentire che un inizio molto modesto delle produzioni con tale destinazione. [...]


S.A.I. SAN GIORGIO
[fonte primaria estratta dall'Esame della situazione industriale della Liguria, 6 marzo 1945] 6

Importante complesso industriale. I reparti attualmente rimasti in loco sono i seguenti.

Stabilimento di Sestri Pon., con circa 1.000 operai: carpenteria meccanica, fonderia, torneria, riparazioni di macchinario elettrico.

Stabilimento di Rivarolo, con circa 600/800 operai: carpenteria, fabbrica di bilici, distributori di benzina, cucine elettriche, piccolo macchinario elettrico, macchine sollevatrici.

Questa Società però ha trasferito i reparti più importanti, disseminandoli in modo tale da compromettere addirittura la solidità economica dell'azienda, sia per la disorganizzazione di essa, sia per l'aumento pazzesco dei costi di produzione e delle spese generali. [<1018-1019>]

Il decentramento della SAN GIORGIO rappresenta un tipico caso di sperpero insensato, e su di esso dovrà, ritengo, eseguirsi una rigorosa inchiesta per accertare a chi sia da attribuire la responsabilità.7

L'elenco delle dislocazioni è eloquentissimo. Si trovano:
a Cambiano (Torino) il reparto proiettori e fotoelettrico,
a Vespolate (Varese) il reparto lancia-siluri,
a Seregno il reparto elettromeccanico (motori); fabbricazione di trasformatori (importantissimo);
a Andorno Micca un reparto di trasformatori, fermo ed impossibilitato a lavorare,
a Como il reparto ottico già a La Spezia,
ad Acqui la fabbrica di raddrizzatori e [a] vapori di mercurio, e di apparecchiatura relativa (importantissima),
a Ovada due reparti che costruiscono centrali di tiro (reparto di meccanica di precisione),
a Campoligure il reparto ottica, già a Sestri,
a Marostica il reparto fabbricazione specchi per riflettori,
a Desio le Direzioni,
a Legnano reparti vari.

Si tratta di un'azienda che può essere utilissima al momento della liberazione, specialmente con i reparti elettrotecnici. Molto di più lo avrebbe potuto essere, se non si fosse sparpagliata ai quattro venti. Nel quadro della ricostruzione, la Società deve riunire tutti i suoi reparti nei propri antichi stabilimenti, adatti, ben attrezzati e con maestranze esperte, se si vuole che essa possa vivere. Ritengo che la SAN GIORGIO rappresenti un risultato tipico della politica industriale fascista, la quale ha portato a prescindere completamente dal fattore economico. Con un radicale cambiamento di rotta, quest'azienda potrà avere un ruolo notevole nell'economia generale.


SEDUTA STRAORDINARIA / DEL C.L.N. DI SESTRI PONENTE
[fonte primaria] 8

Genova Sestri, 11 marzo 1945

Ordine del giorno
1) Inchiesta sul caso Rag. M.S. della San Giorgio.9 [...]

Seduta straordinaria del Comitato presenti due delegati del C.L.N. Liguria. [<1052-1053>]
I delegati del C.L.N. Liguria si dichiarano i rappresentanti dei Partiti: Democratico Cristiano e Comunista.
La seduta ha inizio alle ore 9 col saluto augurale che i delegati del C.L.N. Liguria, a nome dello stesso, rivolgono al C.L.N. di Delegazione.

1) Alla discussione del primo punto dell'ordine del giorno vengono ammessi i due rappresentanti del C.L.N. San Giorgio.

Il Segretario della Delegazione riassume succintamente lo svolgimento della pratica rag. M.S. consegnando ai rappresentanti del C.L.N. Liguria copia dei seguenti documenti:

– lettera del Comando Colonna Negro al IV Comando di Divisione S.A.P. di Torino;

– verbale d'accusa elevato a carico del rag. M.S. dal C.L.N. della Delegazione di Sestri.10

Il rappresentante del P.C. in seno al C.L.N. Liguria chiede ai rappresentanti del C.L.N. San Giorgio se il Comitato e le maestranze sono d'accordo su quanto esposto dalla Delegazione nel suo verbale, ottenendo risposta affermativa.

Il rappresentante del P.D.C. in seno al C.L.N. Liguria dichiara che il C.L.N. Liguria non ha preso parte alcuna alla liberazione del rag. M.S. Il mandato che l'ex rappresentante del P.S.I. in seno al C.L.N. Liguria aveva di trattare coi dirigenti dello stabilimento San Giorgio deve ritenersi scaduto da tempo dovendo intendersi lo stesso limitato alle sole vertenze di carattere d'urgenza sorte nello scorso settembre.

Viene deliberato che il C.L.N. Liguria aprirà una rigorosa inchiesta per appurare i fatti. Ai fini dell'inchiesta il Segretario, con l'adesione unanime dei membri del Comitato di Delegazione, ritiene opportuno precisare:

a) come poteva l'ex rappresentante del P.S.I. in seno al C.L.N. Liguria, non facendo più parte del Comitato, impegnarsi alla liberazione del rag. M.S.? [<1053-1054>]

b) in fatto di accusa perché il Comandante della Colonna Negro non ha dato la precedenza ai capi esposti dalla Delegazione di Sestri, capi approvati dal C.L.N. San Giorgio, unici organismi capaci di giudicare il rag. M.S. essendo lo stabilimento dallo stesso amministrato nella loro giurisdizione? 11

Rientrando in sede il rag. M.S., il C.L.N. San Giorgio è autorizzato ha [a] portare a conoscenza delle maestranze l'estratto del verbale d'accusa elevato a suo carico e ciò affinché le maestranze conoscano la giusta linea di condotta seguita dagli organismi responsabili per il giudizio.


VERBALE SEDUTA C.L.N. PER LA LIGURIA / DEL 23 MARZO 1945
[fonte primaria] 12

Sono presenti i rappresentanti di tutti i partiti.
Funge da Presidente il rappresentante della D.C.

Ordine del giorno
1) Questione San Giorgio.
2) C.L.N. della città di Genova.
3) Commissione Epurazione Industriale.
4) Varie. [<1077-1078>]

1) Questione San Giorgio.

Il rappr. del P.C. dà comunicazione degli accordi che sarebbero intervenuti per la liberazione del rag. S.M., in base a una comunicazione del C.L. della Soc. S.G. e del C.L. di Sestri P.

Il rappr. del P.C., a seguito di lunga discussione, propone:

a) il Comitato prenda atto delle accuse formulate dai C.L. di Sestri e della S.G.;

b) confermi che la soc. S.G., diretta dal funzionario rag. S.M., non solo non è venuta incontro alle esigenze del movimento di liberazione ma, nel caso specifico dei licenziamenti, si è comportata contro il deliberato del C.L. per la Liguria;

c) proceda ad inchiesta sul modo come si è addivenuti alla soluzione del caso rag. S.M.

Il rappr. del P.L. ritiene che il Comitato non possa emettere un atto di accusa se non attraverso la Commissione di Giustizia e il regolare Tribunale, in quanto, fra l'altro, sarebbe necessario fare delle accurate indagini al riguardo. Non ha alcuna difficoltà a prendere atto che la soc. S.G. avrebbe fatto dei licenziamenti, nonostante che il C.L. per la Liguria si fosse pronunciato contro qualsiasi licenziamento non autorizzato. Sul punto c), ritiene che, poiché l'accordo è stato accettato sia dal C.L. della S.G. ed implicitamente dal C.L. della delegazione di Sestri P., la questione sia superata, tanto più che nella stessa lettera del C.L. della S.G., in data 13-3-45, si dice in quali circostanze è avvenuta la liberazione del rag. S.M.

Il rappr. del P.A. prende atto dei documenti esibiti. Quanto al merito degli stessi, osserva che, mentre in base ai seri elementi emersi, potrebbe essere confermato il contenuto degli stessi, e ritiene che ciò rientri nella competenza del Comitato, tuttavia ritiene ciò superfluo nella specie, non intendendosi oggi da questi derivarne delle conseguenze pratiche. Quanto al punto c), ritiene di prendere atto degli accordi intervenuti e precitati, dei Comitati periferici, ai quali sarà opportuno far noto che agli accordi stessi non ha partecipato il C.L.N. regionale, delegando suoi rappresentanti. [<1078-1079>]

Il rappr. del P.S., per ciò che riguarda i primi due punti, è d'accordo di confermare le accuse contenute nel verbale del C.L. della S.G. Per quanto si riferisce in merito all'operato dell'ex membro del C.L.N. per la Liguria, rappr. del P.S., che si sarebbe interessato delle trattative per il rag. S.M., ritiene opportuno richiedere allo stesso un dettagliato rapporto circa il suo operato. A questo proposito, però, tiene a confermare che detto rappresentante ha già dichiarato di avere agito di sua personale iniziativa.

Il rappr. del P.R. prende atto delle accuse contenute nell'esposto del C.L. di Sestri; ritiene che le accuse stesse mosse al rag. S.M. debbano essere vagliate e discusse dalla Commissione di Giustizia. Per quanto riguarda l'operato della S.G., riguardo ai licenziamenti, detta società si è messa contro il deliberato del C.L. per la Liguria. Sull'accordo intervenuto, ne prende atto e ritiene che i C.L., sia aziendale che di Sestri, avrebbero dovuto informarne preventivamente il C.L.N. per la Liguria.

Il rappr. della D.C. aderisce ai tre punti proposti dal rappr. del P.C., con l'aggiunta peraltro che la conferma delle accuse non significa sentenza di condanna. Prima di passare alla condanna, il Comitato dovrebbe ascoltare la parte accusata, oppure rimettersi ad un regolare processo degli organi appositamente costituiti.

Il Comitato delibera di inviare al C.L.N. di Sestri P., la seguente lettera:

«Il C.L.N. per la Liguria ha esaminato la questione S.G. rag. S.M. Il Comitato si duole che la pratica sia arrivata quando, praticamente, è già stata risolta, per non essere stato il Comitato preavvisato fin dall'inizio di tutta la faccenda. Il Comitato conferma di non avere autorizzato alcun suo membro a trattare la liberazione del rag. S.M. né a trattare, in particolare, gli accordi di cui ci avete dato notizia; accordi che, a quanto pare, sarebbero ormai di gradimento del C.L. della S.G. e che pertanto il Comitato non ritiene di dover modificare, restando però fermo che detti accordi riguardano esclusivamente la liberazione del rag. S.M.».

Il Comitato incarica la Segreteria di scrivere una lettera a P., chiedendo informazioni sul suo operato, nonché una lettera al [<1079-1080>] C.L.N.A.I., circa gli eventuali accordi politici cui si accenna nella lettera del C.L. di Sestri P.

[...]

3) Comitato Epurazione Industriale.

Il Comitato, esaminata la questione delle disposizioni per l'epurazione degli enti industriali e commerciali, delibera di invitare la Commissione Economica a voler proporre i propri punti di vista sull'epurazione degli enti industriali e commerciali, indicando i criteri e i limiti di tale epurazione. [...]


COMITATO DI LIBERAZIONE NAZIONALE / CORPO VOLONTARI DELLA LIBERTÀ
[fonte primaria, 20 aprile 1945] 13

[Il Comando Militare Unificato della Liguria comunica alla 10ª Divisione Giustizia e Libertà di Piacenza che "l'ing. A. C., Direttore della Ditta San Giorgio di Sestri Ponente" non si è recato a un appuntamento richiesto da tale Divisione, perché pervenuto "direttamente a mezzo di normale servizio postale", con una grave violazione delle norme da seguire in materia di segretezza – p. 1185. Nel testo o in nota non sono sciolte le iniziali, ma deve trattarsi di Alberto Cantù].



1 Le citazioni sono tratte, in realtà, dall'unica ristampa (1984), che pare conforme alla prima edizione sopra citata. L'opera è divisa in due parti:
- la prima contiene un lungo, ma necessariamente schematico, saggio di Brizzolari;
- la seconda, le fonti primarie in ordine cronologico (molte riguardano, indirettamente, anche la San Giorgio).

2 Fonte sintetizzata nel seguito.

3 Fonte sintetizzata nel seguito.

4 Il secondo punto all'ordine del giorno non pertiene alla San Giorgio.

5 È di interesse anche quanto qui omesso, perché non riguardante strettamente la San Giorgio.

6 Si tratta del paragrafo della lunga relazione alle pp. 986-1039, che completa quella trasmessa dal Comitato di Liberazione Nazionale per la Liguria alla Missione Alleata il 28 febbraio 1945: cfr. pp. 958, 986. L'autore è presumibilmente Paolo Emilio Taviani Link esterno ANPI (esistente il 10/6/2020). Non è in essa citato chi ha contribuito a stilare le relazioni relative alle singole aziende.

7 Cfr. pp. 1052-1054.

8 Qui è trascritta solo la parte relativa alla San Giorgio. L'intero verbale è alle pp. 1052-1057.

9 Si tratta del comm. rag. Severino Medici. Riferimenti a questa vicenda sono assenti in Nones (1990).

Medici figura da testimone nell'assemblea dei soci della San Giorgio del 20/3/1911. Dal 30/3/1915 figura tra gli azionisti: nel 1934 ha l'1,2% delle azioni, mentre l'ing. Gino Fanno ne ha l'1%. È procuratore nel 1918, direttore con Fanno nel 1924 e direttore ammministrativo nel 1926. Fa parte del consiglio di amministrazione, quale consigliere, dal settembre 1929 all'8/6/1937 e vi rientra con lo stesso ruolo il 15/3/1938. Il 1° dicembre 1938 diventa direttore generale e amministratore delegato, per la rapida sottrazione di incarichi a Fanno per le leggi razziali → Storia § 17. Nel marzo 1940 l'azienda è guidata da un comitato direttivo composto da Attilio Odero, Arturo Bocciardo, Medici, Arturo Ciano e Giacomo Parodi. Medici continua ad essere amministratore delegato fino al 19/7/1945, quando Fanno lo sostituisce quale commissario. Ritorna, infine, come consigliere, dal 24/10/1949 al 23/4/1952. Nones (1990), pp. 72, 82, 102, 109, 117, 123-124, 134, 158, 180, 190, tabelle 1/2-8 alle pp. 235-265, tabelle 2/2-5 alle pp. 285-289.

Il 4 gennaio 1944 partecipa a una riunione di industriali presso il capo della Provincia di Genova C. E. Basile. S. Martinotti Dorigo, P. Fadini Giordana, a cura di, "L'Archivio di Agostino Rocca", in Annali della Fondazione Luigi Einaudi, fascicolo 17.14, p. 372 Link esterno Byterfly (pdf esistente il 18/6/2022).

Nel 1944/45 dirige il comitato "Meccanica di precisione e Ottica", con "il compito di pianificare l'approvvigionamento delle materie prime e la distribuzione della produzione in rapporto alle esigenze di guerra". Il comitato ha sede a Milano, in piazza Santa Maria Beltrade 4. Questo e gli altri comitati dipendono formalmente dal Ministero della produzione industriale della Repubblica sociale italiana, ma sono di fatto subordinati alle direttive della Commissione tedesca di guerra ed armamenti (RuK, Rustungskommandantur). M. Legnani, "Documenti sull'opera di governo del C.L.N.A.I.: la nomina dei commissari", Il Movimento di liberazione in Italia, n. 74 (1964), pp. 54, 62 Link esterno Istituto Nazionale Ferruccio Parri (pdf); l'indice è in Link esterno Istituto Nazionale Ferruccio Parri (esistenti il 18/6/2022).

La sua fortuna continua a crescere nel dopoguerra. È direttore generale di Finmeccanica, con Aristide Zenari e Giuseppe Lojacono, dal 22 marzo 1948 al 30 novembre 1951; V. Zamagni, Finmeccanica : Competenze che vengono da lontano (Bologna : Il mulino, 2009), p. 366. "Medici Severino, bancario. / Dipl. rag.; dir. gen. FINMECCANICA. Uff.: Piazza del Popolo 18, Roma, tel. 687-341"; Panorama biografico degli Italiani d'oggi, a cura di G. Vaccaro (Curcio, 1956), p. 991. Si veda anche: P. Rugafiori, "Conversione produttiva e restaurazione padronale all'Ansaldo negli anni 1945-1949: alcuni documenti", Italia contemporanea, n. 127 (1977), pp. 53-78 Link esterno Istituto Nazionale Ferruccio Parri (pdf esistente il 10/6/2020).

Figura più volte come liquidatore. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, 102 (1961), n. 106, parte prima, p. 1700 [riferimento da verificare].

10 I due documenti non sono presenti nel volume. "Non vengono pubblicati, inoltre, alcuni documenti concernenti nominativi da sottoporre al Tribunale del C.L.N.L., ai Comitati di epurazione o informazioni su persone sospette di collaborazionismo con i nazi-fascisti. Trattandosi di privati cittadini, la legge prescrive che tali carte non vengano rese di pubblico dominio prima che siano trascorsi almeno cinquant'anni dal giorno della stesura" (p. 414). Ma l'elenco in nota 57, alle pp. 421-422, non riporta documenti riconducibili al caso in questione.

11 L'identificazione di "M.S." con Medici è, quindi, certa.

12 Qui è trascritta solo la parte relativa, anche indirettamente, alla San Giorgio. L'intero verbale è alle pp. 1077-1082. La vicenda è precisata in → Rugafiori (1981).

13 Fonte sintetizzata nel seguito.



All'indice    1974    Indicatore di completezza
Storia § 2
P. G. Hull, "Napier: The Stradivarius of the Road", in The World of Automobiles, a cura di T. Northey, vol. 13 (London : Orbis, 1974), pp. 1483-1490 Link esterno Internet Archive, 1483, 1484, 1485, 1486, 1487, 1488, 1489, 1490. Link esterno OPAC SBN

[1488>] Back in 1901, an American called Charles Jasper Glidden, who had made his fortune out of pioneering telephones with Bell and then from banking, bought a Napier and began a series of world travels with his wife over the next few years, always with Napiers, and partly on railway tracks, for which purpose Napiers made him special flanged wheels. Glidden was responsible for the famous events in America on rally lines known as the Glidden Tours, and it was doubtless partly due to his exploits that a factory to build Napiers was set up in Boston. From 1906 to 1909, Napiers were being sold under the name of San Giorgio in Italy, emanating from a factory in Genoa, which had been set up under the eye of Arthur McDonald from the Acton works. Nothing very much came of either of these foreign project, however.1



1 Opera enciclopedica con articoli approfonditi, originali e ben illustrati, ma privi di bibliografia specifica. La consultazione in Link esterno Internet Archive è a pagine limitate e su base giornaliera (situazione del 22/4/2021).

Questa fonte specifica è citata in D. Napier & Son Link esterno Wikipedia EN (situazione del 22/4/2021).



All'indice    1975    Indicatore di completezza
Storia § ??
La Marina italiana nella seconda guerra mondiale, vol. 21, L'organizzazione della Marina durante il conflitto, tomo II, Evoluzione organica dal 10-6-1940 all'8-9-1943, a cura di G. Fioravanzo (Roma : Ufficio storico Marina militare, 1975), pp. 310-311. Link esterno OPAC SBN

[...] e) Centro Studi ed Esperienze per il Servizio Ottico

Era stato istituito a Pola presso la Scuola Telemetristi il 29 giugno 1939. Chiamato convenzionalmente «Mariottica» diede un basilare contributo al progresso degli strumenti ottici (particolarmente degli stereotelemetri e dei telemetri a collimazione) fornendo preziose indicazioni alle Ditte San Giorgio e Galileo che li costruivano; permise inoltre la selezione, la formazione e l'addestramento del personale telemetrista su basi scientifiche, che l'esperienza del Centro e della Scuola consentì di perfezionare continuamente.

Nel febbraio 1943 il Centro aveva raggiunto la sua definitiva organizzazione, via via migliorata:

  • Ufficio Tecnico, comprendente: – Segreteria tecnica; – Officina ottico-meccanica; – Sala collimatori; – Sala fotometrica; – Sala spettrometria; – Gabinetto fotografico; – Gabinetto oculistico.
  • Ufficio calcoli, annesso agli archivi contenenti le schede dei telemetri e dei telemetristi.
  • Scuola telemetristi.

[...]

Affluivano, fra l'altro, all'Ufficio tecnico i dati raccolti dalla Scuola telemetristi e da un gruppo di una decina di persone incaricate di coordinare tutti i risultati dell'esperienza d'impiego del materiale telemetrico. [<310-311>]

Nell'agosto 1942 i compiti assegnati a Mariottica furono definitivamente così fissati:1

  • esperimentare tutti gli strumenti ottici già in servizio o da adottare, allo scopo di definire esattamente i limiti e le modalità d'impiego, le eventuali deficienze e tutto quanto poteva servire sia al miglioramento degli strumenti stessi sia al progresso costruttivo;
  • esprimere il parere sui progetti di nuove apparecchiature ottiche;
  • definire le norme pratiche d'impiego del personale e del materiale;
  • dirigere la Scuola telemetristi e i Corsi d'istruzione professionale inerenti al servizio ottico e telemetrico degli ufficiali e del personale del C.R.E.M. [Corpo Reali Equipaggi di Marina];
  • provvedere a ispezioni ed a controlli periodici presso tutti gli Enti a bordo e a terra;
  • procedere a tutte le calcolazioni necessarie allo studio ed al controllo del telemetraggio, nonché al lavoro statistico indispensabile per dare un indirizzo razionale alla specialità;
  • occuparsi, mediante la sezione oculistica del Centro Studi Biologici, di tutti i problemi sanitari di oculistica, con lo scopo di migliorare le condizioni di lavoro del personale in relazione all'impiego dei mezzi ottici ed al potenziamento delle possibilità individuali degli specialisti.2


1 Nel seguito si riporta integralmente il decreto pertinente, tratto da: Ministero dell'Aeronautica. Giornale Ufficiale, dispensa 19ª (1/7/1942), pp. 1671-1674 Link esterno Google libri (per Biblioteca Nazionale Centrale di Roma).

"N. 582 – ENTI E ASSOCIAZIONI. – R. decreto 8 agosto 1942-XX, n. 1198 – Ordinamento e attribuzioni del Centro Studi ed esperienze per il servizio ottico della Regia Marina (Gazzetta Ufficiale n. 254 del 27 ottobre 1942-XX)

VITTORIO EMANUELE III / Per grazia di Dio e per volontà della Nazione / RE D'ITALIA E DI ALBANIA / IMPERATORE D'ETIOPIA

Visto il R. decreto 29 giugno 1939-XVII, n. 1136;
Visto l'art. 19 del R. decreto-legge 19 dicembre 1927-VI, n. 2317, convertito nella legge 15 dicembre 1928-VII, n. 2792;
Udito il parere del Consiglio superiore di marina;
Sulla proposta del DUCE del Fascismo, Capo del Governo, Ministro per la marina, di concerto con il Ministro per le finanze;

Abbiamo decretato e decretiamo:

Art. 1.
Il Centro studi ed esperienze per il servizio ottico della Regia marina (C.S.E.O.M.) istituito col R. decreto 29 giugno 1939-XVII, n. 1136, con l'incarico di studiare e sperimentare dal punto di vista del rendimento bellico tutti gli strumenti di cui la Regia marina si serve nel campo della ottica, di stabilirne le norme di impiego e di curare l'istruzione e l'allenamento di tutto il personale militare della Regia marina destinato agli strumenti ottici, è riordinato secondo le norme del presente decreto.

Art. 2.
Il Centro studi ed esperienze per il servizio ottico della Regia marina ha sede in Pola e dipende dal locale Comando militare marittimo per quanto riguarda [<1671-1672>] l'amministrazione e la disciplina del personale e dagli Enti indicati nel successivo art. 4 per la parte tecnica.
Esso è retto da un ufficiale superiore del Corpo di Stato Maggiore della Regia marina specializzato nei servizi d'artiglieria che assume il titolo di «Direttore».
Il direttore del C.S.E.O.M. è coadiuvato da un capitano di corvetta o tenente di vascello D.T. o D.T.S. che assume il titolo di vice direttore dello C.S.E.O.M., e dal personale militare e civile assegnato al Centro stesso in base ad apposite tabelle, nei limiti dei vigenti organici.
Il Ministro per la marina, con proprio decreto, nomina il direttore del Centro e approva le tabelle di cui al precedente comma.

Art. 3.
Sono compiti del C.S.E.O.M.:
a) esperimentare tutti gli strumenti ottici già in servizio o da adottare, allo scopo di definire esattamente i limiti e le modalità tecniche di impiego, le eventuali deficenze e tutto quanto può servire sia al miglioramento degli apparecchi stessi, sia al progresso costruttivo;
b) esprimere il parere su tutti i progetti di nuove apparecchiature e sistemazioni ottiche e in genere su tutto quanto concerne il materiale ottico e telemetrico;
c) definire le norme pratiche di impiego del personale e del materiale;
d) dirigere la Scuola telemetristi ed i Corsi di istruzione professionale inerenti al servizio ottico e telemetrico degli ufficiali, sottufficiali e graduati;
e) provvedere all'ispezione ed al controllo periodico a mezzo di suo personale del servizio ottico e telemetrico presso tutti gli Enti a bordo e a terra e provvedere [<1672-1673>] a tutte le calcolazioni necessarie allo studio ed al controllo del telemetraggio, nonché al lavoro di statistica necessario all'indirizzo organico della specialità;
f) occuparsi, mediante la sottosezione di oculistica del Centro studi biologici della Regia marina, di tutti i problemi sanitari di oculistica, intesi ad un miglioramento delle condizioni di lavoro del personale in rapporto all'impiego dei mezzi ottici ed al potenziamento delle possibilità individuali degli specializzati.

Art. 4.
Il C.S.E.O.M., per il compito di cui alla lettera a) del precedente articolo, corrisponde direttamente col Ministero della marina (Direzione generale armi ed armamenti navali) cui compete di fornire al Centro sia gli strumenti necessari, possibilmente nella misura di un esemplare per ogni tipo di strumento, sia ogni altro mezzo tecnico e scientifico occorrente per il suo funzionamento.
Lo Stato Maggiore della Regia marina dovrà essere sempre tenuto al corrente di tutto ciò che concerne l'impiego degli strumenti.
Il Centro ottico esplica il compito di cui alla lettera b) del precedente articolo, di regola quale organo consultivo del Comitato progetti armi navali.
Per i compiti indicati nelle lettere c), e) ed f) dell'articolo precedente, il C.S.E.O.M. corrisponde direttamente con lo Stato Maggiore della Regia marina, che per quanto riguarda le attribuzioni di cui alla lettera f), consulterà la Direzione generale di sanità militare marittima.
Per quanto riguarda infine il compito di cui alla lettera d) dell'art. 3 il Centro corrisponde col Ministero della marina (Direzione generale del personale e dei servizi militari) e col Comando superiore del C.R.E.M. per le parti di rispettiva competenza secondo le norme del regolamento delle Scuole del C.R.E.M. [<1673-1674>]

Art. 5.
Tutto il personale civile e militare addetto al Centro ha l'obbligo del segreto militare su tutti i lavori e le esperienze che vengono eseguite, e in genere su tutta l'attività svolta dal Centro.

Art. 6.
Con decreto del Ministro per la marina è provveduto all'ordinamento interno del C.S.E.O.M.

Art. 7.
Il R. decreto 29 giugno 1939-XVII, n. 1136, è abrogato.

Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a S. Anna di Valdieri, addì 8 agosto 1942-XX
VITTORIO EMANUELE / MUSSOLINI – DI REVEL / Visto, il Guardasigilli: GRANDI
Registrato alla Corte dei conti, addì 23 ottobre 1942-XX / Atti del Governo, registro 450, foglio 86. – MANCINI".

2 Si veda anche → Fioravanzo (1972).



All'indice    1976    Indicatore di completezza
Storia § ??
V. Ronchi, "Perché, quando e come nacque l'Istituto Nazionale di Ottica di Arcetri", Atti della Fondazione Giorgio Ronchi, 31 (1976), n. 4, pp. 544. Link esterno OPAC SBN

Con ciò il Dr. Chierichetti si doveva considerare come un elemento fiorentino.

Degli altri 15 componenti del Consiglio (esclusi i revisori dei conti, che naturalmente erano di Firenze), ben sette erano di Firenze: un astronomo, il Prof. Abetti; il Gen. Vacchelli, di cui si è già parlato in precedenza; un aristocratico, Roberto Venturi Ginori, Ufficiale di Marina; e due studiosi di ottica, il Prof. Gino Giotti e lo scrivente; infine due dirigenti delle Officine Galileo, il Pasqualini e il Martinez.

È bene chiarire che quando dico che questi sette (otto col Chierichetti) erano di Firenze, intendo dire che abitavano e lavoravano a Firenze, ma veramente fiorentini di nascita non vi era che il Venturi Ginori, il Giotti ed io. Già questo gruppo di «fiorentini» (dato che ne faceva parte il Presidente) di per sé si assicurava la maggioranza del Consiglio; ma va aggiunto che anche il Carini, pur essendo Direttore di uno stabilimento ottico di Milano, in realtà era legato al carro delle Officine Galileo; e soprattutto l'Ing. Alessandro Croce ne era il Presidente del Consiglio di amministrazione, e pur risiedendo abitualmente a Padova, entrava a far parte del gruppo dei fiorentini.

Con ciò si doveva riconoscere che, se anche del Consiglio facevano parte Persone come l'Ing. Fanno e Umberto Cavazzoni (rispettivamente Amministratore delegato e Direttore tecnico della «San Giorgio» di Genova), l'Ing. Bellini della «Filotecnica» di Milano, nonché l'Ammiraglio Foschini, Direttore Generale delle Armi e Armamenti Navali al Ministero della Marina, l'A.O.I. sostanzialmente era ancora molto, addirittura forse troppo fiorentina.1



1 .



All'indice    1977    Indicatore di completezza
Storia § ??
S. Martinotti Dorigo, P. Fadini Giordana, a cura di, "L'archivio di Agostino Rocca", Annali della Fondazione Luigi Einaudi, 11 (1977), pp. 333-334 Link esterno Byterfly. Link esterno OPAC SBN

13. Ansaldo S.A. Costruzioni navali.
[...]

3. 1) Coperta originale: Prestabilizzazione impianti artiglierie navali. Eventuali accordi fra l'Ansaldo e la S. Giorgio. [<333-334>]

    2) [?], Prestabilizzazione impianti artiglierie navali, s. l., 24 aprile 1936 (datt., sigla illeggibile, sigla di R. A. [Rocca Agostino], post. ms., c. 4, pp. 4 num.).

    3) [?], Prestabilizzazione impianti artiglierie navali «Littorio» e «Vittorio Veneto», s. l., 24 aprile 1936 (datt., sigla illeggibile, post. ms., c. 2, pp. 2 num.).

    4) R. A., Ing. Fanno (S. Giorgio), s. l., 5 giugno 1936 (ms. autogr., post. ms. autogr. siglata, c. 1, p. 1).1



1 È l'intero contenuto della cartella.



All'indice    1978    Indicatore di completezza
Storia § ??
E. Bagnasco, Le armi delle navi italiane nella seconda guerra mondiale (Parma, Albertelli, 1978), pp. 163-166. Link esterno OPAC SBN

APPARECCHIATURE PER LA DIREZIONE DEL TIRO

La complessità e la vastità dell'argomento richiederebbero molto più spazio di quanto qui non si disponga; ci limiteremo pertanto ad una breve nota contenente gli elementi informativi essenziali e alcuni commenti sull'efficienza generale del servizio a bordo delle unità italiane operanti nella seconda guerra mondiale. [...]

Durante la prima guerra mondiale nella Marina italiana venivano impiegati solo telemetri a coincidenza di provenienza inglese (Barr & Stroud) nei tipi da metri 0,80; 1,37; 2,74 e 4,57 di base. Si trattava di buoni strumenti che rimasero in servizio per molti anni.

Verso la fine del conflitto due industrie italiane, le Officine Galileo (O.G.) e la San Giorgio (S.G.), avevano cominciato a costruire telemetri da essi derivati. Successivamente, non appena la Marina italiana venne in possesso di alcuni esemplari di ottimi telemetri stereoscopici Zeiss in uso sulle navi tedesche, venne deciso di riprodurli.

Il primo stereo telemetro (ST) di costruzione nazionale da 3 metri di base fu realizzato nel 1927 dalla O.G. seguita poco dopo anche dalla S.G.; vennero così realizzati progressivamente strumenti compresi tra un minimo di metri 0,60 e un massimo di metri 12 di base.

Intorno al 1931 venne decisa la realizzazione di telemetri che abbinassero nello stesso strumento un sistema stereoscopico ed uno a coincidenza: nacquero così i telemetri «a doppio uso» (ST-T) prodotti con base di metri 3,5 e 7,20 destinati rispettivamente ai cacciatorpediniere, agli incrociatori e alle corazzate.

Senonché l'uso degli ST-T rivelò vari inconvenienti tanto che nel 1937 furono ideati i telemetri in «duplex», ovvero strumenti che riunivano in un unico complesso uno stereotelemetro e un telemetro a coincidenza aventi però ottiche ed operatori distinti; essi furono realizzati in due tipi, da mt. 7,20 e mt. 12 di base, questi ultimi per l'impiego a bordo delle corazzate.

Nello stesso tempo, per la misura degli scarti, la O.G. e la S.G. avevano creato i telescartometri (ST-Sc) da mt. 5 di base per i medi calibri e da mt. 7,20 per i grossi calibri.

Quasi tutti i telemetri, eccetto quelli portatili, erano dotati di trasmettitori automatici delle distanze nonché di sospensioni elastiche per lo smorzamento delle vibrazioni.

Nel complesso i telemetri in servizio a bordo delle principali unità italiane durante la seconda guerra mondiale dettero buoni risultati d'impiego pur con alcune limitazioni costituite dalla ancora imperfetta tenuta stagna, dalla insufficienza dei sistemi di pulizia dei cristalli esterni dagli agenti atmosferici e dal fumo, e dalla mancanza del trattamento antiriflettente delle ottiche.

Altri importanti strumenti per la misurazione degli elementi del moto del bersaglio erano costituiti dai gimetri (strumenti giroscopici che fornivano la variazione continua del rilevamento del bersaglio) e dagli inclinometri (strumenti ottici per la misurazione dell'angolo Beta, ovvero dell'inclinazione [<163-164>] della rotta del bersaglio rispetto alla linea di mira).

Il primo gimetro venne installato nel 1927 a bordo dell'incrociatore Trieste sistemato nello stesso locale della centrale di tiro con ricezione della direzione del bersaglio dall'apparecchio di punteria generale (A.P.G.) con trasmissione a distanza.

Anche il primo inclinometro venne installato pressoché nella stessa epoca a bordo del Trieste; esso si componeva di un ricevitore di distanza telemetrica, dello strumento ottico misuratore vero e proprio e di un trasmettitore alla centrale di tiro dell'angolo Beta misurato.

Nel 1930 l'inclinometro venne migliorato dalla O.G. aggiungendovi un calcolatore automatico dell'angolo di mira da dare ai siluri in funzione della loro velocità e di quella stimata del bersaglio introdotte a mano nello strumento. Nel 1932 la S.G. realizzò il teleinclinometro Montauti che consentiva, con una certa approssimazione, anche il calcolo diretto della distanza del bersaglio; nel 1935 esso fu adattato anche ai periscopi dei sommergibili.

Infine nel 1937 la S.G. realizzò il teleinclinometro cinematico, un perfezionamento del precedente in cui non era più necessario introdurre i dati di altezza o di lunghezza presunta del bersaglio per ottenere i suoi elementi del moto. Dotato di trasmettitore di brandeggio e dell'angolo di mira ai lanciasiluri esso fu sistemato a bordo delle torpediniere e [...] G.» munito di trasmettitore dei dati di sito e brandeggio. [<164-165>]

Purtroppo all'atto pratico gli inclinometri di tutti i tipi non dettero buoni risultati. In particolare l'inclinometro presentava l'inconveniente fondamentale di basare il proprio funzionamento sulla presunta conoscenza della lunghezza della nave nemica e il teleinclinometro richiedeva anche la conoscenza dell'altezza di un albero o di un fumaiolo.

Per il teleinclinometro cinematico, infine, il suo funzionamento era influenzato molto negativamente dagli errori naturali di collimazione dello strumento e in conclusione molto raramente poteva dare i dati che teoricamente avrebbe dovuto fornire.

Un discorso a sé meriterebbero gli strumenti e le sistemazioni per il servizio di avvistamento antinave e antiaereo che furono particolarmente curati soprattutto a bordo delle unità maggiori. Per quanto si riferisce alle A.P.G. in servizio sulle unità italiane esse furono di diversi tipi, tutte dotate di apparecchiature per la trasmissione automatica dei dati di sito e cursore dei bersagli e, in linea di massima, di buone prestazioni generali.

Circa le centrali di tiro, tutte di tipo elettromeccanico, nel periodo che va dal 1919 al 1940 ne furono concretati quattro tipi fondamentali costruiti dalla O.G. e dalla S.G.:

  • il tipo 1 per la condotta del tiro delle artiglierie principali degli incrociatori;

  • il tipo 2 per la condotta del tiro navale delle artiglierie secondarie degli incrociatori e per il calcolo degli elementi del lancio dei siluri di cui gli incrociatori erano dotati;

  • il tipo 2 modificato per l'impiego sui cacciotorpediniere;

  • il tipo 3, detto «centrale ridotta» perché alquanto semplificata, da impiegarsi come riserva della centrale Tipo 1 e per il tiro autonomo delle torri in caso di interruzione delle trasmissioni automatiche dei dati dalla centrale di tiro principale;

  • il tipo 4, derivato dal Tipo 1 e appositamente realizzato per la direzione del tiro delle artiglierie di grosso calibro delle navi da battaglia.

Per la condotta del tiro dei cannoni da 100 mm delle torpediniere fu realizzato infine un particolare di «centralina» speditiva che però, per voler riuscire più semplice riducendone gli automatismi, finì per non rispondere bene allo scopo, esigendo la presenza di troppi operatori. 1



1 L'opera ha numerose figure. P. 164: "Particolare dell'aletta di plancia di un cacciatorpediniere in missione di guerra; il marinaio al centro, tra le due vedette, sta osservando l'orizzonte attraverso un binocolo a ingrandimenti multipli tipo «Astramar» montato su un apparecchio stabilizzato d'esplorazione tipo «S. G.» munito di trasmettitore dei dati di sito e brandeggio". P. 166: "Centrale elettromeccanica di tiro navale per l'utilizzo di sette telemetri, tipo «San Giorgio» n° 4 per navi da battaglia".



All'indice    1978    Indicatore di completezza
Storia § ??
V. Ronchi, "Il R. Istituto Nazionale di Ottica desta preoccupazioni", Atti della Fondazione Giorgio Ronchi, 33 (1978), n. 1, p. 14; n. 3, pp. 338-339; n. 5, pp. 660-661. Link esterno OPAC SBN

[14>] Della SAIVO fu nominato Amministratore Delegato il Dr. Federico Nordio, funzionario dell'IRI; persona tecnicamente molto colta e industrialmente molto abile. Preso possesso del suo ufficio, si rese conto damente della situazione: apprezzò molto la collaborazione del Mosmieri, di cui mantenne inalterate le funzioni, e comprese che preziosa era tuttora la collaborazione del RINDO.


Ci fu poi il caso interessante dell'Ing. Cesare Morais.1 Egli era stato inviato a seguire il primo corso di specializzazione ottica tenuto dal RINDO nel 1928, come risulta dall'elenco degli allievi di quel corso, pubblicato nelle prime pagine di queste note. Compiuto con ottimo successo quel primo corso, rientrò alla Società che ve lo aveva inviato, (la «San Giorgio» di Genova-Sestri) e subito si specializzò in «Calcolo ottico» e divenne Direttore del Reparto ottico di quella Società, producendo un lavoro molto apprezzato.

Dato il suo carattere, piuttosto tendente al lavoro di studioso e per giunta matematico, non gradiva troppo l'ambiente di officina e sarebbe molto volentieri ritornato al RINDO, anche se questo gli avrebbe praticato condizioni economiche sensibilmente inferiori a quelle di cui già godeva. E siccome lo Statuto del RINDO prevedeva ben quattro posti di professore, parificati a professore universitario, posti che non erano mai stati coperti per mancanza totale di concorrenti della specialità, concertai col Morais di bandire il concorso per un professore di calcolo ottico.

La proposta fu sancita dal Consiglio di Amministrazione dell'Istituto e il concorso fu bandito. Quando il bando fu ufficiale, il Morais comunicò alla Direzione della «San Giorgio» che egli intendeva concorrere a quella cattedra di calcolo ottico e quindi avrebbe dato le dimissioni dalla Ditta. Gli fu risposto con un tale miglioramento del suo trattamento economico, che egli non poté rifiutarlo. Il concorso andò deserto.

Qualche anno dopo il Morais tornò a domandarmi se si poteva riaprire quel concorso. Accettai senz'altro di ripetere la prova e il concorso fu nuovamente bandito.

Quando il Morais tornò a preavvisare la Direzione della Ditta, che egli intendeva partecipare a quel concorso, gli fu risposto che lo Stabilimento era stato militarizzato e che egli non avrebbe potuto dare le dimissioni senza [<338-339>] il beneplacito della Ditta; e siccome questa lo negava, egli non si facesse illusioni sulla possibilità di lasciarla. Il concorso andò deserto per la seconda volta.


[DA COMPLETARE] con lo studiare un prototipo, sottoporlo a lunga prova, perfezionarlo e risottoporlo a lunga prova: sono anni che passano sulle spese, senza introitare neppure un soldo. Quando il prototipo è approvato (dai produttori) deve essere costruito in serie e ciò richiede una officina apposita, perché soltanto con ciò è possibile apprestare un prodotto capace di invadere il mercato e di vincere la concorrenza. A questo punto bisogna disporre di una organizzazione commerciale, capillare, vastissima e competente, senza la quale non verrà venduto neppure un esemplare: nuovi immobilizzi e nuove spese, anche per pubblicità e per volantini, libretti di istruzioni, cerimonie di presentazione al pubblico, alle Autorità e alla stampa.

Ma il difficile comincia ora: quale sarà l'accoglienza del pubblico? L'esperienza dice che il pubblico segue le marche accreditate e rifiuta sistematicamente ogni prodotto nuovo presentato con un nome sconosciuto.

Con questo discorso così deterrente, ma altrettanto realistico, non c'era da prevedere che degli industriali abituati a «lavorare sul velluto» se la sentissero di affrontare il problema della «conversione».

Le industrie ottiche italiane erano dunque «inconvertibili».

Del discorso fatto qui sopra ne conosciamo già una vecchia edizione, solo per alcuni particolari diversa da quella attuale, ma fondamentalmente pessimistica e deterrente nella stessa misura e nello stesso tono: era il ragionamento che facevano i «competenti» di venti anni prima invitati a dare il loro parere circa la convenienza di dar vita al RINDO. Il ragionamento era perfetto e in piena buona fede. Ma gli eventi hanno dimostrato che era sbagliato.

E sì che le condizioni di partenza al tempo di quei «competenti» erano enormemente peggiori di quelle dell'ambiente ottico italiano dell'ultimo dopo-guerra. Ma ci voleva un nuovo «pazzo» o un nuovo «poeta» che avesse avuto il coraggio di prendere l'iniziativa a dispetto di tutti. Il «pazzo» del dopo-guerra precedente [Ronchi, ovviamente] ora era troppo vecchio: si avvicinava a cinquanta anni; ma soprattutto il suo intervento era stato respinto in partenza, ancor prima che fosse discusso, proprio da coloro che avrebbero dovuto provocarlo. Era, questa, una circostanza gravissima: non si era verificata al tempo della prima avventura. Allora il Gen. Vacchelli, il Prof. Pasqualini, il Principe Ginori Conti, il Prof. Garbasso e soprattutto il Dott. Frascherelli avevano accolto con simpatia e con fiducia quel giovane pronto a lanciarsi a testa china nell'avventura.

Gli uomini del nuovo dopo-guerra non solo non offrivano la loro fiducia a quel giovane ormai più che maturo, anche se provato e potente, ma purtroppo non la meritavano. E così ebbe inizio la parabola discendente dell'industria ottica italiana.[<660-661>]

L'INDO, naturalmente, valendosi della sua autonomia, cessò immediatamente ogni tipo di corsi aventi per scopo la preparazione di ingegneri, di tecnici e di operai destinati all'industria; mantenne in attività il corso per ottici-oftalmologi, della cui utilità si aveva ogni giorno sempre nuove dimostrazioni, dato che il numero degli aspiranti aumentava vertiginosamente da un anno all'altro.

Ma, purtroppo, l'INDO divenne meta di una processione di ex-allievi, già impiegati negli stabilimenti industriali e ora progressivamente licenziati. Venivano a domandarmi: «Ora, che cosa dobbiamo fare?». La mia risposta era desolante: «Cambiate mestiere».

Poco dopo mi venne la notizia che il Dr. Federico Nordio,2 di cui ho avuto occasione di parlare nelle pagine precedenti, perché era l'Amministratore Delegato della SAIVO, era passato al timone della San Giorgio, di Genova Sestri P[onente]. Come si ricorderà, il Nordio era un funzionario dell'Istituto di Ricostruzione Industriale (IRI) e fu inviato a dirigere la SAIVO, quando questa fu espropriata dallo Stato e affidata all'IRI; ora anche la San Giorgio era passata nel Gruppo IRI, e perciò vi fu preposto un funzionario di questo Istituto. Gli effetti si videro a breve scadenza: lo stabilimento ottico della San Giorgio, che era arrivato ad essere il più importante d'Italia, sia per dimensioni, sia per attrezzatura, sia per tecnici e maestranze, fu completamente smantellato e tutto il prezioso materiale, del valore di miliardi, fu accatastato in un cortile, esposto alle intemperie. Così la San Giorgio uscì dal novero delle industrie ottiche italiane.3

Anche l'altra grande industria ottica italiana, le Officine Galileo, di cui si è avuto occasione di parlare nelle pagine precedenti, programmò lo smantellamento del reparto ottico, ma non così precipitoso come quello fatto dal Nordio alla S. Giorgio. Mi fece veramente dolore la notizia che il tecnico ottico, che aveva diretto la lavorazione del grande specchio di 125 cm di diametro del telescopio di Asiago, di cui pure si è data notizia nelle pagine precedenti, non era stato licenziato, ma gli era stata affidata la direzione del reparto della... verniciatura.4



1 Per una prima bio-bibliografia → Cesare Morais.

2 Padre del ben più noto Umberto Nordio (1919-2008) Link esterno Wikipedia (esistente il 17/8/2020), l'avv. Federico Nordio (1892-1980) in era fascista è stato consigliere "di amministrazione delle Officine elettriche genovesi, della «Derpo» e della Società elettrica ligure-piemontese" e ha diretto la Compagnia imprese elettriche liguri «Cieli». A.M. Falchero, "«Foto di gruppo»: gli Elettrici dopo la «marcia su Roma»", Liuc Papers n. 13, ottobre 1994 Link esterno Liuc (pdf esistente il 7/4/2021).

Nel 1941 è stato presidente e amministratore delegato della SCIA Società Anonima Cellulosa Italiana. Foglio degli annunzi legali della Provincia di Roma, 19 (1941), n. 72, 9 settembre, p. 1703 Link esterno Google libri (esistente il 7/4/2021).

Nel dopoguerra è stato anche amministratore delegato del CISE Centro Informazioni Studi Esperienze. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, 101 (1960), n. 41, parte prima, 18 febbraio, p. 570 Link esterno Gazzetta Ufficiale (pdf esistente il 7/4/2021). Ricordi pertinenti a questa esperienza e un suo ritratto sono in: A. Ascoli, "Breve storia del CISE", Notiziario CISE2007, n. 6, ottobre 2017, pp. 25-29 Link esterno CISE2007 (pdf esistente il 7/4/2021).

3 È evidente che ciò derivi dalla testimonianza diretta di uno o più "ex-allievi, già impiegati negli stabilimenti industriali".

4 L'articolo fa parte di una serie.



All'indice    1978    Indicatore di completezza
Storia § ??
L. Segreto, "L'industria della guerra", in Storia d'Italia : Annali, vol. 18 Guerra e pace, a cura di W. Barberis (Torino : G. Einaudi, 1978), pp. 677. Link esterno OPAC SBN

[DA COMPLETARE] ulteriormente i rapporti con la Marina Militare italiana nel campo delle centrali di tiro delle navi da guerra. Anche in questo caso, tuttavia, si trattava di un intervento aggiuntivo e non esclusivo, poiché avveniva in un settore che non risultava scoperto dato che vi operavano da anni con successo la S. A. La Filotecnica Salmoiraghi di Milano e la Galileo di Firenze59.

La principale novità riguardante il settore fu però la sua crescente competitività a livello internazionale. Il rigonfiamento dell'apparato bellico durante la prima guerra mondiale, ridimensionato solo in parte nel corso della crisi e della successiva ristrutturazione dei primi anni Venti (che coinvolse in questo settore soprattutto l'Ansaldo), spinse le imprese a muoversi con maggiore determinazione fuori dei confini nazionali per trovare una domanda che il governo italiano non era in grado di garantire nella misura necessaria.

59 [DA COMPLETARE] [Nota a pie' di p. 677]



1 Il testo è stato ripreso e sviluppato in: L. Segreto, Marte e Mercurio : industria bellica e sviluppo economico in Italia, 1861-1940 (Milano : F. Angeli, 1997) Link esterno OPAC SBN. Ad esempio, a p. 50: "L'unico caso di un investimento diretto straniero in Italia dopo la prima guerra mondiale fu quello dell'Officina Lombarda Apparecchi di Precisione, costituita nel 1927 dalla Siemens per sviluppare ulteriormente i rapporti con la Marina Militare italiana nel campo delle centrali di tiro delle navi da guerra".

Entrambi i lavori, però, sembrano non prendere in considerazione specifica le attrezzature ottiche e non citare altrove nemmeno le centrali di tiro.



All'indice    1979    Indicatore di completezza
Storia § ??
G. Tamburri, "La politica negli anni '50", in Sindacato, industria e Stato negli anni del centrismo: storia delle relazioni industriali in Italia dal 1948 al 1958, a cura di F. Peschiera, vol. 2, prima parte (Firenze, Le Monnier, 1979), pp. 106-107. Link esterno OPAC SBN

Eppure, malgrado tali incertezze, quasi per un tacito accordo, dalle macerie dello stato fascista nel quale era sorto, l'IRI si mosse nel senso di una riattivazione e riorganizzazione delle proprie imprese, tanto che, pur all'infuori di un piano generale ed organico di ricostruzione, nel 1948 la sua capacità produttiva era di nuovo sui livelli prebellici64. In effetti, mentre alla Costituente e nel paese si discuteva se mantenere o smobilitare l'impresa pubblica, ad essa venne lanciata una parola d'ordine: non licenziare. Né alla classe di governo, né alle stesse forze imprenditoriali private che guardavano all'impresa pubblica come a un fantasma, poteva sfuggire che non era possibile trasferire in mano privata una pesante e costosa eredità e neppure era possibile procedere a chiusure che avrebbero riversato nel mercato del lavoro una ingente massa di disoccupati, costituita per giunta dai gruppi più professionalizzati e politicizzati della classe operaia. D'altro canto la stessa tecnocrazia dell'IRI era per i partiti e per il governo un punto di riferimento nei momenti in cui si accingeva a delineare, sia pure in termini generali e settoriali, il piano di ricostruzione. Fin dai giorni del di Salerno proprio gli uomini dell'IRI furono chiamati a stendere i primi piani di ripresa. Allorché, a metà del '44, il governo americano concesse una somma in dollari corrispondente alla emissione di Am-lire (poco più di 300 milioni di dollari 1976, che in parte dovevano essere utilizzati per importazione di rifornimenti per l'industria), fu con personale dell'IRI che si costituì presso il ministero dell'Industria un apposito ufficio. Il lavoro si concluse nel dicembre del '44, con un documento, La ripresa della produzione industriale in Italia, che fu in un certo modo il primo documento programmatico della nuova Italia65. E fu un dirigente del [<106-107>] gruppo IRI che ebbe dal governo l'incarico di recarsi a Washington per predisporre l'organizzazione necessaria ai rifornimenti. E ancora, presso la sede milanese dell'IRI, fra il maggio e il giugno del '45, fu redatto il «piano di massima per la determinazione delle importazioni industriali dell'anno 1946»66, fatto poi proprio dalla Commissione centrale economica del CLNAI. Esso subì un'ulteriore elaborazione, sempre in sede IRI, e fu pubblicato nell'ottobre del '45 sotto il nome del ministero dell'Industria, della Commissione economica del CLNAI e del CLN di Napoli.

Del resto fatti ben più rilevanti, già in sede pre-costituente, avvalorarono in termini politici il ruolo dell'IRI. Nello stesso 1945 si aggiunsero ai suoi pacchetti azionari quelli di due industrie metalmeccaniche: il gruppo S. Giorgio e la OMSA di Palermo. Ma il fatto di maggior rilievo istituzionale fu il D. L. Lgt. 1946, n. 446, che confermando l'IRI come organizzazione permanente stabiliva che le norme di indirizzo dell'istituto fossero determinate dal Comitato Internazionale per la Ricostruzione (CIR), che veniva così individuato come organo di collegamento con la massima dirigenza IRI; la norma legislativa ammetteva anche che, per disposizione del presidente del Consiglio, all'IRI potessero essere trasferite le partecipazioni azionarie e le aziende industriali di proprietà dell'amministrazione dello Stato: si tratta di norme che vanno sottolineate perché prefiguravano non soltanto un allargamento dell'impegno IRI, ma stabilivano un rapporto diretto con l'esecutivo.1


64 [...]. [Nota a pie' di p. 106]

65 [...]. [Nota a pie' di p. 106]

66 [...]. [Nota a pie' di p. 107]



1 Mi pare che questo rapporto diretto con la Presidenza del Consiglio giustifichi a sufficienza l'autonomia e la discrezionalità dell'IRI nella gestione della San Giorgio.



All'indice    1979    Indicatore di completezza
Storia § ??
R. Aglieta, "Verso l'Intersind: le vicende del «distacco»", in Sindacato, industria e Stato negli anni del centrismo: storia delle relazioni industriali in Italia dal 1948 al 1958, a cura di F. Peschiera, vol. 2, seconda parte (Firenze, Le Monnier, 1979), pp. 115, 122-125, 130, 142. Link esterno OPAC SBN

[115>] Le posizioni delle sinistre comunque rimangono costanti fino all'approvazione della legge sul distacco, ma non mancano di trarre argomenti dalle conseguenze occupazionali cui darà luogo il tentativo di risanare i complessi IRI.

Il 9 ottobre Roveda (PCI) dichiarerà infatti: «Dalla liberazione al 30 settembre '53, salvo qualche errore, abbiamo queste smobilitazioni: a Torino, alla FILP, 1.150 persone; a Sestri e a Prà un totale di 2.300 persone; alla San Giorgio una diminuzione di personale di 2.100 persone; all'Ansaldo 6.700 persone; all'ILVA di Savona 2.000 persone più 1.500 che sono ancora in gioco; alla SIAI-Marchetti 9.500 persone; alla Caproni di Taliedo 6.720 persone; all'Isotta Fraschini 4.600 persone. Sono tutte aziende dell'IRI e l'elenco continua». Roveda però aggiungeva, anche se nel pensiero del parlamentare comunista questa era una connotazione negativa, che se si era avuta una diminuzione del personale vi era stato pure un notevole aumento della produzione. Il fatturato per dipendente, infatti, era aumentato, tra il 1948 e il 1952, del 122%16.


Nello [<122-123>] stesso mese poi viene approvato l'ordine del giorno del socialista Pessi in cui si chiede che vengano «sospesi tutti i licenziamenti nelle aziende controllate o finanziate dallo stato al fine di non pregiudicare le soluzioni che dal parlamento saranno adottate in relazione ai provvedimenti legislativi di iniziativa governativa e parlamentare, di cui è stata annunciata la prossima presentazione»25. L'8 dicembre del '53, infatti, viene presentato il disegno di legge Roveda-Mariani inteso alla nazionalizzazione del settore siderurgico e meccanico.

Si hanno poi il Convegno delle Commissioni Interne di Aosta per la Cogne, il Convegno nazionale di Roma dell'aprile '54, e quello di Monfalcone. Tutti diretti contro il ridimensionamento a fini produttivistici delle aziende a partecipazione statale. Ad essi si aggiunge il Convegno di Genova, contro la smobilitazione della San Giorgio, che si tiene a Sestri il 3 luglio del '54. In esso si afferma che la messa in liquidazione della San Giorgio, successiva a quella dell'ILVA, dell'Odero, della Bagnara e della Metallurgica Ermes, oltre a creare una pesante situazione economica ed occupazionale, contraddice la volontà espressa dal Parlamento quando fu approvato l'ordine del giorno socialista in cui si chiedeva la sospensione dei licenziamenti. Il Convegno, quindi, chiede la revoca o la sospensione della liquidazione della San Giorgio, la trasformazione in legge dell'ordine del giorno approvato dalla Camera per la sospensione dei licenziamenti nelle aziende di Stato, l'urgente discussione in parlamento dei progetti di legge presentati per la riorganizzazione delle aziende IRI-FIM-Cogne; l'approvazione dei progetti presentati per lo sganciamento delle stesse aziende dalla Confindustria, nonché la revisione del sistema di scambi commerciali che, nella valutazione del Convegno, sono diretti a favorire l'importazione dall'estero di prodotti [<123-124>] venduti sottocosto a danno delle aziende italiane. Come provvedimenti di urgenza si chiedono poi delle commesse pubbliche a favore delle aziende in crisi26.

Il Convegno della San Giorgio, oltre ad avere ripercussioni nell'ambito cittadino, ha echi anche in parlamento dove si svolgerà un dibattito che permette di vedere concretamente come si orchestrino le pressioni sociali e politiche attorno alle aziende IRI. Da esso non solo deriverà la sospensione dei provvedimenti diretti alla liquidazione del complesso, ma anche la riassunzione all'interno della DC delle spinte che provengono dalla sinistra, anticipando già in questa sede quanto si verificherà per le mozioni sul distacco che, presentate prima dalle sinistre vengono poi seguite da una mozione democristiana che sarà alla fine approvata.

La questione della San Giorgio viene presentata una prima volta in parlamento il 23 luglio con un discorso dell'on. Roveda (PCI) ed una seconda volta il 28 con una mozione di un gruppo di parlamentari di cui facevano parte Di Vittorio, Lizzadri, Novella, Santi, Foa ed altri, che chiede la revoca della liquidazione della San Giorgio e il blocco dei licenziamenti27. Roveda accuserà il governo di colpevole negligenza verso i problemi delle aziende a partecipazione statale e di connivenza con i gruppi privati. Nel dibattito, poi, i dirigenti IRI verranno duramente attaccati da Di Vittorio28. [<124-125>] Foa accusa il governo di essere in contraddizione in quanto da un lato afferma che è necessario riorganizzare l'IRI, e dall'altro che non vi è la possibilità di salvare la San Giorgio29, e questo quando, secondo il parlamentare comunista, non vi è motivo alcuno, neppure di carattere tecnico, che imponga il licenziamento di 1.300 dipendenti.

