Urania Ligustica

Delizie in villa

Tommaso Ceva

Memorie d'alcune virtù del signor conte Francesco De Lemene (1706)

Delizie in villa


Indicatore di completezza



Frontespizio



In questa sua villa hebbi io la buona sorte di trattenermi con esso lui alcune volte, e una tra l'altre col Signor Marchese D. Alonso Corrado, e col P. Pastorino della Compagnia di Giesù, per alquanti giorni, che posso affermare essere stati i più felici de' giorni miei.1




Al qual proposito non vo' tacere, che essendo ito ad una villa, ove erano i giovani Rettorici della Compagnia di Giesù in un Giovedì di vacanza; ivi il P. Pastorino lor maestro, amicissimo del Signor Francesco, e da lui grandemente stimato per la sua eccellenza nella poesia Italiana, e in altre scienze più gravi, havendolo informato segretamente de' nomi, e d'alcune particolarità di ciascun d'essi, egli prestamente adattò a ciascheduno i versi, e i numeri corrispondenti. Indi, introdottasi mentione della sua cabala, fu pregato da tutti insieme a farne prova; la quale, dopo [<36-37>] molte scuse, che non gli furono fatte buone, finalmente posta in opera, riuscì loro sì ammirabile, e, per così dir, sovrumana, che appena potevan credere ciò, che pur vedevano con gli occhi loro: tanto erano appropriati a ciscun d'essi que' distici, e quelle innocenti argutezze.2




Grande, per verità, è il danno, che reca la morte, qualor ci toglie dal mondo huomini di costumi sì amabili, che possono chiamarsi delicie delle città; e si paga ben caro il godimento dell'amicitia havuta con esso loro, di cui rimane la rimembranza a guisa di cicatrice, che di tempo in tempo si riapre, e rinovella il dolor della piaga. Certamente l'estate scorsa nel riveder le sue stanze, senza riveder lui, e senza più udire la gratia del suo parlare, cagionavami tal solitudine, che tutto quel suo appartamento mi sembrava diverso da ciò ch'era altre volte. Onde, in rimirar quella camera, da lui dedicata alle Muse, ivi dipinte in un bel fregio, non so come, mi parevano anch'esse cangiate, e che non fosser più così allegre, com'eran prima: e andava tra [<46-47>] me stesso rivolgendo nell'animo quel celebre sonetto nella morte del Signor Manfredo Settala, che incomincia Vidi il gentil'albergo &c., composto dal P. Gio: Battista Pastorino, a cui, nel rivedere la sua famosa galleria, mirando in ogni parte, parea che ogni cosa dicesse esser morto l'inventore e l'artefice di quelle maraviglie.3




Sovviemmi un di que' giorni felici, in cui uscendo a diporto fuori della sua villa, ci venne incontro un paroco di naso sì stranamente deforme, che il Signor Lemene diceva essere la cosa più rara, e la più degna d'esser veduta, che fosse in tutti quei contorni. Onde la mattina seguente, nell'alzarsi da letto, dettò un capriccioso sonetto al Signor Marchese D. Alonso Corrado, diretto al P. Pastorino; in cui, dopo haver detto esser falso quel proverbio Che le montagne non s'incontran mai, continuando l'allegoria, conchiude con questo terzetto. [<72-73>]

Tant'alza al Ciel la dirupata fronte,
Che se in Beozia v'è monte Parnaso,
Questo noi possiam dir naso par-monte.
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1 T. Ceva, Memorie d'alcune virtù del signor conte Francesco De Lemene con alcune riflessioni su le sue poesie (Milano, Giuseppe Pandolfo Malatesta, 1706), p. 21 Link esterno OPAC SBN e Google libri (per Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze). Altra edizione (Milano, Domenico Bellagatta, 1718) Link esterno OPAC SBN e Google libri (per Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze).

Sul Ceva (1648-1737): G. Gronda, "CEVA, Tommaso", in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 24 (Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1980), ad vocem Link esterno DBI. Qui si veda la poesia Fons delusus.

Sul Lemene (1634-1704), analogamente: A. Grimaldi, "LEMENE, Francesco de", in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 64 (Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2005), ad vocem Link esterno DBI.

2 Ceva (1706), pp. 36-37 Link esterno Google libri.

Da questo gustoso siparietto di villa emerge un Pastorini abile maestro di retorica.

3 Ceva (1706), pp. 46-47 Link esterno Google libri.

Risulta evidente che Pastorini eccelleva nel genere Vanitas vanitatum, di cui fa parte, in fondo, lo stesso idillio Il Fonte deluso.

4 Ceva (1706), pp. 72-73 Link esterno Google libri.

Risulta altrettanto evidente che ora è nota solo la parte più grave dell'opera poetica di Pastorini, che doveva sicuramente rispondere, come si suol dire, per le rime!



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