Agli interventi di Di Vittorio e di Foa risponde Vanoni, affermando che il governo assume la piena responsabilità delle decisioni prese dai dirigenti dell'IRI, e ribadendo che non vi è una politica di liquidazione e di indebolimento economico e tecnico delle aziende a partecipazione statale. «La verità è che queste aziende hanno lavorato quasi sempre con personale eccessivo, date le difficoltà politiche che hanno incontrato nell'effettuare licenziamenti». Il ministro afferma poi che non è stato violato alcun accordo sindacale in quanto, nel caso, non si era trattato di una riduzione del personale, ma della liquidazione dell'azienda, ed inoltre il governo si era fatto carico di alleviare le difficoltà delle maestranze e della popolazione, varando una serie di opere pubbliche che andavano dall'acquedotto del Brugneto, alla costruzione del nuovo aeroporto, al raddoppio della camionale per Serravalle.

Di Vittorio replica criticando le argomentazioni di Vanoni e soprattutto la decisione di non sospendere i licenziamenti. Alle sue dichiarazioni si unisce Foa mentre Bettinotti (PSDI), dopo aver preso atto degli sforzi del governo, afferma che è possibile fare di più «soprattutto per il lato umano della vicenda» e si associa alla proposta di Di Vittorio. Bucciarelli Ducci (DC) dichiara, invece, che il suo gruppo, rassicurato dalle dichiarazioni del ministro Vanoni, voterà contro la mozione Di Vittorio.


25 Il distacco, cit. pp. 106 sgg. [Nota a pie' di p. 123]

26 Notiziario della CGIL, 1954, p. 431. [Nota a pie' di p. 124]

27 Lavoratori, CGIL, Confindustria e Governo, in Notiziario della CGIL, pp. 429 sgg. [Nota a pie' di p. 124]

28 «Tre impegni ostavano alla liquidazione della S. Giorgio: un impegno sindacale a non effettuare altri licenziamenti, un impegno di natura amministrativa, collegato alla istituzione di una commissione di studio sui problemi delle aziende di Stato e, infine, un impegno parlamentare derivante dalla approvazione di un ordine del giorno dell'on. Pessi col quale il governo veniva impegnato a sospendere tutti i licenziamenti nelle industrie IRI». Di Vittorio aggiungeva poi: «evidentemente per i dirigenti della San Giorgio questi impegni non hanno alcun valore: essi passano sopra ai sindacati, agli organi amministrativi, al parlamento stesso, e procedono indisturbati per la loro strada». [Nota a pie' di p. 124]

29 «Il governo ha riconosciuto che vi è stata una cattiva gestione, ma anziché far sì che l'attività riprenda con nuovi criteri preferisce lasciar cadere l'azienda». [Nota a pie' di p. 125]


[130>] Inoltre [Lizzadri] afferma che la campagna di stampa promossa dalla Confindustria ha portato ad atteggiamenti che mal si accordano col congresso di Napoli, ed entra in polemica con Vanoni per la posizione assunta in occasione della vertenza San Giorgio. Ricorda inoltre, suscitando vivaci reazioni da parte di Quarello (DC), che le aziende IRI sono tributarie di importanti complessi privati, ai quali forniscono prodotti sottocosto, e che, in generale, si trovano svantaggiate nei confronti delle aziende a capitale privato.


[142>] «Non voglio fare la storia dell'IRI» dice Visentini nel primo dei suoi articoli. Ricorda però il modo in cui l'IRI fu costituito, il suo svilupparsi e parlando di costi, fa notare come anche aziende private, quali la Montecatini, la Edison e la FIAT avessero avuto bisogno, nel dopoguerra, di finanziamenti di entità paragonabili a quelli erogati dallo Stato per mantenere in vita aziende che, già private, quali la San Giorgio, la Breda, le Reggiane, vennero addossate all'IRI.



1 ...



All'indice    1979    Indicatore di completezza
Storia § ??
V. Ronchi, "La nuova rotta dell'Istituto Nazionale di Ottica", Atti della Fondazione Giorgio Ronchi, 34 (1979), n. 4-5, pp. 389-390. Link esterno OPAC SBN

Nonostante il nuovo Statuto, non ancora dotato del dovuto regolamento, l'attività dell'INDO riprese a crescere in maniera molto promettente. Come già è stato messo in evidenza nelle pagine precedenti, lo smantellamento delle industrie ottiche italiane nel dopoguerra, con la conseguente liquidazione del personale tecnico specializzato, non solo fece cessare l'assorbimento degli specialisti da parte dell'ambiente industriale, ma alcuni di essi, che già avevano lavorato per lustri nei reparti ottici degli stabilimenti industriali trovarono conveniente e anche allettante tornare all'INDO non come allievi, ma come maestri. In base allo Statuto del 1934, non ancora sostituito da quello del 1954, l'INDO poté bandire dei concorsi per professore di calcolo ottico, di fisica della radiazione e di progetto di strumenti ottici; concorsi che furono vinti ciascuno dall'unico concorrente presentatosi: l'Ing. Cesare Morais, già capo dell'ufficio di calcolo ottico della San Giorgio di Sestri Ponente, il Prof. Giuliano Toraldo di Francia, che aveva trascorso circa un lustro nel Reparto ottico della Ducati di Bologna, e l'Ing. Silvio Guidarelli, che pure aveva svolto la progettazione di strumenti ottici e fotografici, in varie industrie ottiche, per circa venti anni. Naturalmente erano tutti allievi del RINDO. Come si ricorderà, l'Ing. Morais aveva frequentato addirittura il primo corso di specializzazione [<389-390>] ottica, quello inaugurato il 6 Gennaio 1928 ad Arcetri. Più tardi ad essi si aggiunse anche l'Ing. Raffaello Bruscaglioni. Con questo gruppo di collaboratori, aggiunto alle ricercatrici già in funzione nell'INDO, la potenza scientifica dell'Istituto aveva raggiunto un livello veramente interessante e lo si vide subito nella produzione dei lavori originali, che arrivò a superare una pubblicazione alla settimana.1



1 .



All'indice    1980    Indicatore di completezza
Storia § ??
G. Perillo, C. Gibelli, Storia della Camera del Lavoro di Genova: dalle origini alla seconda guerra mondiale (Roma, Editrice Sindacale Italiana, 1980), pp. 208-215. Link esterno OPAC SBN

Da una pubblicazione del Sindacato metallurgico di Sestri Ponente 18 risulta però che, nell'agosto 1915, in uno stabilimento altamente qualificato come quello della San Giorgio i salari medi orari erano i seguenti:

manovalicent.29,50   aggiustatoricent.42,15
calderai»34,50   tornitori»42,15
pantografisti»34,50   fonditori»44,40
falegnami»37,––   fabbri»44,60

... [<208-209>] ...

... [<209-210>] ...

La prima di tali indagini pubblicata nel 1921 dal Giornale degli economisti 21, fatto 100 il salario nominale medio del 1914 nelle industrie metallurgiche e meccaniche e nelle industrie in complesso, stabilì come segue i numeri indici per il periodo bellico:

[tabella]

e giunse alla conclusione che l'andamento dei salari nominali, del costo della vita e dei salari reali era rappresentato dai numeri indici della seguente tabella:

... [<210-211>] ...

[tabella]

L'altra indagine, apparsa nel 1922 sulla Rivista bancaria 22, giunse invece ai seguenti risultati:

[tabella]

... [<211-212>] anche carichi di famiglia, non hanno per vivere che una media giornaliera di poco più di 6 lire, di 5,50, di 5, di 4 lire. E quelli che hanno le paghe più alte non stanno certo tanto meglio, se si considera che avere oggi 7-8 lire per la spesa quotidiana equivale a possedere un valore pari a L. 3 e tutt'al più a L. 3,50 al giorno, data l'altissima percentuale di aumento del costo dei viveri 24.


LE LOTTE DEGLI OPERAI DELL'INDUSTRIA NEGLI ANNI 1915-1916

L'agitazione dei lavoratori di fronte all'ascesa dei prezzi, che si era già manifestata durante il periodo della neutralità, cresce dopo la dichiarazione di guerra col progressivo crescere del costo della vita.

Il primo a mettersi in movimento è lo stabilimento San Giorgio di Sestri Ponente, dove vige la giornata lavorativa di 12 ore e i salari, come s'è visto, sono più bassi di quelli praticati nelle altre officine. Al suo interno esiste una forte lega del Sindacato metallurgico, aderente all'Unione Sindacale Italiana, che tra luglio ed agosto convoca una serie di riunioni per concordare le richieste da presentare all'azienda. Dopo ciò, il 30 agosto, una commissione nominata dagli operai presenta alla direzione dello stabilimento un memoriale col quale si chiedono: 1) l'orario normale di 10 ore; 2) l'aumento del 20 per cento sul salario dei manuali e degli addetti al reparto «ottica» e del 15 per cento sul salario delle altre categorie; 3) la maggioranza del 50 per cento per il lavoro straordinario compiuto oltre le 10 ore fino a mezzanotte e del 100 per cento per quelle dopo la mezzanotte; 4) la percentuale del 40 per cento per il lavoro in economia; 5) il riconoscimento da parte dell'azienda di una commissione interna, nominata dagli operai, per discutere e risolvere le questioni riguardanti le maestranze 25.

[DA COMPLETARE] rispondono [<212-213>] con un convegno tenutosi a Sestri il 24 ottobre, con l'intervento di Antonio Negro e con la partecipazione di rappresentanti degli stabilimenti di Genova, Sampierdarena, Cornigliano, Sestri, Voltri, Cogoleto, Savona e la Spezia: convegno che ha carattere unitario, data la presenza di operai iscritti alle organizzazioni confederali tra i delegati in prevalenza appartenenti all'organizzazione sindacalista. Il convegno ravvisa la necessità di un'intesa tra le maestranze dei numerosi stabilimenti liguri per lo sviluppo dell'azione rivendicativa e costituisce un comitato regionale metallurgico unitario, con il compito di coordinare le diverse agitazioni e di stabilire l'atteggiamento da tenere nell'eventualità che misure repressive siano adottate dalle autorità: a segretario del comitato viene nominato l'operaio Casimiro Accini, di Ferrara, inviato a Genova per l'occasione dalla segreteria dell'USI. Una animata discussione si svolge nel corso del convegno a proposito della sede del comitato, che i riformisti vogliono porre a Genova, ma dai convenuti, a grande maggioranza, viene stabilita a Sestri 26.

Il 3 novembre il ministro dell'Interno, in una lettera indirizzata al prefetto di Genova, ravvisa nell'agitazione degli operai metallurgici una minaccia e un «nascosto movente politico» e raccomanda che siano adottate «tutte le necessarie misure di precauzione» e sia esercitata «la più oculata sorveglianza presso gli stabilimenti»27; ma il prefetto, in una lunga relazione del 5 novembre al presidente del Consiglio dei ministri, non manca di dichiarare esplicitamente che il malcontento degli operai è giustificato «dallo speciale disagio del momento e dal rincaro dei viveri» ed anche «dal ritardo a pronunciarsi sulle domande già da tempo presentate» di cui è responsabile il Comitato regionale di mobilitazione industriale 28. Nel considerare le cause dell'agitazione in corso, è senza dubbio nel vero il prefetto Rebucci, ma sono comprensibili le preoccupazioni del Ministro dell'Interno. Anarchici, sindacalisti e socialisti, [<213-214>] infatti, vanno riprendendo la loro attività, anche allo scopo di riallacciare i rapporti internazionali, ciò che può aprire prospettive pericolose; l'attenzione del governo è rivolta specialmente al PSI, che nel mese di settembre [1915] ha partecipato alla Conferenza di Zimmerwald, intesa a ricondurre la classe operaia alla solidarietà rivoluzionaria. Proprio in quei giorni il manifesto della conferenza, pubblicato dall'Avanti! del 14 ottobre, viene diffuso nel paese mediante diecine di migliaia di volantini per servire di orientamento ai militanti e ai lavoratori 29. Dei risultati di Zimmerwald, nei mesi successivi, si occuperanno con prese di posizione contrastanti anche gli anarchici, in un vivace dibattito che vedrà Pasquale Binazzi prospettare su Il Libertario un'unità nazionale ed internazionale anarchica nell'ambito di una più vasta unità del movimento operaio 30.

Sta di fatto, comunque, che nell'autunno del 1915 l'agitazione operaia ha come cause esclusive l'insufficienza dei salari e la eccessiva gravezza del lavoro. Quando, verso la metà di novembre, il Comitato regionale di mobilitazione industriale comincia a funzionare si trova ad esaminare per primo il memoriale presentato dagli operai dell'Officina San Giorgio; esso cerca di promuovere un accordo fra le parti, e fallito il tentativo, emana un'ordinanza con la quale stabilisce l'immutabilità delle paghe e dei cottimi, si dichiara incompetente a decidere sulla richiesta di riduzione della giornata lavorativa da 12 a 10 ore e solo concede, in conseguenza del caroviveri, le seguenti maggiorazioni: il 10 per cento agli operai la cui mercede giornaliera, in 12 ore di lavoro, cottimo compreso, non supera L. 3,50; L. 0,35 agli operai con mercede compresa tra L. 3,50 e L. 4; 8 per cento agli operai con mercede tra L. 4 e L. 4,50; agli operai che percepiscono complessivamente più di L. 4,50 è assegnata la paga massima di L. 4,86 31.

Di fronte a questo atteggiamento, nella fabbrica subito si riaccende la lotta, animatore della quale è stato e continua ad essere l'operaio Giuseppe Centazzo: la maestranza riduce la giornata la giornata lavorativa da 12 a 10 ore e presenta al Comitato centrale di mobilitazione industriale, a Roma, un ricorso la cui stesura è curata [<214-215>] dall'avv. Ezio Bartalini. Frattanto, sull'Avanti! compare il seguente commento dello stesso Bartalini:

La prima ordinanza del Comitato ligure di mobilitazione industriale è stata una canzonatura per gli operai. Le maestranze della Società anonima San Giorgio di Sestri Ponente avevano domandato il 20 e il 15 per cento di aumento sulle paghe e il Comitato ha concesso il 10 per cento a tutti gli operai che guadagnano meno di L. 3,50 al giorno, per dodici ore di lavoro, cottimo compreso, dimenticandosi che operai in queste condizioni, e cioè non candidati alla consunzione ma già morti, non esistono in Liguria presso la ditta San Giorgio né altrove. Le altre concessioni assomigliano alla prima, ragione per cui gli operai hanno creduto opportuno ricorrere al Comitato centrale di Roma, com'è loro consentito dai regolamenti di mobilitazione industriale [...] I metallurgici della Liguria hanno ancora i salari di dieci anni fa ed hanno anche subìto senza pretese i rialzi di prezzo dei generi di prima necessità fino a pochi mesi orsono: ma ora il vaso trabocca 32.

Il Comitato centrale di mobilitazione industriale, esaminato il ricorso, migliora un poco il trattamento economico degli operai, ma circa la giornata lavorativa non ne fissa la durata, pur riconoscendo che il lavoro prestato oltre le 10 ore deve essere considerato straordinario. L'ordinanza del Comitato centrale non soddisfa gli operai, che la subiscono a malincuore, continuano a lavorare 12 e più ore al giorno e vedono il loro compagno di lavoro Giuseppe Centazzo scontare in carcere la colpa d'aver patrocinato con troppo calore la loro causa 33.

I prezzi intanto continuano a salire e il malcontento cresce nei quartieri popolari di Genova e nei Comuni della zona industriale [...]


18 La Lotta, a cura del Sindacato metallurgico di Sestri Ponente, numero unico, 20 settembre 1915. [Nota a pie' di p. 208]

19 ... [Nota a pie' di p. 209]

20 ... [Nota a pie' di p. 209]

21 Giustino Madia, L'aumento dei salari dal 1914 al 1921, in «Giornale degli economisti», ottobre-novembre 1921. [Nota a pie' di p. 210]

22 ... [Nota a pie' di p. 211]

23 ... [Nota a pie' di p. 211]

24 ... [Nota a pie' di p. 212]

25 ... [Nota a pie' di p. 212]

26 Sul Convegno di Sestri Ponente del 24 ottobre vedansi: il volantino diffuso subito dopo dal comitato regionale metallurgico; la relazione, datata Bologna 30 ottobre 1915, inviata ad un ignoto Sig. Commendatore da un informatore che si firmava Castoro, con allegata copia di una lettera (evidentemente intercettata), datata Sestri P. 25 ottobre ed inviata ad Antonio Negro, segretario della Camera del Lavoro sestrese, ad Armando Borghi, segretario nazionale dell'U.S.I. (A.C.S., Minist. Interno, P.S., busta 54 A). [Nota a pie' di p. 213]

27 A.C.S., Minist. Interno, P.S., Conflagr. europea, busta 53 B. [Nota a pie' di p. 213]

28 A.C.S., Presidenza Consiglio dei Ministri, Conflagr. europea, busta 19-5-8. [Nota a pie' di p. 213]

29 Sulla diffusione del manifesto di Zimmerwald cfr. Alberto Malatesta, I socialisti italiani durante la guerra, Milano, Mondadori, 1926, pp. 86-87. [Nota a pie' di p. 214]

30 C. Costantini, loc. cit., pp. 109-112. [Nota a pie' di p. 214]

31 A.C.S., Presidenza Consiglio dei Ministri, Conflagr. europea, busta 19.5.8: nota del prefetto in data 15 novembre 1915. [Nota a pie' di p. 214]

32 ... [Nota a pie' di p. 215]

33 ... [Nota a pie' di p. 215]



1 ...



All'indice    1980    Indicatore di completezza
Storia § ??
R. Gandolfi, I fiduciari di fabbrica. L'attività degli operai comunisti all'interno del sindacato fascista a Bologna (Milano: La Pietra, 1980), p. 60. Link esterno OPAC SBN

In seguito venne assunto un capoguardiano che, come avremmo saputo poi, era un ex maresciallo: un tipo tarchiato, dall'andatura lenta e dondolante, sulla quarantina. Dopo alcuni giorni costui cominciò a gironzolare nei vari reparti di lavorazione, soffermandosi qua e là. La cosa fu subito notata, perché nessun guardiano o portinaio, durante le ore di lavoro, si era mai permesso di sostare nei reparti di lavorazione quando erano presenti gli operai. Avevo avuto un'esperienza del genere anni prima, nelle officine San Giorgio di Sampierdarena,1 alla sezione ottica, dove si costruivano i periscopi per sottomarini: là i guardiani erano sguinzagliati in ogni reparto, persino nei gabinetti, ed erano una vera peste.2

Decidemmo di mettere fine subito all'intrusione del guardiano alla SABIEM-Parenti 3 e, a tal fine, mobilitammo gli operai più giovani. Un giorno l'ex maresciallo si presentò alla sezione meccanica, un capannone lungo un'ottantina di metri, e dopo pochi passi fu investito da un bombardamento di oggetti contundenti: dadi, bulloni, chiodi e altre cosucce del genere. All'inizio egli tentò di fare l'indifferente, ma ben presto dovette accelerare il passo e uscire dall'altro lato del capannone in tutta fretta. Il giorno dopo volle ritentare l'esperimento, ma la sua passeggiata si trasformò in corsa frenetica per sottrarsi alla grandinata. Dopo di che pensò bene di non ripetere i suoi giretti nei capannoni quando erano presenti gli operai. Un anno più tardi, con lo stabilimento semidistrutto dalle bombe e in via di smobilitazione, sarebbe stato scoperto a rubare e cacciato con infamia.



1 Leggasi: Genova Sestri.

2 Si tratta di un ricordo anteriore all'occupazione nazista.

3 In tempo di pace produceva, a Bologna, ascensori e montacarichi. "Alla fine del 1943 le industrie meccaniche bolognesi hanno convertito la maggior parte della loro produzioni per usi bellici... La Sabiem fa serie complete di parti per obici..." Link esterno biblioteca.salaborsa (esistente il 2/7/2020).



All'indice    1981    Indicatore di completezza
Storia § ??
P. Arvati, P. Rugafiori, Storia della Camera del lavoro di Genova: dalla Resistenza al luglio '60 (Roma, Editrice Sindacale Italiana, 1981), pp. 148, 153-161, 237, 250-255, passim. Link esterno OPAC SBN

Non è il caso di sottolineare il fatto, estremamente significativo, che i settori meccanici smantellati fossero in gran prevalenza a partecipazione pubblica; così come non è affatto casuale che la logica di smobilitazione abbia travolto dirigenti (Saraceno all'Ansaldo, Zuccardi alla S. Giorgio) poco docili alle direttive della Finmeccanica o comunque interessati ad avviare una seria politica di razionalizzazione e di riconversione produttiva. I processi di smobilitazione [<148-149>] si sviluppano parallelamente e in armonia con i processi di [DA COMPLETARE]


[...] [<152-153>] tattica di provocazione e logoramento delle direzioni aziendali, gli operai opponevano programmi aziendali che entravano nel vivo dei problemi dell'impresa, proponendo indicazioni alternative in ordine alla possibilità di espansione produttiva, di sbocchi di mercato, di superamento delle deficienze organizzative. Nei momenti più acuti dello scontro, nella fase dell'abbandono delle aziende da parte delle direzioni, gli operai occuparono gli stabilimenti, continuando però a lavorare, e utilizzando così una nuova forma di «sciopero alla rovescia», al fine di affermare e realizzare il ruolo di classe dirigente, legata alla vita e alla sopravvivenza delle «proprie» aziende, interessata alla piena valorizzazione delle risorse produttive del paese, e al fine di coinvolgere nello scontro ampi strati sociali e precise forze economiche (piccoli e medi industriali fornitori delle industrie Iri, commercianti, ecc.), direttamente interessate al mantenimento e all'incremento dell'occupazione e della produzione nelle aziende stesse.

LA LOTTA DELLA S. GIORGIO

La situazione produttiva alla S. Giorgio, immediatamente dopo il passaggio all'Iri, era caratterizzata da un notevole disordine organizzativo nei diversi reparti, disordine che si rifletteva direttamente sul grado di utilizzazione degli impianti e dei macchinari, e sull'impostazione dei processi produttivi e dei sistemi di lavorazione. Alla S. Giorgio si realizzavano prodotti estremamente diversi l'uno dall'altro: macchine per calzature, alternatori, motori diesel, impianti di riscaldamento, apparecchi elettromedicali per raggi x, binocoli, lenti e altre produzioni di meccanica di precisione.

Nei primi mesi del '49 i lavoratori della S. Giorgio 29 iniziarono, unitamente agli altri lavoratori del settore meccanico genovese, una vasta opera di mobilitazione e di lotta contro i Piani Finmeccanica di ristrutturazione delle aziende Iri. Lo stesso presidente della Finmeccanica, ing. Lojacono, venne a Genova ad illustrare il Piano della Finmeccanica che, come è già stato ricordato, prevedeva la liquidazione di importanti produzioni. Tale piano di [<153-154>] ridimensionamento e di ristrutturazione investiva anche la S. Giorgio, in cui circa 1.200 dipendenti erano ritenuti «esuberanti». Sempre nei primi mesi del 1949 venne inviato a Genova, in qualità di direttore generale della S. Giorgio, l'ing. Mirco Zuccardi, che nel giugno dello stesso anno presentò ai rappresentanti dei lavoratori un piano di produzione che prevedeva il mantenimento delle diverse lavorazioni, dei livelli occupazionali esistenti e addirittura l'incremento del personale attraverso nuove assunzioni. Il piano, approvato dal Cdg e dalla Ci, fu respinto dalla Finmeccanica, e lo stesso Zuccardi venne allontanato dall'azienda.1 Al suo posto, nel novembre del 1949, fu chiamato quale amministratore delegato e direttore generale l'avv. Federico Nordio. Il cambio della guardia alla testa della S. Giorgio aveva un preciso significato politico, che non passò inavvertito agli operai.

«Quando nelle officine si sente parlare di un avvocato quale dirigente dell'azienda, si sente subito l'odore della liquidazione», dirà Antonio Negro alla Camera in un discorso tenuto il 27 giugno 1950 30.

Il Nordio non tarderà a rivelare i propri disegni e la propria funzione politica di «ridimensionatore» dell'azienda. Si inizia infatti alla S. Giorgio una sorta di logorante guerriglia tra lo «staff» dirigenziale da una parte e la Commissione interna e il Cdg dall'altra, guerriglia che sfocia nella decisione di Nordio, nel gennaio 1950, di sospendere la lavorazione per mille macchine da calze (commessa, quest'ultima, ammontante ad 1 miliardo e 300 milioni, e per cui si erano già spesi 500 milioni in attrezzature). Agli operai non poteva sfuggire il significato di questo atto di Nordio, coerente con i propositi, espressi dalla Finmeccanica, di «razionalizzazione» delle varie attività produttive della S. Giorgio e di alleggerimento del personale ritenuto esuberante. Nordio dovrà rivedere la propria decisione anche per la pronta e decisa mobilitazione degli operai e del sindacato, che denunciarono fermamente la «politica antiproduttivistica e antinazionale della direzione e del governo».

Tuttavia le provocazioni direzionali non sarebbero cessate: intimidazioni, falsificazioni, spostamenti dei «quadri» di affissione dei [<154-155>] comunicati sindacali non si contavano più nella vita quotidiana dell'azienda. Infine, il 3 febbraio, le continue provocazioni della direzione ottennero il risultato voluto: il «casus belli» esplose. Da alcuni giorni alla S. Giorgio gli impiegati erano scesi in sciopero per la definizione del contratto nazionale di categoria 31. La categoria impiegatizia alla S. Giorgio non era compatta nelle lotte: una parte di impiegati infatti non aderiva agli scioperi brevi, di un'ora o due al giorno, indetti dalla Cgil. La mattina del 3 febbraio un folto gruppo di impiegati e operai della S. Giorgio attendeva all'esterno della fabbrica l'uscita dei crumiri. La direzione non perse l'occasione per tentare la provocazione e fece uscire anticipatamente (alle 12 anziché alle 13) i dirigenti, che si mescolarono tra gli impiegati. Non fu difficile per i provocatori aizzare qualche violenta discussione: alcuni dirigenti vennero spintonati, volò qualche sputo e qualche schiaffo.

L'incidente fu però sufficiente per Nordio, che il pomeriggio stesso, riuniti i dirigenti, decise, dato il «grave stato di sistematica indisciplina ed inosservanza delle norme contrattuali e regolamentari che da tempo perdura nello stabilimento» 32, di abbandonare lo stabilimento insieme a tutto il personale dirigente e di sospendere il lavoro sino a nuovo ordine. La direzione faceva poi conoscere le condizioni per la normale ripresa del lavoro: veniva richiesta all'organizzazione sindacale una deplorazione scritta delle violenze verificatesi; veniva richiesta la rimozione di ogni «scritta, manifesto o quadro murale» all'interno della fabbrica, nonché l'abbandono dei locali stessi dell'azienda due giorni prima dell'eventuale rientro della direzione. Subito dopo l'avv. Nordio spediva dalla propria abitazione quindici lettere di licenziamento (in qualche modo bisognava dare un nome ai responsabili delle «violenze»!), ma nel compiere questo atto compiva un'imperdonabile dimenticanza, inviando una lettera ad un dipendente che il giorno 3 era in permesso e una lettera ad un disoccupato che non era mai stato alle dipendenze dell'azienda. Il 4 febbraio gli operai e gran parte dei tecnici e degli impiegati della S. Giorgio rientravano in azienda. Iniziava così la lotta degli 82 giorni della S. Giorgio. [<155-156>]

Per avere un quadro più dettagliato della situazione, e quindi anche delle implicazioni e delle «valenze» più immediatamente politiche dello scontro allora in atto alla S. Giorgio, è opportuno ricordare la consistenza delle organizzazioni di classe della S. Giorgio. La fabbrica godeva di una lunga tradizione di lotte operaie, sia nel periodo della Resistenza (la classe operaia della S. Giorgio aveva ottenuto la Medaglia d'oro) che nell'immediato dopoguerra, e presentava un'organizzazione politica e sindacale tra le più compatte del genovese: infatti su 5.237 dipendenti gli iscritti alla Cgil erano 4.605, pari all'87,9%. Nella Commissione interna la Cgil poteva contare sul 91% dei voti delle maestranze 33.

Il giorno stesso dell'inizio dell'occupazione della S. Giorgio, la Fiom e l'Esecutivo del comitato ligure dei Cdg attribuirono le responsabilità dell'accaduto al comportamento provocatorio della direzione. Inoltre, dopo qualche giorno, la Fiom fece conoscere le proprie condizioni per la normalizzazione della vita aziendale, condizioni formulate in sette punti: 1) rientro immediato della direzione; 2) ritiro delle lettere di licenziamento; 3) garanzie sull'avvenire dell'azienda; 4) richiesta di pagamento delle ore prestate dai lavoratori a partire dal 3-2-1950; 5) rispetto del contratto di lavoro; 6) allontanamento di Nordio, direttore generale, e di Allegri, responsabile del personale; 7) accettazione da parte dell'azienda delle proposte avanzate dalla Fiom per il completamento del contratto nazionale. Si apriva in questo modo una lotta che andava ben oltre i confini dell'azienda in cui era sorta. Essa diventava un banco di prova per i gruppi dirigenti dell'Iri, di cui Nordio non era altro che un rappresentante, per mettere alla prova la «tenuta» dell'organizzazione di classe; ma rappresentava un banco di prova anche per il sindacato e il movimento operaio, per i quali la lotta della S. Giorgio diventava l'occasione concreta per avviare quel processo di «socializzazione» dello scontro e di aggregazione di diversi strati sociali intorno agli obiettivi strategici confederali, dal «Piano del lavoro» alla proposta di potenziamento e di autonomia dell'Iri 34.

La polarizzazione delle forze che si venne a creare intorno alla [<156-157>] S. Giorgio era la cartina di tornasole dell'importanza e del livello dello scontro. Le difficoltà del sindacato e del movimento operaio non erano certo irrilevanti. Da una parte non bisognava cadere in una prassi ed in una logica meramente difensive che, se praticate, avrebbero irrimediabilmente compromesso le possibilità di «socializzazione» dello scontro; dall'altra occorreva orientare adeguatamente la tensione, estremamente alta, della mobilitazione operaia. Di entrambe le difficoltà era estremamente cosciente lo stesso Pessi, allora segretario della Federazione genovese del Pci che a questo proposito scriveva:

Alcune incomprensioni, delle incertezze e delle errate impostazioni si ebbero fin da principio in compagni ed in elementi dirigenti dei lavoratori. Questi compagni che erano stati d'accordo sulla linea di impostazione generale del Piano del lavoro della Cgil nella vertenza San Giorgio, non riuscivano più a scorgere il legame tra la lotta per il contratto di lavoro, la difesa degli organismi interni dei lavoratori e la lotta per il lavoro. Nella pratica si manifestavano alcune tendenze a ritirarsi sullo stesso terreno difensivo, nei confronti dell'azione intrapresa dalla direzione, e che avrebbero da una parte falsato e ristretto la lotta e dall'altra portato alla capitolazione.
[...] Per i dirigenti delle organizzazioni dei lavoratori, esisteva un doppio pericolo: da una parte il pericolo di rivelarsi al di sotto della volontà di lotta delle masse, e dall'altra che gruppi di lavoratori potessero, ad un determinato momento, sfuggire alla direzione delle organizzazioni stesse 35.

La posta in gioco era quindi molto alta, ed i pericoli erano altrettanto consistenti. Ma esaminiamo ora le varie tappe della lotta.

A partire dal 4 febbraio, mentre proseguiva l'occupazione della S. Giorgio, si tennero numerose riunioni e assemblee pubbliche dei vari organismi di resistenza dei lavoratori. Una grande assemblea pubblica, organizzata dal Comitato di difesa delle industrie locali, si tenne a Sestri il 6 febbraio. Contemporaneamente si mobilitavano le organizzazioni femminili e giovanili della Cal e dei partiti di sinistra, le cooperative e le varie associazioni popolari. Una vasta opera di mobilitazione e di sensibilizzazione si conduceva all'interno delle altre aziende liguri, ampiamente solidali con la lotta degli operai. Per tutto il periodo della lotta, gruppi di 8-10 operai della [<157-158>] San Giorgio si recarono quotidianamente nelle altre fabbriche a informare gli operai sull'andamento della lotta. Comizi volanti vennero tenuti nei mercati, nei quartieri, nei paesi. Per iniziativa della Camera del lavoro venne costituito un fondo di resistenza «non tanto per raccogliere le somme onde sostenere le lotte», – come ricordava Pessi –36 ma soprattutto per avviare una nuova forma di lotta, «che generasse la partecipazione attiva e cosciente di tutte le masse popolari in lotta o che con la lotta simpatizzavano».

All'interno dell'azienda si era costituito intanto un Comitato d'agitazione, con compiti di coordinamento delle iniziative di lotta e di propaganda, ed un Comitato di produzione, composto da membri della Commissione interna e del Consiglio di gestione, con il compito di dirigere la produzione, di assegnare il lavoro ai vari reparti, di assicurare l'approvvigionamento delle materie prime. Svolgendo questo mandato, il Comitato di produzione tendeva a legare sempre più alla lotta quei tecnici che erano rimasti in fabbrica durante l'occupazione. Il Comitato dava notizie quotidianamente dell'andamento della produzione attraverso un «Bollettino del fronte di lotta della San Giorgio», bollettino che diventò un importante veicolo di informazione e di comunicazione interno ed esterno.

La direzione dello stabilimento assunse un atteggiamento assolutamente rigido: dichiarò illeggittimi gli atti di coloro che avevano assunto la gestione dello stabilimento, diffidò i «terzi» a trattare e prendere accordi di lavoro con il «Comitato di produzione», si adoperò in ogni modo per boicottare le forniture del materiale. Nonostante tutto, stando a quanto riportano i documenti e le fonti di stampa del periodo, la produzione continuò con un ritmo discreto 37.

Nel periodo dell'occupazione la Camera del lavoro dispose un piano di azione articolato in scioperi generali a «scacchiera» nelle diverse zone della città. Il 27 febbraio, dalle 10 alle 12, si fermò tutta la zona del Ponente, da Sestri a Voltri. Il 28 febbraio, sempre [<158-159>] dalle 10 alle 12, si fermò la Val Polcevera, subito seguita il 1° marzo dallo sciopero dei portuali, ed il 3 marzo dalla zona di Sampierdarena. Il 14 marzo, infine, si fermarono la Val Bisagno e la zona del Levante da Sturla a Nervi. Il 7 marzo la Fiom provinciale promosse lo sciopero generale della categoria: circa 40.000 operai raggiunsero il centro cittadino con un'imponente manifestazione che si concluse con un comizio durante il quale presero la parola Roveda, segretario nazionale della Fiom, e Antonio Negro.

Nel frattempo, verso i primi di marzo, si erano avviate le trattative alla presenza del ministro del Lavoro Marazza. Le trattative vennero interrotte verso i primi di aprile, in seguito all'irrigidimento opposto dagli industriali sulla questione di «principio» dei licenziamenti e della deplorazione da parte sindacale delle violenze avvenute il 3 febbraio. Di fronte alla rottura delle trattative da parte confindustriale, il sindacato rispose con la proclamazione di uno sciopero generale di tutte le categorie a Genova per il 20 aprile. La minaccia dello sciopero generale indusse il ministro Marazza a fare nuove proposte di accordo; lo sciopero fu sospeso e le trattative, riprese il 20 aprile, si conclusero il 24 aprile.

Esaminiamo ora i 10 punti dell'accordo concluso il 24 aprile 1950 presso il ministero del Lavoro a Roma 38.2

Nel primo articolo la direzione dello stabilimento riaffermava «la sua intensa opera rivolta alla ripresa delle sorti dell'azienda ai fini di conseguire gradualmente la piena occupazione dei lavoratori in forza». Gli operai della S. Giorgio avrebbero avuto modo successivamente di verificare quanto valore avessero queste promesse «da marinaio».

Nel secondo punto il sindacato prendeva ufficialmente posizione sui fatti del 3 febbraio, biasimando gli atti di indisciplina e «qualsiasi provocazione che possa determinarli». D'altra parte la posizione del sindacato su tali avvenimenti era da tempo nota ed era già stata chiarita in diverse occasioni.

Il terzo ed il quarto punto dell'accordo riguardavano l'applicazione del contratto di lavoro di categoria e degli accordi interconfederali anche per quanto riguardava le libertà sindacali all'interno della fabbrica (affissione dei comunicati sindacali, ecc.).

Il quinto punto riguardava la questione dei 13 licenziamenti richiesti dalla direzione. La questione veniva [<159-160>] risolta con le dimissioni volontarie di otto lavoratori. Nell'accordo non si parlava di licenziamenti, ma è d'altra parte indiscutibile che lo scoglio era stato superato grazie all'autolicenziamento dei lavoratori stessi.

Il sesto punto affermava che la direzione della S. Giorgio avrebbe messo a disposizione 160 milioni a titolo di acconto per la retribuzione del lavoro svolto dalle maestranze nel periodo tra il 4 febbraio ed il 24 aprile 1950.

Gli articoli 7, 8 e 10 riguardavano le modalità della ripresa del lavoro e le modalità della valutazione e della conseguente retribuzione ad operai ed impiegati del lavoro svolto nel periodo dell'occupazione.

L'articolo 9 escludeva dall'accordo i lavoratori sospesi con integrazione dall'azienda. Per questi lavoratori si prevedeva unicamente la ripresa del trattamento integrativo.

Il sindacato ed i partiti di sinistra insistettero con forza sugli aspetti positivi dell'accordo. D'altra parte l'accordo presentava alcuni limiti, innanzitutto per il carattere «aleatorio» dei diversi punti concordati. Per quanto riguardava infatti le assicurazioni relative alla continuità e all'incremento dell'attività produttiva in azienda, non si andava oltre le generiche «promesse» della direzione. La Fiom stessa, in un documento datato 13 giugno, rilevava che:

sia Nordio che la Confindustria non potranno sfuggire alle conseguenze dell'attuale indirizzo politico-economico e degli impegni che la classe dominante italiana ha preso e sta prendendo con l'imperialismo straniero: essi sono quindi costretti a passare ai licenziamenti e a contraddire alle dichiarazioni fatte pubblicamente e agli accordi pubblicamente firmati cui li ha costretti l'opera di denuncia dell'organizzazione.

Una prova di quanto fossero fondate le preoccupazioni della Fiom si avrà di lì ad un mese, quando, nel luglio del 1950, verrà deciso lo scorporo dell'Elettrotecnico S. Giorgio e la fusione con l'Elettrotecnico Ansaldo, scorporo che comporterà la perdita del 70% circa del carico di lavoro per la S. Giorgio, contro un assorbimento appena del 25% del personale, e che semplificherà così di molto i disegni di Nordio.

Per quanto concerne poi l'altro punto qualificante dell'accordo, relativo ai licenziamenti punitivi e discriminatori, se non passò la posizione di principio della direzione, è anche vero che non si riuscì a riammettere in fabbrica i tredici operai ingiustamente colpiti dal provvedimento. [<160-161>]

Infine, i punti dell'accordo riguardanti la retribuzione per il lavoro svolto nel periodo dell'occupazione, presentavano aspetti positivi (se non altro per il riconoscimento della capacità «gestionale» degli organismi di fabbrica), con l'unica riserva dell'articolo relativo alle sospensioni che non risolveva il problema dei lavoratori sospesi, aggravando in questo modo le perplessità connesse al primo articolo dell'accordo.

Si può dire, in conclusione, che la lotta della S. Giorgio non solo non aprì sicure prospettive produttive e occupazionali per il complesso sestrese, ma evidenziò anche l'esigenza di una approfondita riflessione sulla maggior parte delle questioni di tattica e di strategia, di funzionamento addirittura delle stesse organizzazioni di fabbrica, categoriali e camerali 39.

Si avrà una prova concreta di ciò con l'apertura di altre importanti lotte.3


29 Ricordiamo che l'occupazione alla S. Giorgio dal '46 al '49-50 si era già ridotta di circa 2.000 unità. [Nota a pie' di p. 153]

30 82 giorni di lotta alla S. Giorgio. Discorso tenuto il 27 giugno 1950 al Senato da Antonio Negro, segretario responsabile della Camera confederale del lavoro di Genova. Stampato a cura dei lavoratori della S. Giorgio, 1950. [Nota a pie' di p. 154]

31 In quel periodo erano in corso le lotte per la rivalutazione salariale delle diverse categorie. La lotta si concluderà con l'accordo dell'8-12-1950. [Nota a pie' di p. 155]

32 Comunicato all'Ansa della Direzione della S. Giorgio, riportato da l'Unità del 4-2-1950. [Nota a pie' di p. 155]

33 I dati sono stati ripresi dall'opuscolo scritto da Secondo Pessi, La lotta dei lavoratori della S. Giorgio di Genova, Roma, 1950, pag. 4. [Nota a pie' di p. 156]

34 Tra l'altro va ricordato che Antonio Negro, nel già citato discorso al Senato, colse l'occasione per collegare la lotta della S. Giorgio alla richiesta formale dell'uscita delle aziende Iri dalla Confindustria. [Nota a pie' di p. 156]

35 Secondo Pessi, op. cit., pp. 10, 18, 19. [Nota a pie' di p. 157]

36 Secondo Pessi, op. cit., pag. 17. [Nota a pie' di p. 158]

37 «La produzione continuò a pieno ritmo ed in certi reparti superò i normali indici dei mesi precedenti. Infatti vennero prodotti: mq. 8.700 di radiatori di ghisa; mq. 4.000 di radiatori di lamiera; n. 1.700 motori; n. 50 alternatori e trasformatori; n. 60 macchine per calze; n. 25 macchine rimagliatrici; n. 10.200 lenti teoriche; n. 500 lenti bifocali; n. 23.000 lenti sferiche; n. 550 apparecchi elettrici, varie e notevoli altre quantità di prodotti, tutto per un complesso di circa 600 milioni di lire»; Secondo Pessi, op. cit., pag. 16. [Nota a pie' di p. 158]

38 I dieci articoli dell'accordo furono pubblicati su l'Unità del 24 aprile: Concluso l'accordo della S. Giorgio con un successo di portata nazionale. [Nota a pie' di p. 159]

39 A questo proposito Pessi, nel già citato opuscolo, non nascondeva i limiti delle diverse organizzazioni, denunciando «alcune incertezze iniziali» della Camera del lavoro. [Nota a pie' di p. 161]


[237>] Oto, Bagnara, Metallurgico e Bruzzo sono le aziende principalmente colpite in questi primi mesi, mentre verso la fine del '53 si delineerà l'apertura della crisi finale della S. Giorgio di Sestri.


83 Fra essi sono Umberto Bortolotti, Francesco Mantero, Francesco Bonicalzi e Gino Mela, già membri della commissione esecutiva della CdL e Francesco Metti della commissione operaia della S. Giorgio (A.C.S., Min. Interno, P.S., Confralgr. europea, busta 20 A, nota del prefetto al ministero del 31 luglio n. 15581. [Nota a pie' di p. 237]


[DA COMPLETARE] [<250-251>] a una effettiva ripresa dell'azienda: nel caso di mancato pareggio, di lì a due anni la San Giorgio sarebbe stata abbandonata al suo destino.

A pochi mesi dalla scadenza fissata da Nordio, il deficit della San Giorgio si era ulteriormente aggravato; gli operai sospesi non erano stati riassorbiti e numerosi lavoratori anziani erano stati licenziati. Il progetto di suddividere la San Giorgio in quattro stabilimenti, inoltre, destava notevole preoccupazione tra la maestranza. La Commissione interna giudicava positivamente il completo rinnovamento della fonderia, ma criticava il progetto direzionale di ridimensionare il volume della produzione, che limitava la possibilità di assorbire nel nuovo stabilimento di Prà tutti gli operai precedentemente impiegati nel reparto fonderia.

Per quanto riguardava invece la produzione meccanica (macchine da calze, da maglieria, telai, frigoriferi), la Commissione interna analizzava le cause della crisi del comparto: carenza del carico di lavoro per cause interne (grave assenza di un'organizzazione commerciale delle vendite) e per cause esterne (crisi del settore tessile) [DA COMPLETARE]

Ad un anno di distanza dalla presentazione della relazione della Commissione interna si tenne, nel novembre del 1953, la Conferenza di produzione dell'azienda. Già da qualche mese alla testa della San Giorgio si trovava l'ing. Pacchiarini la cui nomina coincideva con «un rincrudimento delle misure di repressione» e con «un aumento delle minacce di sospensione e di massicci licenziamenti»24. La relazione introduttiva della Conferenza sottolineava la drammaticità della situazione produttiva della S. Giorgio:

Il personale occupato nel 1946 era composto da 6.062 operai e 1.240 impiegati, per un totale di 7.302 lavoratori. Il personale attualmente [<251-252>] in forza è di 3.773 lavoratori, di cui 2.939 operai e 834 impiegati. Il personale sospeso conta circa 350 operai. Il carico di lavoro attuale si aggira sul 20% della potenzialità degli impianti esistenti25.

La relazione, passando all'analisi delle diverse lavorazioni della S. Giorgio, metteva in luce la grave crisi del settore ottico (carico di lavoro assicurato per soli tre mesi) e del settore delle macchine tessili, settore quest'ultimo accantonato per far posto alle centrali di tiro.

Venivano sottolineate le notevoli possibilità di sviluppo della lavorazione delle macchine tessili per il potere di assorbimento del mercato estero e in parte di quello nazionale; negativo era invece il giudizio sulle centrali di tiro: «queste lavorazioni non presentano nessuna garanzia di sviluppo né attualmente, né per il futuro e finiscono per compromettere definitivamente la potenzialità produttiva di questo reparto».

La relazione insisteva poi sulla possibilità di sviluppo del settore meccanica di serie (impianti telegrafici, lavatrici, frigoriferi, condizionatori d'aria), del settore «aghi», e delle lavorazioni della Fonderia (settore riscaldamento, cioè radiatori, caldaie, accessori per impianti di riscaldamento). A questo proposito veniva criticato il fatto che la Fonderia di Prà e la nuova officina aghi dessero lavoro a un numero di operai esiguo rispetto al potenziale produttivo dei rispettivi settori.

Secondo la relazione della Conferenza di produzione dovevano essere individuate due ragioni di fondo della crisi alla San Giorgio: la disorganizzazione del lavoro e l'assenza di una efficace politica commerciale sul mercato nazionale ed estero, in particolare dei paesi socialisti e del Terzo Mondo.

Le possibili vie d'uscita: dovevano essere potenziati i settori che in quel momento offrivano maggiori possibilità di assorbimento sul mercato, ossia le macchine tessili, gli apparecchi elettromedicali, gli impianti termici, gli aghi, gli elettrodomestici. In ogni caso, concludeva la relazione, doveva essere abbandonata la strada dei cosiddetti ridimensionamenti, a seguito dei quali le somme stanziate per le varie aziende si traducono in finanziamenti alle smobilitazioni e ai licenziamenti e non alla ripresa produttiva26. [<252-253>]

Lo sforzo della Conferenza di produzione di indicare concrete vie di uscita dalla crisi, attraverso la riorganizzazione delle numerose lavorazioni e la salvaguardia dei livelli occupazionali dell'azienda, doveva però scontrarsi col disegno padronale di procedere ad una razionalizzazione produttiva che, seppur orientata secondo alcune delle linee indicate dalla stessa Conferenza di produzione (eccetto che per le lavorazioni militari), tendeva decisamente ad acquisire una piena flessibilità della forza lavoro, riducendo in modo sostanzioso l'occupazione e, soprattutto, frantumando il nucleo fondamentale, tradizionalmente molto combattivo della classe operaia della San Giorgio.

Si ebbe un chiaro sentore della crisi della San Giorgio verso i primi mesi del '54. In un articolo apparso su l'Unità del 23 febbraio27, si denunciava l'allarmante «fuga» di numerosi tecnici della S. Giorgio: in sole due settimane ben sei ingegneri, responsabili di importanti settori produttivi, avevano rassegnato le dimissioni. [DA COMPLETARE]

Ulteriori decisioni – veniva successivamente comunicato – sarebbero state prese dall'assemblea degli azionisti preannunciata per il 9 giugno.

Le decisioni del Consiglio di amministrazione furono conosciute nel pomeriggio del 9 giugno: la S. Giorgio veniva posta in liquidazione; 1.800 lavoratori sarebbero stati licenziati; dal vecchio complesso sarebbero sorte cinque nuove aziende: la Nuova San Giorgio, la Fonderia di Prà, le Officine Meccaniche di Rivarolo, la Fabbrica Aghi Zebra, la S. Giorgio Elettrodomestici di La Spezia. La notizia si diffuse rapidamente per la città: a Sestri la popolazione scese per le strade, i negozi furono chiusi e per tutto il giorno [<253-254>] rimasero chiusi in segno di protesta i cinema e i servizi pubblici. Si creò in breve «un'atmosfera da 25 aprile»28.

Due giorni dopo fu indetto uno sciopero generale di protesta a cui aderirono anche la Cisl, la Uil e l'Associazione commercianti (diretta dai democristiani). Le decisioni dell'Assemblea degli azionisti della S. Giorgio avrebbero avuto vaste ripercussioni in tutte le sedi politiche locali e nazionali. L'intenzione di liquidare in un colpo solo un complesso della fama e del prestigio della San Giorgio non poteva in effetti passare inosservato all'opinione pubblica, e finiva quindi per allarmare la stessa Dc locale vivamente preoccupata per le conseguenze elettorali del fatto. I partiti di destra e di centro si affrettarono pertanto a manifestare la propria solidarietà ai lavoratori colpiti: addirittura la Segreteria provinciale della Dc rassegnò le dimissioni mentre il Congresso provinciale del partito, tenutosi il 20 giugno, fu praticamente dominato dalla discussione sulla S. Giorgio. Ferrari Aggradi, intervenuto per placare le acque, fu sonoramente contestato dai congressisti. Il Consiglio comunale approvò all'unanimità un ordine del giorno di protesta contro la liquidazione della S. Giorgio, mentre alla Camera dei deputati il ministro del Bilancio, Vanoni, dovette in qualche modo giustificare le decisioni dell'Iri (28 luglio).

L'atteggiamento governativo nel corso della vertenza fu alquanto ambiguo ed indeciso: se in un primo momento la responsabilità dell'accaduto venne attribuita all'Iri e alla direzione della S. Giorgio, colpevole di avere sperperato in pochi anni ben 15 miliardi, in una fase successiva si ebbero una maggiore cautela e un maggiore irrigidimento nei confronti delle organizzazioni sindacali. Le trattative sindacali ebbero ufficialmente inizio a Genova il 28 giugno, alla presenza del prefetto. La vertenza si sarebbe protratta sino al 2 settembre, con fasi alterne. Scioperi generali si effettuarono a Genova il 22 giugno (metallurgici), il 3 luglio (tutte le categorie), il 5 luglio (tutte le categorie), il 14 luglio (S. Giorgio, Fossati, Cantiere). Le trattative riuscirono in un primo momento a ridurre il numero dei licenziati a 1.400 ma si bloccarono il 9 agosto, di fronte al «diktat» governativo-padronale di accettare i licenziamenti e sgomberare la fabbrica.

La pregiudiziale governativa sarebbe poi caduta dopo qualche [<254-255>] giorno: le trattative, riprese il 18 agosto [DA COMPLETARE]


24 l'Unità, 15 dicembre 1953, «I compiti dei comunisti per la salvezza della S. Giorgio di Sestri». [Nota a pie' di p. 251]

25 Relazione alla Conferenza di produzione della S. Giorgio, 22 novembre 1953, pag. 2. [Nota a pie' di p. 252]

26 Relazione ecc., op. cit., pag. 16. [Nota a pie' di p. 252]

27 l'Unità, 23 febbraio 1954, «Dimissioni a catena di tecnici della S. Giorgio». [Nota a pie' di p. 253]

28 Relazione sulla lotta della S. Giorgio, Federazione genovese del Pci, 1954, pag. 4. [Nota a pie' di p. 254]

29 Relazione ecc., op. cit., p. ???. [Nota a pie' di p. 255]



1 Sono assenti in Nones (1990) riferimenti a Zuccardi e al suo tentativo.

2 Nel seguito sono stati aggiunti alcuni a capo.

3 Segue il paragrafo dal titolo "La lotta dell'Ansaldo".



All'indice    1981    Indicatore di completezza
Storia § ??
P. Rugafiori, a cura di, Resistenza e ricostruzione in Liguria. Verbali del CLN ligure, 1944-1946 (Milano : Feltrinelli, 1981), pp. 26, 221-229, 240, 290, 311-312, 318, 324, 334, 367, 666, 689, 709, 712-718; l'indice analitico, a p. 769, segnala altri riferimenti alla San Giorgio alle pp. 51, 78, 124, 135, 162-164, 172, 174, 239, 503, 660, 668, 674, 677. Link esterno OPAC SBN

[SAGGIO INIZIALE]

Il dibattito sui CLN periferici riprende, con riferimento ai CLN aziendali, nella seduta del 6 dicembre, stimolato dalle proteste del CLN San Giorgio e del CLN di Sestri Ponente per le trattative condotte dal CLN regionale con la direzione d'azienda su basi inferiori alle richieste presentate dal CLN di fabbrica la cui autonomia contrattuale è stata cosí frustrata e limitata.63 Il PCI si schiera a favore del riconoscimento ufficiale dei CLN aziendali e della loro autonomia d'intervento ma perché la sua richiesta venga accolta, sebbene in modo parziale, sono necessari un'ulteriore lettera del CLN di Sestri Ponente e "una vivace discussione" il cui il partito comunista minaccia di scindere la propria responsabilità da quella degli altri partiti, chiamando a giudicare le masse sulle diverse posizioni in seno al CLN, rese palesi e conosciute dentro e fuori le fabbriche, ai CLN aziendali.64 Si giunge così, nella seduta del 20 dicembre, alla decisione [<26-27>] definitiva. I CLN di azienda, a composizione partitica, vengono riconosciuti dal CLN regionale se composti da almeno due partiti ad esso aderenti. Le loro deliberazioni, prese a maggioranza, "in ordine a problemi politici attinenti alla lotta di liberazione, interessanti l'azienda e nei limiti di questa" sono operative ma soggette ad annullamento o riforma da parte del CLN Liguria che interviene di propria iniziativa ed ha competenza anche sui problemi di una singola azienda.65

Malgrado l'impegno e l'intransigenza comunista si giunge dunque ad una soluzione di compromesso che riduce notevolmente l'autonomia d'azione dei CLN aziendali, sottoposta al continuo vaglio da parte dell'organismo centrale ove il criterio di pariteticità, che ne regola il funzionamento, penalizza le sinistre – come si è già sottolineato – ma soprattutto il PCI, di gran lunga il partito piú presente ed attivo nel movimento resistenziale.

63 Cfr. doc. 30, verbale seduta del 6 dicembre 1944. [Nota a pie' di p. 26]

64 Cfr. doc. 33, verbale seduta del 14 dicembre 1944. La netta posizione assunta dal PCI non appare con chiarezza dal verbale, molto sintetico al riguardo, ma è ricostruibile facilmente da una relazione di partito in data 9 novembre 1944 conservata in AISRL, AP/D, 2), a) - Partito comunista. [Nota a pie' di p. 26]

65 Cfr. doc. 35, verbale seduta del 20 dicembre 1944. [Nota a pie' di p. 27] 1


[FONTI PRIMARIE]

47. Verbale della seduta del 20 marzo 1945

Sono presenti i rappr[esentanti] di tutti i partiti. È pure presente il comandante del Comando regionale.1
Funge da presidente il rappr[esentante] del PdA.
Prima di iniziare la seduta, il presidente saluta il nuovo rappr[esentante] del PS.

Il rappr[esentante] del PL spiega i motivi per cui non fu possibile invitare il rappr[esentante] del PS all'ultima seduta, avvenuta anticipatamente al previsto.
Il rappr[esentante] del PS si dichiara soddisfatto.

Viene data lettura di una lettera della Missione, inviata al Comitato in relazione al recente incontro fra detta Missione e i delegati del Comitato.2
Dopo di che, si passa a discutere sul seguente ordine del giorno

1. Relazione del comandante.
2. Cambio prigionieri.
3. Comando Regionale e Comando Piazza.
4. CLN di Sestri Ponente.
5. Commissione economica.
6. Tassazioni.
7. Commissione alimentazione.
8. Commissione epurazione industriale.
9. Varie.

[...] [<221-222>] [...] [<222-223>] [...]

4. CLN di Sestri Ponente. I rappr[esentanti] della DC e PC fanno una relazione sulla loro partecipazione alla seduta del CLN di Sestri P[onente] e presentano verbali di quattro sedute di detto comitato,10 nonché copia della lettera inviata dal CLN di Sestri P[onente] al Comando IX Divisione "Giustizia e Libertà" e risposta del comando di detta Divisione.11

Il Comitato, esaminata la questione rag. S.M.,12 ritiene di rinviare la discussione del caso alla prossima seduta, necessitando raccogliere alcuni elementi. Delibera di inviare una lettera al Comando 9ª Divis[ione] "Giustizia e Libertà" di Torino, chiedendo su richiesta di chi è avvenuta la liberazione del rag. S.M. Delibera inoltre una lettera al CL di Sestri P[onente] comunicando di avere preso in considerazione la cosa denunciata.13

Il Comitato prende atto che il banchiere A.C.14 ha versato al CL di Sestri P[onente], la somma di L. 800000, quale acconto della maggiore somma promessa di L. 1 milione e mezzo.

Il Comitato delibera di inviare una lettera al CL di Sestri, facendo presente che tale somma è stata versata a seguito di trattative svolte tra il CLN per la Liguria e detto banchiere, ed invitando pertanto detto comitato a trattenere la somma di L. 400000 e a versare le [<223-224>] altre 400000 Lire al CLN di Sampierdarena, Cornigliano, Voltri e Pegli, in ragione di L. 100000 ciascuno, facendo inoltre presente che, sia la erogazione che la recezione dei fondi, devono fare capo al CLN per la Liguria, il quale ha anche una Commissione economica per stabilire le tassazioni nella provincia.

5. Commissione economica. A seguito delle recenti disposizioni del CLNAI, il Comitato delibera la costituzione di una Commissione economica da cui dipendono tutte le altre commissioni, come sezioni della commissione stessa, e che quella che fino ad oggi fu chiamata "Commissione economica", diventa "Sezione per la ricostruzione industriale".15 Delibera inoltre la costituzione di una apposita Commissione economica finanziaria per le tassazioni, che dipenda direttamente dal CLN, e per esso, dal delegato alle finanze.

6. Tassazioni. Il rappr[esentante] della DC presenta un elenco di tassazioni approvate dalla Commissione economica. Il Comitato delibera di rendere esecutivo tale elenco.

Il CLN per la Liguria, dà atto che le seguenti ditte: SIAC - BRUZZO - PIAGGIO - ERIDANIA - SAN GIORGIO, si sono rifiutate di collaborare col CLN mediante il versamento di un contributo sui sopraprofitti ricavati dalla collaborazione con i nazifascisti.

Il Comitato delibera di inviare estratto dal verbale, per questa parte, alle ditte suddette.

7. Commissione alimentazione. Il rappr[esentante] del PR presenta una relazione della Commissione alimentazione. Il Comitato delibera che detta relazione venga inviata alla Missione.

8. Commissione epurazione industriale. Il Comitato delibera di procedere alla costituzione della Commissione per l'epurazione industriale, rinviando alla prossima seduta l'approvazione del decreto per tale epurazione.

9. Varie. a) Il rappr[esentante] della DC dà comunicazione che sono arrivati i fondi per il mese di marzo.
b) Il Comitato prende atto del verbale della seduta del 3 marzo '45 del CLN di Pegli.16
c) Il Comitato prende atto della costituzione del CLN di Rapallo e delibera di inviare una lettera in merito ad alcuni quesiti posti dal Comitato stesso.17
d) Il Comitato prende atto del verbale della seduta del 16 marzo '45 del Comitato assistenza.18

Il presente verbale viene redatto in n. 9 copie che vengono distribuite ai rappresentanti dei sei partiti; due inviate per conoscenza al CLNAI ed una destinata all'archivio.

10 Dei quattro documenti, tre, in data 2, 9 e 11 marzo 1945, sono conservati in ASG, CLN b. 2. Nelle tre sedute del CLN di Sestri Ponente vengono discussi diversi argomenti: la posizione dell'amministratore delegato della San Giorgio nei confronti dei nazisti i volantini da distribuire alla popolazione, l'organizzazione militare delle delegazioni, la creazione del CLN Grande Genova. [Nota a p. 225]

11 Ibidem. Il comando della divisione GL, in data 24 febbraio 1945, chiede al comando SAP di Torino di esaminare la posizione di Severino Medici, amministratore delegato della San Giorgio. Il CLN di Sestri Ponente, in data 1° marzo 1945, nega che il Medici sia in contatto con il movimento di liberazione, ma anzi sostiene, segnalando diversi esempi, che sia necessaria una punizione esemplare nei suoi confronti in quanto collaborazionista. [Nota a p. 225]

12 Rag. Severino Medici, amministratore delegato della soc. San Giorgio. [Nota a p. 225]

13 I due docc. sono conservati in ASG, CLN b. 2. [Nota a p. 225]

14 Alessandro Ceruti. [Nota a p. 225]

15 La Commissione economica regionale fu composta da: Federico De Barbieri (Pasquali), azionista; Ettore Marchesini (Ettore), comunista; Vittorio Pertusio (Buco), democristiano; Giuseppe Averame (Mingo), liberale; Aurelio Pareto (Torre), repubblicano; Ariodante Borelli (Barbieri), socialista. Cfr. Documenti del CLN, cit., pp. 31-32. Successivamente, il 28 agosto, il CLN deliberò che la commissione venisse allargata a dodici membri e che la vicepresidenza fosse assegnata al PdA. I nuovi membri effettivi furono: Antonio Rossi (DC), Bianchini, Carrassi (PC), in sostituzione di Marchesini, Merega (PdA), vicepresidente. Cfr. doc. 96. Per ulteriori notizie sulla composizione della CE vedi anche docc. 77, 88 e 96. [Nota a p. 225]

16 Il doc. è conservato in ASG, CLN b. 4. Tra i temi discussi dal CLN: propaganda, lettere a FdG e GDD per collaborazione, contatti con industriali locali per i problemi della panificazione. [Nota a p. 225]

17 Il doc., in data 21 marzo 1945, è conservato in ASG, CLN b. 2. In esso si sollecita il CLN di Rapallo a collegarsi direttamente col CLNL, a preoccuparsi per i viveri necessari alla popolazione, a provvedere all'organizzazione di un corpo di volontari, seguendo nella risoluzione dei vari problemi le direttive del CLNL. [Nota a p. 225]

18 Il doc. è conservato in ASG, CLN b. 3. Contiene un elenco di sfollati e persone sotto la giurisdizione del CLN tassabili o già tassati. Sono precisate anche le somme versate e quelle ancora ottenibili. [Nota a p. 225]


48. Verbale della seduta del 23 marzo 1945

Sono presenti i rappr[esentanti] di tutti i partiti.
Funge da presidente il rappr[esentante] della DC.

Ordine del giorno
1. Questione S[an] G[iorgio].
2. CLN della città di Genova.
3. Commissione epurazione industriale.
4. Varie.

1. Questione S[an] G[iorgio]. Il rappr[esentante] del PC dà comunicazione degli accordi che sarebbero intervenuti per la liberazione del rag. S.M.,1 in base a una comunicazione del CL della Soc. S[an] G[iorgio] e del CL di Sestri P[onente].2 [<225-226>]

Il rappr[esentante] del PC, a seguito di lunga discussione, propone:
a) il Comitato prenda atto delle accuse formulate dai CL di Sestri e della S[an] G[iorgio].
b) confermi che la soc. S[an] G[iorgio], diretta dal funzionario rag. S.M., non solo non è venuta incontro alle esigenze del movimento di liberazione ma, nel caso specifico dei licenziamenti, si è comportata contro il deliberato del CL per la Liguria;
c) proceda ad inchiesta sul modo come si è addivenuti alla soluzione del caso rag. S.M.

Il rappr[esentante] del PL ritiene che il Comitato non possa emettere un atto di accusa se non attraverso la Commissione di giustizia e il regolare tribunale, in quanto, fra l'altro, sarebbe necessario fare delle accurate indagini al riguardo. Non ha alcuna difficoltà a prendere atto che la soc. S[an] G[iorgio] avrebbe fatto dei licenziamenti, nonostante che il CL per la Liguria si fosse pronunciato contro qualsiasi licenziamento non autorizzato. Sul 3° punto, ritiene che, poiché l'accordo è stato accettato sia dal CL della S[an] G[iorgio] ed implicitamente dal CL della delegazione di Sestri P[onente], la questione sia superata, tanto piú che nella stessa lettera del CL della S[an] G[iorgio] in data 13 marzo '45, si dice in quali circostanze è avvenuta la liberazione del rag. S.M.

Il rappr[esentante] del PdA prende atto dei documenti esibiti. Quanto al merito degli stessi, osserva che, mentre in base ai seri elementi emersi, potrebbe essere confermato il contenuto degli stessi, e ritiene che ciò rientri nella competenza del Comitato, tuttavia ritiene ciò superfluo nella specie, non intendendosi oggi da questi, derivarne delle conseguenze pratiche. Quanto al punto 3) ritiene di prendere atto degli accordi intervenuti e precitati, dai Comitati periferici, ai quali sarà opportuno far noto che agli accordi stessi non ha partecipato il CLN regionale, delegando suoi rappresentanti.

Il rappr[esentante] del PS, per ciò che riguarda i primi due punti, è d'accordo di confermare le accuse contenute nel verbale del CL della S[an] G[iorgio]. Per quanto si riferisce all'operato dell'ex membro del CLN per la Liguria, rappr[esentante] del PS, che si sarebbe interessato delle trattative per il rag. S.M., ritiene opportuno richiedere allo stesso un dettagliato rapporto circa il suo operato. A questo proposito, però, tiene a confermare che detto rappresentante ha già dichiarato di avere agito di sua personale iniziativa.

Il rappr[esentante] del PR prende atto delle accuse contenute nell'esposto del CL di Sestri; ritiene che le accuse stesse mosse al rag. S.M. debbano essere vagliate e discusse dalla Commissione di Giustizia. Per quanto riguarda l'operato della S[an] G[iorgio], riguardo ai licenziamenti, detta società si è messa contro il deliberato del CL per la Liguria. Sull'accordo intervenuto, ne prende atto e ritiene che i CL, sia aziendale che di Sestri, avrebbero dovuto informarne preventivamente il CLN per la Liguria. [<226-227>]

Il rappr[esentante] della DC aderisce ai tre punti proposti dal rappr[esentante] del PC, con l'aggiunta peraltro che la conferma delle accuse non significa sentenza di condanna. Prima di passare alla condanna, il Comitato dovrebbe ascoltare la parte accusata, oppure rimettersi ad un regolare rocesso degli organi appositamente costituiti.

Il Comitato delibera di inviare al CLN di Sestri P[onente], la seguente lettera:

Il CLN per la Liguria ha esaminato la questione S[an] G[iorgio] rag. S.M. Il Comitato si duole che la pratica sia arrivata quando, praticamente, è già stata risolta, per non essere stato il Comitato preavvisato fin dall'inizio di tutta la faccenda.
Il Comitato conferma di non avere autorizzato alcun suo membro a trattare la liberazione del rag. S.M. né a trattare, in particolare, gli accordi di cui ci avete dato notizia; accordi che, a quanto pare, sarebbero ormai di gradimento del CL della S[an] G[iorgio] e che pertanto il Comitato non ritiene di dover modificare, restando però fermo che detti accordi riguardano esclusivamente la liberazione del rag. S.M.

Il Comitato incarica la segreteria di scrivere una lettera a P., chiedendo informazioni sul suo operato, nonché una lettera al CLNAI, circa gli eventuali accordi politici cui si accenna nella lettera del CL di Sestri P[onente].

2. CLN della città di Genova. Il Comitato delibera la costituzione di un CLN per la città di Genova, al quale possono anche essere devolute funzioni di collegamento delle varie delegazioni. Resta inteso peraltro che rimangono di competenza del CLN regionale le questioni politiche anche attinenti alla città di Genova; la nomina della giunta amministrativa della città di Genova e che cotesto comitato cittadino è un organo del CLN per la Liguria.

3. Commissione epurazione industriale. Il Comitato, esaminata la questione delle disposizioni per l'epurazione degli enti industriali e commerciali, delibera di invitare la Commissione economica a voler proporre i propri punti di vista sull'epurazione degli enti industriali e commerciali, indicando i criteri e i limiti di tale epurazione.

4. Varie. a) Il rappr[esentante] del PdA fa presente un caso di minacciata requisizione da parte di partigiani, di oggetti nascosti su persone riparate all'estero per persecuzione politica. Il Comitato, sulla fede della dichiarazione del rappr[esentante] del PdA, delibera di invitare il CR a rilasciare una dichiarazione ai custodi di detti beni, al fine di sottrarli dalla minacciata requisizione.
b) Il rappr[esentante] del PL fa presente che uno spontaneo sottoscrittore del Prestito di l[iberazione], e che ha subito inoltre l'asportazione, nella sua dimora di sfollamento, di notevole quantità di oggetti ed indumenti da parte di partigiani, chiede un documento del CLN da cui risultino tali circostanze, onde essere lasciato tranquillo [<227-228>] da parte delle formazioni partigiane. Il Comitato autorizza la segreteria di rilasciare tale dichiarazione.
c) Il rappr[esentante] del PL comunica che ad un ufficiale di marina è stato offerto il posto di comandante di un porto della Liguria, ma che egli è disposto ad accettare solo col consenso del CLN. Il Comitato, constatata l'opportunità di avere una persona fidata, già fin da ora, al comando di tale porto, autorizza l'accettazione del posto, da parte di tale ufficiale, ed incarica la segreteria a dare comunicazione del fatto al CR, non appena detto ufficiale entrerà in funzione.
d) Su proposta dei rappr[esentanti] PL e PC, il presidente invita i rappr[esentanti] di tutti i partiti a volere invitare tutti i privati o gruppi che stanno curando raccolte di medicinali o comunque svolgendo attività nel campo sanitario, di volersi mettere in contatto e coordinare il loro lavoro con la commissione medica. Il Comitato delibera inoltre di invitare il CR a curare i contatti col corpo sanitario.
e) Il rappr[esentante] della DC fa presente che la commissione dei medici vorrebbe preferire, quale rappr[esentante] della DC, medico diverso da quello originariamente proposto dalla DC. Il Comitato riconferma che il diritto di nominare dei propri rappr[esentanti] spetta unicamente ai partiti e i rappr[esentanti] degli altri partiti, in seno ai vari comitati, possono manifestare il loro non gradimento solo per circostanze gravi e motivate.
f) Il Comitato delibera di scrivere una lettera al CR perché comunichi a Marcus4 che la società EH. è in trattative col CLN per la Liguria, per un versamento per la lotta di liberazione e che pertanto si astenga da ulteriori pressioni nei confronti di tale società, fino ad ulteriori comunicazioni del CLN per la Liguria.
g) Il Comitato delibera di invitare il CR e la Commissione economica a voler prendere contatti col CL dello stabilimento A[nsaldo], il quale sta svolgendo opera molto utile che può interessarli.
h) Il rappr[esentante] della DC, delegato alle finanze, fa presente il decreto del governo repubblicano sul pagamento, in aprile, delle tasse immobiliari per il prossimo quindicennio, e propone che il Comitato sanzioni la non validità di tale pagamento. Il Comitato delibera in tale senso.
i) Il Comitato, preso atto che il Comitato di coordinamento femminile, coordina attualmente l'attività dei partiti: l[iberale], DC, r[epubblicano] assegna la somma di L. 100000 al comitato stesso per l'opera svolta e da svolgere. Assegna inoltre L. 100000 ai Gruppi difesa della donna e delibera di invitare il Comitato assistenza a versare la somma di Lire 100000 ai Gruppi stessi, in considerazione dei numerosi arresti avuti negli ultimi tempi da tali Gruppi.
l) Il Comitato delibera di invitare il CR a sollecitare, presso le formazioni partigiane, il rispetto degli automezzi dell'"Auxilium", opera benefica di Genova che provvede alla distribuzione delle minestre ai poveri della città. [<228-229>]

Il presente verbale viene redatto in n. 9 copie che vengono distribuite ai rappresentanti dei sei partiti; due inviate per conoscenza al CLNAI ed una destinata all'archivio.

1 Rag. Severino Medici. (Vedi doc. 47). [Nota a p. 229]

2 I due docc., rispettivamente in data 13 e 19 marzo 1945, sono conservati in ASG, CLN b. 2. [Nota a p. 229]


[240>] ...


[290>] ...


73. Verbale della seduta del 29 maggio 1945

Presenti: presidente, Pessi [Secondo Pessi, "Mariani", CLN Liguria e Partito comunista]; membri, Toni, Acquarone, Gabanizza, Taviani, Solari, Manzitti, Afferni, Cassiani, De Barbieri.

Prima di iniziare la discussione sull'odg, Manzitti annuncia che un nuovo lutto ha colpito oggi [Giacomo] Solari con la morte del cugino detenuto in un campo di concentramento. Risuona a grave onta per il CLN S[an] Giorgio, Manzitti dice, averlo messo nella lista di epurazione.

Il presidente, a nome del Comitato, porge le vive condoglianze a Solari.

Il presidente riferisce sull'andamento del Congresso dei CLN periferici e aziendali, tenuto domenica. Il congresso si è svolto abbastanza bene specie tenuto presente il fatto che era il primo congresso del genere, dopo ventitre anni di fascismo, e dato anche il poco tempo a disposizione per potere organizzare bene tale raduno. Il risultato è stato però buono, sia come numero di partecipanti, come ordine, insieme delle questioni trattate, svolgimento delle discussioni. Anche la visita di Nenni e Togliatti ha contribuito molto. Un particolare elogio va fatto alla segreteria, e in particolare modo al segretario, che si è occupato dell'organizzazione tecnica, nonché all'addobbatore che ha preparato la sala ed ha disposto a tutte le altre necessità del congresso. [<311-312>]

De Barbieri [Federico De Barbieri, "Pasquali", Partito d'Azione] ringrazia, anche a nome di tutte le persone che non hanno partecipato al congresso, tutti quelli che hanno preso parte attiva all'andamento del congresso stesso, che ha suscitato ovunque buonissima impressione.

Dopo di che si inizia la seduta, discutendo sui vari punti dell'odg.
1. Situazione aziende industriali per la mano d'opera.
2. Rapporto commissario S[an]Giorgio sulla situazione finanziaria.

De Barbieri: la situazione industriale è gravissima sotto l'aspetto finanziario e sotto l'aspetto degli approvvigionamenti. Per la mancanza di ordinazioni, ciò riveste un problema secondario, perché se ci fossero gli approvvigionamenti di materie prime, il lavoro potrebbe incominciare, anche se ridotto. Gli Alleati hanno dichiarato che nel mese di giugno potranno fornire solo 24000 tonn. di carbone, da ripartirsi fra la Liguria, il Piemonte e la Lombardia. L'Ansaldo, Siac, Ilva, hanno presentato un programma di lavoro ridottissimo che importa un consumo di 10000 tonn. di carbone al mese.

Tutti gli stabilimenti sono fermi; continuano a pagare gli operai usufruendo di riserve e quel poco credito che ancora dispongono. Gli operai sono [...]

L'IRI dispone di circa 500 milioni per tutta Italia: dopo un mese l'IRI sarà sprovvista di fondi. È necessario autorizzare le aziende a licenziare il personale, e allora si avranno oltre 100000 lavoratori disoccupati, oppure trovare un sistema di finanziamento? Per il finanziamento la cosa è difficile: le Banche non hanno compreso la situazione, e se non ricevono un preciso ordine, di loro iniziativa non finanzieranno certo nessuna industria. La S[an] Giorgio, in particolare, è in gravissima situazione. Il commissario di tale ditta, Gino Fanno, designato dagli stessi operai, ha mandato un rapporto (che viene passato al presidente) in cui dichiara che se non gli viene indicata la via per potere disporre dei milioni che gli occorrono, egli rassegnerà le dimissioni.

De Barbieri dice che presso l'Istituto naz[ionale] previdenza sociale, esisteva una Cassa integrazione: è indispensabile che gli Alleati autorizzino il ripristino di detta cassa. Tale provvedimento è giustificato perché la Cassa integrazione prende denaro dalle industrie quando esse lavorano [...]


[318>] Presidente: ieri si è avuta la riunione, presenti Toni, De Franceschi (per la Camera del Lavoro), De Barbieri, il presidente, l'ing. Fanno della S[an] Giorgio. Si è esaminata la questione industriale genovese, che si aggrava sempre più. Il presidente dichiara che il Comitato non può ordinare la chiusura delle fabbriche, prima di prendere questa decisione si darà piuttosto ordine alle banche di finanziare le industrie. Occorre spostare il problema dal terreno economico a quello politico.

A conclusione della riunione è stata inviata al generale Carr [il britannico Brigadier John Matthew Carr, C.B.E., M.C.] una lettera a nome del CLN, facente nota la situazione e pregandolo di ricevere la commissione che esporrà dettagliatamente la questione.

Queirolo: fa presente che il problema è anche di carattere politico: gli operai non producono È assolutamente necessario un intervento da parte del CLN il quale deve dire agli operai che se vogliamo salvarci dobbiamo produrre.

Il presidente non crede opportuna oggi una discussione in tale senso. Il problema di oggi è un problema di materie prime, di ordinazioni, ecc. La questione posta da Queirolo è importante ma secondaria.


[324>] De Barbieri: approvo quanto ha detto l'amico Faralli e quanto hanno detto Cassiani e Gabanizza. Mi pare di poter aggiungere solo questo. È una domanda che io faccio: sarà una domanda non troppo politica: siamo d'accordo che ci sono dei guai, che l'ordine pubblico non è certo oggi quello del paese di Bengodi. Ma a questo proposito io vi domando: credete che senza la presenza dei CLN questo ordine pubblico sarebbe migliore? Credete voi che se i CLN si sciogliessero oggi, che le cose andrebbero meglio? Non ci troveremmo invece nelle condizioni di un ordine pubblico mantenuto da un governo occupante non soltanto di nome ma anche di fatto? Tutti sappiamo che i CL periferici e aziendali danno luogo a dei guai. Io, per l'opera che devo svolgere in tante aziende industriali, sono a contatto con questi CL aziendali: molte volte ho trovato degli sconfinamenti di poteri, delle pretese eccessive. Io dico però: benedetti siano i CLN con tutti i loro difetti, che hanno permesso di far ragionare le masse, tipo società S[an] Giorgio nella quale si volevano epurare degli individui che erano stati deportati in campi di concentramento. Quasi sempre siamo riusciti a chiarire una situazione delicata. In pochi casi ho visto un CLN sordo alle persuasioni. Senza CLN aziendali oggi ci sarebbe il caos. Io dico: d'accordo con De Gasperi e Cattani, i CLN periferici hanno molti difetti ma il toglierli da mezzo sarebbe provocare piú grossi guai.


Si è discusso del problema specifico della S[an] Giorgio. In una riunione con [Giovanni] Gronchi e [Marcello] Soleri, Soleri ha detto che una sovvenzione diretta da parte dello Stato non è possibile perché tutte le altre ditte farebbero analoghe richieste e lo Stato non ha i fondi per ciò. Come soluzione si è giunti a questa: di fare una ipoteca di secondo grado [<334-335>] sugli impianti delle industrie garantita per il 60% dallo Stato, svalutare cioè le azioni e fare ricadere una parte del peso sugli azionisti: una specie di ipoteca delle azioni. La conclusione dei colloqui è stata questa.

Il concetto di Gronchi e di Soleri è quello di impedire, nella misura del possibile, l'inflazione e impedire i licenziamenti. Con degli espedienti, tirarsi fuori da questa situazione. Gli operai si possono sospendere (e a questi penserà la Cassa di integrazione) ma non licenziarli.

I ministri hanno detto che bisogna riuscire a superare questi 3 o 4 mesi, dopo tale periodo le industrie avranno del lavoro produttivo, per ora occorre far lavorare gli operai, in lavori utili ma non di rendimento.


[367>] La questione della San Giorgio diventa sempre più delicata. La detta società deve, ai primi di luglio, versare 50 milioni e in cassa ne ha soltanto 20. Ho sottoposto la questione agli Alleati, sia in linea generale che in particolare per la S[an] Giorgio. Essi hanno fatto immediatamente un telegramma a Roma, autorizzando la Banca d'Italia ad avanzare un prestito, in vista del prestito di maggiore entità che verrà dopo effettuato. In caso contrario si verrebbe nella condizione che la S[an] Giorgio non potrà pagare gli operai. Questa è la situazione reale; viviamo sulla speranza di quel telegramma. A questa va aggiunta la situazione reale degli edili e di tutte le altre industrie.


[666>] Se venissero assegnate 22000 tonn. di carbone mensili, si potrebbero limitare i licenziamenti a circa 30000, secondo i dati della Unione industriali. Certe industrie, come la S[an] Giorgio, hanno i materiali ma non hanno ordinazioni. La commissione ha consigliato queste società a non sbloccare gli operai che formano una massa bene organizzata: si salverebbero quindi, quasi 3.500 unità.


[689>] Un componente del CLN San Giorgio: Noi siamo dell'idea che debba essere corrisposta ai sospesi una percentuale della retribuzione e l'abbiamo fissata in misura uguale a quello che è l'importo dello stipendio corrisposto ai partigiani. Se vivono questi, possono vivere anche quelli.

Signor Gustavo Brescia del CLN San Giorgio: Io sono per un'erogazione parziale in attesa che si pronuncino le decisioni definitive sui casi di epurazione e di indesiderabilità.

Avv. Casella: Mi pare d'intendere in sostanza che siate un po' tutti dell'idea che debba farsi una erogazione parziale di retribuzioni ed allora, per concretare, propongo che sia posta ai voti la seguente mozione: "In attesa che le Commissioni di epurazione istituite in base all'ordinanza gen. n. 46 e quelle che saranno istituite per la revisione dei casi di allontanamento per indesiderabilità, si pronuncino definitivamente, sia frattanto corrisposto agli allontanati che non abbiano accettato il licenziamento il 75% delle retribuzioni complessive".


[709>] ... Fanno ...


... [<712-713>] -zioni della società; teniamo presente tale risposta. Penso però che si possa intraprendere lo stesso, la discussione.

Avv. [Nereo] Sciarretta (azionisti della S[an] Giorgio): parlo per gli azionisti. Non è inadempienza colposa la nostra. Abbiamo cercato denaro dappertutto. Tutti sanno che la società è in perdita. Oggi ci preoccupiamo di una cosa che supera gli interessi particolari di tutti: la società torni a lavorare. Ma bisogna che qualcuno ci dia il denaro. Occorre alleggerire l'onere salariale della S[an] Giorgio. Ci vuole una direzione che abbia prestigio e possa acquistare credito.

Cravina (Cons[iglio] di gestione): le masse capiscono perfettamente che, anche quando si trovasse il denaro, la questione non si risolverebbe egualmente. L'importante, è che le maestranze facciano del lavoro attivo. La massa capisce che il potenziale in mano d'opera è superiore alla capienza dello stabilimento. Ma perché non avete fatto qualche cosa per quelle maestranze che possono continuare a lavorare? Le maestranze sono convinte che ci sia una responsabilità diretta di amministrazione.

Carassi (Com[itato] di ricostruzione): oggi la società soffre le conseguenze degli sbagli del passato. C'è responsabilità da parte di tutti gli azionisti, i quali dovevano prevedere questo stato di cose e provvedere a tempo. Per l'avvenire, è nell'interesse di tutti, andare d'accordo; esaminare insieme la situazione ed escogitare quei provvedimenti che saranno necessari. Fra questi ci potrà essere quello di eliminare una parte di personale. Non è detto che una azienda industriale debba continuare oggi solamente a svolgere il lavoro che faceva prima; oggi le grosse aziende che si trovano in difficoltà, possono prendere delle attività collaterali a quelle industriali che hanno svolto finora.

Ing. Epicocco (Direttore stab[ilimento] di La Spezia): la direzione ha fatto tutto quanto poteva per aumentare l'attività dello stabilimento. Occorre tenere presente che tutti gli stabilimenti erano, prima del 25 aprile, decentrati al di là del Po. Abbiamo dovuto, durante questi mesi, riportare le macchine a casa, rimetterle in ordine. Quando abbiamo ripreso il lavoro, ci si sono presentate molte difficoltà: mancanza di alcuni materiali, di alcuni attrezzi, riorganizzazione delle maestranze. Il reparto che può maggiormente lavorare in questo momento, è quello elettromeccanico. Ora anche qui ci sono state varie difficoltà: la ghisa, che solo da poco abbiamo avuto. Il problema del coke che ancora non è risolto; il rame; la riduzione di energia elettrica. Anche in questo rapporto, per superare la crisi, facciamo il possibile per fare prodotti commerciali, come lenti di occhiali; cerchiamo di fare tutto quanto è compatibile con il mercato attuale.

Ing. Rebelli (Com[missione] Ricostruz[ione]): un mese fa già si sarebbe potuto ottenere il coke, che era bloccato presso l'Ansaldo.

Ing. Beccaruti (Cons[iglio] di gestione): tutti dovevano prevedere che lo stato di guerra, sarebbe un giorno finito ed occorreva [<713-714>] quindi prepararsi per il dopoguerra. Questa è l'accusa che fanno le maestranze alla direzione. La S[an] Giorgio ha decentrato tutti gli impianti per potere lavorare per i tedeschi. Noi riteniamo che prima di entrare nel problema aziendale, bisogna risolvere il problema sociale.

Cravina: porta molti esempi di lavori che si potevano svolgere alla S[an] Giorgio e che, invece, sono stati ordinati a Milano; in tale modo si sarebbero potute occupare molte maestranze, e le macchine non starebbero ora ad arrugginire.

Ing. [Alessandro] Basevi (rappr[esentante] azionisti): per risolvere il problema è necessario riportarci alle condizioni generali. Questa fine di guerra ci ha sconvolti tutti. Mi rincresce sentire incolpare gli azionisti; se uno ha delle azioni della società, non è responsabile di quello che succede. Oggi il problema è trovare denari, non per sanare i debiti, ma per andare avanti. Si tratta di salvare la S[an] Giorgio. Siamo in un momento catastrofico. Le macchine che prima producevano armi e munizioni, si sono fermate istantaneamente. Si è obbligati a mantenere gli operai che ora non lavorano piú. Mancano materiali: occorrono molti milioni per comperarli, e i milioni mancano. Obbligati a lavorare con un carico di operai che non rendono, queste spese generali gravano sui costi: non vinceremo in tal modo nessuna gara per la concorrenza di altre ditte che possono presentare preventivi minori dei nostri. Ora chi deve aiutarci è il governo; dobbiamo dire al governo: o voi ci date i denari per poter pagare questi operai, oppure ci autorizzate a licenziarli.

[Emanuele] Remagi: siamo come sempre animati da spirito di collaborazione. Possiamo noi rappresentanti delle masse, risolvere il problema finanziario della S[an] Giorgio? No certo. Ed è per questo che, preoccupati, abbiamo avvicinati gli organi superiori. Le masse oggi sarebbero più ben disposte se avessero visto, da parte dei dirigenti, qualche cosa di più fattivo, più concreto. Non possiamo oggi licenziare gli operai in più, se non possiamo assicurare agli altri, il lavoro. Il lavoro, oggi, invece di venire alla S[an] Giorgio, va alle altre aziende. Si mantiene la massa inoperosa, piuttosto che diminuire le spese generali. Oggi occorre accontentarsi anche del piccolo lavoro, del piccolo guadagno. Il problema finanziario dipende da voi, e dagli organismi finanziari. Noi quotidianamente facciamo opera pacificatrice, normalizzatrice: questo i dirigenti lo sanno. Noi vogliamo lavorare.

Ing. Basevi: il vero operaio è l'aristocrazia del lavoro, l'orgoglio della società. Oggi, per la maggior parte, gli operai sono gente che si è voluta imboscare durante la guerra. Dobbiamo rivedere tutto questo. Gli operai che licenzieremo saranno aiutati con sussidi.

Ing. Podenzani: in linea di principio siamo d'accordo circa l'alleggerimento di personale. Vi indicheremo i settori dove potranno avvenire questi licenziamenti. Vi poniamo una domanda precisa: ci assicurate che salari e stipendi, saranno pagati? Oggi pomeriggio [<714-715>] abbiamo una assemblea di tutto il personale della S[an] Giorgio. Questo personale deve risolvere il problema contingente di oggi. Per i licenziamenti, dovremmo avere la garanzia che questo personale, venga avviato al campo civile, di ricostruzioni, spalamento macerie ecc. Sarà compito della Commissione interna segnalare a tale scopo, le maestranze che godono già di altri proventi e che si sono improvvisati operai durante il periodo bellico.

Ing. Basevi: l'unica conclusione è che andiamo insieme dagli Alleati ad esporre il caso della società, perché essi ci facciano ottenere un credito da qualche banca. Circa l'avvio di operai ad altro lavoro, la cosa non è così facile come lei crede; circa tre mesi fa ho cercato di avviare maestranze ai lavori in porto, ma ne ho avuto un rifiuto.

Presidente Pessi: questi contradditori sono molto utili per chiarire vari punti. La situazione attuale è quella che è; è in questa realtà che noi tutti dobbiamo agire con spirito di collaborazione. Questo è l'appello che facciamo a tutti: spirito di solidarietà nazionale, nel senso di ripresa del lavoro nella misura che questa situazione consente; sopportare i pesi che la situazione arreca. Riuscire a fare quei passi che ci sono consentiti, evitando anche quei piccoli errori che oggi, in un momento così difficile, possono portare gravi conseguenze. Quindi cercare tutti insieme i mezzi idonei per andare avanti; marciare per la ricostruzione, e quello che si deve sopportare, sopportarlo tutti indistintamente. La colpa dell'attuale situazione, sappiamo tutti, risale al fascismo che ci ha ridotti a tale punto. Siamo tutti italiani. L'interesse che esista l'azienda è tanto da parte delle maestranze che da parte di dirigenti e degli azionisti. L'ing. Podenzani ha impostato bene la questione. Occorre trovare soldi per pagare i dipendenti. Poi occorre esaminare la questione dell'alleggerimento delle maestranze . Nello stesso tempo maggiore produttività per quelli che lavorano; che non ci siano lentezze nel lavoro. Se qualche operaio non lavora come dovrebbe, eliminare queste deficienze.

Pizzorno [Amino Pizzorno, "Attilio", Partito comunista] (Camera del lavoro): ci sono due problemi: uno economico-amministrativo, l'altro socialpolitico. La Camera del lavoro è di avviso che nessun problema, anche amministrativo, si risolve senza risolvere prima quello socialpolitico. Il problema principale è di far produrre l'azienda, e per questo, siamo convinti, sia utile la collaborazione e partecipazione attiva di tutti i lavoratori. Noi dobbiamo sottolineare, in questa riunione alla presenza del CLN, la passività della S[an] Giorgio, in questo senso: la S[an] Giorgio, per quanto avesse un commissario nominato dal CLN, si è rifiutata, per un buon periodo, di riconoscere il Consiglio di gestione. Perché gli industriali non cercano una più stretta collaborazione con i lavoratori? Questa collaborazione è sincera ed ha l'unico scopo del benessere collettivo. Circa l'eliminazione di operai, diventati tali per ragioni di esonero [<715-716>] militare od altro, questa eliminazione spetta alla direzione e non già alla Commissione interna. Occorre però sistemare tali operai in altro modo. Il problema finanziario, credo che si possa risolvere senza l'intervento di banche. C'è una legge per l'avocazione dei profitti di regime: se messa in opera, i soldi verranno fuori. Se alla S[an] Giorgio, si fosse sentito prima il Consiglio di gestione, le cose non sarebbero a questo punto, perché ci sono dei tecnici che hanno maggiore capacità di un dirigente.

Queirolo: il male di cui soffre la S[an] Giorgio, riveste un carattere generale. Occorre rivedere tutta la questione industriale italiana. Ricordo ai dirigenti ed azionisti della società, che è nel loro interesse di non ignorare la massa operaia.

Antolini (Com[missione] ricostruz[ione]): sappiamo tutti che la S[an] Giorgio, per le sue attrezzature, è una società che potrà resistere alle ripercussioni del mercato estero. Ritengo utile, come proposto dall'ing. Basevi, di fare pressioni presso gli Alleati per ottenere un credito presso qualche banca. Si riuscirà però ad ottenere questo credito, senza una garanzia completa? Io ne dubito molto.

Ing. Basevi: la S[an] Giorgio non ha mai chiesto aiuto a nessuno, è sempre andata avanti col denaro degli azionisti. Oggi il governo ci impegna a mantenere uno stato di paghe che, per tutte le ragioni che abbiamo detto, la società non può mantenere. Ora la S[an] Giorgio dice: io ente industriale non posso sostenere questo onere, che sostengo da molti mesi nella speranza di una ripresa. Sono io che devo risolvere questa questione sociale, oppure lo stato? Noi diciamo, questo spetta allo Stato.

Pizzorno: la società paga gli operai produttivi, il resto lo paga la cassa di integrazione.

Antolini: senza una garanzia azionista e il loro appoggio finanziario, sarà impossibile ottenere delle anticipazioni dalle banche.

Avv. Sciarretta: le banche più importanti appartengono all'IRI e finanziano secondo le sue istruzioni. Noi ci troviamo in uno stato di inferiorità di fronte all'IRI. Agli azionisti si può dire: manca il capitale, aumentatelo.

Antolini: in tempi normali, gli azionisti non impegnano i loro soldi se non con tutta sicurezza. Però vorrei che oggi si convincessero che se non dimostrano fiducia nella loro azienda, si corre il rischio di vedere la S[an] Giorgio espropriata da quelli che sono gli attuali azionisti.

Zamara: per avere soldi, ci vuole garanzia. Ora gli azionisti della S[an] Giorgio hanno la sensazione che la società vada sempre più in perdita.

Antolini: col concorso e la collaborazione di tutti, pensiamo che fra 4-5 mesi la società possa riprendersi.

Rebelli: l'unica proposta concreta di oggi è stata quella dell'ing. [<716-717>] ...2



1 Dalla "Nota storica", di Paride Rugafiori.

2 In questa trascrizione sono stati eliminati alcuni a capo all'interno del singolo intervento. Ci sono senza dubbio altri riferimenti che interessano, direttamente o indirettamente, la San Giorgio. Si veda anche → Brizzolari (1974). [DA COMPLETARE]



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Storia § ??
M. Alloisio, G. Beltrami Gadola, Volontarie della libertà : 8 settembre 1943-25 aprile 1945 (Milano : Mazzotta, 1981), p. 105. Link esterno OPAC SBN

Nel gennaio del 1944 sono già in funzione numerosi nuclei dei Gdd [Gruppi di Difesa della Donna], diretti a livello regionale da Lina Fibbi: a Pontedecimo ne è responsabile Barbara Belotti, a Sestri Ponente Italia Slitti, a Voltri Teresa Aquaroli; Edera Batini, operaia dell'Ansaldo e gappista, dirige i gruppi della val Polcevera inferiore, Bianca Lucarini, aiutata dalle figlie Scilla e Lidia, quelli del centro, mentre Amata Bozzani coordina i gruppi di fabbrica. Tuttavia «c'era una forte carenza organizzativa e non fu facile sopperirvi, anche perché le donne genovesi, pur avendo una gran voglia di fare, avevano una scarsa capacità di essere clandestine». Così ci ha detto Marcellina Oriani (Elena, Silvana), che dal marzo 1944 era stata preposta all'organizzazione femminile in Liguria. Era una donna di tempra straordinaria, di lunga militanza comunista, che, condannata dal tribunale speciale, aveva patito anni di carcere. S'era messa subito all'opera e «nell'estate si riuscì a dare ai Gdd compiti più precisi e a organizzare corsi accelerati, cui parteciparono diverse ragazze, per prepararle a curare i partigiani feriti: si tenevano presso l'ospedale di Sampierdarena con la complicità del viceprimario e delle suore. Si diede vita ai gruppi di staffette per la libertà, ragazze giovanissime che avevano anche il compito di tendere tranelli ai tedeschi, i quali venivano portati in luoghi appartati, dove gli veniva puntata una pistola nella schiena (in realtà era un pezzo di canna di bambù), mentre un ragazzo del Fronte della gioventù li disarmava».

Il Primo maggio, che è celebrato con una sospensione di dieci minuti del lavoro, i Gdd diffusero un loro manifestino e l'adesione allo sciopero fu significativa; si distinsero per compattezza le operaie del reparto ottica della San Giorgio. In questo reparto è attiva Livia Righetto, che fornisce ai partigiani informazioni sulla produzione bellica e , quando un gruppo di essi fa irruzione nel reparto per impossessarsi di binocoli, Livia spinge le altre operaie contro la porta per impedire l'ingresso dei custodi.1 In numerosi Cln di fabbrica ci sono le rappresentanti dei Gdd: Emma De Rosas (stabilimento Campi), Iva Seregni (Delta), Luigina Ottaggio (Uite, cioè azienda tranviaria), Caterina Tulmo (Inaml), Bruna Tesini (Ceramica), Elsa Pucci (Ansaldo Artiglieria), Luigia Quaini (Fossati).



1 ...



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Storia § ??
N. Arena, La Regia Aeronautica, 1939-1943, vol. 1, 1939-1940: Dalla non belligeranza all'intervento (Roma : Stato Maggiore Aeronautica, 1981), pp. 73, 225, 645. Link esterno OPAC SBN

[73>] Gli sbarramenti con palloni frenati allestiti dalla R.M. raggiungevano uno sviluppo lineare di 25 km con un totale di 300 aerostati tipo Ap.36; si era iniziata la consegna di nuove centrali di tiro GBS (S. Giorgio/Borletti/Salmoiraghi) in aggiunta alle altre tipo Malsi e Juhacz/Gamma ungheresi e Zeiss tedesche.


[225>] Il 6 ottobre il reparto del Magg. Vosilla i cui CR. 42 avevano ugualmente subito alcune modifiche: serbatoi semapizzati,1 radio ARC. 1 ricevente, un nuovo tipo di collimatore a riflessione S. Giorgio e l'incomprensibile sostituzione in arma cal. 7,7 di una Safat 12,7 mm (arma montata peraltro sovrapposta all'altra e non parallelamente), decollava per Treviso al gran completo con tutti i 50 CR. 42 e i 6 Ca. 133/T di supporto tecnico e dopo il rifornimento ripartiva per Monaco/Neubiberg dove il maltempo bloccava il reparto sino al giorno 17 otttobre.


[645>] 56 – S.A. Meccanica S. Giorgio – Pistoia (aeroplani, parti ricambio, riparazioni)



1 "SEMAPE", marchio depositato della società Superflexit, era un trattamento dei serbatoi che, in caso di perforazioni, doveva autostagnarli.

"Esternamente è buona pratica rivestire i serbatoi di duralluminio con tela incollata con opportuni collanti. I serbatoi degli apparecchi militari debbono essere previsti per ricevere un rivestimento speciale (blindatura SEMAPE fig. 316) il quale serve a immunizzare il serbatoio dalle perdite che subirebbe se colpito da proiettili". A. Fiore, Elementi del velivolo (Roma : Dott. G. Bardi, 1934), p. 171.

"Ricordiamo che il 'semape' era un rivestimento protettivo a base di resine con asserito potere autoestinguente. Scriviamo 'asserito' in quanto sembra invece assodato che: se il proiettile colpisce un serbatoio di carburante pieno, affoga nel liquido; se invece il serbatoio semivuoto contiene vapori di benzina, il proiettile è in condizione di incendiare e la semapizzazione non serve a nulla". L. Ceva, "Lo sviluppo degli aerei militari in Italia (1938-1940)", Il Risorgimento, 35 (1983), n. 1, pp. 38-44.

Il "semape" è citato anche in: A. Curami, "Piani e progetti dell'aeronautica italiana 1939-1943 : Stato maggiore e industrie", Italia contemporanea, n. 187 (1992), p. 250 Link esterno Istituto Nazionale Ferruccio Parri (pdf).



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Storia § ??
"I capannoni della San Giorgio di Pistoia", Farestoria, 1 (1981), n. 2, numero monografico. Link esterno OPAC SBN

[Rimane da reperire] 1



1 La prima serie della rivista, edita dall'Istituto Storico della Resistenza e dell'età contemporanea in provincia di Pistoia, non è ancora fornita in versione digitale in Link esterno Farestoria (situazione del 1/4/2021).



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Storia § ??
A. Confalonieri, Banca e industria in Italia dalla crisi del 1907 all'agosto 1914, vol. 2, Crisi e sviluppo nell'industria italiana (Milano, Banca Commerciale Italiana, 1982), pp. 13-15. Link esterno OPAC SBN

Si faccia il caso della San Giorgio - Società Anonima Italiana per la Costruzione di Automobili Terrestri e Marittimi: un caso che si [<13-14>] può ben dire esemplare di fretta e pressapochismo in una iniziativa industriale. Costituita il 18 novembre 1905 – presenti nel consiglio erano, tra gli altri, Attilio Odero e Giuseppe Orlando; due anni dopo sarebbe entrato anche Rinaldo Piaggio – la società non soltanto inizia, nel suo stabilimento di Sestri Ponente, la produzione di chassis su licenza della casa Napier (programmandone inizialmente quaranta l'anno, da aumentare sino a duecento), ma pon subito mano alla costruzione di due altri stabilimenti; uno ancora a Sestri Ponente, «dirimpetto a quello principale», «per produrre carrozzerie di lusso, ... l'altro a Pistoia da riservarsi esclusivamente per la carrozzeria industriale e altri lavori meccanici affini». Non solo: ci si associa alla F.I.A.T. «nel campo dell'industria automobilistica marina ed affine»,1 con l'iniziativa della F.I.A.T. - San Giorgio, subentrata nella gestione del cantiere di Muggiano all'omonima società.2 La crisi automobilistica induce a modificare radicalmente i programmi: si rimanda «a tempi migliori» l'ampliamento dello stabilimento principale di Sestri e si rinuncia alla costruzione della seconda unità. Si dà allo stabilimento di Pistoia una destinazione diversa da quella originariamente prevista, adibendolo alla «riparazione di veicoli ferroviari e [alla] costruzione di un numero limitato di carri e vetture ferroviarie»:3 produzione che continua stancamente sino a quando, [<14-15>] nel 1915, si aggiunge la costruzione di «cariaggi militari»; lo stabilimento di Sestri viene invece convertito a lavorazioni di meccanica di precisione di natura bellica.1 Stabilimenti, l'uno e l'altro, che trent'anni dopo entreranno nel campo dell'industria di Stato.


1 SAN GIORGIO, Relazione 1906, pp. 7-8. Cfr. anche Relazione all'assemblea straordinaria del 10 gennaio 1908, pp. 15-16. Per lo stabilimento di Sestri 2°, si fanno intese colla ditta Kellner & Ses Fils di Parigi per ottenere «valido appoggio nella costruzione delle vetture di lusso». Ibid., p. 16. [Nota a pie' di p. 14]

2 G. Doria, Investimenti e sviluppo economico a Genova alla vigilia della prima guerra mondiale, vol. II (1883-1914), Milano, 1973, p. 315. [Nota a pie' di p. 14]

3 SAN GIORGIO, Relazione all'assemblea straordinaria del 10 gennaio 1908, p. 16.
In via sussidiaria, lo stabilimento di Pistoia era destinato alle vecchie attività – tra cui «carozzelle e lettighe» – della Ditta Enrico Tranci e figli, che era stata assorbita dalla San Giorgio, Ibid., pp. 15-16. La ragione sociale fu in quell'occasione modificata in «San Giorgio - Società Anonima Italiana per la Costruzione di Automobili Terrestri e Marittimi e per la Costruzione e Riparazione di Materiale Rotabile Ferroviario e d'Altro Genere». [Nota a pie' di p. 14]

1 SAN GIORGIO, Relazione 1909, p. 14; Relazione 1912, p. 9; Relazione 1915, p. 12. [Nota a pie' di p. 15]



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Storia § ??
J. Campbell, Naval Weapons of World War Two (Conway Maritime Press, 1985), p. 319. Link esterno British Library

FIRE-CONTROL

Italian fire-control equipment was mostly provided by Officine Galileo (OG) and San Giorgio (SG). For surface fire a director system with fire-control calculating machine or computer was used. The latest range-finders combined stereoscopic and coincidence instruments in one case, but the optical systems and rangetakers were separate. Those in the 381 (15in) turreth in the Littorio class were of 12m (39.4ft) base, while the mast RFs in this class and the largest in cruisers were 7.2m (23.6ft). These was also an instrument of the latter size for measuring small alteration of course.

The first effective Italian radar EC-3ter, generally known as 'Gufo', was installed in Littorio in September 1942 and a further 11 ships were equipped in 1943. In addition seven German sets, mostly FuMO24/40G, were fitted between March 1942 and the late spring of 1943. Ranges could be determined but they were not specialized fire control radars in the British or US sense.

A gyro instrument, supplying the continuous variation of the target's bearing, was introduced in Trieste in 1927, and at about the same time this ship had the first inclinometer. The latter continued to be fitted but was in general unsatisfactory.

There were apparently four main types of electro-mechanical computer, and a simplified version for torpedo boats. A photograph of a San Giorgio instrument for battleships does not show any large scale plot. Sights were stabilised in the later directors though it appears that the stabilizing equipment was inadequate. In the Littorio class, the principal director was at the masthead with an armoured installation lower down.

AA fire progressed gradually from barrage to director control but the electro-mechanical computer was too slow for AA use. Gyrosights and similar directors for close range guns were lacking.

In addition to these deficiences, data transmission was not considered entirely satisfactory, and the follows-the-pointer system was criticised.

[Didascalia di una figura] Forward tower mast in Littorio with 7.2m San Giorgio range-finder in the top, 3m range-finder in the 90mm director and EC-3ter 'Gufo' radar on the second main director. Elio Andò



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M. Nones, "L'industria militare in Liguria dal 1945 al 1975", Storia contemporanea, 17 (1986), n. 5, pp. 836-838. Link esterno OPAC SBN

Elettronica San Giorgio - Elsag

L'attuale Elsag viene fondata nel 1905 dal senatore Odero col nome di San Giorgio87. La società aveva allora due stabilimenti: uno a Sestri Ponente (Ge) e uno a Pistoia. La produzione, incominciata prima nel settore automobilistico, era poi passata ai macchinari ausiliari di bordo e agli strumenti di precisione per l'artiglieria terrestre e navale (a Sestri) e al materiale ferroviario (a Pistoia).

Fra le due guerre mondiali si verifica una forte crescita della società che apre nuovi stabilimenti a Rivarolo (Ge), La Spezia e Taranto88. È in questo periodo che l'attività produttiva viene estremamente diversificata e il «catalogo» della San Giorgio arriva a contenere una molteplicità di prodotti: apparati ottici, motori elettrici, pompe, macchine tessili, ingranaggeria d'alta precisione, timoneria, macchine fotografiche, semafori, apparecchi per la direzione del tiro, ecc.

Al termine della seconda guerra mondiale, mentre gli stabilimenti di La Spezia e Pistoia risultavano aver subito gravi danni a causa dei bombardamenti, quelli di Sestri, Rivarolo e Taranto erano quasi illesi. Per tutti gli impianti si poneva, invece, il problema del decentramento che era stato attuato sia per prevenire le conseguenze dei bombardamenti alleati, sia per impedire l'asportazione dei macchinari da parte delle truppe tedesche89.

Alla fine della guerra, per coprire il fabbisogno finanziario della società, l'IRI è costretta ad intervenire nella ricapitalizzazione della San Giorgio90. Anche questa società deve affrontare, nel dopoguerra, le difficoltà derivanti da un'eccessiva capacità produttiva creata dalle esigenze belliche e, proprio per questo, da uno sbilanciamento sulla produzione militare. Nel caso della San Giorgio, poi, pesavano i problemi determinati dal gran numero di [<836-837>] prodotti offerti sul mercato e, quindi, dalla dispersione di interessi che ciò comportava91.

A partire dal 1949 la società viene ristrutturata scorporando parte dello stabilimento di Rivarolo che, insieme a quello di Genova Borzoli dell'Ansaldo, viene apportato alla nuova azienda Ansaldo San Giorgio che concentra tutta la produzione elettromeccanica dei due gruppi, lo stabilimento di Pistoia che viene rilevato dalla Officine Meccaniche Ferroviarie Pistoiesi ed, infine, l'unità produttiva di Taranto che viene apportata alla controllata Officine Elettromeccaniche Pugliesi. Questo programma veniva così presentato dagli amministratori:

"Scorporando i detti complessi del patrimonio della San Giorgio, la sua residua attività si concentrerà nelle sezioni meccanica media e meccanica di precisione e nell'ottica dell'originario stabilimento di Sestri. Affidando tale attività a forze competenti che si occupino solo di esse, non distratte da altre funzioni, c'è ragione di confidare... di poter riportare... tale attività alle antiche condizioni di floridità92".

In realtà le previsioni si dimostrarono troppo ottimistiche e l'alleggerimento del gruppo non ne permise il decollo. I bilanci continuavano a presentare pesanti perdite e portarono, nel 1954, alla liquidazione della società93. Parte degli impianti erano, d'altra parte, decisamente superati: la nuova Fonderia di Prà aveva, ad esempio, una doppia capacità di produzione con un terzo del personale rispetto a quella di Sestri94.

Nel gennaio 1955 viene quindi attuata una nuova ristrutturazione: la Fonderia di Prà passa ad un'omonima società, la parte residua dello stabilimento di Rivarolo alle Officine Rivaloresi, il fabbricato di Sestri in via Calda alla Aghi Zebra-San Giorgio, quello di La Spezia alla Elettrodomestici San Giorgio. L'unità produttiva di Sestri, via Manara, viene apportata alla Nuova San Giorgio che prosegue l'attività nel campo dei telecomandi industriali, delle macchine per filatura cotone, degli apparati radiologici, degli ausiliari di bordo e dell'elettromeccanica di precisione95.

Nel dicembre 1957, insieme alla Officine Galileo e alla Microlambda (la società che darà vita, nel 1960, alla Selenia) viene costituita la LER-Laboratori Elettronici Riuniti per sviluppare la [<837-838>] ricerca nel campo degli apparati elettronici96. È un'iniziativa importante, perché dimostra che viene percepita, perlomeno a certi livelli, la necessità di concentrare le energie soprattutto nella ricerca e in quei campi in cui, come l'elettronica, si registrava già un ritardo dell'industria italiana. È altrettanto significativo che quest'accordo sia siglato dalle due società, che costituiranno, 27 anni dopo, il raggruppamento Selenia-Elsag, uno dei poli dell'elettronica italiana.

Nel 1958 gli amministratori comunicano che

"è stata particolarmente curata la messa a punto delle nuove sistemazioni automatiche per la condotta del tiro, raggiungendo risultati... che – ci auguriamo – possano far acquisire all'Azienda quelle commesse che permettano di risolvere... il problema della carenza di lavoro nel settore delle produzioni militari97".

È una tappa importante per la società perché il nuovo sistema, denominato «Argo», segna un salto di qualità sul piano tecnico, oltre che la ripresa dell'attività in questo particolare campo, anche se le prime commesse dalla MM arriveranno solo tre anni dopo98. Non è comunque un caso eccezionale, nella storia dell'industria militare, la mancanza di corrispondenza fra sviluppo di un determinato mezzo e sua acquisizione da parte delle FF. AA., e questo particolarmente nei casi in cui il nuovo equipaggiamento rappresenta un salto tecnologico. Si può ritenere che questa divaricazione o, meglio, questo sfasamento sia dovuto alla cronica carenza di fondi destinati all'acquisto di mezzi, ma anche alle difficoltà burocratiche che, da sempre, contraddistinguono le procedure di spesa delle amministrazioni pubbliche.1


87 Elettronica San Giorgio, L'Elettronica San Giorgio dieci anni dopo, Genova, s.d. (ma 1979). [Nota a pie' di p. 836]

88 Ibidem. [Nota a pie' di p. 836]

89 San Giorgio, Rel. Commissario provvisorio 1944, (p. 2), C. C. Trib. Genova [Cancelleria Commerciale del Tribunale di Genova]. [Nota a pie' di p. 836]

90 San Giorgio, Rel. C. d'A. all'Assemblea del 6 novembre 1946 (p. 1), C. C. Trib. Genova. [Nota a pie' di p. 836]

91 G. Giacchero, op. cit., II°, p. 712. [Si tratta del secondo volume di Genova e Liguria nell'età contemporanea : un secolo e mezzo di vita economica 1815-1969 (Genova : Cassa di risparmio di Genova e Imperia, 1970)]. [Nota a pie' di p. 837]

92 San Giorgio, Rel. C. d'A. all'Assemblea del 9 agosto 1949, pp. 2 ss., C. C. Trib. Genova. [Nota a pie' di p. 837]

93 San Giorgio, Rel. C. d'A. all'Assemblea Straordinaria del 9 giugno 1954, C. C. Trib. Genova. [Nota a pie' di p. 837]

94 Ibidem. [Nota a pie' di p. 837]

95 San Giorgio, Rel. Collegio dei Liquidatori all'Assemblea del 19 gennaio 1955. C. C. Trib. Genova. [Nota a pie' di p. 837]

96 Nuova San Giorgio, Rel. C. d'A. 1957, Archivio San Giorgio-Genova (d'ora in poi A. S. G. - Genova). [Nota a pie' di p. 838]

97 Nuova San Giorgio, Rel. C. d'A. 1958, A. S. G. - Genova. [Nota a pie' di p. 838]

98 Nuova San Giorgio, Rel. C. d'A. 1961, pp. 10 s., A. S. G. - Genova. [Nota a pie' di p. 838]



1 L'articolo è molto più ampio (pp. 821-852), ma qui è stata trascritta solo la prima parte del paragrafo dedicato alla San Giorgio e alle aziende da essa derivate.

Si noti che la bibliografia è basata per lo più su fonti primarie inedite. Quattro anni dopo è apparsa la monografia → Nones (1990), basata su ricerche d'archivio ancora più estese.



All'indice    1986    Indicatore di completezza
Storia § ??
A. Grassi, A. Pansera, a cura di, L'Italia del design : trent'anni di dibattito (Casale Monferrato: Marietti, 1986), p. 27. Link esterno OPAC SBN

Nel 1954, mentre Marco Zanuso disegnava un frigorifero per la Homelight, Gino Valle fu chiamato a collaborare alla messa a punto degli elettrodomestici Zanussi (Rex).

Quasi una favola124 1 fu anche la nascita degli Elettrodomestici San Giorgio, dovuta al fortunato innesto su una vecchia azienda dei primi del Novecento, sorta per la produzione di periscopi e strumenti ottici per la Marina, sopravvissuta al primo dopoguerra grazie alla politica autarchica e in liquidazione dopo una allargata e generica produzione civile inutilmente tentata dopo la seconda guerra mondiale. Riconvertita in cinque industrie autonome, di cui agli inizi degli anni Cinquanta, e nel giro di otto anni124, «un ramo è già fiorito»126, vide addirittura, nello stabilimento di La Spezia, il raddoppio della mano d'opera. Ventilatori127, aspiratori d'aria128, stufe elettriche e il Proteus, un «apparecchio elettrodomestico multiforme», antesignano dei robot tuttofare, che si adattava a ben dodici differenti usi, si caratterizzarono per l'eleganza del disegno e per la "grazia" del colore, ma anche per la semplicità d'uso e l'affidabilità, e bene seppero fronteggiare la concorrenza di analoghi prodotti stranieri, soprattutto americani. Vennero quindi bene accolti dal mercato italiano, ai cui gusti meglio rispondevano, appagandone contemporaneamente l'esigenza di avere in casa degli status symbol.2


124 E. Renzi, «Percorsi della mostra», in catalogo, pag. 15. [nota a p. ???]

125 Anche nell'ottica di quell'Archivio del disegno industriale di cui proprio Carla Venosta aveva avuto l'incarico di occuparsi, da parte del Comune di Milano, un progetto che, ancora una volta, sarebbe rimasto sulla carta. Cfr. Carla Venosta, «L'archivio del design italiano», in Carlo Tognoli, Idee per una città. Cultura a Milano. 1975-1980, 1980, Sugarco, Milano, pagg. 131-134. [nota a p. ???]

126 Cfr. in catalogo pag. 124. [nota a p. ???]

127 Cfr. A. Pansera, «Dal progetto all'oggetto», in Abitare n. 176, 1979. [nota a p. ???]

128 C. Venosta, dal catalogo, pag. 12. [nota a p. ???]



1 Riferimento implicito a → Rapisarda (1954).

2 Questa breve analisi mostra come i tentativi di riconversione delle produzioni belliche, vietate dal trattato di pace, abbiano avuto anche esiti positivi.

Una sintesi appare in un lavoro successivo. "Da sottolineare la nascita degli elettrodomestici San Giorgio, che testimoniano l'intelligente riconversione postbellica di un'azienda dei primi del Novecento sorta per la produzione di periscopi e strumenti ottici per la marina: a La Spezia, agli inizi del decennio Cinquanta, si iniziarono a produrre ventilatori, aspiratori d'aria, stufe elettriche e il Proteus, antesignano dei robot tuttofare, da ben dodici differenti usi, si caratterizzarono per l'«eleganza» del disegno e per la «grazia» del colore, ma anche per la semplicità d'uso e per l'affidabilità". A. Pansera, Storia del disegno industriale italiano (Roma-Bari: Laterza, 1993), p. 180.



All'indice    1987    Indicatore di completezza
Storia § ??
A. Ottanelli, Auto, treni, aerei. Le Officine meccaniche San Giorgio di Pistoia: un'industria genovese in Toscana tra Giolitti e la Resistenza (1905-1949) (Pistoia, Edizioni del Comune, 1987), 246 pp. Link esterno OPAC SBN

[Opera di cui si consiglia la lettura integrale, pur se non strettamente pertinente le produzioni ottiche.

Un ampio curriculum vitae dell'autore è condiviso in Link esterno Ippolito Desideri, anche in versione PDF (situazione del 21/4/2021)]



All'indice    1987    Indicatore di completezza
Storia § ??
F. Gay, V. Gay, The cruiser Bartolomeo Colleoni (London, Conway Maritime Press, 1987), p. 13. Link esterno OPAC SBN

EARLY WARNING SYSTEM
Look-outs equipped with binoculars; located as follows:
- 2 look-outs per side on the platform adjacent to Director I.
- 3 look-outs per side on the conning tower deck.
- 5 look-outs per side on the Admiral's bridge.
- 2 look-outs per side near the after director (until it was removed).1



1 La fonte non esplicita di quali binocoli si tratti, ma sono qui d'interesse il numero degli strumenti utilizzati per l'avvistamento e la loro dislocazione. In merito a questo incrociatore leggero, varato nel 1930 a Genova e affondato nel 1940, si veda Link esterno Wikipedia.



All'indice    1989    Indicatore di completezza
Storia § ??
A. Maiello, Un sindacato allo specchio : la Fiom ligure in una generazione di militanti (Milano : F. Angeli, 1989), pp. 25, 53, 92, 94, 114, 167, 180, 183-184, 225, 251, 262, 268, 273, passim. Link esterno OPAC SBN

[25>] L'introduzione della produzione «a ciclo integrale» a Cornigliano significò chiusura della vecchia Ilva (3.000 addetti a Genova e 4.500 a Savona) ed il ridimensionamento della vecchia Siac (che passò da 6.000 occupati a 35.000 [3.500?] all'inizio degli anni '50), mentre i posti di lavoro previsti dal piano riuscirono ad inserire in produzione solo una minima parte dei lavoratori smobilitati in precedenza. In effetti fu perseguita una politica di assunzioni che privilegiò una mano d'opera non specializzata e «calma» politicamente, utilizzando i veicoli della Cisl e delle parrocchie dell'entroterra, come uffici di collocamento. La ristrutturazione per il settore meccanico fu invece un processo tutto in discesa, nel senso che era qui la più alta concentrazione della produzione bellica e pertanto alla fine della guerra, su di un totale di 31.000 addetti nell'Ansaldo era valutato un esubero di più di un terzo (13.000 circa) e per la S. Giorgio era previsto un ridimensionamento ancora più drastico perché prevedeva una riduzione di personale da 7.000 addetti nel 1946 (anno del suo passaggio all'Iri) a 600 circa negli anni '50, nella realtà Ansaldo-S. Giorgio che si costituì in seguito ai ridimensionamenti delle due [...]


[Cenni biografici a p. 262] Celesia Mario (Genova 1923) (padre operaio). Conseguita la licenza elementare, entra a lavorare alla S. Giorgio come apprendista calderaio, a 15 anni. Militare in Marina. Si iscrive al Pci nel '43. Esperto di reparto nel '48 e segretario di s.i. dal '49 al '57 e responsabile della cellula comunista di fabbrica. Esce dalla S. Giorgio nel '57 [...]


[53>] «Sono Nardi Antonio, sono nato a Borzoli il 7/2/1924. Mio padre è stato uno fra i fondatori del partito comunista a Sestri nel 1921. Lui mi raccontava che era fra quelli che hanno difeso la Camera del Lavoro dall'assalto dei fascisti, che era lì dove è la Croce Verde adesso. Inizialmente lui era socialista, ma a quel tempo mi diceva che aveva aderito al partito comunista. Era il cassiere della Fiom, in casa ha lasciato una piccola cassettina di legno ... Teneva i contributi nell'allora '19-'20 per la Fiom, che era un'organizzazione a sé stante rispetto alla C.d.l. (che a Sestri) era diretta da anarchici (...), almeno mio padre mi diceva che lo stesso Negro aveva chiesto più volte aiuto ai compagni della Fiom, perché la direzione della C.d.l. non dava garanzia per andare nel verso giusto.

Mio padre mi raccontava che quando i fascisti hanno sfondato con le autoblinde la Croce Verde, (cioè la C.d.l.) era insieme a Mariani; per difendersi avevano allacciato i fili elettrici ai cancelli e quando i fascisti riuscirono a sfondarli avevano nascosto le pistole nelle vasche dei gabinetti. Li hanno presi e portati a Marassi e non avendo prove contro di loro e non trovandoci le armi l'hanno lasciato libero. (I: «Era un operaio?»). Era un operaio specializzato della S. Giorgio di Sestri»27.

[Cenni biografici a p. 268] Nardi Antonio (Borzoli/Ge 1924) (padre impiegato). Consegue la licenza di avviamento al lavoro, ma frequenterà anche scuole professionali esterne e interne alla fabbrica. Nel '38 entra alla S. Giorgio come apprendista tornitore del reparto ottico. Militare in Marina si iscrive al Pci alla fine della guerra e diventa responsabile politico del Deposito Marina di Taranto. Esperto di reparto nel '46, diventa poi responsabile del comitato sindacale nel '50 ; entra nel c.d. della lega Fiom di Sestri P. e poi nel c.d. provinciale della Fiom. Nel '54, segretario a tempo pieno della lega Fiom di Sestri P., poi fino al '55, della lega di Rivarolo e della lega del porto dal '55 al '72, quando passa alla segreteria del sindacato dei chimici fino al '77 e dall''80 all''82, alla segreteria della C.d.l. di Genova.


[Cenni biografici a p. 273] Sfrisi Luciano (Genova 1910) (padre manovale gruista). Conseguita la licenza elementare, dopo un'esperienza di lavoretti saltuari si imbarca nel '26. Sbarcato entra alla S. Giorgio nel '29 come allievo rettificatore. Diventerà poi tornitore. Frequenterà anche un corso per perito industriale, ed inizierà un corso da geometra che non concluderà. Aderisce al partito comunista durante la guerra. Commissario politico nella brigata A. Romeo di Ovada. Nel '45 è responsabile della cellula comunista della S. Giorgio fino al '47 e dal '46 al '48 è anche segretario della c.i. Nel '49 diventa segretario della lega Fiom di Sestri, fino al '51, quando passa alla segreteria della C.d.l. di Bolzaneto. Attività di militanza politica.


[92>] «Quando mi hanno sbarcato, dopo 6 mesi sono entrato alla S. Giorgio come operaio rettificatore con documenti falsi, grazie al capotecnico che era un antifascista. ...


[94>] La catena del sostegno politico fra antifascisti non è rappresentata ancora come un costume di vita o lo è – ce lo ha ricordato sopra Luciano Sfrisi – solo in particolari situazioni, come nel caso della S. Giorgio.

«La S. Giorgio era un po' una roccaforte operaia, nata già nel periodo fascista.

La S. Giorgio era amministrata prevalentemente da ebrei durante il periodo fascista:1 ed era l'unico stabilimento dove, per entrare non si chiedeva la tessera del Fascio. Io sono entrato, nessuno mi ha chiesto niente, anzi non essere iscritto al Fascio poteva essere un titolo di merito: anche i capi reparto, erano per lo più elementi socialisti o comunisti. Quindi era un ambiente decisamente antifascista»20.


[114>] Il 16 giugno del 1944 avvenne la deportazione.

Io che mi ritenevo tranquillo perché avevo già 28 anni e che sapevo che ufficialmente cercavano i renitenti alla leva, non sapevamo molto, ma le voci correvano. Così mi sono preoccupato di nascondere alcuni miei colleghi, allora ero passato da operaio a impiegato ed ero capo di un reparto.

(I: «Come mai da operaio ad impiegato?») Si vede che ero bravo, non lo so.

Ero entrato nel '42 come operaio, già nel '43 mi avevano passato impiegato; si vede che, malgrado che fosse l'epoca fascista, nella fabbrica le capacità venivano in una certa misura premiate, e quindi mi hanno passato impiegato.

Avevamo due impiegati, un certo Barbieri che poi ho avuto per tutta la vita come impiegato, e un certo Schiavi che poi è morto, che erano veramente renitenti alla leva, avevano 18-20 anni circa.

Erano tra le classi chiamate nel '44 ed era pericolosissimo farli prendere.

Io mi sono attardato a nasconderli, ma li abbiamo nascosti tanto bene che loro non li hanno presi, ma io e un mio collega che eravamo in ufficio siamo stati presi e deportati insieme a tutti quelli dell'allora Siac, il Cantiere, la Piaggio, la San Giorgio, pochi del Meccanico; in 1279 siamo stati deportati direttamente a Mauthausen. Qui ci sono stato 40 giorni e se fossi rimasto a Mauthausen probabilmente oggi non sarei qui a raccontare questa storia.

Dopo il 20 luglio del '44 (c'era stato l'attentato ad Hitler) avevano bisogno di braccia e allora tutti questi deportati dall'Italia, dalla Francia, dalla Grecia, dalla Jugoslavia, civili, li hanno disseminati nell'Austria e in Germania a fare lavori forzati, lavoro coatto [...] .


[167>] Nel '48 presidente dell'Ansaldo era sua ecc. Piccardi, ministro del Lavoro durante il periodo di Badoglio, dal 25 (luglio) all'8 settembre e aveva liberato Roveda.

A concorrere per il suo posto erano in parecchi, lo stesso Barbareschi ... perché la Finmeccanica non esisteva, è stata creata per Cantù e Medici che erano stati licenziati dalla San Giorgio, per Zignani che era l'amministratore della Terni e per un altro, di cui non mi ricordo il nome, che era stato epurato dai cantieri di Loano.

Per cui eleggono Piccardi che, il 18 gennaio del 1948, si presenta all'Ansaldo, alla mattina convoca tutte le c.i. [commissioni interne] ... (...). E dice: "Fino a ieri sera alle 10 ho girato tutti i ministeri per avere il finanziamento per l'Ansaldo, mi è stato rifiutato, pertanto come amministratore, questa mattina, consegno i registri in tribunale, l'Ansaldo è fallita. Tanti auguri per le vostre famiglie".

Noi siamo appena usciti che entrarono tutti i dirigenti, a cui fece la stessa dichiarazione.


[180>] Il Fossati e il Delta sono stati staccati dall'Ansaldo il primo novembre del '49, il primo gennaio, dopo un mese, è stato staccato l'Elettrotecnico; siccome la San Giorgio da privata era passata all'Iri, da tutta la parte elettrica della San Giorgio si è formata l'Ansaldo-San Giorgio Elettrotecnica, e abbiamo avuto molti disagi, maestranze, doppioni [...]


Portare all'interno della fabbrica, nei problemi di tutti i giorni, la «voce del partito» non era compito facile, proprio per l'inadeguatezza del lessico e dell'analisi politica circa i problemi quotidiani del lavoro. In tal modo si codificarono consuetudini di comportamento, compromessi sui principi che si rifacevano più ad una prassi consolidata di rapporti preesistenti e legata alla modalità con cui si svolgeva il lavoro, che non alle necessità tattiche o strategiche individuate in sede politica. E dalla capacità di gestire i problemi tecnici e umani, che si presentavano via via nacque l'ascendente di questi segretari e ne determinò la quasi inamovibilità; eppure essi, se quando parlano di se stessi, si definiscono, in taluni casi, come dei politici in senso lato, calcano l'accento soprattutto sul «non essere settari» e questa mancanza di settarismo nasce direttamente dal rapporto con la fabbrica ed indica le distanze psicologiche che essi stavano quasi insensibilmente assumendo nei confronti del partito (comunista), ma anche e soprattutto dall'evoluzione che il sindacato stava conoscendo in quegli anni.

[DA COMPLETARE] quando ci sono stato io la San Giorgio ha vissuto dei problemi difficili, hanno diviso la San Giorgio, hanno tolto la parte sana dell'Elettrotecnica, dall'altra parte è venuto Nordio, hanno cambiato..., hanno cambiato diversi dirigenti... abbiamo fatto due lotte, una di 80 giorni, una di 93. [<183-184>]

La prima lotta l'abbiamo fatta su degli sputi, abbiamo accettato la provocazione della direzione e abbiamo lottato per dei mesi su una battaglia che non era valida e non era sentita, la portavamo avanti noi comunisti, ma non era sentita; e, per questo, ci siamo trovati in difficoltà nella seconda battaglia quando veramente la realtà erano le lettere di licenziamento.

Noi difendevamo 11-13 lavoratori che avevano sputato in faccia ai dirigenti quando entravano, la seconda lotta era per 1.200 operai che erano licenziati.

La direzione sulla base di questa provocazione che noi abbiamo accettata, ha sfiancato la classe operaia della San Giorgio con 80 giorni di lotta su dei problemi sui quali non potevamo avere l'adesione della cittadinanza e dei lavoratori totale; mentre invece la seconda battaglia...

E lì è il valore della seconda lotta della San Giorgio, valore che forse, nessuno ha mai saputo dare; ha saputo infrangere quello che era stata la prima lotta e ha saputo unirsi alla cittadinanza. Noi abbiamo fatto delle manifestazioni con Diego Bagnara, con Ines Boffardi, con Bemporad, con Adamoli16, delle manifestazioni al teatro Verdi... perché avevamo la cittadinanza insieme a noi.

(I: «Tu, per cittadinanza parli di Sestri?») Sì, di Sestri.

Abbiamo fatto delle battaglie a Genova, dei cortei a Genova continuamente, andavamo tutti i giorni, non abbiamo mai accettato provocazioni di batterci con la Celere, di fare...

Eh, abbiamo fatto una lotta molto unitaria, la seconda battaglia. E forse, nei programmi della Direzione era farci fare la prima battaglia per trovarci deboli la seconda; e su certi aspetti è stato così, ma su altri, la direzione ha sbagliato i calcoli perché la prima battaglia ha creato i quadri e l'esperienza per portare avanti la seconda battaglia, in modo diverso, in modo più giusto. [DA COMPLETARE]

16 Diego Bagnara: importante commerciante di Sestri P.; Ines Boffardi: esponente politica democristiana (anch'essa proveniente da Sestri P.); Alberto Bemporad: esponente politico socialdemocratico; Gelasio Adamoli: sindaco comunista di Genova dal 1948 al 1951. [Nota a pie' di p. 184]


[225>] Nel '54 è avvenuta la frantumazione della San Giorgio (...). Se tu pensi che nel '54, quando hanno fatto i 1.200 licenziamenti tra i quali c'eravamo anch'io - mio fratello e 1.100 erano comunisti, schedati e un centinaio di socialisti.


[251>] «(Il sindacalista) era guardato con un certo sospetto dai nostri avversari, però la gente l'apprezzava se uno faceva il suo lavoro con onestà (...) Nella lotta della S. Giorgio ho visto un movimento femminile che è stato magnifico: ci hanno sorretto fino all'ultimo, ho delle fotografie in casa con delle donne che ci hanno sorretto ... Le donne sono state vicine ai lavoratori: avevano i loro mariti in fabbrica e quando abbiamo suonato le sirene ed è intervenuta la Celere, noi avevamo come parole d'ordine: "Se viene la Celere che cerca di occupare la fabbrica, suoniamo le sirene e la cittadinanza viene in giù e ci viene a dare un aiuto ..."2



1 L'impatto delle leggi razziali in San Giorgio non è stato affrontato in Nones (1990), dove non si trova nemmeno cenno alla vicenda umana di Gino Fanno, ricostruita in → Storia § 17. Rimane quindi da appurare chi erano, e quale sorte hanno avuto, gli altri dipendenti di origini ebraiche.

2 [DA COMPLETARE, sia selezionando i brani qui più significativi, che con il nome e la biografia dei testimoni].



All'indice    1990    Indicatore di completezza
Storia § ??
M. Nones, Dalla San Giorgio alla Elsag. Da grande gruppo meccanico ad industria elettronica avanzata (1905-1969) (Milano, Franco Angeli, 1990), 305 pp. con numerose tavole f.t. Link esterno OPAC SBN

[Opera di cui si consiglia la lettura integrale: è imprescindibile per qualunque ricerca – anche di carattere tecnico – sulla San Giorgio].



All'indice    1990    Indicatore di completezza
Storia § ??
W. White, Subminiature Photography (Boston : Focal Press, 1990), p. 94. Link esterno OPAC SBN

In 1947 the firm of San Giorgio in Genova produced the Parva camera. Because only nine were made, this is not only the rarest Italian subminiature but one of the rarest of all subminiatures. It was a small round device for 16 mm film in special cassettes. It was packed in a metal case and had a tabletop tripod and telephoto lens made for it. It had a unique design, which has never been copied, but other than a few articles mentioning it, has remained obscure.1



1 Si rimanda a → Fotocamere.



All'indice    1991    Indicatore di completezza
Storia § ??
G. Alegi, [Recensione a] "«Sotto i mari del mondo: la Whitehead...», di Antonio Casali e Marina Cattaruzza, e «Dalla San Giorgio alla Elsag», di Michele Nones", Storia contemporanea, 22 (1991), pp. 561-565. Link esterno OPAC SBN

La misura del rapido accrescersi dell'interesse per la storia dell'industria è data dalla molteplicità delle proposte con le quali gli imprenditori mirano a rendere concreta la «cultura industriale». Al fiorentissimo filone della sponsorizzazione di eventi artistici si è dunque venuta sovrapponendo, particolarmente in questo decennio, una linea di mostre e monografie rivolte a un pubblico quanto mai vasto ed articolato, così va a diffondere la disciplina ben oltre gli augusti ambiti specialistici e recuperando alla discussione storica materiali e tematiche che, nelle ricostruzioni più generali, erano sovente trascurati. Pur nella sua vitalità, la produzione libraria (l'esame degli aspetti più strettamente museali esula infatti da questa sede) presenta però livelli qualitativi disomogenei. Non sempre, [<561-562>] infatti, l'orgogliosa proclamazione dei propri cinquanta, sessanta o cent'anni di vita si accompagna al rigore dell'analisi, con il risultato di ridursi a carrellate di immagini e collages di notizie senza alcun tentativo di approfondimento critico. Se dunque l'interesse delle aziende ha reso disponibili risorse non indifferenti e creato strutture di assoluto rilievo, quale ad esempio l'Archivio Storico Ansaldo, non sempre le opere realizzate direttamente o commissionate all'esterno hanno esplorato compiutamente la materia trattata. Il frequente desiderio di ricollegarsi ad anniversari o altre occasioni particolari può condurre a ritmi e scadenze di lavoro che mal s'adattano ai tempi incerti di una ricerca che voglia essere, se non definitiva, almeno esauriente; mentre ulteriori difficoltà derivano dall'esigenza di penetrare – e successivamente esporre al lettore profano – processi produttivi e caratteristiche tecniche, rischiandosi altrimenti di descrivere una situazione falsamente attuale di preminenza degli aspetti finanziari su quelli industriali. Le recenti storie del silurificio fiumano Whitehead e della San Giorgio di Genova confermano pregi e limiti della produzione storiografica del settore.

La «Fabbrica di Torpedini Whitehead & Co.» (dal 1979 incorporata nella Gilardini spA, caposettore della componentistica industriale del gruppo Fiat) fu creata dall'ingegnere inglese Robert Whitehead, acquistando lo Stabilimento Tecnico Fiumano di cui già era direttore tecnico e da circa un decennio impegnato nello studio, perfezionamento e commercializzazione di una «torpedine» ideata dal capitano della marina austriaca Giovanni Biagio Luppis. Sebbene notevolmente complessi, gli apparati erano ben lungi dal possedere le caratteristiche necessarie a farne strumenti affidabili per l'impiego bellico: tanto che, con il consueto pragmatismo, la marina inglese si accinse a calcolare per ciascun esemplare (battezzato con un proprio nome!) le caratteristiche individuali di stabilità e traiettoria. Pur con queste obiettive difficoltà, il sistema di guida rotta/profondità del siluro («il mio segreto», come lo chiamava Whitehead) non aveva eguali nel mondo, consentendo all'azienda fiumana di costruirsi immediatamente una posizione di predominio sul mercato: a titolo d'esempio, la sola Italia acquistò 1.370 pezzi dal 1879 al 1914; la Francia 289 nel solo 1886. [...] [<562-563>]

L'assetto della Whitehead rimase costante sino al 1946 quando, perduta con l'Istria la sede storica e distrutta la filiale livornese, essa fu rilevata dalla IFI del gruppo FIAT. Il primo dopoguerra fu comunque caratterizzato da frequenti oscillazioni e, in genere, da un'esistenza incerta. La soluzione dei problemi venne infine nel 1974 con la fusione con lo stabilimento Fiat di Marina di Pisa e «la clamorosa espansione delle produzioni subacquee Whitehead-Motofides» nel periodo a cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta (p. 244).

La San Giorgio nacque invece nel novembre 1905 per iniziativa di Attilio Odero che, con le deleghe, controllava il 41,4% del capitale sociale. Il nuovo stabilimento nel comune di Borzoli («anche se in realtà era considerata come facente parte di Sestri Ponente») fu impegnato dapprima in costruzioni automobilistiche. Con la morte del cofondatore ing. Micheli fu cooptato in consiglio l'ing. Arturo Bocciardo, destinato ad uscire dalla San Giorgio solo in seguito al collasso del 1946. Dopo appena due anni di attività una brusca crisi del mercato automobilistico riorientava l'azienda verso le produzioni ferroviarie, incentrate sullo stabilimento di Pistoia. Si manifestava così un ciclo industriale che, tra scorpori, crisi ed abbattimenti del capitale, contrassegnerà l'andamento aziendale sino al 1969, quando l'attività tessile della Nuova San Giorgio passa alla controllata Officine Savio di Pordenone, lasciando la Elsag erede delle tradizioni industriali e, quel che più conta, solida azienda elettronica. La forte verticalizzazione («praticamente tutti i pezzi venivano... costruiti in casa», p. 228), la dipendenza da lavorazioni su commessa, la frammentazione delle produzioni (ben 11 categorie secondo un promemoria IRI del febbraio 1940) costituirono altrettanti punti di debolezza di cui l'azienda si liberò solo faticosamente nel corso degli anni, polverizzando nel frattempo investimenti e capacità in rivoletti non autosufficienti.

Sotto i mari del mondo consiste di due lunghi saggi, scritti in maniera apparentemente indipendente da M. Cattaruzza («Sotto l'egida degli Asburgo. 1875-1918») e A. Casali («Dal primo dopoguerra agli anni Ottanta»). Vi sono inoltre due sezioni fotografiche. L'ampiezza delle fonti pubbliche e private consultate in Italia, Jugoslavia, Austria ed Inghilterra; l'attenzione a tutte le sfaccettature del discorso (militari, economiche, politiche, sociali, tecniche e commerciali); la ricchezza di spunti e notizie; la chiarezza e trasparenza dei giudizi fanno della prima parte il cuore del libro e un valido contributo alla storiografia militare, industriale e fiumana. [...] Le ricostruzioni dell'ingresso degli Orlando (e la «livornesizzazione» dell'azienda), delle controversie tra R. Marina e R. Aeronautica sul controllo dei siluranti, della ripresa produttiva dopo la seconda guerra mondiale raramente si addentrano nello specifico, con un approfondimento limitato quasi sempre ai verbali di consiglio d'amministrazione ed alla rassegna della stampa. Basti evidenziare come, sulla scorta del vecchio libro di Fioravanzo, venga fatto risalire al 1935 il primo esame del problema dei reparti aerosiluranti e del loro controllo – [<563-564>] ignorando l'attività sperimentale condotta a Cadimare dalla 187ª Sq – e all'ordinativo tedesco del 1938 il nuovo interesse italiano – ignorando gli esperimenti di lancio di siluri Whitehead da S.81 condotti nel maggio 1937.

Come il saggio di Casali, anche Dalla San Giorgio alla Elsag si basa principalmente sui verbali del consiglio d'amministrazione, di cui rispecchia al tempo stesso la laconicità e la propensione alle repentine inversioni di tendenza secondo gli umori prevalenti. Le parti migliori del volume – quelle ove si coglie il nesso tra deliberazioni consiliari, capacità tecniche e politica delle commesse pubbliche – riprendono dunque le precedenti ricerche dell'Autore sull'industria bellica ligure. Anche così, tuttavia, il lavoro di Nones rappresenta un significativo passo avanti sul presente Auto, treni, aerei di A. Ottanelli (Pistoia, 1987): basti citare il caso delle centrali di tiro BGS e dei radar «Lince Vicino» e «Lince Lontano»,1 di cui [DA COMPLETARE] 15) sembra rituale e slegato da valutazioni realistiche dell'interesse che la storiografia dimostra per la San Giorgio.

Il testo è corredato da 67 pp. di tabelle su azionisti, consiglieri d'amministrazione, bilanci, valore della lira, e da una mappa sugli impianti produttivi San Giorgio a Borzoli – pur con la sorprendente indicazione nelle piante del 1906 e 1931 di uno «stabilimento aeronautico» (presumibilmente il Cantiere Aeronautico Ansaldo n° 1) che in realtà funzionò solamente dal 1916 al 1918. Alcune imperfezioni si riscontrano anche altrove. Così, ad esempio, riprendendo da Ottanelli la notizia della riparazione di aerei «G.8» a Pistoia, l'Autore chiosa che «Non risultano velivoli con questa sigla» quando di questo biplano d'addestramento Fiat residuano, anche nei testi citati dall'Autore, ampie tracce. L'appendice fotografica («Un'iniziativa ELSAG curata dall'Ing. E. Sparatore») appare quasi un corpo estraneo inserito a forza dall'azienda promotrice del volume: il bombardiere Caproni Ca.5, di cui la San Giorgio avrebbe dovuto produrre 250 esemplari, è didascalizzato come Ca.33; il «reparto montaggio [<564-565>] velivoli... dello stabilimento di Pistoia all'epoca della prima guerra mondiale» ritrae una produzione di SP.2 di cui non v'è cenno nel testo.2



1 "... di radar nel periodo bellico, che include il Gufo costruito dalla SAFAR ed i successivi radar Lince Vicino, Lince Lontano, Folaga, costruiti dalla San Giorgio in collaborazione con Marelli, Allocchio Bacchini e Galileo, nel corso della ricostruzione post-bellica nacquero o si svilupparono in Italia importanti industrie di tecnologia avanzata". G. Galati, "Lo sviluppo del radar in Italia ed all'estero", in Storia delle telecomunicazioni, a cura di V. Cantoni, G. Falciasecca e G. Pelosi, vol. 1 (Firenze : Firenze University Press, 2011), p. 610 Link esterno Google libri.

2 Il saggio di Nones [M. Nones, Dalla San Giorgio alla Elsag. Da grande gruppo meccanico ad industria elettronica avanzata (1905-1969) (Milano, Franco Angeli, 1990) Link esterno FrancoAngeli e OPAC SBN] è alla base della presente sezione di Urania Ligustica; le recensioni di cui è stato oggetto sono, quindi, di particolare interesse.



All'indice    1991    Indicatore di completezza
Storia § ??
L. Tomassini, "Guerra e scienza. Lo Stato e l'organizzazione della ricerca in Italia 1915-1919", Ricerche storiche, 21 (1991), n. 3, pp. 747-802. Link esterno OPAC SBN

Erano invece costituite ed al lavoro commissioni sul tiro di artiglieria, sull'utilizzazione delle ceneri di pirite, sulla potassa, sull'azoto e sullo zinco. Come si vede, cioè, una attività rivolta essenzialmente allo studio del reperimento di materie prime o dei procedimenti industriali sostitutivi105. Simile l'attività del ramo minerario geologico, affidato alla direzione del Millosevich, dedicata soprattutto alla ricerca e al miglior sfruttamento di giacimenti di materiali per usi industriali106. Degna di nota anche l'attività nel ramo della fisica. Lo Surdo lavorò, in stretto contatto con l'Arsenale di Spezia, alla progettazione e sperimentazione di impianti per la individuazione acustica ed ottica dei sommergibili;1 Volterra e Garbasso studiarono i problemi della fonotelemetria e della difesa contraerea;2 sulla fabbricazione di strumenti ottici di precisione per Esercito e Marina furono coinvolte numerose aziende produttrici, quali la Salmoiraghi, la Koritska, la S. Gobain, la S. Giorgio, le Officine Galileo107.

Nel complesso quindi una attività di un certo rilievo; ma in gran parte di medio-lungo periodo, e quindi ancora in gran parte in fase di avvio e di svolgimento pochi mesi prima della fine del conflitto.

Questo ritardo nello sviluppo degli organi centrali di stato incaricati della ricerca, rispetto alle altre realtà europee, appare confermato se si esamina il capitolo relativo agli stanziamenti di bilancio e quindi ai mezzi effettivamente disponibili per realizzare i progetti di ricerca avviati e in corso.

È piuttosto difficile quantificare le risorse disponibili per l'attività dell'UIR [Ufficio Invenzioni e Ricerche], dato che esso non ebbe stanziamenti propri, gestibili direttamente, se non in minima misura.

Naturalmente ciò non significa che non ci fossero spese, e probabilmente [<785-786>] in misura rapidamente crescente; se non altro, la crescita della struttura organizzativa significava automaticamente maggiori risorse impiegate, in misura che qui non siamo in grado di quantificare. Ma si trattava di spese che facevano carico al Ministero della Guerra o, nel periodo in cui fu attivo, a quello delle Armi e Munizioni: senza cioè che vi fosse uno stanziamento in bilancio espressamente dedicato al capitolo ricerca.


105 Può essere interessante notare che il delegato inglese presso l'UIR, Rawes, dava un giudizio sostanzialmente analogo: in una relazione del 28.8.1918, parlando del «ramo scientifico» dell'UIR osservava che «has been greatly developed – its principal work being research – it is pratically a Section which is studying the natural resources of Italy with a view to organised reconstruction and development after the war» (PRO, MUN7, 330). [Nota a pie' di p. 785]

106 Fra questi, il manganese (Liguria, Sardegna, Toscana); il cromo (Rodi e Toscana); il molibdeno (Sardegna e Calabria); il petrolio (Sicilia). [Nota a pie' di p. 785]

107 Relazione Generale dell'Ufficio al SSAM in data 18.6.1918, cit. Da notare anche l'istituzione in questo campo di un laboratorio di ottica e meccanica di precisione a Firenze. Su di esso cfr. Relazione su un istituendo laboratorio di ottica pratica e di meccanica di precisione, redatta da Lo Surdo e datata 26.6.1917, in ACS MAM CCMI, b. 354. Molte utili notizie in proposito, arricchite di dettagli interessanti e curiosi su personalità del mondo scientifico coevo, anche in V. RONCHI, Perché, quando e come... [... nacque l'Istituto nazionale di ottica di Arcetri], cit. [Nota a pie' di p. 785]



1 N. Robotti, "Lo Surdo, Antonino", in Dizionario biografico degli italiani, vol. 66 (Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2006), ad vocem Link esterno Treccani.

2 S. Linguerri, "Vito Volterra al fronte: dall'Ufficio Invenzioni al Consiglio Naqzionale delle Ricerche", Lettera matematica, n. 92 (2015), pp. 58-68 Link esterno MATEpristem.



All'indice    1991    Indicatore di completezza
Storia § ??
A. G. Ricci, F. R. Scardaccione, a cura di, Ministero per le armi e munizioni. Decreti di ausiliarietà / Archivio centrale dello Stato (Roma : Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 1991), pp. 37, 220, 224 Link esterno Biblioteca digitale DGA. Link esterno OPAC SBN

[37>] Busta 1

La busta contiene gli originali dei decreti di ausiliarietà delle ditte, dal n. 1 al n. 296.


Busta 2

DECRETO 1 DEL 4-9-1915

SOC. AN. INDUSTRIALE «SAN GIORGIO»
Stabilimento meccanico (sett. prod. A), Borzoli (GE) [GE] 1


[220>] Busta 23 [...]

DECRETO 255 DEL 12-1-1918

SOC. AN. INDUSTRIALE "SAN GIORGIO"
Stabilimento meccanico (sett. prod. A), Sestri Ponente (GE) [GE] *
Vedi anche decreto 12, Soc. an. italiana Koerting 2


[224>] [segue Busta 23]

DECRETO 261 DEL 26-1-1918

SOC. AN. INDUSTRIALE "SAN GIORGIO"
Stabilimento meccanico (sett. prod. A), Pistoia (FI) [RM]



1 Il fatto che la prima azienda del primo decreto sia stata la San Giorgio non è casuale, come è stato già evidenziato.

2 I riferimenti alla Koerting – azienda assorbita in toto dalla San Giorgio – sono in genere qui omessi, perché tale ramo di produzione non ha riguardato l'ottica.



All'indice    1992    Indicatore di completezza
Storia § ??
M. Doria, P. Hertner, "L'industria elettrotecnica", in Storia dell'industria elettrica in Italia, vol. 1 Le origini : 1882-1914, a cura di G. Mori (Roma-Bari: Laterza, 1992), pp. 586, 592, 594-595 e note a p. 601. Link esterno OPAC SBN

Negli stessi anni muove i suoi primi passi nell'elettromeccanica anche la San Giorgio di Genova57. Costituitasi nel 1905 con un capitale di 3 milioni di lire – tra gli azionisti più forti figurano gli industriali Attilio Odero e Giuseppe Orlando e, in rappresentanza della inglese Napier, Pietro Micheli – per produrre automobili, l'impresa è costretta a diversificare l'attività a causa della crisi che nel 1907 colpisce con particolare durezza il nascente comparto automobilistico. Ci si dedica quindi alla fabbricazione e riparazione di vetture e carri ferroviari e a partire dal 1909 si inizia a lavorare nella meccanica di precisione; nel 1911, con la creazione di un reparto per la costruzione di macchinario elettrico nello stabilimento di Sestri Ponente, si producono macchinari ausiliari di bordo e strumenti per artiglierie. Una scelta assai simile a quella operata un decennio prima dall'Ansaldo – i prevalenti interessi cantieristici di Odero e Orlando ne sono evidentemente la causa – e che darà i suoi frutti negli anni successivi.

Operano fuori dal «triangolo industriale» le Officine Galileo, attive già dalla metà dell'Ottocento, costituitesi come società in accomandita semplice a Firenze nel 1896 su iniziativa dell'Istituto agrario Vegni, che ne è proprietario e che ne affida la direzione a Giulio Martinez58. Questi, appartenente a una famiglia di ufficiali di marina – il padre è ammiraglio – ha lavorato per la Regia Marina nella sua qualità di ingegnere. La Galileo, pur occupando un centinaio di operai ben qualificati, è sino al 1896 «più scuola che stabilimento industriale» [<586-587>] [...].

57 M. Nones, Dalla San Giorgio alla Elsag. Da grande gruppo meccanico ad industria elettronica avanzata (1905-1969), Franco Angeli, Milano 1990, pp. 17 sgg. [Nota a p. 601]

58 Archeologia industriale. Le Officine Galileo. La filigrana, i frammenti, l'oblio, a cura di M. Dezzi Bardeschi e F. Foggi, Alinea Editrice, Firenze 1985, pp. 49 sgg. [Nota a p. 601]


[592>] Hanno poi un certo peso capitali legati a gruppi cantieristici (lo si è visto parlando di Ansaldo, San Giorgio e Galileo), diretti da imprenditori che perseguono, sotto la stessa ragione sociale o per mezzo di partecipazioni azionarie, strategie di integrazione verticale con l'obiettivo di produrre navi da guerra completamente equipaggiate; elemento comune di queste esperienze è l'avere negli elettromeccanismi navali e per le artiglierie la loro principale attività, che dipende direttamente dalle commesse belliche statali.


Se Giuseppe Colombo, protagonista e osservatore delle vicende economiche italiane, può compiacersi per la vivace presenza di aziende elettrotecniche quali Belloni-Gadda, Brioschi-Finzi, Tecnomasio e Savigliano all'Esposizione industriale di Torino del 189879, il comparto conosce poi, o subisce, una dolorosa ristrutturazione, frutto [<594-595>] di assestamenti fisiologici nella crescita, da un lato, e della aggressiva concorrenza estera dall'altro. Una ristrutturazione che porta alla scomparsa di talune imprese e alla organizzazione su nuove basi di altre. Lo sviluppo è costante, sebbene si avvertano periodicamente le ripercussioni delle crisi del settore a livello internazionale o della negativa congiuntura economica del paese: così avviene nel 1901, ne fa le spese la Tecnomasio, e nel 1907, allorché Galileo e San Giorgio devono ridefinire la propria strategia.1



1 .



All'indice    1992    Indicatore di completezza
Storia § 25
G. Bolognesi, "Fotografia", in Enciclopedia Italiana : V Appendice (Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1992), ad vocem Link esterno Treccani. Link esterno OPAC SBN

Ottica. – L'ottica è più antica della fotografia, ma solo nella seconda metà del 19° secolo si comincia a parlare di obiettivi dedicati alla ripresa, inducendo i progettisti a studiare obiettivi più luminosi e più corretti. La fotografia ha infatti requisiti più severi di quelli che sono richiesti dalla produzione ottica convenzionale.

Fin dall'inizio del 20° secolo la progettazione aveva raggiunto traguardi notevoli; il Tessar – l'occhio d'aquila – è del 1902, e nel 1925 era disponibile sul mercato una fotocamera con un obiettivo f/1,8. Il tutto, però, avveniva attraverso un processo estremamente laborioso, soprattutto nello sviluppo delle tabelle necessarie alla produzione di serie. Questo stadio richiedeva infatti un lavoro misurabile in anni-uomo, per un obiettivo di media complessità. Tale lentezza è rimasta praticamente inalterata fino all'avvento degli elaboratori, alla metà degli anni Cinquanta. È il momento del Giappone e dei lotti di produzione di 100.000 pezzi, con il conseguente abbattimento dei costi.

Ai tempi della seconda guerra mondiale i Tedeschi detengono ancora il primato tecnologico; hanno scoperto i trattamenti antiriflettenti 1 e sono forti di una scuola ottica-fotografica che genera tecnici capaci di costruire obiettivi tanto raffinati, da farli usare nei rilievi fotogrammetrici da bordo delle fortezze volanti USA, nel corso della seconda guerra mondiale. Con gli anni Cinquanta si afferma la produzione giapponese, e solo con un certo ritardo la Germania imbocca la strada della massima sofisticazione, nella quale le quantità prodotte non sono tanto elevate da costituire un'attrattiva sufficiente per l'industria nipponica, conscia, fra l'altro, della maggior esperienza e tradizione tedesca. La ricerca tedesca è in ogni caso all'avanguardia: C. Zeiss ed E. Leitz continuano a percorrere strade innovative, ma la tecnologia giapponese insegue sempre più da vicino, fino a muoversi in direzioni originali. La ricerca di soluzioni al problema dell'elevata luminosità trova Tedeschi e Giapponesi su diverse posizioni: i primi studiano vetri con proprietà avanzate (alti indici di rifrazione, per poter usare lenti a maggior raggio di curvatura, intrinsecamente più corrette); i secondi optano per le lenti asferiche, che correggono le aberrazioni modificando il profilo di curvatura del diottro.



1 Una sintesi così estrema da costituire un giudizio lapidario: si consideri che è dovuta ad un tecnico, Giampaolo Bolognesi, che conosceva assai bene l'argomento trattato Link esterno Gruppo Rodolfo Namias (esistente l'8/8/2020).



All'indice    1993    Indicatore di completezza
Storia § ??
G. L. Balestra, "La San Giorgio. La chance della meccanica di precisione", Italia contemporanea, n. 190 (1993), pp. 173-181 Link esterno Istituto Nazionale Ferruccio Parri File pdf. Link esterno OPAC SBN

[Vari interessanti suggerimenti consigliano la lettura integrale di questa lunga recensione di: M. Nones, Dalla San Giorgio alla Elsag. Da grande gruppo meccanico ad industria elettronica avanzata (1905-1969) (Milano, Franco Angeli, 1990). Il volume è in parte dedicato a una serie di articoli sull'industria bellica italiana dal 1861 al 1945, a cura di P. Ferrari.

Si noti la meritoria condivisione online di tutti i numeri della rivista Link esterno Italia contemporanea da parte dell'Istituto Nazionale Ferruccio Parri].



All'indice    1994    Indicatore di completezza
Storia § ??
P. Rugafiori, "Ascesa e declino di un sistema imprenditoriale", in La Liguria, a cura di A. Gibelli e P. Rugafiori; fa parte di Storia d'Italia : Le regioni dall'Unità a oggi (Torino, G. Einaudi, 1994), pp. 242, 245, 287, 288, 303, 308, 313, 316, 325. Link esterno OPAC SBN

Inoltre sembra emergere una diversità di comportamenti tra i protagonisti al centro delle vicende ternane, con Odero, più prudente e attento a nuove attività – è il caso della San Giorgio a Sestri Ponente – e alla gestione dei cantieri, e Orlando, coinvolto nella guida di Terni e nei rapporti con [<287-288>] lo Stato, mentre rimangono da chiarire le relazioni degli «industriali» con giocatori di borsa alla Scartezzini, non senza dimenticare che la speculazione sovente accompagna e non contraddice l'impegno nell'industria67.

In realtà il caso Terni pone una questione di carattere generale su cui interrogarsi e tuttora irrisolta, attinente in primo luogo al profilo degli industriali genovesi, o perlomeno di quei loro esponenti più rappresentativi in posizioni di comando nei settori protetti, siderurgico, cantieristico, zuccheriero, molitorio, e cioè se e fino a qual punto si siano davvero consolidate in Liguria esperienze e culture imprenditoriali dell'industria legittimatesi nell'esercizio di attività produttive come primaria occasione di profitto in rapporto con il mercato.

La prevalente origine commerciale e armatoriale degli esponenti più dinamici può aver condizionato le esperienze industriali successive e mantenuto vivo l'intreccio tra un'attenzione, potenzialmente innovatrice, al controllo integrale del ciclo della nave, una visione d'insieme, di ampio respiro, dei flussi di risorse e prodotti, e un approccio di natura finanziaria, quando non speculativa, lontano dalla dimensione organizzativa e tecnico produttiva intesa quale sede prioritaria dell'attività industriale d'impresa68.

67 Sul ruolo di Odero e Orlando alla Terni cfr. Bonelli, Lo sviluppo di una grande impresa cit., pp. 92-93, mentre per Odero e la San Giorgio si veda M. Nones, Dalla San Giorgio alla Elsag, Milano, 1990. [Nota a pie' di p. 288]

68 Il profilo degli imprenditori meccanici e siderurgici genovesi trova riscontro nel tipo di imprenditore «fondatore di imperi» che, come scrive Penrose, «delega ad altri ... miglioramento e sviluppo della produzione ... perché è molto più interessato all'allargamento del raggio di azione della sua impresa tramite l'eliminazione dei concorrenti con mezzi diversi dalla concorrenza di mercato ... forte istinto per le manovre finanziarie ... soprattutto un politico ed uno stratega». Cfr. Penrose, La teoria dell'espansione cit., p. 60. [Nota a pie' di p. 288]


[303>] Dopo un tentativo di salvare l'impero di Bondi tramite il sostegno e la supervisione della Banca d'Italia e delle banche creditrici, l'Ilva viene «consegnata» alla Comit, che provvede in modo nuovo, delimita i confini di intervento dell'impresa e sceglie il top management. Toeplitz, amministratore delegato della banca, costringe alle dimissioni il vecchio gruppo dirigente e organizza la sistemazione dell'Ilva, affidata a uomini di fiducia provenienti dall'entourage di Attilio Odero, come Arturo Bocciardo, figlio di un industriale conciario genovese, ingegnere elettronico,1 amministratore delegato della San Giorgio, delle Ferriere di Voltri, e dal 1921 anche della Terni95.

95 Cfr. Carparelli, I perché di una «mezza siderurgia» cit., passim. [Nota a pie' di p. 303]


[313>] I managers dell'Iri e Agostino Rocca hanno saputo trovare utili alleati negli industriali genovesi e delegano loro i rapporti con le autorità politiche ed economiche locali, mentre incontrano pesanti e decisivi ostacoli nei nuclei imprenditoriali forti, nei grandi gruppi meccanici e siderurgici privati padani, milanesi e torinesi, Falck e Fiat in testa, ostacoli che spingono Rocca a un tentativo di accordo con la Fiat per la gestione di Cornigliano, tra il 1941 e il 1942, anche qui su una linea ripresa da Sinigaglia dopo la fine della guerra.

Al contrario, il gentlemen agreement stabilito con Bocciardo, Piaggio e Bruzzo, se da un lato conferma una precisa volontà dell'Iri, e di Rocca in particolare, di non intralciare, ove possibile, gli interessi privati locali – come in San Giorgio, Terni e Oto, dove di fatto l'Iri non esercita fino in fondo il controllo consentitogli dalla consistente partecipazione azionaria in suo possesso – d'altro canto prende atto della situazione ligure in cui i rapporti di forza tra i comparti pubblico e privato giocano ormai a favore del primo e per di più nell'ambito di una consonanza di interessi resa possibile dalla [...]


[316>] Ben diversa [rispetto alla siderurgia] è la situazione della meccanica, dove, per almeno un decennio, si registrano gravi difficoltà a delineare una coerente strategia di intervento e di sviluppo all'altezza delle questioni sul tappeto.

Concluso senza scelte definite il periodo della ricostruzione, quando, come nel caso di stabilimenti dell'Ansaldo passati a produzioni trattoristiche e ferroviarie, i tentativi di conversione sono frutto di iniziative locali, a volte tanto meritevoli e giustificate quanto abbandonate a se stesse, i nodi dell'assetto da dare al polo ligure della meccanica Iri vengono affrontati a partire dal 1949, dopo che l'anno prima è stata costituita la finanziaria di settore, la Finmeccanica.

Si avvia una fase di ristrutturazione continua, lunga e dolorosa per la progressiva perdita di posti di lavoro, con al centro le principali società operanti in Liguria e in particolare l'Ansaldo e la San Giorgio, definitivamente acquisita dall'Iri nel 1946, quando le due aziende da sole occupano circa 40 000 lavoratori.

Le direttrici di marcia della ristrutturazione rispondono all'obbiettivo di concentrare in Ansaldo le produzioni attinenti alla cantieristica di questa società, della San Giorgio e di Odero-Terni-Orlando, tramite lo scorporo delle unità produttive non legate alla navalmeccanica e la costituzione di società distinte, specializzate in singoli comparti produttivi, ma sovente destinate a vita stentata e a cessare l'attività, non sempre per carenza di mercato, a riprova del fatto che le complicate vicende produttive e societarie delle diverse aziende hanno spesso esiti negativi, in un groviglio di scorpori e riaccorpamenti.


[325>] Attilio Odero muore nel 1945, senza figli, e lascia il cospicuo patrimonio a una fondazione, ben lontana dal gestire in chiave imprenditoriale un lascito forse ancora ricco di partecipazioni azionarie, solo parzialmente liquidate nel dopoguerra, come la San Giorgio, venduta all'Iri nel 1946131.

Sempre nell'immediato dopoguerra, Arturo Bocciardo si allontana dalla grande scena industriale e riduce i suoi interessi all'antica conceria di famiglia, sebbene uscito indenne da inchieste e processi per collaborazionismo con il regime132.

131 Cfr. Nones, Dalla San Giorgio alla Elsag cit., passim. [Nota a pie' di p. 325]

132 Cfr. Bonelli, «Bocciardo, Arturo» cit. [Nota a pie' di p. 325] 2



1 Bocciardo "studiò a Torino, dove si laureò in ingegneria industriale e si perfezionò in ingegneria elettrotecnica" (non elettronica, ovviamente): F. Bonelli, "Bocciardo, Arturo", in Dizionario biografico degli italiani, vol. 11 (Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1969), ad vocem Link esterno Treccani.

2 Il contributo di Rugafiori, alle pp. 257-336, è stato in buona parte ripreso nel suo: Imprenditori e manager. Industria e stato in Italia, 1850-1990 (Milano : Unicopli, 1995).

Pare di interesse anche il contributo precedente nello stesso volume: L. Garibbo, "I ceti dirigenti tra età liberale e fascismo", pp. 219-256; vi si cita, infatti, M. Nones, Dalla San Giorgio all'Elsag. 1905-1969, Milano 1990, nelle note 38, p. 242, e 43, p. 245.



All'indice    1995    Indicatore di completezza
Storia § ??
P. Rugafiori, Imprenditori e manager. Industria e stato in Italia, 1850-1990 (Milano : Unicopli, 1995), pp. 48, 60, 65, 66, note alle pp. 77, 80. Link esterno OPAC SBN

[48>] Inoltre sembra emergere una diversità di comportamenti tra i protagonisti al centro delle vicende ternane, con Odero, più prudente e attento a nuove attività – è il caso della San Giorgio a Sestri Ponente – e alla gestione dei cantieri, e Orlando, coinvolto nella guida di Terni e nei rapporti con lo Stato, mentre rimangono da chiarire le relazioni degli "industriali" con giocatori di borsa alla Scartezzini, non senza dimenticare che la speculazione sovente accompagna e non contraddice l'impegno nell'industria.13

13 Sul ruolo di Odero e Orlando alla Terni cfr. F. Bonelli, Lo sviluppo di una grande impresa, cit., pp. 92-93, mentre per Odero e la San Giorgio si veda M. Nones, Dalla San Giorgio alla Elsag, Franco Angeli, Milano 1990. [Nota a p. 77]


[60>] [...] Toeplitz, amministratore delegato della banca, costringe alle dimissioni il vecchio gruppo dirigente e organizza la sistemazione dell'llva, affidata a uomini di fiducia provenienti dall'entourage di Attilio Odero, come Arturo Bocciardo, figlio di un industriale conciario genovese, ingegnere elettronico,1 amministratore delegato della San Giorgio, delle Ferriere di Voltri, e dal 1921 anche della Terni.9

Nel caso dell'Ilva, con Odero e Bocciardo, riemergono dunque i protagonisti del duro scontro esploso all'interno del fronte padronale già a partire dagli anni della guerra.

7 Cfr. M. Nones, Dalla San Giorgio alla Elsag, cit. [Nota a p. 80]

8 Per la produzione elettromeccanica dell'Ansaldo si veda M. Doria, Una via nazionale all'industrializzazione: l'Elettrotecnico Ansaldo dall'inizio del secolo alla seconda guerra mondiale, in "Annali di storia dell'impresa", 1988, n. 4, pp. 181-210. [Nota a p. 80]

9 Sull'articolazione dei poteri in seno al gruppo Iri nel primo decennio di attività manca a tutt'oggi una ricerca organica, tale da verificare nel concreto la tesi di un Istituto che lascia mano libera alle imprese controllate, come emerge, per esempio, in G. Gualerni, Industria e fascismo, Vita e Pensiero, Milano 1976, passim. Per il settore siderurgico si vedano i saggi di Bonelli, Carparellio, Pozzobon e Rugafiori in Acciaio per l'industrializzazione, cit., che individuano forti tensioni interne alle tecnostrutture pubbliche, mentre sul sistema imprenditoriale di Stato rimangono centrali i contributi, anche di bilancio storico, di Pasquale Saraceno, a partire dal classico Il sistema delle imprese a partecipazione statale nell'esperienza italiana, Giuffrè, Milano 1975. [Nota a p. 80]


E Arturo Bocciardo continua ad avere un ruolo di rilievo, sebbene meno attivo di un tempo, anche nella San Giorgio, l'impresa in cui ha fatto le prime esperienze dirigenziali – con stabilimenti a Pistoia, Sestri Ponente e dal 1923 a Rivarolo, quando ha incorporato le Officine elettromeccaniche dei Piaggio – un'azienda in fase di ulteriore sviluppo negli anni venti, tramite la diversificazione delle caratteristiche produzioni elettromeccaniche e ottiche.

La San Giorgio offre un caso, raro nell'area ligure, del tentativo, riuscito, di allargare il ventaglio produttivo a nuove lavorazioni di buon contenuto tecnologico e potenziali innovazioni di prodotto, con particolare attenzione all'elettromeccanica, come avviene anche per l'Ansaldo, dove si raccoglie almeno una delle eredità [<65-66>] perroniane negli stabilimenti elettrotecnici della Valpocevera, già adibiti alla costruzione di artiglierie.2



1 È il caso di ribadire: Bocciardo "studiò a Torino, dove si laureò in ingegneria industriale e si perfezionò in ingegneria elettrotecnica" (non elettronica, ovviamente); F. Bonelli, "Bocciardo, Arturo", in Dizionario biografico degli italiani, vol. 11 (Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1969), ad vocem Link esterno Treccani.

2 Si confronti quanto estratto dal lavoro precedente dell'autore: P. Rugafiori, "Ascesa e declino di un sistema imprenditoriale", in La Liguria, a cura di A. Gibelli e P. Rugafiori; fa parte di Storia d'Italia : Le regioni dall'Unità a oggi (Torino, G. Einaudi, 1994), passim.



All'indice    1995    Indicatore di completezza
Storia § ??
F. R. Scardaccione, a cura di, Ministero per le armi e munizioni. Contratti / Archivio centrale dello Stato (Roma : Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 1995), p. 371 Link esterno Biblioteca digitale DGA. Link esterno OPAC SBN

2.761.

8 lug. 1919, scad. ott. 1918
Soc. an. industriale «San Giorgio», Sestri Ponente (GE) - Officina di costruzione di Genova
n. 4.000 granate ghisa acciaiosa da 210 1



1 Pertiene ai vari ordini di questo genere stipulati con la Koerting, assorbita dalla San Giorgio il 19 novembre 1917: Nones (1990), pp. 46-47.

Si confrontino i contratti stipulati nello stesso periodo con le Officine Galileo e il Laboratorio di precisione di Roma: 14/4/1917, n. 150 teodoliti speciali per tiro contraerei (p. 162); 11/10/1917, n. 150 telemetri monostatici (p. 232); 11/10/1917, n. 10 telemetri monostatici (p. 232); 17/8/1918, n. 120 teodoliti speciali (p. 312).



All'indice    1995    Indicatore di completezza
Storia § ??
G. Franchini, "L'Ansaldo alla Spezia nel primo ventennio del Novecento", in Tra Lombardia e Ticino : studi in memoria di Bruno Caizzi, a cura di R. Ceschi e G. Vigo (Bellinzona : Casagrande, 1995), pp. 362-365 Link esterno Google libri. Link esterno OPAC SBN

Dalla Fiat San Giorgio all'Ansaldo San Giorgio

L'ingresso in forze dell'Ansaldo nel tessuto industriale cittadino avviene nel febbraio del 1917 con l'acquisto del pacchetto azionario di controllo della Fiat San Giorgio. Nel 1905, nel pieno di una fase di grande espansione delle attività collaterali, la società automobilistica torinese aveva costituito la Fiat Muggiano acquistando un'area nel cantiere spezzino con lo scopo di produrre "battelli automobili" di uso civile, ben presto abbandonato a favore della costruzione di sommergibili, un prodotto nuovo, al quale l'interesse crescente delle Marine militari e i perfezionamenti di recente realizzati in Italia aprivano promettenti prospettive di sviluppo.

Nel giro di un anno la Fiat Muggiano aveva lasciato il posto ad una nuova società, la Fiat San Giorgio, a cui partecipavano in maniera paritaria la Fiat e la San Giorgio, Società Anonima italiana per la costruzione di Automobili Terestri e Marittimi, sorta a Genova nel pieno del boom automobilistico e controllata da Attilio Odero17.

La Fiat San Giorgio era uno dei punti in cui le linee di espansione della Fiat, che si andava orientando in misura crescente verso il mercato delle commesse belliche, intersecavano l'area di interessi dominata dalla Terni e dai maggiori gruppi della cantieristica ligure. Il raggiungimento di un accordo tra liguri e piemontesi era chiaramente rivelato dalla composizione del suo consiglio di amministrazione in cui sedevano gli esponenti di maggior rilievo dei due gruppi: presidente era il numero uno della Terni, Giuseppe Orlando, vicepresidente Dante Ferraris, il dirigente della Fiat maggiormente legato agli interessi siderurgici e militari, presidente della Lega industriale di Torino, futuro uomo di punta dell'interventismo piemontese e futuro dirigente della mobilitazione industriale; ad essi si affiancavano Eugenio Pollone, esponente della Comit e membro del consiglio di amministrazione [<362-363>] della Terni e della Fiat, Arturo Bocciardo amministratore della San Giorgio e futuro dirigente Terni, Attilio Odero e Giovanni Agnelli18.

Un altro elemento che merita di essere sottolineato è la provenienza militare dei brevetti e dei quadri direttivi del cantiere. I sommergibili messi in produzione erano infatti varianti di un modello a scafo semplice o a doppio scafo parziale, progettato dall'ing. Cesare Laurenti, capitano del Genio navale e adottato negli anni precedenti dalla Marina italiana19. I prototipi erano stati costruiti tra il 1902 e il 1903 nell'arsenale di Venezia sotto la direzione del progettista che, seguendo un percorso molto comune tra i tecnici militari nel primo decennio del Novecento, era poi passato alle dipendenze dell'industria privata, assumendo la direzione tecnica del cantiere della Fiat San Giorgio. Anche il direttore degli uffici commerciali proveniva dalla carriera militare20. Alla produzione del cantiere si aggiungeva quella delle Officine meccaniche di Torino, che fabbricavano i motori a combustione interna a due tempi montati sui sommergibili.

Le buone qualità nautiche dei battelli di tipo Laurenti e le prestazioni dei motori Fiat21 erano tra le cause della notevole affermazione dell'impresa sui mercati esteri. Le ordinazioni si erano intensificate soprattutto dopo la traversata del Hvalen, un sommergibile di 185 t di dislocamento, ordinato dalla Marina svedese, che nel 1906 aveva percorso il tragitto di 4000 miglia tra La Spezia e Stoccolma «con i suoi soli mezzi, senza scorta alcuna, sopportando il mare burrascoso nel golfo di Biscaglia e non riportando il ben che minimo inconveniente»22.

Tra il 1907 e il 1913 erano stati venduti brevetti e sommergibili alle marine di Svezia, Danimarca, Brasile, Portogallo, Inghilterra e Stati Uniti.1 Nel [<363-364>] 1914 era in lavorazione sugli scali un grande esemplare di 730 tonnellate di dislocamento, ordinato dalla Germania, e la produzione per l'estero non si era arrestata neanche negli anni della guerra, durante i quali la Fiat San Giorgio aveva fornito unità subacquee e motori a Spagna, Giappone, Russia ed Inghilterra, riuscendo anche a consegnare al Brasile la grande nave appoggio Cearà, costruita per seguire una squadra di sommergibili in missione e dotata di attrezzature per il salvataggio e di un bacino di riparazione.

Nel 1913 la Fiat aveva acquisito il controllo maggioritario della Società e promosso un ulteriore programma di investimenti. Il cantiere era stato ingrandito fino a comprendere la parte più antica del Muggiano, dove erano iniziati grandi lavori di adattamento; le Officine di Torino avevano aggiunto al nucleo più antico dello stabilimento un salone attrezzato per la costruzione dei più grandi motori navali23.

Dopo lo scoppio delle ostilità cantiere e officine avevano lavorato a pieno ritmo per la guerra.

L'occupazione nel cantiere di maestranze d'ambo i sessi era salita dalle 1025 unità nel settembre 1914 alle 3955 del giugno 1916. Il grosso della produzione era costituito da forniture alla Marina: sommergibili per la difesa costiera ravvicinata, sottomarini da 750 t per l'offesa lontana, navi di trasporto a vapore e con motori a combustione interna. Si costruivano anche carri ferroviari per il trasporto di cannoni e si eseguivano lavori per conto di stabilimenti elettrosiderurgici della Liguria e del Piemonte.

Per parte loro le Officine di Torino, tra l'agosto 1914 e il 1917 aumentarono l'organico da 900 a 3041 unità fra operai, donne e manovali, e riuscirono a fabbricare 142 grandi motori Diesel per navi e sommergibili. Lavorarono su commessa per la Fiat fornendole parti fuse di vetture, camion e tanks e più di 76.000 cilindri per i motori da 600 HP. Anch'esse si dedicarono a lavorazioni lontane dalla produzione principale, fabbricando compressori d'aria, lanciasiluri, torpedini e congegni per artiglierie24.

La cessione della Fiat San Giorgio all'Ansaldo nel marzo del 1917 si colloca da un lato nel grandioso programma di crescita di scala e di diversificazione polisettoriale tentato dall'Ansaldo negli anni di guerra e dall'altro all'interno dei conflitti che si scatenano tra i maggiori gruppi industriali italiani, intenti ad accappararsi le risorse messe a disposizione dalla guerra e [<364-365>] contemporaneamente a definire confini, aree di intervento e linee di sviluppo per il dopoguerra.


17. M. Nones, Dalla San Giorgio alla Elsag. Da grande gruppo meccanico ad industria elettronica avanzata, Milano 1990, 17-35. [Nota a pie' di p. 362]

18. Credito italiano, Notizie statistiche sulle principali Società italiane per azioni, Roma 1912, 389. Sulle attività intraprese dalla Fiat San Giorgio si veda V. Castronovo, G. Agnelli, Torino UTET 1970, 38, 81-83, 88-93, 100. [Nota a pie' di p. 363]

19. Notizie sulle caratteristiche dei sommergibili di tipo Laurenti in Ufficio storico della Marina, I sommergibili italiani 1895-1962, a cura di P.M. Pollino, Roma 1963, 12-13, 38-72. [Nota a pie' di p. 363]

20. Che le industrie belliche rappresentassero «un punto d'arrivo per i medi ed alti ufficiali ed ingegneri che si erano occupati da posti di responsabilità della progettazione e della produzione di materiali», è documentato, sulla scorta di inchieste ufficiali da P. Ferrari, La produzione di armamenti in età giolittiana, «Italia contemporanea», 162, marzo 1986, 113-137. Le imprese private potevano così disporre di personale al corrente delle caratteristiche dei materiali richiesti dai militari e dotato di reti di relazioni quanto mai utili. [Nota a pie' di p. 363]

21. La qualità dei motori Fiat è attestata in una relazione inviata a Mario Perrone nel gennaio 1912 dal rappresentante dell'Ansaldo alla Spezia che, dopo aver svolto un'accurata inchiesta tra comandanti e ufficiali in servizio sui sommergibili, afferma la loro superiorità sui motori fabbricati dalle ditte MAN di Norimberga e Sulzer di Winterthur (Archivio storico Ansaldo, Archivio Perrone, Serie Miscellanea – d'ora in poi: ASA, AP, SS Misc –, 30/2). [Nota a pie' di p. 363]

22. Archivio storico Ansaldo, Archivio Perrone, Serie Scatole Numero Blu (d'ora in poi ASA, AP, SSNB), 314/8. [Nota a pie' di p. 363]

23. ASA, AP, SSNB, 314/8 e 532/13bis. [Nota a pie' di p. 364]

24. Sulla produzione bellica del cantiere: ASA, AP, 532/10; su quella delle Officine meccaniche di Torino: ASA, AP, SSNB/513bis. [Nota a pie' di p. 364]



1 La recensione che segue è tratta da Engineering News, 64 (1910), [numero da definire], p. 95.
"The Beach and Ball American Laurenti Co., Paper; 9% x 12 Sts., Philadelphia, Pa. ins.; pp. 31; illustrated.
This contains photographs and descriptions of the Laurenti type of submersible torpedo boats built by the Fiat san Giorgio Co., of Spezia, Italy. Introductory paragraphs explain the probable value of the submarine in naval warfare, and distinguish between the submersible and the submarine types. The submersible has a hull shaped more nearly like an ordinary surface hull than like the cigar-shaped hull of the usual type of submarine. This feature is said to give the submersible boat greater speed and cruising radius while running at the surface".



All'indice    1996    Indicatore di completezza
Storia § ??
E. Capannelli, E. Insabato, a cura di, Guida agli archivi delle personalità della cultura in Toscana tra '800 e '900. L'area fiorentina (Firenze : L. S. Olschki, 1996), pp. 532-534. Link esterno OPAC SBN

RONCHI, Vasco (1897-1988)

Proprietà: Eredi Ronchi Rositani Lucia e Ronchi Abbozzo Laura; conservato presso la Fondazione "Giorgio Ronchi", via S. Felice a Ema 20, 50125 Firenze.
Accessibilità: Non accessibile.1

Note sul Fondo: Pervenuto alla morte dello scienziato alla Fondazione da lui intitolata al figlio Giorgio, prematuramente scomparso. Attualmente la documentazione è inaccessibile in quanto sistemata in una cassa ed in due armadi, per un totale di ca. 18 metri lineari; priva di ordinamento e di inventario, ne è stato redatto un elenco sommario facente riferimento ai fascicoli, formati senza distinzione di tipologia documentaria. [<532-533>]

Note biografiche: V. R. nacque a Firenze nel 1897. Laureato in Fisica alla Scuola Normale Superiore di Pisa, fu insignito della medaglia d'onore nella Prima guerra mondiale. Durante la guerra aveva notato le gravi deficienze dell'industria italiana nel campo dell'ottica e della meccanica di precisione. Insieme ad altri fisici fondò un laboratorio per gli studi di ottica e di meccanica di precisione, che presto diventò l'Istituto Nazionale di Ottica a cui parteciparono il governo italiano e l'industria privata. Tutta la carriera di V. R. ebbe lo scopo principale di diffondere la conoscenza dell'ottica in tutti i campi dell'attività umana: nell'industria, nella medicina, nel commercio e negli studi accademici. A lui si deve il "Ronchi test", fondamentale sistema di collaudo della qualità dei sistemi ottici. I suoi studi si concentrarono anche sulla storia dell'ottica, tra cui si ricordano quelli più noti su Galileo e Torricelli. Dal 1956 al 1970 fu Presidente dell'Union Internationale d'Histoire et Philosophie des Sciences. Si dedicò, inoltre, alla speculazione filosofica sulla natura dell'ottica che lo ha portato a mettere in evidenza la differenza fra la scienza della radiazione e la scienza della visione, teoria successivamente pubblicata nel suo ultimo libro La genesi del mondo apparente. Nell'estate del 1944 perse l'unico figlio maschio, ucciso a 13 anni da una granata tedesca; in sua memoria creò la Fondazione «Giorgio Ronchi», i cui atti ancor oggi attivamente pubblicati costituiscono un fondamentale punto di riferimento negli studi di ottica. Nel 1975 V. R. si ritirò dalla direzione dell'Istituto Nazionale di Ottica che aveva creato nel 1926. Ricevette numerosi riconoscimenti sia in campo scientifico che civile, fra cui si ricordano le nomine a Grand'ufficiale (1950), Cavaliere di Gran Croce al Merito della Repubblica Italiana (1975) ed inoltre numerosi riconoscimenti internazionali fra cui quello di Chevalier della Legion d'Honeur, avuto dal governo francese e quello di Emeritus Fellow of the Optical Society of America. Ha pubblicato circa trenti testi e un migliaio di studi riguardanti l'ottica. È morto a Firenze il 31 ottobre del 1988.

Descrizione del Fondo

La documentazione si presenta ordinata dalla signora Laura Ronchi Abbozzo; sulla coperta di ogni fascicolo sono indicati sommariamente gli argomenti e gli estremi cronologici.

Corrispondenza: Il Fondo presenta più fascicoli di carteggio intrattenuto da V. R. con corrispondenti italiani e stranieri ed in particolare i fascicoli 6-7, 10-11, 43, 45, 47, 50, 60-62 (1926-1988).

Atti e documenti: Si tratta di documentazione varia riguardante in parte l'attività di ricerca (questioni di ottometria, rapporti con il C.N.R., la Fondazione Ignazio Porro e altri istituti) e quella di consulenza scientifica prestata da V. R. a varie aziende ed enti (Officine Galileo, La Filotecnica, O.C.I.P., Saint-Gobin, Officine San Giorgio, S.A.I.V.O., il Ministero della Guerra, l'Istituto Nazionale di Ottica).[<533-534>] Mescolata a questa si trova documentazione privata, come le questioni per l'eredità di Curzio Malaparte e l'amministrazione dei beni familiari per un totale di 60 fascicoli (1927-1987).

Manoscritti: Dattiloscritti, suddivisi per anno, di testi e di interventi o contributi di V. R. (esiste un elenco in ordine cronologico).

Materiale grafico e iconografico: Si conservano vetrini, diapositive e foto riguardanti la ricerca ottica.

Biblioteca: La biblioteca, conferita alla Fondazione Giorgio Ronchi, è dislocata in più vani della abitazione della signora Ronchi Abbozzo. È stato compilato un elenco.

Bibliografia: V. Ronchi, My life, in Atti della Fondazione Giorgio Ronchi, XLIII, n. 6 (1988).2



1 A quanto pare il Fondo è tuttora inaccessibile, sebbene sia stato trasferito all'Archivio di Stato di Firenze Link esterno SIUSA (situazione del 5/8/2020).

2 La scheda è firmata "R. P.": Maria Rosaria Piccolo (cfr. Ibidem, p. 32).



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Storia § ??
N. Arena, L'aeronautica nazionale repubblicana : la guerra aerea in Italia : 1943-1945 (Parma : Albertelli, 1996), pp. [DA COMPLETARE]. Link esterno OPAC SBN

L'industria di precisione aveva prodotto apparati RT [radiotelegrafici], collimatori, goniometri, radio-localizzatori nella misura del 75% della sua potenzialità produttiva (Microtecnica, IMCA, Allocchio Bacchini, Ducati, S. Giorgio, Salmoiraghi, Fiar, Galileo, Marelli).


Quest'ultima operazione doveva però necessariamente avvenire su pista bitumata; carenatura dell'alloggiamento del ruotino; sistemazione sotto il ventre della fusoliera di due mensole con attacchi per il fissaggio del siluro, modifica del pannello della strumentazione nell'abitacolo di guida e registrazione del collimatore S. Giorgio per le operazioni di lancio.


Scattano gli interruttori dei collimatori S. Giorgio, via la sicura delle armi e spostamento laterale a quota 9500, quasi sulla trasversale dei bombardieri.


Rapida ricerca sul quadrante del S. Giorgio del punto vulnerabile del grosso bombardiere, poi scelta finale del tratto alare situato fra il motore interno e la fusoliera.1



1 Si tratta di una ristampa della seconda edizione, dopo quella dell'anno precedente. La prima edizione, in due volumi, è apparsa nel 1974-1975 Link esterno OPAC SBN.



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Storia § 32
Agenzia per lo Sviluppo Tecnologico dell'Emilia Romagna, I prodotti software ed i servizi a valore aggiunto per l'Electronic Data Interchange in Italia: funzionalità e caratteristiche tecniche (Bologna : ASTER, 1996), pp. 34-35. Link esterno OPAC SBN

4.1.3. EDMOND S.p.A.

Per ricostruire la storia di Edmond S.p.A. occorre risalire al 1905, anno in cui nasce a Genova la "Società Industriale San Giorgio" per la costruzione di automobili terrestri e marittimi. Essa, dopo pochi anni, si concentra nella meccanica di precisione, nell'elettromeccanica e nell'ottica. [<34-35>]

Nel 1956 la "Nuova San Giorgio" progetta un calcolatore analogico per le centrali di tiro delle moderne corvette.1 Da questa società prende vita nel 1969 la "Elettronica San Giorgio-Elsag" che diversifica le sue attività affermandosi anche nel settore civile con le linee di produzione dei controlli numerici per macchine utensili, delle macchine e degli impianti di meccanizzazione postale e, successivamente, dei sistemi di regolazione. Tra il 1989 ed il 1990 Elsag concentra la propria attività nel settore automazione e sancisce la trasformazione attraverso la fusione con l'acquisita Bailey, diventando così Elsag Bailey.

Il passaggio al settore della telematica avviene nel 1987, quando ad Elsag Bailey viene affidato dalle Poste Italiane il progetto di realizzazione e commercializzazione del sistema nazionale di posta elettronica Pt-Postel.

Nel corso del 1993 prende le mosse il progetto Edmond, per operare nel mercato globale della comunicazione aziendale e della gestione documentale e nel 1994 nasce la società autonoma Edmond S.p.A., il cui controllo è affidato a Elsag Bailey con la partecipazione di alcune società private.

I prodotti della società Edmond, basati sulle più diffuse tecnologie, piattaforme e software, standard e/o protocolli di riferimento, sono raggruppabili per aree omogenee in termini di funzionalità: office, stampa, comunicazione, sicurezza, EDI, archiviazione ottica, consulenza e servizi.

In relazione alla complessità e/o alle modalità di implementazione dei prodotti, il catalogo Edmond è articolato secondo tre diverse tipologie d'uso:

  • prodotti del tipo "autoinstallante" che non richiedono competenze specifiche per l'installazione e l'uso;
  • prodotti "applicativi" che, per quanto caratterizzati da una veste standard, presuppongono interventi orientati all'adattamento del prodotto alle esigenze specifiche del cliente;
  • prodotti di "ambiente", che forniscono componenti software da assemblare ad hoc ("motori", kernels, utilities, piattaforme, ecc.).


1 Questa attività, di grande successo, corrisponde alla conclusione degli interessi specifici nel settore ottico da parte della San Giorgio.



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Storia § 28
M. Addis Saba, Partigiane. Tutte le donne della Resistenza (Milano, Mursia, 1998), p. 48.
Nuova edizione: Partigiane. Le donne della Resistenza (Milano, Mursia, 2007), p. 64.
Link esterno OPAC SBN
e OPAC SBN

Altri gruppi a Genova erano specializzati in sabotaggio in fabbrica. Livia Righetto, operaia alla San Giorgio nel reparto lenti e binocoli, sabota la produzione e fornisce informazioni ai partigiani, i quali possono così organizzare un'irruzione in fabbrica per requisire binocoli, mentre le donne si ammassano davanti alle porte e alle finestre «fingendo di urlare impaurite e invece impedivano l'ingresso dei sorveglianti.»28


28 Ibid. [Ibid., pp. 83-84, testimonianza di Livia Righetto].1



1 .



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Storia § ??
M. Calegari, G.B. Lazagna, a cura di, "Intervista al partigiano Dionigio Marchelli «Denis»" (1998) Link esterno La Divisione Partigiana "Coduri" – Fonti per la storia.  

[Calegari] Tu, che eri stato portato in montagna dal partito [comunista], hai mai fatto riunioni di partito?

[Marchelli] Poche volte. Forse i primi temi, col [distaccamento La] Scintilla, ma dopo non mi ricordo di aver fatto riunioni di partito. [...] Tacitamente eri un compagno, ma poi, che ci fosse una riunione... Sapevano che eri comunista, ma più in là non si andava, forse perché mancava la capacità di dialogare e ognuno era accettato per quello che esprimeva, per come si comportava, ecc. E poi il problema d'essere comunista era piuttosto di quelli che uscivano dalle officine: quelli che si definivano comunisti uscivano dall'Ansaldo, dal Cantiere [navale], dalla scuola della San Giorgio; tutti da lì. Gli altri, studenti, ecc... era raro.1



1 La testimonianza conferma la radicalizzazione presente alla San Giorgio. Per approfondimenti sulla vicenda partigiana si rimanda alla fonte citata, assai ricca di informazioni.



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Storia § ??
P. L. Guastini, La Breda a Pistoia : dalla S. Giorgio all'Ansaldo 1944-1996 (Pistoia : C.R.T., 1998), 192 pp. Link esterno OPAC SBN

[Rimane da reperire] 1



1 Indice tratto da una scheda eBay – Prefazioni. Presentazione. Introduzione. La situazione politica ed economica a Pistoia (Liberazione. I partiti. Ricostruzione. Rapporti PCI-PSI. ecc.). L'industria di Stato a Pistoia. Rapporto fra quadro politico pistoiese e industria di Stato. Appendice. Bibliografia.



All'indice    1999    Indicatore di completezza
Storia § ??
G. Sacchetti, "Anarchist Activity in Italy 1939-1945", in Prisoners and Partisans: Italian anarchists in the struggle against fascism (Kate Sharpley Library, 1999), pp. 22-23 Link esterno Kate Sharpley Library.  

One of the most important of these [clandestine reunions] was held as early as June 1942 at Sestri Fonente [Ponente] (Genoa) under [<22-23>] the aegis of Emilio Grassini. It proved the occasion to restate some of the issues tackled earlier at the Paris convention some seven years previously, but which were now more pressing matters: above all there was the question of alliances with other antifascist parties. The document that resulted from the Sestri Fonente meeting anticipated that there would be two stages to the revolutionary struggle: the first against fascism, the 'number one target', to be routed "piecemeal, with weapons in hand, alongside elements whose goals are at odds with ours or are undefined": the second stage, once fascism had been toppled would be against those antifascist currents "eager to rescue capital and take the reins of the State into their own hands".1



1 Sestri Ponente, poi Genova Sestri, è stato uno dei luoghi di riferimento per il movimento operaio internazionale sin dal biennio rosso Link esterno Wikipedia.



All'indice    2000    Indicatore di completezza
Storia § ??
V. Ronchi, "Raffaello Bruscaglioni (1907-1976)", Atti della Fondazione Giorgio Ronchi, 55 (2000), n. 1, pp. 55-62 Link esterno Google libri e Ibidem. Link esterno OPAC SBN

NECROLOGIO
[N.d.R.] [Vale a dire la dott. Laura Ronchi Abbozzo, figlia del prof. Vasco Ronchi] Nel primo fascicolo del secolo XXI crediamo doveroso un ricordo dell'Ing. Raffaello Bruscaglioni. Senza retorica, Raffaello Bruscaglioni è stato uno scienziato di grande valore, con qualità umane d'alto livello, che è stato capace di assicurare per più di mezzo secolo una vera amicizia ed una continuata fattiva collaborazione.
La Famiglia ha acconsentito a rievocarne l'indimenticabile figura, ripubblicando l'accorata commemorazione scritta da Vasco Ronchi nel 1976, presentata qui sotto.


Il 6 agosto 1976, dopo breve e violenta malattia cessava di vivere Raffello Bruscaglioni. Egli aveva da poco compiuto 69 anni. Con lui scompare una delle personalità più interessanti e più feconde dell'ambiente dell'industria ottica italiana: una figura di studioso e di tecnico, che aveva dedicato tutta la sua vita al progresso della scienza ottica e alla sua applicazione nel campo industriale, portando in tutte le forme della sua attività contributi particolarmente fattivi e geniali. [Segue il ritratto, qui riprodotto in → Storia] [<55-56>]

Nacque a Firenze il 13 aprile 1907; nel 1929 si laureò in ingegneria al Politecnico di Torino, e subito dopo si specializzò in ottica, seguendo il corso superiore presso l'Istituto Nazionale di Ottica di Firenze-Arcetri; al termine del quale entrò subito a far parte del personale assistente e docente dell'Istituto stesso. Vi rimase per quattro anni, durante i quali eseguì studi molto apprezzati coi nuovissimi metodi interferenziali, per il collaudo degli strumenti ottici.

Nel 1925 entrò a far parte del corpo di tecnici dello Stabilimento ottico della San Giorgio di Genova-Sestri, allora in pieno sviluppo e impegnata a fondo nelle costruzioni degli apparati ottici necessari alle Forze Armate; ed egli contribuì in modo determinante al perfezionamento di strumenti delicatissimi e potenti, come telemetri, periscopi, proiettori, cannocchiali e centrali di puntamento; la sua opera fu così apprezzata che a soli 33 anni (cosa a quei tempi del tutto eccezionale) nel 1940 gli fu riconosciuta la qualifica di dirigente.

Pur attraverso le vicissitudini della II Guerra Mondiale e del dopoguerra, e le gravi crisi attraversate dalle industrie ottiche italiane, il Bruscaglioni proseguì nella sua brillante carriera, raggiungendo nel 1943 la carica di Direttore di Stabilimento, e nel 1946 quella di Direttore Centrale delle Ricerche. Però egli nel 1944 era passato alla Ducati di Bologna, nel cui Stabilimento impiantò ex-novo un efficientissimo reparto per le costruzioni ottiche, e, venuta a cessare la costruzione degli strumenti militari, iniziò la conversione per la produzione di materiale ottico fino ad uso civile, soprattutto nel campo delle macchine da presa fotografiche e degli strumenti di proiezione.

In seguito alle note vicende che portarono la Ducati a cessare la produzione di strumenti ottici, il Bruscaglioni passò alla Filotecnica Salmoiraghi, nel 1951 e vi rimase fino al 1960, anno in cui fu assunto dalla Marelli di Sesto S. Giovanni, in qualità di Direttore Centrale della Progettazione. Rimase in tale posizione fino al 1972, anno in cui, avendo raggiunto il 65° anno di età, fu collocato a riposo.

Ma se con questo passaggio egli interruppe la sua attività direzionale nel settore dell'industria, non cessò per niente quella di appassionato studioso di ottica e riprese subito contatto con l'Istituto Nazionale di Ottica di Arcetri dove gli furono affidate le funzioni di Vicedirettore. Fino all'ultimo momento, fino a quando le sue forze, stremate dal male che lo doveva portare alla tomba, glielo permisero, egli continuò a lavorare intensamente anche nel campo sperimentale: la sua ultima pubblicazione, che è un vero trattato di calcolo ottico, di ben novanta pagine, è uscita proprio nel n. 3 degli Atti della Fondazione Giorgio Ronchi, ed egli ha avuto la soddisfazione di vederne una copia prima di esalare l'ultimo respiro.

Nella sua lunga attività tecnica, si è interessato del progetto, della costruzione e del collaudo dei più svariati strumenti di alta precisione [<56-57>] ottica e meccanica; alcuni di essi particolarmente impegnativi, quali le centrali fotoelettriche di grande potenza asservite, impianti di pinne stabilizzatrici, strumenti topografici e geodetici, centraline di puntamento navali e terrestri, apparecchi di controllo per impianti termotecnici, manometri, regolatori, registratori. In tutti questi campi seguì sempre la dierettiva a lui congeniale dello studio approfondito e scientifico. E questo lo portò a importanti successi tecnici e di conseguenza alle posizioni gerarchiche sopra ricordate.

Si conoscono circa 80 pubblicazioni del Bruscaglioni. Egli ne avrebbe potuto scrivere molte di più, se non avesse trattato argomenti che nella maggior parte dei casi erano coperti da segreto militare o anche soltanto industriale. Perciò ben poco è pubblicato di tutta la sua attività svolta negli uffici tecnici degli stabilimenti da lui diretti: ciò che compare nelle sue pubblicazioni riguarda soprattutto le ricerche da lui compiute presso l'Istituto Nazionale di Ottica, o almeno in collaborazione con questo, specialmente nei campi seguenti:
       A) Collaudo interferometrico degli strumenti ottici;
       B) Deformazioni elastiche delle parti ottiche per effetto delle montature e del loro peso;
       C) Fotometria dei fari e dei proiettori; visione attraverso le cortine di nebbia;
       D) Potere risolutivo e sensitometria delle emulsioni fotografiche;
       E) Caratteristiche dell'occhio normale e anomalo;
       F) Teoria generale della visione;
       G) Calcolo ottico veloce1.

La maggior parte delle pubblicazioni sono state compilate non a scopo accademico, ma allo scopo di raccogliere in documentazioni facilmente accessibili i risultati più importanti delle varie ricerche.

Sarà riportato qui sotto l'elenco delle pubblicazioni del Bruscaglioni di carattere scientifico, e come tali, riportate nel Catalogo delle Pubblicazioni dell'Istituto Nazionale di Ottica, edizione del 1974. Come si vedrà dalle citazioni, egli è stato uno dei collaboratori più fecondi dei nostri Atti. Egli è stato anche uno dei collaboratori più attivi dell'Associazione Ottica Italiana, e recentemente non solo egli ne era vice-presidente, ma ricopriva anche la carica di direttore della rivista sociale Luce e Immagini. Molti dei suoi scritti contribuirono notevolmente all'affermazione e alla diffusione del Bollettino dell'Associazione Ottica Italiana, prima Rivista dell'Associazione stessa, e in un secondo tempo a quella della Rivista, di livello superiore, Ottica.

Sono dolente di non poter aggiungere anche le pubblicazioni, edite [<57-58>] dalle varie Società in cui il Bruscaglioni ha lavorato, perché non se ne conoscono i riferimenti. È un peccato perché in esse, accanto all'inevitabile testo pubblicitario, compariva anche un notevole contenuto scientifico.

Un esame analitico della sua produzione scientifica non soltanto sarebbe un doveroso omaggio alla sua memoria, ma sarebbe anche molto interessante come documento del contributo che egli ha portato al progresso ed al rinnovamento dell'ottica italiana; ma non può essere fatto in questa sede, perché la materia è molto vasta e sarà ripresa in una nuova occasione.

Desidero invece soffermarmi un po' sul suo comportamento nei riguardi dell'Istituto Nazionale di Ottica e della Scuola Ottica di Arcetri.

Quando egli ha varcato per la prima volta, nel 1930, la soglia dell'Istituto di Arcetri, questo occupava in tutto un padiglioncino di sei stanze, ed aveva soltanto due insegnanti. Quasi tutti i giovani che vi si avvicinavano, ne seguivano i corsi, perché vi erano inviati dai loro padroni, ma appena terminato lo studio, ritornavano alle loro sedi di lavoro; neppure il 5% degli allievi accorreva all'Istituto di propria iniziativa. Non soltanto il Bruscaglioni fu uno di questa esigua minoranza, ma si appassionò talmente agli studi di ottica e alle persone che vi insegnavano, che al termine del corso superiore egli non ebbe difficoltà, ma anzi fu ben felice di rimanere nel giovane e piccolo istituto, come assistente e ricercatore.

È anche vero che l'Istituto stesso prese subito a crescere in maniera incredibile e inaspettata, e anche l'edificio assunse in breve volger di anni una mole ben superiore a quella iniziale, ma coloro che vi avevano fiducia erano sempre una minoranza: tutti credevano di apprendervi una cultura preziosa semplicemente perché poi venivano assorbiti immediatamente dagli stabilimenti industriali.

I giovani di larghe vedute, fiduciosi nel proprio lavoro e nelle sorti dell'Istituto, sono stati sempre pochissime unità; a dire il vero non poco hanno influito sulle decisioni della maggioranza dei giovani le pressioni dei familiari che, il più delle volte, ignoravano che cosa fosse l'ottica. E di che cosa avrebbe potuto e dovuto essere, non avevano la minima idea, e per i loro figli auspicavano una carriera tranquilla, anche se modesta, ma soprattutto sicura.

Il Bruscaglioni invece fu uno dei pochissimi che rimase all'Istituto e vi sarebbe rimasto anche di più ma dovette lasciarlo, perché dopo quei pochi anni di lavoro intensissimo teorico e sperimentale egli aveva acquistato una competenza che era troppo utile per potenziare uno stabilimento ottico industriale; ed egli di buon grado accettò di trasferirsi sul campo del lavoro, lasciando quello dello studio.

La nota più importante a questo proposito è di rilevare che egli aveva capito a fondo lo spirito dell'Istituto, la sua natura completamente e sostanzialmente diversa da quella di un Istituto Universitario generico: aveva capito benissimo che in quel piccolo padiglione di Arcetri si lavorava con uno spirito del tutto diverso da quello che egli aveva conosciuto [<58-59>] all'Università e al Politecnico: con un indirizzo nuovo, guardando diritto alla utilità pratica di ciò che si studiava, con l'intento di essere veramente utili alla produzione industriale.

Ed egli aveva capito che l'ottica in quel piccolo padiglione assumeva un significato nuovo, del tutto diverso da quello stantio e praticamente inefficiente che le si attribuiva nelle Università: e che chi assorbiva questo nuovo concetto e lo sviluppava e l'applicava ne avrebbe ricavato risultati cospicui, perché, in altri termini, era proprio quello che ci voleva per dare all'Italia una vera industria ottica.

Il Bruscaglioni è stato uno dei pochissimi allievi dell'Istituto che hanno compreso tutto questo, e che perciò sono divenuti veri organi motori della nuova industria ottica italiana. Quando egli, e i pochissimi suoi colleghi che hanno capito questa novità di indirizzo e di metodo, sono stati inviati negli stabilimenti industriali, non solo sono stati accolti con entusiasmo e sono stati lautamente compensati, ma vi sono entrati come elementi innovatori, promotori, che alla lunga, ma non sempre efficace esperienza dei vecchi dirigenti e dei vecchi maestri d'officina, per preziosa che fosse, essi annettevano qualche cosa di nuovo, indispensabile per far compiere alla produzione un progresso ormai non più procrastinabile.

Ricordo ancora un episodio tipico della nuova situazione che si era venuta a creare: tre dei giovani allievi dell'Istituto, uno dei quali era il Bruscaglioni, fecero domanda al Ministero della Istruzione Pubblica per conseguire la libera docenza in ottica. Nominata la commissione esaminatrice, composta di due professori di fisica dell'Università di Roma e dello scrivente, vi fu la seduta dell'esame. Come era consuetudine, in una prima seduta la commissione esaminò i titoli presentati dai candidati, e quindi assegnò il tema per la esecuzione di un esperimento, per cui venivano concesse 24 ore.

Già nell'esame dei titoli avvenne il primo urto tra i due fisici (mie vecchie conoscenze) e me: essi dichiararono che quei titoli non avevano alcun valore (ed erano tutte pubblicazioni, in cui venivano descritte ricerche originali, di grande interesse, che avrebbero potuto bastare benissimo per vincere il concorso a una cattedra universitaria); e che perciò senza alcuna discussione sui titoli (che fu evitata, perché evidentemente i due fisici non ci avevano capito nulla) i due candidati, dopo l'esito dell'esperimento assegnato, sarebbero stati sottoposti a un esame sull'ottica universitaria.

Il Bruscaglioni eseguì l'esperimento in una maniera veramente eccezionale: lo eseguì addirittura con un procedimento escogitato da lui, in quelle poche ore che gli erano state concesse: in altre parole aveva fatto un'invenzione. Ma per i fisici (che evidentemente non sapevano che si trattava di un'invenzione) ciò non ebbe alcun valore: sottoposero il Bruscaglioni a un esame sulla teoria delle onde elettromagnetiche, che egli evidentemente non aveva mai considerato, perché non ha niente a che vedere con l'ottica industriale, e, come conclusione, la libera docenza gli fu negata, con due voti contro uno, il quale evidentemente era il mio. [<59-60>]

Il verdetto fu accolto con una risata, che voleva esprimere tutto il ridicolo a cui si erano esposti i fisici. Tutto ciò doveva avere una conseguenza inevitabile: nessun allievo dell'Istituto Nazionale di Ottica avrebbe più chiesto la libera docenza in ottica; tanto più che la libera docenza non serviva proprio a nulla: e ciò è confermato dal fatto che qualche decennio dopo la libera docenza è stata abolita. Ma a quel tempo l'episodio fu uno dei più salienti atti a dimostrare quale profondo contrasto esisteva fra l'ottica dei fisici e quella degli ottici dell'Istituto Nazionale di Ottica. Ciò costituiva una prova diretta che questo Istituto aveva introdotto qualche cosa di profondamente nuovo nel vecchiume dell'ottica classica dei fisici. Il Bruscaglioni ne fu uno dei protagonisti principali.

Il Bruscaglioni ha lavorato in questo nuovo clima per quasi mezzo secolo: durante il quale egli ha sempre considerato l'Istituto come il faro che gli indicava la rotta. Più di una volta, quando si è trattato di organizzare delle iniziative impegnative che avrebbero dovuto portare del progresso nell'ottica o migliorare la preparazione professionale e la cultura scientifica degli ottici delle varie specie, egli, sempre, ha esposto le sue idee all'Istituto e ne ha sollecitato la collaborazione, se non addirittura ne ha chiesto la direzione dell'iniziativa.

La sua scomparsa lascia un vuoto incolmabile, sia per la sua competenza tecnica, sia per la visione che egli aveva dell'attività scientifica nella promozione dell'addestramento professionale necessario per l'organizzazione sanitaria del Paese.

Alla Consorte, ai figli e ai nipoti, vadano le espressioni del più vivo cordoglio per questa perdita così prematura e così dolorosa, da parte della Fondazione Giorgio Ronchi, dell'Associazione Ottica Italiana tutta, e in modo particolare quelle mie personali.1


PUBBLICAZIONI SCIENTIFICHE DI RAFFAELLO BRUSCAGLIONI

  1. Sulla forma delle frange d'interferenza ottenute da onde affette da astigmatismo puro con reticoli di orientamento qualunque, Rend. Acc. Lincei, S.6, 15, 70, 1932
  2. Sulla misura dell'astigmatismo e del coma mediante le frange d'ombra, Boll. A.O.I., 6 (4), 46, 1932
  3. L'esame dei monocromatori con l'interferometro di Michelson, Boll. A.O.I., 6 (6), 53, 1932
  4. Il Risolvimetro I.N.D.O., Boll. A.O.I., 6 (6), 59, 1932
  5. Sulla sensibilità di rivelazione e sulla misura dell'astigmatismo con metodi interferenziali, Boll. A.O.I., 7 (1), 78, 1933
  6. Il Banco Prova-Binocoli I.N.D.O. e il suo impiego, Boll. A.O.I., 7 (2-3), 112, 1933
  7. L'applicazione del Banco Prova-Binocoli al collaudo dei cannocchiali, Boll. A.O.I., 7 (4), 125, 1933
  8. Il Diafanometro I.N.D.O. e il suo impiego, Boll. A.O.I., 7 (5), 101, 1933
  9. Un metodo di calcolo dei "prismi di Amici" a visione diretta, Boll. A.O.I., 8, 39, 1934
  10. Il problema fotometrico nel progetto di monocromatori a prisma, Boll. A.O.I., 8, 191, 1934 [<60-61>]
  11. Die Prüfbank für Doppelfernrohre des Istituto Nazionale di Ottica und ihre Anwendung, Z. S. für Instr., 54, 264, 1934
  12. An instrument for measuring the resolving power, J. Sci. Instrum., 12, 1, 1935 [l'articolo, alle pp. 25-26, è genericamente firmato "Officine Galileo", dove è stato realizzato lo strumento ideato all'Istituto Nazionale di Ottica Link esterno IOP Science]
  13. La determinazione del potere risolutivo delle emulsioni fotografiche con un nuovo tipo di interferometro, Ottica, 1, 23, 1935
  14. La ricerca del potere risolutivo dei materiali sensibili fotografici con un nuovo tipo di interferometro, Rend. Acc. Lincei, S.6, 33, 687, 1936
  15. Il collaudo delle grandi superficie riflettenti piane e dei grossi prismi a riflessione totale con l'Interferometro Ronchi a reticolo, Ottica, 1, 302, 1936
  16. La dipendenza fra la latitudine di posa ed il potere risolutivo delle emulsioni fotografiche, Ottica, 1, 317, 1936
  17. Un metodo di ricerca del potere risolutivo retineo, Ottica, 1, 345, 1936
  18. Sulla deformazione delle parti ottiche per effetto della pressione delle montature, Ottica, 2, 60, 1937; 2, 135, 1937; 3, 30, 1938
  19. Un nuovo metodo di segnalazione ottica ad altissima velocità di trasmissione, Ottica, 2, 179, 1937
  20. Il Risolvimetro Bruscaglioni per emulsioni fotografiche, Ottica, 2, 197, 1937
  21. Il controllo della centratura delle lenti con un metodo interferenziale, Ottica, 2, 217, 1937
  22. Un nuovo metodo di segnalazione ottica ad alta velocità di trasmissione, Ric. Sci., S.2, 8, 96, 1937
  23. Sulla deformazione delle parti ottiche per effetto della pressione delle montature, Ottica, 3, 30, 1938 [l'ultima parte dell'articolo è già citata al punto 18]
  24. Il collaudo delle ottiche di forte apertura angolare coll'Interferometro Ronchi a reticolo, Ottica, 3, 48, 1938
  25. Il controllo della centratura delle lenti divergenti e del parallelismo di due superficie ottiche con un metodo interferenziale, Ottica, 3, 99, 1938
  26. A proposito del massimo di potere risolutivo raggiungibile con le emulsioni sensibili, Ottica, 3, 143, 1938
  27. Sulle deformazioni elastiche delle parti ottiche, Ottica, 3, 269, 1938
  28. Un interferometro a pàtina campione per superficie sferiche a raggio di curvatura variabile con continuità, Ottica, 4, 8, 1939
  29. Le deformazioni elastiche delle parti ottiche, Ottica, 4, 8, 1939
  30. La tensione superficiale delle parti ottiche in vetro lucidato, Ottica, 4, 40, 1939
  31. Ancora sulla tensione superficiale sulle superficie otticamente lucidate, Ottica, 4, 180, 1939
  32. Il controllo delle afocalità di una parte ottica ed il controllo di un piano campione con l'Interferometro Ronchi a reticolo, Ottica, 4, 203, 1939
  33. Conseguenze ottiche deducibili dai valori sperimentali di Fechner sul comportamento fotometrico dell'occhio umano, Ottica, 4, 212, 1939
  34. Sull'effetto fotometrico delle cortine di nebbia, Ottica, 5, 50, 1940
  35. Sulla portata dei proiettori, Ottica, 5, 62, 1940
  36. Altre considerazioni sulla portata dei proiettori, Ottica, 5, 168, 1940
  37. Il limite teorico dell'esposizione minima utile e della sensibilità delle lastre fotografiche dedotto dalla teoria dei fotoni, Ottica, 5, 340, 1940
  38. Conseguenze del "velo di espansione" sulle caratteristiche fotometriche delle lastre fotografiche, Ottica, 5, 345, 1940
  39. Il problema fotometrico della fotografia: La determinazione del tempo di posa, Boll. A.O.I., 14, 228, 1940; 14, 324, 1940
  40. L'equazione generale della fotografia, Ottica, 6, 57, 1941
  41. Conseguenze ottico-fotometriche della granulosità delle lastre fotografiche, Ottica, 6, 160, 1941
  42. L'equazione fondamentale della visione, Ottica, 6, 326, 1941
  43. Sulle pseudo-immagini dei reticoli, Ottica, 6, 330, 1941
  44. Il problema fotometrico dei proiettori, Boll. A.O.I., 16, 99, 1942
  45. Sul potere risolutivo degli strumenti ottici, Ottica, 7, 231, 1942
  46. Sul comportamento fotometrico dei mezzi ottici diffondenti, Ottica, 7, 260, 1942
  47. La misura del "rendimento dell'occhio". L'ottotipo etametrico, Ottica, 8, 157, 1943 [<61-62>]
  48. Leggi e regole del fenomeno della visione, Boll. A.O.I., 17, 25, 96; 206, 1943
  49. Indirizzi sperimentali per la determinazione delle caratteristiche dell'occhio umano, Ottica, 8, 239, 1943
  50. Il fenomeno dell'abbagliamento nel modello fotometrico dell'occhio, Ottica, 8, 245, 1943
  51. La sensibilità allo sfarfallamento, la persistenza delle immagini ed il tempo limite utile di osservazione nel modello fotometrico dell'occhio, Ottica, 8, 256, 1943
  52. Sulla caratteristica di annerimento delle lastre fotografiche e sulla dipendenza fra potere risolutivo, contrasto dell'oggetto, esposizione e velo, Boll. A.O.I., 18, 34, 1944
  53. Il sensitometro contrasto-risolvimetrico, Atti Fond. G. Ronchi, 1, 18, 1946
  54. Sulla profondità di campo fotografico, Atti Fond. G. Ronchi, 5, 241, 1950
  55. La fotografia in microformato, Atti Fond. G. Ronchi, 5, 25; 76; 142; 297, 1950
  56. L'equazione dell'adattamento dell'occhio umano e la determinazione dei valori della sensibilità al contrasto e del potere di percezione alle varie luminosità, Atti Fond. G. Ronchi, 7, 1, 1952
  57. Ancora a proposito dei vetri da sole soffiati e lavorati, Atti Fond. G. Ronchi, 8, 29, 1953
  58. Calcolatore logaritmico a proiezione, Atti Fond. G. Ronchi, 9, 143, 1954
  59. I moderni livelli autolivellanti, Atti Fond. G. Ronchi, 9, 259, 1954
  60. Sulla alta precisione di livellazione ottenibile con un tipo di autolivello, Atti Fond. G. Ronchi, 12, 415, 1957
  61. Vecchi e nuovi problemi della meccanica di precisione, Luce e Immagini, 13 (5/6), 7, 1959
  62. Alcuni interessanti risultati pratici nel controllo dell'efficienza visiva di un gruppo di automobilisti, Atti Fond. G. Ronchi, 16, 19, 1961
  63. La collimazione per bisezione e il nuovo tipo di graduazione per cerchi goniometrici, Atti Fond. G. Ronchi, 16, 158, 1961
  64. Eteroforia, eterotropia, coordinazione binoculare, senso stereoscopico, Atti Fond. G. Ronchi, 16, 196, 1961
  65. Considerazioni generali sul problema delle tolleranze, Atti Fond. G. Ronchi, 17, 33, 1962
  66. L'effetto delle lievi ametropie sulla visione alle varie età, Luce e Immagini, 16, 28, 1962
  67. Further comments on the basic equation of vision, Atti Fond. G. Ronchi, 24, 312, 1969
  68. Al crescere della velocità la strada si stringe, Luce e Immagini, 24, 7, 1970
  69. Distanze di frenatura e apprezzamento delle distanze, Luce e Immagini, 24, 86, 1970
  70. La fessura e il foro stenopeico in optometria, Luce e Immagini, 26, 81, 1972
  71. The telephotometer INDO, Atti Fond. G. Ronchi, 27, 991, 1972
  72. Un interessante dispositivo sperimentale per lo studio della accomodazione dell'occhio umano, Luce e Immagini, 26, 177, 1972
  73. Un dispositivo per la misura della "visibilità" secondo la CIE, Luce, 3, 1, 1973
  74. A simple apparatus for recording the visuo-motor reaction time under well controlled visual stimulation, Atti Fond. G. Ronchi, 28, 743, 1973
  75. La psicologia e l'optometria, Luce e Immagini, 27, 186, 1973
  76. On the glare produced by fog curtains during car driving at night, Atti Fond. G. Ronchi, 29, 489, 1974
  77. Corso di calcolo ottico veloce, Pubbl. n. XXV (Fond. G. Ronchi, Firenze, 1974)
  78. Secondo corso di calcolo ottico veloce, Atti Fond. G. Ronchi, 31, 435, 1976

1 N.d.R.: Questi lavori sono stati ripubblicati postumi, col titolo: Optical design using a desk or a pocket calculator (Fond. Giorgio Ronchi, n. 48, Firenze, 1978). [Nota a pie' di p. 57]



1 Sono stati corretti alcuni ovvi refusi. La prima edizione del necrologio è stata edita in: Atti della Fondazione Giorgio Ronchi, 31 (1976), n. 4, pp. 665-674; scheda bibliografica Link esterno Giorgio Ronchi Foundation.



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Storia § ??
G. Mori, a cura di, Storia dell'Ansaldo. 7. Dal dopoguerra al miracolo economico, 1945-1962 (Roma-Bari, Laterza, 2000), pp. 47, 59, 176, 184. Link esterno OPAC SBN

[184>] Nel giugno del 1954 si apre la crisi definitiva della San Giorgio. La lotta dura tre mesi «in un'atmosfera da 25 aprile» con la partecipazione attiva di tutta Sestri, delle associazioni di categoria, delle forze politiche, DC compresa. La conclusione è comunque pesante: la vecchia San Giorgio viene fatta in cinque pezzi e di fatto scompare, mentre 1.300 lavoratori sono subito licenziati. Con la lotta della San Giorgio si chiude la fase più acuta delle smobilitazioni. Una tardiva coda di questo processo si avrà nella primavera del 1959 con la liquidazione dell'Ansaldo Fossati.

La sequenza delle lotte in difesa dell'occupazione si intreccia nei primi anni Cinquanta con la costruzione a tappe forzate dello Stabilimento a ciclo integrale di Cornigliano. In questi anni il cantiere dello SCI si crea una fama di vera e propria trappola mortale. Il tremendo bilancio del «cantiere maledetto» alla conclusione dei lavori è di 21 morti e 3.000 infortuni, di cui un terzo almeno gravi o gravissimi.1



1 Il secondo brano non è pertinente alla San Giorgio, ma dà l'idea delle condizioni di lavoro durante il boom economico.



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Storia § ??
A. L. Carlotti, a cura di, Fotografia e fotografi a Milano dall'Ottocento ad oggi (Milano : Abitare Segesta, 2000), p. 89. Link esterno OPAC SBN

Infine occorre ricordare la microcamera Ducati di Bologna, introdotta nel 1946, una costruzione a mirino e telemetro accoppiati alle ottiche intercambiabili, rientranti in modo da renderla tascabile. Questo apparecchio, dotato di moltissimi accessori, costruito nelle versioni "Sogno" e "Simplex", ebbe il merito di introdurre il formato 18x24 mm.

Un'altra veterana che incarna lo spirito dei nostri costruttori artigiani fu la Janua della San Giorgio di Genova. Si trattava di una 35 mm a telemetro ed ottiche intercambiabili di gran classe, caratterizzata da un anacronistico esposimetro ad estinzione.

Tra i prodotti made in Italy la microcamera GaMi 16 mm fu la più apprezzata, conquistandosi un discreto mercato. Prodotta nel 1953 dalle Officine Galileo di Milano rappresenta per la sua perfezione tecnico-ottica e l'originalità del design il punto più alto della nostra tecnologia fotografica.1



1 Il brano è stato ripreso da: Scritto con la luce : un secolo di fotografia e di cinema in Italia (Milano : Electa, 1987), p. 155. A p. 153 si ricorda: "1948 Esce la San Giorgio Janua: un'altra 35 mm a telemetro con otturatore a tendina".



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G. Petracchi, a cura di, Storia di Pistoia. 4: Nell'età delle rivoluzioni, 1777-1940 (Firenze, Le Monnier, 2000), pp. 395, 399, 410, 414, 416, 441, 464, 467, 529, 576, 601, 619, 673, 688, passim. Link esterno OPAC SBN

[395>] D'altronde quelli erano anni di grandi novità e di sostanziali cambiamenti per la città, sia economici, che politici135 e urbanistici. Tra le numerose e ricorrenti notizie di insediamenti di nuove fabbriche a Pistoia nel 1907 si concretizzò quella della San Giorgio di Genova136 che acquisì la fabbrica di carrozze di Aiace Trinci e l'anno successivo iniziò la produzione di automobili nel nuovo stabilimento di via Pacinotti. Di lì a poco la crisi economica generale, e dell'auto in particolare, obbligava la ditta genovese a riconvertire la propria produzione nel settore ferroviario, favorito dalle forti commesse statali decise dopo il passaggio delle ferrovie private allo Stato, attuato nel 1905. Il grande capitale industriale sotto forma di società per azioni faceva così la sua comparsa anche a Pistoia con le sue dimensioni e le sue scelte così diverse dalla realtà delle aziende artigiane e delle piccole fabbriche. Comunque il fatto che ciò accadesse grazie a scelte e uomini estranei alla realtà locale e regionale è significativo di un certo ritardo del capitalismo industriale pistoiese nell'affrontare scelte impegnative e rischiose137.1

135 Nel 1907 un nucleo di sindacalisti rivoluzionari si staccò dal partito socialista dopo il congresso di Ferrara dando vita al periodico «L'emancipazione» e aderendo infine nel 1912 all'USI. [Nota a pie' di p. 395]

136 La «San Giorgio, Società anonima per la costruzione di automobili terrestri e marittimi» fu costituita a Genova il 18 novembre 1905 con un capitale di tre milioni diviso in azioni da duecento lire. La ditta decise fin dall'inizio di realizzare uno stabilimento a Pistoia per la costruzione delle carrozzerie delle auto per la notorietà e le capacità che la città, e in particolare la ditta del Trinci, aveva in questo settore. Ottanelli, Auto, pp. 41-84. [Nota a pie' di p. 395]

137 Anche l'altra grande fabbrica del Circondario costruita nel 1911 a Campo Tizzoro dalla Società Metallurgica Italiana era frutto della volontà di capitalisti estranei al Pistoiese. [Nota a pie' di p. 395]


[410>] La riconversione dell'economia di guerra a quella di pace comportò drastiche riduzioni di personale in tutti i settori industriali impegnati nella produzione di materiale bellico. La SMI licenziò, e passò dai 3.750 operai del 1917 agli 815 del 1920; le riduzioni del personale della San Giorgio furono alquanto più contenute19. Da marzo a novembre del 1919 furono smobilitate nove classi sotto le armi. Gli smobilitati si riversarono sul mercato del lavoro, già saturo. Ciò aggravò la disoccupazione. Tutti ebbero la misura degli svantaggi della guerra, mentre i vantaggi apparvero aleatori e incerti.2

19 Morelli, Tomassini, Socialismo e classe operaia, p. 170; Ottanelli, Auto, p. 124. [Nota a pie' di p. 410]


[414>] Nel marzo 1919, gli anglo-americani denunciarono gli accordi che permettevano di mantenere artificiosamente il legame tra lira e dollaro. Ciò determinò una flessione del valore della lira. Importare derrate alimentari, energia, materie prime per l'industria, di cui il paese aveva bisogno, costò molto di più. Il deficit della bilancia commerciale si aggravò. Il costo della vita subì un'impennata a causa della svalutazione della lira. Un'ondata di scioperi investì il Circondario pistoiese tra la primavera e l'estate del 1919. Si scioperava per i miglioramenti salariali, ma anche per la conquista delle 8 ore, che i metallurgici della San Giorgio ottennero nel marzo 1919, e che fu estesa in seguito alle altre categorie dei lavoratori33. Non abbiamo trovato statistiche che documentino l'aumento del costo della vita a Pistoia dal 1914 al 192134. Riproduciamo, come indicativa, l'indagine mensile del bilancio alimentare, elaborata dall'Ufficio statistico del Comune di Firenze in base al costo di diciassette generi alimentari di largo consumo di una famiglia campione di cinque persone, due adulti e tre ragazzi35.3

33 Ottanelli, Auto, p. 124. [Nota a pie' di p. 414]

34 Per il raffronto dei prezzi tra quelli del 1913 e la tabella del calmiere del 1918, ibidem, p. 126. [Nota a pie' di p. 414]

35 ASP, Archivio di Gabinetto della Sottoprefettura, n. 63, fasc. 759, 20 agosto 1921. La tabella è stata da noi elaborata riunendo le serie del 1920, priva della spesa settimanale, a quella del 1921 con la spesa settimanale. L'indagine era stata richiesta dal sottoprefetto di Pistoia, perché ritenuta significativa anche per la nostra città. [Nota a pie' di p. 414]


[416>] L'ondata montante del movimento operaio si rovesciò nell'agosto del 1920 nel braccio di ferro impegnato dal sindacato dei metallurgici con gli industriali sulla richiesta di nuovi aumenti salariali. Abbandonata l'arma dello sciopero, i metallurgici ricorsero prima all'ostruzionismo, poi dal primo settembre passarono all'occupazione delle fabbriche in tutta l'Italia industriale. La San Giorgio, la SMET, la Fonderia Palandri e gli stabilimenti della SMI, furono occupati dai metallurgici, fiancheggiati da tutto il proletariato pistoiese. Ma quello che sembrava l'inizio di una rivoluzione si risolse in uno scacco, di cui pochi allora si resero conto. L'occupazione cessò in cambio di un aumento salariale e di un concordato che prevedeva il passaggio a forme di controllo operaio sulle fabbriche; un artificio negoziale che rimase lettera morta. Alla fine di settembre tutti gli antichi proprietari erano tornati alla guida delle proprie fabbriche, tranne qualcuno che resisteva, come nel caso della Fonderia Palandri, a sottoscrivere il concordato41.

L'eccitazione degli animi, attizzata da quella «rivoluzione a parole», tanto deprecata da Filippo Turati, tracimò in incidenti, prima di lieve entità, poi sempre più gravi, che aprirono la strada all'irruzione della violenza nella vita civile.4

41 Francini, Primo dopoguerra, pp. 57-58. [Nota a pie' di p. 416]


[441>] Tenuto conto che la situazione economica pistoiese fu caratterizzata da una stagnazione costante, è indubbio che gli effetti della crisi del 1929, prodottisi in Italia nei primi anni Trenta, aggravarono ulteriormente la condizione operaia sul versante dell'occupazione e dei salari. Le officine San Giorgio, il maggior complesso industriale della città, registrarono nell'anno 1932 un dimezzamento del numero degli addetti, che ridussero gli occupati dai 1.000 del 1931 ai 445 nel maggio dell'anno successivo116.

Questa deindustrializzazione della Provincia preoccupava non poco gli industriali. Il presidente dell'Unione industriale fascista, l'ingegner Giovacchino Banti, prospettò la ricaduta negativa della disoccupazione, sostenendo che alla Provincia non poteva «acconciarsi il comandamento 'ritorno alla terra'», perché Pistoia era già zona agricola, né era pensabile risolvere la disoccupazione attraverso l'emigrazione della massa operaia. «Il problema del lavoro alla San Giorgio» concludeva l'ingegner Banti «è quindi un problema cittadino, più che della Società»117.5

116 ASP, Archivio di Gabinetto della Sottoprefettura, n. 119, fasc. 1098: rapporto del prefetto alla presidenza del Consiglio dei ministri, prt. n. 835, 19 giugno 1932. [Nota a pie' di p. 441]

117 ASP, Archivio di Gabinetto della Sottoprefettura, n. 119, fasc. 1098, relazione di G. Banti, al prefetto, prot. n. 3905-III, 16 settembre 1933. [Nota a pie' di p. 441]


La necessità di regolare l'attività edilizia e quella di reperire nuovi spazi abitativi attigui al nodo ferroviario, spinsero l'amministrazione comunale all'inizio del XX secolo, più precisamente nel 1903, ad affidare al proprio ingegnere comunale Balilla Andreini l'incarico di redigere un piano di ampliamento per i terreni compresi tra il viale della Stazione e la via di Ciliegiole al vertice ovest della città murata.

Il tecnico del Comune previde la costruzione di un ampio viale, largo ventiquattro metri, per collegare il nodo ferroviario con l'estremità dei terreni posti ad ovest, e, perpendicolarmente a questo, tre strade di collegamento con il viale Pacinotti, a ridosso delle mura urbane, a formare la maglia urbanistica del futuro insediamento abitativo.

L'ubicazione del piano è determinata dalla forza attrattiva del nodo ferroviario, mentre la sua forma è dovuta unicamente ai forti vincoli infrastrutturali individuati dai tre rami ferroviari, dal viale XX Settembre e dal lato sud delle mura cittadine.

Il progetto ebbe l'opposizione formale della Società delle vie ferrate che, prudenzialmente, non intendeva alienare i propri terreni ancora non sfruttati dalle strutture, e trovò ripetuti intralci burocratici che ne rimandarono continuamente l'attuazione5.

Determinante per la sorte del piano fu l'arrivo a Pistoia, negli stessi anni del travagliato iter burocratico, della Società San Giorgio di Genova Sestri Levante [Genova, come sede legale, o Borzoli, come sede fisica; certamente non Sestri Levante!].

La società, attirata nel 1905 dalla presenza dell'importante nodo ferroviario, acquistò una porzione di terreni interessati dal piano e il Comune, accogliendo favorevolmente le proposte per la costruzione di un primo lotto di capannoni, sembrò voler preferire all'incertezza della fattibilità del programma, la certezza di un insediamento industriale capace di assorbire una considerevole quantità di mano d'opera.

Nel 1907, con il successivo ampliamento verso ovest dello stabilimento e con l'installazione nei terreni prossimi alla via di Ciliegiole dell'officina per la distribuzione del gas, decaddero definitivamente le possibilità di attuare le previsioni del piano: il Consiglio comunale, con seduta del 15 novembre 1909, deliberò, infine, di abrogare le scelte programmatiche fatte per la zona sud della città; con il fallimento del primo tentativo di programmazione furono evidenti [<459-460>] i limiti dell'amministrazione comunale alla quale era demandato.6

5 Ibidem [Beneforti, Appunti e documenti], p. 26. Il piano, presentato il 22 giugno 1903, fu approvato dalla Giunta il 2 agosto 1903: la Società ferroviaria inoltrò opposizione il 20 ottobre 1903 che fu rigettata all'unanimità dal Consiglio comunale il 21 gennaio 11904. L'iter fu respinto dalla prefettura per mancanza di copertura finanziaria e per non aver «fissato le condizioni particolari per l'esecuzione dell'opera». Il piano verrà definitivamente abbandonato con delibera del 15 novembre 1909. [Nota a pie' di p. 459]


[467>] La prima tratta tra le vie Bolognese e Modenese con la via per Lucca dove era previsto un moderno autoporto25, divenne funzionale nel 1936 mentre la seconda, progettata per collegare la viabilità della montagna e quella da Lucca con la via Fiorentina e la via per il Montalbano non troverà attuazione per l'opposizione della società San Giorgio all'attraversamento dei terreni di sua proprietà26.7

25 Ibidem p. 87, nota 50. «Contemporaneamente (al progetto del viale Adua) viene compilato ed approvato il progetto di una stazione di sosta per gli autoveicoli all'estremo sud del viale dotata di albergo, ristorante, pensiline, autorimesse, peso pubblico, distributori ed officina, ma la sua realizzazione, conclusa nel 1938, comprende una sola e grande autorimessa». [Nota a pie' di p. 467]

26 Non verrà neppure realizzato il breve tronco di collegamento tra il cavalcavia di Porta Lucchese e l'aeroporto in sostituzione della stretta via di Ciliegiole. [Nota a pie' di p. 467]


[529>] [...] nel 1908 dagli operai della San Giorgio78. Fu quest'ultimo, ove si escluda la Società di mutuo soccorso fra il personale di basso servizio degli ospedali riuniti nata nel 190179, il primo sodalizio istituito fra i lavoratori di un'unica azienda, indizio significativo delle trasformazioni avvenute nel quadro economico e produttivo della città con l'apparizione dei primi stabilimenti industriali di una certa dimensione80. Nel 1909 poi i lavoratori della San Giorgio dettero vita anche a una cooperativa di consumo che restò attiva fino all'ottobre del 1922, quando i suoi dirigenti, fatti oggetto di continue minacce da parte dei fascisti, furono costretti a decretarne lo scioglimento81.8

78 Cfr. Statuto della Società di pro soccorso fra gli operai della Ditta «San Giorgio» in Pistoia, Pistoia, Tip. Grotta Giusti, 1908. [Nota a pie' di p. 529]

79 Cfr. Società di mutuo soccorso fra il personale di basso servizio dei RR. Spedali Riuniti di Pistoia, Pistoia, Tip. Flori, 1901. [Nota a pie' di p. 529]

80 Cfr. Ottanelli, Auto, treni, aerei, pp. 90-95. [Nota a pie' di p. 529]

81 Cfr. ibidem, pp. 87-90 e 147. [Nota a pie' di p. 529]


[576>] Figg. 1-2. Ambulanze e carri-lettighe prodotti a Pistoia dalle Officine San Giorgio. Catalogo pubblicitario del 1935.9


[619>] Con Decreto Ministeriale del 27 dicembre 1894 fu istituita la Scuola serale e domenicale di Arti e Mestieri «Antonio Pacinotti» di Pistoia48. Gli enti che finanziavano la scuola decisero di erigerla in ente morale, con R.D. del 1896.

L'esigenza di ampliarla e trasformarla si faceva sempre più marcata, con l'obiettivo di farne una scuola industriale, visto che Pistoia aveva nel frattempo avuto un notevole sviluppo in tal senso, con la nascita nel 1905 delle Officine Meccaniche San Giorgio. Il consiglio direttivo, considerato il progresso delle industrie e la necessità di fornire una nuova classe lavoratrice, intorno ai primi del Novecento formulò le linee generali del nuovo istituto. Lo statuto fu approvato in data 10 maggio 190749 dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, che dette anche il suo beneplacito all'accorpamento50, prevedendo un costo annuo per il mantenimento della scuola di L. 30.000.10

48 [...] [Nota a pie' di p. 619]

49 [...] [Nota a pie' di p. 619]

50 [...] [Nota a pie' di p. 619]


[688>] L'insediamento della fabbrica San Giorgio, il cui impianto era stato progettato dall'ingegner Pilo Becherucci, importa in città uno dei rari esempi di architettura industriale di stile modernista. Ne è autore Gino Coppedè, che su incarico della società genovese realizzò tra il 1906 e il 1907 la palazzina d'ingresso del nuovo stabilimento per la produzione di carrozze, automobili e veicoli ferroviari. Se col padiglione di Sampierdarena11 all'Esposizione di Milano del 1906 Coppedè aveva dato corpo alla visione di un meccanicismo pre-futurista, a Pistoia l'architetto abbandona nuovamente la sua abbondante vena post-eclettica a favore di un linguaggio espressivo e vibrante, liberato dall'ossessione storica, che nell'omaggio al nuovo stile (e in particolare alle formule secessioniste della Wagnerschule) sottolinea l'indirizzo estetico-ideologico della committenza, protesa verso le mete dell'era industriale. L'impianto della facciata (semplificato in sede esecutiva e oggi poco leggibile) era marcato da una vivace cromia e dal variato accostamento di materiali, con la ripresa di motivi decorativi già sperimentati nella sede della San Giorgio a Sestri Ponente (anch'essa di Coppedè)67. Ne risultava un insieme di forte impatto visivo che segnalava con enfasi la presenza del più importante e moderno insediamento produttivo della città68.12

67 Bossaglia, Cozzi, I Coppedè, pp. 171, 180. [Nota a pie' di p. 688]

68 Sulla palazzina Coppedè e sulle vicende dello stabilimento pistoiese, cfr. Beneforti, Appunti e documenti, pp. 26-31; Ottanelli, L'impianto, pp. 10-13 [= A. Ottanelli, L'impianto della San Giorgio a Pistoia, «Farestoria», I, 1981 [2], pp. 10-13]; Cacioli, Giobbi, Signorini, Vanni, Le officine, pp. 49-51; Ottanelli, Auto; Cresti, Per una ricerca, pp. 310-311; Luoghi e immagini, pp. 79, 137. [Nota a pie' di p. 688]



1 Dal cap. I: A. Ottanelli, "Gli anni del cambiamento (1878-1914)", a partire da p. 361.

2 Dal cap. II: G. Petracchi, "Pistoia dalla prima alla seconda guerra mondiale (1914-1940)", a partire da p. 403.

3 Dal cap. II, cit.

4 Dal cap. II, cit.

5 Dal cap. II, cit.

6 Dal cap. IV: A. Andreini, "L'urbanistica dall'unificazione del Comune al concorso del 1934", a partire da p. 457.

7 Dal cap. IV, cit.

8 Dal cap. VI: F. Conti, "Dalla sociabilità d'élite all'associazionismo di massa: società civile e riti della modernità a Pistoia nell'età liberale", a partire da p. 513.

9 Dal cap. VIII: G. C. Niccolai, "Medicina e sanità a Pistoia fra Ottocento e Novecento", a partire da p. 569.

10 Dal cap. XI: S. Nerozzi, "Le scuole pistoiesi dall'Unità d'Italia alla riforma Gentile fra tradizione e novità", a partire da p. 613.

11 Sampierdarena?

12 Dal cap. XIV: G. Chelucci, "Architettura e arti decorative a Pistoia tra eclettismo e modernità", a partire da p. 669.



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Centro MAAS, Introduzione all'Archivio storico dell'IRI (Roma, 5 giugno 2002), pp. 91, 102, 226 Link esterno Centro MAAS. Link esterno OPAC SBN

[91>] Nuova San Giorgio (200.36)
ASIRI.AG.20001.30197 (bb. 4, 1954-1971)
Società di esercizio Nuova San Giorgio Sestri spa costituita il 5/6/1954 con sede in Roma, poi Nuova San Giorgio spa con sede in Genova. Ceduta alla Cogne nel 1971.


[102>] San Giorgio società industriale (200.17)
ASIRI.AG.20001.30175 (bb. 10, 1905-1978)
Costituita il 18/11/1905 con la denominazione di San Giorgio - Società anonima italiana per la costruzione di automobili terrestri e marittimi con sede in Genova. Poi San Giorgio - società industriale per azioni. Messa in liquidazione con delibera assembleare del 9/6/1954 e cancellata dal registro delle imprese il 1/8/1969.


[226>] 200.17 San Giorgio, bb. 5, 1944 - 1958.1



1 Altre buste riguardano società derivate dalla San Giorgio. Non è chiaro se i documenti d'archivio sono rimasti online.



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T. Corridori, a cura di, Confederazione generale italiana del lavoro. Inventario dell'Archivio storico, 1944-1957, vol. 1 (Roma : Ministero per i beni e le attività culturali, Direzione generale per gli archivi, 2002), p. 594 Link esterno Biblioteca digitale DGA. Link esterno OPAC SBN

512. "Genova. Vertenza San Giorgio", docc. 20      21 mar. 1950 - 11 apr. 1952
Corrispondenza con la Fiom, la Commissione interna della San Giorgio, il Mi­nistero del lavoro e la Confindustria (ms., datt.).
Si segnala: verbale di risoluzione della vertenza San Giorgio, s.d.1



1 Documenti sulla sede di Pistoia nei fascicoli 307, descritto a p. 467, e 588, descritto alle pp. 509-510. Si veda anche il secondo volume dell'opera.



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T. Corridori, a cura di, Confederazione generale italiana del lavoro. Inventario dell'Archivio storico, 1944-1957, vol. 2 (Roma : Ministero per i beni e le attività culturali, Direzione generale per gli archivi, 2002), pp. 735, 736 Link esterno Biblioteca digitale DGA. Link esterno OPAC SBN

[735>] 444. "Genova. Società Ansaldo S. Giorgio. Accordo stipulato con la Cisl", docc. 7      20 mar. 1954 - 12 giu. 1954
Testo dell'accordo e corrispondenza con la Uil, il Ministero dell'industria, la Camera del lavoro di Genova e le commissioni interne delle aziende Iri (datt.).
Si segnala: verbale di accordo tra la Società Ansaldo San Giorgio e i rappresentanti della Uil e Cisl, 22 feb. 1954.


450. "Genova. Smobilitazione stabilimento San Giorgio", docc. 62      15 giu. 1954 - 3 set. 1954
Iniziative parlamentari e sindacali; manifestazioni di protesta, invio ordini del giorno; documenti sulle aziende Iri; corrispondenza con la Camera del lavoro di Genova e di altri comuni, il Ministero del lavoro e il Ministero dell'industria, le [<735-736>] commissioni interne, organi istituzionali (ms., datt., cicl., stampa).
Contiene i sottofascicoli: a) "Documenti sulla San Giorgio di Genova e Iri"; b) "Vertenza San Giorgio di Genova".
Si segnala: promemoria sugli stabilimenti metalsiderurgici delle aziende Iri a Sestri, s.d.; promemoria sulla politica dell'Iri, s.d.; San Giorgio, numero speciale del bollettino «La nave», 26 lug. 1954; resoconto sommario delle sedute 183ª-184ª della Camera dei deputati, del 28 luglio 1954, durante le quali si è discussa la mozione presentata da Di Vittorio e altri sulla liquidazione della S. Giorgio.
1



1 Una fotografia pertinente è nelle tavole fuori testo finali. Si veda anche il primo volume dell'opera.



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Storia § ??
G. De Luca, Le società quotate alla Borsa Valori di Milano dal 1861 al 2000. Profili storici e titoli azionari (Milano : Libri Scheiwiller, 2002), pp. 216-217. Link esterno OPAC SBN

La Filotecnica Ing. A. Salmoiraghi

DENOMINAZIONE SOCIALE ALLA QUOTAZIONE La Filotecnica Ing. A. Salmoiraghi • ANNO DI COSTITUZIONE 1905 • SEDE SOCIALE Milano • DENOMINAZIONE ALLA CANCELLAZIONE DAL LISTINO O ATTUALE La Filotecnica Ing. A. Salmoiraghi • ANNO DI AMMISSIONE ALLA QUOTAZIONE 1905 • ANNO DI CANCELLAZIONE DAL LISTINO 1918 • ANNO DI CESSAZIONE attiva.

CAPITALE SOCIALE ALLA COSTITUZIONE L. 1.200.000 • CAPITALE SOCIALE ALLA CESSAZIONE O ULTIMO DATO DISPONIBILE L. 1.000.000.000 [DA VERIFICARE]

Profilo storico
La Filotecnica Salmoiraghi fu costituita, nel giugno 1905, come accomandita per azioni, con un capitale di 1.200.000 lire elevabile a 1,5 milioni, diviso in azioni da 100 lire. I soci fondatori erano: l'ingegner Salmoiraghi, con 3.500 azioni, C. Prandoni, della banca A. e C. Prandoni, con 3.500 azioni, C. Castiglioni, con 2.000 azioni, gli ingegneri E. Castiglioni e V. Bellini, rispettivamente con 500 e 700 azioni ciascuno. Socio accomandatario era l'ingegner Salmoiraghi. L'oggetto sociale della Salmoiraghi [<216-217>] era la fabbricazione e il commercio di strumenti ottici e meccanici di precisione e la lavorazione delle lenti e degli specchi per proiettori e fari. Nel 1918 la Filotecnica Salmoiraghi assunse la forma di anonima e negli anni seguenti, tra 1925 e 1935, visse un periodo piuttosto tormentato, con frequenti svalutazioni e rivalutazioni del proprio capitale. In questo stesso periodo fu aperto un secondo stabilimento, a Napoli e la quasi totalità del pacchetto azionario passò all'Iri, che nel 1948 lo cedette alla propria finanziaria Finmeccanica. Negli anni Cinquanta la società fu sottoposta a numerose svalutazioni e successive reintegrazioni del proprio capitale. Nel 1958 la Filotecnica incorporò la Immobiliare Merulana Spa, della quale deteneva l'intero pacchetto azionario. Nel 1961 le azioni della Filotecnica erano possedute per il 51% da Finmeccanica, per il 48% circa da Iri e per il rimanente da privati. Nel 1963 la Nuova San Giorgio rilevò i pacchetti azionari di proprietà di Finmeccanica e di Iri, aumentando il capitale a due miliardi. Tre anni più tardi, la Filotecnica venne ceduta nuovamente alla Finmeccanica, la quale rilevò l'intero pacchetto azionario posseduto dalla Nuova San Giorgio (circa il 99% delle azioni Filotecnica). Il 6 maggio 1974 Finmeccanica vendette poi la propria partecipazione nella Filotecnica Salmoiraghi alla Dollon [Dollond] International Ltd. Nel corso degli anni Novanta l'azienda ha subito importanti modifiche, soprattutto dal punto di vista societario: nel 1994, infatti, a seguito della fusione con l'Istituto Ottico Viganò Spa, ha modificato la propria denominazione sociale in Salmoiraghi & Viganò Spa, celebre marchio che contraddistingue una catena di negozi in franchising specializzati nella vendita di occhiali. Nel corso del 2000, la Salmoiraghi & Viganò Spa è stata oggetto nuovamente di un cambio di ragione sociale: il 17 aprile ha infatti assunto la denominazione di Vogart Spa e, contestualmente a tale operazione, ha altresì spostato la propria sede sociale da Milano a Longarone, in provincia di Belluno.

Riferimento bibliografico
Ottica Salmoiraghi, Testimone di un secolo (1865-1965), Milano, 1965.

Riferimento archivistico
Archivio Storico della Camera di Commercio di Milano, fondo 1861-1920, scatola 345, fascicolo 8.1



1 .



All'indice    2003    Indicatore di completezza
Storia § ??
S. Antonini, Storia della Liguria durante il fascismo. 1: Dal biennio rosso alla marcia su Roma, 1919-1922 (Genova : De Ferrari, 2003), pp. 105, 188, 469, passim. Link esterno OPAC SBN

[105>] Nelle officine Marconi – scrisse [il questore] – in seguito allo sciopero di 12 impiegati sono stati licenziati 12 operai. A Sampierdarena la situazione dello sciopero è invariata. Finora sono stati chiusi, in seguito allo sciopero, i seguenti stabilimenti: Acciaierie Cornigliano, che occupavano una maestranza di 500 persone; Tubificio Ansaldo in Cornigliano con 400 operai; Ansaldo Fiumara in Sampierdarena con 500 operai. Nella giurisdizione di Rivarolo gli impiegati continuano nell'astensione del lavoro. Finora sono state chiuse le Acciaierie Italiane di Bolzaneto che occupano una maestranza di 1.000 persone; le Ferriere Bruzzo con 1.200 operai; l'Oleificio e Saccheria Gaslini con 1.000 operai. Negli Oleifici di Rivarolo si lavora solo in parte e con personale ridotto. Circa 150 operai non possono lavorare per mancanza di capi. A Sestri Ponente continua compatto lo sciopero. Finora sono stati chiusi i seguenti stabilimenti: San Giorgio con 900 operai; Cantiere Ansaldo con 1.000 operai; Fonderie Ghisa con 1.500 operai; Proiettificio Ansaldo con 500 operai; Cantiere aeronautico con 400 operai. Anche a Voltri lo sciopero prosegue compatto.


[188>] Alla San Giorgio di Sestri Ponente, ai cantieri di Riva Trigoso e alle Trafilerie laminatoi metalli di Sestri Levante si ebbero cali produttivi del 50%, a La Spezia in alcune realtà come gli stabilimenti Ansaldo San Giorgio, la produzione scese così in basso che la direzione, già il 27 agosto, propose al Consorzio degli industriali liguri la serrata [...]


[469>] DOCUMENTO N. 1 / SITUAZIONE POLITICA E MOVIMENTO OPERAIO NEL 1° CIRCONDARIO DI GENOVA – RELAZIONE SETTIMANALE DEL QUESTORE – 7 GIUGNO 1919 / [...] La Camera sindacalista di Sestri ha mal sopportato la nascita della consorella rossa che specie in quel di Pegli dovrebbe contenderle quelle masse lavoratrici, ed ha iniziato già opera disgregatrice, chiamando intanto a convegno le maestranze della S. Giorgio di Borzoli, ambedue ascritte alla federazione regionale metallurgica appodiata alla camera rossa di Sampierdarena, per ammonirle che il frazionamento delle forze proletarie nuoce al trionfo dei diritti delle masse, e per attrarle nel campo di influenza sindacale.



1 ...



All'indice    2004    Indicatore di completezza
Storia § ??
E. A. Marsilii, Il movimento anarchico a Genova (1943-1950) (Genova : Annexia, 2004), p. 19 e nota 57 alle pp. 33-34. Link esterno OPAC SBN

[19>] Una mappa delle fabbriche in cui stava sorgendo, o sarebbe nata di lì a poco, una presenza anarchica organizzata la rileviamo dagli archivi del CLN Ligure: l'Ansaldo Fossati di Sestri Ponente, la SIAC di Campi, i Cantieri Ansaldo di Sestri Ponente, la S. Giorgio ancora a Sestri Ponente, l'ILVA di Campi, l'Ansaldo Allestimento Navi, l'Ansaldo S. Giorgio, la SIAC di Pontedecimo, la Bagnara SAM e la Piaggio di Sestri Ponente, l'Ansaldo Cerusa di Voltri.36


57 Intervista a Sergio Bugatti e Clara Causa del 7 aprile 2003. Armando Bugatti nacque nel canton Vallese, in Svizzera il 23 maggio 1901. La famiglia si trasferì intorno al 1910 a Genova, dove sia Armando che il fratello Amedeo trovarono lavoro presso la lega [<31-32>] dei panettieri, una lega socialista. Con l'avvento del fascismo, com'è noto, le leghe socialiste furono sciolte e sostituite dalle corporazioni; i fratelli Bugatti entrarono come operai alla SIAC. Amedeo fu tra i fondatori della sezione comunista di Cornigliano. Di idee anarchiche fu costretto a scappare in Francia nel 1926, si legò al movimento anarchico francese, partecipando al Maquis; Armando rimase a Genova, dove trovò lavoro alla S. Giorgio, ma per le sue idee fu arrestato e licenziato, in seguito ad un commento in un bar sulla morte del figlio di Mussolini, riportato da qualche fascista zelante all'OVRA. [...] Fece parte della Brigata Garibaldina Alpron, assieme ad altri anarchici, di zona a Sestri, poi entrò nella Brigata Malatesta. Arrestato insieme a Caviglia e al comunista Niger Pelacchi, fu rilasciato agli inizi del '45. Trasferito, sempre per intercessione di Rosini, all'Ansaldo Fossati di Novara, prese contatto con le Brigate Moscatelli, in Val d'Ossola. Ebbe incarichi quale rappresentante del Cln del Fossati di provvedere di generi alimentari Sestri Ponente; uno dei convogli scortato dal gruppo dei partigiani della Brigata Moscatelli venne attaccato dai nazisti che miravano a impossessarsi della locomotiva. Fu il tempestivo intervento dei partigiani di Voghera a evitare il sequestro del mezzo, ma nel corso degli scontri, un sestrese, ex appartenente al genio militare, staccò la locomotiva fuggendo a Genova. Venne fermato dai partigiani di Sampierdarena, mentre da Voghera il convoglio riuscì comunque a raggiungere Genova con un'altra locomotiva fornita dai ferrovieri. Intervista a Sergio Bugatti e Perdomi, presenti Clara Causa e Guido Barroero del 14 aprile 2003. Intervista a Sergio Bugatti e Clara Causa dell'11 novembre 2003. [Nota a pie' delle pp. 31-32 oppure 33-34?] 1



1 Sull'anarchismo a Sestri Ponente, ma senza riferimenti espliciti alla San Giorgio: G. Barroero, "Sestri, oh cara! / Una cittadella proletaria, anarchica e sovversiva dall'avvento del fascismo alla resistenza", Umanità Nova, n. 37 (10/11/2002) Link esterno A-Infos (esistente il 21/6/2020).



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S. Antonini, "Scioperi operai e deportazione in Liguria 1943-1945", in La RSI : la repubblica voluta da Hitler : atti del Convegno tenuto a Gardone Riviera, 22 aprile 2005, a cura di G. Porta (Roma : Ediesse, 2005), pp. 124, 126, 127, 136, 142. Link esterno OPAC SBN

Abbiamo potuto constatare che la Liguria, e Genova in particolare, dove la presenza operaia era paragonabile a quella delle altre grandi città industriali del Nord, non aveva risposto alla prima chiamata e non fu toccata dal movimento. Adesso però le cose erano diverse, con la macchina repubblicana che stentava a rimettersi in moto, ma anche per una presenza attiva del Partito comunista che, dopo il 25 luglio e l'intermezzo badogliano, aveva iniziato a Genova, partendo dalle fabbriche, una riorganizzazione che si rivelò più complicata del previsto10, per il rifiorire dello spontaneismo11 e perché si facevano sentire, oltre ai disagi tipici di un paese impegnato da oltre tre anni in un conflitto segnato da gravi rovesci militari, gli effetti dei bombardamenti, che riconducevano alla stanchezza della guerra e al rifiuto di essa da parte della popolazione. Ma, per fascisti e tedeschi, l'elemento operaio indispensabile per il proseguimento delle azioni militari si mostrò difficile da controllare. Prova ne è l'escalation degli scioperi che si ebbe a partire da novembre e che proseguì quasi senza interruzioni fino al principio dell'estate del 1944. Dopo tale data si verificarono soltanto casi sporadici, per quanto la situazione non si presentasse affatto stabilizzata.

Cominciarono il 27 novembre 1943 i tranvieri dell'Uite, per protestare contro l'arresto, da parte dei tedeschi, di tre operai dell'officina, due dei quali componenti della Commissione di fabbrica, non più sciolta dalla sua costituzione avvenuta sotto il Governo Badoglio e mantenuta dai fascisti nel quadro dei programmi – mai attuati – di socializzazione, accusati di propaganda sovversiva. Gli arrestati erano Aldo Priano, Ernesto Pareto e Romeo Guglielmetti. La risposta [<124-125>] degli operai a quell'atto ritenuto arbitrario giunse cogliendo di sorpresa le autorità. Nonostante la sera stessa l'agitazione potesse dirsi conclusa, essa preoccupò fascisti e tedeschi che temevano una estensione dello sciopero nelle fabbriche cittadine12 – così effettivamente avvenne, dapprima in forma attutita, a partire dal 6 dicembre forse senza collegamenti con l'episodio –: dal momento che la protesta ebbe successo, fin dal mattino la circolazione tranviaria rimase pressoché bloccata13. Lo sciopero dei tranvieri è importante perché in esso, a differenza di alcune delle agitazioni che si ebbero più tardi, principlamente rivendicazioniste, è possibile scorgere un movente di tipo politico (fra l'altro, nei giorni seguenti vennero arrestate altre otto persone, ritenute fra gli «istigatori badogliani poi dimissionari dalle commissioni»). Se è però indubbio un atteggiamento antitedesco, non così netta appare la volontà di farsi rappresentare da organismi – al momento in embrione, come i Cln aziendali – che anche quando cominciarono ad agire incisero meno di quanto si è finora detto, perché secondo molti avrebbero recato più svantaggi che vantaggi, considerata la tradizionale ritrosia operaia a seguire proposte di tipo politico che non contemplassero bisogni immediati; perciò il ricorso alle Commissioni di fabbrica e al sindacalismo ufficiale, più o meno controllati da fascisti e tedeschi, non venne affatto abbandonato.


10 Paolo Spriano, in Storia del Partito comunista italiano, vol. V, La Resistenza. Togliatti e il partito nuovo, Torino, Einaudi, 1978, scrive a p. 225 in merito alla situazione comunista a Genova: «A Genova i dati che elenca in un suo rapporto Gian Carlo Pajetta non sono molto diversi: alla Fossati, su 5.000 operai 40 i comunisti, alla San Giorgio, su 5.000 operai, sono 204 – la percentuale maggiore – ma alla Ansaldo Meccanico su 4.000 operai i comunisti sono appena 50 e a quello Elettromeccanico 30, su 2.900 operai». [Nota a pie' di p. 124]

11 Su questo aspetto, cfr. Teodoro Sala, La Resistenza ligure nel giudizio e nella partecipazione di politici e partigiani dell'area danubiano-balcanica. Dalla Jugoslavia all'Italia, in Aa. Vv., La Resistenza in Liguria e gli Alleati, Genova, Tipografia La Stampa, s. d., p. 192. [Nota a pie' di p. 124]


Il giorno 16 dello stesso mese [dicembre 1943] si ebbe un nuovo importante episodio di protesta che durò fino al 19 e che coinvolse, secondo fonti fasciste, almeno cinquantamila lavoratori. I motivi sono riassunti nel comunicato diffuso alla stessa data nella San Giorgio dal Comitato segreto di agitazione, un organismo formalmente interpartitico ma guidato dai comunisti, che si proponeva di incanalare il malcontento operaio assumendone la guida. Severino Medici, amministratore delegato dell'azienda, si incaricò di farlo giungere in prefettura.1

«Il Comitato di agitazione segreto della San Giorgio invita gli operai e gli impiegati a scioperare in segno di protesta per la mancata applicazione degli accordi già conclusi e per le seguenti rivendicazioni: 1) si riassumano le donne licenziate il mese di ottobre e si conceda alle capo famiglia lo stesso trattamento degli uomini; 2) la Direzione si interessi presso le autorità affinché anche agli impiegati venga corrisposto l'aumento di 75 grammi di pane; 3) si abolisca il lavoro a cottimo e si istituisca una percentuale fissa adeguata al costo della vita»19.

Con la San Giorgio, scesero in sciopero le maestranze del gruppo Ansaldo di Cornigliano (Delta e Carpenterie), di Sampierdarena (Meccanico, Allestimento Navi, Artiglieria, da dove l'agitazione ebbe inizio), Siac; le fonderie Fossati di Sestri Ponente, lo zuccherificio [<126-127>] Eridania, le officine del Consorzio autonomo del porto20 con astensioni dal lavoro pressoché totali21; lo sciopero si estese in provincia, per esempio alle numerose fonderie di Sori22, a Savona, Varazze, Vado Ligure, Cairo Montenotte e altre località23. Gli scioperi del dicembre 1943 erano arrivati in Liguria sull'onda di quelli proclamati a Torino; gli operai, secondo il comunicato diffuso dal Comitato segreto di agitazione della San Giorgio, chiedevano soprattutto un adeguamento del salario al costo della vita e una soluzione soddisfacente ai crescenti problemi alimentari. Il Brigadenführer Paul Zimmermann, nominato dal comandante supremo delle Ss in Italia Karl Wolff «incaricato speciale per la repressione degli scioperi»24 – un'altra prova di quanta considerazione i tedeschi intesero riservare agli alleati –, dopo essersi recato a Torino e Milano e aver parlato agli operai, il 21 dicembre visitò le fabbriche di Savona e Genova; riconoscendo giuste le rivendicazioni, promise aumenti di paga e miglioramenti nella distribuzione dei generi alimentari. La situazione parve sul momento tranquillizzarsi, ma nessuno tra i tedeschi e i fascisti si faceva illusioni: senza il mantenimento delle promesse era da prevedere un nuovo incremento delle agitazioni.


19 Documenti della ex Rsi, Comitati di agitazione sindacale clandestina, comun. in data 16 dicembre 1943, b. 32, Asg. [Nota a pie' di p. 126]

20 Documenti della ex Rsi, Scioperi, fon. n. 9030 in data 20 dicembre 1943, b. 20, Asg. [Nota a pie' di p. 127]

21 Documenti della ex Rsi, ivi, fon. n. 1010018 del 20 dicembre 1943, b. 20, Asg. [Nota a pie' di p. 127]

22 «Pomeriggio odierno – affermava il tenente dei carabinieri Aspromonte Lezzerini – 150 operai delle fonderie Vivaldi, Bancalari, Lareto e Caorsi in Sori (Genova) abbandonavano lavoro in segno di protesta per mancato aumento dei salari. Nessun incidente». Cfr. Documenti della ex Rsi, ivi, segn. n. 589/6 del 20 dicembre 1943, Asg. [Nota a pie' di p. 127]

23 Secondo quanto riferì la prefettura di Savona: «Hanno scioperato operai seguenti industrie: Savona Ilva 4500; Basevi 600; Scarpa e Magliano 800; Distilleria Savona 100; S.A.M.S. 100; Funivie Savona S. Giuseppe 300; Vado Ligure Brown Boveri 800; Gasogeno 300; Ilva refrattari 400; Società Materiali Refrattari 300; Carboni Fossili 400; Varazze Cantieri Baglietto 700; S. Giuseppe Cairo Montecatini 850; Coke Italia 850 e oltre; Piccole industrie di Savona e Vado per 400 operai». Cfr. Documenti della ex Rsi, Scioperi, fon. n. 2367 in data 22 novembre 1943, b. 20, Asg.
Ancora il 22 dicembre, dalla stessa prefettura, veniva segnalato quanto segue: «Operai scioperanti 12.000 circa hanno ripreso il lavoro, 5.000 operai sono ancora in sciopero. Per 7.000 lo sciopero è durato 4 ore a Varazze, 48 ore a Vado Ligure, 24 ore a S. Giuseppe di Cairo e perdura tuttora parzialmente a Savona». Cfr. ivi c. s., fon. s. n. in data c. s., Asg. [Nota a pie' di p. 127]

24 Lutz Klinkhammer, L'occupazione tedesca in Italia, Torino, Bollati Boringhieri, 1993, p. 201. [Nota a pie' di p. 127]


[136>] Quanto alla consistenza degli scioperanti, dalle testimonianze giunte fino a noi, sembra che alcuni reparti della Siac, dell'Ansaldo Meccanico e delle ferriere Bruzzo provassero a interrompere il lavoro, ma il tentativo venne subito isolato53. Per il capo della provincia, i fatti si svolsero in altro modo.

«Il 1° corrente – scriveva Basile al capo della polizia a Maderno – mentre era stato preannunciato da fonte fiduciaria e da manifestini stampati alla macchia uno sciopero genrale, si è solo verificata una breve astensione dal lavoro nel reparto "Centrale di Tiro" dello Stabilimento "San Giorgio" di Sestri Ponente, subito stroncato dal deciso intervento del sottoscritto e dagli organi di Polizia»54.

Se lo sciopero generale del marzo 1944 a Genova fallì quasi totalmente, non significa che dalle altri parti non portasse risultati [...]


53 Ivi, p. 95. [Nota a pie' di p. 136]

54 Documenti della ex Rsi, Scioperi, fon. n. 101035 in data 6 marzo 1944, b. 20, Asg. Nello stesso fonogramma, riassuntivo delle manifestazioni avvenute in dicembre e gennaio, Basile ammetteva: «L'astensione dal lavoro è durata per i giorni 16, 17, 18 e 19 dicembre ed ha interessato un complesso di circa cinquantamila operai. [...] Il 13 gennaio tutti i maggiori stabilimenti industriali della zona di Ponente e Valpolcevera si sono messi in isciopero [sic]. Operai partecipanti circa cinquantamila. Rimasto vano l'appello per la ripresa del lavoro entro le ore 10 del giorno 14, è stata disposta la serrata degli stabilimenti, che è stata mantenuta fino al giorno 20. Nessun incidente». [Nota a pie' di p. 136]


[142>] Come auspicava il questore, prima di questo episodio il capo della provincia convocò le commissioni interne annunciando provvedimenti nel campo alimentare, ma non riuscì a placare il malcontento. Gli scioperi di giugno interessarono circa dodicimila tra operai e impiegati finché il giorno 16, in seguito ad azioni di fascisti e tedeschi, vennero circondate – secondo uno schema già sperimentato a Torino e Milano – la San Giorgio, la Siac, la Piaggio e il cantiere navale Ansaldo, per dar corso ad una misura punitiva che stroncasse una volta per tutte le agitazioni. Fu così realizzata, senza incontrare resistenza, una grande deportazione operaia,2 che secondo fonti fasciste interessò oltre duemila persone68, i cui contraccolpi non tardarono a farsi sentire, perché gli scioperi del giugno rimasero in pratica l'ultimo episodio consistente di protesta.


68 Documenti della ex Rsi, Relazioni mensili sulla situazione politico-economica della provincia, rel. n. 169 del 1° luglio 1944, b. 31, Asg. L'invio in Germania degli operai genovesi non passò inosservato neppure in altre parti d'Italia. È scritto in una relazione del 25 giugno 1944 che accompagnava la corrispondenza censurata: «Impressione sfavorevole, nel complesso, si è rilevata da alcune lettere sulle rappresaglie contro gli scioperanti di Genova; in una lettera scritta da Ortisei e che è stata insieme alle altre obliterata, si legge: «Ho visto a Trento tutti gli operai deportati dagli stabilimenti di Genova e mi si è stretto il cuore. Povera gente, senza neppure vedere la propria famiglia!». Cfr. Sandro Antonini, Catene al pensiero e anelli ai polsi. Censura di guerra in Liguria 1940-1944, Genova, De Ferrari, 1999, p. 141. [Nota a p. 142]



1 Su Severino Medici si vedano → Annuario AEI (1941), Brizzolari (1974), Rugafiori (1981).

2 È opportuno sottolineare che la deportazione coinvolse anche impiegati.



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S. Antonini, Storia della Liguria durante il fascismo. 2: Fascisti, cospiratori, costruzione del regime, 1923-1925 (Genova : De Ferrari, 2005), p. 363. Link esterno OPAC SBN

28 Sulla Cronaca di Sestri Ponente de Il secolo XIX, n. 67 del 19 marzo 1925, era apparso un articolo, dovuto al locale corrispondente, Vincenzo Gazzano – fascista di provata fede – intitolato Propaganda comunista. In sostanza, secondo il Gazzano, negli stabilimenti San Giorgio, alcuni militi riuscirono a impossessarsi di manifestini «inneggianti al bolscevismo e ai partiti comunisti». Puntuale giunse la risposta del questore, il quale dichiarò che quanto scritto dal Gazzano non corrispondeva a verità. Erano invece stati distribuiti manifestini della FIOM sullo sciopero metallurgico. Inoltre, in altri stabilimenti, vennero rinvenute scritte contrarie a certi elementi del sindacalismo fascista e favorevoli ad altri. «Sta di fatto – aggiunse il questore – che, pur essendovi in questi stabilimenti una segreta e organizzata opera sovversiva e antisindacale, i fatti denunziati inesattamente dal giornale non sono da attribuirsi a un movimento vero e proprio del Partito comunista. Senza dubbio, invece, sono una conseguenza degli attuali contrasti dei fascisti e delle suaccennate minacce contro il Marinoni [Ottavio Marinoni, segretario politico del Fascio di Sestri Ponente] e contro il Gazzano». Prefettura di Genova, Agitazioni e scioperi 1920-1925, lett. n. 2153 del 20 marzo 1925, bb. 22-23, ASG.1 [Nota a pie' di p. 363]



1 Rimangono da verificare riferimenti ad Arturo Bocciardo alle pp. 29, 30, 31, 32, 50, 200, 236n.



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G. Bruschi, Una battaglia operaia a Genova, 1950 : autogestione alla San Giorgio (Genova : Fratelli Frilli, 2005), 203 pp. Link esterno OPAC SBN

[Rimane da reperire. Si confrontino due recensioni da opposti punti di vista:
- P. Arvati, "Autogestione, rabbia e fantasia: la lunga lotta della San Giorgio", la Repubblica (18/9/2005) Link esterno la Repubblica (esistente il 17/8/2020);
- A. Massobrio, "L'occupazione della San Giorgio nel 1950 delle lotte in fabbrica : Il comunista Bruschi racconta la battaglia operaia nell'azienda", il Giornale (13/11/2005) Link esterno il Giornale (esistente il 17/8/2020)]



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G. Gimelli, La Resistenza in Liguria : Cronache militari e documenti, a cura di F. Gimelli (Roma : Carocci, 2005), pp. 28-29, 147, 912. Link esterno OPAC SBN

A Sestri Ponente l'opera di recupero delle armi provocò uno dei primi scontri a fuoco tra civili e truppa germanica, l'11 settembre [1943]. I sestresi, infatti, in quei giorni, avevano potuto sottrarre molte armi e munizioni dalla postazione italiana sita in località Fossa, dagli uffici militari dell'allora viale XX Settembre e da vari stabilimenti industriali dove le armi erano state abbandonate o consegnate agli operai dai soldati italiani che vi erano di presidio.

Nel giorni 9 e 10 settembre, per iniziativa di un gruppo antifascista già organizzato, le armi e le munizioni vennero raccolte e concentrate in parte in un garage di via A. Costa e in parte nella sede della Croce Verde sestrese. Di lì, appena rimesse in efficienza, avrebbero dovuto essere distribuite a squadre di cittadini che si andavano formando sotto la guida di alcuni militanti del PCI. [DA COMPLETARE] Ma alle ore 13,45 giunse al garage un camion con un reparto di soldati tedeschi guidati da un tenente: una spia aveva segnalato l'esistenza dell'accantonamento delle armi e delle munizioni. Nel garage, data l'ora era rimasto solo l'operaio della San Giorgio, Sommaruga, il quale venne immediatamente immobilizzato dai tedeschi che cominciarono a caricare sul camion il materiale bellico sistemato nel garage. Appena la notizia si sparse a Sestri, un gruppo di coraggiosi passò all'attacco facendo piovere sul camion, già quasi pieno, un nutrito lancio di bombe a mano del tipo Balilla allora in dotazione alla fanteria italiana. [<28-29>]

Mentre le munizioni sistemate sul camion saltavano in aria con successive esplosioni che infransero i vetri delle case vicine, i tedeschi aprirono il fuoco sui cittadini che ingaggiarono un vero e proprio combattimento nelle strade del quartiere.

L'ufficiale, intanto, nel tentativo di colpire Sommaruga che era fuggito, approfittando della confusione seguita alla sparatoria, uccideva, con una raffica sparata in una tromba di scale, una giovane donna, Cesarina Chiabrera, madre di due bambine in tenera età.

I soldati tedeschi, colpiti in più parti dall'attacco dei sestresi, si rifugiarono, sparando, nel portone di un caseggiato in piazza Verdi.

Quando stavano per essere sopraffatti, giunse il maresciallo dei carabinieri di Sestri Ponente, latore di un messaggio del Comando tedesco: se il reparto circondato fosse stato lasciato libero di rientrare alla base, da parte germanica non vi sarebbero state azioni di rappresaglia contro la popolazione sestrese: in caso contrario i cannoni dei forti circostanti avrebbero iniziato il bombardamento della zona.

A tali condizioni si acconsentì che i tedeschi venissero a prendersi i loro soldati molti dei quali erano feriti.

La carcassa del camion bruciato rimase ancora per molti giorni sul posto, a ricordare quel primo atto di resistenza popolare.


[147>] 7.10 | La giornata del 16 giugno [1944]

Tuttavia la ancora scarsa prontezza combattiva delle organizzazioni clandestine, delle squadre operaie di fabbrica e, più in generale, delle masse genovesi si palesò in giugno in occasione del prelievo di operai per la Germania effettuato dalle truppe tedesche, dalla Feldgendarmerie e dalle SS in alcune grandi officine genovesi. Questa la cronaca degli avvenimenti secondo una relazione di Roberto Bonfiglioli:1

Poco dopo il mezzogiorno del 16 giugno 1944, lunghe colonne di autocarri sbarcarono il loro carico di soldati tedeschi e "repubblichini" agli ingressi e lungo le cinte di alcuni tra i maggiori stabilimenti genovesi della zona industriale tra Sampierdarena, Sestri e Cornigliano; nelle fabbriche invase dagli armati, con le uscite sbarrate, s'andò sviluppando una gigantesca caccia all'uomo. Vi fu chi riuscì a sfuggire alla cattura, sfruttando la conoscenza degli stabilimenti, i luoghi più reconditi ove occultarsi, le cataste di legna e i depositi di materiale sotto cui nascondersi, i cunicoli attraverso i quali raggiungere l'esterno dei recinti; ma si trattò di pochi casi: la quasi totalità dei lavoratori, operai e impiegati, non escluso qualche dirigente, venne concentrata nei cortili interni e sottoposta a rapida, inappellabile selezione. Tutti gli uomini robusti, prestanti, vennero fatti salire sugli autocarri, trasportati allo scalo merci di Campi e rinchiusi nei vagoni merci piombati di una tragica tradotta – 43 carri merci tedeschi con 1.488 lavoratori prigionieri – avviata oltre il Brennero. Lo strazio del viaggio fu quello di tutti gli analoghi convogli che in quei tempi attraversarono l'Europa per trasportare ai campi di concentramento e di sterminio nazisti i perseguitati razziali e politici, i patrioti e i lavoratori: un lungo viaggio di sofferenza e desolazione. [...]

7.11 | Una critica del Triumvirato insurrezionale

Un rapporto del Trimvirato insurrezionale, in data 22 giugno 1944, commentava l'accaduto con una severa critica rivolta appunto alle organizzazioni militari clandestine della città:

Il 16 giugno, alle ore 14 con poco spiegamento di forze i tedeschi, coadiuvati da fascisti e poliziotti iniziano il prelievo degli operai per la Germania; da 5-6 stabilimenti ne vengono prelevati complessivamente circa 5.000. Allo stabilimento S. Giorgio di Sestri Ponente 1.800; la razzia continua fino alla sera alle ore 19.
Ebbene, al di fuori di alcune grida di donne e di sporadici episodi a Sestri (dove tre donne insultarono i tedeschi e perciò furono arrestate), la massa operaia non reagì per nulla: gli operai e i compagni si lasciarono portar via senza opporre la minima resistenza, salvo il tentativo individuale di salvarsi nascondendosi.
È vero che vi fu la sorpresa, in un primo tempo, ma poi subentrò la perplessità e il timore; poche decine di tedeschi e fascisti, con alcune armi automatiche, impressionarono talmente la massa che essa non fu in grado di reagire.


[912>] Anche le brigate di Sestri Ponente (Alpron, Sordi, Longhi) erano pronte a entrare in azione il 23 aprile [1945]: quel giorno una pattuglia della Longhi sorprese in piazza dei Micone un gruppo di tedeschi che stava per impadronirsi di alcune automobili e procedette a disarmarlo e a catturarlo. Dall'interrogatorio di questi prigionieri venne la conferma dei preparativi di fuga delle truppe germaniche.

Il comandante del settore, Annibale Ghibellini, aveva intanto comunicato l'ordine di attuazione del Piano A.

D'accordo con lui, Petazzoni – comandante delle SAP del cantiere navale –, Pelacchi, Risso, Baglini, Racchetta, appena sfuggito alle Brigate nere di Sampierdarena, e altri dirigenti sappisti decisero di tentare l'occupazione militare di Sestri Ponente, Pegli e Cornigliano, con un'azione simultanea il cui piano tattico prevedeva: azione della Brigata Sordi a levante, della Longhi al centro e della Alpron verso ponente. Daniele avrebbe intanto provveduto a mobilitare i sappisti di Prà, Voltri, Cogoleto, Arenzano, Rossiglione, Masone, Campoligure.

Nella tarda serata, mentre avveniva l'occupazione della stazione ferroviaria di Sestri Ponente ad opera di una squadra guidata da Racchetta, la Brigata Longhi catturava il presidio (50 soldati RSI) del cantiere navale. Entro le 24 si arrendevano ai sappisti i presidi tedeschi e fascisti degli stabilimenti Fossati, Fonderia, Piaggio, San Giorgio, Bagnara, della OTO, dello Stabilimento Metallurgico e di tutti gli altri impianti. La prima preoccupazione degli operai delle SAP degli stabilimenti liberati fu di farsi consegnare dai tedeschi prigionieri gli schemi di minamento degli impianti principali, per procedere al disinnesco degli ordigni esplosivi che vi avevano a suo tempo predisposto i guastatori germanici.

Il mattino del 24 aprile tutte le officine del Settore occidentale erano presidiate dagli operai e gli esplosivi neutralizzati.

Anche i piccoli presidi delle stazioni ferroviarie di Borzoli, di Cornigliano, di Pegli, di Prà e Cogoleto vennero catturati fra la notte e il mattino del 24 dalle formazioni sappiste.2



1 Rimane da reperire: R. Bonfiglioli, "Genova, 16 giugno 1944: un treno di 43 vagoni piombati per 1.488 lavoratori prigionieri", Patria indipendente : quindicinale della Resistenza e degli ex combattenti, 32 (1983), n. 11, p. 26 Link esterno OPAC SBN.

2 [DA COMPLETARE]



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S. Di Giusto, Operationszone Adriatisches Künstenland : Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Lubiana durante l'occupazione tedesca, 1943-1945 (Udine : Istituto friulano per la storia del movimento di liberazione, 2005), pp. 257-258. Link esterno OPAC SBN

La situazione del vestiario è in generale carente. Morale e comportamento delle batterie non sono male, gli uomini sono volenterosi e capaci di entusiasmarsi. [<257-258>] Durante l'attacco aereo su Fiume le batterie si sono ben comportate. Il servizio è tuttavia veramente confortevole, i piani di servizio non prevedono sufficiente addestramento e non vengono nemmeno seguiti.

Subordinazione: tutte le batterie sono subordinate al II. Abt./Art.Rgt 236. Un comando operativo italiano, allo stesso tempo centrale della contraerea, è alloggiato nello stesso edificio dell'Abt.Stab tedesco. Inoltre vi sono un ufficiale tedesco con compiti addestrativi e di assistenza, Leutnant Baer, e un ufficiale di collegamento italiano che parla tedesco. La cooperazione può essere definita molto buona. La direzione del tiro passa per il comando operativo italiano, che è collegato telefonicamente con tutte le batterie.

Tiro contro obiettivi aerei: il tiro contro obiettivi aerei soffre per la mancanza di apparecchiature di controllo e telemetri. L'altezza degli aerei viene semplicemente stimata dai comandanti di batteria. Nel settore di Fiume vi sono:

  1. un'apparecchiatura di rilevamento acustico (Horchgerät), finora presso la 1./13 ma inutilizzata a causa del rumore proveniente dai vicini cantieri navali. È in corso di trasferimento alla 2./17 su Monte Croce.

  2. [DA COMPLETARE] Un altro telemetro con base di 4 metri e doppio goniometro incorporato si trova apparentemente da 6 settimane in riparazione nella fabbrica San Giorgio di Genova.

  3. un'apparecchiatura di comando, rimane presso la 1./13.

  4. alcuni doppi goniometri (cerchio di mira speciale per batterie contraeree per misurare contemporaneamente l'angolo orizzontale e verticale). Una volta conosciuta l'altezza di volo (vedi b) con l'aiuto di questi goniometri è possibile effettuare un fuoco abbastanza efficace su obiettivi aerei, senza doversi limitare, come finora, al fuoco di sbarramento. La fornitura di 4 doppi goniometri sarebbe molto utile.1



1 Lungo rapporto tedesco, qui trascritto solo in parte. [DA COMPLETARE con la data]



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I. Napoli, Industria toscana nel XIX secolo. Guida alle fonti (Firenze : Le Monnier, 2005), p. 87. È il quaderno n. 36 della serie "Civiltà toscana fra '800 e '900", realizzata dalla Fondazione Spadolini Nuova Antologia. Link esterno OPAC SBN

[Altri riferimenti bibliografici]
R. Delfiol, Imprese e Archivi per la Storia dell'Ottica in Toscana: Officine Galileo, SMA, SAIVO, San Giorgio e Imprese «Minori» in Atti della Fondazione Giorgio Ronchi, a. LV, n. 4-5, luglio-ottobre 2000.

Fonti disponibili e Archivio Storico Officine Galileo.

Per quanto riguarda le fonti archivistiche relative alle Officine Galileo (oggi stabilimento della Alenia, divisione della Finmeccanica), l'archivio storico costituito per lo più da disegni e pochi documenti amministrativi, si trova quasi interamente depositato presso l'Archivio di Stato di Firenze ed è in fase di inventariazione. Un nucleo di documentazione relativa all'amministrazione del personale è stato individuato dalla Sovrintendenza Archivistica per la regione Toscana, presso la Biblioteca dello Stabilimento «Galileo» (libri matricola e di assunzione e libri paga). Purtroppo le carte dell'Archivio Storico Galileo documentano solo le vicende della Società Anonima Officina Galileo, non l'origine della omonima officina costituita a partire dal 1831 come «officina domestica» da Giovan Battista Amici. Per poter ricostruire l'evoluzione di questa ditta che da piccola officina si è trasformata nel corso di quasi due secoli in un'importante produttrice di strumenti ottici e di precisione occorre far riferimento ad altre fonti, oltre a quella a stampa ad alcuni archivi privati come, i fondi di Angelo Vegni presso l'Istituto agrario di Cortona e quelli di Innocenzo Golfarelli e Gustavo Uzielli, depositati presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze10.

Per quanto riguarda il fondo Gustavo Uzielli,1 costituito da lettere, manoscritti e opere a stampa, tale documentazione per quanto di diversa natura e incentrata soprattutto su i suoi studi, la sua attività di scienziato e di studioso. Di certo più consistente la documentazione sulla Galileo che possiamo trovare nel fondo di Innocenzo Golfarelli,2 che è stato direttore delle officine Galileo per circa trent'anni. In questo fondo sono conservati oltre a manoscritti dello stesso Golfarelli, pubblicità di macchinari, appunti manoscritti su diversi, sia di carattere tecnico sia professionale, su strumenti ottici e fotografici, orologi, strumenti acustici, materiale come inserti relativi a conferenze e memorie di vario genere, che [<87-88>] si riferiscono esplicitamente alla Galileo e un piccolo nucleo di corrispondenza di natura scientifica, che oltre ad occuparsi dell'istruzione professionale ha ad oggetto le officine Galileo. Sia il fondo di Gustavo Uzielli sia quello di Innocenzo Golfarelli li troviamo descritti nella Guida agli archivi delle personalità della cultura in Toscana, del 1996.

10 Cfr. R. Delfiol, Imprese e Archivi per la Storia dell'Ottica, cit., pp. 893-895. [Nota a pie' di p. 87]



1 Gustavo Uzielli, storico (Livorno 1839 - Impruneta 1911).

2 Innocenzo Golfarelli, fisico (Forlì 1841 - Firenze 1904).



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Storia § 2
O. Sessa, L'automobile italiana. Tutti i modelli dalle origini a oggi (Firenze, Giunti, 2006), p. 93. Link esterno OPAC SBN

SAN GIORGIO / Genova (1905-1909)

Costituita a Genova nel 1905 con stabilimento a Sestri Ponente, la Società Anonima Italiana Costruzione Automobili Terrestri e Marittimi San Giorgio nasce per volontà dell'impresario navale Attilio Odero con l'obiettivo di fabbricare in Italia le potenti automobili dell'inglese Napier. L'azienda esordisce ai saloni di Torino e di Milano esponendo alcune vetture dotate di motore a 6 cilindri triblocco, e poiché le vendite sono molto incoraggianti, decide di aprire altri due stabilimenti per la produzione di veicoli industriali, uno a La Spezia e l'altro a Pistoia.

Nel 1907 sopravviene invece una grave crisi economica generale e le autovetture San Giorgio, particolarmente costose a causa dei pesanti dazi doganali che gravano sui componenti importati dalla Gran Bretagna, hanno improvvisamente difficoltà a trovare uno sbocco sul mercato.

Nel 1908 viene ancora realizzato il prototipo di un motore a 4 cilindri di 5 litri, ma non entra in produzione, e l'anno successivo, ormai travagliata da gravi problemi finanziari, San Giorgio cessa ogni attività.1 Complessivamente dalle sue officine è uscito un centinaio di autovetture.



1 Nel ramo automobilistico.

La didascalia imprecisa di una fotografia: "Caught in town traffic sixty years later, a 1907 Napier, on the left, passes a still older companion, a 1900 Napier. By 1907 the company also had a factory in Italy, where the cars were called San Giorgio". P. Roberts, A Pictorial History of the Automobile (New York : Grosset & Dunlap, 1977), p. 100.

Si noti cosa causa il curioso fraintendimento di "automobili marittimi" in: "Agnelli was beginning to diversify into other fields; he founded the RVI ball-bearing firm in 1905, and in the following year went into ship-building, when he bought a stake in the San Giorgio yard at Genoa, which built merchant ships and also made Napier cars under licence from 1906 to 1909"; N. Baldwin et al., The World Guide to Automobile Manufacturers (New York : Facts on File Publications, 1987), p. 174.

Il periodo di produzione 1905-1909, su licenza Napier, è invece indicato anche in: M. Šuman-Hreblay, Automobile Manufacturers Worldwide Registry (Jefferson: McFarland, 2000), p. 253.



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Storia § ??
D. Burigana, Armi e diplomazia : l'Unione Sovietica e le origini della seconda guerra mondiale, 1919-1939 (Firenze, Polistampa, 2006), pp. 352-353. Link esterno OPAC SBN

Del resto, nel ricevere363 l'8 agosto la missione, che si inquadrava, secondo le parole dell'ambasciatore Potëmkin, nella politica di amicizia che univa i due paesi, Mussolini non si era augurato che «il soggiorno degli aviatori [potesse] risultare proficuo per lo sviluppo dell'aviazione russa»?364 Eideman visitò la FIAT, in particolare l'Aeronautica d'Italia, con il Sen. Agnelli. Il Messaggero notava come l'amicizia politica che univa l'Italia alla Russia sovietica ed alla Cina si completasse «con una cordiale e amichevole collaborazione fra le aviazioni dei tre paesi»365 ... l'Italia aveva, dalla fine degli anni Venti, una missione di cooperazione tecnico-militare preso il governo nazionalista. Perché non intravedere una simile prospettiva anche per la Russia?

Anche per le armi, il "mondo capitalista" accettava al tavolo della concorrenza la Russia sovietica, il mercato delle licenze e della cooperazione tecnica aperto dalla Germania. Contro questa aveva giocato la Francia a tutto campo – aeronautica, marina, armamenti terrestri – e su tutte le dimensioni – una coopération tecnico-militare, intellettuale, fino a pensare ad una intesa politico-strategica – poi l'Italia le sbarrava il passo per aerei e navi, mentre gli Stati Uniti si affermavano nei motori aeronautici, e la Gran Bretagna? Dopo un avvio "solitario" per i tank leggeri e medi, sembrava, ma solo in apparenza, essere stata dimenticata.

Per l'Italia, alla metà del 1934, la vendita di pezzi, anche se in prevalenza nel settore navale, era avviata anche se la Russia non era il cliente più importante. Il 15 marzo 1934, era iniziata la gara d'appalto per Ansaldo, OTO, Cantieri Navali Riuniti dell'Adriatico, Cantieri Tirreno e Franco Tosi per la fornitura al Brasile di due incrociatori, nove cacciatorpediniere, sei sommergibili, sei dragamine, tre navi cisterna, due bacini galleggianti e due gru per le riparazioni per un totale di 50/60.000 t e 800/1.000 milioni di lire366. Dalla Russia stava però per concretizzarsi la vera "cooperazione", la «consulenza tecnica». Le trattative dopo più di un anno di "abboccamenti" stavano per concludersi, come vedremo, felicemente con l'Ansaldo che stava ultimando due guardacoste da 776 t con motori della Franco Tosi367. L'OTO (Odero-Terni-Orlando) di La Spezia stava costruendo 12 cannoni binati antiaerei; la società [<352-353>] San Giorgio di Sestri aveva consegnato in marzo 46 telemetri di quattro metri alla base; la Galileo di Firenze doveva ultimare quattro centrali di tiro complete per quattro cacciatorpediniere, oltre a 15 periscopi d'attacco, 14 telemetri – 10 da sei metri e 4 da otto – e 100 specchi per telemetri da 150 mm. Il Silurificio Italiano di Napoli, in base ad un contratto del 1932, doveva consegnare 50 siluri da 533x7,5 mm e 45 da 533x7,27 mm con due lanciasiluri a tre tubi da 533 mm. Il silurificio Whitehead ne aveva 80 da 533 mm e 15 da 450 mm. Infine, l'Isotta Fraschini di Milano doveva consegnare pezzi di ricambio per 750 motori Asso e 51 motori Asso 1000 per unità navali veloci.

L'Ottica Meccanica Italiana di Roma e Aeronautica Macchi di Varese aveva avuto occasione di presentare del materiale senza che per il momento fossero seguite le ordinazioni. La missione Eideman avrebbe sbloccato la situazione? Al suo rientro, dichiarò che l'aviazione italiana, che il Governo voleva «potente e tecnicamente perfetta», li aveva ricevuti «da amici»368. Mussolini aveva garantito loro «la più amichevole e cordiale accoglienza» in tutta Italia.

363 [...]. [Nota a pie' di p. 352]

364 [...]. [Nota a pie' di p. 352]

365 [...]. [Nota a pie' di p. 352]

366 [...]. [Nota a pie' di p. 352]

367 [...]. [Nota a pie' di p. 352]

368 [...]. [Nota a pie' di p. 353] 1



1 ...



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Storia § ??
G. Finizio, "I binocoli della Regia Marina nella grande guerra", Rivista marittima, 139 (2006), pp. 61-71. Link esterno OPAC SBN

[Opera di cui si consiglia la lettura integrale].



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Storia § ??
G.-R. Horn, "Decentralizzare il potere. La Liberazione nell'Europa occidentale", in 1943-1945. La lunga liberazione, a cura di E. Gobetti (Milano, F. Angeli, 2007), pp. 199-200 Link esterno Google libri. Link esterno OPAC SBN

Cln aziendali

Osservazioni analoghe [a quanto esposto nel paragrafo precedente in merito ai Comitati comunali] possono essere fatte guardando i documenti provenienti dalla suddivisione dei Cln locali, questi ultimi organizzati di norma secondo suddivisioni geografiche. In modo particolare nelle zone industriali del Nord Italia i Cln aziendali sorsero come funghi molti mesi prima che arrivasse la Liberazione, giocando di solito un ruolo cruciale nel clima esplosivo di quel periodo. Antonio Gibelli, nel suo classico studio sul ruolo dei lavoratori genovesi nella clandestinità antifascista, osserva come i Cln aziendali, sorti per decisione presa dal Clnai nel giugno 1944 e designati a rimpiazzare i preesistenti Comitati di agitazione con sede nelle fabbriche, differivano da questi ultimi non solo nel nome. I Comitati di agitazione riflettevano la composizione proletaria della forza lavoro della fabbrica ed erano quindi fortemente orientati verso la sinistra politica. Al contrario i Cln aziendali si adattarono alla composizione multipartitica del Cln ai livelli più alti, che andava dal Pci al Pli, deviando così le spinte radicali del popolo verso l'unanimismo pluripartitico. Gibelli conclude: «Era la traduzione organizzativa della rinuncia strategica a tentare una conclusione rivoluzionaria della crisi del fascismo»7.

Ma i Cln aziendali svilupparono ben presto una propria autonomia. Spesso si dimostrò difficile se non impossibile trovare rappresentanti dello spettro politico moderato, e le voci più radicali ebbero la meglio. Nella lotta contro licenziamenti ed espulsioni, i colletti blu erano molto più in gioco di quanto lo fossero i manager e i proprietari. Quando arrivò il momento di fare pressione, tuttavia, la gerarchia del Cln impose misure di controllo. Nel dicembre 1944 il Cln regionale della Liguria decise di esercitare i poteri di veto su ogni decisione controversa che provenisse dai refrattari Cln aziendali, insistendo espressamente sulla sua «competenza anche per quanto attiene ai problemi di una singola azienda»; una chiara misura per contrastare ogni iniziativa potenzialmente autonoma8.

Un esempio eloquente dell'influenza moderatrice dei livelli più alti della gerarchia del Cln è il caso della fabbrica San Giorgio, dove la combattiva forza lavoro lottò contro la decisione del management della società di effettuare tagli al personale. Volendo evitare ad ogni costo il conflitto, il Cln della Liguria agì di propria iniziativa e, senza consultare il Cln aziendale coinvolto, negoziò un accordo di compromesso che venne aspramente contrastato dalla forza lavoro della San Giorgio. Quando un membro del Cln aziendale espresse il suo disgusto per questo folle compromesso con un membro del team manageriale della San Giorgio, quest'ultimo si limitò a commentare sardonicamente: [<199-200>] «Mettetevi d'accordo tra di voi comitati!»9. Quando il Cln aziendale cercò di protestare con il Cln Liguria, agli attivisti della San Giorgio fu detto che essi non avevano alcun ragionevole motivo per protestare, perché, tra le altre ragioni, vi era la possibilità che il loro Cln aziendale non potesse essere riconosciuto ufficialmente, dato che fra i loro rappresentanti non c'era nessuno che provenisse dalla Dc o dal Pli!

Quando arrivò il momento della Liberazione, i Cln aziendali furono al centro delle battaglie insurrezionali. Contrariamente agli auspici dei più importanti leader del Cln, gli attivisti combatterono con determinazione – e molti di loro persero la vita – non solamente per mettere fine all'occupazione nazista dell'Italia e a quel che restava del regime di Mussolini, ma anche per promuovere una nuova era di giustizia sociale. Per i lavoratori delle fabbriche del Nord Italia, ciò di solito non significava solamente un cambiamento di regime politico ma una rottura nella gestione delle aziende. Ancora una volta le deliberazioni dei vari Cln aziendali sono la chiara ed evidente dimostrazione di questo. Soprattutto nel periodo immediatamente successivo alla Liberazione le loro previsioni di un regime economico accettabile andarono ben oltre l'ipotesi di compartecipazione nella gestione delle singole aziende.

Entro la fine del 1945 il dibattito a livello nazionale sulle forme del contributo dei lavoratori alla gestione delle loro fabbriche era già stato attenuato dalla tendenza alla moderazione e alla riaffermazione dei vecchi potentati delle élite manageriali. Più ci si allontanava dal momento della Liberazione, più i toni del dibattito divennero moderati, anche da parte dei portavoce dei Cln aziendali. Data l'intransigenza dell'élite economica italiana, presto la semplice domanda di compartecipazione nella gestione degli affari divenne un atto di sfida. Nella primavera inoltrata del 1945 il futuro delle relazioni industriali non era ancora stato determinato e per i lavoratori il ritorno alla superiorità indiscussa della dirigenza doveva essere apertamente ostacolato.

A Genova, come altrove, i portavoce dei diversi Cln aziendali delle più importanti fabbriche avevano formato un Comitato interaziendale, al fine di rafforzare le loro richieste di cambiamenti socio-economici di grande portata, analoghi ai cambiamenti politici causati dalla sconfitta dell'esercito nazista e della Repubblica di Salò. A Genova tale Comitato interaziendale venne creato su pressione della forza lavoro del Siac.1 S'incontrò per la prima volta il 13 giugno 1945 nei locali del complesso della San Giorgio a Sestri. Il 25 giugno i rappresentanti delle più grandi ditte della provincia di Genova affermavano che il compito di questo Comitato interaziendale avrebbe dovuto essere quello «di ottenere una sempre maggiore partecipazione dei lavoratori rappresentati dai Cln stessi, nella gestione delle aziende»10.2

7 Sulla sostituzione dei Comitati di agitazione con i Cln aziendali e sulle implicazioni politiche di questo cambiamento, cfr. A. Gibelli, Genova operaia nella Resistenza, Istituto Storico della Resistenza in Liguria, Genova 1968, pp. 167-174 (citazione a p. 169). [Nota a pie' di p. 199]

8 A. Gibelli, Genova operaia..., cit., pp. 237-248. [Nota a pie' di p. 199]

9 A. Gibelli, Genova operaia..., cit., p. 236. [Nota a pie' di p. 200]

10 Archivio dell'Istituto Storico della Resistenza in Liguria (d'ora in poi ILSREC), Cln, b. 200, f. 6, verbale della riunione del 25/6/45 tra i rappresentanti dei Cln delle maggiori industrie genovesi, p. 2. [Nota a pie' di p. 200]



1 La SIAC, acronimo di Società Italiana Acciaierie Cornigliano, non il SIAC; ciò è tuttora in uso nella delegazione genovese.

2 Quanto qui estratto evidenzia la radicalizzazione dello scontro sociale e politico all'interno della San Giorgio: ciò ha una lunga evoluzione, che giunge al culmine con la deportazione dei lavoratori genovesi in Germania, attuata da nazisti e repubblichini il 16 giugno 1944 → Storia § 28 e § 29.



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Storia § ??
A. Piccini, a cura di, L'ultima guerra : testimonianze dalla Resistenza (Milano : Mursia, 2007), pp. 15, 16, 88-89, 189, 253-254. Link esterno OPAC SBN

[15>] «Mio padre era vigile urbano, uno dei primi a entrare nel Corpo. Il livello familiare era un gradino superiore alla sopravvivenza. La famiglia era numerosa, tre fratelli e una sorella, c'era da sudare. Come la maggioranza dei giovani, ultimata la scuola, l'obiettivo era la fabbrica. Anch'io sono entrato alla San Giorgio, a 14 anni. Ho avuto la fortuna di entrare nel reparto manutenzione; la fabbrica aveva quasi 3.000 macchine utensili e c'era la possibilità di girare dappertutto, andando a fare interventi sulle varie macchine che si rompevano. Avevo potuto conoscere uomini di tutte le età, uomini che avevano visto la nascita del fascismo, che avevano fatto qualche anno di militare.» (Giulio Bana)


[16>] «A 15 anni, mio padre riuscì a farmi entrare alla San Giorgio, eravamo così in due a lavorare e si andava un po' meglio. La sera andavo a scuola e mi ricordo che in fabbrica ho cominciato a capire qualcosa: c'era gente che di Mussolini e del fascismo non parlava mai e altri che al sabato arrivavano in camicia nera. C'era un signore che si chiamava Pizzo: al sabato stava in portineria e guardava chi entrava con la camicia nera. Questo non mi andava, ero ragazzo, ma mi chiedevo come mai dovevano mandarti a casa se non avevi la camicia nera. Un giorno hanno anche [DA COMPLETARE] .» (...)


«I miei fratelli sono dovuti scappare e questo mi terrorizzava. Venivano i vicini ad avvisarci, perché facevano le retate. I miei sono scappati tante volte e sono andati in montagna. Uno dei miei fratelli, doveva presentarsi per la leva militare, ma ha deciso di no. In un primo tempo è andato in Piemonte, dove c'erano i monarchici. C'è stato poco, perché ha saputo che su in Val Trebbia c'era la Divisione Cichero e che erano organizzati un po' meglio. Di lì, si spostò per tornare nuovamente in città e andare poi nella Buranello. C'erano dei compagni che portavano del materiale. Io dovevo portarlo quando erano nascosti, perché ero piccola, davo meno nell'occhio. [<88-89>] Invece mia sorella, che lavorava alla San Giorgio e faceva attività anche lei, ha dovuto scappare presso amici, in Piemonte, è stato un periodo molto travagliato.» (Lina Piva)


[189>] «Sempre con questo terrore di quelli che venivano e uccidevano. Una mattina presto, sono andata a fare una coda per le uova; sulla piazza della chiesa di Sestri, ho scontrato con qualcosa. Erano quelli uccisi con la mela in tasca, sulla piazza di Sestri. Mi ricordo che sono tornata a casa per avvisare tutti: i compagni della San Giorgio, che erano partigiani. Ma sono state cose orrende e chi le ha passate non le può scordare.» (Lina Piva)


«Sono finito alla San Giorgio, dove nel '49-'50 si era in 5.000 ed era venuta una missione anglo-americana (la San Giorgio costruiva materiale bellico) per vedere se fosse ancora in grado di riprendere le produzioni belliche. Però, i sindacati, i partiti (quello comunista, poi), hanno fatto delle manifestazioni, hanno brasato i tram sui binari, a Sestri.1 Hanno sputato al direttore, che era il dottor Nordio, che poi è stato amministratore dell'Alitalia e all'ingegner Calzolari. Questi hanno abbandonato la direzione. L'azienda è stata tre mesi occupata dalle maestranze e io quell'esperienza non l'ho voluta fare. La direzione aveva detto che chi andava a firmare e non aderiva, poteva [<253-254>] essere retribuito regolarmente. Io sono andato a firmare, in un centinaio, abbiamo seguito la direzione. Già non condividevo la politica dei partiti e dei sindacati, i loro sbagli enormi. La direzione ha poi dettato le sue regole: la San Giorgio è finita in tre società: Savio, Torrington ed Elsag, che è l'unica che tiene.» (Arturo Malaspina)



1 Da verificare cronologia ed eventi, sulla base della stampa quotidiana.



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Storia § ??
G. Alioti, "Conversione da produzioni militari a civili: storia e prospettive", in L'industria militare e la difesa europea: rischi e prospettive, a cura di C. Bonaiuti, D. Dameri e A. Lodovisi (Milano, Jaca Book, 2008), pp. 113-114, 117-119 Link esterno Google libri. Link esterno OPAC SBN

5.2. CENNI STORICI SU CASI DI DIVERSIFICAZIONE E RICONVERSIONE INDUSTRIALE DAL MILITARE AL CIVILE IN ITALIA

5.2.1. Il primo dopoguerra

Le storie della San Giorgio e della Oto, così come la storia del gruppo Ansaldo, definito «l'Arsenale d'Italia» sia nel primo come nel secondo conflitto mondiale, sono un paradigma esemplare dello sviluppo dell'industria italiana e, a maggior ragione, della storia della riconversione dal militare al civile nel nostro paese.

In Italia le imprese coloniali e il primo conflitto mondiale cambiano il profilo industriale del nostro paese. «L'economia di guerra ha enormemente rafforzato la grande industria, moltiplicato le medie, ridotto le piccole e danneggiate grandemente le industrie artigiane»2.

Molte aziende all'inizio della seconda decade del Novecento hanno, infatti, risposto alla crescente domanda d'equipaggiamenti ed attrezzature da parte delle forze armate italiane convertendo la loro produzione dal civile al militare.

È il caso della San Giorgio, nata nel 1905, specializzata nella produzione di automobili nello stabilimento di Sestri Ponente e di materiale rotabile per le ferrovie nello stabilimento di Pistoia. Nel 1911 e 1912 comincia a diversificarsi nel settore dei macchinari ausiliari di bordo e negli strumenti di precisione per le artiglierie. «Il passaggio dalla costruzione di automobili alla meccanica ha... creato le premesse per avviare nuove produzioni militari»3. Fra queste ci sono i telemetri, gli apparati di mira destinati a diventare uno dei principali settori di attività – per la parte ottica – anche delle Officine Galileo di Firenze.

Nel 1917 la San Giorgio concentra le proprie capacità produttive, in collaborazione con la Piaggio e l'Ansaldo, nel settore aeronautico militare, avviando a Sestri Ponente la produzione di motori e a Pistoia quella dei velivoli.

Con la fine del conflitto mondiale la San Giorgio è, però, pronta a riconvertire subito i suoi impianti alle nuove esigenze in campo civile. Sono prodotti tram elettrici, impegnando Pistoia nella costruzione delle vetture e Sestri Ponente in quella dei relativi equipaggiamenti elettrici. [<113-114>] «La San Giorgio ritorna così... alle sue origini nel campo della produzione di mezzi di trasporto, anche se ormai diversificata nel settore dei macchinari elettrici, degli equipaggiamenti di bordo e dell'ottica»4.

I problemi della San Giorgio sono, al termine del conflitto, analoghi a quelli di tutta l'industria militare italiana: avere la liquidità necessaria per finanziare la riconversione, avere l'accesso a commesse civili assegnate dallo Stato per evitare pericolosi vuoti produttivi. Un vantaggio competitivo della San Giorgio, rispetto ad altre imprese, è una certa lungimiranza del management – che pianifica per tempo la riconversione – e la disponibilità di tecnologie che oggi definiremmo duali.1

La riconversione, viceversa, è particolarmente difficile per le aziende di grandi dimensioni e specializzate come, ad esempio, l'Ansaldo. [...]

2 Mazzetti (1979, p. 162) [M. Mazzetti, L'industria italiana nella grande guerra (Roma, Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito, 1979)]. [Nota a pie' di p. 113]

3 Nones (1990, p. 37) [M. Nones, Dalla San Giorgio alla Elsag (Milano, Franco Angeli, 1990)]. [Nota a pie' di p. 113]

4 Ivi, p. 60. [Nota a pie' di p. 114]


5.2.2. Il secondo dopoguerra

«Le aziende alla fine del conflitto devono riconvertirsi passando dalle produzioni di guerra alle produzioni di pace. Per questo è necessario talvolta modificare profondamente gli impianti o, quando le attrezzature sono idonee alle nuove lavorazioni, è comunque obbligatorio adattarsi alle mutate condizioni di mercato. La scomparsa dalla scena di un cliente come le forze armate è solo parzialmente compensata dalla domanda per la ricostruzione. Più positiva è invece la situazione del mercato internazionale».6 [<115-116>]

[...] All'inizio della guerra anche la San Giorgio a Sestri Ponente aveva concentrato la sua attività prevalentemente nel militare (che nel decennio 1930-39 già assorbiva il 62% della produzione), pur continuando a produrre una grande varietà di prodotti, alcuni a livello di prototipi. Le apparecchiature elettriche, meccaniche ed ottiche per il controllo del tiro delle artiglierie navali sono costruite al 90% da San Giorgio e Galileo di Firenze. Anche lo stabilimento di Pistoia, pur non azzerando la tradizionale produzione di vetture ferroviarie, si mette a costruire sottoaffusti per artiglieria commissionati dalla Oto, parti di velivoli militari e lanciasiluri.

Al termine della seconda guerra mondiale l'azienda affronta (diversamente dal primo dopoguerra) enormi difficoltà derivanti da un'eccessiva capacità produttiva nel militare 2 e da una vastissima gamma di prodotti offerti sul mercato, senza particolare attenzione al controllo dei costi e alle politiche di marketing.

L'IRI è costretta ad acquisirne il controllo per salvarne l'esistenza. La situazione nei motori elettrici è disastrosa, nell'ottica si lavora al 30% della capacità produttiva, nella meccanica si cercano sbocchi sia nei telai per macchine tessili, sia nei trattori agricoli in collaborazione con la Oto. Le cose vanno meglio in campo elettromeccanico, nelle macchine per calze, nella carpenteria meccanica pesante (stabilimento di Rivarolo) per turbine idrauliche, pompe, gru, macchinari per zuccherifici. Nel settore ferroviario a Pistoia il carico di lavoro è assicurato, ma in seguito lo stabilimento è scorporato e reso autonomo, attraverso la nascita delle Officine Meccaniche Pistoiesi (oggi Ansaldo-Breda).

Nonostante le ristrutturazioni e la riduzione di organici la San Giorgio non uscirà dalla crisi del secondo dopoguerra, per i ritardi tecnologici (mancato rimodernamento di attrezzature e macchinari, irrazionalità del layout, ecc.) ed organizzativi accumulati, in particolare per l'esistenza di un sistema rigido di organizzazione verticale per ogni singola produzione, tanto da farla assomigliare ad un grande laboratorio di artigiani o ad un museo della tecnica più che ad una industria. Inoltre, tra le diagnosi impietose della crisi, c'è quella inerente la mentalità del personale della San Giorgio nello stabilimento di Sestri Ponente, abituato alle produzioni militari ed incapace di adeguare le sue prestazioni ad un mercato competitivo. [<117-118>]

Nel giugno del 1954, dopo un duro scontro tra il capitale privato e gli azionisti pubblici, la San Giorgio è messa in liquidazione. Nell'ambito della Finmeccanica sono costituite cinque società d'esercizio: l'Ansaldo-San Giorgio, la Fonderia San Giorgio Prà nella fabbricazione di radiatori e caldaie per il riscaldamento, l'Elettrodomestici San Giorgio a La Spezia nella produzione di frigoriferi e lavatrici, l'Aghi Zebra San Giorgio nella produzione di aghi da calza e maglieria per macchine tessili e, infine, la Nuova San Giorgio a Sestri Ponente nelle produzioni di meccanica di precisione, meccano-tessile, ottica, ausiliari di bordo. Su 4.500 lavoratori ancora in forza nella società sono assorbiti nelle cinque aziende poco più di 3.000.

Come abbiamo visto, nonostante il 70% delle industrie militari sia sotto il controllo pubblico, manca nel secondo dopoguerra, una politica coordinata di diversificazione e riconversione produttiva nel civile. L'iniziativa lasciata alle singole imprese crea – in alcuni casi – pesanti sovrapposizioni di prodotto-mercato, duplica gli sforzi e gli investimenti, privilegiando il riuso dei mezzi produttivi piuttosto che l'efficacia dei risultati. Nonostante ciò, questo è il periodo in cui in Italia sono affrontati con maggiore attenzione i problemi legati alla scelta di produzioni alternative al militare. In diversi casi con indubbio successo.

6 Ivi [M. Doria, Ansaldo: l'impresa e lo stato (Milano, Franco Angeli, 1989)], p. 243. [Nota a pie' di p. 115]



1 V. Briani, G. Gasparini, V. Miranda, "Le tecnologie duali: applicazioni civili e militari", in Appendice XXI Secolo della Enciclopedia (Roma : Istituto della Enciclopedia Italiana, 2010) Link esterno Treccani (esistente il 12/8/2020).

2 Qui manca un riferimento al trattato di pace imposto all'Italia, ma si veda a p. 119, § 5.2.3.



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Storia § ??
N. Friedman, Naval firepower. Battleship guns and gunnery in the Dreadnought Era (Barnsley : Seaforth, 2008), pp. 262-266, 310 Link esterno Google libri. Link esterno British Library

Chapter 13

THE ITALIAN NAVY


[...] Like other navies emerging from World War I, the Italians were dissatisfied with their existing fire-control systems.1 The new Centrale Salvagnini had all the flaws of the Dreyer Table, and it was ill-equipped to handle increasing battle ranges and high speeds. Three Italian officers sought better fire-control technology: Capitano di Fregata Vincenzo De Feo,2 Capitano di Corvetta Angelo Iachino,3 and Capitano di Corvetta Carlo Bergamini.9 4 De Feo became interested in measuring target bearing rate, correcting for own-ship yaw. In 1914 he asked the Officine Galileo company of Florence to produce a gyroscope to measure the bearing angle (g) of a target; postwar it emerged as the gimetro (g-metro, or g-meter) which became a unique feature of Italian fire-control systems.10 Iachino (World War II fleet commander) became interested in system design, emphasising, with De Feo, the importance of measuring bearing rate as a component of the overall rate. Both pointed out the need to calculate advance range using data sufficiently 'purified' to be reliable. On 18 November 1922 the naval chief of staff ordered development of a new fire-control system based in part on a British submarine tactical calculator. It would use [<262-263>] a telepointer derived from Girardelli's to measure current target direction, the gimetro to measure bearing rate, and a rangefinder.

The Italians bought a Barr & Stroud system, including its synthetic computer, for the new heavy cruiser Trento, their first major post-World War I warship.5 Trento and her sister Trieste 6 had the first gimetros, in this case using British-supplied gyros. At the same time the Italians tested a German Siemens-Halske system (presumably produced by Hazemeyer in the Netherlands) on board the destroyer Ostro.7 The Barr & Stroud system proved successful, a modified version being produced by Officine Galileo under license.11 It became the basis for the Regio [Regia] Marina (Royal [Italian] Navy) system of 1930s. Equivalents were produced by San Giorgio of Sestri Ponente and Milan (OLAP); the OLAP version was installed on board the modernised battleship of the Cavour and Duilio classes. The Italian navy was unusual in that it supported two competing fire-control manufacturers, both of which survived the war.

There were initially two versions, a large one for the new cruisers and a smaller one for cruiser turrets and for destroyers and scouts (large destroyers). Given limited funds, there were no plans to fit such systems to earlier ships. The new system was first tested on board the destroyer Borea and, alongside the Barr & Stroud system, on board Trento. Ultimately the series expanded to Type 1 for heavy calibres (initially on board the Zara class); Type 2 for medium calibres and torpedoes; Type 2 modified for destroyers; Type 3 for turrets; and Type 4 (derived from Type 1) for battleship main batteries. Torpedo boats with 3.9in guns had a simpler centralina. These systems were standard through World War II. An export version of the initial cruiser type equipped the Argentine Almirante Brown-class cruisers, ships often described as smaller versions of Trento.

Like the Barr & Stroud table, the Italian one was relatively simple, with four or five operators. As in British tables, the readings from different rangefinders were displayed together (in this case, as dots of different colours) and averaged. The selected value was entered by pressing a button. The table had two graphic plotters (range and bearing) with Dreyer-type grids to measure rates. Turning handles on the dials entered the rates into the computer, moving wires on a large enemy-ship dial. The dial showed the usual representation of the target ship with an arrow whose length indicated its speed. For ease of adjustement, the cross-wires met in a large white disk. Below the enemy-ship dial was a smaller dial indicating own-ship course. Two large dials with spirals on them were used to generate gun-elevation orders (this function was probably automated in later tables).12 A follow-up at the back of the table sent bearings to the guns. For simplicity, some corrections were applied together rather than separately.13 The gimetro was integrated into the cruiser table, but was a separate instrument in battleship main-battery controls.

The battleship main-battery table had five rather than two plotters: the usual range and bearing plots (for rates), target course (from the inclinometer), target speed and range rate itself. As in the cruiser, it fed back generated target course and speed to the director. [<263-264>] The table was fed by a separate range averager (in the cruiser, the outputs of different rangefinders were averaged by eye on the range plot). The averager could also measure range rate directly, as the difference between successive average ranges. All rates were smoothed before being used for calculations. Cranks on the back of the table entered correction factors separately: muzzle velocity, external ballistics (presumably ballistic coefficient), temperature, barometric pressure and apparent wind speed and direction. The gunnery officer in the director entered spots as changes in the range used to calculate gun elevation (either in the drive calculating future range, or directly into the range-to-elevation gear). At least as in the Duilio, the battleship system fired the guns at the end of the roll, the table calculating the necessary train angle. Heavy gun mountings used follow-the-pointer control rather than the remote-power control of the cruisers.

The heavy cruiser version used two DCTs.14 The masthead DCT was the master unit, the bridge DCT being a standby. The Trento version used 5m (16.4ft) Galileo coincidence rangefinders (Type OG 25, with automatic electric trandsmission of ranges between 4,000 and 34,000 metres/4374 and 37,183 yards). They also had a 3m (9.8ft) stereo rangefinder (ST) for spotting (a scartometer or 'error-meter'). Scartometers were a standard feature of the system.15 The scartometer measured the miss distance between splash and target, short or over (up to 3000 metres/3280 yards). In order to see splashes from wild shots, it could move slightly (four or five degrees) away from the line of sight of the main rangefinder. This was quite unusual. This combination of ranging and splash measurement was adopted by the Russian when they bought the Italian system (see chapter 14). The US Navy independently adopted splash rangefinders (spotting glasses) at [<264-265>] about the same time in directors associated with its Mk 8 range-keeper. DCTs incorporated inclinometers.16

Like the heavy cruisers, the first postwar Italian light cruisers (Condottieri A and B classes) had two DCTs each (bridge and mast). Both DCTs carried the same pair of rangefinders (heavy cruisers and Condottieri B had a third, stanby, unit).17 One of the two ranged on the target; the other was a scartometer. Scartometry required stereo operation, because a splash did not present anything usable for a 'cut'. In 1931 the Italians decided to produce a 'dual-purpose' rangefinder, which could operate in either coincidence or stereo mode (ST-T); instruments had bases of 3.5m (11.5ft) and 7.2m (23.6ft) for, respectively, destroyers and cruisers. They proved inconvenient to use, so in 1937 duplex instruments (stereo and coincidence on the same mounting, but as separate instruments) were introduced, with 7.2m (23.6ft) and 12m (39ft) baselines, [<265-266>] ultimately for battleships. Also developed was a telescartometer (ST-Sci) with a base of 5m (16.4ft) for medium calibres and 7.2m (23.6ft) for large calibres. All were placed on anti-vibration mountings.

The Montecuccoli class ('Condottieri C') and later cruisers and battleships had fixed directors above armoured rotating housings for paired 7.2m (23.6ft) rangefinders (coincidence and stereo), the latter being used for scartometry.18 The rangefinder element was stabilised (using motors in the top of the plated-in mast), as were the guns. This element contained an inclinometer. In addition to the usual range and bearing, the masthead DCT transmitted measured target inclination, and the computer below transmitted back generated inclination as well as range and bearing for feedback. Movements of the instruments observing the target were converted to their equivalents in a stable plane and the required gun movements were converted back from that plane. Stabilisation was adopted so that the ship could fire at any point in the roll, to avoid the training errors (due to cross-roll) of unstabilised directors, and to improve target tracking. Guns were line-of-sight stabilised, fired at a desired point in the ship's roll.19 In its developed form the light-cruiser system was used to control battleship secondary batteries.

Destroyers had only the DCT atop the bridge, the gunnery officer occupying a separate elevated position. The destroyer system was first installed in the Navigatori-class scouts (large destroyers) and in Freccia-class destroyers. It appeared in all the classes built up to the end of the war. The destroyer system may have been exported to Turkey for destroyers built in the 1930s.20 The associated DCT was smaller than those on board cruisers.

Although Italian fire-control design was excellent, not enough was ever invested to make Italian naval gunnery effective. By March 1935 the Italians were working on a dual-purpose fire control system, but it appears never to have been completed.21 Guns suffered from excessive dispersion.22 Training was unrealistic, exercises were limited, and war stocks were not amassed. The British reaction to the Italian invasion of Ethiopia in 1935 demonstrated to the Italian naval command that they might soon have to fight, and they began to make some preparations.23 The new effort apparently included the adoption of laddering in [<266-267>] 1936.24 When war came, the Italian navy was unusual in that it had made no preparation for night action. After the unpleasant surprise of Matapan in March 1941, on at least one occasion an Italian force retired rather than risk a night action.

Most Mediterranean gun battles were fought at long range under good visibility.25 The Italian navy could be proud of its ability to hit at such ranges; the cruiser Abruzzi had a plate affixed to her fire-control table claiming hits on HMS Gloucester at Punta Stilo (actually HMS Neptune was damaged there). Overall, however, the Italian navy proved ineffective; a bitter article noted that in thirty-nine encounters, its guns sank two British MTBs, whereas British guns, sometimes assisted by torpedoes after ships had been crippled by gunfire, sank several Italian cruisers.26


9 Santorini, p 104. [M. Santorini, "Evoluzione dei sistemi per la direzione del tiro navale fino agli anni Venti. Genesi delle centrali del tiro tipo 'Regia Marina'", Bollettino d'archivio dell'Ufficio storico della Marina Militare, 6 (1992), settembre, pp. 91-115 Link esterno OPAC SBN].

10 The gimetro figures in postwar British accounts as the main novel feature of the Italian systems. Production models appeared in 1934, but the concept is included in the 1933 Italian gunnery handbook, obtained by the French navy and translated for them.

11 It was called the 'Centrale di tiro Barr & Stroud modificata Galileo.' Santorini, p 108.

12 The spirals translated range into elevation angle; presumably the elevation angle was transmitted from computer to guns by follow-ups.

13 Correction for ballistic coefficient, barometric pressure and powder temperature were all combined in a single setting. They were inserted separately in the battleship system.

14 Trento was completed with two directors, but each carried only a single Barr & Stroud coincidence rangefinder. The Argentine cruisers had the full two-DCT arrangement.

15 Until the end of World War I the Italian navy used Barr & Stroud rangefinders. After that it used instruments from the two domestic companies, Officine Galileo and San Giorgio, which were designated in OG and SG series, respectively. The stereo instrument on board the cruisers (made in 1927) was the first of Italian construction; later instruments had baselines varying from 0.60 to 12m (2 to 39ft). Erminio Bagnasco, Le Armi Delle Navi Italiane Nella Seconda Guerra Mondiale (Parma: Ermanno Albertelli, 1978) [Link esterno OPAC SBN].

16 The first was installed on board the cruiser Trieste. An improved version by Galileo (1930) automatically measured target angle to support torpedo firing.

17 Drawings of the DCT of Bartolomeo Colleoni (in the 'Anatomy of the Ship'-series volume by Franco Gay and Valerio Gay, published by Conway Maritime Press in 1987) show only two rangefinders. However, the Cadorna class (Condottieri B) DCT had three rangefinders and a crew of ten. Details of her outfit and of that of a destroyer (Libeccio) are from a US naval-attaché report dated 19 April 1935. The attaché was impressed that the destroyer's DCT was gas-tight.

18 The DCT on the cruiser Duca Degli Abruzzi (Condottieri E type) had two 5m (16ft) rangefinders, one above the other but slightly splayed out horizontally, and an inclinometer.

19 According to the British report on the cruiser Duca Degli Abruzzi, the guns would have been stabilised in bearing as well, but for a simple geometrical error (not specified) in overall system design. ADM 263/29, AGE Report R2/A55, The Naval Ordnance Equipment in the Italian Cruiser 'Luigi di Savoia Duca degli Abruzzi.' The British considered the remote-power control in this ship, built in 1939, at least abreast of world practice apart for the aforementioned error, but inferior to the 1940 version made by San Giorgio, Galileo's competitor.

20 [...] [Note a p. 310]



1 Il titolo si riferisce al periodo storico in cui la potenza di fuoco di una corazzata era concentrata in grandi cannoni dello stesso calibro: la prima corazzata di questo tipo è stata la HMS Dreadnought (1906) Link esterno Wikipedia. Alla Regia Marina è dedicato specificamente il cap. 13, pp. 259-267. Questo estratto è stato trascritto quale esempio di spiegazione del funzionamento e dell'evoluzione delle centrali di tiro basate sulla telemetria. Si ricordi che la British Library cataloga anche le recensioni.

Cfr. Evoluzione della Direzione tiro nella Regia Marina (20/8/2013) Link esterno Betasom (privo delle immagini il 2/1/2019).

2 Su Vincenzo De Feo (1876-1955): P. Alberini, F. Prosperini, Uomini della Marina. 1861-1946. Dizionario biografico (Roma, Ufficio storico della Marina Militare - Nadir Media, 2015), pp. 178-179 Link esterno Ministero della Difesa. Si veda anche la memoria presentata dal senatore De Feo quando è stato incriminato dall'Alta corte di giustizia per le sanzioni contro il fascismo Link esterno Senato della Repubblica. I suoi interventi in Senato sono elencati in Link esterno Senato della Repubblica.

3 Su Angelo Iachino (1889-1976): Alberini & Prosperini (2015), pp. 283-285 Link esterno Ministero della Difesa.

4 Su Carlo Bergamini (1888-1943): Alberini & Prosperini (2015), pp. 60-61 Link esterno Ministero della Difesa.

5 Incrociatore Trento: Italian cruiser Trento Link esterno Wikipedia EN.

6 Incrociatore Trieste: Italian cruiser Trieste Link esterno Wikipedia EN.

7 Cacciatorpediniere Ostro: Italian destroyer Ostro (1928) Link esterno Wikipedia EN.



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Storia § ??
E. Scarpellini, L'Italia dei consumi : Dalla Belle Époque al nuovo millennio (Roma-Bari : Laterza, 2008; edizione digitale, 2014), p. n.n. Link esterno Google libri. Link esterno OPAC SBN

III. Il miracolo economico
[...] 3. Pubblicità e produzione [...]

Apriamo il pensile a fianco [in una cucina degli anni Cinquanta]. Qui non c'è cibo, ma ci sono spessi bicchieri di vetro, servizi di stoviglie bianchi (belli, pratici, meno di rappresentanza rispetto a una volta – quelli «buoni», regalo di nozze, saranno riposti altrove). Ci sono posate e attrezzi di tutti i tipi, una caffettiera Bialetti (quella con l'omino con i baffi), bilance di precisione, il Proteus della San Giorgio (versione italiana del food processor americano, magari della Kitchen Aid, con mille accessori per frullare, tagliare, macinare, affettare) e poi un frullatore – attrezzi che modificano la consistenza e l'aspetto dei cibi180.

180 A.D. Chandler jr., La mano visibile. La rivoluzione manageriale nell'economia americana (1977), Franco Angeli, Milano 1981.1



1 ...



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Storia § ??
F. Alberico, Le origini e lo sviluppo del fascismo a Genova : la violenza politica dal dopoguerra alla costituzione del regime (Milano : UNICOPLI, 2009), pp. 100-101, 131-132, 214, 235. Link esterno OPAC SBN

Col tempo il ricorso alla violenza sarebbe stato utilizzato non solo contro gli antifascisti ma anche all'interno del fascismo, per risolvere le rivalità personali e per contenere fenomeni di dissidenza. La violenza, se non proprio arma per attirare adesioni, contribuì a dare ai fascisti un'aura di invincibilità, provocò assuefazione e contribuì paradossalmente a una sorta di legittimazione del fascismo in ampi settori dell'opinione pubblica. Gli studi condotti sulla violenza fascista del periodo delle origini concordano nell'interpretarla non solo come mero strumento di lotta delle squadre d'azione, ma anche come elemento intrinseco dell'ideologia fascista65.

Nelle squadre d'azione finirono per confluire soprattutto coloro che avevano combattuto per scelta, piuttosto che per necessità, ma anche molti giovani, che pur non avendo partecipato al conflitto, ne subivano il suggestivo fascino mitico. Naturalmente non va trascurata anche una componente di stampo delinquenziale; fra gli squadristi figuravano anche pregiudicati, spesso in fuga dalla città d'origine, dove avevano lasciato conti in sospeso con la giustizia.

Anche a Genova si verificarono casi simili, sia fra i membri delle squadre d'azione sia fra gli stessi capi: i fratelli Vittorio e Alfonso Mussini, pericolosi elementi dello squadrismo sestrese, si erano dovuti allontanare dall'originaria Reggio Emilia per problemi giudiziari. Giunti a Sestri Ponente nel 1922 in cerca di lavoro, si erano subito iscritti al Fascio ed erano diventati presto capi di una piccola squadra d'azione "che agiva senza alcun controllo". Denunciati per tentato omicidio, nel febbraio del '23, poi per minacce a mano armata, violenza privata e una serie di altre imputazioni, i fratelli Mussini, grazie alla loro attività squadrista, riuscirono non solo ad evitare la galera, ma anche [<100-101>] a essere assunti nello stabilimento San Giorgio, dove Alfonso Mussini approfittava del suo grado di decurione della MVSN per spadroneggiare, minacciando e bastonando chi osava contraddirlo65.

Sestri Ponente divenne un rifugio sicuro anche per Silvio Vaga, che per la sua militanza squadrista dovette rimanere a lungo lontano dalla sua Parma per sfuggire agli attacchi degli avversari politici66.

Le aggressioni squadriste seguivano il tipico schema riproposto all'infinito della provocazione a cui seguiva l'inevitabile rappresaglia: la reazione fascista all'attacco avversario era quasi sempre una risposta spropositata e fuor di misura.

65 ASG, Prefettura, sala 21, b. 48, fasc. Dissidi fra fascisti e sovversivi. [Nota a pie' di p. 101]

66 Si veda parag. 2.5. L'azione squadrista nel ponente genovese. [Nota a pie' di p. 101]


Altri capi dello squadrismo del Ponente genovese furono Virgilio Balbi, squadrista dell'"Indiavolata", coinvolto nel 1922 nel pestaggio di Gaetano Barbareschi146, e Luigi Boasi, attivo sia a Cogoleto, dove viveva e dove comandava la squadra "Me ne frego", sia a Cornigliano, dove lavorava come collaudatore alla San Giorgio. Boasi perseguitò a tal punto gli antifascisti locali che molti, come il socialista Giulio Olcese, scelsero la via dell'esilio in Francia. Il 5 aprile del 1922 fu processato presso il tribunale di Cornigliano per aver picchiato il comunista Pietro Pesce che, dopo esser stato vittima di ripetute aggressioni, sarebbe stato assassinato l'anno seguente147.

Nel mese di novembre, dopo un attentato dinamitardo alla sede del Fascio di Cogoleto, Boasi si presentò a casa dell'antifascista Ernesto Testa sparandogli a bruciapelo; da voci raccolte risultò che fosse stato lo stesso Boasi a posizionare l'ordigno, per poter così giustificare la rappresaglia148.

Esasperati dalle continue violenze fasciste, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali, cooperative e politiche di Sestri, riuniti nella Casa del Popolo, il 29 settembre 1921 votarono un ordine del giorno che suonava come un atto d'accusa e una dichiarazione di radicale sfiducia nei confronti della forza pubblica: [<131-132>]

   i rappresentanti delle organizzazioni economiche e politiche di Sestri [...] mentre deplorano il contegno delle Autorità locali che fingono di ignorare il connubio vergognoso, che tutta la cittadinanza può testimoniare, fra fascisti, carabinieri, e agenti della Forza pubblica, dichiarano di non credere più efficace nessuna protesta verbale, né tanto meno ripongono alcuna fiducia nell'opera parziale di dette autorità149.

146 Le indagini furono interrotte per un'amnistia. Un testimone lo riconobbe tra i responsabili della distruzione del Circolo ferrovieri di Sampierdarena, avvenuta nelle giornate dello sciopero legalitario: riconosciuto colpevole, fu condannato a 25 anni di reclusione, anch'essi amnistiati, ASPGG, CAS di Genova, b. 237, fasc. 41 del Pm e 17 del registro generale. [Nota a pie' di p. 131]

147 ASG, Prefettura, sala 21, b. 33, fasc. Sestri Ponente Agitazioni e conflitti 1922. [Nota a pie' di p. 131]

148 ASPGG, CAS di Genova, b. 249, fasc. 50 del Pm e 651 del registro generale. Nel periodo della RSI Boasi fondò il Fascio repubblicano di Cogoleto ed entrò nelle Brigate Nere. [Nota a pie' di p. 131]


[214>] Nella stessa giornata a Trensasco due fascisti si presentarono all'abitazione di Angelo Borneto, ex sindaco del Comune, accusandolo di propaganda antifascista e minacciandolo a mano armata. Nella mattina del 6 ottobre uno dei capi della Milizia Portuaria, Vittorio Mussini, aggredì a pugni e minacce uno degli scaricatori in attesa della chiamata al lavoro. Una decina di giorni dopo Mussini fu denunciato alle forze dell'ordine per aver partecipato con il suo collega della S. Giorgio Pietro Calvi all'aggressione del capo-reparto, sospettato di antifascismo. Dopo l'episodio la direzione della S. Giorgio, non più disposta a tollerare tali eccessi, decise di licenziare Mussini che, a sua volta, minacciò la ditta di rappresaglia58.

Il 10 ottobre i carabinieri della stazione Campasso, avvertiti da una telefonata anonima, sorpresero il segretario politico locale, Duilio Fedeli e altri fascisti mentre stavano svaligiando la sede della Federazione Operaia Tessili, in via Saffi59.

58 ASG, Prefettura, sala 21, b. 48, fasc. Dissidi fra fascisti e sovversivi. [Nota a pie' di p. 214]

59 ASG, Prefettura, sala 21, b. 49, fasc. Genova-Reati 1924. [Nota a pie' di p. 214]


[235>] [...] il 12 giugno 1925 Gaetano Barbareschi, l'ex segretario della Camera del Lavoro sampierdarenese, fu bastonato per aver organizzato una manifestazione a favore di Matteotti nel deposito tranviario di Sampierdarena137. Due mesi dopo il direttore amministrativo della Società S. Giorgio segnalò al vice commissario di P.S. di Rivarolo che gli operai, per la maggior parte comunisti, chiedevano protezione per uscire dallo stabilimento perché all'esterno li attendevano per bastonarli alcuni esponenti delle Corporazioni fasciste che avevano chiesto la loro adesione senza ottenerla138.

137 ASG, Prefettura, sala 21, b. 48, fasc. Genova - Incidenti fra fascisti e comunisti. L'episodio risentiva del clima creato attorno al processo agli assassini di Matteotti, sul quale il ministro Federzoni aveva imposto il silenzio stampa, sia da parte dei "giornali amici" sia naturalmente da parte dei "giornali avversari", ASG, Prefettura, sala 21, b. 273, fasc. Disposizioni alla stampa 1923-1926. [Nota a pie' di p. 235]

138 ASG, Prefettura, sala 21, b. 11, fasc. Miscellanea 1924-1925. [Nota a pie' di p. 235] 1



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Storia § ??
V. Zamagni, Finmeccanica: competenze che vengono da lontano (Bologna, Il Mulino, 2009), p. 17, passim. Link esterno OPAC SBN

Le principali localizzazioni erano Genova (Ansaldo, San Giorgio), Spezia (Oto), Trieste-Monfalcone (Crda), Milano (Alfa Romeo12, Filotecnica Salmoiraghi), Brescia (Sant'Eustacchio), Napoli (Navalmeccanica, Fama, Metalmeccanica). Nella prima riunione del CdA della nuova società, tenuta in locali prestati dalla Finsider il 22 marzo 1948, il presidente Zenari, sulla base del lavoro sull'industria meccanica già più volte citato, ritenne di poter dire che l'indirizzo seguito fino ad allora nella meccanica italiana, legato a specializzazioni ad alto impiego di manodopera, non fosse errato, data l'abbondanza di lavoro nel paese, ma che occorreva una discontinuità forte nella siderurgia che doveva «mettersi in condizioni di fornire il ferro ai prezzi internazionali»13, cosa realizzabile solo con l'ammodernamento degli impianti a ciclo completo. per quanto riguardava, invece, le aziende acquisite da Finmeccanica, le idee-guida erano due: concentrare le lavorazioni di ciascun settore in un'impresa capofila per evitare doppioni e competizione interna e accorpare una serie di società per offrire impianti completi.

L'Italia – si legge nel verbale della seduta del CdA del 5 giugno 1948 – si è sempre presentata sui mercati internazionali con industrie isolate che vendevano macchinari singoli isolati [...]. L'insieme delle industrie meccaniche Iri che costituiscono il 25% dell'industria meccanica italiana [...] può, consociandosi, affrontare questo problema con buone probabilità di riuscita14.

Ma i problemi strutturali delle aziende Finmeccanica e in particolare delle costruzioni navali non erano risolvibili in tempi brevi. I dirigenti di Finmeccanica erano consapevoli delle grosse responsabilità che gravavano sulle loro spalle: l'industria meccanica era ormai l'asse portante [<17-18>] [...]


12 Sulle origini dell'Alfa Romeo, si veda D. Bigazzi, Il Portello. Operai, tecnici e imprenditori all'Alfa Romeo 1906-1926, Milano, Angeli, 1988. [Nota a pie' di p. 17]

13 AF, Libri Verbali, cit., p. 15. In seguito, si fa menzione del fatto che Finmeccanica assorbiva il 20% delle produzioni di Finsider. [Ibidem]

14 AF, Libri Verbali, I, seduta del 22 giugno 1948, p. 39. A questo scopo, venne costituita la Cogei (Compagnia Generale Impianti). [Ibidem] 1



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F. Bastiani, "Le Italiane : Storia delle poco conosciute macchine fotografiche italiane", con disegni di L. Pulcini, Notiziario del Circolo Fotografico Il Tempio, n. 46 (Pistoia, Petite Plaisance, 2009), pp. 6-7 Link esterno Petite Plaisance Blog. Il Notiziario è un supplemento della rivista Koinè. Link esterno OPAC SBN

A Genova la società San Giorgio, dovendo ricollocare i 1200 dipendenti del periodo [<6-7>] bellico, iniziò a diversificare la sua produzione applicando le conoscenze acquisite durante la guerra in numerosi settori civili: uno fra tutti fu la fotografia.

Il responsabile dell'ufficio tecnico era l'ing. Bruscaglioni. Convinto che la miniaturizzazione fosse la chiave del successo in questo settore iniziò a progettare una piccola fotocamera per pellicola 16mm e fotogramma 15x15 mm chiamata Parva.

La bontà del progetto fu nota anche negli Stati Uniti, dove fu recensita positivamente sulla rivista "Modern Photography" nell'ottobre del 1953.

Dopo il trasferimento dell'ing. Bruscaglioni il progetto Parva venne abbandonato a favore di altre due fotocamere: la Safo e la Janua, entrambe a telemetro per pellicola 135 e fotogramma 24x24 mm la prima e 24x36 mm la seconda.

La prestigiosa Janua veniva costruita con una precisione e una cura nei dettagli maniacale (fig. 6).1 Otturatore a tendina con tempi fino a 1/1000 di sec., esposimetro ad estinzione, obiettivo con montatura rientrante intercambiabile con innesto a baionetta prodotto dalla stessa San Giorgio: un EsseGi 50mm f:3.5 o Kritios 50mm f:2. Queste erano le caratteristiche salienti di una fotocamera il cui unico difetto fu quello di essere commercializzata nel 1953 quando la Leica era nuovamente sul mercato, con lo stesso prezzo ma con una fama ben diversa. Altri obiettivi per la Janua, anche se previsti in catalogo, non vennero mai realizzati e la sua produzione cessò due anni più tardi... se avesse avuto uno sviluppo più rapido, visto che se ne parlava fin dal 1947, avrebbe avuto un successo strepitoso.



1 Bel disegno originale a matita nera.



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Storia § ??
A. Martino, La guerra e le parole : la stampa clandestina della resistenza savonese (1944-1945) (Savona : a cura dell'Autore, 2011), pp. 126-128 Link esterno Google libri. Link esterno OPAC SBN

[L'Unità – trascrizione in ciclostilato dell'edizione dell'Italia settentrionale e dell'edizione ligure]
Anno XXI n. 8, 5 settembre 1944 (ed. Liguria) / [pagine 4] / Edizione della Liguria / Cent. 50 la copia [...]

SESTRI PONENTE – Dalla S. Giorgio.

Dal mese di Giugno un gruppo di operai presentava alla Direzione dello Stabilimento una lista di rivedicazioni riguardanti le relazioni dei minimi di cottimo e l'anticipo di quattro mensilità. Come al solito, a queste sacrosante richieste, si opponeva in primo tempo il sabotaggio del personale direttivo che, certo su ordini della direzione, tergiversava a presentare le richieste. Ma gli operai non si sono fatti smontare e presentandosi continuamente in diversi gruppi, con contegno energico, facevano inghiottire il solito piagnuccolamento della "mancanza di fondi" ottenendo piena vittoria sulla prima parte delle richieste. Il minimo del cottimo veniva fissato sull'80%.

Inoltre venivano riconosciuti i diritti degli operai "sfollati" al seguito dei reparti decentrati in PIEMONTE e in LOMBARDIA. [<127-128>]

Ma per la seconda parte della rivendicazione la Direzione ricorreva ad una manovra degna del giudizio davanti al TRIBUNALE DEL POPOLO. Non potendo più oltre rigettare la giusta richiesta degli operai dell'anticipo di quattro mensilità si dichiarava disposta a trattare perché questi fossero accompagnati da una rappresentanza della Commissione Interna nominata... dai fascisti, e naturalmente non riconosciuta dagli operai.

Siccome i fascisti sono contro, per ordine di Mussolini e dei tedeschi ai prestiti, e siccome gli operai non vogliono a che fare con loro, i signori "industriali" hanno così implicitamente preso posizione al fianco dei tedeschi per impedire che gli operai e le loro famiglie possano affrontare con un minimo di provviste e di tranquillità i giorni di crisi che stanno avvicinandosi. La manovra ha suscitato indignazione e aumentato il fermento fra gli operai che guidati dal loro Comitato di Agitazione continuano la lotta.

Il giorno 30 scorso gli operai compatti, al fischio delle sirene, abbandonavano il lavoro riversandosi nelle gabine con il loro atteggiamento deciso costringevano i capi reparto a trasmettere senza indugio la loro richiesta in direzione.

Questa finalmente mostrava di farsi viva. Un suo manifesto era affisso nei reparti; in esso vi era la promessa di accordare il pagamento dell'anticipazione nella misura stabilita dalle altre aziende subordinandola "alla possibilità di procurarsi i fondi".

Ma queste promesse NON BASTANO.

Occorrono i fatti e senza più perdere tempo, e senza giocare a scarica barile. Nel momento in cui si decidono le sorti della guerra e del nostro Paese, nel momento in cui tutto il popolo lotta sui monti e nelle città per la liberazione affrontando ogni sacrificio ci è ancora chi pensa di cavarsela a buon mercato tenendo il piede in "due staffe" per salvare i suoi gretti interessi di casta.

GLI OPERAI NON LO PERMETTERANNO.

Nell'ITALIA di domani non vi sarà posto per chi non ha dato tutto per la lotta.

LO RICORDINO I SIGNORI "INDUSTRIALI".1



1 .



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Storia § ??
S. De Maestri, R. Tolaini, "Le eredità della San Giorgio: l'elettronica di Selex Elsag e ABB", in Storie e itinerari dell'industria ligure (Genova : De Ferrari, 2011), pp. 265-270 Link esterno Confindustria Genova. Link esterno OPAC SBN

Percorrendo via Siffredi, all'incrocio tra via Giotto e via Manara, su quest'ultima ci sorprende la vista di un edificio inusuale nel paesaggio industriale della periferia di Sestri Ponente: una palazzina liberty che richiama uno chalet di montagna. L'edificio, che attualmente ospita Postel, è stato il centro direzionale di una delle imprese più originali della storia industriale di Genova, la San Giorgio, centrata originariamente sulla meccanica di precisione, passata attraverso l'elettromeccanica e approdata all'elettronica e all'automazione, con la costituzione della Elsag.


7.1.1 La sede originaria della San Giorgio

La San Giorgio Società Anonima Italiana per la costruzione di automobili terrestri e marittimi (SG) viene fondata nel 1905 in un contesto di vivace attenzione del mondo degli affari genovese per l'emergente industria dell'automobile. Oltre ad Attilio Odero (v. cap. 3.2), tra gli azionisti troviamo personaggi come Arturo Bocciardo (v. cap. 1.5), Giuseppe Orlando e Rinaldo Piaggio (v. cap. 1.4). La scelta di affidare a Gino Coppedè la progettazione della palazzina degli uffici è una conferma evidente delle ambizioni degli azionisti. L'approccio è assolutamente originale: Coppedè, che alcuni anni prima ha conquistato l'ambiente genovese con la realizzazione del Castello per Evan Mackenzie sulle alture della città, concepisce l'edificio con un carattere di architettura privata residenziale, mediato da suggestioni proprie non della città, ma di un [<265-266>] immaginario paesaggio alpestre. Lo stesso riferimento che l'anno precedente aveva costituito il motivo ispiratore per il progetto della villa di Anna Dellepiane in via Piaggio, la prima costruita sulla vasta lottizzazione edilizia che l'imprenditore Erasmo Piaggio (v. cap. 3.5) aveva effettuato a Genova nella zona di Circonvallazione a monte per la ricca borghesia genovese.

Nel progetto delle Officine San Giorgio, per sottolinearne l'immagine privata, Coppedè tripartisce il fronte e avanza i due volumi laterali sul corpo centrale di collegamento, dove la minore altezza genera un terrazzo, un passaggio scoperto tra le due ali del complesso. La copertura dei corpi laterali a spioventi, in legno, è sostenuta da mensole aggettanti e il parapetto del terrazzo è coronato da una frontonatura in intonaco che include e sovrasta un pannello in grès ceramico del 1906 raffigurante San Giorgio che trafigge il drago. L'opera è attribuita a Galileo Chini, che in quel periodo lavorava a Genova in altre dimore private e negli interni della nuova Borsa Merci. Il paramento [<266-267>] murario in intonaco è decorato da fasce di mattoni rossi che, con i tagli, compongono un nastro lungo tutto il prospetto negli architravi delle aperture del piano terra e del primo piano. La decorazione è completata da un marcapiano in intonaco, aggettante, che si snoda in un motivo di ruote e palmette e, in corrispondenza degli angoli riprende, stilizzati, i temi della ruota e delle ali di drago.

Negli stessi anni la società affida a Coppedè il progetto per l'esposizione del Sempione a Milano e per la palazzina delle Officine a Pistoia.


7.1.2 Le radici automobilistiche e meccaniche

Dietro la palazzina di Sestri vengono costruite le officine di allestimento delle automobili sportive, mentre a Pistoia nel 1907 SG avvia la produzione di materiale rotabile.

Contemporaneamente, si realizza una collaborazione paritetica con Fiat, per costruire motoscafi e sommergibili presso il cantiere del Muggiano (v. cap. 3.4) a La Spezia, costituendo la Fiat San Giorgio.

L'avvio della produzione coincide con la crisi del 1907, che ha duri effetti sul settore. I bilanci si chiudono in rosso e in breve la proprietà decide di abbandonare l'automobile, scegliendo di riorientare i propri impianti verso la produzione di materiale ferroviario, di macchinari ausiliari di bordo e di strumenti di precisione per le artiglierie navali.

La costituzione di un reparto per la lavorazione delle ottiche spinge la SG a ampliare gli spazi sull'altro lato dell'attuale via Manara, utilizzando parte delle strutture della vecchia Manifattura Tabacchi, che dal 1885 si era trasferita nella nuova sede di via Ugo Foscolo, oggi Soliman. La riorganizzazione dà i frutti sperati, giacché nel 1913 la SG distribuisce per la prima volta un dividendo del 5%. [<267-268>]


7.1.3 Dopo la guerra: verso la diversificazione

Anche per la SG la Grande Guerra è un'occasione di crescita. Essendo una delle poche imprese in grado di produrre meccanismi di puntamento per artiglieria riceve tante ordinazioni da saturare gli impianti. Si amplia, allora, lo stabilimento di Sestri e si alza di un piano l'edificio che ospita il reparto di ottica. Nel luglio 1917 SG rileva la tedesca Società Anonima Italiana Koerting, per avere a disposizione maggiori superfici e perché possiede conoscenze rilevanti nel settore elettromeccanico, a cui SG intende dedicare parte della sua attività.

Il ridimensionamento delle commesse belliche, dopo la fine del conflitto, non spiazza la società che sviluppa la produzione di equipaggiamenti elettrici ed elettromeccanici e avvia la riconversione dei reparti di ottica e di meccanica di precisione verso i beni di consumo. La diversificazione verso l'elettromeccanica si consolida attraverso l'incorporazione nel 1923 delle Officine Elettromeccaniche di Rivarolo, del gruppo di Erasmo Piaggio (v. cap. 6.2). Per far fronte alle nuove esigenze produttive viene costruito nel 1927 il quarto piano dell'edificio industriale posto sul lato a mare di via Manara e l'anno seguente è aggiunto un altro corpo di fabbrica.

Nella seconda metà degli anni Venti vengono riavviate le produzioni belliche in campo navale, in collaborazione con la Marina Militare, per l'ammodernamento dei sistemi di tiro e di avvistamento. Frattanto la composizione dell'azionariato cambia: Odero cede gran parte del suo pacchetto azionario (20,3%) alla OTO (v. cap. 1.5 e 3.2), che diventa la principale azionista della SG. Questa posizione viene rilevata dall'IRI quando l'istituto pubblico incorpora la OTO, nel 1933. [<268-269>]

L'attività produttiva, basata prevalentemente su commesse di prodotti di qualità, consente livelli di profitti costanti sino alla Seconda Guerra Mondiale. Per sostenere lo sviluppo della produzione, nel 1931 e nel 1937 l'impresa acquista terreni, inglobando aree un tempo occupate da altre attività industriali, come l'area a ponente dello stabilimento appartenente alla Società Ligure Metallurgica (v. cap. 2.3) e quella a levante di proprietà dell'Ansaldo Aeronautica.


7.1.4 Dalla Seconda Guerra Mondiale alla crisi

Dopo l'8 settembre 1943 crollano le commesse militari e inizia una fase molto negativa, aggravata dalle conseguenze dell'occupazione nazista, che prosegue anche nel secondo dopoguerra. Vengono meno gli ordinativi militari e non si può più contare su un mercato protetto. Cresce notevolmente il peso dell'IRI, che nel 1946 diventa l'azionista di maggioranza, e nel 1948 SG entra a far parte di Finmeccanica. [<269-270>]

Nel 1949 l'elettromeccanica, comprese le officine di Rivarolo, viene scorporata e, insieme all'Elettrotecnico Ansaldo, confluisce in ASG (v. cap. 1.2); contemporaneamente lo stabilimento toscano è ceduto alle Officine Meccaniche Pistoiesi. Quello di Sestri viene riorientato verso la meccanica tessile, le macchine fotografiche, gli elettrodomestici, le pompe di benzina, ma i risultati sono complessivamente scadenti.


7.1.5 Dalla Nuova San Giorgio alla Elsag: l'approdo all'elettronica

Il rilancio dell'impresa è legato alla ripresa delle commesse militari, che ridanno fiato alle competenze accumulate nei passati decenni sugli apparati di bordo, sull'ottica di precisione e sui sistemi di tiro, nell'ambito di una nuova compagine societaria, costituita nel 1954, la Nuova San Giorgio (NSG). Le commesse militari spingono il management della NSG a entrare nel campo dell'elettronica. Emerge un nucleo agguerrito di giovani ingegneri, guidati da Luigi Carlo Rossi, che conducono attività di ricerca innovativa nell'applicazione dei transistor al silicio. La NSG si accredita come l'unica impresa italiana capace di fornire affidabili centrali di tiro basate sull'elettronica transistorizzata.

Negli anni successivi le competenze elettroniche dal militare sono riversate anche nelle produzioni civili, come nel caso delle prime produzioni di macchine utensili a controllo numerico, basate sui circuiti integrati: la NSG è un'impresa con una doppia anima, una legata alla meccanica tessile e l'altra alla nuova frontiera dell'elettronica. IRI e Finmeccanica decidono di scorporare la Divisione Elettronica dal resto della NSG: dal 1969 è costituita la Elettronica San Giorgio-Elsag, che entra nella Società Torinese per l'Esercizio Telefonico (STET), dando vita poi al raggruppamento Selenia Elsag, mentre la NSG successivamente entra a far parte del meccano-tessile dell'ENI.1



1 Il brano estratto è parte del § 7.1, che fa parte del cap. 7: "L'elettronica e l'high tech". Sono qui omessi i paragrafi: 7.1.6 "Elsag tra rivoluzione elettronica e internazionalizzazione"; 7.1.7 "Le eredità della Elsag"; 7.1.8 "Le nuove sedi di Elsag e ABB".

La parte di interesse è illustrata con varie figure; due riquadri di approfondimento sono dedicati a Gino Coppedè; un altro a Arturo Bocciardo nell'ambito del cap. 1: "La meccanica e l'elettromeccanica", p. 55.



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Storia § ??
P. Fragiacomo, L'industria come continuazione della politica. La cantieristica italiana 1861-2011 (Milano, F. Angeli, 2012), p. 62. Link esterno OPAC SBN

Pure i primi importanti contratti acquisiti dall'industria cantieristica privata sui mercati esteri furono in buona misura merito della Regia Marina. È il caso degli incrociatori corazzati della classe "Garibaldi", progettati dal tenente generale del Genio Edoardo Masdea sotto la supervisione di Brin. I primi due esemplari furono impostati nel 1893 dai cantieri Ansaldo e Orlando per conto della Regia Marina e quindi ceduti, prima che fossero completati, all'Argentina. Ne furono costruiti in tutto dieci, per quattro Marine diverse: oltre a quella italiana e argentina, li acquistarono Spagna e Giappone. Gli incrociatori "Garibaldi" sono considerati in assoluto uno dei maggiori successi dell'industria militare italiana di tutti i tempi.1

Lo stesso vale per i sommergibili. Fu l'Arsenale della Spezia a varare negli anni '90 il primo esemplare in Italia, il "Delfino", su progetto dell'ufficiale Giacinto Pullino. Nel 1905 la Fiat, nell'ambito di una strategia di diversificazione, decise di aprire un piccolo cantiere a fianco dell'Arsenale, associando all'iniziativa un paio d'anni dopo un'altra impresa meccanica, la San Giorgio. Avvalendosi della collaborazione di un tecnico di valore come Cesare Laurenti, già ufficiale del Genio Navale e collaboratore di Pullino, la Fiat-San Giorgio costruì nel 1908 il "Foca", il primo sommergibile uscito dall'industria privata italiana e il primo a essere dotato di motore diesel. Fu un successo: ne furono venduti a Spagna, Portogallo e Brasile, ma ulteriori esemplari vennero realizzati attraverso la concessione della licenza ad altri cantieri, sia italiani (Odero e Orlando), sia stranieri (inglesi, russi, svedesi e giapponesi)83.


83. Sulle commesse estere di unità militari vedi la rassegna completa curata da E. Bagnasco e A. Rastelli, Le costruzioni navali italiane per l'estero. Centotrenta anni di prestigiosa presenza nel mondo, supplemento alla "Rivista marittima", n. 12/1991, in particolare le pp. 14-21 e 40-44 per i due progetti citati; sull'iniziativa della Fiat-San Giorgio a La Spezia vedi F. Maffiotti, Origine e sviluppo del Cantiere del Muggiano dal 1883 al 1918, Tesi di laurea, Università degli Studi di Pisa, Facoltà di Economia e Commercio, a. a. 1986-1987, pp. 187-211. [Nota a pie' di p. 62]



1 È stato qui aggiunto un a capo per evidenziare il brano che segue, dedicato ai sommergibili.



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Storia § ??
F. Nestel, Caccia alla Portaelicotteri Moskva (12/3/2012), 7 pp. Link esterno I Marinai. Link esterno OPAC SBN

Il mio turno di guardia in navigazione era in centrale tiro sottocoperta [della fregata Centauro F 554]. Quella sera, terminato il servizio alle 22.00, era un peccato andare in branda, poi ero stato quattro ore di seguito sottocoperta tra le apparecchiature in moto, e ancora mi ronzavano le orecchie. Avevo voglia di respirare aria fresca, feci due passi a poppa, e trovai stravaccati sopra lo scaricabombe di profondità due cannonieri che si stavano fumando una sigaretta in tutta tranquillità, anche loro avevano appena terminato la guardia.

Verso Sud stava sorgendo dal mare la luna, arancione, enorme, il mare calmissimo, da quella parte sembrava in fiamme, e quella striscia fiammeggiante dall'orizzonte svaniva a poche decine di metri dalla carena del Centauro: era bellissimo!

Decisi di andare in plancia di vedetta. Arrivato su trovai il capo vedetta, che era un sergente segnalatore del nostro corso, il quale mi aggiornò sulla situazione. Continuavamo a perlustrare andando su e giù di qua e di là come un cane bracco in cerca di preda, ma fino ad allora della preda neanche la puzza.

Presi un binocolo mi posizionai in controplancia, stavamo navigando verso Ovest 80 miglia a Nord di Sidi el Barrani tra l'Egitto e l'isola di Creta, mi misi a perlustrare l'orizzonte cercando di evitare di guardare dove la luna s'immergeva nel mare per non essere abbagliato. Dopo una decina di minuti la luna, immensa e tondeggiante, si staccò dalla massa dorata delle acque ed incominciò ad esserci una linea di stacco nera tra il disco della luna e l'acqua illuminata dalla luce della luna stessa. A quel punto avevo una linea dell'orizzonte continua e scura, così iniziai a perlustrare l'orizzonte di sinistra senza soluzione di continuità anche se sotto la luna c'erano degli scintillii causati dal riflesso della luce lunare sull'acqua increspata che davano un po' fastidio alla vista.

Ad un certo punto mi sembrò che uno di questi scintillii, rosso, non fosse al suo posto, cioè che fosse sopra la linea buia ed immaginaria dell'orizzonte; per diversi secondi puntai in quella direzione il binocolo, ma niente, credetti d'aver avuto un'abbaglio causato da tutta quella luce concentrata in uno spazio ristretto in mezzo ad un'enorme niente nero. Ma ero convinto di aver visto qualcosa di diverso in quello che era momentaneamente il normale, cioè il nero della notte, la luna ed il suo bagliore riflesso nel mare. Così appoggiai il binocolo sopra un corrimano e lo puntai nella direzione di prima e poco dopo di nuovo quel piccolissimo "Bip" rosso luminoso si fece vedere.

A questo punto, sicuro di aver visto il testa d'albero di un natante scesi sull'aletta di sinistra e mi feci cedere il posto sull'Astramar dalla vedetta di guardia che più che essere di guardia mi sembrò che stesse addormentato stravaccato sull'Astramar stesso. Dopo pochi secondi che avevo puntato l'Astramar ecco il "Bip" luminoso: era sicuramente un testa d'albero di un natante piuttosto grosso, andava più o meno nella nostra stessa direzione però convergeva.

A quel punto ero emozionato, anche se non sapevo di cosa si trattasse, ma l'avvistamento l'avevo fatto io nonostante tutta la gente di guardia in plancia preposta a tale scopo, per me era un punto d'orgoglio.

Gridai: "Bersaglio navale ore 11".

Sembrava che fosse scoppiata una bomba a bordo. Tutto il personale di servizio in plancia si precipitò sull'aletta di sinistra puntando i binocoli ad ore 11, un'attimo dopo arrivarono il Comandante ed il Comandante in Seconda, avvisati dall'Ufficiale di servizio. [...] 1



1 Si trattava effettivamente del primo avvistamento della flotta russa da poco entrata nel Mediterraneo dal Bosforo, come segnalato da una base NATO turca. L'intercettazione in acque internazionali, in parte tesa a documentare la nuova nave sovietica Link esterno Wikipedia, dovrebbe essere avvenuta nel 1968. Sulle quattro unità della classe Centauro Link esterno Wikipedia (pagine esistenti il 4/11/2019).



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Storia § ??
N. Friedman, Naval Anti-Aircraft Guns and Gunnery (Barnsley, Seaforth, 2013), pp. 166-169 Link esterno Google libri. Link esterno British Library

Chapter 7

OTHER EUROPEAN NAVIES BETWEEN THE WARS

[...] Italy


As with surface fire control, optics and computers were made by the two firms of San Giorgio and Officine Galileo, both presumably using basic concepts supplied by the navy. The Royal Italian Navy used a data transmission systema similar to the British Magslip and the US Selsyn.30 Presumably the Italians first encountered such systems on board ex-Austrian ships in 1918 (as did the French).

Italian surface fire-control systems were derived from a Barr & Stroud prototype. It is not clear to what (if any) extent the corresponding anti-aircraft system had the same origin.31 However, it seems suggestive that the Italians adopted the flyplane technique which Barr & Stroud seems to have been the first to propose. Moreover, the Italian system as described by a British post-war mission (which was clearly unaware of the Barr & Stroud technology of the 1920s) seems to reflect that company's ideas.32

It appears that until the mid-1930s the Royal Italian Navy relied on [<166-167>] barrage anti-aircraft fire. It is not entirely clear when it first obtained anti-aircraft directors and related computers. Destroyers on convoy escort duty apparently used barrage techniques against low-flying British attack aircraft, in some cases with considerable success.

In June 1934 the US Naval Attaché saw the pedestal and mount of the new Italian anti-aircraft fire-control director, development of which was being completed. He considered it similar to a 3in gun mount without the gun, with positions for trainer and elevator (layer) with panoramic (wide-angle) sights. It was stated that no rangefinder was needed, which suggests some form of tachymetric device.

The battleships of the Duilio and Littorio classes had the most advanced medium-calibre anti-aircraft systems. The Royal Navy examined the systems aboard Duilio after the war.33 The ship had two anti-aircraft directors, one on either side, made by San Giorgio. Each had a 3m stereo rangefinder, a main observing periscope, layer's and trainer's periscopes, and a lookout sight. Sights were binocular, and they provided the predictor (computer) with its laying and training angles.34

The ship had a stable element (roll and pitch) which measured not only position but also angular velocities and accelerations (which was unusual, and imposed considerable complications). Because the RPC motors had been landed in 1942, British observers were unable to see how stabilisation worked in practice, and whether the complication was worthwhile. The ship's crew said that the system had given little trouble, but the British team noted that it had probably had little running time between installation (1940) and 1942.35

The below-decks computer had three main dials: a bearing plotter at left, a relative target velocity unit in the centre (which was little used), and a cursor crosswire representation unit to the right. The end face carried a range dial and 'balance dials'. The key point, which Barr & Stroud had made in the 1920s, was that motion in the flyplane was simple. The aircraft followed a straight course past the ship. The post-war British team observed that in this way the system designers managed to reduce a complex problem to four constants and only a single variable, calculation of which had to be monitored. The constants were target speed angle of climb or descent, distance of closest approach to the ship (the length of a line at right angles to the course of the target), and the angle at which the flyplane was ripped back (the angle of presentation, which, confusingly, was not the angle of presentation used in standard Admiralty practice in the HACS).36 As the target [<167-168>] passed the ship, the line of sight from ship to aircraft made a changing angle to its course (inclination). Monitoring this variable angle made it possible to tell whether the fire-control solution was valid, and also whether the aircraft had changed course.

Key inputs from the director were elevation and train rates, transmitted as the rotation of shafts. There were no integrators. As in the Barr & Stroud calculator sold to the Japanese, what was transmitted was the amount by which the target seemed to move in elevation and azimuth. If that was measured accurately enough (if the sights were well enough stabilised), and if measurement was done over a short enough time (during which rates would not change by much), these numbers gave rates. Note that they were the rates in a plane at right angles to the line of sight, non in the flyplane.

The correct presentation angle was the only one which satisfied an equation in which the observed rates were multiplied by certain trigonometric functions of the assumed angle of presentation. The operator adjusted the assumed angle until this equation was satisfied.37 Given the angle of presentation and the two rates, the rate at which the course angle changed could be calculated automatically, normally using a plotter.38 Given the rate at which bearing changed, a plotter was used to find the angle between the line of sight and the distance of closest approach (a key angle in Barr & Stroud's technology). The British team observed that the plotting technique took a few seconds, hence might not be ideal.

Total deflection was resolved into azimuth and vertical deflection by a spherical analyser. As an alternative mode of operation, the system could use rate of change of height and plan projection of target speed. Three-dimensional cams were used for ballistic and wid effects ant to [<168-169>] solve other mathematical formulae.

There was no integrator and no feedback, hence no rate-aided laying to assist in tracking should the target be obscured. The ship's crew stated that guns could be brought into action within about 10 seconds of sighting the target; the British team added that this would depend on how good early ranges were.1


30 According to the two Admiralty Gunnery Establishment reports, but Campbell, Naval Weapons of World War II, p 319, states that the Italian step-by-step transmission system was disliked. Presumably there was a shift from one type to the other. [Nota a p. 350]

31 Barr & Stroud papers on anti-aircraft fire control do not mention Italy, although one paper on surface fire control does. [Nota a p. 350]

32 Some features which suggest that this began as a Barr & Stroud design were the use of the flyplane; the use of angular rates without using either a gyro or matching to measure them; the spherical analyser (which was a feature of the 1927 Barr & Stroud proposal to Japan); and the use of shaft rotations for analysis. The latter would fit with use of the firm's Rocord component resolver, which was based on shaft rotation. The spherical resolver suggests the roll and pitch devices included in the company's 1927 proposal to the Imperial Japanese Navy. The use of the word 'balance' to indicate a dial intended to translate angular rates into speeds along and across suggests British practice, as both Barr & Stroud and Vickers used this word (it was not used in connection with the HACS). [Nota a p. 350]

33 'Report of the Examination of Optical Apparatus as Fitted to Units of the Italian Fleet and of Interviews With the Firms Responsible for the Design and Manufacture of This Apparatus', undate (probably 1947) report by Admiralty Gunnery Establishment (AGE) (ADM 213/534) and Admiralty Gunnery Establishment Report R1/A.55, 'The Naval Ordnance Equipment in the Italian Battleship Duilio' (report of the Technical Party visiting the Italian Fleet in May/June 1946), ADM 263/19. According to the latter report, as far as anti-aircraft was concerned 'Everywhere there is evidence of thought which, in 1940, was abreast or ahead of contemporary achievement and which is expressed in mechanism displaying an excellent standard of design and workmanship.' The AGE team was particularly impressed by the four-axis 90mm gun mounting and by the fire-control computer, which was a flyplane system. 'The Italian design were so advanced that the gear fitted in 1940 was, in those days, about 10 years ahead of contemporary [<350-351>] gear.' However, 'the approach to the stabilisation problem is courageous [DA COMPLETARE] [Nota alle pp. 350-351]

34 [DA COMPLETARE]. [Nota a p. 351]

35 [DA COMPLETARE]. [Nota a p. 351]

36 [DA COMPLETARE]. [Nota a p. 351]

37 [DA COMPLETARE]. [Nota a p. 351]

38 [DA COMPLETARE]. [Nota a p. 351]



1 Il volume è copiosamente illustrato.



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Storia § 17
I. Bibollet, I. Bozzi, A. Cantaluppi, E. Salassa, a cura di, Archivio Storico della Compagnia di San Paolo : III Inventario : Istituto di San Paolo di Torino : Gestioni EGELI - Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare (Torino, Compagnia di San Paolo, 2014), pp. 54-55, 60-65 Link esterno Fondazione 1563; appendice "Indice dei toponimi", pp. 26, 27 Link esterno Fondazione 1563. Link esterno OPAC SBN

[54>] GEC Gestione Ebraici Confiscati (1927-1977)
578 unità

Fascicoli nominativi e fascicoli di contabilità particolare riguardante la gestione dei beni ebraici confiscati (GEC) in Piemonte e Liguria in seguito ai decreti della Prefettura.

Fascicoli nominativi (1927-1977)
155 unità

Fascicoli nominativi relativi alle pratiche di gestione dei beni ebraici confiscati contenenti verbali di confisca e di riconsegna, corrispondenza, ruoli degli inquilini, carte relative al pagamento delle imposte e documentazione diversa. I fascicoli sono stati riordinati in ordine alfabetico di nominativo ma riportano la segnatura originale, composta da numeri di pratica e sigla della provincia, che probabilmente dettava l'originale criterio di conservazione (cfr. Indice dei nomi).
[...]

[55>] 995 - Fanno Gino fu Giacomo. Villa sita in viale Pietro II di Savoia (poi via Giorgio Modugno) n. 29,1 frazione Pegli, Genova (1939-1947).


[60>] Contabilità particolare (1942-1948)
423 unità

Fascicoli nominativi contenenti la contabilità particolare (mandati di pagamento, ordini di cassa, contabilità minuta) relativa a ciascuna pratica di gestione dei beni ebraici confiscati. I fascicoli sono stati riordinati in ordine alfabetico di nominativo ma riportano la segnatura originale, composta da numeri di pratica e sigla della provincia, che probabilmente dettava l'originale criterio di conservazione (cfr. Indice dei nomi).
[...]

[65>] 1252 - Fanno Gino fu Giacomo. Autorizzazioni al pagamento, ordini di cassa, cartelle pagamento imposte, corrispondenza (1944-1945).

1253 - Fanno Gino fu Giacomo. Corrispondenza (1944).

1254 - Fanno Marco fu Giacomo. Corrispondenza, contabilità minuta (1945).


[Appendice, 1>] Fondo Egeli - Indice dei toponimi
[...]

[Appendice, 26>] Genova - Pegli - via Modugno Giorgio, 29
995.

[Appendice, 27>] Genova - Pegli - viale Pietro II di Savoia, 29
995.2



1 In un'altra fonte qui trascritta → Gazzetta Ufficiale (1939) è indicato il civico adiacente 29-A, ma al civico 29 fa riferimento anche → Gazzetta Ufficiale (1944).

2 Informazioni generali sul fondo archivistico in Link esterno Fondazione 1563 (esistente il 24/9/2019).

Un saggio in parte pertinente è: F. Levi, Le case e le cose : la persecuzione degli ebrei torinesi nelle carte dell'EGELI, 1938-1945 (Torino, Compagnia di San Paolo, 1998) Link esterno OPAC SBN. Altri riferimenti bibliografici sono nella pagina web sopracitata.



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Storia § ??
S. J. Buchet, "I 'Navigatori'. Uomini e navi", Bollettino d'archivio dell'Ufficio storico della Marina Militare, 28 (2014), pp. 39-79 Link esterno Marina Militare. Link esterno OPAC SBN

Allo scoppio della guerra furono reimbarcati gli impianti trinati lanciasiluri;
- sostituzione dell'armamento antiaereo con: 7 mitragliere a.a. singole da 20/65 mm Breda, posizionate 2 sulle ali della controplancia, 2 ai lati della struttura prodiera, una a poppavia del fumaiolo AV, due sulla tuga a poppavia del fumaiolo AD (con sbarco del terzo telemetro da 3 m); 2 mitragliere a.a. singole da 37/54 mm Breda a poppa, con sbarco del lanciasiluri poppiero (1942). [<73-74>]
- la dotazione per mitragliere, dopo la sostituzione delle armi a.a., risultò essere la seguente: mitragliere da 37/54 mm: 3060 colpi fra traccianti e scoppianti; mitragliere da 20/65 mm o da 20/70 mm: 2400 proiettili scoppianti con autodistruttore, per ciascuna arma.
- installazione di una colonnina per il tiro notturno su ciascuna ala di plancia, con comando a distanza del proiettore. Ciascuna colonnina portava una staffa per cannocchiale Astramar (12 x 24 x 48);1
- potenziamento dell'armamento antisommergibile su alcune unità con bombe antisom di produzione tedesca, in particolare: 30 tipo WB-D da 150 kg; 10 tipo 1941/30 T "intimidatorie", da 60 kg; allungamento delle ferro-guide fino al castello di prora per la posa delle mine (per le unità destinate alla posa di mine).2



1 Si tratta, più probabilmente, del binocolo Astramar 12, 20, 40x80 → Binocoli. Sulla possibile causa del fraintendimento tra cannocchiale e binocolo, si veda nella stessa pagina citata.

2 Sulle dodici unità della classe Navigatori si veda anche la sintesi in Link esterno Wikipedia (esistente il 4/11/2019).



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Storia § 28
H. Rafetseder, NS-Zwangsarbeits-Schicksale : Erkenntnisse zu Erscheinungsformen der Oppression und zum NS-Lagersystem aus der Arbeit des Österreichischen Versöhnungsfonds (Bremen, Deutschland : Wiener Verlag für Sozialforschung in EHV Academicpress Gmbh, 2014), p. 450 Link esterno Google libri. Link esterno OPAC SBN

Für die Theorie "Zeltlager Mauthausen" zumindest bei einem Teil solcher Fälle sprechen spezielle Dokumente, die bei ÖVF [Österreichischer Versöhnungsfonds] 47180 und ÖVF 122064 zu finden sind, auch diese Betroffen anscheinend nie offiziell als KZ-Häftlinge registriert: Mit 3. Juli 1944 datierte, schlampig erstellte, maschinschriftlich vervielfältigte Zettel, jeweils von den Betroffenen unterschrieben, links unten jeweils Familien- und Vornamen, Geburtsdatum und eine vierstellige Zahl (vielleicht die fortlaufende Nummer innerhalb jener speziellen Gruppe663):

"Mir ist heute folgendes bekantgegeben worden: 1.) Meine Entlassung aus dem Konzentrazionslager Mauthausen ist erfolgt damit ich Gelenheit habe, mich im deutschen Arbeitseinsatz zu bewären. 2.) Falls ich den mir zugewiesenen Arbeitsplatz ohne behödliche Erlabnis verlasse oder meine plazt nicht erfülle, dem Bertriebsfrieden störe oder mich sonst nich so verhalte, wie es von mir erwartet werden muß, dann habe ich mit dauernder Einweisung in das Konzentrazionslager zu rechnen".

In einem der beiden Fälle mit solchem Zettel war der Betroffene, 1911 geborener Arbeiter der Fabrik "San Giorgio" in Genova-Sestri Ponente, nach der Deportation vom 16.6.19441 offenbar von 5.7.1944 bis Kriegsende für die "Göringwerke" unter anderem in deren Kraftfahrzeugstelle (also Fuhrpark) tätig, mit normaler "Lager-Kontrollkarte" des Linzer Wohnlagers 49 (ÖVF 47180664, von dort die zitierte Fassung).


663 Hier 1075, "Gesch.-Z." laut "Aufenthaltserlaubnis" vom 19.6.1944: "II 20.70/44 AEL 2266/1075", am selben Tag im Fall ÖVF 109133: "II 20.70/AEL 2149/910 1944". [Nota a p. 450]

664 Dort waren im Mai 1943 übrigens laut einer Magistratsauflistung noch gar keine Italiener (vgl. Rafetseder 2001, S. 1268), was 1944 bei Bedarf aber eben offenbar anders war. [Nota a p. 450]



1 Il 16 giugno 1944 è avvenuto, infatti, il rastrellamento nazifascista alla San Giorgio e in altre grandi fabbriche genovesi. In questo caso è inutile → Nones (1990): la sua sintesi a p. 150 si basa su → Gibelli (1968).



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Storia § 28
C. Pavone, A Civil War: A History of the Italian Resistance (London, UK - Brooklin, USA : Verso, 2014), pp. 385, 413 Link esterno Google libri. Link esterno OPAC SBN

[385>] 'We shall remember it at the day of reckoning!' – this is how 'the Piedmontese organ of the National Liberation Front' concluded a Monito agli industriali (Warning to the Industrialists) – and particularly the major ones, 'with Fiat top of the list' – who were denounced for having assumed a demeanour which 'is a far cry from what one should have expected from them'.42 'In tomorrow's Italy there will be no place for anyone who has not given his all to the struggle. The signori industriali would do well to remember this' is how a severe article condemning the directors of San Giorgio of Sestri Ponente concludes.43 The Communists managed to get a fairly sizable part of their viewpoints into the stances taken by the various CLNs. Thus the 'decree' of the Lombard CLN of November 1944 warned the industrialists against carrying out lockouts, since they represented 'an attempt to suffocate the liberation movement with starvation and deportations, striking at its most efficient and combative sectors'.44

42 La Riscossa italiana, June 1944. [Nota a pie' di p. 385]

43 'Sestri Ponente – Dalla San Giorgio', L'Unità, Ligurian Edition, 5 September 1944. [Nota a pie' di p. 385]

44 INSMLI, CLNAI, envelope 8, folder 2, subfolder 10. [Nota a pie' di p. 385]


[413>] In relations between employers and workers the most subtle piece of blackmailing attempted by the former towards the latter, when they were defending their jobs and struggling for survival, may be summarised as follows. The industrialists would say: in order not to dismiss anyone, we have to keep the factories working; to keep them working we have to accept the orders that are offered us; the only people who are offering substantial orders today are the Germans. Which leaves us with two options: either we dismiss employees or we work for the Germans. But, if we choose the second, don't come telling us that we're collaborationists: if we were, we would at least be so to the extent that you are workers.58

58 An explicit, provocative argument of this nature was made by the Liberal and Christian-Democrat representatives at a meeting of the Ligurian regional CLN of 6 December 1944, when the layoffs at San Giorgio were discussed (see Resistenza e ricostruzione in Liguria [P. Rugafiori, a cura di, Resistenza e ricostruzione in Liguria : Verbali del CLN ligure, 1944/1946 (Milano : Feltrinelli, 1981)], pp. 162-6). [Nota a pie' di p. 413] 1


1 Traduzione di: Guerra civile : saggio storico sulla moralità nella Resistenza (Torino : Bollati Boringhieri, 1991).



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Storia § ??
G. Finizio, "I telemetri della Regia Marina dalle origini alla prima guerra mondiale", Storia Militare, 23 (2015), n. 259 (aprile), pp. 4-16. Link esterno OPAC SBN

[Opera di cui si consiglia la lettura integrale].



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Storia § ??
P. Alberini, F. Prosperini, Uomini della Marina : 1861-1946 : dizionario biografico (Roma : Ufficio storico della Marina, 2015), p. 106 Link esterno Issuu. Link esterno OPAC SBN

BUSSEI ETTORE [1897-1965]

Capitano di vascello, croce al merito di guerra, grande ufficiale dell'ordine della Corona d'Italia. Matematico d'eccezione, brillante inventore. [...]

Destinato nel 1925 alla Direzione artiglieria e armamenti di Spezia e quindi per quattro anni all'Accademia Navale nel ruolo di insegnante, nel 1929 fu collocato in congedo provvisorio, avendo rinunziato all'avanzamento in attesa del collocamento in ausiliaria e contemporaneamente trattenuto in servizio. Assunse subito la direzione dello "Stabilimento centrali di tiro" della società San Giorgio di Spezia.1 Il successo all'inizio degli anni Trenta delle centrali di tiro tipo "G", via via sempre più perfezionate e adottate, oltre che dalla R. Marina, anche da Marine straniere lo incoraggiarono a proseguire nei propri studi, approdando in seguito a interessanti sistemi di stabilizzazione giroscopica delle artiglierie navali.2

Promosso 1° tenente di vascello nel 1933, fu nell'agosto dell'anno successivo collocato in ausiliaria e promosso nel 1936 capitano di corvetta e nel 1938 capitano di fregata per meriti eccezionali. Richiamato in temporaneo servizio attivo per esigenze di guerra – il secondo conflitto mondiale era iniziato – seguì la messa a punto dei sistemi della direzione di tiro delle nuove navi di battaglia classe "Littorio", venendo assegnato allo stato maggiore al ministero. Per i suoi meriti scientifici nel 1942 fu decorato dal re Vittorio Emanuele III della commenda di grande ufficiale dell'ordine della Corona d'Italia.3 [...]



1 Compatibilmente con le attività di coordinamento e messa a punto attuate a Spezia, la sua sede principale deve essere stata Genova-Sestri, anche per i suoi incarichi commerciali → Orizzonti (1939).

Nel 1938 è il socio 843 dell'Associazione Ottica Italiana e ha, come recapito, la sede di Genova Sestri della San Giorgio. Bollettino A.O.I., 12 (1938), p. 13.

2 "Bussei Ettore, tenente di vascello addetto alle officine San Giorgio in Genova-Borzoli" è stato nominato Cavaliere dell'ordine della Corona d'Italia il 17 novembre 1932: "Ordini cavallereschi", Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, 74 (1933), n. 48 (27/2/1933), parte prima, p. 833 Link esterno Au.G.U.Sto. (esistente l'11/8/2020). Non deve essere un caso che la decorazione sia contemporanea a quella ricevuta da Umberto Cavazzoni → Cavazzoni (1936).

3 Altre informazioni di carattere biografico.

Nones (1990), pp. 104, 134, 142.

"Sempre negli anni della prima guerra mondiale, risulta che l'ingegner Ettore Bussei (un ufficiale del Genio Navale cui si deve la realizzazione di numerosi strumenti soprattutto destinati alla direzione del tiro delle artiglierie imbarcate) abbia steso un progetto per un apparecchio già molto somigliante all'«S.L.C.», di cui purtroppo non sono stati rintracciati elementi di dettaglio". M. Spertini, E. Bagnasco, I mezzi d'assalto della Xª Flottiglia MAS, 1940-1945 (Parma : E. Albertelli, 1991), nota 1 a p. 144. Si veda: Siluro a lenta corsa Link esterno Wikipedia (esistente l'11/8/2020)

"Giancarlo Bussei è figlio di Margherita – detta Maggie – Bussei, appassionata giocatrice di bridge, figlia minore di Carlo Cannone (la villa Cannone fu comprata da Tiziana Nasi, che ancora oggi vive lì). Suo padre, invece, famiglia di banchieri fiorentini, era il comandante Ettore Bussei, classe 1897, capitano di vascello, inventore di alcune macchine militari, tra cui un aliscafo d'assalto sperimentato nel 1942 e il siluro a corsa lenta, il «maiale»". M. Ferrante, Casa Agnelli: storie e personaggi dell'ultima dinastia italiana (Milano : Mondadori, 2007), p. 175.



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Storia § ??
P. Roggi, a cura di, La San Giorgio : gli albori della grande industria a Pistoia (Pistoia : Gli Ori, 2015), 183 pp. Link esterno OPAC SBN

[Rimane da reperire] 1



1 Con testi di Andrea Ottanelli, Elena Gori, Silvia Fissi e Alberto Romolini.



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Storia § 2
S. Mauro, L'incanto malefico : l'Esposizione circondariale di Pistoia del 1899 (Pistoia : Settegiorni, 2015), pp. 236-238 Link esterno Google libri. Link esterno OPAC SBN

Ma al di là di ogni più nefasta profezia, il nuovo organismo [la Camera del Lavoro costituita a Pistoia nel 1901], figlio del desiderio delle classi subalterne di dotarsi di un'organizzazione autonoma per le proprie rivendicazioni, si fece immediatamente interprete della mutata situazione, quando, con lo sciopero dei carrozzieri del 1902, impose nuove regole nelle trattative e nella determinazione delle condizioni salariali e lavorative. La Camera del Lavoro e la Lega dei Carrozzieri – ben 120 quelli che per dodici settimane a Pistoia lottarono incrociando le braccia – si conquistarono in tal modo quel diritto di rappresentanza lungamente negato dai datori di lavoro: inconcepibile, fino ad allora, per i fabbricanti di carrozze, capitanati dal pugnace Aiace Trinci, riconoscere la nuova organizzazione come legittimo interlocutore e trattare con quest'ultima piuttosto che con i singoli operai. Ma alla fine anche gli industriali pistoiesi dovettero necessariamente adeguarsi al mutare dei tempi.67 «Certe ribellioni – decretò al riguardo [l'avvocato pistoiese] Dino Camici, confrontando lo scontro del 1902 con la sollevazione dei contadini pistoiesi del [<236-237>] XIII secolo – rammentano gli scioperi odierni: con questa differenza che allora si chiamavan violenza: oggi si dicon diritto».68

Una sconfitta peggiore, del dover cedere nelle trattative sindacali, attendeva tuttavia il titolare della principale fabbrica di carrozze della città, che pure tanti successi aveva mietuto in passato, perlomeno fino a che non era scoccato il nuovo secolo.

La San Giorgio di Genova, «Società anonima per la costruzione di automobili terrestri e marittimi», all'indomani della sua stessa costituzione nel 1905, aveva infatti immediatamente individuato nella città di Pistoia il luogo ideale per la dislocazione di una parte dei propri impianti e della propria produzione di autovetture: nella piccola città toscana prosperavano da tempo, infatti, numerose ditte – con relativa manodopera specializzata – impegnate nella costruzione di carrozze, imprese senza dubbio prevalentemente artigianali, ma munite di una tradizione consolidata e di un'esperienza indiscutibilmente approfondita – quello che con termine moderno oggi definiremmo know-how – in un settore, al contrario, poco praticato dalle industrie genovesi.

Un ambito produttivo di tutta eccellenza – quello in cui primeggiava la città di Pistoia –, ormai definitivamente in affanno, però, a causa del mutare della società e del progressivo scomparire dei suoi pochi privilegiati acquirenti: fu così che, dopo aver acquistato un grande appezzamento di terreno confinante con lo stabilimento della più importante industria di carrozze, due anni più tardi, nel 1907, la San Giorgio rilevò direttamente la proprietà di quest'ultima, nientemeno che la storica ditta pistoiese «Enrico Trinci & Figlio».69 [<237-238>]

Aiace, da erede ed ex proprietario, mantenne per un breve periodo la carica di direttore, subito ridimensionata e circoscritta però al solo reparto delle carrozzerie, in seguito all'arrivo da Genova, solo un anno più tardi, dell'ingegnere Tommasi Spina, nominato responsabile del settore ferroviario.70

In seguito alla crisi economica del 1907, la San Giorgio aveva infatti immediatamente optato per le più sicure commesse statali, prediligendo la riparazione e la costruzione dei treni alla realizzazione delle autovetture;71 ma, in realtà, un ulteriore e più drastico cambiamento attendeva la nuova fabbrica pistoiese e, con essa, tutta quanta la nazione: ormai tramontati i tempi delle eleganti carrozze Trinci, con l'avvento del 1915, dai capannoni di viale Pacinotti avevano infatti cominciato a uscire pesanti carri rimorchio per artiglieria, carrette per granate e affusti per cannoni.72 1


67. A. Ottanelli, 2012, p. 173; F. Cappellini, 2006. [Nota a pie' di p. 236]

68. D. Camici, 1902, p. 19. [Nota a pie' di p. 237]

69. A. Ottanelli, 1994, pp. 41-54. [Nota a pie' di p. 237]

70. Ivi, pp. 66, 80 e 230. [Nota a pie' di p. 238]

71. Ivi, p. 72; A. Ottanelli, 2000, p. 395. [Nota a pie' di p. 238]

72. A. Ottanelli, 1994, pp. 102-108. [Nota a pie' di p. 238]



1 In fondo a p. 237, due cartoline d'epoca di esterni dello stabilimento pistoiese della San Giorgio. Un pittoresco ricordo di Aiace Trinci († 1925) è trascritto alle pp. 239-240.



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Storia § ??
R. De Nart, Belluno ieri e oggi : cronache del passato (Belluno : Bellunopress, 2016), pp. 158-159 Link esterno Google libri. Link esterno OPAC SBN

Con la distruzione delle fabbriche in Germania, a seguito dei bombardamenti [<158-159>] della IIª Guerra mondiale, la Leica cessò forzatamente la produzione, e anche i brevetti vennero dichiarati decaduti. Ecco allora che in questa fase di transizione sono molte le industrie italiane di settore a riempire il vuoto lasciato da Leica. Nel 1947 viene presentata la Condor delle Officine Galileo di Firenze. Nel 1948 c'è la Janua delle industrie genovesi San Giorgio: "Fotografare a colori non è difficile con Janua" è lo slogan.1 Alla Fiera di Milano del 1947 viene presentata la Rectaflex, mentre a Roma si pubblicizza la Gamma. La Iso milanese propone la Lux, e da Pordenone c'è la Sonne del cav. Gatto. Tutte imitazioni in 35 mm della Leica, con una serie di modifiche frutto della proverbiale creatività italiana. A Belluno nel 1950 le Officine Chinaglia producono "La prima camera costruita in acciaio inossidabile", come recita lo slogan pubblicitario nelle riviste degli anni '50 della Kristal 2a, la cui vendita viene affidata in esclusiva al Cav. Guido Nonini di Milano, che la commercializza con il proprio marchio GNM. Il primo modello è la Kristall I [...].



1 Inserzioni con questo slogan sono riprodotte in → Pubblicità.



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Storia § 27
F. Cartosio, L. Marciano, San Giorgio, la memoria industriale di Sestri in mostra a Masone (Genova : Ufficio Comunicazione della Città Metropolitana, 21 aprile 2016) Link esterno YouTube. Link esterno OPAC SBN

[Voce fuori campo] Oggi si fatica a immaginarlo, ma Sestri Ponente, appena 100 anni fa, all'inizio del Novecento, era una città industriale fra le più sviluppate e importanti d'Europa, con officine siderurgiche, meccaniche, metalmeccaniche e cantieri navali. Lo skyline di Sestri era segnato da una selva di ciminiere, dalla mole imponente degli stabilimenti industriali e dalle colossali navi in costruzione nei cantieri. Moltitudini di operai entravano e uscivano dagli opifici e scandivano il ritmo di una città fondata sul lavoro.

La storia industriale di Sestri Ponente, come anche quella della vicina Sampierdarena, iniziò già nella seconda metà dell'Ottocento, segnando il progresso materiale e sociale dell'intera nazione unitaria, appena formatasi, e fu all'avanguardia sotto tutti i punti di vista: quello dell'innovazione tecnologica, con prodotti che fecero scuola nel mondo; quello che della cultura imprenditoriale, con leggendari capitani d'industria; e infine quello dello sviluppo sociale della classe operaia.

Una delle icone industriali di Sestri Ponente fu la San Giorgio, che nacque nel 1905 come fabbrica di automobili, ma ben presto cambiò settore produttivo: già nel 1908, infatti, si specializzò nella meccanica di precisione, in particolare nel settore dell'ottica. Questa e altre decisioni strategiche ebbero successo: a partire dallo stesso anno il bilancio fu infatti in attivo e tale rimarrà fino al 1943.

Rinominata San Giorgio nel 1940, l'azienda passò poi a Finmeccanica, di cui ancor oggi fa parte con il nome di Elsag, specializzata nell'elettronica.

Nel corso di oltre un secolo di vita, la produzione industriale dell'azienda è stata estremamente variegata: dai grandi impianti industriali agli strumenti di precisione, dalle motociclette ai semafori, dai binocoli alle macchine fotografiche, per finire con i transistor e i microprocessori.

L'affascinante storia della San Giorgio è in mostra fino al 2 giugno al Museo Civico [Andrea] Tubino di Masone,1 grazie all'iniziativa di Enrico Piccardo, sindaco del paese della Valle Stura ed ex dirigente della Elsag,2 che ha recuperato da un magazzino un archivio di documenti e di oggetti, che costituiscono un interessante fondo di patrimonio storico-industriale. Dopo averlo catalogato e digitalizzato insieme all'Associazione degli Amici del Museo di Masone, lo ha trasferito nel Museo dove è stata allestita la mostra. L'auspicio di Piccardo e dell'Associazione è che il fondo possa venire acquisito dalla Fondazione Ansaldo, scrigno di memoria industriale che custodisce a Campi le testimonianze archivistiche della storia industriale genovese ed italiana.

La San Giorgio nacque nel 1905 per iniziativa di un grande capitano d'industria, Attilio Odero.

[Gianni Ottonello, "Amici museo di Masone"] Il papà Nicolò aveva fondato i cantieri navali, che si trovavano alla Foce e avevano costruito piroscafi sia per fiume, per lago, per mare, sottomarini: era un cantiere molto rinomato. Il figlio emula il padre, appunto, fondando la San Giorgio fabbrica di automobili terrestri e marittimi.

[Intervistatore] Fra le curiosità della mostra, i libri mastri dell'azienda: che cosa sono?

[Ottonello] Sono i libri mastri dello stabilimento che, ricordo, ha iniziato l'attività nel 1905. Sono completamente manoscritti in bella calligrafia e, praticamente, raccontano una parte di vita di ogni dipendente: la data di assunzione, la data di cessione dell'attività, il suo compito all'interno dello stabilimento, per cui possiamo ricostruire la storia di molte persone. E, soprattutto, abbiamo i cognomi, che sono ricorrenti nella lettura, tipo Gasparino, Olivieri: i pendolari dell'epoca.

[Voce fuori campo] Già cento anni fa, infatti, gli operai della San Giorgio residenti in Valle Stura facevano i pendolari con Sestri Ponente, muovendosi in treno sulla linea ferroviaria Genova-Ovada-Acqui. E nel biennio 1944-45, durante l'occupazione tedesca del Nord Italia, fu la fabbrica stessa a spostarsi in Valle Stura.

[Ottonello] A ottobre del '44 la direzione dello stabilimento decide di trasferire in Valle Stura – precisamente a Campo Ligure, Rossiglione – e anche a Ovada [i reparti] che riguardavano l'ottica: tutta la produzione delle ottiche di puntamento, binocoli, eccetera.3 Tra uomini e donne, perché erano equamente divisi, c'erano circa 1500 persone. Un treno speciale partiva da Borzoli e trasferiva in Valle Stura tutti questi lavoratori, molti dei quali, però, provenivano anche dai paesi locali.

[Voce fuori campo] Il leggendario generale tedesco Rommel, la "volpe del deserto", visitò gli stabilimenti della San Giorgio in Valle Stura nel 1945, poco prima di uccidersi.

Tra i prodotti della San Giorgio esposti in mostra, una speciale macchina fotografica.

[Ottonello] La Leica rilascia la possibilità di costruire, su propria licenza, alla San Giorgio una macchina fotografica, negli anni Quaranta, chiamata Janua. Vengono costruiti circa mille esemplari, che possiamo poi vedere in fotografia e sono tuttora una chicca per i collezionisti: costano veramente molto di più della Leica originale, perché, oltre a essere una macchina molto ben costruita ed affidabile, è diventata una rarità.4



1 Non ci sono notizie sulle mostre temporanee in Link esterno Museo Civico "Andrea Tubino" (esistente l'8/12/2021).

2 Enrico Piccardo (Masone, 5/3/1944 - Ovada, 31/10/2020), Sindaco del Comune di Masone dal 26/5/2014 al 12/10/2020.

3 "Durante l'occupazione tedesca gli impianti vengono ulteriormente dispersi per sfuggire ai bombardamenti, allestendo altre 11 nuove officine a Cambiano (TO), Vespolate (NO), Marostica (VI), Andorno Micca (VC), Campo Ligure (GE), Rossiglione (GE), Ovada (AL), Acqui (AL) e, poi, Seregno (MI), Legnano (MI), Como". In questo caso → Nones (1990), pp. 150-151, si è riferito a una fonte primaria aziendale datata 25 luglio 1944.

4 Questo è il terzo video, presente in YouTube, almeno in parte trascritto nell'ambito del presente progetto; i primi due sono in → Storia § 16. La trascrizione è partita dai sottotitoli, curati da Livio Marciano, qui corretti e integrati sulla base dell'audio. Il video alterna brani di un documentario Luce a fotografie e documenti originali e viste d'insieme della mostra, con apertura prevista da sabato 26 marzo a domenica 29 maggio 2016 a Masone (GE).

Il video è stato condiviso in Link esterno TeleMasone (esistente l'8/12/2021).



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Storia § ??
G. Finizio, "I binocoli della Regia Marina tra le due guerre mondiali", Rivista marittima, 149 (2016), luglio-agosto, pp. 84-90. Link esterno OPAC SBN

[Opera di cui si consiglia la lettura integrale].



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Storia § ??
L. Oliveri, "Un servizio postale molto particolare", in Storia postale della Valle Stura (Torino: Associazione Nazionale Collezionisti Annullamenti Italiani, 2016). Link esterno OPAC SBN

Siamo alla fine del 1942 e mia madre, Anna Maria Alessandri, diventa "madrina di guerra" di mio padre, Simone Oliveri, guardia di frontiera nell'alta Valle Varaita, al confine con la Francia. L'istituto delle "madrine di guerra" risale al primo conflitto mondiale: giovani donne prendono l'impegno di aiutare moralmente, e a volte anche materialmente, i soldati al fronte. Come già avvenuto nella Prima Guerra Mondiale, da queste relazioni epistolari nasceranno amicizie durature o, come nel caso dei miei genitori, addirittura il matrimonio. Inizialmente è lo stesso regime fascista che incoraggia queste corrispondenze: le madrine dovrebbero inviare, infatti, "messaggi inneggianti alla patria e ai valori fascisti". Tuttavia ben presto ci si accorge che al fronte arrivano notizie sulla situazione tutt'altro che rosea delle città e a casa giungono in qualche modo informazioni sull'andamento negativo della guerra.

Così la censura si accanisce particolarmente su questo tipo di missive. Nel corso della pubblicazione ho riprodotto alcuni documenti provenienti dal carteggio fra il tenente Simone di Campo Ligure (antifascista, molto impegnato nella locale Azione Cattolica) e la maestra Anna Maria di Sestri Ponente (anch'essa antifascista per lunga tradizione familiare socialista: il nonno Prandi Luigi di Quargnento era in stretto contatto con Treves, Turati, Longo).

Alla prima licenza Simone viene a Sestri a conoscere direttamente Anna e scopre che la madre, Natalia, è proprietaria di un negozio con licenza "omnia", nel quale si vende dalla cancelleria al latte; la maestra, invece, al momento è impiegata presso la ditta Ansaldo-San Giorgio [San Giorgio!], dove, fra l'altro, si costruiscono binocoli e strumenti ottici per l'esercito (mia madre era in un ufficio con altre venti persone, dove facevano, a mano, calcoli logaritmici per studiare la curvatura delle lenti sperimentali).1



1 La notizia è preziosa, ma quanto segue non è pertinente alla San Giorgio. L'Ansaldo-San Giorgio era tutt'altra azienda. Tratto da Link esterno Il Postalista (esistente il 21/5/2022), in cui è adattato e ampliato quanto edito.



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Storia § 28
S. Pieranni, Genova macaia: Un viaggio da Ponente a Levante (Bari-Roma : Laterza, 2017), edizione digitale Link esterno Google libri. Link esterno OPAC SBN

Ci sono tornato in via Bertelli. O, meglio, sono tornato da quelle parti perché via Bertelli non esiste più. È stata cancellata dalla toponomastica per delibera della giunta comunale di Genova nel dicembre del 2009. Inglobata nel mercato ortofrutticolo costruito dopo aver abbattuto anche il palazzo dove ho abitato per trent'anni. È strano andare nella propria via e non trovare la casa dove si è vissuto per tanto tempo. Ancora più strano andare nella propria via e non trovare più la via. Ci pensi? Mi immagino la tua faccia. Cornelio Bertelli,1 «dipendente della San Giorgio di Sestri Ponente, residente a Pontedecimo, partigiano combattente del distaccamento 'F.lli Bandiera' 2a Brg 'E.A. Pensiero' 5a Div. d'Assalto 'Garibaldi Maffei' della 1a ZOP, caduto combattendo sul Monte Cerchio nel comune di Carmandona (VC) [Camandona, dal 1992 in provincia di Biella] il 28.07.14 [1944]», cancellato da una delibera. Qualcuno all'epoca si surriscaldò e il comune ci mise una toppa.2 Nei pressi della vecchia via oggi c'è una squallida rotonda. Si chiama Rotonda Bertelli. Ma la sensazione non cambia. Una rimozione è un sentimento difficile da valutare.3



1 "MINISTERO DELLA DIFESA - ESERCITO [...] Decreto 13 aprile 1949, registrato alla Corte dei conti il 6 maggio 1949, registro Esercito n. 13, foglio 247 | Sono sanzionate le seguenti concessioni di decorazioni al valor militare «sul campo» fatte dalle autorità all'uopo delegate. [...] MEDAGLIA DI BRONZO [...] BERTELLI Cornelio di Emilio e di Gasparini Caterina, da Ronco Scrivia (Genova), classe 1921, caporale XXVII battaglione artieri, XXI Corpo d'armata. – Artiere d'arresto si è sempre distinto per valore ed entusiasmo nell'adempimento del dovere. Durante un attacco a posizioni avversarie, procedeva con perizia alla individuazione di campi minati ed all'apertura di varchi per assicurare il passaggio alle nostre fanterie. Comandato isolatamente ad esplorare di giorno un campo minato precedentemente messo in opera, per accertarne la perfetta efficienza, nonostante l'intenso fuoco, riusciva con sprezzo del pericolo a portare a termine la missione affidatagli. Esempio di coraggio, di ardimento e di belle virtù militari. – A. S. [Africa Settentrionale, Tripolitania e Cirenaica], 30-31 maggio 1942". Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, parte prima, n. 35 (11/2/1950), supplemento straordinario, p. 17 Link esterno Gazzetta Ufficiale (esistente il 9/12/2021).

"BERTELLI Cornelio "Elio", nato a Ronco Scrivia il 5 dicembre 1921, figlio di Emilio Conduttore Capo del Personale Viaggiante Ge-Sampierdarena. Partigiano nella 5ª Divisione d'Assalto Garibaldi Piemonte, 1ª Brigata Pensiero, cadde in combattimento contro i nazisti il 29 marzo 1944 a Camandona (Vercelli)". F. Rebagliati, M. Siri, La guerra dei ponti: 50° anniversario della Liberazione (Savona : Provincia di Savona, Assessorato alla Cultura, 1995), p. 334.

"153. Genova Pontedecimo, cimitero di Cesino. | Sacrario: cappella, altare in marmo, croce in marmo, lapidi in marmo su tombe di caduti partigiani. | Iscrizioni: Pontedecimo ai Caduti e Dispersi / nella Guerra / 1940-1945. [...] Partigiani [...] Bertelli Cornelio di Emilio". "Partigiano Cornelio Bertelli Elio / 2° Brigata E. P. Garibaldi / nato il 5.12.1921 - già ferito e decorato al V.M. / caduto a Monte Cerchio il 28.7.1944". M. Bottero, Memoria nella pietra : monumenti alla Resistenza ligure 1945-1995 (Genova : Istituto storico della Resistenza in Liguria, 1996), p. 107.

2 Paolo Giuseppe Veardo, assessore alle Politiche Formative e Servizi Educativi, ai Servizi Demografici e Cimiteriali del Comune di Genova, aveva dichiarato: "Sì, forse se fosse stato un personaggio noto, di cui si conoscesse un minimo di storia, avremmo magari cercato un luogo alternativo dove collocare la targa che abbiamo rimosso da Bolzaneto... Se qualcuno ci darà informazioni su questo signor Bertelli, spiegandoci perché ha meritato di essere ricordato, ci impegniamo a cercare una luogo da dedicargli"; da un articolo apparso ne Il Secolo XIX (30/1/2010), citato in Link esterno Un blog su Genova (esistente il 9/12/2021).

Marta Vincenzi era allora sindaco del Comune di Genova, con una giunta di centro-sinistra.

3 Episodio minore di una lunga storia di insensibilità degli amministratori, certo non solo genovesi: si ricordi, ad esempio, la demolizione della casa natale di Niccolò Paganini in via Madre di Dio Link esterno Wikipedia (esistente il 9/12/2021). Ma si notino, al contempo, le numerose incongruenze nelle fonti citate, qui solo in parte evidenziate e corrette.



All'indice    2018    Indicatore di completezza
Storia § 5
V. Giacopini, Errico Malatesta : Vie extraordinaire du révolutionnaire redouté de tous les gouvernements et polices du royaume d'Italie (Montréal, Canada : Lux Éditeur, 2018), edizione digitale Link esterno Google libri. Link esterno OPAC SBN

Plus qu'un «plan», c'était un modèle général, un programme ou, si on veut, presque un glossaire, un manuel. Puis, évidemment, il fallait voir et attendre, regarder de près. Les premiers signes, toutefois, n'étaient pas décourageants. Quelques chose bougeait, rien à dire. Occupez les usines, recommandait Malatesta, en insistant sans cesse, et tant de prédications commençaient à porter quelques fruits. Les premiers feux s'allumèrent en Ligurie, sur la côte. Au début de l'année, les ouvriers prirent le contrôle des chantiers Ansaldo, Odero, Piaggio, dans la région de Gênes et d'Ilva et de San Giorgio à Sestri Ponente. Puis la contagion s'étendit plus au nord, dans le Canavese, et plus au sud, à Naples (dans les usines Miani-Silvestri, pour être précis).1



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All'indice    2019    Indicatore di completezza
Storia § 5
S. Bartolini, "Potere a chi? Conflitti politici e sociali nel dopoguerra", in Le cicatrici della vittoria : Frammenti di storia del primo dopoguerra italiano, a cura di A. Coco e F. Cutolo (Pistoia: I.S.R.Pt., 2019), pp. 23-39 Link esterno Google libri. Link esterno OPAC SBN

Scioperi, occupazione delle fabbriche e nuovi assetti politici

Nel 1919 si mobilitarono e scioperarono numerose categorie, anche fra quelle meno use a questo tipo di agitazione. Il Paese si trovava alle prese [<33-34>] con la smobilitazione dell'esercito e della produzione bellica e la disoccupazione diventò immediatamente un problema pressante, affrontato già nel gennaio con una riunione indetta dall'Ufficio del lavoro [di Pistoia] dove si auspicarono provvedimenti statali per impedire licenziamenti alla SMI, alla San Giorgio e alla SMET, la nascita di una cassa per la disoccupazione a livello locale e si costituì una Giunta esecutiva del lavoro composta da industriali, impiegati e rappresentanti operai.21 La disoccupazione aumentò anche nella Piana, mentre a Lamporecchio il PSI creò una commissione mista per sollecitare lavori che potessero alleviare la situazione, specie fra i reduci. Le fabbriche iniziarono a ridurre drasticamente il numero degli occupati: alla SMI di Campotizzoro si passò dai 3.705 del 1918 ai 530 del 1919 ed in quella di Mammiamo calarono da 339 a 212. Ad essere più colpite furono le donne. Anche la San Giorgio subì una contrazione di manodopera. Una prima, timida, ripresa dell'occupazione arrivò nel 1920. Contemporaneamente aumentarono vertiginosamente gli iscritti alla CGdL, che dai 4.000 del 1919 superano i 10.000 del 1920.22 La FIOM impostò allora una lotta per le 8 ore e gli aumenti salariali, non senza difficoltà, come conferma un divieto di manifestazione imposto nel gennaio dal sottoprefetto.23

Disoccupazione e carovita furono dunque i fattori determinanti le agitazioni delle categorie salariate. A partire dallo sciopero degli impiegati della San Giorgio, una novità assoluta da parte di una categoria considerata tra le più vicine alle posizioni aziendali. Nella prima metà dell'anno scioperarono poi i pastai, gli operai della San Giorgio e della SMET, i postelegrafonici, gli avventizi ferroviari, i muratori, i telegrafisti, i panettieri, gli studenti ed un'altra categoria del lavoro intellettuale da sempre molto disciplinata come i maestri e le maestre.24 Sull'onda di questi scioperi la FIOM locale arrivò a porre la questione del "controllo operaio" sull'industria, ma non attraverso i Consigli di fabbrica – che erano l'organismo "rivoluzionario" per eccellenza – bensì pensandolo come affidato direttamente al sindacato, in un'ottica quindi più moderata e restrittiva.25 Non mancarono le agitazioni di tipo politico. Dopo l'assalto fascista alla sede dell'«Avanti» a Milano del 15 aprile, a Pistoia fu proclamato lo sciopero [<34-35>] generale, a cui aderirono anche i salariati e impiegati comunali.26 Tutte queste agitazioni furono il retroterra per i moti del caroviveri.1

21 Per la disoccupazione, in «Il Popolo Pistoiese», 25 gennaio 1919. [Nota a pie' di p. 34]

22 Savelli, L'industria in montagna, cit., pp. 240-241; Risaliti, La lotta sociale, cit. p. 11. [Idem]

23 A. Ottanelli, Auto, treni, aerei. Le Officine meccaniche San Giorgio di Pistoia. Un'industria genovese in Toscana tra Giolitti e la Resistenza (1905-1949), Pistoia, Edizioni del Comune di Pistoia 1987, pp. 124-125. [Idem]

24 Risaliti, La lotta sociale, cit., pp. 11-15; Francini, Primo dopoguerra, cit., p. 31; «L'Avvenire», 7 e 14 giugno 1919. [Idem]

25 Risaliti, La lotta sociale, cit., p. 14; «L'Avvenire», 21 giugno 1919. [Idem]



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All'indice    S.a.    Indicatore di completezza
Storia § 17
M. Catastini, "Poggio Tempesti, un'isola felice per gli sfollati", in La guerra a Fucecchio nel 1944 (senza anno) Link esterno il Comune di Fucecchio. Link esterno OPAC SBN

Bussarono alla porta. Entrò il casano della villa del Turricchio. Aveva in mano una busta e la porse a Irma.
– Te li manda l'ingegner Fanno a saldo del suo debito. Forse non li rivedremo più lui e sua moglie – disse tutto d'un fiato il casano come se avesse imparato a memoria quella battuta.
– E perché? – chiese la madre di Remo [Ciurli].1
L'uomo si avvicinò alla sarta e sottovoce le spiegò:
– L'ingegnere è un ebreo. I repubblichini 2 lo hanno saputo e son venuti a prenderlo per poi farlo deportare in Germania dai tedeschi. Io ero stato avvisato da una persona fidatissima e ne avevo parlato all'ingegnere. Lui era convinto che questa operazione l'avrebbero compiuta fra una diecina di giorni. Io gli rivelai allora un passaggio segreto. Per precauzione aveva subito collocato la sua automobile davanti all'uscita invisibile del passaggio segreto. Nessuno avrebbe mai immaginato che avrebbe potuto trovarsi in pochi minuti il [in] Valbugiana. Lui e la signora, stamani si sono alzati alle cinque, per raccogliere tutti i gioielli, i libretti bancari, i documenti falsificati. Appena mi hanno visto, mi hanno consegnato la busta destinata a voi. Mentre mi infilavo la busta nella tasca, da una finestra ho visto salire verso il Torricchio tre macchine nere. "Signor padrone – gli ho detto – arrivano." Lui ha capito a volo. "Digli che sono partito con la signora da due giorni." Hanno preso le due valige nelle quali avevano sistemato tutti i loro averi e, attraverso il passaggio segreto, sono partiti in automobile senza che nessuno se ne accorgesse. Chissà dove saranno andati. Speriamo che non cadano nelle mani dei tedeschi!
La mamma di Remo, incuriosita, dopo aver preso la busta e controllato la somma che vi era stata sistemata, chiese al casano:
– E poi cos'è successo?
– Hanno bussato. Io ho aperto. Erano una dozzina. Mi hanno chiesto dell'ingegner Fanno ed io ho detto loro che era partito l'altro ieri con la moglie. Loro ci hanno creduto e non si sono mostrati né delusi né arrabbiati. Uno di loro, rivolto ad un signore di mezza età, un tipo signorile, vestito molto bene, tutto imbrillantinato, ha detto: "Signor Commissario, questa potrebbe essere la sua dimora ideale". E il Commissario gli ha risposto: "Detto fatto. Da oggi pranzerò, cenerò e pernotterò qui. Potrete venirci anche voi con le vostre mogli. Desidero soltanto che mi siano assicurati pasti caldi, abbondanti ed una camera spaziosa con letto matrimoniale. Ora ritorniamo in paese. Io alle 8,30 devo prendere servizio nel Palazzo Comunale. Ho un'agenda nutrita di incontri".3



1 Nel dopoguerra Remo Ciurli riparava macchine da cucire a Fucecchio: "Pellegrini, storico biciclettaio lascia l'attività e va in pensione", Il Tirreno, edizione di Livorno (6/8/2003) Link esterno Il Tirreno (esistente il 25/9/2019).

2 La polizia fascista, considerato che ciò potrebbe essere avvenuto in agosto?

3 Si riporta qui solo l'estratto pertinente a Fanno, forse trascritto ben dopo i fatti narrati.

Il 24/3/2021 è stato constatato che il collegamento in testata non è più attivo e che il brano qui condiviso non emerge da una ricerca con Google. L'insegnante elementare Mario Catastini ha scritto una più ampia Link esterno Storia di Fucecchio (esistente il 25/3/2021).



All'indice    ????    Indicatore di completezza
Storia § ??
, "", in , a cura di (), pp. . Link esterno OPAC SBN

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